La lunga guerra civile in Siria è tornata di attualità. Le milizie antigovernative hanno lanciato un assalto a sorpresa, chiamato Operazione Dissuasione dell'aggressione, scacciando le forze del presidente Assad da Aleppo - la città più grande del Paese, controllata dall'esecutivo dal 2016 - e da decine di villaggi circostanti.
La sorprendente avanza degli insorti, che molti grandi media definiscono semplicemente “ribelli”, nonostante il loro background composito, è avvenuta mentre diversi attori chiave del conflitto sono stati distratti o indeboliti, scatenando i combattimenti più intensi dal cessate il fuoco del 2020, che aveva portato una relativa calma nel nord della Siria, e persino tentativi cinesi di far rientrare il presidente Bashar al-Assad, al potere da un quarto di secolo, nei giri della diplomazia internazionale.
Forze russe e siriane hanno condotto decine di attacchi aerei per cercare di frenare l'avanzata degli insorti, causando molti morti e gravi danni alle infrastrutture.
La guerra civile in Siria è iniziata nel 2011, quando cominciarono le rivolte, eco delle Primavere arabe. La repressione (unita alla destabilizzazione propiziata anche dall'intervento di potenze esterne) ha portato, da allora, a un'escalation sempre più tragica. Quelle potenze, tra cui Stati Uniti, Russia e Iran, mantengono tuttora una presenza nel Paese. Le forze contrarie ad Assad, insieme a combattenti sostenuti dagli Stati Uniti, al momento controllano più di un terzo del territorio siriano; Israele, invece, controlla le alture del Golan, conquistate nella guerra del 1967 contro i vicini arabi.
Ma quali sono i principali attori in campo nel conflitto siriano? Una sintesi può aiutare a ricostruire il quadro. Vediamo.
Chi insorge
Si tratta di un insieme a dir poco eterogeneo. Sotto i riflettori, però, c'è una coalizione anti-governativa guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che in passato era conosciuta come Jabhat al-Nusra. Quest'ultimo gruppo aveva giurato fedeltà ad Al Qaeda fino a quando non ha interrotto quei legami nel 2016.
È un gruppo definito “terroristico” dall’ONU e da vari Paesi. Con un bacino che a seconda delle stime può arrivare fino a 20mila combattenti, l’HTS è la forza dominante e controlla gran parte del nord-ovest della Siria, e ha istituito un governo locale nel 2017.
Secondo Francesco Petronella, giornalista e analista dell'ISPI che segue da anni le vicende siriane: “L'avanzata dell'HTS ha generato allarme nella comunità internazionale per il possibile ‘ritorno di un Califfato’, ma il fronte ribelle sta cercando in tutti i modi di proporsi in modo rassicurante, mettendo da parte anche nella simbologia i riferimenti al jihadismo e al salafismo”. Abu Mohammad al-Jolani, leader dell'HTS, “ha emesso direttive precise imponendo ai suoi uomini il rispetto delle proprietà, dei civili e delle minoranze religiose, in particolare i cristiani”. Per Petronella, il fronte islamista potrebbe aver imparato qualcosa dagli errori del passato, “quando il radicalismo religioso e le violenze settarie avevano danneggiato irrimediabilmente l’immagine del fronte anti-Assad”.
Non è finita qui: alcuni gruppi ribelli includono formazioni sostenute dalla Turchia come l'Esercito Nazionale Siriano, che ha attaccato aree a nord, e combattenti stranieri come membri del Partito Islamico del Turkestan e ceceni. La Turchia controlla parti della Siria settentrionale, ma non rivela il numero delle sue truppe presenti.
Chi difende il governo
Dall’altro lato c'è l'esercito arabo siriano guidato dal presidente Assad, la cui famiglia governa la Siria col nazionalismo populista e secolare fin dagli anni Settanta. È sostenuto da Russia, Iran e Hezbollah e, con il loro supporto, è riuscito a riprendere il controllo di gran parte del Paese durante la guerra civile, assediando e devastando per anni i distretti controllati dai ribelli.
È stato l’intervento militare russo nel 2015 a cambiare le sorti del conflitto a favore di Assad, in crisi profonda fin dalle rivolte della Primavera araba. Grazie a raid aerei, consiglieri e supporto terrestre, Mosca è stata cruciale per la riconquista di Aleppo da parte del governo nel 2016: fu un momento cruciale del conflitto, e la recente perdita della città - quasi senza resistenza - rappresenta, infatti, un duro colpo.
Anche milizie sciite e i consulenti militari iraniani sono stati fondamentali per sostenere Assad, ma gruppi come Hezbollah, indeboliti dal recente conflitto con Israele, e le milizie irachene appoggiate dall’Iran, non sembrano per il momento capaci di sostenere gli insorti.
La Russia ha fornito supporto militare dalla costa mediterranea, mantenendo basi navali e aeree strategiche, ma la sua attenzione è distratta dalla guerra in Ucraina. Gli analisti si stanno chiedendo fino a che punto il presidente russo Vladimir Putin sarà in grado di reggere più fronti aperti.
Il ruolo delle potenze straniere
La coalizione curda delle SDF, sostenuta dagli Stati Uniti, è l'ombrello ufficiale delle forze curdo-arabe. Controlla ampie aree della Siria orientale ed è dominato dall'Unità di difesa popolare (in curdo: YPG). Le SDF, di cultura laica e socialisteggiante, hanno combattuto contro lo Stato Islamico, catturando l'ultimo lembo di territorio detenuto dagli estremisti nella Siria orientale. Qualche centinaio di soldati statunitensi è stanziato nella parte orientale del Paese per prevenire una rinascita del gruppo estremista.
Nello scenario siriano occhio a chi chiama “terrorista” chi, suggerisce Petronella: la Turchia considera terrosita la principale fazione curda delle SDF legata al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che è un'organizzazione da decenni diventata la nemesi di Ankara.
C'è anche il National Front for Liberation, che comprende fazioni dell’Esercito Libero Siriano sostenuto dalla Turchia, in inglese noto come Free Syrian Army (FSA).
L'attenzione è puntata su come si comporteranno i jihadisti, veri o presunti: “HTS ha detto molte cose giuste sulle minoranze”, spiega Nadim Houry, politologo direttore dell'Arab Reform Initiative, ma “se questo significhi che sono disposti (e in grado) di cambiare la loro prospettiva fondamentalista è un'altra questione che richiederà un attento monitoraggio (e una sana dose di scetticismo)”.
Un guazzabuglio, quello siriano, che resta estremente fluido, dove una sola regola resta costante nel tempo: appena un attore della crisi si dimostra debole, verrà attaccato da tutti gli altri.