Papers by Marco Brighenti
https://riviste.unimi.it/index.php/demusica/issue/view/1492/272, 2019
Giannotto Bastianelli , critico, pianista e compositore, svolse un ruolo centrale nel rinnovament... more Giannotto Bastianelli , critico, pianista e compositore, svolse un ruolo centrale nel rinnovamento musicale italiano del primo Novecento. In particolare, le sue due opere estetiche maggiori, La crisi musicale europea (1912) e Il nuovo dio della musica (1927), si pongono quasi come manifesto programmatico di quella che Massimo Mila chiamava la "generazione dell'Ottanta" (Casella, Malipiero, Pizzetti, Respighi). In particolare, Bastianelli fu il primo fra i critici e musicologi a comprendere la natura innovatrice dell'opera di Ildebrando Pizzetti (1880-1868). Il musicista parmense riscopriva i modi dell'antica musica medievale in vista di una purificazione e idealizzazione dello stile, equidistante sia dall'esuberanza melodica verista che dai vari sperimentalismi europei, in vista della creazione di un Dramma Musicale astorico e atemporale. Nel saggio si ripercorrono le fasi del sodalizio artistico e umano di Bastianelli e Pizzetti, e i punti di contatto estetico, con una particolare attenzione all'influsso dell'estetica di Benedetto Croce.
Parliamo della melodia italiana e quando dico che, malgrado ogni banalità, essa ha un effetto mer... more Parliamo della melodia italiana e quando dico che, malgrado ogni banalità, essa ha un effetto meraviglioso e sta in sintonia con il cielo e l'aria, Richard mi dà ragione e dice: "Da noi tutto deve essere accuratamente chiuso, allora scaturisce un suono diverso, che non ha nulla in comune con il mondo sensibile; tutto deve essere chiuso"». 1 Nella sfolgorante cornice veneziana, dove l'acqua raddoppia i colori, ma il cielo dell'aprile persiste terso e azzurro, il pensiero balena nuovamente a Wagner un anno prima della morte, subito annotato dalla moglie Cosima: il Nord, il Sud, il rovello protestante, la limpidezza latina, eterno rompicapo dei tedeschi. Sbaglierebbe chi vi leggesse solo lo svago e la meraviglia del visitatore nella sua Reise nach Italien: la riflessione trova, invece, fondamento e senso nel nucleo più saldo e intimo della concezione filosofica di Wagner, che si cercherà qui di sviscerare. Da questa breve cartolina veneziana possiamo, infatti, imboccare il sentiero delle convinzioni artistiche, filosofiche, politiche del Wagner degli ultimi anni, che costituiscono l'humus ideologico da cui nasce Parsifal. L'interesse è duplice: comprendere alcuni aspetti della produzione wagneriana, in particolare dell'Opus ultimum e, attraverso la prospettiva del genio di Lipsia, uno dei momenti più fantasmagorici e 'pericolosi' della cultura europea, quello in cui l'Europa, tra Weltpolitik, seconda Internazionale e seconda rivoluzione industriale s'avvia prima alla Belle Époque e poi alla prima guerra mondiale. La lettura dei Tagebücher di Cosima è, al riguardo, entusiasmante: filtrati attraverso gli occhi del marito vediamo un formicolio di uomini, illustri e meno illustri, tutti egualmente concorrenti a comporre il quadro di un'epoca così sfaccettata.
perché da un pezzo questi miei nervi e queste mie ossa sarebbero o a Mègara o in Beozia. Platone,... more perché da un pezzo questi miei nervi e queste mie ossa sarebbero o a Mègara o in Beozia. Platone, Fedone
"Brahms è il primo grande musicista nel quale la funzione storica e la statura artistica non coin... more "Brahms è il primo grande musicista nel quale la funzione storica e la statura artistica non coincidono più", scrisse Wilhelm Furtwängler in un denso saggio del 1934. Fu il destino di Brahms vivere nell'autunno delle forme, nel momento in cui i colori si fanno più dorati e ricchi, ma oramai imminente è il traguardo supremo. Nessuno nell'ultimo trentennio dell'Ottocento avrebbe potuto sospettare, tra quella vendemmia di capolavori di Bruckner, Wagner e Brahms, la fine imminente delle grandi forme. Eppure è in quegli anni rigogliosi che Nietzsche formula la sua profezia: "nessun dio salverà la musica dalle legge che la corruzione incombe, che la corruzione è fatale". Nessuno fra i grandi citati recepì il pericolo con maggiore consapevolezza di Brahms. Scolpire le grandi forme sinfoniche in Brahms fu il risultato di un Kunstwollen, di una "volontà d'arte" in lotta col suo tempo. Non era certo la prima volta che un musicista si volgeva a forme lontane, si pensi al Bach dell'Arte della fuga, al Beethoven della Missa solemnis.
Ludwig van Beethoven Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in do maggiore, op. 15 1. Allegro c... more Ludwig van Beethoven Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in do maggiore, op. 15 1. Allegro con brio 2. Largo (la bemolle maggiore) 3. Rondò. Allegro scherzando La forma del concerto interessa Beethoven per circa un ventennio, tra il 1790 e il 1809, periodo nel quale vengono scritti i cinque concerti per pianoforte e orchestra. I primi due concerti, peraltro, subiscono nel corso degli anni numerose rielaborazioni in occasione delle esecuzioni pubbliche. Il concerto in do maggiore op. 15 n. 1 fu in realtà scritto successivamente al secondo concerto, ma venne pubblicato per primo. I primi due concerti furono accomunati da un giudizio non pienamente positivo dello stesso Beethoven che, in una lettera all'editore Britkopf & Haertel del 22 Aprile 1801, scrive: "vorrei aggiungere che uno dei miei primi concerti, e pertanto non una delle mie migliori composizioni, sta per essere pubblicata da Hoffmeister, e che Mollo sta per pubblicare un concerto che, veramente, è stato scritto dopo, ma che allo stesso modo, non conta fra i migliori mie lavori in questo genere." Nonostante ciò nel 1809 Beethoven scriverà ben tre cadenze per questo concerto in do maggiore, segno forse di una revisione del giudizio così severo espresso? Il concerto è dedicato a "Babette" una delle allieve più care di Beethoven, la principessa Anne Luise Barbara d'erba Odescalchi, a cui nel 1797, quando, ancora nubile portava il cognome ungherese di Keglevics von Buzin, aveva dedicato la bellissima sonata per pianoforte op. 7. Fu con questo concerto che Beethoven si fece conoscere al pubblico della capitale di quello che, ancora per pochi anni, sarebbe stato il Sacro Romano Impero. Nella primavera del 1795 la Tonkünstlergesellschaft (Società dei musicisti) aveva organizzato tre serate consecutive in onore delle vedove e degli orfani dei musicisti all'Hofburgtheater (lo stesso teatro dove Mozart rappresentò per la prima volta Ratto dal serraglio, Così fan tutte e Nozze di Figaro).
Claude Debussy lesse il dramma Pelléas et Mélisande di Maurice Maeterlinck nell'estate del 1892 e... more Claude Debussy lesse il dramma Pelléas et Mélisande di Maurice Maeterlinck nell'estate del 1892 e il 17 maggio dell'anno seguente assistette alla sua rappresentazione al Théatre des Bouffes-Parisiens. Il giorno successivo egli già stendeva i primi abbozzi e, ottenuta da Maeterlinck l'autorizzazione a musicare il testo e ad apportarvi alcuni tagli, a partire dall'agosto del 1893 si gettava nella composizione della scena della fontana, nel IV atto, il climax dell'intera vicenda, ultimandola in quattro mesi. Nell'agosto del 1895 annuncia il completamento del lavoro (salvo, ovviamente, l'orchestrazione per la quale attende che l'impresario dell'Opéra-Comique, nonché futuro direttore di scena, Albert Carré gli dia garanzie sull'inserimento dell'opera in cartellone). Nonostante si presentino già da quell'anno diverse possibilità di esecuzione dell'opera in forma non teatrale Debussy rifiuta: "…se quest'opera ha qualche merito, esso consiste nella stretta connessione tra dramma e musica. È chiaro che in una esecuzione concertistica questa connessione svanirebbe e nessuno potrebbe essere rimproverato per non aver colto quello che c'è sotto gli eloquenti "silenzi" di cui l'opera è disseminata" (13-10-1896). A partire dal maggio 1901, Carré confirmante, egli stende la strumentazione e inserisce alcuni interludi orchestrali resi necessari dai cambi di scena. Nell'estate dello stesso anno Debussy suona lo spartito a casa di Maeterlinck, a Parigi in rue Raynouard, mentre il padrone di casa fuma la pipa e quasi si addormenta. Lì nasce la proposta, che il compositore accetta, di scritturare come prima donna la moglie del poeta, Georgette Leblanc. Una imprudenza che costerà a Debussy molte noie. Quando infatti egli si incontrerà con Carré e col direttore d'orchestra André Messager al caffè Weber, per il ruolo della protagonista verrà fatto il nome di Mary Garden, cantante che aveva debuttato nella Luise di Charpentier con straordinario successo. La decisione fu presto fatta a casa Messager dove Debussy, "con quella sua voce profonda e sepolcrale" fece scoppiare in "singhiozzi dirotti" la nuova prescelta. Quando poco dopo l'inizio delle prove, il 13 gennaio, Maeterlinck lesse i giornali, una collera veemente lo assalì. (Nota a piè: non abbia timore di non capire il lettore di oggi; erano ancora quelli tempi in cui la carta stampata considerava notizia la nascita di una nuova opera). Protestò, lui che non amava l'opera, presso la Commission des Auteurs per l'oltraggio recato alla sua signora, cercando di impedire la rappresentazione dell'opera. Debussy, che nel frattempo passava le notti a buttar giù note maledicendo i cambi di scena di Carré, ritrovò tra i suoi fogli la lettera in data 19 ottobre 1895 nella quale Maeterlinck lo autorizzava a rappresentare l'opera "quando, dove e come voleva". Pensate chi si costringe a far da comprimario raccontando certe storie: dovette intervenire a dar ragione al compositore nientemeno che Victorien Sardou, che allora presedeva la Commission. La storia prosegue tra chiromanti e sfide a duello, ma noi ritorniamo in Place Boieldieu, dove dentro l'edificio dell'Operà-Comique si continuano le prove tra gli sbuffi degli orchestrali per le parti mal copiate da uno studentello e l'entusiasmo degli ottoni che, lasciati disoccupati da Debussy, avevano tempo per commuoversi ( "non sappiamo quale effetto faccia a voi che state lì al vostro posto, ma quando Arkel dice "Se fossi Dio avrei pietà del cuore degli uomini" è veramente meraviglioso" dissero al compositore).
Et dicitur musica a moys, quod est aqua, et ycos, quasi scientia aquatica" Petrus Frater, Compend... more Et dicitur musica a moys, quod est aqua, et ycos, quasi scientia aquatica" Petrus Frater, Compendium de discantu mensurabili, 1336 1
La musica è arte temporale per eccellenza. Che l'opera musicale si riveli una forma sempre divers... more La musica è arte temporale per eccellenza. Che l'opera musicale si riveli una forma sempre diversa di organizzazione del tempo è stato da più parti riconosciuto: 1 la musica, incontrando il tempo in cui si dispiega, lo pone come un problema, dalle diverse e alternative soluzioni creative. L'unità di musica e tempo si realizza su un piano così intrinseco e ineludibile, che in ogni forma di approccio all'arte dei suoni è impossibile astrarre l'elemento vuoto del tempo e disporlo per l'analisi. Ecco perché diviene lecita la domanda se, attraverso l'opera d'arte musicale, non sia possibile fare luce su di una immagine del tempo più variopinta e polimorfa di quella che ordinariamente assumiamo. Esistono una temporalità "autentica" dell'opera d'arte musicale e una "inautentica"? 2 Può la musica che scorre attraverso il tempo modificare la esperienza soggettiva dello stesso? E secondo quali forme?
Il sole e l'eroe: realismo e idealismo nel dramma wagneriano Per ognuno di noi la sola vera vita ... more Il sole e l'eroe: realismo e idealismo nel dramma wagneriano Per ognuno di noi la sola vera vita reale può esistere soltanto nell'immaginazione come ideale non raggiunto Lettera di R. Wagner ad August Roeckel 1 Negli scritti teorici di Richard Wagner ricorre spesso (con frequenza accelerata, in verità, negli scritti degli ultimi anni) il termine "ideale" , applicato ai più diversi ambiti della vita e dell'arte. A vederlo spuntare pagina dopo pagina si dubita che tale termine vada assunto nel mero significato della lingua ordinaria, quale riferimento ad un generico "idealismo" non meglio precisato.
Che cosa vuole tutto quanto il mio corpo dalla musica in generale? Giacché un'anima non esiste…Se... more Che cosa vuole tutto quanto il mio corpo dalla musica in generale? Giacché un'anima non esiste…Sentirsi alleggerito, io penso: come se tutte le funzioni animali dovessero venir accelerate da ritmi leggeri, arditi, sfrenati, sicuri di sé; come se la bronzea, plumbea vita dovesse perdere la sua pesantezza grazie a melodie dorate, morbide simili all'oblio….L'estetica è per l'appunto nient'altro che una fisiologia applicata". La furia iconoclasta di Nietzsche mette a nudo la vera e inconfessata ragione del bisogno umano di musica: i meno timorosi potranno anche vedervi una assoluzione ante litteram della più "leggera" musica di consumo dei nostri giorni. Smascherata l'ipocrita ideologia luterana della musica come Bildung (oggi genericamente "Cultura"), definitivamente abbattute ogni trascendenza, la giustificazione metafisica della musica quale dono che da Dio proviene ed a Lui ci eleva non ha più ragion d'essere.
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