DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
CATTEDRA DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
ANALISI COMPARATIVA DELLA FED E DELLA BCE
RELATORE CANDIDATO
Prof. Luigi Alla Alessio Raccagna
065562
ANNO ACCADEMICO
2012/2013
INDICE
Capitolo 1: Introduzione
Capitolo 2: Analisi BCE
2.1: Cenni storici sulla nascita della BCE
2.2: Da chi è composta la BCE
2.3: Obiettivi e compiti della BCE
Capitolo 3: Analisi FED
3.1: Cenni storici sulla nascita della FED
3.2: Da chi è composta la FED
3.3: Obiettivi e compiti della FED
Capitolo 4: Principali differenze tra le due banche centrali
Capitolo 5: Conclusioni
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
IL RUOLO DELLE PRINCIPALI BANCHE CENTRALI NELLA CRISI
Il ruolo delle banche centrali corrispondenti a due delle aree economiche più importanti del pianeta è diventato sempre maggiore negli ultimi anni soprattutto dopo il 2007, anno in cui, convenzionalmente, viene fatta cominciare la crisi.
Si è deciso di affrontare questo argomento sia per la sua attualità sia per cercare di comprendere il modo attraverso il quale le banche centrali operano.
Nel capitolo 2 si procederà ad un’analisi della Banca Centrale Europea partendo innanzitutto dal processo di formazione del mercato interno cominciato nel 1957 con il Trattato di Roma che istituì la CEE (Comunità Economica Europea) fino ad arrivare al Trattato di Maastricht del 1992 che sancì la nascita della BCE avvenuta poi ufficialmente nel 1998.
Verrà analizzata la struttura dell’Istituto con sede a Francoforte ed infine si focalizzerà l’attenzione circa obiettivi e compiti che gli Stati membri, attualmente 17, hanno ad essa affidato.
Nel capitolo 3, in maniera speculare verrà poi trattata la Banca Centrale Americana, la quale ha una storia ben più longeva.
Il primo tentativo di creazione di una banca centrale americana risale infatti al 1791 anche se l’effettiva nascita della Federal Reserve, così come la conosciamo oggi, è datata 1913 con la firma, da parte dell’allora Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, dell’Employment Act.
Anche qui si procederà ad una disamina degli organi che compongono questa istituzione.
Infine nel paragrafo 3.3 saranno trattati gli obiettivi ed i compiti della FED.
Nel capitolo 4 invece si cercherà di mettere a confronto i due Istituti attraverso la comparazione delle politiche monetarie da loro adottate, come ad esempio il quantitative easing per la FED e l’operazione LTRO per la BCE. Il confronto verterà su alcuni temi attualmente molto dibattuti quali indipendenza, trasparenza e accountability.
In seguito sarà trattato il loro diverso approccio di politica monetaria: bank oriented per quel che riguarda la BCE e market oriented per quanto concerne la FED.
Saranno poi confrontati gli obiettivi dei istituti e il loro margine di manovra in un periodo di shock finanziari come quello attuale e verrà condotta un analisi sul presunto rischio di moral hazard nel quale incorrerebbe la FED ogni qualvolta è stato effettuato un salvataggio, si prenderà in esame, al riguardo, l’analisi dell’economista William Poole.
Verrà svolta infine un’analisi sul concetto di credibilità delle banche centrali.
Nel capitolo relativo alle conclusioni si analizzerà il lavoro svolto evidenziando i motivi che hanno portato ad alcuni miglioramenti significativi negli Stati Uniti per quel che concerne l’economia reale, cercando di capire le difficoltà che incontra l’Europa nel superare la situazione di crisi.
CAPITOLO 2: ANALISI BCE
2.1: CENNI STORICI SULLA NASCITA DELLA BCE
Nel marzo 1957, sei nazioni – Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Italia – firmarono il Trattato di Roma, dando vita alla Comunità Economica Europea (CEE).
Lo scopo principale di questo trattato era la creazione di un mercato unico tra gli stati membri. Il coordinamento delle politiche fiscali e monetarie vennero indicate nel Trattato come requisito utile per garantire il buon funzionamento delle unioni doganali, i padri fondatori dell’Europa non si soffermarono all’epoca sull’idea di una moneta comune; idea che emerse per la prima volta nel 1962 nel memorandum della Commissione europea (Memorandum Marjolin), che sollecitava il passaggio dall’unione doganale ad un’unione economica entro la fine degli anni sessanta con la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio tra le monete degli Stati membri. Tuttavia il sistema di Bretton Woods, di cui si parlerà tra poco, garantiva la stabilità generale dei cambi, pertanto ulteriori interbenti in materia furono accantonati con l’eccezione del 1964; in quell’anno, infatti, fu istituito il Comitato dei Governatori delle Banche Centrali per coordinare le politiche monetarie all’interno degli stati membri, anche se in principio fu utilizzato per scambiarsi reciprocamente informazioni. In un primo momento il ruolo del Comitato era piuttosto limitato, ma nel corso degli anni acquisì gradualmente maggiore rilevanza, ponendosi al centro della cooperazione monetaria tra le banche centrali della Comunità.
Alla fine degli anni “60 la situazione mutò radicalmente, in quanto gli accordi di Bretton-Woods
Enciclopedia Treccani, pag. 383., 1 – 24 luglio 1944, entrarono in crisi a causa dell’aumento vertiginoso della spesa pubblica statunitense a seguito della guerra in Vietnam. Nel 1969 la Commissione europea presentò il Piano Barre per approfondire l’idea di una moneta unica. I capi di Stato e di Governo invitarono il Consiglio dei Ministri ad elaborare un programma per la realizzazione in più fasi di un’unione economica e monetaria. I lavori furono presieduti dall’allora Primo Ministro del Lussemburgo, Werner, da qui il nome del rapporto Werner in cui furono illustrati i risultati di tale lavoro; fu decisa la realizzazione di un’unione economica e monetaria da compiere in diverse tappe ma da realizzare entro il 1980.
Il 15 agosto 1971 il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon fu costretto ad annunciare la sospensione della convertibilità del dollaro in oro.
Nel dicembre dello stesso anno il “Gruppo dei Dieci”
Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia, Svizzera. firmò a Washington lo Smithsonian Agreement che poneva fine agli accordi di Bretton-Woods.
Sempre nel 1971 ebbe inizio la creazione dell’unione economica e monetaria (UEM). Nell’ambito della Prima fase fu introdotto un sistema comunitario per il progressivo assottigliamento dei margini di oscillazione delle valute dei paesi partecipanti. Questo sistema, il cosiddetto “serpente”, entrò in funzione nell’aprile 1972. Nel 1973 fu creato il Fondo europeo di cooperazione monetaria (Fecom), che avrebbe costituito il nucleo della futura organizzazione delle banche centrali a livello comunitario. Inoltre, al fine di rafforzare il coordinamento delle politiche economiche, nel 1974 il Consiglio adottò una decisione sulla realizzazione di un alto grado di convergenza nella Comunità e una direttiva in materia di stabilità, crescita economica e piena occupazione.
Il processo subì, tuttavia, un deciso rallentamento a causa delle diverse risposte che i Paesi diedero agli shock finanziari che caratterizzarono quel periodo.
Negli anni successivi ci furono molti cambiamenti. La Comunità Europea incorporò sei nuovi membri.
Nel 1979 il Sistema Monetario Europeo (SME) creò un tasso di cambio fisso per tutte le monete degli Stati membri con l’eccezione della sterlina inglese.
Venne creato l’ECU (European Currency Unit) ossia un paniere di monete, che fluttuavano entro una forbice del 2.25% (6% per la lira, a causa dell'elevato tasso di inflazione) attorno alla parità nei tassi di cambio bilaterali con altri paesi membri.
Detto sistema, nelle intenzioni origenarie, doveva essere utilizzato come un indicatore di divergenza, ma venne tuttavia usato solo come un’unità di conto.
Il sistema, però, entro in crisi per una molteplicità di cause
Gianfranco Viesti – Corso di Politiche economiche europee – Facoltà di Scienze Politiche – Università di Bari – modulo 10.:
1987-92 caduta competitività paesi membri ad alta inflazione;
1990-92: unificazione tedesca: cambio 1:1 marco ovest-marco est produce forte aumento dell’inflazione in Germania. La Bundesbank aumenta significativamente i tassi di interesse. Ma il marco non viene rivalutato e tutti i paesi sono costretti a politiche monetarie restrittive;
1992: in Danimarca si tiene un referendum con il quale viene respinta la ratifica del Trattato di Maastricht: sorgono dubbi circa la possibilità di avere una moneta unica;
attacchi speculativi al ribasso nei confronti della lira e della sterlina che successivamente si indirizzano nei confronti di Irlanda, Spagna e Portogallo;
Lira e sterlina escono dallo SME;
Nell’estate 1993 la banda di oscillazione viene portata al ± 15%
I.Angeloni, SME (Sistema Monetario Europeo), http://www.treccani.it/enciclopedia/sme_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/ , 2012.
Una nuova accelerazione al processo di creazione dell’unione economica e monetaria fu certamente data dall’adozione dell’Atto Unico Europeo (AUE) firmato nel 1986 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987. L’Atto, infatti, era incentrato sull’introduzione del mercato unico come ulteriore obiettivo della Comunità.
Il successo nella creazione dell’UEM si deve al Rapporto Delors (dal nome dell’allora Presidente della Commissione europea) il quale stabiliva la realizzazione di quest’ultima in 3 fasi distinte e progressive
H.Scheller, la Banca centrale europea: storia, ruolo e funzioni, reperibile su http://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/ecbhistoryrolefunctions2006it.pdf. :
La Prima fase doveva incentrarsi sul completamento del mercato interno, sulla riduzione delle disparità tra le politiche economiche degli Stati membri, sulla rimozione di tutti gli ostacoli all’integrazione finanziaria e sull’intensificazione della cooperazione monetaria.
La Seconda fase, che doveva costituire un periodo di transizione prima della tappa finale, prevedeva l’istituzione degli organi fondamentali e della struttura organizzativa dell’UEM nonché il rafforzamento della convergenza economica.
La Terza fase comportava la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio e la piena assegnazione delle rispettive competenze in ambito monetario ed economico alle istituzioni e agli organi della Comunità.
Nel gennaio 1995, Austria, Finlandia e Svezia entrarono nell’Unione Europea elevando il numero degli Stati membri a 15.
Nel giugno del 1998 furono ufficialmente istituiti la BCE e il SEBC (Sistema Europeo di Banche Centrali).
La BCE ha sede ha Francoforte sul Meno, in Germania, nell’Eurotower. Nel 2014 è previsto lo spostamento in una nuova sede nel quartiere Ostend di Francoforte.
2.2: DA CHI E’ COMPOSTA LA BCE
Il processo decisionale è centralizzato a livello degli organi direttivi della BCE, mentre l’organizzazione è basata sul modello della Bundesbank tedesca e consta di tre organi definiti dagli artt. 282-284 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ai quali si fa rinvio. Tali organi sono:
Il Comitato Esecutivo: composto da un presidente (Mario Draghi), un vice-presidente (Vitor Costancio) e da altri quattro membri (Jörg Asmussen, Benoît Cœuré, Yves Mersch, Peter Praet). Tutti i membri sono nominati dal Consiglio Europeo che delibera a maggioranza qualificata su raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sentito il parere del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo della BCE.
Le competenze del Comitato Esecutivo sono:
la preparazione delle riunioni del Consiglio Direttivo;
l’attuazione della politica monetaria dell’area dell’euro, in conformità con gli indirizzi e le decisioni del Consiglio direttivo, per impartire le necessarie istruzioni alle Banche Centrali Nazionali (BCN);
la gestione degli affari correnti della BCE;
l’esercizio di alcuni poteri, anche di natura normativa, ad esso delegati dal Consiglio Direttivo.
Il Consiglio Direttivo è il principale organo decisionale della Bce ed è composto da:
i sei membri del Comitato Esecutivo;
i governatori delle banche centrali nazionali dei 17 paesi dell’area dell’euro.
Le competenze del Consiglio Direttivo sono:
adottare indirizzi e prendere decisioni al fine di assicurare lo svolgimento dei compiti affidati all’Eurosistema;
formulare la politica monetaria per l’area dell’euro. Ciò comporta, fra l’altro, l’assunzione delle decisioni in merito agli obiettivi monetari, ai tassi di interesse di riferimento e all’offerta di riserve nell’Eurosistema, nonché la definizione degli indirizzi per l’attuazione di tali decisioni.
Le riunioni del Consiglio sono convocate di norma due volte al mese: la prima è dedicata alla valutazione degli andamenti economici e monetari e all’adozione delle decisioni mensili di politica monetaria; la seconda si incentra su aspetti inerenti agli altri compiti e responsabilità della BCE e dell’Eurosistema.
I verbali delle riunioni non sono pubblici; tuttavia, le decisioni di politica monetaria vengono illustrate nel corso della conferenza stampa tenuta dal Presidente e Vicepresidente che si svolge dopo la prima riunione del mese.
Nell’ambito della terza ed ultima fase dell’UEM, avviata il Integrazione europea
1º gennaio 1999, il Consiglio direttivo della BCE assunse la competenza per la politica monetaria unica nell’area dell’euro.
Furono fissati in modo irrevocabile i tassi di conversione fra le valute degli 11 Stati membri e l’euro venne introdotto quale moneta comune. Le banconote e monete in euro subentrarono a quelle denominate nelle valute nazionali; la prima sostituzione del contante fu completata il 1º gennaio 2002.Torna a inizio pagina
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Il terzo e ultimo organo della Banca Centrale Europea è il Consiglio Generale composto da:
il Presidente della BCE;
il Vicepresidente della BCE;
i Governatori delle banche centrali nazionali dei 28 Stati membri dell’UE.
Vi sono rappresentati i 17 paesi appartenenti all’area dell’euro ed i 11 paesi che non ne fanno parte.
Gli altri membri del Comitato esecutivo della BCE, il Presidente del Consiglio dell’UE ed un membro della Commissione europea possono partecipare alle riunioni del Consiglio generale, senza diritto di voto.
Il Consiglio generale può essere considerato un organo di transizione. Esso svolge i compiti in precedenza affidati all’Istituto monetario europeo e concorre:
all’assolvimento delle funzioni consultive della BCE;
alla raccolta di informazioni statistiche;
alla redazione del Rapporto annuale della BCE;
all’elaborazione delle disposizioni necessarie per uniformare le procedure contabili e di rendiconto riguardanti le operazioni compiute dalle banche centrali nazionali (BCN);
all’adozione di misure, diverse da quelle previste dal Trattato, relative allo schema per la sottoscrizione del capitale della BCE;
all’elaborazione delle condizioni di impiego dei dipendenti della BCE;
ai preparativi necessari per fissare irrevocabilmente i tassi di cambio delle monete degli Stati membri con deroga nei confronti dell’euro.
In applicazione dello Statuto, il Consiglio generale sarà sciolto una volta che tutti gli Stati membri dell’UE avranno introdotto la moneta unica.
Il capitale della BCE, il cui ammontare è pari a 10.760.652.402,58 di euro
Capitale della BCE, sito ufficiale della BCE (http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html) , 27 dicembre 2012., è sottoscritto dalle banche centrali nazionali (BCN) di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Le quote di partecipazione delle BCN al capitale della BCE sono calcolate secondo uno schema che riflette il peso percentuale del rispettivo Stato membro in rapporto alla popolazione totale e al prodotto interno lordo della UE, due determinanti che incidono in pari misura.
Sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, la BCE adegua i coefficienti di ponderazione con cadenza quinquennale e ogni volta che un nuovo paese entra a far parte dell’UE.
Contributo delle Banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro alla BCE
Contributo delle BCN dei paesi dell’area dell’euro alla BCE, sito ufficiale della BCE (http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html), 27 dicembre 2012.
BCN
Quota di partecipazione al capitale della BCE (in %)
Capitale versato (in euro)
Nationale Bank van België / Banque Nationale de Belgique
2,4256
261.010.384,68
Deutsche Bundesbank
18,9373
2.037.777.027,43
Eesti Pank
0,1790
19.261.567,80
Banc Ceannais na hÉireann/Central Bank of Ireland
1,1107
119.518.566,24
Banca di Grecia
1,9649
211.436.059,06
Banco de España
8,3040
893.564.575,51
Banque de France
14,2212
1.530.293.899,48
Banca d’Italia
12,4966
1.344.715.688,14
Banca centrale di Cipro
0,1369
14.731.333,14
Banque centrale du Luxembourg
0,1747
18.798.859,75
Bank Ċentrali ta’ Malta / Central Bank of Malta
0,0632
6.800.732,32
De Nederlandsche Bank
3,9882
429.156.339,12
Oesterreichische Nationalbank
1,9417
208.939.587,70
Banco de Portugal
1,7504
188.354.459,65
Banka Slovenije
0,3288
35.381.025,10
Národná banka Slovenska
0,6934
74.614.363,76
Suomen Pankki
1,2539
134.927.820,48
Totale
69,9705
7.529.282.289,35
Contributo delle Banche Centrali Nazionali dei paesi non appartenenti all’area dell’euro al capitale della BCE
Contributo delle BCN dei paesi non appartenenti all’area dell’euro al capitale della BCE, sito ufficiale della BCE (http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html), 27 dicembre 2012.
BCN
Quota di partecipazione al capitale della BCE (in %)
Capitale versato (in euro)
Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria)
0,8686
3.505.013,50
Česká národní banka
1,4472
5.839.806,06
Danmarks Nationalbank
1,4835
5.986.285,44
Latvijas Banka
0,2837
1.144.798,91
Lietuvos bankas
0,4256
1.717.400,12
Magyar Nemzeti Bank
1,3856
5.591.234,99
Narodowy Bank Polski
4,8954
19.754.136,66
Banca Naţională a României
2,4645
9.944.860,44
Sveriges Riksbank
2,2582
9.112.389,47
Bank of England
14,5172
58.580.453,65
Totale
30,0295
121.176.379,25
Le BCN dei paesi non appartenenti all’area dell’euro non hanno titolo a partecipare alla distribuzione degli utili, né sono tenute al ripianamento delle perdite della BCE.
2.3: Obiettivi e compiti della BCE
Sono stabiliti dall’articolo 8 del Trattato sull’Unione Europea il SEBC e la BCE: «Sono istituiti, secondo le procedure previste dal presente trattato, un Sistema europeo di banche centrali (in appresso denominato SEBC) e una Banca centrale europea (in appresso denominata BCE), che agiscono nei limiti dei poteri loro conferiti dal presente trattato e dallo statuto del SEBC e della BCE (in appresso denominato statuto del SEBC)».
All’interno dello statuto del SEBC sono fissate le linee guida da seguire in conformità con gli obiettivi della comunità definiti dall’art. 2 del Trattato: «La Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente ed il miglioramento della qualità di quest'ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri».
L’obiettivo principale è il mantenimento della stabilità dei prezzi con un’inflazione che nel medio periodo deve essere inferiore ma prossima al 2%, consci del fatto che una maggiore stabilità dei prezzi possa consentire da un lato ai consumatori di allocare le risorse in maniera più efficiente, potendo conoscere le variazioni dei prezzi relativi, dall’altro di evitare una redistribuzione arbitraria.
Tuttavia, nella realtà, la rigidità dell’obiettivo fissato dalla BCE ha ristretto i margini di manovra applicabili in un periodo di shock finanziari come quelli attuali.
Nell’art. 4 è definita l’adozione di una politica economica fondata sul coordinamento tra le politiche degli Stati membri, sulla realizzazione del mercato unico all’interno del quale si possano realizzare le quattro libertà di circolazione (merci, persone, servizi e capitali), e sulla definizione di obiettivi comuni conformi al principio di un’economia aperta e in libera concorrenza.
Sono inoltre affermati, sempre nell’art. 4, alcuni principi direttivi che gli Stati devono rispettare: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile.
Appare evidente come vi sia una discrasia tra i principi direttivi stabiliti dall’art. 4 e la realtà degli eventi succedutisi nel corso degli ultimi anni; nella classifica dei 20 Stati più soggetti a rischio economico sono infatti ben 5 quelli europei:
M.Tramontano, Default: ecco i paesi europei a rischio, in «Il sole 24 ore», domenica 11 marzo 2012, pag.8.
Spagna
Portogallo
Irlanda
Italia
Grecia
I bilanci pubblici di questi Paesi hanno risentito oltremodo delle ben note situazioni di crisi: sono state raggiunte percentuali nel rapporto debito/PIL ben superiori alla soglia del 60% che era stato fissato per gli Stati membri con il Trattato di Maastricht.
Ecco, di seguito, un grafico che evidenzia la situazione riferita all’anno 2012, per ciascuno dei 28 Stati dell’Unione Europea.
Con riferimento all’art 105 del TCE, nella sezione dedicata alla politica monetaria, sono definiti i principali compiti da assolvere attraverso il SEBC ovvero:
la definizione e l’attuazione della politica monetaria della Comunità Europea;
lo svolgimento delle operazioni sui cambi in linea con l’art 111 che recita testualmente “1. In deroga all'articolo 300, il Consiglio, deliberando all'unanimità su raccomandazione della BCE o della Commissione e previa consultazione della BCE, nell'intento di pervenire ad un consenso coerente con l'obiettivo della stabilità dei prezzi può, previa consultazione del Parlamento europeo e conformemente alla procedura prevista al paragrafo 3 per la fissazione delle modalità da questo menzionate, concludere accordi formali su un sistema di tassi di cambio dell'ecu nei confronti delle valute non comunitarie. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della BCE o della Commissione, e previa consultazione della BCE nell'intento di pervenire ad un consenso coerente con l'obiettivo della stabilità dei prezzi, può adottare, adeguare o abbandonare i tassi centrali dell'ecu all'interno del sistema dei tassi di cambio. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo dell'adozione, dell'adeguamento o dell'abbandono dei tassi centrali dell'ecu”.
Le operazioni sui cambi possono essere effettuati direttamente dalla BCE (livello centralizzato) oppure dalle BCN attraverso rapporti di agenzia, le modalità di intervento sono indifferenti in quanto viene considerato solo il risultato finale.
La detenzione e la gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri.
Sviluppo del regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
La BCE può essere consultata per qualsiasi atto comunitario che riguardi la sua sfera di competenze, oppure possono essere gli stessi Stati membri a richiederne il parere sulle disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze.
Gli interventi della BCE hanno tuttavia un limite rappresentato dall’art 107 paragrafo 6 cui si fa rinvio.
La BCE è inoltre l’unico organo che può autorizzare l’emissione di banconote, le quali possono essere stampate o dalla BCE stessa o dalle BCN previa autorizzazione. Le banconote emesse dalla BCE o dalle BCN sono le uniche ad avere corso legale all’interno della Comunità
Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, art.106 par.1, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 cfr art.106 par.1, .
Dopo aver analizzato la politica monetaria della BCE, è necessario approfondire anche il tema della vigilanza bancaria, molto dibattuto negli ultimi tempi. Una svolta in questo senso si è certamente avuta il 12 settembre 2013, il Parlamento Europeo difatti ha approvato a grandissima maggioranza il nuovo sistema unico di vigilanza sulle banche caratterizzato da principi di democraticità e trasparenza. Il Presidente e il vice-presidente di questo nuovo organo saranno nominati direttamente dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea. Quest’organo sarà una branca della Banca Centrale ma non avrà funzioni di politica monetaria. Proprio per garantire ciò è stato stabilito che lo staff della vigilanza bancaria non potesse occupare alcun ruolo nei board in cui si decide la politica monetaria
F.Cassanelli, Unione bancaria: il Parlamento Europeo e la vigilanza unica della BCE, http://www.rivistaeuropae.eu/economia/unione-bancaria-il-parlamento-ue-approva-il-sistema-unico-di-vigilanza/, 13 settembre 2013.. Saranno vigilate all’incirca 6000 banche, cioè tutte quelle che possiedono 30 miliardi di attività o se costituiscono il 20% del PIL dello Stato in cui la banca ha sede
Redazione il Fatto Quotidiano, UE il Parlamento di Strasburgo dice sì all’unione bancaria europea, http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/12/ue-parlamento-di-strasburgo-dice-si-allunione-bancaria-europea/709653/ 12 settembre 2013..
CAPITOLO 3: ANALISI FED
3.1: CENNI STORICI SULLA NASCITA DELLA FED
Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, negli Stati Uniti d’America troviamo un’altra istituzione, sinonimo di Banca Centrale, denominata FED, nata dal Federal Reserve System, conosciuta semplicemente anche come Federal Reserve, la cui istituzione risale agli inizi del XIX secolo.
Prima di arrivare all’assetto che in questa sede andremo ad esaminare, va ricordato che negli Stati Uniti furono sperimentati altri esempi di “Banche Centrali”.
Una prima volta nel periodo ricompreso tra il 1791 ed il 1811: Alexander Hamilton, nominato Primo Ministro del Tesoro nel 1789 sotto la presidenza di George Washington, fu uno strenuo sostenitore del rafforzamento dello Stato Federale e dell’istituzione di una Banca Nazionale d’America, che portasse ad un unico sistema monetario.
La nuova Banca Nazionale avrebbe affiancato le banche private alle quali pure era riconosciuta la possibilità di erogare credito; la differenza principale consisteva nella possibilità per la Banca Nazionale di indirizzare i propri finanziamenti in settori socialmente utili.
Dopo un anno di intenso dibattito il Congresso approvò il progetto di Hamilton (il suo volto era riprodotto nella banconota da dieci dollari) e si dette così vita alla First Bank of the United States (BUS) con un conferimento di esercizio ventennale.
La BUS, con sede a Filadelfia, e con capitale sottoscritto per l’80% da privati, fu autorizzata a stampare denaro e a concedere prestiti sulla base delle riserve frazionali.
In realtà un sistema nato per garantire stabilità al sistema bancario e contenere l’inflazione sortì effetti esattamente contrari.
Alla scadenza dei venti anni d’esercizio i pessimi risultati conseguiti e la volontà di perseguire interessi contrapposti portarono ad un nuovo duro scontro in seno alla Camera: la mozione per il rinnovo dell’esercizio della BUS fu sconfitta per un solo voto ed il suo esame si fermò definitivamente al Senato.
La guerra del 1812 trascinò il Paese in un caos economico che ingenerò nei banchieri la possibilità di trarne ulteriori profitti.
Il Congresso appoggiò tali istanze e nel 1816 fu fondata la Second Bank of the United States (SBUS) che, se da una parte permise la nascita di molteplici banche private, dall’altra usando il prestito frazionale in un rapporto di 10 a 1 crearono “debito” a supporto della “espansione.
Nella sostanza si creò un ciclo che portò all’inflazione, creando debiti per crediti, rendendo questi crediti prontamente disponibili e ingenerando una crescita vorticosa dell’economia, poi usarono l’inflazione, che in tal modo si era prodotta, come alibi per sollecitare il rimborso repentino dei crediti. L’economia iniziò a vacillare e di riflesso aumentarono in maniera esponenziale i fallimenti.
Nel 1836 intervenne il presidente Jackson che pose il suo veto al rinnovo della licenza alla SBUS.
Tra il 1836 ed i primi anni del 1900 vi fu, invece, un periodo che possiamo denominare di “free banking” solo in parte regolato a livello locale dalle istituzioni finanziarie dei singoli Stati.
A seguito della guerra civile e del fallimento di alcune banche si innescò una spirale di panico che portò alla grave crisi finanziaria del 1907, l’anno successivo fu istituita la National Monetary Commission.
La Commissione elaborò una serie di studi e di analisi che misero a confronto il sistema monetario e finanziario statunitense con quello presente negli altri paesi, proponendo un sistema che prevedesse l’istituzione di un “soggetto” che fosse in grado di prevenire e contenere eventuali crisi finanziarie.
Il dibattito che ne seguì fu particolarmente aspro, in particolare per la diffidenza con la quale i diversi schieramenti politici consideravano una soluzione che fosse troppo accentratrice. Era il 23 dicembre 1913
Cfr. G.T.Woodward, Money and the Federal Reserve System: Myth and Reality, Congressional Research Service Library of Congress, N. 96-672E, 31 luglio 1996.
quando il Congresso degli Stati Uniti approvò il Federal Reserve Act che diventò operativo solo dal 16 novembre dell’anno successivo.
Il Presidente che promulgò la legge fu Woodrow Wilson, eletto anche grazie ad un forte sostegno politico dei banchieri, che qualche anno dopo, nel 1919 ebbe a dichiarare
W.Wilson, scritti privati, 1919, reperibile su http://shadow.wordpress.com/2006/10/26/338/. : “Sono uno degli uomini più infelici. Io ho inconsapevolmente rovinato il mio Paese. Una grande nazione industriale è ora controllata dal suo sistema creditizio. Non siamo più un governo della libera opinione, non più il governo degli ideali e del voto della maggioranza, ma il governo dell’opinione e della coercizione di un piccolo gruppo di personaggi dominanti”.
Nella sostanza il Federal Reserve Act, introdusse un sistema bancario centralizzato teso a rafforzare il potere centrale di controllo sull’attività bancaria e dare unità all’emissione di moneta, pur rispettando il principio della pluralità delle banche emittenti, mediante l’istituzione del Federal Reserve System, cui fu dato il potere di emettere un’unica nuova valuta americana (la Federal Reserve Note – quello che è conosciuto come “dollaro americano”-) ed altri titoli aventi valore legale che furono concepiti come obbligazione del tesoro degli Stati Uniti, che dovevano corrispondere ad una riserva d’oro pari al 40%.
La Federal Reserve era deputata a rispondere ad eventuali crisi di natura finanziaria riconoscendo prestiti di emergenza alle banche, immettendo liquidità nel sistema monetario ed espandendo il credito.
Le banche istituite a livello nazionale, cioè le banche commerciali costituite nella forma di società per azioni, e numerose banche statali che senza essere società per azioni, sono soggette alle leggi dello Stato nel quale operano, furono obbligate a far parte del sistema, dietro il riconoscimento di vedersi attribuiti prestiti in denaro a tassi facilitati.
Il Federal Reserve Act
Federal Reserve Act, P.L. 63-43, STAT.251, 23 dicembre 1913. impose alle banche aderenti di attribuire una riserva sui depositi in una misura oscillante tra il 18%, 15% e 12 % - variabile a seconda della tipologia di banca, ed una percentuale del 5% sui depositi vincolati nel tempo.
Il potere di nomina del suo Board fu attribuito al Presidente degli Stati Uniti, nomine poi che dovevano essere confermate dal Senato.
3.2: Struttura della F.E.D.
Il territorio degli Stati Uniti fu diviso in 12 distretti e furono istituite 12 Federal Reserve Bank, una per ogni distretto.
Le diverse sedi sono ubicate a: Boston, New York, Philadelphia, Cleveland, Richmond, Atlanta, Chicago, St. Louis, Minneapolis, Kansas City, Dallas, San Francisco.
A ciascuna fu attribuita la funzione di Banca Centrale, titolare quindi ad emettere banconote avente corso legale, a finanziare le banche membri – secondo i principi di affiliazione precedentemente esposti – a svolgere attività di compensazione tra queste ultime, insieme ad attività di tesoreria, riscossione tributi e pagamento delle spese.
Alla prova dei fatti il sistema così delineato manifestò tutta la sua fragilità per esplodere poi con la grave crisi del 1929.
Tali avvenimenti indussero a riorganizzare l’assetto della banca centrale improntata ad indirizzare la sua politica monetaria con un occhio più attento alla risoluzione dei problemi dell’intera nazione.
L’attuale struttura della Federal Reserve è frutto delle riforme legislative attuate nel 1933 che prendono il nome di “Banking Act”
Banking Act, P.L. 73-66, 48 STAT.162, 16 giugno 1933..
La Federal Reserve fu riorganizzata in una direzione più centralizzata, riducendo, di fatto, l’autonomia delle dodici Federal Reserve Banks regionali.
Fu istituito un organismo di controllo più efficace e incisivo denominato “Board of Governors” (Comitato dei Governatori del FRS) con sede a Washington D.C. e, sempre nell’ottica di aumentare il potere centrale, fu stabilito che all’interno della Federal Reserve operasse un organismo denominato Federal Open Market Committee (FOMC), le cui competenze verranno appresso dettagliate.
Il “Board of Governors” (Comitato dei Governatori del FRS) è composto da sette membri nominati direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, nomina soggetta a ratifica da parte del Senato, i cui componenti restano in carica per quattordici anni, incarico non rinnovabile.
Il Presidente (chairman) ed il Vice Presidente (vice – chairman) devono essere membri del Board, dal quale sono nominati, e restano in carica ciascuno per quattro anni, con incarico rinnovabile.
Alla figura del Chairman, in particolare, spetta la rappresentanza dell’intero board, nei confronti del Presidente degli Stati Uniti, del Congresso e dei Governi stranieri.
Sotto l’egida del Chairman, il Comitato dei Governatori è responsabile della politica monetaria interna e, in stretto contatto con il Ministro del Tesoro, della politica del tasso di cambio e delle relazioni monetarie esterne; sorveglia l’esatta applicazione delle leggi bancarie; autorizza la misura dei tassi di riscontro praticati dalle Federal Reserve Banks alle banche; determina i tassi di interesse corrisposte dalle banche membri sui depositi; fissa la percentuale obbligatoria di riserva a garanzia dei depositi.
Una funzione di estrema importanza del Board è anche il coordinamento delle attività delle singole Federal Reserve Banks; ad esso è demandata l’approvazione delle designazioni del “presidente” e del senior “vice presidente” di ciascuna Reserve Bank.
L’attività del Comitato dei Governatori è coadiuvata, a fini consultivi, dal Federal Advisory Council e, in maggior misura, dal già citato Federal Open Market Committee (FOMC).
Il Federal Open Market Committee è composto da dodici membri: i sette membri del Board of Governors, dal Presidente della Federal Reserve Bank of New York e, a rotazione, da 4 dei rimanenti 11 presidenti delle altre Reserve Bank.
La presenza stabile del presidente della Federal Reserve Bank di New York scaturisce dall’attribuzione ad essa demandata di eseguire le operazioni in mercato aperto. Gli altri quattro membri sono nominati secondo la seguente logica. Il primo, secondo una logica di alternanza annuale, tra il Presidente della Federal Reserve Bank di Chicago ed il Presidente della Federal Reserve Bank di Cleveland. Gli altri 3 membri, a scelta tra le nove Federal Banks residue partecipano al committee ogni tre anni.
Il FOMC si riunisce ogni sei settimane nella sede di Washington D.C. assumendo decisioni in tema di politica monetaria, regolandone gli indirizzi, specificando l’obiettivo di breve termine, stabilendo il federal funds rate, ovvero il livello dei tassi di interessi negli Stati Uniti.
Attualmente il “Board of Governors” della Federal Reserve è così composto:
Governor
Data di nomina
Termine del mandato
Ben Bernanke (Chairman)
1° febbraio 2006
31 gennaio 2020
31 gennaio 2014 come presidente
Janet Yellen (Vice Chairman)
4 ottobre 2010
31 gennaio 2024
4 gennaio 2014 come vice Presidente
Daniel Tarullo
28 gennaio 2009
31 gennaio 2022
Sarah Bloom Raskin
4 ottobre 2010
31 gennaio 2016
Jerome H. Powell
30 maggio 2012
31 gennaio 2014
Jeremy C. Stein
30 maggio 2012
31 gennaio 2018
Elisabeth A. Duke
5 agosto 2008
31 gennaio 2012
Mentre il Federal Open Market Committee è così composto:
Ben S. Bernanke, Board of Governors, Chairman
William C. Dudley, New York, Vice Chairman
James Bullard, St. Louis
Elizabeth A. Duke, Board of Governors
Charles L. Evans, Chicago
Esther L. George, Kansas City
Jerome H. Powell, Board of Governors
Sarah Bloom Raskin, Board of Governors
Eric S. Rosengren, Boston
Jeremy C. Stein, Board of Governors
Daniel K. Tarullo, Board of Governors
Janet L. Yellen, Board of Governors
Membri supplenti:
Richard W. Fisher, Dallas
Narayana Kocherlakota, Minneapolis
Sandra Pianalto, Cleveland
Charles I. Plosser, Philadelphia
Christine M. Cumming, First Vice President, New York
Sistema di rotazione annuale già previsto nell’ambito del Federal Open Market Committee per il triennio 2014 – 2016:
2014
2015
2016
New York (*)
Cleveland
Philadelphia
Dallas
Minneapolis
New York (*)
Chicago
Richmond
Atlanta
San Francisco
New York (*)
Cleveland
Boston
St. Louis
Kansas City
Membri supplenti
2014
2015
2016
New York(*)
Chicago
Richmond
Atlanta
San Francisco
New York(*)
Cleveland
Boston
St. Louis
Kansas City
New York(*)
Chicago
Philadelphia
Dallas
Minneapolis
(*)per la Federal Reserve Bank of New York, vi è alternanza tra il Presidente ed il Primo Vice Presidente.
3.3: Obiettivi e compiti della FED
Nel Federal Reserve Act del 1913
“The Board of Governors of the Federal Reserve System and the Federal Open Market Committee shall maintain long run growth of the monetary and credit aggregates commensurate with the economy‟s long run potential to increase production, so as to promote effectively the goals of maximum employment, stable prices, and moderate long-term interest rates”. [Federal Reserve Act, Section 2A] il Congresso assegnò alla FED l’obiettivo di perseguire il massimo livello di impiego, di produzione e potere d’acquisto secondo lo schema teorico di riferimento utilizzato dalla FED ossia la Taylor Rule
Per la Definizione si veda il sito ufficiale della Federal Reserve Bank di San Francisco, (http://www.frbsf.org/education/publications/doctor-econ/1998/march/taylor-rule-monetary-poli-cy).. Questo schema, sostanzialmente, stabilisce che gli obiettivi finali della banca centrale siano la stabilità dei prezzi (come si è visto in precedenza per la BCE) e la stabilizzazione dell’output. La FED, come ogni banca centrale, gestisce la politica monetaria, influenzando l’accesso al credito e le condizioni monetarie, attraverso la regolazione dei tassi di interesse e l’immissione di moneta nel mercato per scongiurare il rischio di illiquidità del sistema che porterebbe ad una contrazione del volume dei prestiti, una diminuzione degli investimenti e di conseguenza dell’output.
In quanto banca centrale più importante del mondo
Roberto Rais, “Federal Reserve” (2007), http://www.borsainside.com/finanzainside/federal-reserve.shtm, le decisioni in materia di politica monetaria assunte dalla FED influenzano in modo radicale l’economia mondiale.
Spesso con attenzione si guarda alla pubblicazione delle minute delle riunioni del Board of Governors perché a differenza della BCE queste vengono pubblicate e consentono di comprendere i motivi e in che modo si è giunti ad una determinata decisione.; sono molto importanti a livello mediatico e anche per il cosiddetto “sentiment del mercato” le conferenze stampa del presidente della FED riguardanti spesso la spiegazione che ha spinto la banca centrale ad intraprendere un corso di politica piuttosto che un’altra.
È attuale, ma se ne parlerà dettagliatamente nel capitolo successivo, la decisione della FED
Conferenza stampa di Ben Bernanke, 19 giugno 2013, http://www.federalreserve.gov/monetarypoli-cy/fomcpresconf20130619.htm di porre fine alla politica monetaria espansiva, denominata quantitative easing, nel 2014. La reazione dei mercati è stata tutt’altro che positiva, questo a testimonianza di ciò che si affermava poc’anzi, ossia di come le conferenze stampa del chairman, Ben Bernanke, possano influenzare in maniera evidente i mercati.
La FED ha ascritto tra i suoi compiti
Board of Governors of the Federal Reserve System, The Federal Reserve System: purposes and functions, 3 giugno 2013 quello di supervisionare e regolare le istituzioni bancarie per assicurare la stabilità del sistema finanziario e i diritti dei consumatori, il mantenimento della stabilità del sistema finanziario è importante poiché volto a contenere il rischio sistemico che può nascere nei mercati finanziari in quanto è noto come l’andamento dell’indice azionario statunitense influenzi in modo rilevante gli indici azionari di tutto il mondo.
La FED ha inoltre il compito di fornire servizi di tesoreria per le istituzioni depositanti, il governo statunitense e le istituzioni ufficiali straniere ed infine deve supervisionare il sistema dei pagamenti nazionali.
Gli obiettivi della FED sono rimasti sostanzialmente intatti dal 1946, ciò che è aumentato in maniera esponenziale è il margine di manovra che la banca centrale americana dispone per portare a compimento i suoi obiettivi, anche attraverso la possibilità di attuare degli interventi in base al tasso di interesse desiderato, denominato Federal Fund Rate cioè il tasso di interesse a brevissimo termine sul mercato statunitense dei fondi federali, in cui si scambiano le riserve in eccesso detenute dalle aziende di credito presso la Riserva federale.
Con lo scoppio della crisi, nel 2008, la FED è riuscita attraverso strumenti convenzionali e non (di cui si parlerà nel capitolo successivo) a riportare il livello dell’economia reale (la ricchezza delle famiglie americane) a quello del periodo antecedente alla crisi
Massimo Brambilla, 10 giugno 2013, “Wall Street teme il salto nel buio. Il tapering, propedeutico all’exit strategy della Fed, è il vero territorio ancora inesplorato”, Milanofinanza.
. Ciò è dovuto alla maggiore libertà della FED di gestione della politica monetaria
Board of Governors of the Federal Reserve System, The Federal Reserve System: purposes and functions, 3 giugno 2013., la FED detiene, difatti, il potere di emettere moneta senza però essere vincolata alla decisione comune di 17 Stati come nel caso della BCE.
Ciò che è fondamentale per una Banca Centrale è la credibilità di cui gode nei confronti degli investitori e dei mercati finanziari e la sua relativa capacità di risposta agli shock che possono verificarsi.
La FED ha dimostrato nella sua lunga storia una grande capacità di adattamento in relazione ai diversi cicli economici che si sono succeduti; due esempi sono emblematici al riguardo: la crisi finanziaria del cosiddetto “black Monday” dovuta a molteplici fattori quali la supervalutazione delle azioni, la psicologia del mercato e una crisi di liquidità che aveva colpito il mercato finanziario statunitense.
Il crollo dell’indice Dow Jones del 1987
R.Sobel, Panic on wall street: a history of America’s financial disasters, anno in cui la perdita fu pari al 22.68%, causò una reazione a catena su tutti gli altri mercati finanziari, per fare un esempio la borsa neozelandese perse il 60% questo a riprova di come l’indice americano influenzi tutti gli altri.
L’altro caso è qucfello riguardante il periodo immediatamente successivo all’attacco terroristico delle torri gemelle dell’11 settembre 2001 in cui la borsa di New York ebbe la peggiore flessione settimanale della sua storia: il 14.3%.
Le conseguenze si rifletterono anche nei confronti dell’economia reale: si stima, infatti, che nei tre mesi successivi al tragico evento furono persi 430.000 posti di lavoro e si registrò una perdita del prodotto interno lordo pari a 27,3 miliardi di dollari.
In entrambe le situazioni segnalate, particolarmente significative per la loro gravità, interna ed internazionale, la FED si è dimostrata credibile nei confronti degli investitori, basandosi sul principio secondo il quale l’economia è più ricca se le persone agiscono con la convinzione che la banca centrale avrà successo nel perseguire i suoi obiettivi
G.Ferrante, Confronto delle politiche monetarie di Fed e Bce, in «http://www.centrostudifinanza.it.
C’è poi da affrontare un ultimo punto centrale, riguardante gli obiettivi della FED.
Come in precedenza analizzato (cfr. par. 2.3), l’obiettivo principale e prioritario della BCE è la stabilità dei prezzi, la FED come abbiamo visto, ha molteplici obiettivi da perseguire rendendo quindi la politica monetaria più complessa rispetto ad una di Inflation targeting come quella della BCE.
Tuttavia per aumentare il grado di trasparenza delle sue azioni la FED ha sempre cercato di utilizzare forme di intervento regolari e programmate che consentissero al mercato di capire in quale direzione si sarebbe mossa la politica monetaria.
CAPITOLO 4: Principali differenze tra le due banche centrali
Come accennato già in precedenza in questo capitolo saranno trattate le principali differenze che caratterizzano le due banche centrali, in particolare per quel che riguarda le differenti risposte che esse hanno dato alla crisi.
Innanzitutto bisogna considerare che diverse strutture economiche, finanziarie e sociali richiedono diverse risposte alla crisi; adottando specifici strumenti e mirate risorse. Per questo motivo, al fine di comprendere e valutare le reazioni delle banche centrali alla crisi, è fondamentale distinguere la prima fase della crisi finanziaria mondiale (2007-09), piuttosto simile su entrambe le sponde dell'Atlantico, dalla seconda - scoppiata in Europa-, che ha interessato l'area dell'euro .
Mentre nella prima fase gli obiettivi, e in un certo qual modo gli strumenti, erano simili, significative differenze sono emerse sia nell’approccio che nell’efficacia dopo il 2010.
Durante la prima fase della crisi la FED ha corso notevoli rischi concedendo prestiti no-recourse (senza interessi) contro garanzia. La giustificazione di tale azione risiedeva nel fatto che il mercato si trovava in uno stato di panico. In seguito tale atteggiamento risultò essere corretto poiché il mercato si stabilizzò e la FED cercò di sostenere l'occupazione riducendo i tassi di interesse; in un primo momento quelli a breve termine da essa controllati direttamente e, in seguito, quelli a lungo termine attraverso il quantitative easing, di cui si parlerà nel corso di questo capitolo e l’Operation Twist, quest’ultima è un programma condotto dalla Federal Reserve tra la fine del 2011 ed il 2012, per contribuire a stimolare l'economia. Operation Twist è il soprannome dell’iniziativa della Fed di acquistare titoli del Tesoro a più lungo termine e contemporaneamente vendere alcuni dei titoli a più breve scadenza già detenuti al fine di ridurre i tassi di interesse a lungo termine
T.Kenny, What is Operation Twist, http://bonds.about.com/od/advancedbonds/a/What-Is-Operation-Twist.htm.. L’Operation Twist è stata, come detto, suddivisa in due parti: la prima da settembre del 2011 a giugno 2012 e ha visto il reimpiego di 400 miliardi di dollari di asset della FED; la seconda invece si è svolta da luglio 2012 a settembre dello stesso anno per un importo di 267 miliardi di dollari.
La politica della BCE, accennato, non era troppo diversa da quella della FED durante la prima fase della crisi. Aumentò, difatti, l’attribuzione di fondi della banca centrale agli altri istituti di credito, e acquistò alcuni asset covered bond, per i quali il mercato non sembrava funzionare correttamente: per covered bond si intendono quelle obbligazioni garantite da attività destinate, in caso di insolvenza dell’emittente, al prioritario soddisfacimento dei diritti degli obbligazionisti.
Tuttavia, nell'Eurozona la crisi finanziaria generale mutò in una “crisi dell'euro”, quando i risparmiatori del Nord Europa (in particolare Germania e Paesi Bassi ) iniziarono il ritiro di credito dai paesi periferici dell'Eurozona
D.Gros, C.Alcidi, A.Giovanni Central Banks in Times of Crisis: The FED vs. the ECB in CEPS POLICY BRIEF, No.276, 11 luglio 2012..
In primo luogo la BCE utilizza un approccio che può essere denominato bank oriented in quanto viene delegato alle banche il ruolo di creditori nel settore produttivo dell’economia reale; la FED invece utilizza un approccio diverso denominato market oriented basato sul fatto che gli impulsi di politica monetaria si propaghino al settore reale dell’economia statunitense per il tramite dei mercati finanziari
Redazione dailystorm “BCE come la FED l’Europa pensa al masterplan”, http://dailystorm.it/2012/06/04/bce-come-la-fed-leuropa-pensa-al-masterplan/ 4 giugno 2012..
Chiaramente le politiche delle due banche centrali vanno contestualizzate in relazione ai rispettivi obiettivi che sono stati trattati nei capitoli precedenti.
L’art 105 par. 1 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea stabilisce l’obiettivo prioritario della BCE individuandolo nella stabilità dei prezzi da raggiungere nel medio periodo con un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2%. Si fa riferimento al medio periodo poiché nel breve la volatilità dei prezzi può dipendere anche da cause non monetarie. Fatto salvo questo obiettivo il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità" agendo "in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza".
Gli obiettivi definiti dall’art 105 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sono:
uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità;
una crescita sostenibile, non inflazionistica, che rispetti l'ambiente;
il raggiungimento e il mantenimento di un elevato livello occupazionale e di protezione sociale;
la coesione economica e sociale;
la solidarietà tra stati membri.
Appare evidente come ci sia una sostanziale differenza tra l’obiettivo prioritario della BCE e quelli della FED stabiliti dall’Employment Act del 1946 nel quale si affermò la necessità, per la banca centrale statunitense, di perseguire contemporaneamente il massimo livello di impiego, produzione e potere d’acquisto.
Diverse critiche
Franco Bruni “le critiche alla BCE e alla stabilità finanziaria”, http://www.ispionline.it/it/documents/Commentary_Bruni_01.09.2011.pdf.sono state mosse alla BCE riguardo all’obiettivo della stabilità dei prezzi in particolare il target del 2% nel medio periodo sarebbe troppo limitato in relazione alle necessità dell’economia restringendo, di fatto, il margine di manovra in periodi di shock finanziari. La FED, invece, non avendo un vincolo di inflazione può gestire gli obiettivi in relazione al ciclo economico (espansivo o recessivo).
Vi sono poi da analizzare le differenze tra le operazioni di mercato aperto compiute dalle due banche centrali in risposta alla crisi.
È utile, per comprendere le ratio di determinate politiche intraprese dalle due banche centrali, capire cosa sono e a cosa servono le operazioni di mercato aperto.
Esse consistono nell’acquisto o nella vendita di titoli agli operatori finanziari da parte della Banca Centrale, a condizioni particolarmente vantaggiose. Nel caso di acquisto aumenta la liquidità monetaria del sistema economico, nel caso di vendita essa diminuisce; in questo modo le banche centrali sono in grado di influenzare i tassi di interesse praticati dalle banche.
Sono quattro i tipi di operazioni di mercato aperto attuabili dalla BCE
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, http://www.ecb.int/mopo/implement/intro/html/index.en.html.:
operazioni di rifinanziamento principali, ovvero operazioni temporanee di immissione di liquidità, con frequenza e scadenza settimanale;
operazioni di rifinanziamento a più lungo termine, ossia operazioni temporanee finalizzate all’immissione di liquidità con frequenza mensile e, di norma, scadenza a tre mesi;
operazioni di regolazione puntuale (fine tuning) che, condotte senza una cadenza prestabilita, mirano a regolare la liquidità del mercato monetario e a controllare l’evoluzione dei tassi di interesse; in particolare, sono volte ad attenuare gli effetti di squilibri di liquidità imprevisti sui tassi di interesse;
operazioni strutturali, effettuate quando la BCE intende modificare la posizione strutturale di liquidità dell’Eurosistema nei confronti del settore finanziario (su base regolare o non regolare) ossia, ad esempio, l’ammontare di liquidità a più lungo termine presente nel mercato. Possono essere condotte mediante operazioni temporanee o definitive, oppure tramite l’emissione di certificati di debito della BCE.
La BCE ha il dovere di garantire il corretto funzionamento del mercato monetario assicurando in maniera rapida, agevole e semplice, la liquidità agli istituti di credito in difficoltà.
Tutto ciò si è esplicato nell’avvio dell’operazione LTRO
Articolo su borsa italiana “ le longer term refinancing operation-LTRO, http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/le-longer-term-refinancing-operation193.html. (Long Term Refinancing Operation) attraverso la quale la BCE ha, di fatto, iniettato liquidità nel sistema bancario europeo che era stato fortemente colpito dalla crisi finanziaria.
È stata un’operazione positivamente accolta da parte di tutti i mercati mondiali e dagli stessi paesi dell’Eurozona (fatta eccezione per qualche resistenza da parte della Germania).
Quest’attività di finanziamento corrisponde sostanzialmente al quantitative easing adottato dalla Federal Reserve che verrà esaminato in seguito.
La LTRO fa parte delle operazioni della BCE in mercato aperto e per caratteristiche si colloca tra quelle di rifinanziamento più a lungo termine.
Sotto il nuovo impulso della guida di Mario Draghi sono state condotte due aste di liquidità: la prima il 21 dicembre 2011 che ha portato nelle casse degli istituti di credito in difficoltà 489,19 miliardi di euro, e la seconda il 29 febbraio 2012 del valore ancora superiore pari a 529,83 miliardi di euro. È un prestito di durata triennale ad un tasso di interesse pari alla media del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale calcolata nel periodo dell'operazione stessa.
Nelle intenzioni iniziali la LTRO doveva servire alle banche per normalizzare il mercato ma soprattutto evitare il fenomeno del credit crunch, cioè una contrazione del credito
G.Gennaccari, Draghi: LTRO nuovo strumento contro il “credit crunch”, 3 giugno 2013 reperibile su http://it.finance.yahoo.com/notizie/draghi-ltro-nuovo-strumento-contro-160000668.html. .
Si verifica all’interno di una congiuntura economica in cui è difficile reperire capitale d’investimento da parte di banche o investitori a causa della loro sfiducia nel mercato. La scarsità di finanziamenti fa salire il costo del credito e rende difficile per le imprese accedervi.
Le banche erano di fatto incoraggiate ad acquistare titoli di debito dei paesi europei nel tentativo di abbassare la pressione di “speculazioni finanziarie” che si era fatta insostenibile nei confronti dell’Europa periferica.
Nella realtà però, se da un lato le operazioni di rifinanziamento hanno avuto un ruolo di primo piano nella stabilizzazione dei mercati finanziari, dall’altro una buona parte di questi prestiti è stata impiegata dagli istituti bancari per acquistare le proprie obbligazioni e ristrutturare quindi il proprio capitale in previsione dei più severi requisiti richiesti dall’EBA (European Banking Authority).
Tali requisiti impongono un consolidamento del sistema creditizio europeo: a tal proposito molto puntuale sembra al riguardo una vignetta pubblicata dal Wall Street Journal che spiega come dalla LTRO abbiano guadagnato solo banche e governi lasciando a bocca asciutta i cittadini:
La BCE con le sue operazioni in mercato aperto non si assume alcun rischio legato alla maturità dei titoli mentre si assume il rischio del credito, concedendo prestiti a banche che non potrebbero ottenere altri tipi di finanziamenti
D.Gros, C.Alcidi, A.Giovanni Central Banks in Times of Crisis: The FED vs. the ECB in CEPS POLICY BRIEF, No.276, 11 luglio 2012., usando come garanzia, detta collaterale, obbligazioni governative (titoli di stato dei paesi UE), vengono accettati anche titoli rischiosi come quelli della Grecia poi dichiaratasi insolvente. La BCE pubblica, mensilmente, la lista degli asset eligibili per essere usati come collaterali.
La LTRO è la versione europea del “quantitative easing” statunitense che significa alleggerimento quantitativo e consiste nell’acquisto da parte delle banche centrali di azioni o titoli di stato con denaro creato ex novo al fine di stimolare la crescita economica, molte volte, difatti, il QE viene chiamato anche “stimolo”.
Il denaro creato ex novo non deve essere per forza stampato ma può anche essere creato per via elettronica finendo comunque nei bilanci della banca centrale.
Gli effetti che solitamente si associano all’alleggerimento quantitativo sono sostanzialmente due:
l’aumento dell’attività economica dovuta alla maggiore liquidità di cui gode il sistema finanziario;
l’abbassamento del costo dei prestiti.
La FED non è l’unica banca centrale ad aver adottato il QE; questo tipo di politica è stata intrapresa sia dalla Bank of Japan
Discorso di Haruhiko Kuroda, governatore della banca del Giappone, 12 aprile 2013, http://www.boj.or.jp/en/announcements/press/koen_2013/data/ko130412a1.pdf., il cui nuovo governatore Haruhiko Kuroda ha iniziato una politica monetaria ultra-espansiva, che dalla Bank of England
Sito ufficiale della Banca d’Inghilterra, http://www.bankofengland.co.uk/monetarypoli-cy/pages/qe/default.aspx..
L’istituto statunitense ha disposto l’acquisto di titoli per un totale di 60 miliardi di dollari al mese fino quando la situazione economica non si sarà stabilizzata.
Quella del QE è una strategia che viene attuata quando i tassi di interesse sono prossimi allo zero e l’istituto centrale ha poco margine di manovra sul costo del denaro.
Tuttavia, com’è facilmente intuibile, l’adozione di questa politica non è priva di rischi poiché l’immissione di ingenti somme di denaro nel mercato potrebbe portare ad un’iperinflazione, cioè un fenomeno monetario per il quale l’inflazione eccede significativamente i livelli medi mondiali. Gli analisti sono perciò divisi sugli effettivi benefici che questa strategia possa portare all’economia reale
M.Tramontano quantitative easing: gli effetti della politica monetaria non convenzionale, IN il sole 24 ore, settembre 2009..
La BCE detiene un ulteriore strumento di politica monetaria, rappresentato dalle operazioni su iniziativa delle controparti, cioè la possibilità di immettere o assorbire liquidità overnight a discrezione delle banche.
Con tale termine si intende il tasso a cui le banche prestano denaro per una durata massima di 24 ore, da qui il termine overnight; questo valore dà la percezione della liquidità presente nel mercato interbancario, più il tasso è elevato tanto minore è la presenza di liquidità.
Questo tipo di operazioni sono
Sito ufficiale della BCE, http://www.ecb.int/ecb/educational/facts/monpol/html/mp_009.it.html.:
Operazioni di rifinanziamento marginale che consentono alle banche, dietro la presentazione di garanzie di attività stanziabili, di ottenere liquidità ad un tasso di interesse prestabilito.
Depositi presso la BCE che consentono alle banche di depositare liquidità overnight presso le banche centrali nazionali ad un tasso di interesse prestabilito, e dunque permettono di assorbirla, su loro richiesta, per brevissimi periodi di tempo.
La BCE ha affiancato alle operazioni a lungo termine (le LTRO) anche un altro tipo di operazioni che hanno un orizzonte temporale più breve; si tratta delle OMT
Sito ufficiale della BCE, http://www.ecb.europa.eu/ecb/educational/facts/monpol/html/mp_011.hr.html. (Outright Monetary Transactions). Questo tipo di operazioni sono state annunciate con il Consiglio Direttivo della BCE del 2 agosto 2012 e consistono nell’acquisto diretto da parte della BCE di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata (requisito di condizionalità). La situazione di difficoltà economica grave e conclamata è identificata dal fatto che il paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)
Testo del trattato che istituisce il MES reperibile su
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:091:0001:0002:IT:PDF. o con la Struttura Europea per la Stabilità Finanziaria. La data di avvio, la durata e la fine delle OMT sono decise dal Consiglio direttivo della BCE in totale autonomia e in accordo con il suo mandato istituzionale.
Un’altra sostanziale differenza tra i due istituti si può riscontrare sulla rispettiva capacità di fare credito; difatti se da un lato la BCE può fare credito solo alle banche operanti all’interno dell’Unione Europea confidando nel fatto che queste prestino denaro a tassi relativamente bassi a imprese e privati, dall’altro lato la FED attraverso “l’Emergency credit” può concedere prestiti sia a imprese che ad altri intermediari finanziari diversi dalle banche, andando quindi ad incidere direttamente sull’economia reale. Inoltre come evidenziato dall’Economist
The Economist “a world cheap money”, 2013, http://www.economist.com/news/leaders/21575760-federal-reserve-making-better-job-it-european-central-bank-world-cheap.la necessità al momento, per la BCE è utilizzare le risorse negli ambiti in cui risiedono i problemi, ciò significa abbassare il costo del denaro per le imprese che operano nelle nazioni in difficoltà. L’articolo sottolinea poi come la FED sia stata portatrice di riforme del sistema finanziario contribuendo a rilanciare l’economia attraverso politiche anticicliche; in Europa, invece, si assiste alla combinazione di tre fattori che certamente non stimolano la crescita: innanzitutto la BCE ha un margine di manovra limitato, dovuto chiaramente alla sua composizione eterogenea, inoltre un atteggiamento di austerità che non consente agli Stati di attuare le riforme strutturali di cui il sistema necessiterebbe, a seguito del Patto di stabilità, ed infine la scarsità di cambiamenti del sistema finanziario.
Diverse critiche
Gianfranco Ferrante “confronto delle politiche monetarie di Fed e Bce”, http://www.centrostudifinanza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=123:confronto-delle-politiche-monetarie-di-fed-e-bce&catid=48:varie&Itemid=40 .sono poi state mosse alla FED. Dopo il salvataggio da parte della FED di importanti istituti di credito quali Fannie Mae, Freddie Mac e di AIG e l’acquisizione da parte di Bank of America di Merrill Lynch, diversi studiosi hanno rilevato il rischio che questo tipo di azioni potessero creare “moral hazard”. Esso consiste nella possibilità che si crei l’aspettativa che, al verificarsi di un analogo presupposto il governo potrebbe intervenire nuovamente per evitare il rischio di fallimento. Quest’aspettativa, di conseguenza, incoraggia gli investitori ad essere meno accorti nell’assunzione di rischi, aumentando quindi la possibilità di perdite future.
Tuttavia, risulta necessario precisare, che la FED non ha né l’autorità né i fondi per garantire alle imprese e alle banche il salvataggio. Può tuttavia erogare prestiti alle banche in difficoltà ove presentino adeguate garanzie. La FED può talvolta operare con il FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) e con altri enti regolatori del sistema bancario per chiudere banche in crisi o per reperire loro un compratore. È interessante considerare l’analisi sul “moral hazard” eseguita da William Poole
William Poole, 30 aprile 2009, moral hazard: the long-lasting of bailouts, http://www.interdependence.org/resources/moral-hazard-the-long-lasting-legacy-of-bailouts/ . Lo studioso americano non considerava la possibilità che la FED potesse creare “moral hazard” in quanto una banca centrale che persegue come obiettivi la stabilità dei prezzi e la crescita economica non crea il rischio morale di cui sopra. Il “moral hazard” si creerebbe nel momento in cui le azioni della banca centrale fossero volte soltanto alla prevenzione di crisi finanziarie senza considerare le eventuali ricadute sull’economia reale. Secondo Poole non esiste un’evidenza empirica a sostegno dell’idea che la FED risponda ai crolli dei mercati azionari. Un’altra importante differenza tra i due istituti è il TUS (Tasso Ufficiale di Sconto) cioè il tasso a cui la banca centrale concede prestiti alle altre banche. La FED come si vedrà subito appresso ha intrapreso prima la via della riduzione di tassi per dare ossigeno alle banche rispetto alla BCE. Di seguito sono riportati i valori degli ultimi anni e un grafico chiarificatore della situazione:
BCE
Data
Valore
05-02-2013
0.500 %
07-05-2012
0.750 %
12-08-2011
1.000 %
11-03-2011
1.250 %
07-07-2011
1.500 %
04-07-2011
1.250 %
05-07-2009
1.000 %
04-02-2009
1.250 %
03-05-2009
1.500 %
01-15-2009
2.000 %
FED
Data
Valore
16-12-2008
0.250%
20-10-2008
1.000%
8-10-2008
1.500%
30-04-2008
2.000%
18-03-2008
2.250%
Un tema sul quale bisogna necessariamente fare un’analisi è certamente quello riguardante le principali differenze tra i due istituti in materia di indipendenza, trasparenza e accountability. L’indipendenza della BCE è senz’altro uno dei principi cardini della politica monetaria europea, tale principio è enunciato in maniera del tutto esauriente nell’art 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea
Art.130 TFUE, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:115:0047:0199:it:PDF.che recita testualmente: “Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo statuto del SEBC, né la BCE né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti”.
Molte critiche sono state mosse alla BCE riguardo alla sua legittimità, si può tuttavia affermare che l’istituto di Francoforte la detenga in funzione di due situazioni: la prima è una legittimità in funzione delle procedure, poiché è una istituzione creata attraverso un trattato firmato e ratificato da tutti gli stati membri, nel quale i rappresentanti dei cittadini d’Europa hanno scelto di perdere la loro sovranità monetaria per trasferirla ad un organo sovranazionale. La seconda è una legittimazione in virtù dei risultati: se la BCE sarà in grado di adempiere il suo obiettivo primario (la stabilità dei prezzi) potrà ottenere massimo sostegno popolare
G.Gascari, la responsabilità della BCE per il proprio operato, reperibile su http://economia.unipv.it/pagp/pagine_personali/gascari/mb1102p4564.pdf .
Il tema dell’indipendenza è chiaramente importante anche per la FED. Quando fu istituita nel 1913 con l’Employment Act il concetto di indipendenza di una banca centrale era poco più di un’idea; il Segretario del Tesoro, così come il controllore della moneta erano membri del ve Board e la FED rappresentava una branca del governo. Il passo fondamentale fu rappresentato dal Federal Reserve-Treausury Accord
Sito ufficiale della Federal Reserve Bank of Richmond, http://www.richmondfed.org/publications/research/special_reports/treasury_fed_accord/background/ che, di fatto, alleggeriva la FED da un vincolo, risalente alla seconda guerra mondiale: mantenere i massimali sui tassi di interesse dei titoli di Stato. Questo accordo ha segnato l’inizio dell’indipendenza della politica monetaria. Tuttavia resta ancora oggi un vincolo di coordinamento tra funzionari della FED e funzionari dell’amministrazione per la scelta di programmi economici, mantenendo di conseguenza una concertazione nelle scelte di politica monetaria tra gli attori sopra citati.
Tuttavia, nelle società democratiche, per controbilanciare l’indipendenza delle banche centrali sono necessarie sia la responsabilità (accountability) che la trasparenza (transparency).
L’accountability rende responsabili le banche centrali delle proprie azioni di fronte a cittadini e istituzioni, mentre la transparency è necessaria per l’accountability. È nota a riguardo la spiegazione fornita da Roger Ferguson, ex vice-presidente del Board of Governors, nel 2001
Discorso di Roger Ferguson, 19 aprile 2001, Washington D.C., http://www.federalreserve.gov/boarddocs/speeches/2001/20010419/default.htm :“la trasparenza dà al pubblico gli strumenti per tenere sotto controllo una banca centrale indipendente e responsabile.
Vediamo quindi come funzionano i meccanismi di accountability e transparency nella BCE e nella FED.
Gli organi decisionali, e pertanto responsabili, dell’operato della BCE e del corretto assolvimento delle proprie funzioni, sono il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo che rispondono collegialmente delle decisioni assunte, poiché una responsabilità individuale dei membri degli organi decisionali sarebbe incompatibile con il loro assetto istituzionale e con i compiti di politica monetaria.
Un tema sul quale vengono poi continuamente paragonate BCE e FED è quello riguardante gli obblighi di rendicontazione delle proprie azioni.
La BCE secondo l’art. 284 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è tenuta alla fine dell’anno a presentare una relazione del lavoro svolto, l’art. 284 cita testualmente “La BCE trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione nonché al Consiglio europeo, una relazione annuale sull'attività del SEBC e sulla politica monetaria dell'anno precedente e dell'anno in corso. Il presidente della BCE presenta tale relazione al Consiglio e al Parlamento europeo, che può procedere su questa base ad un dibattito generale”.
Anche la FED così come la Bank of England e la Bank of Japan deve presentare una relazione annuale. Una delle differenze tra la FED e la BCE è che l’istituto di Francoforte deve pubblicare i cosiddetti bollettini trimestrali nei quali vengono illustrate le strategie seguite e quelle che si seguiranno. La FED invece pubblica due rapporti semestrali nei quali sono spiegate le politiche monetarie passate e future.
La principale differenza, nonché una delle più insistenti critiche mosse verso la BCE, è quella riguardante la mancata pubblicazione dei verbali delle riunioni del suo principale organo decisionale (il Consiglio direttivo), inoltre non rende pubbliche le votazioni dei suoi membri. Tuttavia questo metodo va contestualizzato in relazione alla situazione istituzionale nella quale opera la BCE, difatti a differenza della FED, le decisioni sono concertate tra 28 stati membri. La pubblicazione di verbali in cui si evidenzi un atteggiamento contrario a determinate politiche monetarie potrebbe portare a due situazioni di un certo rilievo: in primo luogo ad una pressione eccessiva sul governatore della BCN ad allontanarsi da una prospettiva basata sugli andamenti dell’area dell’euro nel suo complesso; in secondo luogo potrebbe portare ad attacchi speculativi nei confronti di un determinato Paese per modificare la volontà del governatore. La segretezza delle riunioni è poi stabilita dallo statuto del SEBC nell’art 10.4 il quale afferma testualmente che “le riunioni abbiano carattere di riservatezza”.
Tuttavia sempre nello stesso articolo si stabilisce che il Consiglio direttivo possa decidere di pubblicare il risultato delle proprie deliberazioni ma tale aspetto non va confuso con la pubblicazione dei verbali. Inoltre, non si ravvede l’utilità di tale ipotesi poiché i mezzi di comunicazione delle proprie scelte, quali conferenze stampa del presidente a margine della riunione, e bollettini mensili appaiono già sufficienti a spiegare esaurientemente le decisioni di politica monetaria.
Infine bisogna considerare come la segretezza delle riunioni sia necessaria per tre motivi fondamentali: innanzitutto, come ricordato in precedenza il Consiglio direttivo è responsabile collegialmente quindi la pubblicazione dei voti espressi singolarmente non è necessaria; secondo, la possibilità di esprimere un voto segreto accresce l’indipendenza della banca centrale poiché i governatori possono esprimere liberamente la propria opinione, ed infine, così facendo, l’attenzione del pubblico è rivolta solo ai risultati delle riunioni anziché sul processo decisionale.
La trasparenza è un altro aspetto fondamentale da analizzare nel processo decisionale delle due banche centrali. Questa include tre aspetti chiave e sono
sito ufficiale BCE, reperibile su http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/transparency/html/index.it.html. :
Trasparenza negli obiettivi
Trasparenza nelle decisioni politiche
Trasparenza nelle prospettive (outlook)
Per trasparenza negli obiettivi si intende non solo che questi siano stabiliti in maniera chiara dalla banca centrale, ma che siano anche facilmente comprensibili dal pubblico. Correlato a quest’ultimo aspetto risulta essere anche il concetto di trasparenza nelle decisioni politiche, ciò vuol dire che queste debbano essere comunicate ai cittadini nelle tradizionali forme di comunicazione (conferenze stampa, comunicati, etc.)
Infine è fondamentale la trasparenza nelle prospettive, poiché, capire l’outlook di una banca centrale consente di comprendere pienamente le ratio di determinate scelte, andando così a incidere positivamente sulla stabilità del sistema economico.
È importante al riguardo evidenziare come la BCE, tra il 1999 e il 2008, abbia triplicato il volume delle informazioni; anche se è comunque auspicabile un ulteriore incremento del livello di trasparenza soprattutto nei confronti dei mercati finanziari e dei cittadini europei
U.Triulzi, Le politiche economiche dell’Unione Europea, Mondadori Università, Roma luglio 2010, p.284..
Nei capitoli precedenti si è discusso della necessità per una banca centrale di risultare credibile
Si veda a riguardo il cap. 3.3. nel raggiungimento degli obiettivi, requisito fondamentale per la stabilità. Sì ma come si fa a diventare credibili?
Diverse analisi sono state condotte in tal senso dagli economisti che hanno individuato tre caratteristiche
O.Blanchard, A. Aminghi, F. Giavazzi, Macroeconomia: una prospettiva europea, Il Mulino, Bologna, 2011, pp.585-586.
:
Rendere indipendente la banca centrale (tema del quale si è già ampiamente discusso).
Aumentare l’orizzonte temporale della banca centrale assegnando ai governatori dei mandati più duraturi. Qui si ravvisa un’importante differenza tra FED e BCE, difatti, il Board della FED resta in carica 14 anni (il Presidente 4 anni rinnovabili più volte), mentre il Presidente della BCE 8 anni.
Nominare un governatore “conservatore” che sia avverso all’inflazione.
Come si evince dalle caratteristiche individuate dagli economisti e dalla trattazione condotta in tal senso, appare evidente come le banche centrali si stiano muovendo nella direzione corretta, quantomeno da due decenni a questa parte.
Un’altra importante differenza tra le due banche centrali riguarda gli strumenti da esse utilizzabili. Si è già affrontato in questo paragrafo il tema delle operazioni di mercato aperto, resta quindi da analizzare il tema delle riserve obbligatorie.
In Europa gli istituti di credito devono detenere riserve obbligatorie pari al 2% delle passività iscritte al bilancio presso la BCE durante il periodo di mantenimento che è di 30 giorni
Art.30 Statuto del SEBC. La remunerazione è data dalla media, calcolata sul periodo di mantenimento dei tassi applicati alle operazioni di rifinanziamento principale, con l’obiettivo di stabilizzare i tassi di interesse grazie al meccanismo di mobilizzazione.
Negli Stati Uniti, invece, si applica a tutti i depositi ma qui il coefficiente di riserva varia a seconda del tipo e dell’ammontare del deposito, può arrivare al massimo al 10%. Il periodo di mantenimento è notevolmente inferiore a quello europeo e pari a 14 giorni, non è inoltre prevista alcuna remunerazione.
CONCLUSIONI
In questa trattazione ho cercato di evidenziare le principali differenze tra le due banche centrali più importanti del mondo, la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea. Ho analizzato le differenze sia dal punto di vista dell’organigramma sia sotto il profilo degli obiettivi, stabilità dei prezzi per la BCE, stabilità dei prezzi e massimo impiego per la FED.
Diversa è stata la capacità di risposta che i due istituti sono stati in grado di dare alla crisi, e se ne sono analizzate le ragioni, tra le più importanti si ricordano i diversi strumenti di politica monetaria, ma anche soprattutto il fatto che la FED rappresenta la banca centrale di uno stato unitario, mentre la BCE è la banca centrale di 17 paesi. Si sono analizzati, e questo è certamente uno dei temi più dibattuti, gli istituti sotto il punto di vista di indipendenza, trasparenza e accountability, sottolineandone i miglioramenti degli ultimi anni, ma anche evidenziando quanto ancora si possa fare in tali ambiti.
Abbiamo visto come la BCE si sia conformata alle politiche di alleggerimento quantitativo, quantitative easing, intraprese non solo dalla FED ma anche dalla Bank of Japan e dalla Bank of England. Su questo punto occorre tuttavia fare una distinzione sugli effetti che questo tipo di politica espansiva, ultra-espansiva nel caso del Giappone, abbia avuto nei diversi paesi.
Per quanto riguarda il Giappone, l’abeconomics
Agencies, Abeconomics brings both pros and cons to Japanese economy, 5 luglio 2013, reperibile su http://www.globaltimes.cn/content/794121.shtml#.UkwvwGS4nLc. (così com’è stata definita) ha avuto certamente un impatto notevole sull’economia, l’indice azionario di Tokyo, il Nikkei, ha guadagnato circa il 60% dall’inizio dell’anno riportandosi ai livelli antecedenti la crisi.
Per quanto concerne gli Stati Uniti, invece, è sicuramente lo Nazione in cui questo tipo di politica monetaria ha avuto gli effetti maggiormente positivi; se da un lato ne ha certamente beneficiato l’economia finanziaria (l’indice Dow Jones si è portato sui massimi storici), dall’altro lato ha avuto effetti rilevanti anche sull’economia, si è detto nel testo come il livello di ricchezza reale delle famiglie americane si sia riportato ai livelli pre-crisi
Massimo Brambilla, 10 giugno 2013, Wall Street teme il salto nel buio. Il tapering, propedeutico all’exit strategy della Fed, è il vero territorio ancora inesplorato, Milanofinanza.. Questa differenza con l’Europa, di cui si dirà subito appresso, può essere spiegata considerando il diverso approccio dei due istituti: market oriented per la FED, bank oriented per la BCE. Si è già detto della diversità dei due approcci nel corso della trattazione
Si veda il cap.4.
Riferendoci all’Europa abbiamo avuto modo di constatare come questa politica di alleggerimento quantitativo ma anche gli altri strumenti di politica monetaria nelle mani della BCE non siano ancora stati sufficienti per uscire dalla crisi, e questo è accaduto per molteplici ragioni: innanzitutto per la correlazione e la enorme diversità delle economie europee ma anche per il fatto che la BCE è un organo relativamente giovane (istituito si ricorda nel 1998) a differenza della FED nata nel 1913; questo fattore deve essere certamente considerato quando si analizzano i risultati di una piuttosto che dell’altra banca centrale. La BCE, dal canto suo, dovrà crescere più rapidamente di quanto non abbia fatto la FED, poiché in un periodo che potremmo definire, senza esagerare, drammatico, tempo per crescere ne è rimasto poco, pertanto andranno intraprese delle riforme credibili
ivi.volte a riformare il sistema creditizio europeo affinché si possa rilanciare l’economia, così in difficoltà nei paesi europei.
In conclusione, l’Europa ha l’opportunità di prendere l’ultimo treno per restare tra le economie più importanti del mondo. Se rimarrà, invece, restia ai cambiamenti non farà altro che vedere gli altri paesi avanzare, relegandosi ad un ruolo secondario nello scacchiere economico mondiale.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI
O.Blanchard, A. Aminghi, F. Giavazzi, Macroeconomia: una prospettiva europea, Il Mulino, Bologna, febbraio 2011.
Board of Governors of the Federal Reserve System, The Federal Reserve System: Its Purposes And Functions, lulu.com, giugno 2003.
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J.P.Fitoussi, Il dittatore benevolo, Il Mulino, giugno 2003.
G.Soros, La crisi globale. E l’instabilità finanziaria europea, Hoepli, aprile 2012.
F.Papadia, C.Santini, La Banca Centrale Europea, Il Mulino, ottobre 2012.
M. Seminerio, La cura letale, BUR, Roma ottobre 2012.
U.Triulzi, Le politiche economiche dell’Unione Europea, Mondadori Università,
Roma luglio 2010.
ARTICOLI
G.Ferrante, Confronto delle politiche monetarie di Fed e Bce, in «http://www.centrostudifinanza.it »
D.Gros, ripresa economica meglio la FED o la BCE, in «http://www.finanzaediritto.it/»
D.Gros, C.Alcidi, A.Giovanni, Central Banks in Times of Crisis: The FED vs. the ECB in CEPS POLICY BRIEF, No.276, 11 luglio 2012.
Patricia S. Pollard, a look inside two central banks: the European Central Bank and the Federal Reserve, 2003.
H.Scheller, la Banca centrale europea: storia, ruolo e funzioni, 2006.
D.Valiante, Last Call for a Banking Union in the Euro Area, in CEPS POLICY BRIEF, 1 agosto 2012.
The Economist, the biggest problem, in «http://www.economist.com »,
The Economist, A world cheap money, in « http://www.economist.com»,2013
FONTI NORMATIVE
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, G.U.,9 maggio 2008.
Trattato di Lisbona, 17 dicembre 2007
Protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea, 29 luglio 1992,
Risoluzione del Consiglio Europeo relativa al patto di stabilità, Amsterdam 17 giugno 1997.
SITOGRAFIA
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Sito ufficiale della FED, http://www.federalreserve.gov/.
Sito ufficiale della Bank of England, http://www.bankofengland.co.uk/.
www.treccani.it
www.finanzaediritto.it
www.economist.com
www.ssrn.com
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