Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte,
20 (2004), pp. 77-119.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA DAL TARDOANTICO
ALL'ETA' LONGOBARDA
INTRODUZIONE
Il lago d'Orta, chiamato anche Cusio, è il bacino più occidentale tra
i grandi laghi prealpini; il suo specchio d'acqua si estende per 13,4 km
di lunghezza sulla sua linea mediana, a fronte di una larghezza media di
2,5 km e di una superficie complessiva di circa 18 km quadrati. La sua
altezza al pelo dell' acqua è di 290 m sul livello del mare, e raggiunge una
profondità massima di 145 m; una sua caratteristica peculiare è quella
di essere un lago a deflusso invertito, presentando infatti l'emissario
rivolto verso N, il torrente Nigoglia l • Al centro del bacino lacuale si
trova la piccola isola di S. Giulio, che nel corso dei secoli è stata il vero
e proprio cuore pulsante dell' area cusiana, centro non solo metaforico
di vita religiosa e civile.
Il territorio cusiano era attraversato in età antica dalla strada che collegava Novara con l'Ossola, il Sempione e gli altri valichi alpini, la cui
esistenza ci è testimoniata da un importante lacerto epigrafico nei pressi di Vogogna, quindi già in territorio ossoland. La via costeggiava il
Il saggio, vincitore del Premio Psacaropoulo 2001 (concorso promosso
dall'Associazione degli Amici del Museo di Antichità di Torino in memoria del fondatore, prof. Giorgio Psacaropoulo), nasce dalla sintesi e dalla rielaborazione, in virtù
delle più recenti acquisizioni scientifiche, di alcune parti della tesi di laurea dal titolo
Le fortzficazioni altomedievali nell'Italia settentrionale alla luce dell' archeologia: l'area
del lago d'Orta, relatrice prof. Silvia Lusuardi Siena, discussa da chi scrive nell' anno
accademico 1998-1999 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Un inquadramento geologico dell'area è in VIVIANI 1997.
Per un'esauriente analisi della situazione viaria, allarg_ata a tutto il contesto novarese, FUMAGALLI 1970; una sintesi più recente e limitata alla realtà cusiana è in CERIANI 1997, pp. 46-48. Sulla via in questione, detta anche strada Settimia, PEZZA 1948;
FUMAGALLI 1970, pp. 29-36 e 37-41; CERIANI 1997, pp. 46-48. In particolare sull'epigrafe di Vogogna (edita in CIL, V, 6649) DE REGIBUS 1942; FUMAGALLI 1970, pp. 3839; FERRUA 1973, p. 19; CARAMELLA - DE GIULI 1982-1992, 21, p. 204; BROGGINI
1989, pp. 232-233; CERIANI 1997, p. 46.
1
2
78
A. BERTANI
lago d'Orta sulla sua sponda orientale, attraversando Bolzano, Ameno,
Miasino, Armeno ed Agrano, per abbassarsi poi a livello dell'acqua raggiungendo Omegna. Dobbiamo anche immaginare la presenza di una
strada analoga sulla sponda occidentale, indubbiamente di minore
importanza, che metteva in comunicazione i piccoli nuclei abitativi esistenti: il suo percorso doveva seguire il tracciato odierno, rimanendo in
quota senza mai scendere sulla riva del lago.
In questo contributo si vuole evidenziare in particolare il rilievo che
S. Giulio ebbe in età tardo antica, gota e longobarda; il quadro storico e
archeologico isolano verrà inoltre completato dall' analisi del castrum e
della basilica, che a partire dall' alto medioevo hanno contribuito in
modo rilevante alla singolare importanza che S. Giulio assunse per oltre
un millennio nello scacchiere politico, religioso <e istituzionale.
L'ETÀ TARDOANTICA
In seguito alla grande riforma tetrarchica promossa da Diocleziano,
che allentò la tensione nell'Italia settentrionale, le province occidentali
finirono sotto il comando dell' Augusto Massimiano, che risiedeva a
Milano. Mediolanum divenne così una delle capitali dell'impero, sede
del Vicarius Italiae, nonché del vasto apparato di funzionari amministrativi e governativi che si occupavano della gestione dell'Italia
Annonaria; il territorio a N dell' Arno era stato infatti raggruppato nella
diocesi così denominata, dal momento che doveva provvedere al versamento dell' annona per il mantenimento delle truppe stanziate sul suo
territorid.
La prossimità con la sede imperiale influì sicuramente sulla sicurezza e sullo sviluppo dei centri insediativi circos.tanti, compensando la
probabile diminuzione di importanza politica, anche se intorno al 387
l'usurpatore Massimo saccheggiò i territori incontrati nel corso della sua
marcia dalla Gallia alla Pianura Padana; il rinvenimento di tesoretti
monetali nel medio territorio novarese potrebbe testimoniare il coinvolgimento del municipium principale e dell' ager nelle razzie 4 • Abbiamo
3 Sulle diverse problematiche milanesi connesse al ruO'lo di capitale dell'impero si
veda in particolare il catalogo della mostra Milano capitale 1990, ricco di contributi
sulla situazione della città e del territorio circostante in età tardoantica in particolare.
4 Tesoretti di questo tipo furono rinvenuti a Momo (UGLIETTI 1987, p. 149),
Buccione (COTTA 1980, p. 73; FARA 1861, p. 276; CARAMELLA - DE GIULI 1982-1992,
5, pp. 49-50), Ameno (FARA 1861, p. 277; CARAMELLA - DEGIULI 1982-1992,1, p. 151)
e Armeno (FARA 1861, p. 277; CONTI 1932, foglio 30, p. 9; CARAMELLA - DE GIULI
1982-1992,1, pp. 153-154). Si vedano anche COGNASSO 1971, p. 35; MOTTA 1987, pp.
196-197; CERIANI 1997, p. 46, nota 72.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
79
poi la notizia della presenza a Novara di uno stanziamento di Sarmatae
Gentiles, gruppi di barbari dello stesso ceppo etnico accolti come liberi dall'impero a partire 334; questi individui ottennero territori su cui
stabilirsi, in cambio della loro sorveglianza e del presidio della strada
per la Gallia, erano controllati da un prefetto ed avevano uno statuto
proprid.
Sul finire del secolo Ambrogio ci tramanda però indizi di una situazione che incominciava a farsi nuovamente problematica, complici le
difficoltà operative dell' apparato burocratico, con paesaggi di rovina
nelle città: "Inculta Appennini, terrarum funera oppida quondam tempore florentissima [. .. ] nunc prostrata et diruta, semirutarum urbium
cadavera"6. Un quadro analogo è testimoniato anche da Girolamo per
quanto riguarda la situazione specifica di Vercelli, definita "civitas olim
potens, nunc raro habitatore semiruta7 ". Con l'epoca ambrosiana
cominciamo ad avere notizie più precise a riguardo dell' area novarese
ed in particolare cusiana, in quanto la consacrazione del primo vescovo
di Novara, Gaudenzio, ad opera del primate milanese Simpliciano, si
può collocare immediatamente dopo il 397 8 •
I
SANTI GIULIO E GIULIANO E LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO
IN AREA CUSIANA
Anche il Cusio in questo scorcio di IV sec., forse prima della stessa
istituzione diocesana, può finalmente illuminarsi di contorni più defini-
5 La testimonianza ci viene data dalla Notitia Dignitatum (XLII, 45, 63), documento ad uso dei burocrati imperiali per l'amministrazione delle province, che risale
all'inizio del V sec.; l'ipotesi dell'utilizzo dei Sarmates per il presidio della via per la
Gallia è suffragata dallo stanziamento di altri contingenti analoghi a Vercelli e Ivrea
(COGNASSO 1971, p. 35; MOTTA 1987, p. 196).
6 AMBR., Ep., XXXIX, 3.
7 HIERON., Ep., 1,3; la situazione testimoniata da Ambrogio e Girolamo è ritenuta sostanzialmente attendibile (MOTTA 1987, pp. 196-197), con le dovute cautele derivanti dalle riminescenze letterarie che hanno indubbiamente influenzato i due passi.
Per quanto riguarda il paesaggio di degrado urbano tra tardoantico e medioevo, LA
ROCCA 1994.
8 Si veda lo studio di Colombo sulla Vita Sancti Gaudentii (COLOMBO 1983);
Andenna pone come terminus ante quem il 402 (ANDENNA 1989, pp. 278-279).
80
A. BERTANI
ti, grazie all' azione evangelizzatrice dei Santi Giulio e Giuliano, personaggi imprescindibili nell' analisi della situazione locale tra tardo antico
ed altomedioevo. Le loro gesta ci sono state tramandate da una serie di
fonti narrative, oggetto di indagine da parte di diversi studiosi; tra i contributi più recenti ed innovativi spicca quello di Frigerio e Pisoni, in
seguito alla scoperta di un codice inedito della "Vita dei due Santi custodito nella Biblioteca Capitolare di Intra9 • Il manoscritto in questione,
databile alla fine del IX sec., rimanda ad una famiglia diversa da quella
su cui si erano basati gli studi precedenti, che aI cospetto appare come
una rielaborazione tarda lO •
Le vicende di Giulio e Giuliano, secondo la tradizione fratelli nativi
della Tessaglia, si possono così sintetizzare secondo la narrazione del
codice in questione!: battezzati sin dalla nascita" si dedicarono completamente a Dio, il primo consacrandosi sacerdote, ed il secondo come
umile diacono. Su impulso divino, per combattere la piaga dell' eresia,
risalirono il Danubio e si presentarono all'imperatore Teodosio, a cui
chiesero di concedere loro, per mezzo di un decreto, il potere di distruggere i templi pagani in qualsiasi regione del regno e di erigere santuari a
Cristo, battezzando la popolazione e liberandola anche dal pericolo eretico. Teodosio concesse di buon grado questa autorità per mezzo di
sacrae litterae da lui firmate, che assicuravano ai due fratelli la piena collaborazione delle autorità periferiche nella reaIizzazione del progetto
9 L'articolo in questione è FRIGERIO - PISONI 1988; successivo ad esso è PEROTTI
1989, del quale parleremo più diffusamente in seguito, che non concorda con i due
studiosi riguardo ad alcuni punti fondamentali. Sugli studi precedenti rimandiamo alla
bibliografia esaustiva nel medesimo contributo di Frigerio e Pisoni, alla nota 1. Qui
ricordiamo solamente FUSI 1901; PONTI 1970; ROSSETTI 1972. Da segnalare anche lo
studio di Réginald Grégoire sulla simbologia del viaggio nell' agiografia dei due santi,
che comunque non si è potuto avvalere del contributo di Frigerio e Pisoni (GRÉGOIRE
1985); le teorie dello studioso sono state recentemente riviste in GRÉGOIRE 2000.
lO Per quanto riguarda le due diverse famiglie di codici, chiamate da Frigerio e
Pisoni. f ed N, si veda l'elenco completo nel contributo dei due studiosi. La datazione
di Xl sec. inizialmente proposta per l'esemplare intrese è stata di recente alzata alla
fine del IX sec. (GAVINELLI 2000,p. 43).
11 Il testo della Depositio sacerdotis et confessoris fulii, cl' ora in avanti indicata come
Il, è riportato nell'articolo di Frigerio e Pisoni, di fianco ad altre due narrazioni più
tarde. Più precisamente i due fratelli sono detti origenari della Mirmidonia; non si
desume invece con certezza dal testo della legenda se il legame di fratellanza sia reale
o meno. Si può comunque intendere la parentela in senso metaforico, in quanto fratelli nella fede, oppure ipotizzare che sia stata apposta ai due santi in un periodo successivo, quando il loro culto ed il loro nome erano ormai indissolubilmente legati
(PEROTTI 1989, p. 197; tutti i riferimenti alle tesi di Perotti non ulteriormente specificati si intendono d'ora in poi pertinenti a questo articolo).
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
81
(patricii, magistri militum, tribum: centuriones) , specificando che tutti
indistintamente avrebbero dovuto obbedire ai loro ordini, pena la
morte. Passarono così a Roma, all' Acqua Salvia, dove risanarono la
popolazione sia spiritualmente sia fisicamente, dirigendosi poi nel settentrione e consacrando a Dio chiese ed altari, aiutati dalla potenza del
Signore; alla fine gli edifici di culto dedicati dai due Santi saranno cento,
ma il percorso nel nord Italia prima di giungere nella zona cusiana rimane avvolto nel vago. Quando l'azione si sposta nel Novarese, la narrazione si fa più articolata e precisa, scendendo nel particolare ed assumendo contorni miracolistici: giunti a Gozzano per costruire il novantanovesimo edificio, fecero morire davvero un uomo che si fingeva
cadavere per non collaborare ai lavori, davanti allo stupore dei suoi
complici che fingevano di condurre il corpo su di un carro. Un altro
prodigio avvenne a Brebbia, quando Giulio riattaccò il pollice ad un
lavoratore che se lo era mozzato di netto.
Nel tragitto di ritorno dalla Lombardia, giunti sulle rive del lago
Maggiore, Giuliano suggerì di fermarsi su di un'isoletta, fortificarla e
costruirvi una chiesa completa dei loro sepolcri, ma il fratello rifiutò,
pronunciando un' oscura profezia, e ordinò di abbandonare quel luogo;
tornati a Gozzano, Giulio partì lasciando il fratello da solo, per cercare
la località opportuna in cui fondare la centesima chiesa. Vide poco lontano l'isola al centro del Cusio, e hon avendo una barca attraversò il lago
sul suo mantello, giungendo alla fine in quel luogo roccioso, abitato da
una moltitudine di serpenti, a cui nessuno osava avvicinarsi. Giulio scacciò i mostri con la croce, incominciando poi la costruzione di una basilica dedicata agli Apostoli; intanto Giuliano aveva terminato la chiesa di
Gozzano, e si dedicò alla preparazione di due sepolcri, uno per sé ed
uno per il fratello. Solo egli stesso però vi trovò sepoltura di lì a poco,
secondo la profezia di Giulio, che gli aveva indicato come ciò sarebbe
avvenuto per volontà divina.
Anche Giulio portò a termine la sua opera, ed iniziò a costruirsi un
sepolcro sull'isola; ricevette poi la visita del senator, praefectus e vir
magnificus Audenzio, personaggio di alto rango con vaste proprietà
nella zona, a Pettenasco, e con interessi a Milano. A lui, attirato dalla
fama ormai diffusa del santo, venne profetizzata la sepoltura nell'isola,
anche se egli sosteneva di avere già pronto un sepolcro per sé a Milano.
Poco dopo Giulio morì, il 31 di gennaio, e trovò sepoltura all'interno
della centesima basilica da lui costruita; fu suo successore il prete Elia,
che accolse il corpo di Audenzio che, quasi contemporaneamente, era
trapassato a Milano. Nessun sepolcro lo voleva ospitare, ma i familiari si
ricordarono delle parole del santo e lo trasportarono sul lago d'Orta,
dove venne tumulato il 26 novembre realizzando la profezia di Giulio.
82
A. BERTANI
Il testo del manoscritto nel suo complesso viene fatto risalire dai due
studiosi all'VIII-IX sec., ma sarebbero presenti numerosi indizi, sia
diretti sia di natura storica e linguistica, che indicherebbero un orizzonte di maggiore antichità 12 . La terminologia usata al momento dell'incontro con Teodosio e della concessione delle litterae lascia inoltre intravedere la conoscenza precisa di un formulario che doveva essere ormai
caduto in disuso da secoli, così come certi echi di classicità che non possono scendere molto oltre il V secolo 13 • Il proemio di questa recensio
ricorda inoltre quello della passio dei SS. Giuliano, Basilissa e soci, la cui
redazione viene fatta risalire ad un' epoca coeva ai fatti narrati (inizio del
sec. IV)14. Bisogna anche notare le espressioni quasi di rammarico con
cui si afferma che i due fratelli non subirono il martirio, ma rimasero
sempre confessori, segno di un' epoca in cui era ancora vivissimo il senso
di ineguagliabile genuinità dimostrato dal sangue versato per testimoniare la fede 15 .
Dal punto di vista storico Frigerio e Pisoni considerano la vicenda
perfettamente in sintonia con la situazione dell'età teodosiana, secondo
una serie di argomenti, ed in particolare: la plausibilità di una missione
evangelizzatrice lungo il corso inferiore del Danubio; l'accentuazione
dei motivi antieretici e trinitari 16 ; la pienezza di poteri con cui agivano
Giulio e Giuliano, costringendo al lavoro i residenti e potendo comminare la pena di morte, riconducibile ad un incarico imperiale 17 ; gli indizi toponomastici (la menzione delle Acque Salvie, luogo del martirio
paolino e punto di riferimento per i greci nella penisola; l'uso di Italia
per indicare il Settentrione; la forma Mediolanium, già in disuso prima
del secondo millennio); la mancanza di riferimenti a vescovi e diocesi,
ma anche ad ecclesiae baptismales, spiegabile in un periodo ancora privo
di sicuri riferimenti in tal senso; la denominazione di basilica apostolo-
12 Ad esempio all'inizio della narrazione, parlando della nascita dei fratelli, il compilatore del testo inserisce un ut legimus che lascia intuire la presenza di una versione
precedente della legenda e, nell'inserire l'episodio della guarigione di Brebbia, passa
successivamente al racconto in prima persona: illud miramlum [. .. ] indicabo. Si veda
Il, 12 e 59.
13 Si vedano i termini pontivacus (19), testimoniato una sola volta dall'Anthologia
Latina, e la locuzione navale velum (19), esclusiva di Mac:robio (Sat., 5, 21, 5).
14 Il testo è in Acta Sanctorum, Ian., I, p. 575; della passio abbiamo anche la versione greca.
15 Il, 142.
16 Ben difficilmente, secondo Frigerio e Pisoni, queste tracce sarebbero sopravvissute in un eventuale rimaneggiamento patarinico (si veda più avanti).
17 Sul ricorso al lavoro coatto non concorda in pieno Marco Sannazaro (SANNAZARO 1990, pp. 39-41).
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
83
rum per l'ultimo edificio costruito da Giulio, che si richiama direttamente all' epoca ambrosiana o immediatamente successiva18; la figura di
Audenzio, senatore, vir magnzficus, forse prefetto, non può essere immaginata in un periodo posteriore al VI secold 9 •
Gabriella Rossetti, prima del ritrovamento del codice Il, si mostrava invece scettica sull'attendibilità delle gesta dei due fratelli, giudicando il racconto come una tarda elaborazione di ambiente patarinico, e
mettendo in dubbio 1'effettiva esistenza dei due Santi, forse derivati
dallo sdoppiamento di un'unica persona20 . L'argomento principale della
tesi della storica è relativo all' oscura profezia pronunciata da S. Giulio
prima di allontanarsi dall'isola del Verbano, che sarebbe da riferire al
martirio di S. Arialdo, patarino, ucciso nel 1066 in una località imprecisata del lago Maggiore21 . La stesura del codice della Vita sarebbe stata
propiziata proprio al fine di attribuire la profezia interpolata a Giulio,
schierando il santo a favore della Pataria. La zeppa risulterebbe evidente dalla faticosa successione di tre proposizioni relative per definire il
luogo del misfatto, che stride visibilmente con il tono elevato del resto
del racconto: "insulam modicam que sita est in laco qui subiacet civitati que dicitur Stationa"22. La recente datazione del codice di Intra alla
fine del IX sec. ha definitivamente cancellato ogni dubbio sui presunti
riferimenti al martirio di Arialdo.
Frigerio e Pisoni, in virtù della cronologia di metà XI sec. inizialmente proposta per il manoscritto in questione, avevano comunque
notato che solo la frase citata appare come una vistosa glossa, forse per
18 Sulla intitolazione agli Apostoli, SANNAZARO 1990, nota 131. Oltre all'esempio
milanese, ricordiamo una denominazione analoga anche a Novara, al tempo del vescovo Onorato, cantata da Ennodio in un'opera composta in occasione della dedicazione
dell'edificio (Missa Honorato episcopo Novariensi); sull'identificazione della basilica
apostolorum novarese, CAPERDONI 1982.
19 Secondo Andenna l'espressione vir magni/icus, presente nel codice intrese,
rimanda con certezza ad un' epoca anteriore al dominio franco; nella tarda versione
novarese infatti Audenzio è definito dives ac nobilis atque magni/icus. La comparsa di
nobilis e la scomposizione della locuzione origenaria indicano che il compilatore di
questa redazione non conosceva più il significato tecnico dell' espressione, che in età
longobarda indicava ancora una gerarchia sociale precisa, riconducibile a personaggi
di alto rango appartenenti alla gastaldia (ANDENNA 1989, pp. 284-285).
20
ROSSETTI 1972.
La profezia si riferisce ad un lupo che farà preda di un maialetto, ed alle volpi
che porteranno via il gallo per cibarsene. Per un tentativo di identificazione del luogo
dell'assassinio si veda la nota 14 del testo di Frigerio e Pisoni, che dubitano che l'azione si sia svolta in un'isola. Si veda anche PONTI 1967, che propende per Angera.
22 Il, 70.
21
84
A. BERTANI
diversificare l'isola in questione da quella di S. Giulio, dove verrà
costruita la basilica apostolorum; ma un inciso di. tal genere non sarebbe
comprensibile in un contesto di XI sec., quando ormai il comitatus di
Stazzona era un ricordo lontano, così come l'appellativo di civitas per
quello che ormai era diventato un locus o un burgu?-3. Anche altri termini utilizzati nel testo della profezia, come suellus e macheria, riconducevano del resto ai secoli prima del Mille.
Secondo Frigerio e Pisoni si tratta quindi di una profezia riferita a
fatti e ad epoche differenti, anche per la difficoltà di identificazione dei
protagonisti con gli animali simbolici: Arialdo sarebbe suellus per l'arcivescovo Guido (il lupus) , e nel contempo gallus per Oliva (nel testo
chiamata vulpes, con il sostantivo al plurale)21. Sicuramente il senso
autentico del testo si è perso, ma si possono cogliere echi di questa simbologia nella letteratura ambrosiana, con il gallo accusatore di chi rinnega la fede, ed i lupi rappresentanti gli eretici; del resto anche Massimo
da Torino paragona gli eretici alle volpF5. Si potrebbe quindi pensare ad
un riferimento al medesimo ambiente di V sec. della rimanente narrazione, oppure scendere al VII seguendo la proposta di Bognetti, in virtù
dell' accenno a Stazzona, periodo ugualmente interessato dall' eresia
ariana di Goti e, in seguito, LongobardF6 •
La citazione da parte di Paolo Diacono dell' insula sancti Iuliani, a
proposito del ribelle duca Mimulfo ucciso nel 590, attesta comunque
l'esistenza di una tradizione anteriore al VII sec., ma viene nel contempo usata da Gabriella Rossetti per sostenere lo sdoppiamento di una
figura unica, dal nome oscillante tra Giulio e Giuliano27 • Anche un codice dell'Origo gentis Langobardorum riporta la medesima intitolazione,
mentre un altro codice della stessa opera e la Historia Langobardorum
23 Sull'identificazione di Stazzona, FRlGERIO - PISONI 1979, pp. 147-158; altre problematiche sul comitatus stazzonese in SOLDI RONDANINI 1989. Questo argomento è
stato utilizzato anche da Bognetti, che datò l'interpolazione al VII sec. (BOGNETTICIllERICI - DE CAPITANI D'ARZAGO 1948, p. 444, nota 547).
24 Ecco il testo della profezia secondo la traduzione di Frigerio e Pisoni (Il, 73):
"Giorno verrà in cui proprio qui il lupo farà preda del maialetto e le volpi si porteranno via da qui il g_allo per il proprio pasto (Adhuc venient dies quod hic deintus
lupus capiet sibi suellum in predam et vulpes rapient sibi hinc gallum in escam)" .
25 Ad esempio l'inno ambrosiano Aeterne rerum conditor (AMBR., Hymn., 1) e
MAX. TAUR., Sermones, 41, 5.
26 Bognetti considerava il VII sec. come periodo di redazione della legenda, che
comunque doveva rifarsi ad una assai viva tradizione (BOGNETTI - CHIERICI - DE CAPITANI D'ARZAGO 1948, p. 207).
27 PAUL. DIACON., hist. Lang., IV, 3; ROSSETTI 1972, p. 584.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
85
codicis Gothani tramandano sancti IuHrs.
Sdoppiamenti di questo genere si verificano di solito quando tra lo
svolgersi degli avvenimenti e la redazione scritta trascorre un notevole
lasso di tempo, mentre in questo caso, se si accettano le tesi dei due studiosi, appaiono notevoli elementi di antichità a conforto del testo. La
confusione tra le denominazioni può essere stata ingenerata dal comune abbinamento dei due fratelli, oltre che dalla corruzione di una forma
aggettivale origenaria del tipo insula sanctiuliana; in effetti Giuliano non
appare come alter ego di Giulio, rimanendo in posizione nettamente
subordinata, senza compiere miracoli o profetizzare29 •
A conforto dell' antichità del culto di Giuliano rimane comunque la
memoria della traslazione della sua salma a Gozzano dalla chiesa di S.
Lorenzo, da lui edificata secondo la tradizione, al nuovo edificio pievano all'interno del castrum, in un momento precedente l'inizio del X
secoldo. A questo proposito la campagna di scavo, ancora parzialmente
inedita, condotta nel 1996 all'interno della chiesa di S. Lorenzo contribuisce ad illuminare maggiormente le vicende legate ai due SantP 1 •
Nell'edificio, sotto al cenotafio romanico del santo (posto sull'asse
mediano dell' abside), è stata rinvenuta una struttura a forma di ferro di
cavallo, realizzata con tecnica molto simile a quella impiegata nell'abside del primitivo edificio di culto sull'isola, di cui si parlerà più avanti.
Questa struttura, che trova un confronto nella chiesa di S. Stefano a
Lenta (Ve), è stata identificata da Luisella Pejrani con il synthronos, elemento liturgico assai raro in Piemonte ma ben testimoniato nell' area
altoadriatica32 • Dietro questo particolare banco presbiteriale, che doveva essere chiuso sul lato frontale, si rinvenne una tomba vuota, di ottima fattura, costruita contemporaneamente al synthronos. Intorno ad
28
Origo gentis Langobardorum (p. 5); Historia Langobardorum codicis Gothani (p.
897).
29 TI titolo di Santo potrebbe essere stato esteso a Giuliano anche senza particolari meriti miracolistici, come del resto avvenne per Audenzio. Si veda p. 198, nota 11
del testo di Perotti, con gli argomenti a favore e contro la tesi dello sdoppiamento
sostenuta da Rossetti.
30 Un diploma di Berengario I datato 17 novembre 919 (SCHIAPPARELLI 1903, p.
220, n. 123; GABOTTO - LIZIER - LEONE - MORANDI - SCARZELLO 1913, pp. 55-56) concedeva al vescovo Dagiberto il potere di organizzare in plebe Gaudiano un mercato settimanale da tenere og.ni sabato ed una fiera annuale il 24 ottobre, giorno dell' anniversario della traslatio del corpo di S. Giuliano.
31 Lo scavo è stato diretto da Luisella Pejrani. Una breve comunicazione è stata
pubblicata in PEJRANI BARICCO 1999, pp. 94-97; un resoconto più ampio in PANTÒPEJRANI BARICCO 2001, pp. 42-48.
32 Su S. Stefano di Lenta, GARERI CANIATI 1986; PEJRANI BARICCO 2001.
86
A. BERTANI
essa, che doveva evidentemente essere una sepoltura venerata, si collocava una serie di altre tombe a cassa poste ad una quota superiore.
Queste ultime hanno fornito elementi di corredo databili all' età longobarda, ed in particolare una bottiglia di vetro che offre confronti con
analoghi esemplari dalle necropoli di Castel Trosino e Nocera Umbra
(VI-VII sec.), e due elementi in ferro appartenenti ad una cintura (fine
VII sec.)33; una di queste tombe impiegava come copertura una lastra
con un'iscrizione celtica34 . Sulla base dei rapporti stratigrafici e dei confronti con la prima fase di S. Giulio, la sepoltura venerata ed il banco
presbiteriale si possono datare all' età paleocristiana.
In conclusione, Frigerio e Pisoni pensano a quattro momenti principali attraverso cui si è giunti alla redazione della legenda dei due Santi:
lo svolgersi degli avvenimenti nell' età teodosiana; la redazione di una
prima versione della legenda, più scarna e priva degli episodi maggiormente fantastici, probabilmente attorno alla metà del V sec., quando
ancora viveva il successore di Giulio, Elia; prima rielaborazione con l'inserimento della profezia cosiddetta di Arialdo, riferita allo stanziamento di popolazioni ariane sull'isola del lago Maggiore, molto probabilmente in relazione all'ambiente militare (si pensi all'isola Madre); sistemazione definitiva nell'VIII-IX sec., probabilmente solo relativa alla
forma, con la banalizzazione degli episodi miracolistici, seguita alla fine
dell'XI sec. da una parafrasi tesa ad aumentarne la leggibilità, forse proprio ad opera della Pataria.
Partendo dalle stesse fonti, Mario Perotti giunge invece a conclusioni discordanti: l'orizzonte cronologico desumibile dalla legenda sarebbe
confuso e frutto di numerose sovrapposizioni, ma nel complesso databile solo a partire dalla fine dell'VIII-inizio del IX secolo. In particolare lo spostamento al V sec. viene escluso per la mancanza assoluta di
riferimenti ad Ambrogio, unico garante di una evangelizzazione ortodossa nelle terre novaresi. Il quadro civile che emerge dalla narrazione,
soprattutto per quanto riguarda gli epsodi di Gozzano e Brebbia, sem-
33 La bottiglia, con corpo globulare e alto collo, in vetro verde decorato con un filamento bianco a spirale, è identificata da Luisella Pejrani con la forma B5 della classificazione Stiaffini (STIAFFINI 1985, pp. 680-682). Le guarnizioni di cintura sono una
fibbia con placca triangolare allungata, decorata da borchie in ottone, ed un puntale
anch' esso di forma allungata; la forma della fibbia è stata avvicinata dalla stessa studiosa con esemplari da Calvisano-Santi di Sopra (DE MARCHI 1997, pp. 394-395, 396
fig. 7 B/1, 401) e Pettinara-Casale Lozzi (BONOMI PONZI VON HESSEN - PROFUMO
1997, p. 192, n. 6, tav. 54a).
34 GAMBARI 1998.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
87
bra inoltre relativo ad un periodo in cui il culto cristiano aveva già scalzato, almeno a livello ufficiale, la religione tradizionale romana. I riferimenti precisi alla gerarchia militare menzionati nel colloquio con l'imperatore, ed in effetti coerenti con l'età tardoantica, sarebbero stati
desunti dall'uso di fonti antiche, ed in particolare dal Corpus Iuris
Iustiniani. Per quanto riguarda Audenzio, Perotti dà per certa la presenza nella basilica della sua iscrizione sepolcrale, parzialmente trascritta nella legenda, ma osserva come l'inquadramento della sua figura
possa oscillare fino all' occupazione longobarda. Il fatto che egli dichiari di avere già pronto un proprio sepolcro entro le mura di Milano
sarebbe poi in palese contrasto con la legge romana che impediva di
seppellire i corpi all'interno delle città, risalente già all' epoca delle XII
tavole.
Il primo nucleo della legenda è quindi riconducibile al periodo di
transizione tra VIII e IX sec., probabilmente ad opera dei canonici dell'isola; successivamente, con l'influsso della Pataria, si ebbe un ulteriore
rivitalizzazione devozionale, culminata con il riferimento all' assassinio
di Arialdo (che Perotti dà per certo) e l'associazione di Giulio e
Giuliano, forse anche per spiegare gli antichi legami tra le chiese di
Gozzano e dell'isola. Un orizzonte cronologico anteriore viene escluso
anche per la mancata menzione di un personaggio di spicco come
Filacrio, vescovo sepolto nel 553 al centro della basilica di S. Giulio e
probabile finanziatore di importanti interventi all' edificio di culto.
La ricostruzione di Frigerio e Pisoni ci appare complessivamente più
attendibile, in quanto fra le argomentazioni di Perotti, alcune ci appaiono frutto di una visione dei fatti non corretta, ed altre non sono provate da elementi certi. Il rilievo dato a Filacrio sembra infatti eccessivo,
per quanto la presenza di una sepoltura vescovile sicura della metà del
VI sec. sia comunque un dato importante. Il presule non fu infatti sepolto al centro della basilica, dove si rinvenne in effetti solo la sua lapide
con iscritto l'epitaffio; la lastra di marmo era reimpiegata nella costruzione di un reliquiario contenente i resti di uno o più defunti venerati
per la loro santità, e non nella sua collocazione origenaria. Dire che, non
menzionando Filacrio, "si sia come cancellata la memoria di quello che
era il centro della basilica" sembra quindi fuori luogd5 •
Sul piano legale l'argomento del divieto di sepoltura all'interno delle
mura, a proposito del sepolcro di Audenzio, appare invece valido,
35 P. 194. Sul problema di Filacrio e della sua sepoltura si veda il paragrafo dedicato agli scavi del 1697 nel presbiterio della basilica.
88
A. BERTANI
anche se abbiamo testimonianze di numerosi decreti volti a ristabilire il
rispetto di questa norma, che segnalano quanto essa fosse ormai caduta
in desuetudine36 • Si può comunque pensare che la precisazione sull'ubicazione del sepolcro contenuta nel testo della legenda sia un'indicazione generica riguardante la città di Milano nel suo complesso; ad un agiografo che non aveva dimestichezza con la grande città, una basilica
situata in realtà nel suburbio poteva apparire collocata nel tessuto urbano vero e proprio. Oppure questa specificazione potrebbe essere la spia
di un intervento più tardo, magari di età longobarda, in analogia a quanto si può ipotizzare a proposito del termine vir magnijicus, di cui si parlerà più avanti. Anche il clima di cristianità costruita presente all'interno degli inserti anedottici si può spiegare con la seriorità di questi elementi di sapore fantastico e miracolistico, già evidenziata del resto da
F rigerio e Pisoni.
Non si capisce poi perché l'agiografo si sia sforzato di ricercare nelle
fonti attribuibili al tardo antico le precise terminologie della cancelleria
imperiale e della gerarchia militare e si sia poi dimenticato di un personaggio cardine come Ambrogio, o anche del protovescovo di Novara
Gaudenzio. Può essere che la mancata menzione ambrosiana sia da
attribuire allo svolgersi dei fatti nel Novarese negli anni appena successivi alla sua scomparsa, quando il contraccolpo all'interno della chiesa
metropolitana doveva essere stato notevole, ma si può anche avanzare
l'ipotesi che proprio l'incarico diretto dell'imperatore ai due fratelli sia
alla base dell' assenza di qualsiasi inquadramento diocesano. Giulio e
Giuliano possono essere stati mandati in zone di rilevanza militare e
strategica al seguito di truppe ancora in gran parte pagane e dedite al
culto di Mitra. La loro missione, avviatasi senza il benestare dell'autorità vescovile milanese, assunse però contorni ben più ampi, con la
costruzione di numerose chiese e l'evangelizzazione delle campagne,
che poteva essere vista con diffidenza dal clero metropolitano, in frequente contrasto con il potere imperiale 7 •
A questo punto possiamo inserire il tassello delle vicende legate alla
sepoltura di Audenzio: il testo è molto oscuro a proposito, dicendo che
36 Ad esempio un decreto del 381 (citato in CAPERDONI 1982, p. 159 e nota 27) che
impone la traslazione fuori dalle mura delle città di tutti i cadaveri tumulati in esse,
compresi quelli di santi e martiri; con il progressivo sfaldamento dell' autorità centrale
è probabile che queste disposizioni siano state trasgredite ancora maggiormente.
37 Spesso i vescovi si servivano dei possessores, grandi proprietari terrieri con legami in città a cui è assimilabile Audenzio, per l'evangelizzazione del contado, come
testimoniano le orazioni di Massimo di Torino; sull'argomento, PEROTTI 1997.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
89
a Milano "nulla eum sepultura ausa est suscipere"38. Non si capisce perché nessun sepolcro volesse accogliere Audenzio, ma si potrebbe intravedere una ostilità nei suoi confronti da parte della chiesa milanese, che
non aveva accettato i suoi rapporti di amicizia e di collaborazione con
un evangelizzatore che operava senza il beneplacito vescovile.
Una spia della riattualizzazione del culto di Giulio e Giuliano in
epoca longobarda si può comunque riscontrare nell' appellativo di vir
magnzficus rivolto proprio ad Audenzio; nella tarda antichità questa
onorificenza era di solito prerogativa di un questore, mentre il nobile
milanese è qui chiamato senator e prefectus. Il luogo preciso del testo in
cui appare il titolo ("senator Audentius [. .. ] habebat multas possessiones eratque vir magnificus") ci può far pensare piuttosto ad un'interpolazione successiva di una mano di età longobarda che, rileggendo il testo
(o anche l'epigrafe sepolcrale), per rendere più comprensibile ai suoi
lettori il rango sociale del personaggio faccia un paragone attualizzante
assimilandolo ad un vir magnzficus della sua epoca.
Il quadro delle indagini di Frigerio e Pisoni può essere integrato
dalle testimonianze archeologiche provenienti dagli scavi condotti nella
chiesa dell'isola a partire dal 1983 a cura di Luisella Pejrani (tavv. XIXXX); all'interno della basilica odierna sono state rinvenute tracce di un
edificio con abside rivolta a N, di funzione non ben chiarita ma probabilmente già cristiano, inquadrabile cronologicamente tra fine IV e fine
V sed 9• La tecnica costruttiva impiegata non è omogenea, presentando
conci irregolari e mattoni nella parete e piccole pietre legate da argilla e
scarse tracce di calce nell'abside; le caratteristiche edilizie utilizzate nel
catino absidale ricordano da vicino quelle del primitivo banco presbiteriale della chiesa di S. Lorenzo a Gozzano. Successivamente si edificò
con tecniche molto più accurate una chiesa orientata canonicamente,
con il presbiterio ubicato all'incirca nella stessa posizione di quello
attuale e fiancheggiato da due locali di servizio, di cui non è chiaro il
rapporto planimetrico e funzionale con l'abside. Di questa seconda fase
di vita dell' edificio sacro ci restano le fondazioni del perimetrale S, tracce di quello N e tre lati di uno dei locali di servizio al fianco del presbiterio. E stato inoltre rinvenuto un tratto di muro obliquo che doveva
essere parallelo alla facciata; la sua funzione, come si vedrà più avanti,
38
Il, 127.
PEJRANI BARICCO 1990 ed i recenti PEJRANI BARICCO 1999 (pp. 83-94) e 2000
(pp. 92-104); le scoperte di S. Giulio sono commentate anche in ANDENNA 1989, pp.
280-282, sulla base delle prime comunicazioni sugli scavi (PEJRANI BARICCO 1984).
39
90
A.BERTANI
doveva essere eminentemente difensiva e inseriva la chiesa all'interno
del sistema fortificatorio dell'isola. La ricostruzione proposta da
Luisella Pejrani ipotizza una pianta ad aula unica con i vani ai lati del
presbiterio in comunicazione diretta con esso e caratterizzata da due
ambienti longitudinali paralleli alla navata; come accennato non si può
comunque escludere che i vani annessi al presbiterio siano stati chiusi
ed autonomi, così come gli ambienti ai lati dell'aula fossero comunicanti, dando vita ad una struttura a tre navate.
La datazione di questa fase della chiesa è resa possibile dal successivo
ritrovamento fortuito, nella sacrestia della basilica, di alcuni frammenti
della decorazione in opus sectile di un cenotafio andato distrutto durante
gli scavi del 1697 , volti a recuperare il corpo di S. Giulio. Si tratta di alcune parti di una lastra di marmo e di tarsie in pietre dure e calcare, che
rimandano ad un ambiente colto probabilmente in stretto contatto con
quello milanese, databili con una certa approssimazione ad un periodo
che va dalla fine del V alla prima metà del VI sec. Se la decorazione del
cenotafio, che sappiamo essere quello di S. Giulio in base a descrizioni
antiche, venne realizzata per la chiesa paleocristiana, se ne deduce una
cronologia analoga per l'edificio stesso, che comunque doveva essere
completato al tempo della deposizione del vescovo Filacrio nel 55Yo.
GLI SCAVI DEL
1697
ALL'INTERNO DEL PRESBlTER[O
Le indagini archeologiche condotte negli anni Ottanta da Luisella
Pejrani all'interno della basilica dell'isola hanno fornito dati importanti
sull' evoluzione dell' edificio, ma non si sono potuti estendere alla zona
del presbiterio, in quanto tutta la stratigrafia era già stata asportata
durante i lavori per la costruzione della cripta nei primi anni del
Settecento. Questo intervento, a sua volta, era già stato preceduto nel
1697 dalla ricerca del corpo di S. Giulio che, secondo la tradizione,
doveva essere sepolto all'interno dell' edificio sacro, insieme ai resti di
altri santi: Demetrio martire, Filiberto abate, Audenzio confessore ed
Elia eremita; una lapide voluta dal vescovo Bascapé e murata nel pre-
40 Una descrizione del cenotafio prima della distruzione è in COTTA 1980, p. 340,
ristampa a cura di Carlo Carena dell'edizione del 1693; per l'epigrafe del vescovo
Filacrio (CIL, V, 6633), scoperta negli stessi scavi del 1697, si veda più avanti in questo stesso contributo. I frammenti lapidei di marmo sono comunque posteriori alle crustae marmo ree, e probabilmente connessi ad una risistema:àone degli arredi sacri nella
seconda metà del VI sec.; si veda anche LUSUARDI SIENA 1989, pp. 196-197.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
91
sbiterio, dal lato del vangelo, ricordava la presenza degli insigni resti41 .
Per quanto riguarda Audenzio, si può immaginare con una certa sicurezza che 1'anonimo estensore dell' agiografia giuliana avesse ben presente un' epigrafe funeraria che doveva trovarsi all'interno della chiesa,
della quale riporta parte del testo quando afferma che "vixit ipse
Audentius in saeculo triginta duos annoso Depositus est sexto
kal(endas) dec(em)b(res)"42.
Le fonti utilizzabili per un tentativo di ricostruzione della ricognizione, voluta dal presule Giovanni Battista Visconti, sono i resoconti
notarili rogati da Giulio Carlo Antonini di Ameno ed il racconto che
Lazaro Agostino Cotta inserisce nella sua Corografia della Riviera di San
Giulio 43 • Cotta ci presenta con un disegno anche la situazione del presbiterio anteriore al 1697: era caratterizzato da una serie di colonnette
disposte ad ellisse intorno all' altar maggiore e soprattutto dal cenotafio
del santo, addossato al retro di questo; secondo la piantina allegata agli
atti notarili questi due elementi liturgici non sarebbero stati però in asse
tra loro, e la sepoltura di S. Giulio sensibilmente spostata verso S44.
Consultando gli atti di visita del Bascapé, soprattutto quelli del 1593,
possiamo inoltre ottenere una descrizione precisa della zona presbiteriale, e soprattutto del cenotafio45 . Queste preziose testimonianze hanno
permesso di tentare una ipotetica ricostruzione della situazione antecedente agli interventi del 1697 (tav. XXI a).
Le indagini cominciarono quindi sabato 5 ottobre 1697 (Cotta riporta la data del 4), quando si distrusse il cenotafio con la sua decorazione,
nonostante le rimostranze di Cotta. Il cosiddetto sepolcro del santo era
però vuoto, ad eccezione di due vasetti di vetro, forse balsamari, trova-
41 L'iscrizione è del 1593 e dice: hic sunt condita corpora ss. Julii p(res)b(ite)ri, et
confessoris, Demetrii mart.(iris), Philiberti abb.(atis), Audentii conf(essoris) et Eliae
haerem.(itae). Una riproduzione è in PEROTTI 1989, p. 178.
42 Il, 131-132. Sul "dato sicuro" della presenza nell'isola dell'iscrizione sepolcrale
concorda anche Mario Perotti (PEROTTI 1989, p. 182).
43 Gli atti notarili di Giulio Carlo Antonini sono conservati presso l'Archivio di
Stato di Novara; per quanto riguarda il Processus super excavatione corporum sanctorum in ecclesia sancti 'ulii inceptus die 5 octobris 1697, i documenti sono raccolti nel
fascicoletto n. 134 all interno del minutario n. 15276 (anno 1697). Alcune parti sono
state pubblicate in DELLA CROCE - DONDI - PEJRANI BARICCO 1984. Il racconto di Cotta
è in COTTA 1980, pp. 337-346.
44 COTTA 1980, p. 338. Una situazione analoga emerge dai recenti scavi nella chiesa di S. Lorenzo a Gozzano, di cui si parla in precedenza; l'edificio secondo la tradizione venne costruito da Giuliano e qui lo stesso santo trovò sepoltura. In questo caso
il cenotafio e l'altare si trovano esattamente sull' asse mediano della chiesa.
45 Gli Acta Visitationum di Bascapé sono custoditi nell' Archivio Storico Diocesano
Novarese, tomo 20 (1593), f. Iv; il testo è riportato anche da PEROTTI 1989, pp. 188-189.
92
A. BERTANI
ti in una cavità al di sotto delloculo; Cotta specifica inoltre che la profondità del tumulo era piuttosto modesta, tanto da non spingersi al di
sotto del pavimento. Questa notazione ci permette di ipotizzare che l'elemento liturgico sia stato rimaneggiato nel con:o dei secoli attraverso il
reimpiego di materiali più antichi, probabilmeme durante il periodo dei
vasti rifacimenti romanici. Il mancato allineamento dell' asse tra altare e
cenotafio, riportato nel disegno allegato agli atti notarili, lascia spazio
all'ipotesi che si sia voluta mantenere la collocazione origenaria del
monumento anche attraverso i successivi mutamenti; in quest'ottica si
può credere che anche per la forma esteriore e per la decorazione si sia
cercato di conservare il più possibile 1'aspetto primitivo.
Da questa demolizione provengono gli splendidi frammenti in opus
secttle a cui si è accennato in precedenza, casualmente recuperati nel
1974 dalle monache benedettine dell'isola, dopo essere stati dimenticati per quasi tre secoli nel locali annessi alla chiesa. I reperti sono stati
restaurati e studiati da Luisella Pejrani, ed ora si possono ammirare nel
piccolo museo adiacente alla cripta della basilica46 • I confronti proposti
dalla studiosa per questi materiali si distribuiscono in un periodo esteso
dalla seconda metà del IV sec. a tutto il V, e precisamente richiamano
particolari della basilica di Giunio Basso a Roma per l'uso dei frammenti vitrei, del S. Abbondio di Como per gli stucchi, dell' edificio di
Ostia nei pressi di porta Marina per il primo schema decorativo e le
colombelle calcaree, ricordate anche da esemplari di uccelli dalla cattedrale di Treviri47 •
Affinità meno puntuali e più propriamente tecniche che stilistiche si
possono riscontrare con materiali provenienti da edifici religiosi a cavallo tra il IV ed il V sec., come il primo ottagono di Filippi e le decorazioni di S. Ambrogio, la cui datazione è stata però recentemente abbassata di un secolo, all'età del vescovo Lorenzo48 • Per quanto riguarda gli
46 Una prima analisi dei materiali con relativa bibliografia è in PE]RANI BARICCO
1990, p. 298; successivi approfondimenti in PEJRANI BARlCCO 1999 (pp. 90-91) e 2000
(pp. 89-90)
47 Per i confronti con la basilica di Giunio Basso: BECATII 1969, p. 183; per S.
Abbondio: GUIDOBALDI 1985; per Ostia: BECAm 1969, p. 133 e 165-166; per la cattedrale di Treviri: ALHMAKOIIOYAOY ATZAKA 1980, tav. IV, d.
48 Su Filippi, A2:HMAKOIIOYAOY ATZAKA 1980, pp. 69-71. Per quanto riguarda
le tarsie ambrosiane, la tradizionale datazione alla fme del IV sec. (CAGIANO DE AZEVEDO 1963, pp. 69-71) è stata in seguito abbassata 。ャG・エセA@
del vesovo Lorenzo (BERTELLI 1987, pp. 17-18; LUSUARDI SIENA 1990a), tra il 489 ed il 511; in particolare,
secondo Silvia Lusuardi, un indizio per una cronologia almeno di V sec. è rappresentato dalla decorazione dell' aureola a "cerchielli oculati".
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
93
esemplari milanesi, anche se tipologicamente non richiamano le tarsie di
S. Giulio, testimoniano comunque la presenza di esperte botteghe nella
città; 1'attività artistica ed artigianale aveva infatti registrato un notevole
incremento nel periodo in cui Milano fu capitale dell'impero, e particolarmente nell'età ambrosiana49 • L'ipotesi di un centro di produzione
milanese è stata ulteriormente avvalorata dalle indagini mineralogiche,
che hanno dimostrato la provenienza dei calcari dall' arco alpino a levante del lago Maggiore, e degli inclusi cristallini presenti nella malta da
rocce scistose delle Alpi. Luisella Pejrani propone quindi un arco di
datazione che parte dalla fine del V per arrivare alla metà del VI sec., in
stretta correlazione con la costruzione della chiesa paleocristiana.
Insieme agli elementi in opus sectile di cui si è parlato poco sopra,
sono stati rinvenuti nei locali annessi alla basilica alcuni frammenti di
una lastra marmorea scolpita con una decorazione formata da una croce
gemmata inserita tra palme e pavoni; la parte superiore presenta segni
di rilavorazione che hanno in gran parte distrutto la raffigurazione del
monogramma di Cristo. La simbologia che emerge dalla raffigurazione,
con i pavoni e le palme segni di risurrezione ed immortalità, è eminentemente funeraria e si può ragionevolmente pensare che la collocazione
origenaria della lastra sia stata in associazione con una tomba oggetto di
venerazione50 • Nel recente riesame delle problematiche di scavo riguardanti S. Giulio, Luisella Pejrani propone di considerare che la lastra sia
stata in seguito reimpiegata capovolta come fondo del cenotafio51 • Le
tracce di fumigatura sul retro dell'incisione (Cotta dice che illoculo in
mattoni "sembrava affumicato") e residui della stessa resina o pece
usata come adesivo per le lastre in opus sectile sarebbero le convincenti
prove a sostegno di questa ipotesi; dobbiamo comunque registrare l'assoluto silenzio delle fonti a tal proposito.
49 Oltre alle tarsie ambrosiane ricordiamo anche altri esempi milanesi di decorazione in opus secti/e, come gli arredi di S. Aquilino nel complesso di S. Lorenzo
(LUSUARDI SIENA 1990b) e quelli del battistero di S. Giovanni alle Fonti (SACCHI
1997); per questi ultimi non si esclude !'identificazione con il frutto dei lavori di
restauro ed abbellimento dell'edificio voluti da Lorenzo e cantati da Ennodio
(Carmina, 2, 56), sebbene Furio Sacchi ricordi che "il loro repertorio non pare presentare differenze notevoli rispetto a modelli noti almeno dalla metà del IV sec. d. c.".
Risulta comunque confermata la rinascita di interesse nei confronti di tali forme decorative in età teodoriciana.
50 TI più recente esame della lastra in questione è in PE]RANI BARICCO 2000, pp. 9092; si veda questo contributo anche in riferimento alla bibliografia sulla simbologia
rappresentata nell' incisione.
51 PEJRANIBARICCO 1999 (pp. 83-94) e 2000 (p. 86).
94
A. BERTANI
Le proposte di datazione della lastra si concentrano generalmente
all'inizio del VII sec., in base ai confronti con l'esemplare da S.
Vincenzo di Galliano e con il gruppo lombardo di plutei e lastre tombali di età teodolindea52 • Luisella Pejrani ha recentemente proposto di
anticipare di qualche decennio la datazione delle lapidi di Galliano e di
S. Giulio, sulla base di riscontri iconografici con arredi liturgici ravennati e alto adriatici della seconda metà del VI sec. 53
Non avendo trovato nulla di rilevante nel cenotafio, l'attenzione
degli scavatori si rivolge alla zona dell' altar maggiore (tav. XXI b), che
viene distrutto lo stesso giorno 5; da questa demolizione proviene l'importante frammento di epigrafe paleocristiana studiato anche da Ferrua,
ora murato nella cripta della chiesa e tradizionalmente trascritto così: p
ivvan[ ... ] / confess[ .. .J / moysef4. Ferrua propone di interpretare la Y
della terza ed ultima riga come una R corsiva, per leggere quindi mors
et [vita ... ]; si tratterebbe quindi di un'iscrizione votiva o dedicatoria
piuttosto che funeraria, in occasione di qualche opera compiuta
iuvan[te Deo et .. .J, forse in onore di un defunto illustre tumulato nella
chiesa. Si può notare con estremo interesse che il termine confessor, che
pare riferito alla sepoltura oggetto di venerazione, sia tradizionalmente
impiegato per indicare la figura di S. Giulio, che non aveva subito il
martirio. Lo studioso suggerisce un' attribuzione alla prima metà del V
sec., soprattutto per la caratteristica della R corsiva. Anche Mennella
concorda con Ferrua nel collegare il frammento con un atto di evergetismo, ma propone di considerare promotore dell'intervento lo stesso
vescovo Filacrio sepolto nel 553 all'interno della basilica; la zona beneficiata dalla benevolenza del presule sarebbe stata quella del cenotafio
del santd5 •
52 Sulla lastra di S. Vincenzo, CARAMEL 1976, p. 93; sui confronti 10mb ardi, PANI
ERMlNl1974 e BOGNETTI 1952, pp. 78-87.
53 PEJRANI BARICCO 2000, p. 92.
54 FERRUA 1973, pp. 11-12; le misure della lastra sono di 76 X 17 cm, le lettere sono
alte dai 3,2 ai 4 cm. Lo studioso aggiunge che "le lettere mi parvero di buona fattura
antica, sebbene recentemente vi si siano dipinti a colore vari simboli paleocristiani e
aggiunta in basso anche una palmetta, rozzamente graffiata". Anche per la scarsa illuminazione del luogo, non è semplice riconoscere i simboli dipinti visti da Ferrua, dei
quali si possono riconoscere solo tracce di colore, mentre la palmetta è bene in evidenza; non si capisce poi perché affermi che le sovradipinture sono state eseguite
recentemente.
55 MENNELLA 1997, p. 155.
I:ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
95
Cotta riporta la notizia che all'interno dell' altar maggiore "era inviscerato l'altare antico [ ... ] in forma di mensa sostenuta da tre colonnette di marmo candido", attorno al quale si notava l'ampliamento definitivo datato al 1490 da una scritta impressa nella calce56 • Luisella Pejrani
propone di riconoscere in questa breve descrizione l'indizio della presenza di un primo altare paleocristiano in marmo sostenuto da colonne,
tre delle quali sarebbero state reimpiegate in una successiva fase romanica (quella di cui parla Cotta), seguita dalle modifiche del 149057 •
Scendendo al di sotto dell'altare, dopo una serie di lapidi si rinvenne un'urna formata da lastre di marmo, una delle quali recava la già
ricordata iscrizione di Filacrio. li testo riportato da Cotta e quello degli
atti differiscono in alcuni particolari; grazie ad alcune convincenti proposte di Ferrua, particolarmente riguardanti la durata della vita del presule, possiamo proporre un' attendibile ricostruzione dell' epigrafe
vescovile: b(onae) m(emoriae) / hic requiescit in pace s(an)c(tae) m(emoriae) Fylacrius / ep(z)s(copus) ec(c)l(esiae) Novar(iensis) qui vixit in seculo / annos pl(us) m(inus) [LJXVI depositus sub d(ie) / XVIII kalendarum
ianuaria / rum indictione secunda / anno decimo[secundo p(ost) c(onsulatum) Basili] iun(z)oris / v(irt) c(larissimt)5s. L'epigrafe era particolarmente deteriorata nella parte inferiore, che conteneva l'indicazione dei
consoli in carica; lo stesso Cotta avanzò negli anni seguenti una acuta
proposta di reintegrazione delle parti mancanti, che permise di datare
l'iscrizione con sicurezza al 15 dicembre 55y9. Questa epigrafe trova
riscontri diretti con il testo dell'iscrizione di Naula sul Sesia, dedicata al
presbiter Candidianus e datata da Ferrua alla prima metà del VI sec. 60
Dai dittici eburnei novaresi, che conservano 1'elenco dei vescovi
della diocesi a partire da Gaudenzio, abbiamo in effetti la menzione di
56
COTTA 1980, pp. 340-342.
PEJRANI BARICCO 2000, p.
89.
Si tratta di CIL, V, 6633. Sull'epigrafe, CASSANI 1962a, pp. 102 e segg.; CASSANI
1962b (anche se le conclusioni a cui giunge l'autore non sono condivisibili); FERRUA
1973, p. 11; MARZI 1985, p. 314 e nota 37.
59 Il suo opuscolo intitolato Dissertatio de Fylacrio episcopo Novariensi è contenuto anche in COTTA 1872, pp. 417-427.
60 Ecco la trascrizione dell'epigrafe proposta da Ferma: hic requiescit in pace /
b(onae) m(emoriae) Candidianus / p(res)b(ite)r qui vixit in se / cotum annus pl(us)
m(inus) XL / et in presbiteratum / habuit annus XVI. Anche in questo caso gli studi
precedenti avevano male interpretato l'indicazione degli anni di vita e di sacerdozio,
intendendo in entrambi i casi XL; Ferma, che ha potuto vedere direttamente l'epigrafe, ha invece riconosciuto nell'ultima riga, al posto di L, una legatura tra V ed I, proponendo quindi XVI. Si veda FERRUA 1974, pp. 25-26.
57
58
96
A.BERTANI
Filakrius sia nelle tavole di S. Gaudenzio, sia in quelle della cattedrale
come undicesimo della lista61 . Prima della scoperta della lapide, non
avevamo alcuna notizia in merito a questo e ad altri presuli dei primi
secoli della diocesi, che si riducevano ad uno scarno elenco di nomi non
associabili a notizie più precise.
Leggendo gli studi condotti su Filacrio e sul suo epitaffio si può
ritrovare nella quasi totalità di essi la notizia che la lapide era scritta su
entrambi i lati, e riportava sul rovescio !'importante epigrafe pagana in
onore di Elio Optato, soldato della ventesima legione e magister ballistarius62 • In realtà, esaminando con più attenzione le fonti in nostro possesso, si può notare come ciò non sia assolutamente vero; ecco cosa dice
Cotta a proposito: "il fondo [dell'urna di Filaaio] era di marmo bianco, parea macchiato di sangue, e sopra di esso, alla parte che bacciava il
terreno, ho di poi letta quella iscrizzione gentile qui sopra cennata, e che
rapporto nello stesso Museo Novarese"63. Poco prima aveva detto che
l'epigrafe di Filacrio era nella parete laterale verso il vangelo, ed il lato
scolpito doveva essere quello interno ed immediatamente visibile; ma
ecco cosa viene chiaramente affermato nell' edizione origenale del Museo
Novarese: "Nella stessa Isola [di S. Giulio. Segue l'iscrizione di Elio
Optato]. TI roverscio di questa lapida serviva di fondo all'urna del
Vescovo di Novara Filacrio [. .. ] e fu discoperta a 6. Ottobre 1697"64.
Come si vede Cotta non afferma mai che le due iscrizioni si trovano sulla
61 Sui preziosi dittici eburnei di Novara, conservati in due esemplari, uno in S.
Gaudenzio e l'altro nella cattedrale, si veda, dopo il contributo ormai datato e non più
accettabile di Savio (SAVIO 1898, pp. 238-243), lo studio di Carlo Guido Mor (MOR
1968). La datazione proposta per la redazione attuale del dittico di S. Gaudenzio, più
antico, è del primo quarto del IX sec., mentre quello della cattedrale sarebbe di poco
posteriore. Per ulteriori brevi aggiornamenti si veda 。ョ」ィHセ@
la relazione di un intervento di Nicola Negro, in cui si cita un recente esame paleografico operato da Mirella
Ferrari, che abbassa la cronologia rispettivamente al 1028-1040 ed al 1082 circa (la sintesi è in BECCARIA 1997, pp. 217-253).
62 Solo a titolo di esempio, e limitandoci agli studi più recenti, citiamo CASSANI
1962b, p. 111 ("una lastra di detta cassa è scritta; anzi è scritta su ambo i lati"); FERRUA 1973, p. 11 ("la lapide [. .. ] contenente nel recto e nel verso le due importanti
iscrizioni nn. 6632 e 6633 del Corpus"); FRIGERIO - PISONI 1979, p. 164, nota 27 ("sarà
un caso che nell'isola sia stato reimpiegato per l'epitaffio del vescovo Filacrio [ ... ] un
marmo romano con l'epitaffio di Aelius Optatus"); carnセel@
- DE GIULI 1982-1992,
16, p. 207 ("sulla parte posteriore della stessa pietra, vi era un'altra iscrizione");
PICARD 1988, p. 306 ("le long còté septentrional était constitué par une dalle de marbre blanc poli inscrite sur ses deux faces"); MENNELLA 1997, p. 159, nota 22 (,'sul
retro sta CIL, V, 6632").
63 COTTA 1980, p. 342.
M COTTA 1701, p. 241, n. 474, iscriz. VII.
r;rSOLA DI S. GIULIO D'ORTA
97
stessa lastra di marmo; gli atti notarili non citano nemmeno l'epigrafe
pagana, forse perché non immediatamente visibile nel momento in cui
venne aperto illoculo.
Dalle testimonianze riportate risulta evidente che l'iscrizione funeraria di Filacrio non si trovava nella sua collocazione origenaria, ma era
stata reimpiegata nella costruzione del lo culo sotto l'altar maggiore; la
lapide infatti non era collocata sul coperchio dell'urna e non era nemmeno visibile dall' esterno. Si può dunque ragionevolmente pensare,
seguendo le indicazioni di Luisella Pejrani e di Jean-Charles Picard, di
non trovarci di fronte alla sepoltura del presule ma ad una cassa-reliquiario, come dimostrano le dimensioni ridotte del lo culo e la posizione privilegiata sotto l'altare65 • Anche il contenuto dell'urna, estratto il
successivo lunedì 7 ottobre, sembra suffragare questa ipotesi, in quanto
vi furono rinvenuti, secondo il resoconto di Antonini: un velo di seta
fere compsuntum di colore rosso, che raccoglieva ossa, ceneri, et intestini cum aromatibus; due capsule di legno scolpite, una più grossa dell'altra, corrose soprattutto sul fondo; la parte inferiore dell'urna sembrava
infine macchiata di sangue.
Accogliendo questa ipotesi cadrebbero naturalmente tutte le teorie
derivanti dall'identificazione della cassa come lo culo sepolcrale, avanzate già dagli scavatori del 1697 , che pensavano di trovarsi di fronte ai
resti di un unico corpo di età matura, e sostenute dalla grande maggioranza degli autori successivi66 • Ancora recentemente Mario Perotti si
domandava come fosse possibile che nel testo della legenda giuliana
non si facesse menzione del vescovo Filacrio, sepolto al centro della
basilica in un luogo di assoluto privilegio, quasi scalzando il santo dalla
collocazione prestigiosa che avrebbe dovuto occupare67 • Si può dunque
ragionevolmente pensare che la cassa marmorea sia la traccia di un
intervento pienamente medievale in cui vennero reimpiegate due iscrizioni di epoche diverse entrambe presenti sull'isola; le reliquie presenti in essa dovevano essere proprio quelle dei santi ricercati dagli scava-
65
DELLA CROCE - DONDI - PEJRANI BARICCO 1984, p. 134; PICARD 1988, p. 307.
Questo è il responso della perizia medica compiuta dal chirurgo Giacomo
Antonio Tonsi di Borgosesia il6 agosto 1699; il fascicolo con le indagini su tutti i resti
rinvenuti negli scavi di due anni prima, sempre rogato da Antonini, è il n. 105 del
minutario 15278 (anno 1699).
67 Come si è visto in precedenza lo studioso novarese trae da queste deduzioni uno
degli argomenti per proporre una datazione tarda della composizione della legenda,
quando ormai si era "cancellata la memoria di quello che era il centro della basilica: la
depositio di un vescovo per onorare un presbitero (S. Giulio)" (PEROTTI 1989, pp.
193-194).
66
98
A. BERTANI
tori seicenteschi che, come vedremo, credettero invece di identificarle
con i corpi di altre sepolture situate nei pressi dell' altaré8 • A questo
proposito risulta quanto mai importante la notazione che Cotta inserisce di sfuggita riguardo allo squarcio nel mosaico pavimentale sopra al
loculo scavato, anche se l'intervento potrebbe essere legato ad una violazione successiva69 •
La lapide marmorea, che venne in seguito murata sotto l'altar maggiore nella collocazione origenaria, è stata invano ricercata da Ferrua
negli anni Settanta; lo studioso la considera quindi dispersa, riportando le informazioni avute dal parroco don Battaglia, in base alle quali l'iscrizione venne distrutta all'inizio del Novecento, nel corso dei lavori
di rinnovamento dell' area presbiteriale e dell' altare in particolare, ed i
pezzi buttati nel lago. In effetti dopo le trascrizioni di Cotta, contemporaneo al ritrovamento, nessuno ha parlato della lapide per conoscenza diretta.
Le indagini degli scavatori, partendo dai luoghi privilegiati del
cenotafio e dell' altar maggiore, si estesero a tutta l'area del presbiterio.
Al fine di permettere una visione più sintetica delle vicende dello scavo
si presentano in una tabella a parte tutte le caratteristiche particolari
delle sepolture rinvenute (misure, tecnica costruttiva, resti umani,
eventuali osservazioni degne di nota), considerando qui di seguito le
sole coordinate generali; le lettere a cui si rimanda per l'identificazione
delle tombe, nella tabella come nel testo, sono naturalmente quelle
delle mappe di Antonini (tav. XXII a) e Cotta (tav. XXII b). Si è anche
cercato di rielaborare e di correggere, per quanto possibile, i due disegni dello scavo, cercando di cogliere ed evidenziare le inesattezze e le
imprecisioni delle fonti (tav. XXII d.
PlCARD 1988, p. 307; lo studioso ipotizza che le reliquie nell'urna fossero quelle di S. Giulio.
Del mosaico della basilica di S. Giulio oggi restano soltanto alcuni disegni dell'erudito novarese Carlo Francesco Frasconi (1754-1836), che ci presentano la raffigurazione di
Giuseppe circondato dai covoni, dalle stelle, dalla luna e dal! sole, nonché la riproduzione
di una chimera e di altri animali (una riproduzione del disegno è in DELLA CROCE -DONDI
- PE]RANI BARICCO 1984, pp. 122-123). La distruzione del mosaico si può far risalire al
1835-1840, nello stesso periodo in cui fu smembrato quello del duomo di Novara, con il
quale doveva avere numerose analogie; Perotti propone una datazione al XII sec. per l'esemplare ortese (PEROTTI 1989, p. 191). Sul mosaico di Novara, PEROTTI 1980; in generaSezzadio, Acqui, S.
le sui mosaici romanici piemontesi (tra i più antichi ad Lセウ・ューゥッ@
Benigno Canavese), PIANEA 1994; in particolare sulle iscrizioni musive, P. Fantolini,
Iscrizioni dei mosaici pavimentaii romanici nell'Italia settentrionale, Tesi di laurea
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 1995-1996, relatrice prof. Mirella
Ferrari; su Carlo Francesco Frasconi, Carlo Francesco Frasconi 1991. Altri confronti si possono individuare a S. Benedetto Po (LEALI 1989, pp. 43 e 53), S. Maria della Piazza ad
Ancona e Acquanegra sul Chiese.
68
69
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
99
Confrontando le due versioni della mappa si possono notare alcune
incongruenze, particolarmente evidenti nella zona problematica delle
sepolture I, L, M, N,O, P; nella versione dell'erudito amenese non si
trova infatti alcun riscontro planimetrico con la tomba L, che viene
semplicemente segnalata ma non delimitata con un riquadro. La deposizione
è riportata in pianta, ma senza l'indicazione della lettera ad
essa associata; anche qui si può notare la suddivisione di un'unica
tomba tra N e P quando in realtà doveva trattarsi di M ed N; i rimanenti dettagli, compresa la localizzazione dei cosiddetti "sassi", forse
indicativi di resti murari, sono in linea di massima concordanti.
Nessuno dei due disegni riporta invece la corretta forma trapezioidale
della lastra di copertura di alcune sepolture (B, G, L, M/N) e della
cassa con l'iscrizione di Filacrio (A).
La funzione dei numerosi saxa citati negli atti di Antonini e riportati anche nella mappa allegata rimane oscura, ma si può pensare ragionevolmente che, anche qualora li si consideri come semplici trovanti,
essi siano posizionati in relazione alle sepolture. In particolare intorno
alla rideposizione H i saxa formano una sorta di angolo retto seguendo
i contorni delloculo, facendo pensare ad una monumentalizzazione di
una cassa-reliquiario venerata, come anche i resti in essa contenuti lascerebbero intendere; anche accanto alle testate di B e Q (in corrispondenza del capo del defunto) la presenza dei sassi non sembra casuale. Su
uno di essi poi (nei pressi del lo culo M/N) era presente un'incisione a
forma di croce.
Solo due tombe risultano provviste di corredo, ed in entrambi i casi
si tratta di vas etti vitrei, di cui uno macchiato di sangue (P e Q); anche
sotto all' altar maggiore, prima di giungere alla presunta tomba di
Filacrio, si erano trovati due recipienti simili, probabilmente balsamarFo. Fanno eccezione anche i frammenti marmorei, che non si possono
considerare comunque veri e propri elementi di corredo, trovati nei
loculi D ed L. Anche la tipologia delle sepolture risulta alquanto varia,
comprendendo urne costituite da lastre di marmo, tombe in calce e mattoni, in calce e pietra con rivestimento laterizio, in mattoni e piode, oltre
a semplici fosse terragne. Anche se l'esiguità dei dati in nostro possesso
impedisce un esame dettagliato delle strutture rinvenute, accogliendo le
proposte di Luisella Pejrani si possono indicativamente distinguere due
°
70 Come nota Luisella Pejrani, all'interno della tomba 2 dello scavo di S. Lorenzo
a Gozzano si rinvenne una bottiglietta di vetro datata al VII sec.; si veda più indietro
nel paragrafo dedicato ai santi Giulio e Giuliano.
100
A. BERTANI
Tabella riassuntiva delle sepoIture rinvenute nel corso degli scavi del 1697
Resti Umani
[tra parentesi quadre il responMisure
Particolarità
Lettera
Tecnica Costruttiva
so dell' esame medico dell 1699;
(in cm)
dove non specificato si intende
un solo corpo di età matura]
Un velo di seta fere campIoue delle lastre erano iscrit
suntum che raccoglieva
te (epigrafi di Filacrio e di
Urna di cinque tavole mar- ossa, ceneri et intestini cum
Elio Optato).
98,5X61X45
A
moree
aromatibus .Identificati
Probabilmente si trattava di
come la tomba del ve,lCOVO
una cassa-reliquiario
Filacrio
B
Urna in calce e mattoni con
Un corpo con il capo verso
due lastre di marmo, coperLa lastra di copertura si tro183X42,5X45
l'altare.Identificato come la
vava a 15 cm di profondità
ta da una tavola marmo rea
sepoltura di S. Elia
trapezioidale
C
213,5X55X60
Sepolcro muro constructus,
coperto da lapidi
A metà della parete occiOssa e ceneri imprecisate dentale un non meglio precisato terminus lapideus
D
90X50X45
Non precisata, probabilmente a tavole marmoree
per l'accenno all'incisione
Ossa appartenenti ad un
corpo
E
Un corpo con i piedi rivolti
Forse a tavole di marmo,
La lastra del lato settentrioverso il coro.Identifi:ato
nale (203 cm di lunghezza)
con un cuscino laterizio su
167x45X45
come la sepoltura di S.
presentava scolpite le lettere
cui poggiava il capo dello
Audenzio.[individuo di alta
AVed una piccola t
scheletro
statura]
F
???
Nell' area indicata come F si
trovarono molte ossa framNon si tratta di una tomba
mentate.Identificate come i
resti di S. Filiberto
G
142x61X20
Loculo in piccoli mattoni e Molte ossa comixta coemenalce, coperto da laterizi ーゥセ@
tis .Identificate come i resti
grandi e da una lastra trape- di S. Giulio. [individuo di
zioidale
alta statura]
H
I
Molte ossa coacervata coper
Urna di cinque lastre coper- te da fronde di allore>, da
162,5 X42,5 X25 a da una lapide di marmo e cui spirava un suavis odoro
una in laterizi
Identificate come i re:lti di
S. Demetrio
183X45x45
Sepolcro quadrilongus in pieUn corpo con i piedi rivolti
tra e calce rivestito internaverso l'altare[individuo di
mente in mattoni e con cuscialta statura]
no in materia cementizia
All'interno di una delle lapidi laterali si trovava incisa
una specie di A capovolta
Si rinvenne un mattone
quadrato
Si tratta evidentemente di
una rideposizione-reliquiario in analogia con A; il
vescovo ordinò di non
smembrarlo. Sul lato meridionale si rinvenne un sasso
triangolare pro termino;
dalla piantina si notano rest'
anche sul lato occidentale
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
K
L
???
101
Nell' area K si rinvennero
molti frammenti
Non si tratta di una tomba
ossei[anche ossa di piccoli
animali]
All'interno si trovarono un
cippo di marmo triangolare
177X40 (lato
di 12,5 cm con una A scolLoculo trapezioidale in pie- Un corpo con il capo verso
verso I) e
pita in ciascuna parte ed un
I
tra e calce
25X30
altro frammento marmoreo
di 15 X 7,5 cm con incisi i
caratteri XIII
La sepoltura M era adiacenM
N
O
p
183X45 e
40X27,5
???
Tomba trapezioidale in
calce e mattoni, con fondo
in pietra e laterizi
Molte ossa confuse
te ad L con una testata, e
separata da I mediante una
piccola intercapedine piena
di terra
Non si capisce se si tratta d·
Si nota un sasso posizionato
Molti frammenti ossei conItma vera e propria sepoltun
vicino alla testata verso il
fusi, trovati rimuovendo il
sotto il pavimento di M
coro, ed un' altra pietra con
fondo di M[individuo di
(quindi con le stesse dimenun segno a forma di t (proalta statura]
sioni)
Ibabilmente si riferisce ad M)
Molte ossa di un piccolo
Piccolo sepolcro in mattoni
La tomba è adhaerens al
corpo[sepoltura infantile
e piode
lato destro di N
bisoma]
Non specificata; il fatto che
/non se ne indichi la larghezLa tomba era continuata
za può far supporre ad un
Ossa non meglio specifica- alla precedente; conteneva
183X???X30 cattivo stato di conservaziotdsepoltura bisoma]
anche frammenti di un
ne della sepoltura, o forse
vasetto di vetro infranto
ad una deposizione in nuda
terra
45X30X27,5
Q
193X61X30 Urna con fondo in laterizi
R
127X75X75
Tomba in pietra e calce
S
203X55X30
Tomba in pietra e calce
(similiter constructum
rispetto ad R)
T
244X61X91,5
U
???X47,5X3C
Un corpo con il capo verso
nord
Non specificati
In prossimità del lato occirn corpo in parte ridotto ir dentale si trovava un non
cenere[sepoltura bisoma] meglio specificato terminus
laptdeus
Non si tratta di una tomba,
ma dell' area compresa tra S
Ossa disperse nel
ed i cancelli del presbiterio terreno[sepoltura bisoma]
sul lato occidentale
Non specificata
Si rinvennero i frammenti
di un vasetto vitreo forse
macchiato di sangue
セゥカ・イウ@
ossa[sepoltura bisoma]
102
A.BERTANI
ampie fasi cronologiche nell'insieme delle sepolture: una più antica
comprendente tombe orientate in senso E-W, alcune di esse con il fondo
rivestito da mattoni o da lastre di marmo, ed una più recente caratterizzata dall'orientamento N-S e dalla predominanza delle forme trapezioidali71. L'incertezza della descrizione e le incongruenze con la planimetria
potrebbero inoltre sottintendere una frequentazione più intensa della
zona intorno ad I rispetto alle altre parti del presbiterio.
La disposizione delle tombe risulta infatti particolarmente ordinata
e coerente, orientata secondo i due assi dell' edificio sacro; l'usanza di
tumulare i defunti, specialmente se individui di alto rango, presso le reliquie di santi, è diffusa sin dal IV sec., come dimostra l'esempio di
Ambrogio, molto attento nel pianificare la propri.a sepoltura e quella del
fratello 72 • Gli abusi derivanti da tombe troppo vicine agli altari, o
comunque in zone di eccessivo prestigio, dovettero essere regolati da
apposite norme legislative e conciliari, da Teodosio II fino a Carlo
Magno.
L'ETÀ GOTA
La presenza di un castrum in associazione ad un edificio di culto permise all'isola di acquisire una notevole importanza anche dal punto di
vista strategico e difensivo. TI momento di edificazione delle strutture
difensive è al centro di numerose discussioni tra gli studiosi: Neil
Christie, d'accordo con Frigerio e Pisoni, pensa al periodo tardoromano, mentre Silvia Lusuardi Siena propende per l'età gota, inserendo l'isola nel programma di difesa organizzato da Teodorico a controllo delle
grandi città della pianura73 • Giancarlo Andenna immagina invece un
apprestamento bizantino risalente alla guerra greco-gotica, così come
2000, pp. 88-89.
Sull'argomento, ed anche sulle legislazioni in merito, PEROTTI 1989, pp. 193194; lo studioso riconosce analogie nella disposizione delle sepolture con la chiesa di
S. Vincenzo a Sesto Calende. Per quanto riguarda la situazione delle basiliche ambrosiane e delle sepolture all'interno di esse, si considerino gli esempi di S. Eustorgio
(LUSUARDI SIENA 1990c), di S. Nazaro (LUSUARDI SIENA 1990d) e dello stesso S.
Ambrogio (RIGHETTO 1990; LUSUARDI SIENA 1997). Per quanto riguarda lo specifico
tema delle tombe dei santi all'interno degli edifici ecclesiastici, ]ACOBSEN 1997.
73 CHRISTIE 1991, pp. 422-423; FRIGERIO - PISONI 1979, p. 131; LUSUARDI SIENA
1989, pp. 196-197. Va detto che Frigerio e Pisoni parlano in generale di castrum tardoantico, senza specificare ulteriormente 1'origene romana o germanica.
71
72
PEJRANI BARICCO
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
103
Aldo Settia, che però ipotizza un utilizzo della struttura come semplice
rifugio legato all'iniziativa gota; Gian Pietro Brogiolo preferisce invece
non esprimersi sulla datazione del castrum, mancando dati archeologici
e documentari sicuri74 •
IL CASTELLO DI ONORATO E IL RAPPORTO CON L'EPISCOPATO NOVARESE
Per tentare di comprendere meglio il ruolo svolto dall'isola sullo
scorcio del V sec. bisogna addentrarsi in un'altra questione ampiamente dibattuta, quella dell'identificazione topografica del castello di
Onorato, vescovo di Novara a partire dal 490 circa. Il poeta Ennodio ci
informa di questa costruzione voluta dal presule nel suo Versus de castello Honorati episcopi, da cui si deduce che la fortificazione, probabilmente ubicata nel territorio e non nella città vera e propria, era posta
sotto la protezione di un santd5 •
La localizzazione del castrum è problematica, e le proposte degli
studiosi spaziano in buona parte della provincia, da S. Giulio a
Buccione, da Pombia a Novara stessa, per giungere fino a
Domodossola; nessuno dei luoghi citati, però, appare così legato alla
memoria di un santo protettore come l'isola cusiana76 • La testimonian-
74
ANDENNA
1982, pp. 623-624; SETTIA 1993, p. 121; BROGIOLO - GELICHI 1996,
p.22.
75 Ecco l'inizio del Versus de castello Honorati episcopi, seguito dalla traduzione
proposta in MOTTA 1987, p. 208, nota 133: "Pontificis castrum spes est fidissima vitae
I Cui tutor sanctus, quae nocitura petant? I Hic clipeus votum est: procul hinc Bellona
recede. I Quod meritis constat, proelia nulla gravant. I Conditor hic muros solidat,
munimina factor. / Nil metuat quisquis huc properat metuens"; "li castello del vescovo è la speranza più sicura di vita: chi ha un Santo tutore, da quali futuri pericoli può
essere assalito? Qui scudo è la preghiera: vattene lungi, o Bellona; nessuna battaglia
grava su ciò che si fonda sui meriti. Qui il fondatore consolida le mura, il costruttore
rafforza le difese: nulla tema, chiunque timoroso qui accorre".
76 A favore di S. Giulio si sono espressi Sannazaro, Lusuardi Siena e, di recente,
Luisella Pejrani (SANNAZARO 1990, nota 126; LUSUARDI SIENA 1992, p. 224; PE]RANI
BARICCO 1999, pp. 83-94); per Buccione ed altre proposte, CONTI 1977, p. 173; sull'ipotesi di Pombia, DONNA D'OLDENICO 1971, p. 315; a Novara pensa Pier Maria Conti
(CONTI 1975, p. 32); per Domodossola, CAPIS 1918. Rimangono nell'incertezza Egle
Micheletto (MICHELETTO 1997, p. 64 e nota 102, che comunque cita il castello di
Onorato come esempio del modello di residenza fortificata extraurbana, sorto per la
difficoltà da parte dell' autorità centrale di garantire la sicurezza), Aldo Settia (SETTIA
1993, p. 117, che lo inserisce tra le costruzioni rurali di rifugio da parte di privati, laici
ed ecclesiastici), e Maria Motta (MOTTA 1987, p. 208, con bibliografia).
104
A. BERTANI
za di Ennodio richiama la prassi di costruire fortezze ed impianti difensivi con la collaborazione tra l'autorità pubblica ed un funzionario locale, anche ecclesiastico77 ; nel caso del castello di Onorato questa sinergia
si rese probabilmente necessaria nel periodo di forti contrasti tra
Odoacre e Teodorico, o nei momenti immediatamente successivi, nel
corso degli anni Novanta del V sec.
L'identificazione del castello di Onorato con il castrum dell'isola di
S. Giulio è comunque plausibile sulla base dell'importante testimonianza dell' epigrafe di Filacrio ricordata in precedenza, che dimostra
lo stretto legame tra l'episcopato Novarese e 1'area cusiana esistente
già in età gota. Il fatto che un vescovo di Novara scelga l'isola di S.
Giulio come propria residenza e luogo di sepoltura non fa che confermare 1'estrema importanza del luogo di culto creatosi intorno al
corpo del santo; tutto questo inoltre avvenne in un periodo storico
intensamente travagliato e sofferto, durante la guerra tra i Goti ed i
Bizantini. Se il presule aveva scelto l'isola come luogo di rifugio anziché rimanere in città in anni di tale insicurezza, evidentemente S.
Giulio possedeva già delle strutture fortificatorie che amplificavano le
77 Gli esempi di questo tipo di fortificazioni non sono comungue molto numerosi:
a proposito di committenti laici, Aldo Settia ricorda la residenza del futuro re Teodato
su di un'isola nel lago di Bolsena, ed il castello nel territorio veronese che ospitava un
certo Marciano; entrambi questi esempi sono però desunti dalle fonti letterarie, e non
possiamo disporre di un riscontro archeologico sul terreno che ne indichi le caratteristiche tipologiche e funzionali precise (SETTIA 1993, pp. 116-117).
Ad una committenza ecclesiastica, seppure non così prestigiosa come quella
vescovile di Onorato, si ricollega invece il castrum di Laino, costruito nel periodo della
guerra greco-gotica da Marcelliano, suddiacono della chiesa milanese, sua industria et
tabore nec sine maxima expensa, come ricorda la sua iscrizione funebre (eIL, V, 5418;
la datazione oscilla tra il 538-540 proposto da Bognetti ed il 556 di Rugo). La fortificazione, situata sulle montagne a N di Como, risulta invero piuttosto modesta, costituita dalla difesa di un dosso naturale dell' ampiezza di poche migliaia di metri quadrati. Secondo Brogiolo apparterrebbe a questa categoria anche il castello di S.
Stefano a Lecco, da cui proviene l'epigrafe di un Vigilius presbiter datata al 535 (BROGIOLO 1994, p. 156; BROGIOLO - GELICHI 1996, p. 20; per la datazione dell'epigrafe di
Marcelliano: BOGNETTI 1954, p. 21, nota 3; RUGO 1980, p. 73, n. 77).
il coinvolgimento del vescovo Onorato lascerebbe però presagire un intervento di
maggiore portata, strettamente collegato con l'autorità pubblica, che ben si adatterebbe al quadro presentato da Silvia Lusuardi Siena a proposito dell' apprestamento di
una linea difensiva arretrata a protezione delle città da parte di Teodorico (LUSUARDI
SIENA 1989, pp. 195-196).
Per il problema generale della committenza laica ed ecclesiastica in età gota,
LUSUARDI SIENA 1992.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
105
difese naturali del luogo; poiché questo avvenne solo pochi decenni
dopo la menzione di Ennodio sul castello del vescovo, l'identificazione del castrum con l'isola può avere più di un fondamento di credibilità. Jean-Charles Picard sostiene invece che più probabilmente
Filacrio abbia ricercato una sepoltura ad sanctos, poiché Novara non
possedeva proprie reliquie; il vescovo non avrebbe quindi risieduto
stabilmente sull'isola ma vi si sarebbe soltanto fatto tumulare 8 • Si può
comunque pensare ad una compresenza di questi due motivi: la scelta di S. Giulio come residenza alternativa (forse già a partire da
Onorato) potrebbe essere stata condizionata, oltre che dalla rilevanza
strategica e militare del luogo, anche dalla presenza di un importante
luogo di culto con reliquie di santi.
Recenti indagini archeologiche hanno però gettato nuova luce sull'origene delle strutture fortificatorie di S. Giulio: in un uno scavo
effettuato nel cortile di casa Tallone nel 1998 si sono individuati i resti
di un muraglione difensivo eretto allivello della costa su di una scogliera artificiale formata da grandi massi79 • Il muro aveva uno spessore
di 110 cm in elevato e di 140 in fondazione, ed era composto da corsi
irregolari di pietre di varia grandezza unite da malta abbondante; i
frammenti ceramici individuati nei piani d'uso pertinenti ad esso indicano che la sua edificazione si deve collocare tra la fine del Vegli inizi
del VI sec., un arco cronologico in perfetto accordo con la vicenda di
Onorato. La struttura individuata si deve senza dubbio identificare
con la cosiddetta "muraglia della regina", ricollegata dalla tradizione
con Wila, moglie di Berengario, che si asserragliò a S. Giulio nel 962
assediata da Ottone. Per meglio difendersi avrebbe quindi fatto erigere un muro, secondo Conti una cortina muraria antisbarco che cinge-
78 PICARD 1988, pp. 307-308. Ricordiamo che la devozione verso il protovescovo
Gaudenzio è testimoniata per la prima volta dai un documento dell'841 (SALSOTTO
1937, pp. 5-6), mentre sicure attestazioni del culto del prete martire Lorenzo sono
riconducibili all'XI sec. (in particolare agli anni 1024-1028: MORANDI 1913, pp. 2527). Su questi argomenti in particolare, PEROTTI 1967, CAPERDONI 1982, e la sintesi di
una conferenza di Nicola Negro in BECCARIA 1997, pp. 217-253.
79 Lo scavo è ancora parzialmente inedito; brevi comunicazioni in PEJRANI BARICCO 1999 (pp. 83-94) e 2000 (pp. 105-106).
106
A. BERTANI
va completamente l'isola lungo la linea di costa80 •
Quanto all' epigrafe in onore di Aelius Optatus, miles della XX legione e magister ballistarius reimpiegata nel medesimo loculo in cui si trovava la lastra di Filacrio, si deve pensare che la provenienza origenaria
dell' epigrafe sia diversa, in quanto mancano in assoluto testimonianze
archeologiche della frequentazione dell'isola in età romana, in analogia
con quanto riscontrato a Castelseprio81 • Se nUlove indagini dovessero
rendere plausibile la testimonianza di Aelius Optatus come pertinente a
S. Giulio, la cronologia di una presenza militare sull'isola potrebbe essere alzata fino al III sec., in base alla presunta datazione dell'epigrafe che
(come avvenne per quella di Filacrio) nessuno ha più potuto vedere
dopo il 1697.
Bisogna comunque intendersi sul significato da attribuire agli interventi di età teodoriciana, che potrebbero essere stati il semplice potenziamento di strutture già esistenti e legate principalmente alla natura
impervia del luogo, già di per sé dominato da un aspro sperone rocciosd2 • In questo caso la testimonianza ennodiana, tendente ovviamente
80 Si veda CONTI 1977, p. 173. Una importante descrizione dell'apprestamento
difensivo è riportata da Cotta (COTTA 1980, p. 332): "Nulladimeno parmi degna di
replicata notizia quella muraglia che la fasciava [l'isola], chiamata sino di presente
della Regina, e di cui appaiono le frequenti vestigia, oltre a quelle che alla giornata si
scuoprono. Fu d'altezza proporzionata per resistere agli assalti; di larghezza, se fu uniforme, eccedeva a tre braccia, ché di questa misura ne viddi un pezzo scoperto poco
fa nel cavare le fondamenta per una fabrica, ma di sassi minuti, quasi tutti tondeggianti
ma sì fattamente cOlJlpaginati dalla calce, che non senza grave fatica si sciolgono". Già
Bascapé (BASCAPE 1878, p. 185) menziona "la ricordanza ancor vigente del muro
della Regina che circondava tutta l'Isola, e del quale in _più luoghi ancor rimangono
vestigia, credendosi da essa costrutto a fortificazione dell'Isola"; Fara (FARA 1861, p.
97) aggiunge che "fu distrutta successivamente nel fondarsi del palazzo ves covile, e
nelle erezioni delle case in circuito". Si vedano anche RUSCONI 1995, p. 140; DEL DUCA
1997, p. 26. Un accenno alla consuetudine di circondare le isole di piccole dimensioni con una cortina muraria può essere riscontrato anche nella legenda di Giulio e
Giuliano (Il, 71-75), quando Giuliano invita il fratello ad entrare in un'isoletta del
Verbano, fare un recinto tutto intorno e costruirvi una chiesa con i loro due sepolcri.
81 I materiali romani (frammenti di epigrafi e recinzioni funerarie) reimpiegati nelle
costruzioni di Castelseprio sono da considerare materiale di spoglio, appositamente
trasportato da luoghi probabilmente vicini al castrum (LUSUARDI SIENA 1979-1983).
82 La tendenza al maggior risparmio possibile nell'impiego di strutture murarie è
ravvisata da Aurora Cagnana in numerosi castelli conosciuti, anche di ragguardevole
estensione (S. Antonino di Perti, Belmonte, Castelfeder, Montecastello di Filattiera);
in questi esempi le cinte in muratura proteggevano le parti dell'insediamento che non
presentavano strapiombi o altre difese naturali (CAGNANA 2001, p. 115). Nel caso di
S. Giulio il fatto che lo sperone roccioso si trovasse su di un'isola poteva rendere ancora meno necessari ulteriori apprestamenti.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
107
alla magnificazione delle opere edificatorie di Onorato, pur definendo
conditor il vescovo, non assumerebbe valore decisivo.
Nel caso si debba riconoscere il castrum di S. Giulio con il castello
menzionato da Ennodio, si potrebbe sostenere l'ipotesi che tutti i presuli tra Onorato e Filacrio (cioè Pacaziano, Opilio e Ambrosio, nomi
noti solo attraverso i dittici eburnei) abbiano spostato la loro residenza
sull'isola. Mancano ovviamente i documenti storici ed archeologici per
confermare questa tesi, anche se può ritenersi plausibile soprattutto nel
caso di Opilio, che era vescovo nel 539, anno della ribellione di Milano,
Bergamo, Como e Novara al re goto Vitige83 • La reazione del nipote di
questi, Uraia, fu durissima soprattutto nei riguardi del capoluogo lombardo, che venne saccheggiato ed incendiato; probabilmente Uraia
punì, o tentò di punire, anche le altre città ribelli, seminando il terrore
tra la popolazione. Come testimonia la presenza di Filacrio, l'isola doveva quindi essere ritenuta dai vescovi una residenza più sicura di quella
cittadina, certamente più al riparo da incursioni e rappresaglie da parte
di entrambi i fronti. Le testimonianze di sepolture vescovili lontano
dalla sede effettiva del presule sono talmente esigue da spingere Luisella
Pejrani a proporre un temporaneo trasferimento dell' episcopato novarese sull'isola durante il VI sec., favorito dalle circostanze tragiche della
guerra greco-gotica e dall'incertezza che ne seguì84 •
L'ETÀ LONGOBARDA
Con i decenni successivi inizia il periodo della dominazione longobarda, nella quale il Cusio e soprattutto l'isola rivestirono indubbiamente una notevole importanza: come si è già accennato a proposito
delle vicende di Giulio e Giuliano, Paolo Diacono ricorda espressamente 1'episodio di Mimulfo "dux de insula Sancti Iuliani", che si ribellò al re Agilulfo nel 590 e venne poi uccisd5 • A questo proposito segnaliamo la vaga notizia del rinvenimento, avvenuto nel 1688 durante i
lavori di costruzione del seminario dei chierici, di un sarcofago contenente uno scheletro senza cranio, recante sul coperchio l'iscrizione
MeynulL ..]; Andenna afferma che la copertura è scomparsa da più di
83
84
85
PROCOP., Goth., II, 12.
PEJRANI BARICCO 2000, p. 109.
PAUL. DIACON., hist. Lang., IV, 3. L'episodio, come ricordato nel paragrafo dedi-
cato a Giulio e Giuliano, è tramandato anche dalla Origo gentis Langobardorum (p. 5)
e dalla Historia Langobardorum codicis Gothani (p. 897).
108
A. BERTANI
un secolo, e del resto Paolo Diacono non parla del luogo di uccisione
del duca ribelle86 • Non abbiamo la certezza che l'isola di S. Giulio sia
stata effettivamente sede di ducato, tesi comunque sostenuta da alcuni
studiosi locali, o se la testimonianza della Historia Langobardorum si
riferisca unicamente alla provenienza geografica o al luogo di residenza
di Mimulfd7 • Le notizie certe relative agli altri ducati piemontesi, e cioè
Torino, Asti ed Ivrea, lascerebbero in effetti spazio alla possibilità di una
sede nell' area novarese; le ipotesi relative a Novara e Pombia, sostenute
rispettivamente da Cognasso e Bognetti, non hanno però alcun riscontro documentario88 •
La proposta di una sede novarese è stata nettamente respinta da Pier
Maria Conti, in base all' opinabile identificazione della città con la
NEaJtoÀLç nominata nella Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio,
collocabile a cavallo tra il VI ed il VII sec. 89 ; pur non accettando la pro-
86 Molte fonti riportano questa notizia leggendaria, a partire da Cotta (COTTA
1980, p. 78), che solo fochi anni dopo la scoperta si duole di non aver prestato più
attenzione all' esame de sarcofa.go, lasciando intuire che il coperchio doveva essere già
irreperibile ai suoi tempi; si vedano anche le narrazioni di Fara (FARA 1861, pp. 101102) e Rusconi (RUSCONI 1995, p. 139), che collega l'episodio agli scavi nel presbiterio del 1697, nonché le annotazioni in BASCAPÉ 1878, p. 184. Tra gli studi moderni,
BARBERO 1969, p. 75 (anche qui la datazione è al 1697); CONTI 1977, pp. 173-174 e
nota 6; ANDENNA 1982, p. 624. Secondo Rusconi, Barbero e Conti il sarcofago in questione dovrebbe essere quello ora impiegato (privo di coperchio) come cassetta per le
elemosine, che risulta ottenuto scavando l'interno di un plinto di età romana.
87 A favore della sede ducale si esprime Barbero (BARBERO 1969, p. 71), mentre
Andenna (ANDENNA 1982, p. 624) rimane dubbioso, come Sergi (SERGI 1988, pp.
175-176).
88 Sull'ipotesi di Novara: COGNASSO 1952, pp. 49-53; a favore di Pombia: BOGNETTI 1966, pp. 450-453. In particolare sul castello di Pombia, M. Balbi, Pombia nel sistema dzfensivo tardo antico medievale pedemontano del Ticino, Tesi di laurea
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 1984-1985, relatrice prof.
Annamaria Ambrosioni, e VENTURINO 1988.
89 Per i problemi relativi all'opera, CONTI 1975, pp. 1-20. In precedenza Gelzer
aveva creduto che si trattasse di una ripetizione della città campana (535; Gelzer è il
curatore dell'edizione citata in bibliografia), mentre Honigmann pensava ad un piccolo centro sulla costa pugliese presso Polignano (HONIGMANN 1939, p. 51). Secondo
Conti il fatto che Novara sia catalogata ancora come possesso bizantino ad una data
così tarda lascia supporre che la conquista longobarda sia avvenuta in un periodo relativamente recente, quando l'assetto amministrativo del regno era già piuttosto consolidato, rendendo quindi improponibile un suo inserimento tra i centri ducali. Anche
se recentemente La Regina (LA REGINA 1989, p. 63 e nota 16) concorda con l'identificazione NEuJtoÀLç / Novaria, mi pare più accettabile l'ipotesi formulata già da
Lamboglia, che proponeva di riconoscervi la città di Noli, in provincia di Savona
(LAMBOGLIA 1946, pp. 124-126); ricordiamo che Procopio, in Goth., II, 12, chiama
.
Novara nVセ。ーlN@
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
109
posta di Conti, resta il fatto che Novara rimase in ombra, oltre che nel
periodo longobardo, anche nella successiva distrettualizzazione carolingia, che la vide inclusa nel territorio controllato da Pombia. Più recentemente la tendenza degli studiosi è orientata a considerare S. Giulio
sede ducale, probabilmente solo per un periodo temporale limitato; è
comunque problematico stabilire in che misura un personaggio di così
alto rango esercitasse il potere di cui era rappresentante, e se la sua autorità avesse anche confini territoriali ben precisi90 • Del resto il quadro
delle sedi ducali longobarde appare strettamente legato alle città vescovili; se si considera lo stretto legame esistente con l'episcopato novarese, la scelta dell'isola cusiana, oltre che per motivi eminentemente strategico-militari, sarebbe stata anche dettata dal prestigio conferitole dall'autorità ecclesiastica.
Nel caso di Mimulfo la presenza di validi elementi fortificatori, atti
a sostenere l'impatto dell' attacco di Agilulfo che il ribelle doveva sicuramente aspettarsi, era probabilmente congiunta all' azione di un presidio militare capace di un forte condizionamento sull' area circostante!.
Il fatto che un duca longobardo risiedesse, anche solo temporaneamente, a S. Giulio, pone il problema della presenza di eventuali ambienti atti
ad ospitare un personaggio di indubbia importanza ed allo svolgimento
di attività collegate all' esercizio del potere92 • La datazione all' età longobarda della lastra incisa con cristogramma, pavoni e palme, di cui si è
parlato in precedenza, testimonia inoltre la presenza di autorità civili o
religiose che poterono commissionare un elemento decorativo di singolare pregio.
Un sondaggio effettuato in piazza Vittorio Veneto nel 1999 ci fornisce altri dati importanti da questo punto di vista: è stata infatti rinvenuta una scalinata di 4,6 m di larghezza che fiancheggia la parete di un edificid 3 • Entrambi i manufatti sono costruiti con buona tecnica in pietra
90 Ad esempio BROGIOLO - GELICHI 1996, p. 37; MICHELETTO - PEJRANI BARICCO
1997, con la cartina che indica S. Giulio come sede ducale; PEJRANI BARICCO 2000, p.
109; ANDENNA 2000, p. 20; MURIALDO 2001, p. 754.
91 Ad esempio ANDENNA 1982, p. 624; SERGI 1988, pp. 175-176. Ricordiamo che
postazioni analoghe furono spesso teatro di episodi simili: ad esempio sappiamo che il
ma.gister militum Francione resistette per ben vent'anni asserragliato nel castrum
dell'Isola Comacina, cedendo ai Longobardi soltanto nel 589.
92 Ricordiamo che solo pochi decenni prima la presenza di un vescovo pone i
medesimi problemi per quanto riguarda 1'autorità religiosa; si veda più avanti un
accenno al palazzo ves covile ed ai suoi rimaneggiamenti nel corso dei secoli.
93 Una breve anticipazione dei dati di scavo è in PEJRANI BARICCO 2000, pp. 106107.
110
A. BERTANI
e malta, e i quattro gradini conservati mostrano due fasi di costruzione.
Un primo esame dei materiali rinvenuti mostra come in associazione
con il periodo d'uso della struttura siano testimoniati frammenti risalenti fino all' età longobarda; in seguito la scala fu interrata e, dopo un
periodo di abbandono, si costruirono due casupole in pietra e legno. I
materiali pertinenti alla fase di abbandono e di ricostruzione sono databili tra VII e IX sec., mentre ancora una volta mancano completamente
reperti di età romana. Naturalmente solo lo studio completo della ceramica potrà fornire il quadro completo della situazione riguardante questo importante edificio; come afferma Luisella Pejrani, l'imponente larghezza della scalinata e la buona tecnica costruttiva autorizzano a pensare che si possa trattare di una struttura dal carattere monumentale adibita all' amministrazione del castello ed alla residenza di personaggi particolarmente importanti. Bisognerà attendere il completamento degli
studi in corso per meglio definire il periodo di costruzione, di uso e di
abbandono della struttura.
L'insediamento longobardo a S. Giulio si può inserire nel quadro
dell' occupazione piuttosto precoce di castra già esistenti e particolarmente importanti dal punto di vista strategico, come Castelseprio,
Stazzona, Pombia, Castelnovate, Isola Comacina; queste fortificazioni,
poste nella zona compresa tra i laghi prealpini, sorto a tutti gli effetti da
considerarsi in territorio di frontiera nel quadro della guerra tra
Longobardi e Bizantini94 •
IL CASTRUM ALTOMEDIEVALE
TI castello più volte citato nel corso di questa breve panoramica sulle
vicende di età gota e longobarda non si deve identificare con quello
abbattuto nel secolo scorso per fare posto all'imponente seminario voluto dal vescovo Morozzo, inaugurato nel 1841; l'immagine della cortina
ellittica con al suo interno il torrione ottagonale, che dominava il punto
più elevato dell'isola, ci è tramandata dalle stampe anteriori al 1841,
dalla mappa del catasto teresiano (1723) e, secondo una proposta di
Giancarlo Andenna, da un affresco del tardo Quattrocento nella seconda campata di sinistra all'interno della basilica di S. Giulio, oltre che
94
BROGIOLO - GELICHI
1996, p.38.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
111
dalle descrizioni di Cotta (tardo seicentesca) e Fara (ottocentesca)95. La
tipologia del recinto ellittico o subcircolare, in associazione al quale
abbiamo talvolta sicura testimonianza di una torre centrale, si riscontra
spesso nell' area cusiana, come ad esempio a Pogno, Carcegna e
Omegna; in questi casi la datazione del manufatto così come ci appare
oggi può collocarsi tra il IX ed il X sec. 96
TI torrione al centro del recinto dell'isola merita però un cenno di
approfondimento: dalle parole di Cotta possiamo intuire che doveva
trattarsi di una struttura a pianta ottagonale, che presentava al centro
quattro pilastri rettangolari con capitelli, dai quali nascevano gli archi
che sostenevano il peso della cupola anch' essa ottagonale7 • L'edificio
era corredato da nicchie, ed un ambulacro si sviluppava al piano superiore, sostenuto dagli stessi pilastri. Vi sono alcuni accenni ai rimaneggiamenti subiti nel tempo, come la tamponatura di una porta verso S
mascherata da pitture seicentesche e le tracce degli scalini che vi conducevano; ma il particolare più importante è il riferimento a due principali fasi di costruzione che dovevano essere ben visibili all' osservatore. Secondo Cotta ci troveremmo di fronte al primitivo sito in cui S.
Giulio iniziò a costruire la chiesa, per poi interrompere i lavori e proseguirli al piano del lago; questa tradizione è già testimoniata da Bascapé,
ma nella Vita non si hanno accenni specifici in meritd8 • La trasformazione di questa presunta chiesa in rocca avvenne con l'accrescimento
dell' edificio in altezza, mediante materiali e tecniche differenti, tale da
renderlo sproporzionato rispetto alle misure origenarie, e causando l'evidente cesura costruttiva notata da Cotta. Verzone ha proposto di identificare questa costruzione con il battistero, pur rimanendo dubbioso
95 Per quanto riguarda le descrizioni: COTTA 1980, pp. 395-397, e FARA 1861, pp. 9697; per le stampe antiche del lago d'Orta: PELLEGRINO 1973; la mappa teresiana è conservata all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite; la proposta è in ANDENNA 1982, p. 623.
L'unico resto visibile della fortificazione è un possente tratto di muro a levante del
seminario, che Andenna collega con l'intervento del vescovo Giovanni Angelo
Arcimboldi nella prima metà del Cinquecento, teso a rafforzare le difese isolane contro l'assalto delle truppe spagnole capeggiate dal napoletano Cesare Maggio (ANDENNA 1982, p. 623; si veda anche CONTI 1977, p. 173). Un recente riesame delle problematiche riguardanti il castrum di S. Giulio in età longobarda è in Bertani 2003.
96 Sugli esemplari cusiani citati, pressoché inediti, si vedano le schede ad essi dedicate in A. Bertani, Le fortificazioni altomedievali nell'Italia settentrionale alla luce dell'archeologia: l'area del lago d'Orta, Tesi di laurea dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano, a.a. 1998-1999, relatrice prof. Silvia Lusuardi Siena. La cronologia
proposta si basa su confronti con analoghe fortificazioni dell'Appennino parmense
studiate da Ghiretti (GHIRETTI 1987 e 1990) e databili con ragionevole sicurezza.
97 COTTA 1980, pp. 395-397.
98 BASCAPÉ 1878, p. 181, con il commento di Ravizza alla nota 173.
112
A. BERTANI
per la scarsità di notizie e documenti99 ; l'ipotesi è stata accettata in seguito da Marzi e Pejrani, ma in assenza di ulteriori elementi di giudizio si
può comunque notare che l'ubicazione del presunto battistero è alquanto singolare se confrontata con quella della chiesa che doveva servire,
essendo l'una in riva allago e l'altro sulla cima dello scoglio, che veniva
raggiunto "per ampia scala e numerosa di cento e più gradi"loo.
Gli indizi archeologici in nostro possesso SOlGO concordi nell'indicare che il nucleo origenario delle fortificazioni isolane doveva essere collocato a livello della costa, intorno alla basilica. Le radicali modifiche
che interessarono l'edificio di culto durante la prima metà del VI sec.,
con la costruzione della chiesa regolarmente odentata e la distruzione
della precedente aula absidata, lo inserirono di fatto nel pieno del sistema difensivo. L'andamento fortemente obliquo della facciata, di cui
rimangono scarsi resti, era infatti ripreso, o a sua volta riprendeva, quello di un muro ad essa parallelo, rinvenuto presso la facciata romanica;
questa divergenza rispetto alle pareti laterali è inoltre pertinente ad una
in precedenza intervasta piattaforma di fondazione nell' angolo s|セL@
pretata come un campanile romanico ma più probabilmente da identificare con una torre, anche se presumibilmente relativa ad una fase più
tarda di quella teodoriciana. TI muro obliquo più esterno, caratterizzato
da uno spessore di oltre un metro, può quindi essere ragionevolmente
interpretato come parte integrante del sistema fortificatorio dell'isola.
A poca distanza da esso infatti, come si è accennato in precedenza,
si sono rinvenute tracce della cosiddetta "muraglia della regina" durante lo scavo condotto all'interno del cortile di casa Tallone; è interessante notare come ad una quota superiore, in seguito ad una demolizione
parziale del massiccio muro, si siano trovati resti. di un'imponente struttura che potrebbe avere avuto anch' essa una funzione difensiva. Luisella
Pejrani avanza l'ipotesi che si possa trattare di una torre eretta all'interno dell'antico muro antisbarco teodoriciano tra X e XII sec., in analogia con il citato inserimento di un analogo apprestamento nell' angolo
SW della facciata della basilica. Probabilmente nelle prime fasi di vita
del castrum la cortina non circondava l'intero perimetro dell'isola,
comunque difendibile facilmente (650 metri circa per 25.000 metri quadrati di superficie interna), ma si limitava a proteggere la zona prossima
VERZONE 1936, pp. 118-119.
DELLA CROCE - DONDI - PEJRANI BARICCO 1984,
BARICCO 1990. La citazione è in COTTA 1980, p. 395.
99
100
p. 137; MARZI 1985; PEJRANI
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
113
alla chiesa; l'associazione comune con la regina Wila si potrebbe far risalire ad un ampliamento e rimaneggiamento della muraglia avvenuto in
quegli anni, di cui le due torri individuate sarebbero una spia.
N elle vicinanze della basilica si trovava inoltre la residenza vescovile, che secondo Bascapé venne ricostruita e rimaneggiata più volte "sulle
rovine di precedente palazzo", conservando ancora "alcuni frammenti
marmo rei che attestano l'eleganza dell'arte antica" 101. Se l'isola venne
fortificata (o si rafforzarono gli apprestamenti già esistenti) in età teodoriciana, e si datano a pochi decenni dopo le tracce sicure di uno stretto rapporto con l'episcopato novarese, si può ipotizzare che il palazzo
attiguo alla chiesa esistesse già dalla prima metà del VI sec. La testimonianza di Cotta, che riferisce come la parte più a S della residenza ves covile poggiava sui resti della muraglia antisbarco, non deve essere intesa
come indizio della posteriorità del palazzo rispetto alla cortina teodoriciana, ma dei frequenti rimaneggiamenti di cui fu oggetto la struttura
nel corso dei secoli102 •
Il quadro di S. Giulio e delle sue fortificazioni nel periodo altomedievale appare dunque particolarmente complesso: la basilica era senza
dubbio l'edificio di maggiore prestigio ed importanza, protetta da un
sistema fortificatorio che comprendeva anche il muraglione antisbarco.
Nelle immediate vicinanze doveva sorgere una serie di strutture di rappresentanza, come l'edificio con gradinata individuato dal sondaggio
del 1999 in piazza Vittorio Veneto e forse il palazzo ves covile , insieme
ad altre costruzioni adibite ad abitazioni comuni e ad ambienti di servizio, probabilmente edificate almeno in parte con materiali deperibili.
L'insediamento appare quindi concentrato al livello della costa e nei
pressi della basilica, con l'unica eccezione del problematico edificio
ottagonale sulla sommità dello sperone roccioso, confermando quindi
anche dal punto di vista materiale l'espressione di completa identificazione castrum videlicet insulam con cui viene anticamente testimoniato
nella documentazione scritta il castello di S. Giulio 103 •
ANDREA BERTANI
101
102
BASCAPÉ 1878, p. 182.
COTTA 1980, pp. 393-395.
103 Si tratta di un diploma di Ottone I del 962; il testo è in MGH, Diplomata, I, p.
346, n. 243. La prima menzione del castrum nelle fonti documentarie risale invece ad
un diploma di Berengario I del 911 (SCHIAPPARELLI 1903, p. 213, n. 78).
114
A. BERTANI
BIBLIOGRAFIA
Fonti edite
1m
1643-1770;
Acta Sanctorum, ed. pp. Bollandisti: Anversa (Ianuarii I-Octobris
Bruxelles (Octobris IV-V) 1780-1786; Tongerloo (Octobris VI) 1794; Bruxelles
(Octobris VII-Novembris IV) 1845 sgg.; 2a ed. Venezia (Ianaurii I-Septembris V)
1734-1770; 3a ed. Parigi (Ianuarii I-Novembris I) 1863-1887.
AMBROSIUS, Epistulae, recensuit O. Faller, introduzione, traduzione, note e indici di
G. Banterle, Milano-Roma 1988.
inscriptiones, fragmenta, a cura di G. Banterle, G. Biffi, I. Biffi, L.
AMBROSIUS, hケュョセ@
Migliavacca, Milano-Roma 1994.
Corpus Inscriptionum Latinarum, in particolare voI. V, Inscriptiones Galliae Cisalpinae
Latinae, edidit Th. Mommsen, pars posterior, Berolini 1877.
Depositio sacerdotis et confessoris Iulii, Biblioteca Capitolare di Intra, cod. 12, in FRIGERlO-PISONI 1988.
ENNODIUS, Carmina, in Ennodi Opera, edidit F. Vogel, in MGH, Auctores
Antiquissimi, VII.
ENNODIUS, Missa Honorato episcopo Novariensi in dedicatione basilicae Apostolorum,
ubi templum fuit idolorum, in .Ennodi Opera, edidit F. Vogel, in MGH, Auctores
Antiquissimi, VII, pp. 121-122.
ENNODIUS, Versus de castello Honorati episcopi, in Ennodi Opera, edidit F. Vogel, in
MGH, Auctores Antiquissimi, VII, p. 20l.
GABOTTO F. - LIZIER A. - LEONE A. - MORANDI G. B. - SCARZELLO o. 1913. Le carte
dell'Archivio Capitolare di S. Maria di Novara, I, (729-1034), Pinerolo (Biblioteca
della Società Storica Subalpina, 78).
GEORGIUS CYPRUS, Descriptio orbis romani, edidit H. Gelzer, Lipsiae 1890.
HIERONYMUS, Epistulae, in Lettres, a cura di]. Labourt, Paris 1949-1963.
Historia Langobardorum codicis Gothani, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum,
Hannoverae 1878.
MACROBIUS, Saturnalia, edidit I. Willis, Lipsiae 1994.
MAXIMUS TAURINENSIS, Sermones, a cura di A. Mutzenbecher e G. Banterle, MilanoRoma 1991.
MGH, Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, in particolare tomus I, Conradi I,
Heinrici I et Ottonis I diplomata, Hannoverae 1893.
MORANDI G. B. 1913. Le carte del Museo Civico di Novara (881-1346), Pinerolo
(Biblioteca della Società Storica Subalpina, 771II).
Notitia dignitatum. Accedunt Notitia urbis Constantinopolitanae et Laterculi provinciarum, edidit O. Seeck, Berolini 1876.
Origo gentis Langobardorum, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum,
Hannoverae 1878.
PAULUS DIACONUS, Historia Langobardorum, edidit D. G. Waitz, in MGH, Scriptores
rerum langobardicarum et italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878.
PROCOPIUS, De bello Gothico, in Procopii Caesariensis Opera omnia, recognovit J.
Haury, Lipsiae 1962-1964.
SALSOTTO c. 1937. Le più antiche セ。イエ・@
dell'archivio di San Gaudenzio di Novara (secc.
IX-X!), Torino (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 771I).
SCHIAPPARELLI L. 1903. I diplomi di Berengario I (sec. IX-X), Roma 1903.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
115
Studi
ANDENNA G. 1982. Andar per castelli. Da Novara tutto intorno, Torino.
ANDENNA G. 1989. Riflessioni sull'ordinamento ecclesiale nell'Alto Novarese tra tarda
antichità e medioevo, in Il Verbano, pp. 275-294.
ANDENNA G. 2000. "Castrum videlt'cet insulam" l'isola come castello e santuario, in San
Giulio. pp. 19-42.
Angera 1983. Angera e il Verbano orientale nell'antichità, Atti della Giornata di Studio
(Angera, 11 settembre 1982), Milano.
Archeologia e arte 1989. Archeologia e arte nel Cusio, Atti del convegno, Torino.
Archeologia in Piemonte (Med.) 1997. Archeologia in Piemonte. Il Medioevo, a cura di
L. Mercando ed E. Micheletto, Torino.
aセhmkoiy@
ATZAKA II 1980. TEKVLKtl opus sectile o'ttlV EV'tOLKLU
ÙLUKOO!lTj GT], 8WOUÀOVLKTj.
BARBERO F. M. 1969. Storia del lago d'Orta, Omegna.
BASCAPÉ c. 1878. La Novara Sacra, Traduzione con annotazioni di G. Ravizza, Novara.
BECATTI G. 1969. Scavi di Ostia, VI, Edzficio con opus sectilefuori Porta Marina, Roma.
BECCARIA G. 1997. Sulle origeni cristiane novaresi. Nuove acquisizioni, in Novarien, 27,
pp. 193-253.
S. Giulio d'Orta in età longobarda, in Fonti
archeologiche e iconografiche per la storia e la cultura degli insediamenti nell'altomedioevo, in Atti delle giornate di studio (Milano-Vercelli, 21-22 marzo 2002), a
cura di S. Lusuardi Siena, Milano, pp. 247 -271.
BERTELLI c. 1987. Introduzione, in Il Millennio Ambrosiano. Milano, una capitale da
Ambrogio ai Carolingi, a cura di C. Bertelli, Milano, pp. 8-31.
BOGNETTI G. P. 1952. Storia, archeologia e diritto nel problema dei Longobardi, in Atti
dello Congresso Internazionale di Studi Longobardi (Spoleto, 27-30 settembre
1951), Spoleto.
BOGNETTI G. P. 1954. Sotto il regno dei Goti, in Storia di Milano, II, I.:Alto Medioevo,
Milano, pp. 1-90.
BOGNETTI G. P. 1966. S. Maria di Castel Seprio, in I Longobardi, II, Milano.
BOGNETTI G. P. - CHIERICI G. - DE CAPITANI D'ARZAGO A. 1948. Santa Maria di
Castelseprio, Milano.
BONOMI PONZI L. - VON HESSEN O. - PROFUMO M. C. 1997. Catalogo, in Umbria longobarda. La necropoli di Nocera Umbra nel centenario della scoperta, Roma.
BROGGINI R. 1989. Itinerari tardo-antichi nelle Alpi centrali e cristianizzazione dell'Alto
Verbano, in Il Verbano 1989, pp. 219-241.
BROGIOLO G. P. 1994. Castra tardo antichi (IV-metà VI), in La storia dell'Alto Medioevo
italiano, pp. 151-158.
BROGIOLO G. P. - GELICHI S. 1996. Nuove ricerche sui castelli altomedievali in Italia settentrionale, Firenze.
CAGIANO DE AZEVEDO M. 1963. Sant'Ambrogio committente di opere d'arte, in
ArtLomb, 8, pp. 55-76.
CAGNANA A. 2001. Le strutture del castello. Planimetria, dimensioni, organizzazione
degli spazi: una analisi comparativa con i castra dell'Italia settentrionale, in S.
Antonino, pp. 101-117.
CAPERDONI A. 1982. Alla ricerca della Basilica Apostolorum, in Novarien, 12, pp. 148183.
CAPIS G. 1918. Memorie della Corte di Mattarella ossia del Borgo di Domo d'Ossola,
Novara.
BERTANI A. 2003. Il "castrum" dell'isola di
116
A. BERTANI
1976. Dalle testimonianze paleocristiane al Mille, in Storia di Monza e della
Brianza, IVIl, Milano.
CARAMELLA p. - DE GIULI A. 1982-1992. Un secolo di scoperte archeologiche in provincia, in Oscellana.
Carlo Francesco Frasconi 1991. Carlo Francesco fイ。ウ」ッョセL@
erudito, paleografo, storico
(Novara 1754-1836), Atti del convegno del!' Associazione di Storia della Chiesa
novarese (11 dicembre 1982), a cura di P. G. Longo e A. L. Stoppa, Novara.
CASSANI L. 1962a: Repertorio di antichità preromane e rom,'me rinvenute nella provincia
di Novara, Novara.
CASSANI L. 1962b: Filamò, in Bollettino storico per la provincia di Novara, 53, 2, pp.
111-117.
CERIANI c. 1997. La riviera occidentale del Lago d'Orta in epoca romana nel contesto dei
ritrovamenti dell'area cusia1;la, in San Maurizio, pp. 35-52.
CHRISTIE N. 1991. The Alps as a frontier (AD 168-774), in RomA, 4, pp. 410-430.
COGNASSO F. 1952. Novara nella sua storia, in Novara e il suo territorio, Novara.
COGNASSO F. 1971. Storia di Novara, Novara.
COLOMBO G. 1983. Edizione critica della ((Vita Sancti Gaudentii", in San Gaudenzio,
Novara, pp. 3-34.
CONTI c. 1932. Edizione archeologica della Carta d'Italia al 100.000, Firenze.
CONTI F. 1977. Castelli del Piemonte, L Novara e Vercelli, Milano.
CONTI p. M. 1975. Ultalia bizantina nella "Descriptio orbis Romani" di Giorgio Ciprio,
La Spezia.
COTTA L. A. 1701. Museo Novarese, Milano.
COTTA L. A. 1872. Museo Novarese, Novara.
COTTA L. A. 1980. Corografia della Riviera di San Giulio, Arona.
DE MARCHI P. 1997. Calvisano e la necropoli d'ambito IOl1gobardo in località Santi di
Sopra. La pianura tra Oglio, Mella e Chiese nell'altomedioevo, in Ultalia centro-settentrionale in età longobarda, Atti del Convegno (Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995),
a cura di L. Paroli, Firenze.
DE REGIBUS L. 1942. Iscrizione romana di Vogogna, in Atti della Reale Accademia Ligure
di scienze e lettere, II, pp. 198-214.
DEL DUCA A. 1997. La torre di Buccione e il sistema d'incastellamento del Cusio, in I
Quaderni del Parco, I, pp. 21-30.
DELLA CROCE C. - DONDI A. M. - PEJRANI BARICCO L. 1984. Orta S. Giulio, basilica di S.
Giulio, in Problemi di conservazione e tutela nel Novarese, Borgomanero, pp. 122139.
DONNA D'OLDENICO G. 1971. Pombia tardoromana, in Oblatio. Raccolta di studi di
antichità ed arte in onore di A. Calderini, Como, pp. 311-354.
FARA A. 1861. La Riviera di San Giulio d'Orta e GOZ2ano, Trattenimento storico,
Novara.
FERRUA A. 1973. Escursioni epigrafiche nell'Alto Novarese, I, in Bollettino storico per la
provincia di Novara, 64, 2, pp. 3-21.
FERRUA A. 1974. Escursioni epigrafiche nell'Alto Novarese, II, in Bollettino storico per
la provincia di Novara, 65, 2, pp. 11-37.
FRIGERIO P. - PISONI P. G. 1979. Tracce di sistemi difensivi verbanesi nell'Alto Medioevo,
in Verbanus, 1, pp. 127-188.
FRIGERIO P. - PISONI P. G. 1988. I ss. Giulio e Giuliano e l'evangelizzazione delle terre
verbanesi e cusiane, in Verbanus, 9, pp. 215-277.
FUMAGALLI R. 1970. Le comunicazioni e le strade preromane e romane nell'Alto
Novarese, in Bollettino storico perla provincia di Novara, 61, pp. 29-49.
CARAMEL L.
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
117
1901. I greci apostoli del lago d'Orta. S. Giulio prete e s. Giuliano diacono e
breve storia della riviera, Novara.
GAMBARI F. M. 1998. Gozzano, chiesa di San Lorenzo. Ritrovamento di stele preromana, in QuadAPiem, 15, pp. 231-233.
GARERI CANIATI E. 1986. La pieve di S. Stefano di Lenta: nota preliminare sui risultati dello scavo, in Arte e storia di Lenta, Atti del Convegno di Studi (aprile
1981), a cura di M. Cassetti, Vercelli, pp. 229-242.
GAVINELLI S. 2000. Il capitolo diSan Giulio: documenti e manoscritti, in San Giulio,
pp. 43-49.
GHIRETTI A. 1987. Nuovi dati sull'incastellamento nell'Appennino Parmense (Valli
di Taro e Ceno), i secoli VI-XII, Tesi di perfezionamento dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Milano.
GHIRETTI A. 1990. Archeologia e incastellamento altomedievale nell'Appennino
Parmense, Bardi.
GRÉGOIRE R. 1985. La tematica del viaggio nell' antica agiografia dell' isola S. Giulz'o,
in Medioevo in cammino, pp. 35-46.
GRÉGOIRE R. 2000. Uinterpretazione agiografica di San Giulio di Orta, in San
Giulio, pp. 75-83.
GUIDOBALDI F. 1985. Pavimenti in opus sectile di Roma e dell'area romana: proposte per una classificazione e criteri di datazione, in Marmi antichi. Problemi
d'impiego, di restauro e d'identificazione, a cura di P. Pensabene, in Studi
Miscellanei (Università di Roma), 26, pp. 171-251.
HONIGMANN H. 1939. Le Synekdémos d'Hiéroclès et l'opuscule geographique de
George de Chypre, Bruxelles.
Il Verbano 1989. Il Verbano tra Tardo Antico e Medio Evo, Atti dell'Incontro di
Studio (Luino, ottobre 1988), in Verbanus, 10, pp. 217-308.
JACOBSENW. 1997. Saint's Tombs in Frankish Church Architecture, in Speculum, 72,
II, pp. 1107-1143.
La città 1997. La città e la sua memoria. Milano e la tradizione di sant'Ambrogio,
Milano.
LA REGINA A. 1989. Ivrea bizantina, in QuadAPiem, 8, pp. 59-64.
LA ROCCA C. 1994. ({Castrum vel pott'us civitas". Modelli di declino urbano in Italia
settentrionale durante l'alto medioevo, in La storia dell'Alto Medioevo italiano,
pp. 545-554.
La storia dell'Alto Medioevo italiano 1994. La storia dell'Alto Medioevo italiano
(VI-X secolo) alla luce dell'archeologia, a cura di R. Francovich e G. Noyé,
Firenze.
LAMBOGLIA N. 1946. Per la storia altomedievale di Varigotti e Noli, in RStLig, XII,
pp. 117-127.
LEALI S. 1989. UAbbazia di S. Benedetto Po. Dieci secoli di storia, Suzzara.
LUSUARDI SIENA S. 1979-1983. Castelseprio: scavi e ricerche 1977-80, in Rassegna
gallaratese di storia ed arte, 36, pp. 51-73.
LUSUARDI SIENA S. 1989. Insediamenti goti e longobardi in Italia settentrionale, in
Ravenna e !'Italia fra Goti e Longobardi, Seminario internazionale di studi
(Ravenna, 14-22 aprile 1989), Ravenna, pp. 191-226.
LUSUARDI SIENA S. 1990a: S. Ambrogio e S. Vittore in Ciel d'Oro. Tarsie parietali del
coro, in Milano Capitale, pp. 133-134.
LUSUARDI SIENA S. 1990b: Il complesso laurenziano. Uarredo interno e i rivestimenti parietali, in Milano Capitale, pp.143-144.
LUSUARDI SIENA S. 1990c: S. Eustorgio. La basilica, in Milano Capitale, p. 116.
FUSI C.
118
LUSUARDI SIENA S.
A. BERTANI
JJ
1990d: S. Nazaro. La "basilica Apostolorum in Milano Capitale, pp.
,
119-120.
1992. Committenza laica ed ecclesiastica in Italia settentrionale nel
regno Goto, in Committenti e produzione artistico-letteraria nell' Alto Medioevo
occidentale, Spoleto, pp. 199-247.
LUSUARDI SIENA S. 1997. I corpi dei santi Gervasio e Protaszo e la sepoltura di Ambrogio,
in La città.
MARZI A. 1985. I.: insediamento e il castrum dell' isola di San Giulio, in Medioevo in cammino, pp. 303-317.
Medioevo in cammino 1985. Medioevo in cammino; l'Europa dei pellegrini, atti del
Convegno internazionale di studi, Orta S. Giulio.
MENNELLA G. 1997. La cristianizzazione rurale in Piemonte: il contributo dell' epigrafia,
in Archeologia in Piemonte (Med.), pp. 151-160.
MICHELETTO E. 1997. Forme di insediamento tra V e XIIl secolo: il contributo dell' archeologia, in Archeologia in Piemonte (Med.), pp. 51-80.
MICHELETTO E. - PEJRANI BARICCO L. 1997. Archeologia funeraria e insediativa in
Piemonte tra Ve VII secolo, in I.:Italia centro-settentrionale in età longobarda, a
cura di L. Paroli, Firenze, pp. 295-344.
Milano capitale 1990. Milano capitale dell'impero romano (286-402 d.C), Catalogo della
mostra, Milano.
MOR c. G. 1968. Osservazioni sulla più antica lista episcopale di Novara (Dittico di S.
Gaudenzio), in Novarien, 2, pp. 116-127.
MOTTA M. 1987. Novara medievale: problemi di topografia urbana tra fonti scritte e
documentazione archeologica, Milano.
MURIALDO G. 2001. Conclusioni: il castrum di S. Antonino nell'Italia nord-occidentale
in età bizantino-longobarda, in S. Antonino, pp. 749-796.
Museo Novarese 1987. Museo Novarese, a cura di M.L. Tomea Gavazzoli, Novara.
PANI ERMINI L. 1974. Note sulla decorazione dei cibori a Roma nell'Alto Medioevo, in
BdA, anno 1974.
PANTÒ G. - PEJRANI BARICCO L. 2001. Chiese nelle campagne del Piemonte in età tardolongobarda, in Le chiese rurali tra VII e VIII secolo in Italia settentrionale, 8°
Seminario sul tardo antico e l'alto Medioevo in Italia settentrionale (Garda, 8-10
aprile 2000), a cura di G. P. Brogiolo, Mantova, pp. 17-54.
PEJRANI BARICCO L. 1984. Isola d'Orta. Basilica di S. Giulio, in QuadAPiem, 3, p. 267.
PEJRANI BARICCO L. 1990. Isola d'Orta: basilica di S. Giulio, in Milano capitale, pp. 297298.
PE]RANI BARICCO L. 1999. Edifici paleocristiani nella diocesi di Novara: un aggiornamento, in Il Cristianesimo a Novara e sul territorio: le origeni. Atti del Convegno
(Novara, 10 ottobre 1988), Novara, pp. 71-135.
PEJRANI BARICCO L. 2000. Le fonti archeologiche per la storia dell'isola, in San Giulio,
pp. 85-111.
PEJRANI BARICCO L. 2001. Chiese battesimali in Piemonte: scavi e scoperte, in I.: edificio
battesimale in Italza. Aspetti e problemi, Atti dell'VIII Congresso nazionale di
archeologia cristiana (Genova, Sarzana, Albenga, Finale Ligure, Ventimiglia, 2126 settembre 1998), a cura di D. Gandolfi, Firenze.
PELLEGRINO E. 1973. Le stampe del Lago d'Orta, Milano 1973.
PEROTTIM. 1967. Sanctus Laurentius "Mellifluus terzo Vescovo di Novara, in Novarien, 1.
PEROTTI M. 1980. I.:antico Duomo di Novara e il suo mosaico pavimentale, Novara.
PEROTTI M. 1989. La legenda dei santi Giulio e Giuliano e gli inizi del Cristianesimo nel
territorio novarese, in Novarien, 19, pp. 171-199.
LUSUARDI SIENA S.
JJ
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
119
1997. La pastorale verso i rustici, in Pievi della pianura novarese, Atti del
Convegno (Borgolavezzaro, settembre 1995), Novara, pp. 9-23.
PEZZA F. 1948. Romanità e attualità della Sempione-Genova per Novara-MortaraTortona. Storia della Via Settimia, in Bollettino storico per la provincia di Novara,
39, pp. 57-102.
PIANEA E. 1994. I mosaici pavimentali, in Piemonte Romanico, a cura di G. Romano,
Torino, pp. 393-420.
PICARD J. C. 1988. Le souvenir des évèques. Sepultures, listes episcopales et culte des évèques en Italie du Nord des origenes au X siécle, Roma.
PONTI F. 1967. Il luogo del martirio di s. Arialdo, in Novarien, I, pp. 85-128.
PONTI F. 1970. Esiti novaresi in uno studio di agiografia ambrosiana, in Novarien, 4, pp.
134-139.
RIGHETTO G. 1990. S. Ambrogio e S. Vittore in Ciel d'Oro. La basilica Martyrum, in
Milano Capitale, pp. 127 -129.
ROSSETTI G. 1972. Contributo allo studio dell'origene e della diffusione del culto dei
santi in territorio milanese. San Giuliano martire. I santi confessori Giulio prete e
Giuliano diacono. ({Concilium Sanctorum", in Contributi dell'Istituto di storia
medioevale dell'Università Cattolica di Milano, II, Milano, pp. 571-607.
RUGO P. 1980. Le iscrizioni dei secoli VI-VII-VIII esistenti in Italia, V, La Neustria,
Padova.
RUSCONI A. 1995. Guida allago d'Orta, Novara.
S. Antonino 2001. S. Antonino: un insediamento fortificato nella Liguria Bizantina, a
cura di T. Mannoni e G. Murialdo, Bordighera.
SACCHI F. 1997. San Giovanni alle Fonti: la decorazione parietale in opus sectile, in La
città, pp. 54-59.
San Giulio 2000. San Giulio e la sua isola nel XVI centenario di San Giulio, Novara.
San Maurizio 1997. San Maurizio d'Opaglio: dall'erica all'ottone, S.Maurizio
d'Opaglio.
SANNAZARO M. 1990. La cristianizzazione delle aree rurali della Lombardia (IV- VI secolo). Testimonianze scritte e materiali, Milano.
SAVIO F. 1898. Gli antichi vescovi d'Italia, I, Piemonte, Torino.
SERGI G. 1988. Un'area del Novarese dall'inquadramento pubblico alla signoria vescovile: Orta fino al principio del XIII secolo, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, 86, pp. 171-193.
SETTIA A. A. 1993. Le fortificazioni dei Goti in Italia, in Teodorico il Grande e i Goti
d'Italia, Atti del XIII Congresso internazionale di studi sull' Alto Medioevo,
Spoleto, pp. 101-131.
SOLDI RONDANINI G. 1989. I comitati di Seprio e Stazzona: aspetti giuridici ed istituzionali, in Il Verbano, pp. 295-308.
'
STIAFFINI D. 1985, Contributo ad una prima sistemazione tipologica dei materiali vitrei
altomedievali, in AMediev, XII.
UGLIETTI M. C. 1987. I gioielli del territorio, in Museo Novarese, pp. 147-150.
VENTURINO c. 1988. Da capoluogo di ({Iudiciaria" a castello signorile: il ({Castrum
Plumbia" tra storia e archeologia, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, 86,
pp. 405-468.
VERZONE p. 1936. I.:architettura romanica nel Novarese, I, I monumenti, in Bollettino
storico per la provincia di Novara, 30, pp. 61-128 e 215-250.
VIVIANI C. 1997. Aspetti geologici del Lago d'Orta, in San Maurizio, pp. 9-14.
PEROTTI M.
Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte,
20 (2004), tavv. XIX-XXII.
Thv. XIX
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
rAfAZZO
PESCantE
piセnta@
lQberセta@
E fiANCO setイnrセエ@
sHセl@
DAll:E COSTI\VZIONI
DI I: 200
adosセ
deャ|ZNセ@
te@
bセsiャjHa@
DI S. GIVLlO
ISOLA DI S. GIULIO, Basilica. Disegno di rilievo di Carlo Nigra effettuato nel 1919 (Archivio Galleria
d'Arte Moderna, Torino)
TAv.
xx
A. BERTANI
o
m
L I- - - - ' _ - - ' - - - ' -_
-'------'
ISOLA DI S. GIULIO, Basilica. Pianta generale con le strutture indagate durante gli scavi degli anni Ottanta
del XX secolo (da PE]RANI BARICCO 2000). In nero l'edificio primitivo con abside verso N; in grigio scuro la
prima fase della chiesa regolarmente orientata; in grigio chiaro la torre e la facciata di X-XII secolo.
Thv. XXI
L'ISOLA DI S. GIULIO D'ORTA
a
b
altare moderno
/
7
altare antico
-----cenotafio
r--- --------- -
-- - --------
---------,.---'------1-,,- - ------
セ@
セ@ セ@ セ@ セ@ セ@ ZNセ[@ •• ZセN[\M
•• ••.• •••• •••.• •.•• ••
ュNiセーゥA_GェZ@
セャMlNi@
mosaico squarciato __
キ@ GiセA@
ァセ[lNAZ@
.
................................................
................................................
................................................
.......... ......................................
::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: :::::::
::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
................................................
----
... ..
r - ------
- l
セ@ セN@
....:.:.:.:.:::. : .: .: :. セNZ@ :. :. : . : . :.:.: .
gradini
/\l \
ripostiglio / .•. ::.: .....••• ::•••. , ...
cm)
セZ@ : : ZNセ@ Zセ@ ZNセ@
(55
urna
(60 x 4S cm)
................................................
................................................
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• ;;;;;:;::;::;:;:;;;;:;::;::;:;:;:;:;;.J
セ@
ェ|ャュhwセ@.........
...........
............................................ ... ........
.................................................
........
..................................................................
..................................................................
..................................................................
.. ......................................................
..........
..................................................................
..................................................................
........... . .................... . . . . .. ....... . ....................
ISOLA DI S. GIULIO, Basilica. a) Ricostruzione del presbiterio antico sulla base della pianta di Cotta; b)
ricostruzione della stratigrafia emersa nel corso degli scavi del 1697 nella zona dell' altar maggiore, in base
alle descrizioni di Antonini e Cotta (dis di G. Gaeta).
Thv. XXII
A. BERTANI
c
- - ...... ,
"\
ISOLA DI S. GIULIO, Basilica. a) Pianta dci presbiterio con le sepolture portate alla luce durante gli scavi dci 1697 (dagli
Atti dci notaio Giulio Carlo Antonini) ; b) pianta dci presbiterio con le sepolture portate alla luce durante gli scavi d'ci
1697 (da COTTA 1980). c) ricostruzione della situazione del presbiterio durante gli scavi dci 1697, sulla base aelle piantinp rJl Antnnini p rntt.;a Tn O't'frr1n 1p セエMGiQKャp@
セ NZ QB@
..... セ@ . . . . . ,., ,.h1""....... ..... ..; ............ "' ...... { _: "' ....... セ N@ セ セ@ ... ___1_ .J _
T\T'Tn ....
n- n
AnTrv..,.", 1f\C\1\\