IL SIGNORE È UNO SOLO
LETTERA PER LA QUARESIMA 2000
DEL VESCOVO DI FIESOLE
LUCIANO GIOVANETTI
Beato Angelico , SS. Crocifisso , San Domenico in Fiesole
il sacro Tempo di Quaresima ci introduce alla celebrazione del grande mistero dell'amore di Dio che nella passione, morte e risurrezione di Gesù si è rivelato ricco di benevolenza e di perdono. È la Quaresima dell'Anno Santo, ' anno di grazia e di misericordia', caratterizzato da una ricchezza di segni che concorrono alla nostra conversione, ci invitano a penitenza, ci stimolano a riscoprire la gioia di essere cristiani. I quaranta giorni che ci separano dalla Pasqua del Signore sono il tempo favorevole, il tempo sacro in cui la Chiesa è chiamata a vita nuova ed invitata ad esprimere con decisione la propria rinuncia al mondo del male e alle seduzioni del peccato e a proclamare con purezza e gratitudine la propria fede battesimale nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo che in quest'anno giubilare ha una particolare sottolineatura. Infatti, ci ricorda il Papa che la celebrazione del Grande Giubileo, che avviene contemporaneamente a Roma, in Terra Santa e nelle Chiese locali del mondo intero ha come obiettivo ' la glorificazione della Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia . . .: da Cristo e per Cristo, nello Spirito Santo, al Padre. In questo senso la celebrazione giubilare attualizza ed insieme anticipa la meta e il compimento della vita del cristiano e della Chiesa in Dio uno e trino'. /Cfr.GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente, 55./ Questa fede battesimale viene rivissuta nella celebrazione dell'Eucaristia, perciò il Papa aggiunge: 'Essendo Cristo l'unica via d'accesso al Padre, per sottolinearne la presenza viva e salvifica nella Chiesa e nel mondo . . . il Duemila sarà un anno intensamente eucaristico: nel sacramento dell' Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all'umanità come sorgente di vita divina'. /Ivi./
L'Anno Santo è dunque un anno che esalta sia la dimensione trinitaria sia quella eucaristica della vita cristiana gettando una speciale luce sulle esigenze e sulle conseguenze che scaturiscono da una rinnovata considerazione dei misteri che fondano e accompagnano l'esistenza del cristiano e della Chiesa nel tempo: la Trinità e l'Incarnazione del Verbo; la Pasqua del Cristo e la cena eucaristica, in quanto questi misteri sono i più concreti e fecondi sul piano spirituale, pastorale ed etico. La Quaresima che celebriamo costituisce allora il tempo più adatto per la conversione personale e comunitaria alla vita e al modello che è l'unico e trino Signore; al Cristo vivo e presente nel mistero eucaristico e alla comunione che promana dalla contemplazione del mistero trinitario e dalla stessa celebrazione dell'Eucaristia.
I. I L MISTERO DEL DIO UNO E TRINO: VERITÀ E VOCAZIONE DELL'UOMO
a) Dio è l'unico
La grande confessione del monoteismo ebraico, professata nella liturgia dal popolo dell'antica alleanza, costitutiva della fede e dell'identità di Israele, proclama: ' Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze'. /Dt.6.4/ Per l'ebreo credere nel Dio unico significa entrare nel mistero della sua unità ed impegnarsi affinché ogni uomo vi entri nella giustizia e nella pace.
Per la fede cristiana tutto questo diventa possibile allorché la stessa unità divina si è rivelata ed aperta a noi come unità dell'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Grazie al mistero del Verbo Incarnato, alla sua passione, morte e risurrezione, partecipate mediante il Battesimo alla Chiesa, la professione monoteistica include ormai e per sempre la distinzione e la relazione: 'entra nell'unità divina chi si lascia coinvolgere dalla storia eterna dell'amore '/BRUNO FORTE, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, Cinisello Balsamo, Paoline, 1988, p. 151./ della Trinità, chi è raggiunto dall'amore del Cristo povero e crocifisso è strappato dalla schiavitù del peccato e della morte attraverso la sua morte in obbedienza all'amore del Padre e immesso nuovamente nella relazione con il Padre mediante l'amore dello Spirito Santo.
Il mistero dell'unicità di Dio non si offre però solo all'adorazione e alla contemplazione; ha forti implicazioni nella vita degli uomini. Esso comporta, anzitutto, il rifiuto degli idoli e di qualunque altra forma di schiavitù: ' Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che e quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosterai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso'.
Credere nell'Unico significa non assoggettarsi ad alcun assoluto di sostituzione, né a forme di assolutismo politico o economico; vuol dire rinunciare ad ogni dipendenza da false sicurezze come il successo, il potere, il denaro, il sesso ed entrare in relazione con le stesse creature in modo libero e gratuito.
Vuol dire anche saper usare bene di quegli strumenti che la nostra società contemporanea ci offre, che di per sé potrebbero essere buoni o indifferenti, ma che un utilizzo indiscriminato e non equilibrato potrebbe far divenire dannosi, se non addiritura alienati e disumanizzanti. Penso, in proposito, alla televisione - che il Concilio Vaticano II pone, tra l'altro, 'tra le cose meravigliose' - e al computer: soppratutto alle sconfinate possibilità di conoscenza e di gioco con realtà virtuali, non reali, che offre la navigazione in Internet.
Credere che vi è un unico Signore comporta il pensare e progettare la propria vita a partire dal disegno di Dio su di noi e dare luogo ad una rete di relazioni umane, sociali ed ecclesiali, rinunciando ad ogni superbia ed orgoglio, per vivere in fraterna carità.
c) L'uomo è immagine di Dio anzitutto in quanto riflette l'unità di Dio.
S. Giovanni ci rivela che ' Dio è amore' (1 Gv 4.8). Il mistero del Dio unico è perciò comprensibile solo in quanto mistero dell'Amore che Egli è e che Egli dona agli uomini. Unico è il Dio trinitario, la sua essenza è l'Amore, amore tri-personale. Allo stesso modo il mistero dell'uomo è inseparabile dalla sua origina e dal suo fine, Dio Trinità.
L'essere umano riflette l'immagine e la somiglianza del Creatore in quanto è uno 'come' la Trinità delle persone è un solo Amore e come Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è una sola persona. L'uomo, il credente, ciascuno di noi creato nel Verbo eterno dal padre e ricreato nella morte e risurrezione di Gesù, è 'uno'.
Questa unità della persona umana che è interiore, psichica e spirituale, si esprime all'esterno nella coerenza tra pensiero e azione, tra fede e vita ed implica la consapovelezza teologica delle nostra origine creaturale e un cammino lieto e serio di conversione ad essa. Il frammentarismo è una delle malattie più gravi del nostro tempo, cosi` come la schizofrenia e, sul versante sociale, l'opportunismo economico, etico, politico e religioso. Questo pericoloso pendolarismo, sia interiore sia esteriore, è tipico dell'uomo dei nostri giorni e della nostra società occidentale: una società perennemente adolescente. 'L'uomo maturo è uno './GIUSEPPE PELLEGRINO, L'uomo e il Cristo. Riflessioni di antropologia cristiana, Fossano, Editrice Esperienze, 1988, p. 28./
La compatezza della persona, che dà luogo a robuste ed originali personalità, discende dal mistero dell'Amore che è l'unità delle persone divine nella loro differenziazione e nelle loro mutue relazioni. L'uomo è uno in quanto creato a immagine e somiglianza di questo unico Amore che dall'eternità lo ha pensato, voluto, amato: 'Uomo , dice il signore, considera che io sono stato il primo ad amarti. Tu non eri ancora al mondo, il mondo neppur v'era ed io già t'amavo. Da che sono Dio, io t'amo '. /A LFONSO MARIA DE' L IGUORI, Pratica di amare Gesù Cristo, 1.2./ L'amore liberamente accolto e liberamente donato nelle relazioni interpersonali, in modo gratuito e reciproco, a immagine del Dio uno e trino, unifica, semplifica la persona, la rende somigliante al modello divino.
c. L'uomo è immagine della Trinità in quanto riflette l'unità dell'Amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
L'immagine divina nell'uomo si dà come riflesso del Padre, del Figlio e dello Spirito. La creatura umana è chiamata ad essere nel tempo sorgente dell'amore, ed è costitutivamente capace di donare amore ad immagine del Padre che è la Sorgente dell'amore. E sebbene l'uomo non sia in grado di donare l'essee e la vita alla persona amata, ciò è proprio del Creatore, tuttavia ogni amore nei confronti di un essere umano è una riproduzione dell'amore creatore di Dio. In particolare l'uomo realizza l'immagine del Padre nella misura in cui prende l'iniziativa dell'amore che genera e sostiene con forza la persona amata come 'figlio', vivendo con senso di responsibilità e in modo adulto la carità, sopratutto nel prendersi cura dell'altro.
La creatura umana è chiamata ad essere nel tempo oggetto dell'amore, accoglienza dell'amore nella gioia e nella gratitudine ad immagine del Figlio, che eternamente si lascia amare dal Padre. L'uomo realizza l'immagine del Figlio nella misura in cui si rende docile all'amore, ed è capace di abbandono e di fiducia, come un bambino che si lascia sostenere e accompagnare dall'amore del 'padre'.
La dinamica del dare e del ricevere amore è costitutiva dell'uomo che esiste veramente solo se amato e, aperto all'amore, soltanto se comunica e accoglie amore. L'altro uomo non è l'inferno, come affermava invece Sartre vedendovi il limite alla libertà personale, ma è lo spazio entro il quale essa si realizza pienamente: l'uomo ha bisogno dell'altro. Dal momento che nel più profondo del suo essere creaturale l'uomo è immagine del Figlio, eterno Amato (sempre secondo il pensiero di S. Agostino), l'uomo esiste davvero solo se è con gli altri nella comunione dell'amore.
La creatura umana è chiamata ad essere nel tempo unità vivente del duplice dinamismo di accoglienza e di dono ad immagine dello Spirito Santo che è l'eterno legame di unità e Colui che fonda l'apertura dell'amore del Padre e del Figlio. 'Quest'unità di sorgività e di ricettività è il fondamento di quella reciprocità delle coscienza, in cui si realizza pienamente la persona umana ' /BRUNO FORTE, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, Cinisello Balsamo, Paoline, 1988, p. 176./ , reciprocità che anche nel rapporto più esclusivo non si chiude egoisticamente ma si apre sempre ad includere anche un altro, per virtù dello Spirito del Padre e del Figlio effuso sulla Chiesa nascente e infuso, con il battesimo, nell'interiorità dell'uomo: ' il mistero della Pentecoste, non è un mistero di chiusura, di setta, di conventicola, ma al contrario, di apertura per tutti e a tutti './HANS U. VON BALTHASAR , Tu coroni con la tua grazia (S. 65.12) Prediche alla radio sull'anno liturgico, Milano, 1992, p. 107, citato in MARIO NALDINI, Lo Spirito Santo come 'forma' dell'uomo (Basilio Magno, De Spiritu Sancto 26.61). Nota esegetica, 'Vivens homo' 10 (1999/2), p. 329./
II. L A CHIESA ICONA DELL' UNITA` E T RINITA` DI DIO
'La Chiesa non nasce "dal basso", dalla convergenza di interessi puramente mondani o dallo slancio di qualche cuore generoso: essa non è semplicemente un frutto della terra; come il suo Signore, la Chiesa è "oriens ex alto", sorgente dall'alto, da presso Dio, posta nel tempo per l'iniziativa mirabile dell'amore trinitario'. /BRUNO FORTE, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, Cinisello Balsamo, Paoline, 1988, p. 193./ Il mistero del Dio uno e trino getta una luce sulla natura, identità e realtà storica dell'uomo, ma anche sulla natura e il dinamismo della vita della comunità cristiana modellata, essa stessa, ad immagine della Trinità e chiamata ad essere 'uno' nell'amore trinitario. Il bene prezioso ed incomparabile dell'unità della Chiesa, che i Padri videro già presente nell'immagine della tunica non lacerata del Cristo nel momento della sua crocifissione, dever essere ricercato, difeso e ristabilito ogni qualvolta venga offeso o minacciato. La Chiesa è infatti 'un popolo adunato nell'unità del Padre, del figlio e dello Spirito Santo './CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica su la Chiesa, Lumen Gentium , 4./
L'unità della Chiesa va ricercata nella diversità delle membra che liberatamente operano per la comunione dell'unico corpo mistico di Cristo. In questo orrizonte si comprende correttamente come ogni uniformità che non tenga conto dei diversi modi di partecipazione alla vita ecclesiale, ogni assolutizzazione dei ruoli, ogni forma di clericalismo o di mancata responsabilità nei confronti della comunità diocesana e delle realtà parrocchiali, in ordine alla edifcazione e all'opera di evangelizzazione, minaccia l'identità stessa della Chiesa e rallenta il compimento del progetto di Dio. Viceversa ogni anelito all'unità, ogni collaborazione e compartecipazione alla costruzione della comunione ecclesiale e alla sua missione fa si che la Chiesa risplenda sempre più come 'un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano './ C ONCILIO ECUMENICO V ATICANO II, Costituzione dogmatica su la Chiesa, Lumen Gentium, 1./
La Quaresima di questo Anno Santo deve caratterizzarsi per una presa di coscienza dei blocchi che ancora impediscono la piena circolazione della vita divina nei nostri ambienti ecclesiali e aiutarci ad accogliere il dono della conversione, alla comunione ecclesiale, attraverso la considerazione del primato delle responsabilità personali e comunitarie in rapporto alle strutture e all'organizzazione pastorale , dell'essere una cosa sola, ad immagine dell'amore trinitario, sul fare cose separatemente ed individualmente. La Chiesa ha una sua collocazione in questo tempo e in questa cultura ed è perciò necessario che la comunione si realizzi sia sul piano spirituale sia su quello pastorale e pratico.
Anzitutto la Chiesa è un corpo articolato in cui ogni membro è necessario per la sua costituzione e la sua vitalità. Per conseguenza dovremmo pensare la comunità cristiana come popolo di chiamati dal Signore all'unità, nella molteplicità delle vocazioni e dei carismi effusi dallo Spirito sui credenti. Dio continua a chiamare a sé uomini e donne e a congregarli nel suo popolo affidando a ciascuno una missione unica ed irripetibile, prospettando ad ognuno quella vocazione specifica nella quale egli realizzerà la propria vita e contribuirà alla costruzione della famiglia dei figli di Dio.
Quello della vocazioni, in particolar modo di speciale consacrazione, è un problema sempre attuale. C'è bisogno di giovani, ragazzi e ragazze, coraggiosi, aperti, liberi, capaci di lasciare sicurezze e gioie effimere per conquistare l'unica sicurezza, la gioia che non tramonta, la ricchezza che non viene meno: Dio, Lui solo. Come vorremmo che dalle nostre famiglie, dalle comunità parrocchiali, dalle associazioni e movimenti presenti nella nostra Diocesi, giovani affascinati da Cristo, fissati dal suo sguardo di amore cominciassero ad interrogarsi profondamente sul senso della loro vita, alla ricerca della volontà di Dio.
Quale grande responsabilità, per coloro che già lo hanno seguito per la via del sacerdozio ministeriale e della consacrazione religiosa, il mostrare ai ragazzi e alle ragazze del nostro tempo il volto di un Gesù vivo, attraente, capace di amare e di accostarsi loro infondendo gioia, fiducia, speranza.
E` necessario anzitutto donare ai nostri giovani ambienti di vita nei quali sia possibile sperimentare la gioia di amare e di essere amati, a immagine dell'amore gratuito di Dio, nei quali lo scambio dei doni, delle esperienze, la reciprocità delle relazioni aiuti ad alzare lo sguardo verso la fonte perenne ed inesauribile dell'amore: la Trinità.
Si dovranno riscoprire e potenziare itinerari spirituali seri, a livello di parrocchie, di unità pastorali e diocesane per aiutare i giovani ad incontrare il Signore nella sua Parola, nella preghiera liturgica e nell'Eucaristia, lasciando a Lui l'iniziativa della chiamata.
E` indispensabile che i sacerdoti dedichino tempo e luoghi alle confessioni e alla direzione spirituale, per aiutare ragazzi e ragazze a discernere in mezzo alle tante voci del mondo contemporaneo la voce umanissima e divina del Salvatore.
La catechesi dei ragazzi e dei giovani deve riproporre con slancio il valore vocazionale della vita umana che, donata da Dio è da Lui orientata ad un futuro di pienezza e di gioia che ciascuno deve scoprire, imparando a seguire Gesù ovunque Egli voglia condurre.
A sostegno di tutto questo non dobbiamo dimenticare la preghiera. Gesù ha legato alla invocazione rivolta al padrone della messe l'invio di nuovi operai per la sua messe. La preghiera, unita all'offerta dei nostri sacrifici, rivolta al Padre affinché i chiamati con coraggio rispondano il loro 'eccomi', è un impegno che l'intera comunità cristiana deve assumersi come prioritario.
Nella prospettiva della comunione nella diversità delle vocazioni e dei carismi, il ruolo esercitato dall'effetiva dipendenza tra le varie parrochie e le unità pastorali, tra le unità e i vicariati, tra le zone e la Diocesi è fondamentale.
La grande sfida per la Chiesa dei nostri giorni, così come per la nostra comunità diocesana, è costuita dalla soluzione del problema urgente delle unità pastorali. In tale ambito, prima teologico e spirituale che territoriale e pastorale, è necessaria una crescita nell'acquisizione di una nuova mentalità. L'interdipendenza, la condivisione, la collaborazione, sia sul piano della vita sacramentale che su quello dell'evangelizzazione e promozione umana, sono essenziali alla struttura e all'identità stessa della Chiesa. Dobbiamo porre ogni sforzo alla realizzazione di iniziative spirituali e pastorali che offrano in questo stimoli e occasioni ricchissime.
Un altro urgente passo è rappresentato dalla necessità di una seria impostazione, all'interno di tutte le comunità parrocchiali, dei Consigli pastoriali e dei Consigli per gli affari economici.
La comunione, teologale e spirituale, per diventare segno visibile e convincente dinanzi al mondo, richiede necessariamente una disciplina delle relazioni e delle competenze, una collaborazione cioè tra uomini autentitici e liberi, tra organismi differenti e complementari, uno sguardo d'insieme sulla realtà, affinché la pastorale sia organizzata non in modo verticale - clericale, ma in senso comunionale, tenendo conto del concreto contributo dei diversi carismi, coinvolgendo la molteplicità dei ministeri: è quanto si richiede ad esempio ad un Consiglio pastorale, sia esso parrocchiale, di unità pastorale or vicariale.
Così la gestione dei beni, a seguito dell'intuizione di alcune esigenze o di progetti pastorali che chiedono necessariamente un impegno di risorse economiche, deve sempre più e sempre meglio interessare l'intera comunità cristiana, rappresentata dal Consiglio per gli affari economici nel quale persone competenti si adoperano in spirito di umile e prezioso servizio ad aiutare il loro parroco in un ambito così delicato e importante.
Non molto tempo fa si sentiva parlare del laicato cristiano come del 'gigante addormentato'. Una esagerazione forse, ma con un fondamento di verità. Uomini e donne professionisti nei vari ambiti del lavoro, specialisti nelle diverse discipline culturali, sposi e spose, giovani studenti e lavoratori, anziani con un'esperienza di vita alle spalle . . . : in che modo e in che misura sono membra vive delle nostre comunità? Quanto spazio c'è per loro? Quale coinvolgimento si chiede ad essi? Senza una fiducia di fondo tra presbiteri e laici e tra laici di diverse appartenenze, all'interno dell'unico popolo di Dio, e senza un'accettazione reciproca ed un superamento, nella carità, dei limiti personali e di quelli legati alle stesse istituzioni della Chiesa è impossibile collaborare ad un progetto pastorale davvero comune e comunitario.
Rispetto ad una mancata diffusa collaborazione di tutto il popolo cristano ci sono state in passato, e senz'altro permangono nel presente, responsabilità a carico dei presbiteri. Del resto ancora si percepisce la necessità di un cammino spirituale e pastorale dei presbiteri con i diaconi, con responsabilita` da entrambe le parti. Ma sembra che, talvolta, gli stessi laici stentino ad assumersi compiti precisi all'interno delle parrocchie e a compromettersi fino in fondo in forme di partecipazione alla vita e all'attività della comunità, anche quando esplicitamente chiamati in causa. Come capita che qualcuno si ritagli alcuni spazi di intervento senza il presupposto della comunione con i presbiteri ed il Vescovo . . . Sono nodi problematichi che non possono essere sciolti ignorandoli semplicemente.
Un altro nodo è rappresentato dall'esigenza di una maggiore corresponsabilità tra presbiteri, laici e religiosi. Le comunità religiose, maschili e femminili, pur avendo una loro particolare fisionomia all'interno della comunità cristiana e un organismo spirituale loro proprio, sono invitate ad un maggior coinvolgimento nella vita diocesana e parrocchiable, senza per questo venir meno al loro carisma. Si tratta piuttosto di 'sentire con' la Chiesa e 'nella' Chiesa l'anelito alla missione, all'evangelizzazione e alla catechesi, e con slancio accogliere nuove sfide e nuovi compiti. Il millennio che ci sta dinanzi ci provoca a riguardo suggerendo nuove forme di condivisione e di progettazione pastorale.
Tutte queste riflessioni debbono essere ricondotte ad una sintesi.
E` necessario collocare questa analisi pastorale con il centro propulsore, il cuore e l'origine di ogni attività della Chiesa e di ogni discorso del credente sulla Chiesa e sulla sua vitalità e struttura. La comunità cristiana è un organismo vivente che discende da Dio uno e trino e come tale ha bisogno di essere nutrito e sostenuto dalla vita stessa di Dio, di attingere quotidianamente, di immergersi continuamente nel mistero della sua origine e costituzione, per vivere in modo adeguato e coerente la propria vocazione all'unità nella comunicazione e collaborazione delle sue membra e nella condivisione dei suoi compiti.
L'origine e la fisionomia vocazionale del corpo ecclesiale si ripresentano vive e attuali, efficaci e cariche di nuove energie nell'esperienza del culto cristiano e specialmente nell'Eucaristia domenicale. Non dobbiamo ignorare che il fondamento della fisionomia comunionale della Chiesa, l'espressione della sua natura gerarchica e ministeriale e l'origine e il fine di ogni sua azione pastorale rimane l'incontro dei fratelli in Cristo con il mistero della comunione trinitaria, che si attua in sommo grado nella Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce ' il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù'./ CONCILIO VATICANO II, Costituzione su la Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 10./ Le azioni liturgiche 'appartengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano. In esse i singoli membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, dei ministeri e della partecipazione attiva'./ CONCILIO VATICANO II, Costituzione su la Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 26./ Nelle celebrazione liturgiche, inoltre, Cristo è presente in modo speciale, in particolar modo 'nel sacrificio della Messa . . . soprattutto nelle specie eucaristiche'./ CONCILIO V ATICANO II, Costituzione su la Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 7./
III. L' EUCARISTIA EVENTO DI COMUNIONE: SACRIFICIO E ALLEANZA
'La fede in Dio uno e trino, attinta dalla rivelazione, ha la sua perenne espressione e celebrazione nella Liturgia. In essa, dal segno della croce iniziale alla benedizione finale, tutto reca l'impronta della fede trinitaria, la vita liturgica costituisce pertanto una fonte preziossima di comunione './Cfr. La SS. Trinità sorgente e modello della comunione ministeriale, a cura del CENTROSTUDI, 'Presbyteri' 34 (2000.2), p. 150./ Tutto questo è evidente soprattutto nella celebrazione della divina Eucaristia che la stessa celebrazione del Congresso Eucaristico Internazionale, che si svolgerà a Roma dal 18 al 25 Giugno, pone al centro delle iniziative spirituali e pastorali del Grande Giubileo.
Nell' Eucaristia ' i fedeli - ci istruisce Principi e norme per l'uso del Messale Romano - formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote ma anche insieme con lui, e imparare a offrire se stessi. Procurino quindi di manifestare tutto ciò con un profondo senso religioso e con la carità verso i fratelli che partecipano alla stessa celebrazione . . . Formino un solo corpo, sia nell'ascoltare la parola di Dio, sia nel prendere parte alle preghiere e al canto, sia specialmente nella comune offerta del sacrificio e nella comune partecipazione alla mensa del Signore './Principe e norme per l'uso del Messale Romano, 62./
La celebrazione dell'Eucaristia è un evento che coinvolge tutto il popolo nella sua diversificazione carismatica e ministeriale e diventa necessariamente modello di vita cristiana, nel senso della comunione e della comune missione. Queste sgorgano infatti proprio dalla festa domenicale, in cui l'assemblea radunata e gerarchicamente costituita per la lode al Cristo morto e risorto partecipa attivamente e consapevolmente all'offerta della vittima immacolata, imparando ad offrire se stessa per rinnovare nella sua vita e con la sua vita, insieme al Signore Gesù, il suo sacrificio per la salvezza del mondo.
Quanto viene espresso nel cuore della celebrazione eucaristica, nel racconto dell'Istituzione, a riguardo del pane e del vino, viene ugualmente detto della comunità cristiana. I fedeli sono costituiti dallo Spirito Santo quale offerta e sacrificio di alleanza in Cristo, come il pane e il vino divengono Corpo del Signore offerto e sangue dell'Alleanza versato, per la potenza e l'invocazione del medesimo Spirito di Dio.
'Egli - il signore Gesù - venuta l'ora d'essere glorificato da te, Padre santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi. Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me'.
Ed invocando lo stesso Spirito sull'assemblea eucaristica il sacerdote continua: 'Guarda con amore, o Dio, la vittima che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa; e a tutti coloro che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice, concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo a lode della tua gloria './ M ESSALE ROMANO, Preghiera eucaristica IV./
Partecipare all'offerta del sacrificio della nuova alleanza significa, dunque, diventare noi stessi offerta viva in Cristo.
a) Il Corpo di Cristo offerto
L'epiclesi dello Spirito sulla Chiesa e la comunione dei credenti al Corpo del Signore, li rende, essi stessi, una cosa sola con Lui. Ogni cristiano dovrebbe dire, con verità, 'io sono il corpo di Cristo offerto'. L'Eucaristia, il supremo atto di donazione di Gesù per la vita degli uomini, è il presente simbolico e il futuro missionario del credente e dell'intera comunità cristiana. Il corpo di ciascuno di noi, con tutto ciò che significa in fatto di relazioni, di inserimento nella storia e negli ambienti di vita, è per gli altri. La carità diviene allora la via maestra per la realizzazione di questa oblazione quotidiana di sé che discende dal Cristo nell'Eucaristia e che abbraccia la nostra vita personale e sociale, coinvolgendoci nella medesima offerta.
Chiediamoci come impieghiamo il nostro tempo. Quanto sacrificio di noi per l'esistenza dell'altro, nel dono gratuito e reciproco dell'amore, caratterizza le nostre giornate, le nostre scelte, i nostri programmi quotidiani? L'Eucaristia giudica i nostri ritardi, i nostri egoismi e ripiegamenti e ci invita ad uscire da noi stessi per donarci ai nostri simili nella carità.
La Quaresima dell'Anno Giubilare ci offre l'occasione propizia per dilatare gli spazi della carità, indirizzando la nostra attenzione alla soluzione di un problema grave del terzo mondo: la remissione del debito estero. La Chiesa italiana si è impegnata ad azzerare il debito contratto da due Paesi africani: Guinea e Zambia. Con la modesta somma di duemila lire a persona si può raggiungere l'obiettivo. Un nostro piccolo sacrificio quaresimale può risolvere quello che per altri è un problema di sopravvivenza.
b. Il Sangue dell'alleanza versato
La vita di Gesù, nel sangue sparso per la remissione dei peccati del mondo intero, rifluisce nelle membra della Chiesa, attraverso la comunione all'unico calice. Tale calice contiene il principio e la forza della comunione dei credenti in Cristo, con il Padre e con tutti gli uomini. E', infatti, il sangue della nuova ed eterna alleanza, il sangue che ristabilisce l'unità tra il Creatore e la creatura, sconfigge la morte, la separazione tra Dio e l'umanità, la divisione tra fratello e fratello, per sempre. Partecipare al Sangue del Signore nella comunione eucaristica implica l'affermare, con verità: ' Io sono il sangue dell'alleanza' versato per la comunione universale degli uomini in Dio. Bere al calice della passione di Gesù significa condividere il suo stesso destino di uomo di riconcilizione. L'alleanza comincia con un nuovo sguardo di perdono al fratello, con l'abbandono di tutte le armi e gli strumenti della guerra, l'abbattimento dell'orgoglio, la dimenticanza dei torti subiti, la decisione di non cedere al rancore. In positivo si è uomini di un'alleanza nuova, quella di Cristo, se si è strumenti di comunione, si vive per la comunione, si è disposti a rinnegare se stessi e a portare la propria croce per essa. Fino al dono della vita.
Così pregava il santo martire Policarpo, colmo di gratitudine a Dio, nell'imminenza del suo martirio, facendo della sua offerta una eucaristia: 'Signore, Dio onnipotente, Padre del tuo diletto e benedetto Figlio Gesù Cristo, per mezzo del quale ti abbiamo conosciuto; Dio degli Angeli e delle Virtù, di ogni creatura e di tutta la stirpe dei giusti che vivono al tuo cospetto: io ti benedico perché mi hai stimato degno in questo giorno e in quest'ora di partecipare, con tutti i martiri, al calice del tuo Cristo, per la risurrezione dell'anima e del corpo nella vita eterna, nell'incorruttibilità per mezzo dello Spirito Santo. Possa io oggi essere accolto con essi al tuo cospetto quale sacrificio ricco e gradito, così come tu, Dio senza inganno e verace, lo hai preparato e me l'hai fatto vedere in anticipo e ora l'hai adempiuto. Per questo e per tutte le cose io ti lodo, ti benedico, ti glorifico insieme con l'eterno e celeste sacerdote Gesù Cristo, tuo diletto Figlio, per mezzo del quale a te e allo Spirito Santo sia gloria ora e nei secoli futuri. Amen.' /Lettera della Chiesa di Smirne sul martirio di S. Policarpo 13,2-15,3/
Oggi anche a noi, a ciascuno di noi, è chiesto il martirio, quello del cuore che ama. Un cuore che vive nella continua offerta di sé al Padre, nello Spirito, per la salvezza dei peccatori. Tale martirio si consuma inevitabilmente nelle relazioni quotidiane. Dobbiamo con chiarezza proporci di consumare la nostra vita nel dono e nel personale sacrificio per l'alleanza e la comunione in Cristo del mondo intero, a cominciare dal riporre all'attenzione delle nostre dinamiche relazionali i nostri fratelli e sorelle in Cristo: è necessario che la nostra Chiesa risplenda per l'unità dei suoi membri nella vicendevole carità che promana dalla sorgente eucaristica. La concelebrazione eucaristica, infatti, 'quando è presieduta dal Vescovo . . . bene manifesta l'unità del sacerdozio di Cristo nella pluralità dei suoi ministri, nonché l'unità del sacrificio e del popolo di Dio. Essa, inoltre, concorre a consolidare la fraternità ministeriale esistente tra i presbiteri'. / Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 23. / Consumando nella Santa comunione l'alleanza con il Signore e, per suo mezzo con la Trinità e la Chiesa, in modo mistico ed interiore, è necessario lavorare per la visibilità di questa stessa alleanza al livello delle persone e delle istituzioni della comunità cristiana.
Il principio di questa alleanza ecclesiale è nel successore dell'apostolo Pietro, il Papa, per la Chiesa universale e nel Vescovo, per la Chiesa Diocesana, che vigila, prega, opera affinché la vera fede e la carità di Cristo costituiscano sempre più e sempre meglio il tessuto delle relazioni tra i credenti e con i lontani. La comunione col Vescovo è richiesta ai presbiteri, con i quali viene condiviso, anche se in gradi diversi, l'unico sacerdozio di Cristo, mediante il conferimento del Sacramento dell'Ordine. 'La comunione gerarchica si trova significativamente espressa nella prece eucaristica, quando il sacerdote, nel pregare per il Papa, per il collegio episcopale e per il proprio Vescovo, non esprime soltanto un sentimento di devozione, ma testimonia l'autenticità della sua celebrazione './ Direttori per il ministero e la vita dei presbiteri, 23./ Tale comunione è effetiva ed affettiva e chiede apertura di cuore, sincerità d'animo, spirito di docilità e di stima reciproca. Essa 'viene liturgicamente rappresentata, fin dai tempi più antichi, nella cerimonia in cui i presbiteri assistenti all'ordinazione sono invitati ad imporre le mani, assieme al Vescovo che ordina, sul capo del nuovo eletto, e anche quando concelebrano la sacra Eucaristica con unanimità di sentimenti'./CONCILIO VATICANO II, Decreto su il ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, 8./ Questa comunione è il primo e più convincente segno e stimolo alla carità che presbiteri e Vescovo offrono, anzitutto, all'intero popolo di Dio.
L'alleanza poi necessita di una costante ricerca di unità e di collaborazione all'interno dello stesso presbitero, tra i sacerdoti. Le differenze generazionali, la diversità delle impostazioni dovute alla formazione avvenuta in momenti diversi, la diffusione dei molteplici carismi è per il bene spirituale di tutti i fedeli e non può essere minacciata da spirito di antagonismo e da incapacità di dialogo e di collaborazione. Si deve porre ogni sforzo per superare eventuali pareri discordanti o dissensi che rallenterebbero il passo stesso della comunità cristiana. 'Nessun presbitero - ammonisce Presbyterorum ordinis - è in condizione di realizzare in fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa'. / CONCILIO V ATICANO II, Decreto su il ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, 7./ 'Questa comunione è difficile, ma non impossibile. Se il presbitero è fondato sulla potenza costitutiva di un unico sacramento, è possibile credere che sia orientato costitutivamente alla comunione partecipativa e solidale. Ciò presuppone che ognuno sperimenti il presbiterio come un'occasione di crescita della propria identità nella corretta relazione, nella fraterna correzione, nell'appagante comunione './ A . DI LORENZO, Disagio del prete. La maschera o il volto?, 'Settimana, n, 7.20 febbraio 2000, p. 2./ Inoltre, la riscoperta di momenti di vera gratuità, di gioia, di condivisione conviviale, lo scambio di esperienze, di fatiche e successi pastorali, la comune preghiera, sono anche lo spazio in cui i confratelli possono rigenerarsi e ripartire con più slancio per l'esercizio del loro difficile ministero.
Tale comunione rifluisce poi, con benefici
grandissimi, su tutte le membra della Chiesa.
Carissimi fratelli e sorelle,
popolo di Dio in cammino verso la Pasqua eterna, la nostra Chiesa celebri nel tempo dell'attesa, ogni Domenica l'Eucaristia, ricordando le parole del Papa: 'Quest'anno e questo tempo speciale passeranno, in attesa di altri giubilei e di scadenze solenni. La Domenica, con la sua ordinaria 'solennità' restera` a scandire il tempo del pellegrinaggio della Chiesa fino alla Domenica senza tramonto'./ GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica, Dies Domini, 87./
La Domenica, dunque, il giorno del Signore, che anche il nostro ultimo Sinodo ha voluto porre di nuovo al centro della vita della Chiesa Fiesolana, sia per tutti il giorno della lode alla Trinità Santissima, per la salvezza ricevuta ed accolta; il giorno della festa, per la presenza in mezzo a noi del Cristo morto e risorto; il giorno dell'Eucaristia, per la gioia di ritrovarci commensali e saziarci del cibo che sostiene il nostro pellegrinaggio terreno, fino a quando la piena comunione con il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo sarà nostra eterna felicità.
Augurando a tutti una felice e beata Pasqua nel Signore, vi benedico di cuore.
+ Luciano, Vescovo
Fiesole, 8 Marzo 2000
Mercoledì delle Ceneri
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