“Lo schizzo mette l’anima dell’artista molto più a nudo che l’opera d’arte” Carlo Michelstaedter, Sfugge la vita, 1905
Gorizia
Alla scoperta della città di confine di Carlo Michelstaedter
– parte dell’Impero austroungarico, fu annessa all’Italia nel 1918 – alle macerie dei bombardamenti della Grande Guerra. Dal trauma della divisione dopo la Seconda guerra mondiale – quando parte della città, battezzata Nova Gorica, andò all’allora Jugoslavia – all’abbattimento, nel 2004, del muro che separava Italia e Slovenia (entrata in quell’anno nell’Unione Europea) e che le valse il titolo di “Berlino italiana”: a ricordare l’evento e i precedenti anni di separazione, l’odierna stazione di Nova Gorica ospita una bella mostra fotografica mentre al centro della piazza della Transalpina, dove le due città d’incontrano, ci sono due ceppi della vecchia recinzione e una pavimentazione ad hoc, dove si possono tenere i piedi in due stati lungo il confine non più sbarrato. Sonnolenta e un po’ dimessa, ma sempre affascinante con le viuzze del centro storico e le botteghe che lottano per resistere, Gorizia guarda con fiducia al futuro anche grazie alla nomina – insieme a Nova Gorica – a Capitale Europea della Cultura 2025. Un evento legato in gran parte all’aver dato i natali, nel 1887, a Carlo Raimondo Michelstaedter, appartenente a un’agiata famiglia ebraica che viveva in un palazzo in piazza della Vittoria. Brillante poeta e filosofo (ma anche validissimo pittore) della Gorizia d’inizio Novecento, che raccolse le