Appendicite - Segni Ecografici
Appendicite - Segni Ecografici
Appendicite - Segni Ecografici
Indice
1 Epidemiologia
2 Anatomia e Anatomia topografica
3 Eziopatogenesi e Anatomia patologica
4 Sintomatologia
5 Diagnosi
o 5.1 Alvarado Score
6 Diagnosi differenziale
7 Evoluzione e Prognosi
8 Terapia
o 8.1 Intervento chirurgico
8.1.1 Tecnica aperta (open)
8.1.2 Tecnica chiusa
9 Appendicite cronica
10 Note
Epidemiologia
Il punto di McBurney.
Con il cieco in posizione normale la proiezione della base dell'appendice sulla parete addominale
cade in corrispondenza del punto di McBurney, così chiamato in onore del chirurgo Charles
McBurney che alla fine dell' 800 lo individuò per la prima volta [4] [5], descrivendo una nuova via di
accesso laparotomico negli interventi di appendicectomia (in realtà già individuata precedentemente
da Louis L. MacArthur) [6] e che corrisponde al punto di unione del terzo medio con il terzo laterale
di una linea ideale che unisce l'ombelico alla spina iliaca anteriore superiore (più propriamente '1.5 -
2 inches from the anterior spinous process' secondo la indicazione originale di McBurney).
Sezione di appendice
infiammata.
Nella patogenesi dell'appendicite viene data molto importanza alla occlusione del lume che, come
abbiamo detto, ha un calibro ridotto e quindi predisposto alla ostruzione. A tale ostruzione
contribuiscono diverse cause:
coproliti: piccole concrezioni fecali (gr: κοπρὸς: sterco e λιθος:pietra)
corpi estranei: noccioli (uva, ciliege, peperoni), parassiti intestinali (ossiuri)
tessuto linfatico: per la caratteristica di questo tessuto di aumentare di volume per iperplasia
come reazione alle molte noxae patogene (lat. noxa: danno; gr. πάθος: malattia; γένεσις:
origine) che colpiscono l'organismo.
malposizione, compressione: da briglie aderenziali, da angolature fisiologiche, da tumori.
Il lume appendicolare, per quanto virtuale, contiene abitualmente una flora microbica di origine
alimentare che viene periodicamente espulsa con i movimenti peristaltici propri anche
dell'appendice. In caso di ostruzione ciò non avviene e i germi, rimasti segregati, possono
moltiplicarsi e virulentarsi dando luogo ad una infezione locale che evoca, da parte dell'organismo,
una risposta infiammatoria.
La sequenza degli eventi può essere schematicamente così riassunta:
Fase catarrale. In cui i tessuti diventano edematosi e congesti e il lume si riempie di
secrezioni mucose. Si determina un aumento della pressione esercitata sulle pareti del
viscere. L'infezione è ancora circoscritta e il peritoneo non è ancora coinvolto. L'appendice
si presenta rossa, tumefatta, con i vasi arterosi dilatati e ben visibili.
Fase flemmonosa. La pressione esercitata sulle pareti provoca la trombosi dei vasi in esse
contenuti con formazione di micro erosioni e piccole aree di necrosi attraverso le quali
l'infezione si fa strada raggiungendo lo strato esterno sieroso. L'organo si presenta molto
congesto, di colorito violaceo, spesso con la punta ingrossata, ricoperta di un essudato
grigiastro. Il coinvolgimento peritoneale è testimoniato da un essudato siero-purulento.
Fase gangrenosa. Corrisponde alla fase più avanzata della malattia in cui l'appendice
assume un colorito grigio verdastro e presenta ampie aree necrotiche e frequentemente
perforate con fuoruscita di materiale purulento e fecaloide. Il peritoneo circostante che ha
perduto il suo colorito roseo e la sua normale lucentezza appare coperto di essudato denso
maleodorante e di membrane fibrinose.
Queste tre fasi non hanno tempi di evoluzione certi e non è raro vedere che un'appendicite acuta
esordisce direttamente con un quadro perforativo: appendicite acuta fulminante. Altrettanto
variabili sono i quadri macroscopici. L'appendice, che in alcuni casi ed inizialmente, può essere
mobile e ben isolata dalle strutture vicine, altre volte è fissata da cotenne fibrose di norma lasse. Nei
casi più gravi ed inveterati può risultare invisibile perché completamente circondata e ricoperta
dalle strutture mobili addominali (epiploon, anse dell'intestino tenue, mesentere) che coinvolte nel
processo infiammatorio sono corse incontro all'appendice formandole intorno una sorta di
involucro, di barriera, capace di isolarla dal resto dell'addome.
Questa massa viene indicata con il termine di piastrone appendicolare ed ha una funzione
estremamente utile. Nel caso infatti di perforazione dell'appendice il contenuto settico fuoruscito
rimarrà circoscritto all'interno di questa sacca (con conseguente peritonite locale) senza venire a
contatto con la cavità addominale libera ove provocherebbe una ben più grave peritonite
generalizzata.
Sintomatologia
Diagnosi
Nei casi tipici la diagnosi di appendicite non pone problemi particolari. Il riscontro di un dolore
vago in sede epigastrica successivamente localizzato in sede ileo-cecale e accompagnato da
anoressia, nausea e vomito depone per un attacco acuto. È importante anche l'alterazione
contestuale di alcuni parametri di laboratorio. In particolare deve essere presente una leucocitosi
neutrofila significativa. L'entità dei valori che possono andare da 10-19.000 comunque non
rispecchia sempre la gravità del quadro clinico, mentre valori > 20.000 possono essere indicativi di
una peritonite conseguenza della perforazione dell'organo.
Se ciò è sufficiente in circa l'80% dei casi [7] nel restante 20% il quadro clinico è meno chiaro e
richiede ulteriori valutazioni e il ricorso ad alcune indagini strumentali.
Escluse quelle endoscopiche e radiografiche con mezzo di contrasto per il rischio di perforazione
dell'appendice infiammata (ma anche del cieco) si rivelano utili le radiografie 'in bianco'
dell'addome, la TAC e soprattutto
l'ultrasonografia .
Criteri ecografici di appendicite acuta
(sonda lineare a frequenza alta)
Premesso che un appendice normale non sempre è visibile.
formazione tubolare non comprimibile
fondo cieco con lume virtuale o dilatato
diametro massimo superiore a 6 mm
eventuale appendicolita all'interno
iperecogenicità periappendicolare, segno di infiammazione del grasso mesenterico
linfoadenomegalie mesenteriche
Le conclusioni: l'eco ha alte specificità e sensibilità, ma mentre la specificità è tale da
confermare la diagnosi se positiva, la sensibilità non è sufficientemente tale da escluderla se
negativa
L'importanza di queste indagini non ridimensiona quella dell'esame clinico del paziente. La ricerca
della dolorabilità in alcuni punti specifici o la positività di determinate manovre può fornire
indicazioni importanti:
Manovra di Blumberg. Questo manovra consiste nel poggiare delicatamente le dita della
mano sulla parete addominale del paziente affondandola gradualmente (prima fase) e
sollevandola poi di colpo (seconda fase). Si dice positiva se il dolore che il paziente avverte
durante la prima fase della manovra e che è modesto, nella seconda fase aumenta di intensità
diventando violento.
Manovra di Rovsing. Con le dita e il palmo della mano si esercita una pressione
sull'addome a livello della fossa iliaca sinistra. Quindi la mano viene spostata
progressivamente verso l'alto a comprimere il colon discendente. Se la manovra evoca
dolore nella fossa iliaca destra si dice positiva ed è un segno, incostante, di appendicite
acuta.
Manovra dello psoas. In questo caso la pressione viene esercitata in corrispondenza della
fossa iliaca destra mentre contemporaneamente viene sollevato l'arto del paziente, a
ginocchio rigido. Questa manovra comporta la contrazione del muscolo psoas che a sua
volta preme sul cieco e sull'appendice. Se l'organo è infiammato la manovra suscita dolore.
Pressione su punti specifici. La pressione in corrispondenza del punto di McBurney è
dolorosa in caso di appendicite acuta. Quella nello scavo del Douglas, raggiungibile nella
donna con una esplorazione vaginale e nel maschio con quella rettale, suscita dolore vivo in
caso di peritonite.
Alvarado Score
Nel 1986 fu proposto un sistema a punteggio clinico (conosciuto come Alvarado clinical score dal
nome del suo autore) che agevolasse la diagnosi di appendicite [11]. Esso è basato sul riscontro di
alcuni sintomi, segni e reperti di laboratorio ai quali viene attribuito un punteggio. Se la somma è
superiore a 7 la diagnosi viene confermata. Se inferiore a 5 è forte la probabilità che non si tratti di
appendicite. I punteggi intermedi tra 5 e 7 richiedono accertamenti ulteriori (Tac). Lo schema
originale ha subito alcune variazioni; viene adoperato nei paesi di lingua inglese e in qualche paese
europeo.
Sintomi
Dolore che migra in fossa iliaca destra 1 punto
Anoressia 1 punto
Nausea e vomito 1 punto
Segni
Dolore alla palpazione in fossa iliaca destra 2 punti
Manovra di Blumberg positiva 1 punto
Febbre 1 punto
Esami di Laboratorio
Leucocitosi 2 punti
Neutrofilia con spostamento a sx dello schema di Arneth 1 punto
Punteggio Totale 10 punti
Diagnosi differenziale
Delle appendiciti acute che vanno all'intervento chirurgico soltanto nel 50% circa dei casi si ha un
riscontro obiettivo intra-operatorio e la conferma istologica. Negli altri casi il chirurgo trova una
appendice bianca (priva cioè di segni di flogosi) e soltanto in una minima parte, calcolata intorno al
10-20%, può risalire alla patologia che ha scatenato il quadro di tipo appendicolare.
Nella tabella successiva vengono riportate alcune delle patologie che possono essere confuse con un
attacco di appendicite acuta:
Diagnostica differenziale
- cancro del colon o - stato occlusivo importanza dei dati anamnestici: disturbi
dell'appendice - dell'alvo con eventuali tracce di sangue
- diverticolite infiammazione/perforazione (neoplasie)
- occlusione intestinale - interventi pregressi (occlusioni),
- infarto intestinale - sofferenza ischemica cardiopatie fibrillanti (infarto intestinale)
- gastroenterite
- infezione
- linfoadenopatia
- iperplasia linfatica
mesenterica
- stato ocllusivo
- intussuscezione
- infezione extra-
- polmonite basale
addominale
destra
La difficoltà della diagnosi differenziale non è legata soltanto al gran numero di patologie che
possono presentare quadri simili a quelli con cui si manifesta l'appendicite acuta, ma anche al fatto
che non sempre c'è il tempo necessario per espletare le indagini capaci di offrire risposte
chiarificatrici. È il caso di quei quadri di addome acuto che richiedono un intervento chirurgico
tempestivo a prescindere da una diagnosi di certezza. Altre volte è il timore che una appendicite
catarrale possa trasformarsi in una ben più temibile appendicite gangrenosa complicata da una
peritonite che fa prevalere l'atteggiamento interventistico piuttosto che quello attendistico.
Evoluzione e Prognosi
L'eziopatogenesi dell'appendicite acuta prevede una serie di passaggi che portano dalla forma
catarrale alla forma gangrenosa. Tuttavia questa sequenza non è certa né è possibile prevederne i
tempi e le modalità tanto che non sono infrequenti i casi di regressione spontanea o viceversa di
esordio della malattia direttamente con un quadro perforativo: appendicite acuta fulminante.
Il fatto che l'occlusione del lume sia per lo più dovuta a corpi estranei lascia supporre che la
espulsione degli stessi (legata all'aumento di pressione endoluminale propria della fase catarrale
dell'infezione) possa portare alla risoluzione spontanea della malattia. Anche nel caso della
iperplasia linfatica così frequente nell'infanzia, particolarmente esposta a noxae patogene soprattutto
infettive, si può immaginare che una sua rapida detumescenza possa avere effetti benefici. È
opportuno ricordare che l'appendice vermiforme viene chiamata anche tonsilla intestinale per
analogia di struttura e funzione con la tonsilla platina e che di quest'ultima sono note, perché ben
visibili, le variazioni volumetriche frequenti e repentine soprattutto nei bambini più piccoli.
Una regressione quindi è possibile anche se limitatamente alle prime fasi della malattia. Nella
maggior parte dei casi invece essa progredisce con un coinvolgimento sempre più grave del viscere,
degli organi circostanti, del peritoneo. Quando la risposta locale e la virulenza dei germi lo
consentono c'è possibilità che attorno all'appendice si formi l'agglomerato che abbiamo descritto
come piastrone, se il quadro evolve più acutamente manca il tempo necessario. Le conseguenze al
momento della perforazione dell'appendice, ultimo atto della evoluzione anatomo patologica della
malattia, saranno molto diverse.
Infatti il materiale settico fuoruscito se incontrerà la barriera rappresentata dal piastrone rimarrà
circoscritto dando luogo a un ascesso saccato, in caso contrario inonderà il cavo addominale libero
con una conseguente e ben più grave peritonite generalizzata.
Un'appendicite con peritonite generalizzata se non trattata chirurgicamente ha una evoluzione
fatale. In caso di peritonite circoscritta la prognosi rimane ugualmente sfavorevole ma con qualche
eccezione legata ai rapporti che il piastrone può contratte con particolari organi: retto, vagina,
vescica nei quali si fistolizza così che al momento della rottura dell'ascesso il materiale purulento
uscirà dalla cavità addominale seguendo queste vie. Il caso più favorevole è rappresentato da
eventuali aderenze tra piastrone e parete addominale che favorisce lo svuotamento dell'ascesso
direttamente all'esterno con buona probabilità di sopravvivenza del paziente.
È una prognosi sostanzialmente sfavorevole quella che caratterizza la storia dell'appendicite fino
alla fine del XIX secolo. L'avvento della chirurgia moderna e la possibilità di approccio alla cavità
addominale produrrà una drastica inversione di tendenza in senso positivo ma limitatamente alle
appendiciti acute non complicate da peritonite. Per queste ultime, occorre ricordare, la mortalità è
rimasta alta fino a qualche decennio fa e ancora oggi si registrano alcune decine di decessi all'anno.
A rischio rimangono:
la primissima infanzia: per obiettive difficoltà di diagnosi
la vecchiaia: perché, essendo l'appendicite poco frequente, viene confusa con patologie più
usuali a questa età e perché il deficit delle difese immunitarie e dell'apporto ematico legato
all'atrofia dell'organo predispongono alla sua rottura
la gravidanza: per la difficoltà di diagnosi legate allo spostamento del cieco e quindi
dell'appendice da parte dell'utero gravido e per la condivisione di sintomi comuni come la
nausea o il vomito o la leucocitosi. La diagnosi tardiva e ancor di più la comparsa di una
peritonite sono eventi drammatici gravati da un'alta mortalità fetale (dal 3-5% dopo
appendicectomia per appendicite acuta iniziale al 20% in caso di appendice perforata con
peritonite [14])
i casi che giungono tardivamente all'osservazione chirurgica. Può accadere infatti che una
sintomatologia atipica indirizzi verso patologie specifiche alternative (colecistite, cistite,
colica renale) ritardardo la diagnosi esatta ma accade troppo spesso che anche una
appendicite tipica che, ricordiamo, può esordire con un dolore vago in sede epigastrica
accompagnato da anoressia e nausea, venga frettolosamente etichettata come una banale
indigestione e giudicata, almeno inizialmente, non meritevole di un consulto chirurgico o di
un ricovero ospedaliero urgente.
Terapia
La terapia dell'appendicite acuta è esclusivamente chirurgica e l'orientamento attuale è quello di
intervenire precocemente.
Nella fase diagnostica e poi in quella preparatoria all'intervento il paziente può essere trattato con
terapia infusionale, con antibiotici, eventualmente posizionando un sondino naso-gastrico. Il ricorso
agli antinfiammatori e soprattutto agli antidolorifici è assolutamente controidicato per il rischio che
mascherino la sintomatologia.
Intervento chirurgico
La terapia dell'appendicite acuta è esclusivamente chirurgica e l'orientamento attuale è quello di
intervenire precocemente.
L'appendicectomia (dal greco ἐκτός: fuori e τέμνω: tagliare) eseguita nella prima fase dell'infezione
si risolve in un intervento semplice e rapido con brevi tempi di degenza e costi sanitari e sociali
contenuti. Viceversa la presenza di un piastrone, di un ascesso o di una peritonite rendono l'atto
operatorio molto più indaginoso, rischioso e gravato da numerose complicazioni intra e post-
operatorie.
L'intervento può essere eseguito con una tecnica tradizionale 'aperta' o con quella 'mini invasiva' più
recente.
Tecnica aperta (open)
Incisioni laparotomiche.
È la tecnica più antica, eseguita dagli albori della chirurgia addominale fino ai giorni nostri. Può
essere così schematizzata:
Accesso alla cavità addominale mediante una laparatomia più o meno ampia, scelta dal
chirurgo in base alla gravità del quadro clinico (eventuale presenza di piastrone, segni di
peritonite, interventi pregressi) a preferenze personali, talvolta su richiesta del paziente.
Consiste nella incisione della cute e degli strati successivi fino all'apertura del peritoneo
parietale.
o taglio di MacBurney: piccola incisione obliqua di circa 6-8 che passa nel punto di
McBurney. Consente un accesso rapido alla fossa ileo-cecale e una ricostruzione
della parete con ottimi risultati estetici. Offre una buona esposizione dei visceri ma
risulta limitato in caso di posizione anomala del cieco e/o dell'appendice anche
perché può essere allungato con difficoltà.
o taglio di Battle - Jalaguier: ampia incisione longitudinale eseguita lungo il margine
esterno del muscolo retto di destra. Offre un'ottima esposizione e inoltre, in caso di
difficoltà, può essere allungato. Tecnicamente è più complesso e richiede tempi più
lunghi, anche in fase di ricostruzione. Viene utilizzato nei casi di appendicite
complicata.
o taglio mediano ombelico-pubico: consiste in una ampia incisione che dall'ombelico
scende fino a pochi centimetri dalla sinfisi del pube. Si ricorre a questa via di accesso
molto ampia ma anche più traumatica, nel caso di dubbi diagnostici o quando si
prevede di dover intervenire anche sugli organi pelvici.
o taglio sovrapubico destro: corrisponde alla metà esterna destra della incisione di
Pfannestiel che corre parallela al margine superiore del pube. Poiché i suoi esiti
cicatriziali vengono ricoperti dai peli presenti nella zona è quella che offre i migliori
risultati estetici e come tale è abitualmente richiesta dalle pazienti. È tuttavia da
considerare la meno idonea all'intervento di appendicectomia perché nel caso di un
cieco fisso e di un'appendice in posizione anomala, eventi tutt'altro che rari, rende
difficoltose e spesso impossibili alcune manovre.
Ricerca ed esposizione dell'appendice: una volta penetrati in addome il cieco e l'appendice
possono risultare immediatamente evidenti. Ciò dipende dal tipo di incisione praticata ma
soprattutto dalla posizione anatomica dell'appendice e dall'entità dei fenomeni infiammatori
perivisceritici.
Nei casi, non rari, in cui l'organo deve essere cercato, una volta identificato il colon
discendente e quindi il cieco, si segue verso il basso il percorso della tenia anteriore che
conduce alla base di impianto dell'appendice. In alternativa si può procedere alla
identificazione del tratto ileale dell'intestino tenue e al suo punto di inserimento nel cieco.
Pochi centimetri al di sotto di quest'angolo ileo-cecale ha sede l'impianto dell'appendice.
Più complessa è la situazione in cui l'appendice è coperta da piastrone. In questi casi sarà
necessario sbrigliare i vari organi (epiploon, anse intestinali, mesentere) dalle aderenze che
li hanno fissati tra loro e all'appendice così da liberarla completamente.
Appendicite cronica
L' appendicite cronica, in quanto entità nosologica, pone alcuni problemi di carattere
eziopatogenetico e clinico essendo viceversa definita sotto l'aspetto anatomo-patologico. Sono state
ipotizzati due tipi di appendicite cronica:
quella che nasce cronica fin dall'esordio. È un’ipotesi non condivisa da tutti gli Autori.
quella che rappresenta l'esito di una forma acuta risoltasi spontaneamente. È l'ipotesi più
accreditata anche per il fatto che i fenomeni di atrofia, sclerosi e fibrosi periviscerale che
caratterizzano il quadro istologico di un'appendicite cronica, e che rivestono un ruolo
importante nella sua eziopatogenesi, possono essere interpretati come esiti di un episodio
acuto subito in precedenza e risoltosi spontaneamente.
I dubbi sotto l'aspetto clinico nascono dal fatto che la sintomatologia delle due forme è
sovrapponibile: dolore localizzato alla fossa ileo-cecale, nausea, anoressia e pone la stessa
indicazione chirurgica urgente. Davanti a un quadro simile è difficile stabilire se si tratti di una
recidiva di un episodio acuto o della cronicizzazione di una infiammazione precedente e solo
l'esame istologico è in grado di dirimere il dubbio.
Avendo messo in relazione i dati forniti dalla istologia con i quadri clinici osservati nei pazienti
operati alcuni Autori hanno ritenuto di affermare che l'appendicite cronica ha una sua precisa
connotazione anche clinica (oltre che anatomo-patologica) [20] [21] , per altri invece non è così perché
non ravvisano una peculiarità della sintomatologia cronica rispetto a quella acuta.
Ancora maggiori perplessità suscitano le ipotesi di ricondurre ad una patologia appendicolare
cronica sintomatologie prolungate nel tempo, vaghe e mal definite. Anzi sono proprio queste che
devono imporre una attenta valutazione diagnostica differenziale prima che venga presa la decisione
di procedere ad una appendicectomia.