Capitolo B2

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Sadava, Hillis, Heller, Berenbaum

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SINTESI DI FINE CAPITOLO


Capitolo B2 – Il linguaggio della vita
Lezione 1 – I geni sono fatti di DNA
La scoperta del materiale ereditario iniziò con l’identificazione della nucleina da parte di
Miescher, ma furono necessari altri esperimenti per chiarire che è il DNA, e non le
proteine, il depositario dell’informazione genetica. A inizio Novecento Griffith scoprì che il
fattore di trasformazione estratto da batteri virulenti morti era in grado di rendere
virulento un ceppo di batteri innocui, mentre Avery identificò la natura chimica del fattore
di trasformazione. Questa scoperta fu confermata da Hershey e Chase attraverso l’uso di
batteriofagi marcati con isotopi radioattivi di zolfo e fosforo.

Lezione 2 – La struttura del DNA


Per definire la struttura del DNA furono necessari molti esperimenti. Gli studi di
cristallografia a raggi X di Franklin e Wilkins suggeriscono una forma a spirale per la
molecola di DNA. Chargaff scoprì invece la regolarità nei rapporti tra le basi azotate: in
tutte le specie l’adenina (A) è presente nella stessa quantità della timina (T), mentre alla
presenza della guanina (G) corrisponde quella della citosina (C).
A partire da questi dati Watson e Crick proposero per il DNA un modello tridimensionale
con struttura a doppia elica. Secondo tale modello, le due catene della doppia elica sono
formate da nucleotidi legati in modo covalenti, inoltre essi sono complementari e sono uniti
dai legami a idrogeno che si formano tra le basi azotate appaiate in modo specifico (A con
T e G con C). Le due catene sono antiparallele e si avvolgono attorno a un asse dando
alla molecola la forma di doppia elica.
La struttura del DNA ne spiega due importanti funzioni. L’informazione genetica è
depositata nella parte variabile della molecola, ovvero le basi azotate, e la
complementarietà delle basi rende semplice ed efficace il meccanismo di duplicazione.

Lezione 3 – La duplicazione del DNA è semiconservativa


La duplicazione del DNA è semiconservativa: ogni filamento parentale funziona da
stampo per la sintesi di un filamento nuovo. A partire dall’origine della duplicazione (ori)
alcuni enzimi aprono la doppia elica formando due forcelle di duplicazione.

Sadava,  Hillis,  Heller,  Berenbaum    


La  nuova  biologia.blu    
©  Zanichelli  Editore  2016  
Su ciascuno dei due filamenti stampo si posiziona un innesco (primer) e la DNA polimerasi
inizia la sintesi dei nuovi filamenti aggiungendo nucleotidi all’estremità 3´ del primer.
La duplicazione sui due filamenti procede in modo diverso: è continua sul filamento veloce
(che ha l’estremità 3´ libera), mentre è discontinua e procede a ritroso sul filamento lento
(che ha l’estremità 5´ libera). Nel caso del filamento lento vengono sintetizzati molti primer
seguiti da frammenti di Okazaki, che sono poi uniti dall’enzima DNA ligasi.
Le cellule dispongono di tre meccanismi di riparazione per rimediare agli errori della
DNA polimerasi o ai danni subiti dal DNA. Durante la correzione di bozze, la DNA
polimerasi ricontrolla il giusto appaiamento delle basi mano a mano che procede la sintesi.
Nella riparazione delle anomalie di appaiamento alcune proteine in grado di distinguere
il filamento nuovo dal filamento stampo controllano il DNA appena duplicato e correggono
gli errori di appaiamento.Nella riparazione per escissione appositi enzimi controllano il
DNA quando non si sta duplicando alla ricerca di alterazioni nell’appaiamento o nella
struttura delle basi, in tal caso eliminano i pezzi di filamento difettoso e li sostituiscono.

Sadava,  Hillis,  Heller,  Berenbaum    


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