Muro Usa Messico
Muro Usa Messico
Muro Usa Messico
Oggi, il numero delle vittime, in gran parte collegate al clima e agli annegamenti nei corsi
d’acqua, rimane ancora troppo alto. A parlare più forte delle parole sono i numeri. Nel
corso dei primi dieci anni della presenza del muro, sono state all’incirca duemila le
persone morte tentando di attraversare il confine. Nello stesso periodo, circa 700 mila
migranti sono stati arrestati dalla polizia di confine. Osservando sviluppi più recenti,
durante gli ultimi tre anni dell'amministrazione Obama, i morti sono aumentati da 307
nel 2014, fino a raggiungere quota 396 nel 2016. Successivamente, con l’insediamento
di Trump, per via delle misure sempre più restrittive, si è verificata la riduzione dei
passaggi di confine. Di conseguenza, gli immigrati morti nel 2017 sono stati 375, il 5% in
meno rispetto al 2016. Nonostante ciò, i dati restano implacabili. La Human Rights
Coalition dell’Arizona ha registrato 137 vittime solo nel 2015, 260 nel 2018.
Oltre ai tristi dati delle morti, un altro aspetto preoccupante è quello che riguarda
il traffico di esseri umani. Sono svariate le inchieste condotte da giornali e da
associazioni umanitarie locali che hanno dimostrato come i narcos e i cartelli della droga
abbiano assunto il controllo di questi redditizi traffici. Questi ultimi, secondo l'United
Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) , hanno prodotto un giro d'affari enorme,
pari a 6,6 miliardi di dollari, solo nel 2015.
A tal proposito, sono diverse le denunce da parte della Caritas e della Pastorale sociale
del Messico e del Centroamerica contro la sciagura della tratta di persone, definita
dalle stesse come “crimine contro l’umanità”. Le bande dei trafficanti, meglio
conosciute come “Coyote”, spesso non si limitano a sfruttare economicamente le persone
spinte a migrare ma le truffano. Infatti, come sottolineato in un’inchiesta
di Repubblica da Jose Moreno Mena, presidente de “C oaliciòn pro defensa del
migrante”, i migranti vengono abbandonati nel nulla e, per questo, molti di loro muoiono
prevalentemente per il freddo e l’ipotermia. Il tutto è inconcepibile se si pensa che
queste persone intraprendono tale viaggio con la speranza di raggiungere un nuovo
mondo pieno di opportunità.
Ad ostacolare il viaggio verso gli USA si aggiunge il rischio di incontrare la “border
patrol”, ovvero la polizia di frontiera. In questo caso, la probabilità di essere espulsi
dagli USA è alta. Così, il viaggio, di per sé estenuante, si interrompe e inizia la
deportazione. Come afferma un migrante, intervistato in uno dei tanti centri
d’accoglienza a Tijuana durante un’inchiesta di Repubblica: “Se ti becca la polizia di
frontiera perdi tutto, tutte le illusioni e tutto il danaro” .
A questo punto, è importante sottolineare che per un migrante che non sia in possesso di
una Green Card (un’autorizzazione rilasciata dalle autorità degli Stati Uniti che
consente ad uno straniero di risiedere sul suolo degli Usa illimitatamente), risulta
sempre più difficoltoso ottenere un permesso e spesso basta una semplice infrazione
per mettere in atto un’espulsione dal suolo statunitense. Basti pensare che, tra il 2014
e il 2016, sarebbero stati 10.142 gli ordini di espulsione emanati a carico di bambini
privi di documenti che provengono da generalmente da Honduras, Nicaragua ed El
Salvador, paesi molto poveri e ad alto tasso di violenza.
Così, alle condizioni gravose nelle quali i migranti si trovano ad affrontare questo
viaggio, si aggiungono inevitabilmente le separazioni forzate di numerose famiglie, che
sognavano una vita migliore in un altro Paese. Il tutto dettato da un contesto in cui
vigono leggi che rovinano quotidianamente la speranza di un futuro migliore di uomini,
donne, anziani e bambini.
La questione ambientale