Testo Completo
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Testo Completo
dell’Architettura
Rielaborazione degli appunti dell’insegnamento
di Storia dell’Architettura del Corso di Laurea
in Ingegneria Edile – Sede di Rieti
a.a. 2006/2007
cfu: 6
Andrea Valenzi
Fondamenti di Storia dell’Architettura
Indice Tematico
1 SISTEMI COSTRUTTIVI....................................................................................................... 1
1.1 MORFOLOGIE ARCHITETTONICHE .................................................................................................. 3
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
10 ARCHITETTURA RINASCIMENTALE............................................................................ 75
10.1 NASCITA DELL’ARCHITETTURA RINASCIMENTALE ......................................................................... 75
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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1 SISTEMI COSTRUTTIVI
I sistemi costruttivi principali sono: il sistema trilitico e il sistema ad arco.
Il primo è costituito principalmente da tre elementi due dei quali sono posti in verticale
(piedritti) mentre il terzo elemento è posto in orizzontale sui primi due (architrave). Nel
sistema trilitico si ha una trasmissione dei carichi in modo abbastanza semplice; il peso
dell’elemento orizzontale – poiché semplicemente appoggiato – si divide in due carichi
equivalenti i quali si scaricano sui piedritti sollecitandoli ad uno sforzo di compressione
assiale. L’elemento orizzontale invece risulta sollecitato da uno sforzo di flessione semplice;
ne consegue che è proprio quest’ultimo l’elemento più delicato di tutto il sistema trilitico.
Un’altra caratteristica di questo sistema è che, mentre i piedritti possono essere costituiti
anche da più elementi (es. mattoni), l’elemento orizzontale deve essere monoblocco ed
omogeneo.
L’altro sistema costruttivo è quello ad arco. In questo sistema la ripartizione dei carichi e
il loro scarico a terra avviene in maniera nettamente diversa. Gli elementi che costituiscono
l’arco sono detti conci e le sezioni principali sono la sezione di imposta (dove si imposta
l’arco con il concio di imposta), la sezione alle reni (che si trova a circa 30° dall’imposta) e la
sezione in chiave (la quale individua il cervello dell’arco con il concio in chiave). Per la
stabilità dell’arco occorre che tutti gli elementi siano sottoposti a sforzi di compressione.
Considerando un qualunque concio: su di esso agiscono due forze una è la spinta trasmessa
dal concio superiore e una è la risultante di tutti i carichi sovrastanti (compreso il peso
proprio del concio), la risultante di queste due forze deve necessariamente cadere
all’interno del terzo medio della sezione del concio affinché tutta la sezione sia compressa.
Una volta verificato l’arco nasce il problema della stabilità del sostegno. Nel sistema trilitico
come abbiamo visto i piedritti venivano sollecitati ad uno sforzo di compressione semplice,
nel sistema ad arco invece i sostegni (siano essi pilastri colonne o muri), come i conci,
vengono anch’essi sollecitati dalla spinta dell’arco e dalla risultante dei pesi e anche in
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questo caso la risultante di queste due forze deve cadere all’interno del terzo medio della
sezione, questo per evitare sforzi di trazione su materiale non idoneo. Poiché la risultante
delle forze non è perfettamente verticale (nei conci come nei piedritti) l’arco è soggetto ad
una compressione eccentrica quindi presso-flessione. Tale sollecitazione tende non solo a
comprimere la struttura ma anche a spingerla verso l’esterno.
Tuttavia un arco, per la sua natura, può essere costituito da pietre o mattoni e può
coprire luci superiori a quelle che si riesce a coprire con il sistema trilitico.
Infine esiste anche un terzo sistema costruttivo, quello triangolare. Questo sistema ha
avuto minori impieghi tranne che nelle coperture, risultando il sistema più funzionale nella
costruzione dei tetti. Un tetto generalmente si costruisce con due travi inclinate queste,
analogamente a quanto avviene negli archi, trasmettono alle murature sottostanti una
spinta inclinata. Tale spinta però può essere facilmente eliminata se si uniscono le due travi
inclinate (puntoni) alla base mediante un’altra trave orizzontale, che prende il nome di
catena. La struttura che così si ottiene, dalla forma triangolare, è denominata «capriata».
Generalmente la capriata si compone anche di altri elementi, sempre in legno, che sono il
monaco e gli arcarecci.
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Il sistema triangolare è sicuramente quello delle prime costruzioni umane (le capanne),
ma è anche il sistema costruttivo adottato dagli antichi egizi nella costruzione delle
piramidi, circa 2500 anni a.C..
Infine il sistema ad arco sarà il principio costruttivo adottato dagli antichi romani, ma sarà
impiegato anche nei periodi storici successivi, dal medioevo all’età barocca. Esso troverà
applicazioni sempre diverse, scomparendo solo con la rivoluzione industriale e la scoperta
dei nuovi materiali: il ferro e il cemento armato.
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2 L’ARCHITETTURA GRECA
La storia dell’arte greca può essere suddivisa in tre periodi: Periodo Arcaico (VIII sec. –
metà V sec.) Periodo Classico (metà V sec. – fine IV sec.) Periodo Ellenistico (III sec. – I sec.
a.C.).
Il grande progresso della cultura greca nell’ambito del mondo antico si riflesse anche in
architettura. I greci ebbero un’idea molto particolare dell’estetica architettonica, che
applicarono soprattutto all’aspetto plastico degli edifici, rendendoli più simili a delle sculture
che non ad organismi statici di chiusura dello spazio.
Il loro genio costruttivo si applicò quasi esclusivamente alla costruzione dei templi.
Adottando il sistema costruttivo trilitico – benché conoscessero anche l’arco – i greci
perfezionarono in maniera progressiva misure, forme e proporzioni degli e tra gli elementi
degli edifici: colonne e trabeazione. Questi elementi presero il nome di «ordine
architettonico». Sostanzialmente l’ordine fissava delle norme che dovevano essere
rispettate dai costruttori nella realizzazione degli edifici. Gli ordini architettonici greci si
configurarono in età arcaica e si uniformarono a tre grandi stili: il dorico (sviluppatosi
intorno all’VIII-VII sec. trovò applicazioni nell’area occidentale della Grecia), lo ionico
(sviluppatosi intorno al VI sec. trovò applicazioni nell’area orientale della Grecia) e il corinzio
(sviluppatosi intorno al V-IV sec. trovò applicazioni soprattutto nell’architettura romana).
Un ordine può essere configurato dalle cosiddette nove linee, le quali individuano: lo
stilobate, la base (che però nell’ordine dorico è assente), il fusto della colonna, l’echino,
l’abaco, l’architrave, il fregio e la cornice. Nei tre diversi ordini varia soprattutto la forma del
capitello, ma non è solo questo a differenziare gli ordini. L’ordine, infatti, è un sistema
modulare che permette di dimensionare gli edifici partendo dal solo diametro della colonna
alla base (immoscapo).
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Ordine dorico – Nell’ordine dorico la colonna non presenta la base, queste poggiano
quindi direttamente sullo stilobate. Il fusto della colonna (generalmente costituito da rocchi
sovrapposti) presenta delle scanalature a spigolo vivo (al fine di creare dei chiaroscuri sulla
colonna) e inoltre presenta un particolare rigonfiamento a circa 1/3 dalla base (entasis). Tale
rigonfiamento da anche l’idea di un ingrossamento della colonna sotto il peso delle strutture
sovrastanti. Il capitello è semplice, l’echino ha la forma di un cuscinetto mentre l’abaco è un
prisma a base quadrangolare. Sopra i capitelli poggia l’architrave, elemento costituito da
blocchi marmorei che si congiungono in corrispondenza dell’asse mediano delle colonne. Il
fregio è costituito dall’alternarsi di due elementi: triglifo e metopa. Il primo presenta delle
scanalature mentre il secondo era generalmente decorato con bassorilievi. L’ordine dorico è
il più severo ed imponente oltre ad essere il meno snello, infatti il rapporto di snellezza tra il
fusto della colonna e il diametro della stessa variava tra 4/6.
Il «conflitto angolare» nell’ordine dorico era riferito alla posizione del triglifo, in quanto,
poiché esso doveva essere posto sull’asse della colonna, risultava discostato dallo spigolo
della facciata. Per ovviare a questo problema si pensò di restringere l’intercolumnio
dall’interno verso l’esterno.
La colonna dorica è la più antica e si erge direttamente sopra lo stilobate (lo zoccolo su
cui poggiano le colonne) senza la base; il fusto è caratterizzato da scannellature ed è
rastremato (cioè si restringe) verso l’alto. Il capitello è molto semplice e si compone di un
anello schiacciato (echino) sormontato da un parallelepipedo basso (abaco).
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Ordine ionico – Nell’ordine ionico torna ad essere presente la base, la quale è costituita
da due elementi convessi (tori) e da un elemento concavo (scozia), disposti
alternativamente. Il fusto della colonna (anch’esso costituito da rocchi) è sempre scanalato,
ma questa volta le scanalature sono a spigoli smussati; inoltre l’entasis è meno pronunciata
rispetto all’ordine dorico e il fusto meno rastremato. Il capitello ionico presenta una forma
più elaborata, detta zoomorfa. Tale forma deriva da una conchiglia chiamata nautilus. Esso
è quindi costituito da un echino con volute laterali ed ovoli nella parte centrale e da un
abaco molto sottile. L’architrave è tripartito in fasce leggermente sporgenti le une sulle altre
(quella superiore è la più sporgente). Infine il fregio è continuo e generalmente ornato da
bassorilievi.
L’ordine ionico presenta una snellezza maggiore rispetto a quello dorico, infatti in
rapporto di snellezza fusto/diametro varia tra 6/8.
La colonna dorica è di forma più agile e slanciata, con il fusto affusolato che poggia su un
piedistallo formato da un anello concavo e uno convesso. Il fusto è ancora scanalato ma più
fitto. Il capitello presenta due volute simmetriche.
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Ordine corinzio – L’ordine corinzio è molto simile a quello ionico. La differenza principale
sta nel capitello, il quale presenta qui una forma ancor più elaborata, detta fitomorfa. La
forma dell’echino infatti è la rappresentazione di un cesto con foglie d’acanto.
L’ordine corinzio è il più snello e slanciato in assoluto, infatti il rapporto di snellezza varia
tra 8/10.
Nella colonna corinzia compare un nuovo basamento (plinto) che solleva la colonna dallo
zoccolo. Il fusto è ancora più esile mentre la forma del capitello è a “cesto”, scolpito con fogli
d’acanto.
Inoltre gli architetti greci, per correggere le illusioni ottiche che potevano disturbare
l’armonia dell’edificio, idearono dei sofisticati accorgimenti: le correzioni ottiche. Le
principali sono:
- inclinazione degli assi delle colonne. Gli elementi verticali infatti sono corretti con
l’inclinazione dell’asse verso l’interno alla sommità. Se l’asse delle colonne fosse
stato dritto, l’illusione ottica sarebbe stata di apertura verso l’esterno.
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- riduzione progressiva verso l’esterno degli intercolunni e aumento della sezione delle
colonne d’angolo. Questo per ovviare all’effetto di snellimento a cui sono soggette le
colonne d’angolo a causa della luce che le colpisce più direttamente e della maggior
distanza dall’asse della facciata.
- il progressivo aumento del rilievo delle decorazioni dal basso verso l’alto. Poiché
l’osservatore guarda dal basso verso l’alto.
Nel complesso questo sistema di proporzioni e di modularità che veniva fissato dagli
ordini rispondeva a due esigenze particolari: una statica (la quale doveva rispettare i limiti di
resistenza dei materiali impiegati) ed una estetica (la quale consentiva di ottenere edifici
ben proporzionati ed armoniosi). Fissato quindi il diametro delle colonne alla base, il resto
delle dimensioni degli altri elementi scaturiva da precisi rapporti numerici proporzionali
fissati per ciascun ordine. Questo strumento progettuale garantiva quindi un eccellente
risultato statico ed estetico.
Il Tempio greco ruotava tutt’intorno al naos, una cella di forma rettangolare nella quale
era contenuta la statua della divinità cui era dedicato il tempio (al naos potevano affiancarsi
anche altri ambienti destinati sempre a funzioni religiose). Generalmente il naos era
preceduto da un vestibolo porticato nella parte anteriore, il pronao, e a volte anche nella
parte posteriore, opistodomo. Successivamente il portico venne esteso anche all’intero
perimetro del naos e venne realizzato con una serie di colonne (peristasi) che potevano
essere sia distanziate dal naos sia addossate alla cella. A volte il naos poteva essere
suddiviso anche in tre navate da due file di colonne a due piani sovrastanti. Il basamento su
cui poggiava il tempio (stilobate) era formato da degli strati sovrapposti di pietra di forma
parallelepipeda. Lo stilobate era rialzato rispetto al terreno generalmente da tre gradini
(crepidoma). Il tetto del tempio era costituito da una copertura a doppio spiovente, formata
da un’intelaiatura lignea di capriate. Su tale intelaiatura poggiavano le tegole, che potevano
essere di marmo o di terra cotta o cruda. Tale copertura faceva sì che sui lati minori del
tempio si venissero a creare due frontoni, i quali nella parte interna erano chiusi da delle
lastre di marmo; tale superficie triangolare era chiamata timpano.
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Il tempio più antico (HeraI) è un periptero ennastilo (cioè con nove colonne sui lati brevi).
Il tempio documenta la particolare tradizione architettonica che si afferma con la fine del VI
secolo a.c. nelle colonie achee. Il tempio di Hera I conserva le tracce di questo gusto
eclettico: la sensazione di pesantezza tipica del dorico arcaico si legge nelle massicce e
tozze colonne con pronunciata entasi e nei capitelli con echino molto schiacciato e rigonfio
e largo abaco; al tempo stesso il collarino dei capitelli è abbellito con corone di foglie e
decorazioni a fiori di loto e catene di palmette in rosso e blu con vistoso effetto
ornamentale.
L’Acropoli, sede dei culti più antichi e importanti della città, è stata per qualche decennio
sede di scontro politico combattuto a suon di realizzazioni architettoniche dalle diverse
intonazioni. Nei primi anni della democrazia, Clistene aveva avviato la costruzione di un
tempio dedicato ad Atena sul sito dell’Hekatòmpedon voluto dai Pisistratidi, i tiranni al
potere sino al 509 a.C. La prima guerra persiana arresta il cantiere di Clistene a livello del
basamento: da questo si riparte dopo la vittoria di Maratona, con la costruzione di un
edificio interamente in marmo che onori il volto di Atena, Pallàs o Parthènos (vergine e
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Nella cella est del Partenone lo sguardo si rivolge alla colossale statua di Atena, fulcro di
tutto il programma decorativo dell’edificio, realizzata da Fidia in tecnica crisoelefantina
(cioè con avorio per le parti nude della figura e oro con tessuti pregiati per le altre parti, il
tutto montato su un nucleo di legno). La statua, alta 12 metri, raffigura la fanciulla Athena in
armi con lo scudo ai piedi ed una vittoria nella mano destra. L’ampio spazio che la ospita
appare sgombro al visitatore, grazie anche a una semplice ma brillante soluzione: due file
parallele di colonne doriche sui lati lunghi della cella, collegate da una terza fila sul lato
breve opposto all’ingresso, formano un colonnato a “U” a due piani che incomincia il
simulacro e sostiene il soffitto a cassettoni.
Misurate allo stilobate, le dimensioni della base del Partendone sono di 69,5x30,9 metri.
Il pronao è lungo 29,8x19,2 metri con colonnati dorico-ionici interni in due anelli,
strutturalmente necessari per sorreggere il tetto. All’esterno, le colonne doriche misurano
1,9 metri di diametro e sono alte 10,4 metri. Le colonne d’angolo sono leggermente più
grandi di diametro. Lo stilobate ha una curvatura verso l’alto, in direzione del proprio
centro, di 60 millimetri nel lato corto e di 110 millimetri nel lato lungo. Alcune delle
dimensioni seguono il canone del rettangolo aureo che esprime la sezione aurea, lodata da
Pitagora nel secolo precedente la costruzione.
Infine un’altra caratteristica propria del Partenone è la sua posizione nello spazio. Infatti il
tempio era visto, da un osservatore che entrava nell’acropoli attraverso i Propilei e che si
dirigeva verso il tempio stesso, di 3/4. L’osservatore quindi per raggiungere la facciata
principale era costretto a percorre tutto il lato lungo del tempio, in questo modo arrivato
davanti alla facciata già si era fatto un’idea di come potesse essere fatto l’intero edificio. Ciò
chiaramente non avveniva se l’osservatore, uscito dai propilei, si fosse trovato dinanzi
subito la facciata principale.
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l’esterno: il lato est è prostilo esastilo, mentre sul lato opposto il dislivello impone una
facciata articolata su due livelli. Quello superiore presenta quattro semicolonne ioniche
addossate a pilastri e unite da una balaustra completata nella parte alta da grate di legno,
quello inferiore costituito da un muro pieno forato solo da un passaggio aperto verso l’area
recintata che ospita l’ulivo sacro ad Atena e la zona in memoria della tomba di Pandroso. A
nord, alte e slanciate colonne che colmano la differenza di quota recintano un profondo
vestibolo, che funge da ingresso monumentale della metà bassa del corpo centrale. Il
portico nord è di fatto un edificio assestante, la cui copertura a falde si imposta
immediatamente al di sotto della copertura del corpo centrale. Sul lato opposto, a sud,
sorge un secondo piccolo annesso porticato, la cosiddetta “loggia delle Cariatidi”.
All’Eretteo, piccolo edificio dalla forma elaborata, lavorano con coerenza squadre di
scalpellini all’opera nell’arco di più di un ventennio. Tutti i volumi giustapposti si legano
anche grazie all’organicità della decorazione architettonica: nell’elegante ornamentazione
ionica spicca il fregio che corona la sommità dei muri su tutto il perimetro della costruzione,
con figure scolpite in marmo bianco sul fondo in pietra blu di Eluisi. Nella piccola loggia sul
lato meridionale (loggia delle Cariatidi), i supporti sono sostituiti da sei fanciulle erette sulla
sommità di un alto basamento. Si tratta della copertura della regale sepoltura di Cecrope,
eroe fondatore di Atene; le giovani raffigurano forse le figlie a custodia della tomba del
padre.
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2.1.5 TEATRO
Una delle creazioni più caratteristiche dell’architettura ellenistica greca è il Teatro.
L’evoluzione architettonica del teatro, che si sviluppa lentamente tra il V e il IV secolo sino
ad ottenere le forme definitive verso la metà del IV secolo, rimane strutturalmente legata
all’ambiente naturale. I teatri greci venivano scavati al ridosso di colline e adagiati in forme
cave sul pendio naturale. Il teatro è formato dalla cavea semiellittica (o semicircolare) a
gradoni ove trovano posto gli spettatori; le estremità della cavea si addossano al complesso
rettangolare delle costruzioni sceniche davanti alle quali si trovava un palco sorretto da
pilastri. Il teatro di Epidauro è l’esempio più celebrato ove l’acustica è perfetta; progettato
da Policleto il giovane, verso il 380-370 a.C. è scavato sul pendio di un colle e parte della
gradinata è ricavata dalla roccia. Conteneva circa 14.000 spettatori. Il teatro greco resta una
forma architettonica legata intimamente al paesaggio e il suo volume viene quasi dissolto
nella fusione tra le linee ellittiche e la natura circostante.
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3 ARCHITETTURA ROMANA
Alcuni studiosi sostengono che non si può parlare di arte romana almeno fino all’età di
Ottaviano, diventato imperatore con il nome di Augusto (30 a.C. – 14 d.C.). Infatti nei
periodi precedenti (periodo regio – che va dalla fondazione di Roma 753 a.C. fino alla
cacciata dell’ultimo re 509 a.C. Tarquinio il Superbo – e periodo repubblicano, che arriva fino
all’ascesa di Augusto) i romani non furono in grado di produrre un’arte autonoma; la ragione
di questo è da ricercarsi nel semplice fatto che per lungo tempo Roma – dopo la cacciata dei
Tarquini – dovette difendersi dalle invasioni, iniziare la sua espansione e inoltre nell’ultima
fase repubblicana fu teatro anche di molte lotte interne, non aveva quindi
un’organizzazione stabile. Con l’ascesa di Augusto si instaura quindi un sistema stabile,
basato su di una struttura autoritaria, storicamente definita come «Impero Romano». I
confini, in gran parte definiti durante l’ultimo periodo repubblicano (con Giulio Cesare),
avranno un’espansione ulteriore solo con Traiano. Pertanto in questa prima fase imperiale
Augusto si preoccupò principalmente di consolidare il dominio romano e di realizzare
un’efficiente apparato amministrativo.
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3.2 VOLTE
Le volte usate dai romani sono solo quella a botte, a crociera e la cupola.
Volta a botte – La volta a botte non è altro che una successione di archi (a tutto sesto)
uno vicino all’altro, essa presenta quindi una forma semicilindrica. Poiché l’arco in sé
necessita di due sostegni (piedritti) la volta a botte, essendo costituita da una successione di
archi, necessiterà di due appoggi pieni per tutta la sua profondità (generatrice dell’arco).
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una perfetta calotta semisferica, la quale però, per il suo sostegno necessita di un muro
perimetrale continuo, di forma circolare.
Volta a vela – Questa è una volta che si ottiene sezionando opportunamente una cupola,
cioè circoscrivendola ad un quadrato e facendo passare per i lati di quest’ultimo dei piani
proiettanti secanti. I piani sezione determineranno quindi degli archi ai lati della cupola, in
questo modo la volta a vela potrà scaricare le forze su elementi puntiformi.
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- opus incertum, se costituiti da laterizi e pietre di forma non regolare disposti in modo
casuale;
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1- fossa di fondazione
3.3 EDIFICI
A differenza dei greci, i romani furono dei grandi costruttori, applicando le loro capacità
tecniche nella realizzazione di un’innumerevole quantità di edifici e di infrastrutture (strade,
acquedotti ecc).
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Pianta, sezione e ricostruzione di una casa ad atrio e di una casa ad atrio e peristilio
1- ingresso
2- atrio
3- impluvio
4- ala
5- tablino
6- orto
7- vestibolo
8- peristilio
9- piscina
10- esedra
A sinistra lo schema di una casa pompeiana ad atrio, con ingresso, atrio con tetto coperto
a quattro falde spiovente verso l’interno per convogliare nella vasca centrale la raccolta delle
acque (impluvio) e ambienti di disimpegno (ali), una sala di soggiorno (tablino) che deriva il
suo nome dal fatto che in origine era la sede dell’archivio familiare e un orto nella parte
retrostante.
A destra lo schema di una casa pompeiana ad atrio e peristilio. Come si può vedere
l’edificio è più articolato e, dietro al tablino al posto dell’orto, si trova un’ampia corte
porticata (peristilio) che di solito definiva un giardino più o meno articolato e abbellito con
fontane, giochi d’acqua, esedre e statue.
Età imperiale - Probabilmente la domus più fastosa mai realizzata fu la Domus Aurea.
A Nerone si deve la realizzazione di questa villa (intorno al 64 d.C.), la quale sorge sui colli
Esquilino, Oppio e Celio su una superficie di circa 140 ettari. L’originalità di questa villa è da
ricercarsi nella sua localizzazione all’interno della città e nel conseguente contrasto tra i suoi
spazi verdi e le insulae circostanti. Sotto il profilo architettonico, la Domus Aurea presenta
una particolare innovazione: la “sala ottagona”. La sua pianta, un ottagono regolare, è
circondata su cinque lati da degli ambienti disposti a raggiera e su tre lati si affaccia sul
portico antistante. La sala è coperta con una volta a padiglione con occhio centrale, mentre
gli altri ambienti sono coperti con volte a botte e a crociera.
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La grande sala è il fulcro e l’asse di simmetria di un intero settore del palazzo. Coperta da
una cupola che passa dall’ottagono alla sezione di sfera senza l’uso di pennacchi, ha pareti
quasi inesistenti per le amplissime aperture che si spalancano sugli ambienti radiali
circostanti. Il grande occhio ricavato sulla sommità della cupola illumina abbondantemente
la sala e, mediante un brillante stratagemma architettonico, riesce a dare luce anche alle
stanze adiacenti. Le soluzioni adottate nel progetto di questo settore della domus Aurea ne
fanno indubitabilmente uno dei capisaldi dell’architettura romana.
3.3.1.2 INSULAE
Le insulae, erano degli edifici residenziali simili ai moderni condomini. A seguito
dell’incremento demografico che subì Roma, si rese necessario (soprattutto nei centri
urbani, dove si concentravano gli interessi commerciali) un diverso sfruttamento del
territorio, non più in senso planimetrico ma in senso altimetrico. Le insulae infatti erano
edifici a più piani (potevano arrivare anche a sette e raggiungere 21 metri di altezza)
costituiti da appartamenti di varie dimensioni. Generalmente al piano terra vi erano delle
botteghe (tabernae) coperte con delle volte a botte, nei piani superiori, collegati da scale
molto ripide di muratura o legno, vi erano gli appartamenti (cenacula). I piani alti delle
insulae erano realizzati in legno e questo fu uno dei motivi per cui erano molto frequenti gli
incendi.
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3.3.1.3 VILLA
La villa, era una casa signorile suburbana circondata da terreno coltivato a giardino e
orto; cioè una vera e propria fattoria di campagna. L’esempio più grandioso di villa romana è
Villa Adriana a Tivoli.
Il complesso, probabilmente progettato dallo stesso Adriano, risale alla metà del II sec
d.C. e rappresenta un vero e proprio “laboratorio” dove furono liberamente portate avanti le
nuove ricerche architettoniche, riproponendo temi appresi e suggestioni ambientali vissute
dallo stesso imperatore durante i suoi viaggi. Il complesso si articola in quattro gruppi di
edifici realizzati in varie fasi, ciascuno avente un proprio orientamento, e si adagia a varie
quote, per una lunghezza di circa un chilometro. Partendo da nord-est si incontra prima la
“Piazza d’Oro” e poi, con una leggera deviazione il “Palazzo” con la sala dei pilastri dorici, il
grande peristilio ed il cortile delle Biblioteche. Il corpo cilindrico del cosiddetto “Teatro
Marittimo” fa da cerniera di passaggio al secondo gruppo ed, attraverso la “Sala dei Filosofi”
si raggiunge il “Pecile”, grande area a peristilio, di forma rettangolare, con i lati minori ad
andamento curvilineo, al centro una grande peschiera e sul lato nord un muro alto al quale
erano addossati due lunghi porticati. Con lo stesso orientamento troviamo l’edificio a tre
esedre, il Ninfeo o Stadio ed il quadriportico con peschiera. Sul fronte occidentale del Pecile
furono necessarie delle grandi opere di costruzione per colmare il dislivello del terreno
molto scosceso e così, con una tecnica già sperimentata in analoghe situazioni, furono
realizzati in una lunga serie degli ambienti voltati “le cento camerelle”, distribuiti su tre ed
anche quattro piani. Distaccato nella zona più alta vi è il quarto gruppo detto “Accademia”,
formato da un peristilio rettangolare intorno al quale, sull’asse minore, vi è un vestibolo
circolare detto “Tempio di Apollo” e sull’angolo, come terminale del lato lungo, del cortile vi
sono i resti di un padiglione simile a quello della Piazza d’Oro.
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1. Teatro Greco
2. Palestra
3. Ninfeo e Tempio di
venere
4. Terrazza di Tempe
5. Terrazza inferiore
delle Biblioteche
6. Terrazza del Teatro
Marittimo
7. Biblioteca Greca
8. Terrazza superiore
delle Biblioteche
9. Biblioteca Latina
10. Triclinio Imperiale
11. Padiglione di Tempe
12. Hospitalia
13. Cortile delle
Biblioteche
14. Teatro Marittimo
15. Sala dei Filosofi
16. Criptoportico con
volta a mosaico
17. Terme con
Heliocaminus
18. Pecile
19. Palazzo Imperiale
20. Peristilio esterno
21. Giardini di Palazzo
22. Caserma dei Vigili
23. Edificio con pilastri
dorici
24. Casa colonica
25. Piazza d'Oro
26. Arena dei gladiatori
27. Stadio
28. Casa a sud della
Piazza d'Oro
29. Edificio con
Peschiera
30. Ninfeo-Stadio
31. Edificio con tre
esedre
32. Cento Camerelle
33. Quadriportico
34. Piccole Terme
35. Criptoportico presso
le Grandi terme
36. Area fra le Grandi e
Piccole Terme
37. Vestibolo
38. Grandi terme
39. Padiglione del
Pretorio
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Sfruttando il taglio operato alle pendici del Quirinale, per ricavare lo spazio necessario
alla realizzazione del foro, venne creato anche un altro complesso di edifici, denominato
Mercati Traianei. I mercati erano costituiti da una serie di tabernae, disposte ad emiciclo su
diversi piani, in modo da formare una vera e propria opera di contenimento della grande
scarpata, e collegate da una serie di percorsi e rampe di raccordo con gli altri ambienti posti
alle quote superiori. L’emiciclo a corona dell’esedra del foro, al pianterreno era formato da
una successione di tabernae con porte d’accesso inquadrate da pesanti stipiti ed architravi in
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
travertino; mentre al primo piano le tabernae poste all’interno erano servite da una galleria
che correva lungo il fronte esterno, ritmato da finestre ad arco inquadrate da leggere
paraste in mattoni, le quali sorreggevano una cornice con motivo alternato di timpani
triangolari e curvilinei. Attraverso una serie di rampe di scale si raggiungeva la strada
superiore, la quale si svolgeva intorno all’emiciclo e poi s’inoltrava sempre tra due file di
botteghe, terminando sotto la facciata ovest della sala traiana. Questa è una sala a pianta
rettangolare, coperta da sei volte a crociera impostate su mensole di travertino sporgenti da
pilastri a loro volta collegati da archi ai muri perimetrali. Ai lati della sala vi erano due ordini
di botteghe coperte a botte; quelle inferiori addossate ed aperte sull’ambiente entrale,
mentre quelle superiori erano arretrate e servite da ballatoi coperti che, a loro volta, si
affacciavano sulla grande sala.
3.3.2.2 BASILICA
La basilica, costruita generalmente nei fori era, per i romani, un edificio pubblico in cui vi
era amministrata la giustizia e vi si svolgevano gli affari commerciali e politici. La pianta era
rettangolare divisa in più navate, l’ingresso avveniva sul lato lungo e generalmente nei lati
corti vi erano delle esedre semicircolari.
La Basilica di Massenzio, del 310 d.C. circa (tardoromano), fu inizialmente fatta costruire
da Massenzio e fu terminata e modificata da Costantino I. Lo schema costruttivo del
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
gigantesco edificio (100 x 65 metri), di cui resta oggi solo il lato nord, presentava una navata
centrale più larga e più alta (di base 80 x 25 metri). Sulla navata centrale si aprivano, invece
che le tradizionali navate minori, separate da quella centrale tramite file di colonne, tre
nicchioni per lato, coperti da volte a botte cassettonate ortogonali. Gli ambenti erano
collegati tra loro da piccole aperture ad arco. La navata centrale era coperta da tre enormi
volte a crociera in opus caementicium, alte circa 35 metri che poggiavano sui setti murari
trasversali che separavano gli ambienti laterali e sulle colonne di marmo proconnesio (tipo
di marmo bianco) alte 14,5 metri ciascuna addossate alla loro terminazione. Le colonne
sorreggevano una trabeazione marmorea. Sul lato corto occidentale, alla testata della
navata centrale si apriva un abside preceduta da due colonne. Nell’abside venne collocata
una statua colossale. La statua raffigurava in origine lo stesso Massenzio e in seguito venne
rilavorata con i tratti di Costantino. All’abside occidentale si contrapponeva l’originario
ingresso dell’edificio, sul lato corto orientale, preceduto da una scalinata. L’ingresso dava
accesso ad un corridoio trasversale aperto sulla navata centrale mediante cinque apertura
ad arco. L’impianto originario subì in seguito alcune modifiche, tra cui l’apertura di un
secondo ingresso sul lato meridionale. Questo secondo ingresso era costituito da un portico
tetrastilo con fusti in porfido, al quale si accedeva con una scalinata. Il nicchione centrale del
lato nord, opposto al nuovo ingresso fu arricchito nello stesso momento di una seconda
abside sul fondo, forse destinata anche ad ovviare a problemi strutturali, coperta da una
semicupola e con le pareti arricchite da nicchie destinate ad ospitare statue su due ordini.
L’edificio era dotato anche di numerosi collegamenti verticali: all’interno della muratura
all’angolo nord-occidentale era inserita una scala a chiocciola, di cui oggi restano cinque
gradini.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. palco imperiale
2. corridoi interni per la
circolazione degli spettatori
3. uno dei vomitoria (uscite)
in corrispondenza dei
corridoi interni
4. logge esterne con
progressione degli ordini
5. pali di sostegno del
velario
Vista mensole
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
La ripartizione del
pubblico all’interno
della cavea rispecchiava
volutamente la
struttura della società
ed era regolata da una
serie di norme che
riservavano i posti
migliori all’imperatore,
ai senatori, ai cavalieri e
alle vestali, lasciando al
popolo e alle donne gli
altri. I settori riservati
erano segnalati da
iscrizioni ancora oggi
visibili. L’arena, di
forma ellittica, ha l’asse
minore di 156 metri e quello maggiore di 188. Le dimensioni dovevano essere contenute in
modo che l’arena potesse entrare completamente nel campo visivo degli spettatori. Per lo
stesso motivo l’inclinazione della cavea doveva essere di circa 35° e aumentare nelle
gradinate più alte.
Spaccato assonometrico degli ambienti di servizio posti sotto il piano dell’arena nel
Colosseo
I sotterranei, costruiti
dopo la fine dei lavori
per l’intero edificio,
servivano ad ospitare
tutti quei macchinari
scenici che erano
necessari allo
svolgimento dei
giochi. Soprattutto
durante gli spettacoli
di caccia l’improvvisa
comparsa di colline,
foreste ed altri
elementi scenografici serviva a stupire e meravigliare gli spettatori.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Nella sua forma più completa la giornata di spettacoli si apriva con un corteo solenne
durante il quale sfilavano il magistrato che aveva organizzato i giochi, i musici che
portavano dei cartelloni con le motivazioni delle condanne a morte e con le informazioni
sulle coppie di lottatori e poi i gladiatori, i cacciatori e i condannati. La mattinata era
riservata alle venationes (cacce), spettacoli che avevano come protagonisti animali, quasi
sempre bestie esotiche catturate in terre lontane e potevano essere organizzate come
rappresentazioni teatrali animate dall’improvvisa comparsa di scenari e sfondi naturali da
cui balzavano fuori belve e cacciatori, ma anche come vere e proprie lotte tra fiere. La parte
finale della sessione mattutina era dedicata all’esecuzione di condanne capitali ad bestias,
cioè di coloro che erano stati condannati a essere sbranati o dilaniati da animali feroci. Il
pomeriggio era tutto dedicato alle lotte gladiatorie, che vedevano impegnate
simultaneamente più coppie di consententi. I gladiatori professionisti, liberi o schiavi,
appartenevano a diverse categorie: il “reziario”, con rete e tridente, combatteva il
“mirmillone”, così chiamato per il pesce (murma) che gli ornava l’elmo; i “sanniti” erano
armati di una grossa spada e di uno scudo rettangolare mentre i “traci” combattevano con
una corta scimitarra e uno scudo rotondo. Le lotte potevano concludersi con la morte di uno
dei due contendenti, ma anche con la richiesta di fine combattimento fatta dal gladiatore
perdente: in questo caso era l’organizzatore dei giochi a decidere della sorte dello sconfitto
e il pubblico partecipava manifestando vivacemente la propria opinione. Gli spettacoli – e in
particolare quelli organizzati a Roma a spese dell’Imperatore- si protraevano per molti giorni
fino a casi particolari come quello dell’inaugurazione del Colosseo, celebrata con giochi
durati 100 giorni durante i quali furono uccise 5000 belve.
3.3.2.4 TEMPIO
Il tempio, quello romano non si differenziava molto da quello greco, se non per
l’ubicazione. Infatti, il tempio romano sorgeva in contesti urbani (ad esempio nei fori) e non
in posizione distaccata, come accadeva nelle acropoli greche. La loro pianta era
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
generalmente rettangolare o circolare, erano posizionati su alti podi e la cella era preceduta
da un vestibolo porticato (pronao).
Il pronao è composto da colonne monolitiche con capitelli corinzi, otto sulla fronte e
altrettante dietro a formare tre navate; quella centrale più larga, conduce alla porta della
cella cilindrica. La visione attuale di tale edificio è però alterata, poiché, all’epoca, il livello
del piazzale antistante al tempio era inferiore (facendo così apparire la facciata molto più
imponente) e la rotonda non era libera ma inserita in altri edifici. Il corpo cilindrico è
coperto da un’enorme cupola emisferica di circa 43 m di diametro, la cui chiave sta ad
un’altezza dal pavimento pari allo stesso diametro (ipoteticamente è quindi inscrivibile
all’interno dell’edificio una sfera). La cupola è cassettonata, con i cassettoni che, per effetto
prospettico, diminuiscono di grandezza mano a mano che si sale, fino ad arrivare all’occhio
centrale di circa 9 m di diametro, che rappresenta l’unica fonte di luce dell’edificio.
All’interno, la parete è suddivisa in due ordini: al piano terra presenta un andamento alterno
di pieni e nicchie, tutte schermate da due colonne, che insieme alla trabeazione, rievocano il
perimetro circolare, tranne quella centrale in asse con l’ingresso, vera e propria conca
absidale; al secondo piano corre invece una fascia fino all’imposta della cupola. Gli
architetti, nel realizzare l’opera, curarono in particolar modo la fondazione, che è formata
da un anello largo circa 7 m e alto 4,50. Essi si preoccuparono inoltre, ai fini della stabilità
della cupola, di utilizzare materiali sempre più leggeri (posti a strati orizzontali sovrapposti)
mano a mano che ci si avvicinava in sommità e di graduare quindi lo spessore della cupola
stessa. Vennero infatti utilizzati materiali come: travertino, tufo, laterizi fino ad arrivare alla
pietra pomice. La cupola presenta all’imposta uno spessore di circa 6 m, il quale si restringe
fino ad arrivare al minimo spessore in chiave di 1,50 m. Le otto nicchie interne e le otto
esterne vennero infine realizzate per alleggerire il peso della muratura e per permettere un
più rapido e sicuro essiccamento.
Nella sua sistemazione originale, all’interno di una piazza circondata da portici, il tempio
doveva apparire come un santuario di tipo classico; solo dopo essere entrati era possibile
rendersi conto di essere in uno spazio circolare gigantesco sotto una cupola perfettamente
emisferica.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
3.3.2.5 TERME
Le terme, erano sostanzialmente dei grandiosi bagni pubblici, frequentati da tutta la
popolazione. Esse però non erano solo luoghi igienici e sanitari ma erano anche dei luoghi di
incontro e di svago. All’inizio, nel II secolo a.C. probabilmente questi complessi furono
alimentati da sorgenti di acque termali, e questo può spiegare la localizzazione dei primi
impianti nella zona dei Campi Flegrei; in seguito, a partire dal I secolo a.C., furono messi a
punto sistemi di riscaldamento con il passaggio di aria calda in cunicoli sotto i pavimenti e
dietro le pareti,attraverso condotti realizzati in mattoni forati. Tre erano le zone principali in
un complesso termale: un corpo centrale coperto (che comprendeva gli ambienti destinati a
servizi igienici: frigidarium, tepidarium e calidarium), una zona esterna adibita a parco per gli
esercizi fisici e un altro cerchio di locali adibiti a biblioteche o sale per conferenze. Infine i
locali per il riscaldamento erano posti ad un livello inferiore e proprio sotto i locali da
riscaldare.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Con il complesso termale di Traiano, costruito sull’area della Domus Aurea, Apollodoro
di Damasco realizza in forma compiuta il tipo edilizio delle “Terme Imperiali”, sfruttando al
massimo le potenzialità del calcestruzzo. L’edificio era organizzato su due assi di simmetria
fra loro ortogonali, con il frigidarium coperto posto all’incrocio di essi, preceduto da un
grande spazio scoperto con la vasca natatoria e dall’ingresso, e seguito da un piccolo
tepidarium e poi dal calidarium costituito da un avancorpo emergente dal fronte
meridionale della costruzione. Sull’ asse traverso principale, ai lati del frigidarium, vero
perno della composizione, erano posti due peristili rettangolari, probabilmente adibiti a
palestre, mentre ai lati della piscina vi erano due ambienti circolari inseriti in un rettangolo
suddiviso in piccole celle, forse utilizzate come spogliatoi.
La tipologia così definita, naturalmente applicata con varianti, verrà usata a Roma in altre
realizzazioni successive come le terme di Caracalla, le più famose e conservate, e quelle di
Diocleziano.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. vestibolo
2. apodyterium (ingresso9
3. palestra
4. sale riscaldate
5. calidarium (stanza per il bagno caldo)
6 tepidarium (stanza per il bagno tiepido)
7. frigidarim (stanza per il bagno freddo)
8. natatio (piscina)
9. giardino
10. stadio
Un altro sistema termale che si ispira al modello di Traiano, è quello delle terme di
Diocleziano. Risalenti circa al 300 d.C. (tardoromano) erano costituite da un’enorme pianta
rettangolare con un’esedra sul lato lungo, visibile ancora oggi a Roma in p.za della
Repubblica. Successivamente, nel cinquecento Michelangelo trasformò il tepidarium nella
chiesa cristiana di S. Maria degli Angeli.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
3.4 URBANISTICA
Anche Roma, come Atene, nacque spontaneamente dall’unione di più pagi (pagus era il
villaggio rurale), quindi la sua struttura urbana non presenta un preciso ordine geometrico. I
romani però fondarono molte città (coloniae), nelle quali è rintracciabile una precisa
suddivisione del territorio. La concezione urbanistica romana era molto vicina al sistema di
assi ortogonali teorizzato da Ippodamo da Mileto, in questo caso però al centro della
suddivisione a scacchiera c’era il castrum (accampamento militare romano). Inoltre la città
romana aveva una struttura ancor più centralizzata, infatti la suddivisione a scacchiera
veniva fatta partendo da due vie principali: il cardo maximus (nord-sud) e il decumanus
maximus (est-ovest); di conseguenza le altre vie, che formavano gli isolati, erano parallele
alle principali. In questo modo si potevano ottenere città ben organizzate provviste di
un’efficace rete viaria.
Gli esempi architettonici sono quelli (riportati in precedenza) della Basilica di Massenzio e
delle terme di Caracalla e Diocleziano.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
5 ARCHITETTURA PALEOCRISTIANA
Gli eventi storici che contribuirono allo sviluppo di nuove forme di architettura si
verificarono agli inizi del IV sec d.C. L’imperatore Costantino, infatti, fu protagonista di due
fatti fondamentali: nel 313 d.C. emanò l’editto di Milano e nel 330 d.C. spostò la sede
dell’impero da Roma a Bisanzio (Costantinopoli).
In campo architettonico la ricerca era riferita nel trovare una nuova tipologia di edificio
che fosse adatta al nuovo culto. Infatti, a differenza dei templi pagani, che erano riservati
esclusivamente alle divinità, questi nuovi edifici dovevano avere delle dimensioni molto
maggiori, perché oltre ad essere la casa del Dio dovevano anche contenere i fedeli. L’edificio
del culto cristiano divenne quindi la Basilica (quella cristiana non ha nulla a che fare con
quella romana, che, come già visto, era un luogo pubblico civile).
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
volta ma si utilizzò un altro sistema, quello triangolare. I tetti infatti vennero realizzati
mediante capriate lignee. Vari furono i motivi per cui le coperture vennero realizzate con
strutture lignee: in primo luogo per ragioni economiche (infatti una copertura di questo tipo
era molto più economica di una copertura con strutture voltate) e temporali (cioè c’era
molta fretta di costruire gli edifici per il culto cristiano) e in secondo luogo anche perché
quando l’imperatore Costantino spostò la capitale a Bisanzio portò con se le migliori
maestranze.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Complesso di S. Agnese
b. mausoleo di Costantino
(Santa Costanza)
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Sorge sulla direttrice che unisce il Colosseo con il Laterano. Le strutture della basilica di questo periodo sono in
parte sfruttate come fondazioni dell’edificio del XII secolo attualmente visibile; esse obliterano e parzialmente
si impostano su tre fasi precedenti, databili tra il I e l’inizio del IV secolo, tra le quali si individua una domus
ecclesiae. Presenta le forme architettoniche canoniche della basilica tra il IV e il V secolo: la navata centrale è
ampia e bassa, separata dalle due laterali mediante colonne reimpiegate da edifici precedenti.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
6 ARCHITETTURA BIZANTINA
Come l’editto di Milano rese possibile lo sviluppo dell’arte paleocristiana, lo spostamento
della capitale dell’impero da Roma a Bisanzio dette origine a delle nuove tendenze
artistiche, che portarono l’oriente a svilupparsi verso una sua strada, queste tendenze
presero il nome di “arte bizantina”. Infatti, in Italia dopo la caduta dell’impero romano
d’occidente (476 d.C.) sembra quasi esserci un periodo di stasi, mentre in oriente l’arte
bizantina si sviluppò – e si diffuse in altri territori – fino alla caduta dell’impero bizantino
(1453 d.C.).
Anche l’architettura bizantina, come del resto quella paleocristiana, partì dall’eredità
culturale tardo-romana; concentrandosi però su due aspetti fondamentali: la realizzazione
di mosaici (i romani preferivano invece rivestire i loro spazi con marmo o con affreschi) e la
costruzione delle cupole. Ne consegue che il tipo di copertura preferito dai bizantini fu
proprio la cupola. Questa, utilizzata già dai romani, aveva però un limite: richiedeva un
muro continuo circolare per il suo sostegno. La vera invenzione dei bizantini fu quella di
riuscire a costruire cupole circolari su piante quadrate, ciò fu possibile mediante l’utilizzo dei
cosiddetti pennacchi sferici.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. Nartece esterno; 2. Nartece interno; 3. Serafini che ornano i pennacchi della base della cupola; 4. Navata
dominata dalla grande cupola; 5. Battistero; 6. Gallerie che venivano occupate dalle donne durante le funzioni.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. Atrio; 2. Nartece esterno; 3. Nartece interno; 4. Rampe; 5. Vestibolo sud; 6. Navata; 7. Abside.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Immagine della cupola centrale con diametro di oltre 30 metri sorretta da pennacchi sferici
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
La chiesa di S. Vitale, edificata, come S. Sofia, nel VI sec per volere di Giustiniano,
rappresenta uno dei più importanti edifici del ravennate. A pianta centrale, all’esterno si
presenta a forma ottagonale; il nartece e il quadriportico che precedevano l’ingresso sono
andati distrutti, mentre, nella parte opposta, l’abside è affiancato da due sacrestie circolari
(la protesi e il diaconico) ed infine al centro si eleva il tiburio poligonale (struttura che copre
la cupola). All’interno, invece, lo spazio centrale è dominato dalla cupola e gli ambienti sono
disposti in senso radiale. Infatti, entro ognuna delle grandi arcate, che si innalzano sotto il
tiburio, vennero ricavate delle nicchie forate da due ordini di tre arcatelle, le quali danno al
piano terra sul deambulatorio e al piano superiore sul matroneo. Anche la decorazione
interna di S. Vitale è realizzata con mosaici a sfondo dorato.
Austero e semplice è l’esterno, particolarmente movimentato da corpi aggettanti nella zona absidale. La
cortina muraria è tipica delle costruzioni finanziate dall’Argentario e, più in generale, delle opere edificate
verso la metà del VI secolo: laterizi lunghi e sottili sono intercalati a strati di malta di eguale spessore con
doppia allisciatura. Si tratta dei cosiddetti “mattoni giulianei” che si distinguono da quelli corti e grossi delle
epoche precedenti e si accostano ai laterizi prodotti a Costantinopoli. La cupola, invece, è realizzata secondo
una tecnica tipicamente occidentale, che permette di produrre coperture piuttosto leggere: tubi vuoti di
terracotta a forma di siringa, tenuti insieme da letti di malta, sono disposti in cerchi concentrici degradanti
verso l’alto.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. Nella lunetta della parete destra sono raffigurati il sacrificio di Abele, vestito da pastore, e quello di
Melchisedec
5. La struttura di tamburo e cupola è molto leggera. Gli affreschi sono della fine del XVIII secolo
6. Sopra le tre grandi finestre è raffigurato Cristo in veste porpora, seduto sul mondo, che porge la palma
del martirio a San Vitale e riceve dal vescovo Ecclesio il modello della chiesa da lui fondata. Anche qui è
evidente lo stile bizantino delle rappresentazioni
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
7 ARCHITETTURA ROMANICA
Come già detto, in Italia, dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, bisognerà
arrivare all’XI – XII sec per ritrovare un’architettura propria e relativamente omogenea, il
Romanico. Lo sviluppo dell’architettura romanica fu possibile grazie alla ripresa economico-
sociale che coinvolse tutta l’Europa a partire dall’anno mille (in Italia il romanico coincide
con la nascita dei comuni). Pur avendo varianti regionali, il romanico ebbe tuttavia alcuni
elementi caratterizzanti che permisero il riconoscimento dello stile nelle varie aree
geografiche. Esso cadde in disuso solo quando lo stile gotico – che è in parte un’evoluzione
del romanico – fissò dei nuovi elementi costruttivi e spaziali.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
arco a tutto sesto. In questo modo anche il pilastro intermedio dovrà sostenere la crociera
centrale e quindi avrà la stessa altezza degli altri due.
Queste murature dovevano essere così pesanti e resistenti, che in loro nacque il
problema di aprire delle finestre. Infatti, rispetto alle basiliche paleocristiane o bizantine, in
cui la luce penetrava attraverso i grandi finestroni che generalmente venivano aperti in
sommità alla navata centrale, le cattedrali romaniche diventarono degli edifici molto bui. I
muri perimetrali quindi, diversamente da quanto accadrà nell’architettura gotica,
continuano ad esercitare una funzione statica, perché il nuovo sistema volta-pilastro non
può ancora essere considerato autosufficiente.
Dal punto di vista spaziale, la cattedrale romanica presenta delle innovazioni rispetto alla
basilica paleocristiana. Gli architetti romanici articolarono maggiormente la zona absidale
della chiesa, dotando il presbiterio, poiché destinato al clero, di più cappelle che si aprivano
a raggiera verso l’esterno (questa soluzione però trovò più applicazioni nell’architettura
gotica). Inoltre sotto il presbiterio venne realizzato un altro ambiente (sotterraneo), la
cripta, la quale era destinata alla conservazione di sepolcri o reliquie. All’esterno la
cattedrale poteva arricchirsi anche di torri e campanili, generalmente di sezione
quadrangolare, posti sulla facciata anteriore (westwerk).
In Italia il romanico ebbe più varianti regionali, le quali, pur partendo dagli stessi elementi
base, svilupparono vari aspetti: tra queste, la prima si sviluppo nell’area padana. Il romanico
padano era maggiormente rivolto a risolvere problemi costruttivi di carattere statico (qui si
svilupparono le prime volte costolonate), che sembravano anticipare le tecniche costruttive
dello stile gotico. L’architettura toscana, invece, assimilò dal romanico solo alcuni elementi:
la sua concezione infatti rimase più legata alla tradizione tardo-romana. Uno degli aspetti
più significativi di questo fatto fu che si usarono ancora le decorazioni marmoree delle
murature, sia interne che esterne. Ma, è soprattutto la concezione dell’edificio ad essere
diversa. L’architettura romanica infatti, funzionava secondo un principio additivo: cioè
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
venivano aggiunti elementi dove servivano, creando così un insieme poco controllato, sia
dal punto di vista delle proporzioni sia della simmetria. L’area toscana invece, ma
soprattutto Firenze, sembrò non dimenticare quei concetti già sperimentati dall’architettura
classica; così che, seppure aderì in parte al romanico o al gotico, già a partire dal XIII sec
diventò laboratorio di incubazione di quella architettura rinascimentale che nel XV sec
chiuse definitivamente l’architettura medievale.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. atrio di Ansperto
4. pulpito
5. matroneo
7. coro
8. cripta
La struttura interna, un corpo a tre navate senza transetto e con una profonda abside, è
caratterizzata dalla sequenza di quattro grandi campate poggianti su robusti pilastri. Sulle
navate laterali corre il matroneo, che si affaccia verso la navata centrale con larghe arcate a
pieno centro. La prospettiva è incentrata sull’eccezionale altare ricoperto di lamine d’oro,
capolavoro dell’oreficieria carolingia (IX sec) e sottolineato dalla presenza di un ciborio su
antiche colonne di porfido rosso (X sec). Le finestre della cupola fanno piovere la luce sulla
parte più sacra dell’edificio, mentre le navate, soprattutto quelle laterali, sono in penombra
(una maggiore illuminazione è data dalla successiva apertura delle cappelle). Dietro l’altare,
il coro è sopraelevato, lasciando intendere la presenza della sottostante cripta, in cui sono
venerati i corpi di Sant’Ambrogio e dei martiri Gervaso e Protaso. Nella conca absidale si
distende un mosaico a fondo oro (XII sec. con parti precedenti).
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
8 ARCHITETTURA GOTICA
Anche se gli architetti gotici, per la realizzazione delle cattedrali, partirono da elementi
già utilizzati dai romanici, i due stili risultano profondamente diversi tra loro, in quanto il
gotico porta a maturazione la nuova concezione spaziale e strutturale dell’edificio. Gli
architetti gotici, infatti, attraverso l’introduzione e lo sviluppo di una serie di elementi
riuscirono a svincolarsi da quel carattere chiuso, pesante e buio proprio delle cattedrali
romaniche. L’elemento che i gotici ripresero e perfezionarono dal romanico fu la volta a
crociera. Questa, già modificata dai romanici (con l’introduzione delle nervature), i quali
intuirono in parte ciò che invece elaborarono i gotici, venne successivamente perfezionata.
La vera scoperta dei gotici fu la “scomposizione” della crociera nelle sue parti principali, e
cioè negli archi laterali e diagonali e nelle unghie. Essi scoprirono che gli archi si potevano
realizzare indipendentemente da tutta la volta, distinguendo così due precise fasi
costruttive: prima la realizzazione degli archi; poi il riempimento delle unghie (ogni unghia
inoltre poteva essere realizzata indipendentemente l’una dall’altra, quindi il risparmio di
impalcature era notevole). La costolonatura degli archi portò a due risultati diversi: uno
estetico ed uno statico. Quest’ultimo, molto più importante, permise di capire che le
strutture potevano essere scomposte secondo linee di forze. La stabilità delle cattedrali
romaniche si basava ancora sul principio di masse che venivano contrastate e sorrette da
altre masse dal notevole peso (stabilità inerte). Gli architetti gotici capirono invece che:
nelle masse i carichi e le forze si potevano pensare concentrati solo in alcune linee e punti; in
questo modo essi convogliarono il materiale resistente solo dove era necessario. In sostanza
essi capirono, in una struttura, quali erano le parti portanti e quali erano le parti portate.
Questa distinzione tra scheletro portante e riempimenti portati fu condotta a fondo. Le
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Ma quando le cattedrali divennero troppo alte, l’instabilità dei sostegni degli archi si
ripresentò nuovamente. Una spinta di un arco acuto può anche essere molto contenuta, ma
se ciò sollecita un pilastro eccessivamente alto e snello, tale spinta è sufficiente a creare
instabilità. La soluzione a questo problema, però, nella logica della nuova concezione
strutturale, non poteva essere quella di aumentare le dimensioni dei sostegni, ma di
contrapporre alle forze destabilizzanti altre linee di forze resistenti. Ecco che così nacquero,
all’esterno delle cattedrali, gli
archi rampanti, che, come
puntelli, si impostavano sui
contrafforti per andare a
sostenere gli archi impostati
ad altezze sempre più
vertiginose. Sopra i
contrafforti, inoltre, potevano
essere presenti anche lunghe
e snelle torricelle, i pinnacoli, i
quali, con il loro peso,
svolgevano anche una
funzione statica; servivano,
infatti, come veri e propri
contrappesi. In sostanza la
loro funzione era quella di
verticalizzare ancora di più la
spinta trasmessa dagli archi
rampanti sui contrafforti.
63
Fondamenti di Storia dell’Architettura
L’impiego dell’arco acuto risultò essenziale, però, non tanto per verticalizzare le spinte o
per sottolineare lo slancio verticale della costruzione, ma per poter svincolare la freccia
dell’arco dalla luce, cioè per poter fissare a piacere l’altezza in chiave indipendentemente
dalla distanza tra i piedritti. In questo modo le dimensioni planimetriche e altimetriche
erano variabili indipendentemente tra loro, accrescendo decisamente i gradi di libertà della
progettazione.
Per i romanici il modulo costruttivo delle cattedrali era la base quadrata della crociera.
Ciò che si valutava direttamente quindi erano le dimensioni di una campata, mentre si
valutavano indirettamente le dimensioni dell’intero edificio, e in particolare come somma di
varie campate (è per questo motivo che alcune cattedrali romaniche possono sembrare
eccessivamente basse in confronto della lunghezza). Le cattedrali gotiche, invece, venivano
pensate nel loro complesso, mettendo cioè in relazione la lunghezza, la larghezza e l’altezza
dell’intero edificio (questo fu possibile proprio grazie all’utilizzo dell’arco acuto, il quale
permise di stabilire dimensioni variabili per le campate, sia in pianta che in altezza).
Occorreva quindi che le tre dimensioni non fossero troppo diverse tra loro, e che l’altezza sia
proporzionata all’intero edificio. L’elevazione sempre maggiore delle volte deriva dunque
probabilmente dallo sforzo di equilibrare con l’altezza le dimensioni planimetriche
dell’intero edificio, piuttosto che da un puro desiderio di verticalismo.
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Portale di Sant’Anna
Il portale di Sant’Anna si trova nella parte destra della facciata ed è dedicato alla madre di Maria.
Galleria dei Re
Al di sopra dei portali, a venti metri dal suolo, si trova la cosiddetta Galleria dei Re, una serie di 28 statue, alte
ben 3,5 metri, rappresentanti i re di Israele e del regno di Giuda.
Le torri
La facciata è caratterizzata dalla presenza di due svettanti torri, alte 69 metri e ricorrenti anche in altre
cattedrali.
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1. rosone
2. finestre lanceolate
(stretta, sottile e a sesto
acuto)
3. portali
4. portico sud
5. arcate
6. triforio (galleria
sovrastante le navate
laterali)
8. pilastro incantonato
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
La facciata invece si rifà a quella di Notre-Dame di Parigi, infatti sono presenti due
possenti torri a sottolineare lo slancio verticale della costruzione.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
1. Transetto sud; 2. Claristorio; 3. Rosone; 4. Archi rampanti; 5. Pinnacoli; 6. Cappelle radiali; 7. Galleria
dell’abside.
Le opere d’arte
I tre portali sono ricoperti di statue di grandi e piccole proporzioni. Il portale centrale, dedicato alla Vergine
Maria, è sormontato da un rosone. La “Galleria dei Re”, che si snoda tra il rosone centrale e le torri campanarie,
raccorda queste ultime al resto della facciata. Le facciate dei transetti sono decorate anch’esse con sculture:
quella a nord con statue dei principali vescovi di Reims, una rappresentazione del Giudizio Universale e una
figura di Gesù mentre sul lato sud è presente un bel rosone con i profeti e gli apostoli.
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In Italia, invece, il gotico trovò applicazioni molto limitate, e la sua (anche se poca)
diffusione fu favorita soprattutto dagli ordini monastici. Ciò è comprensibile, poiché anche
durante la fase romanica, in Italia, furono elaborate molte varianti regionali, le quali
curarono in particolare diversi aspetti a seconda delle loro tradizioni. Infatti soprattutto le
regioni tirreniche – come Toscana, Lazio ecc – rimasero in parte estranee ai nuovi problemi
architettonici, e di conseguenza assimilarono dall’architettura gotica solo alcuni elementi,
talvolta usati solo a scopo decorativo.
L’Italia quindi non conosce la vera e propria architettura gotica. L’unica eccezione è
rappresentata dal Duomo di Milano (gotico fiorito), la cui costruzione iniziò nel 1386 e finì
completamente solo nell’ottocento (la prima fase dei lavori terminò nel 1577, quando la
cattedrale venne consacrata).
Una prova dello spirito geometrico e matematico che regolava le costruzioni del Medioevo, è nelle discussioni
e deliberazioni del Comitato di costruzione del Duomo di Milano. Alla fine del secolo XIV furono convocati vari
esperti a Milano perché si esprimessero sulle proporzioni da dare al nuovo Duomo e i pareri si divisero in due
correnti: i francesi sostenevano che si dovessero impiegare dei cerchi, i tedeschi preferivano i triangoli.
La cattedrale fu costruita sui principi “ad quadratum”, la pianta essendo formata da due quadrati e dalle loro
suddivisioni; però, al momento di definire l’altezza dell’edificio, sopraggiunse il timore che l’altezza imposta
dal quadrato e dal suo noto triangolo, la cui altezza è uguale alla base, fosse troppo grande. La deliberazione
del comitato fu per l’adozione di una altezza relativa al triangolo equilatero.
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10 ARCHITETTURA RINASCIMENTALE
10.1 NASCITA DELL’ARCHITETTURA RINASCIMENTALE
Abbiamo visto come, già nell’elaborazione dell’architettura romanica, l’area toscana
aveva iniziato a percorrere vie originali, aderendo solo in parte alle nuove tendenze.
L’avvento del gotico rese ancora più evidente l’incompatibilità con le vecchie tradizioni
classiche, al punto che la cultura fiorentina finì per negare del tutto l’architettura medievale
nel suo complesso, per ritornare ai vecchi principi classici.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
10.2.2 PROSPETTIVA
La prospettiva scientifica è uno strumento di rappresentazione capace di rendere
costanti i rapporti dimensionali e posizionali di più oggetti posti alla stessa distanza
dall’osservatore, tal che le grandezze vengano a dipendere solo dalla distanza fra oggetto e
punto di vista. La prospettiva è un metodo di rappresentazione su di un piano di uno spazio
tridimensionale secondo le regole della geometria proiettiva. Con esso è possibile
rappresentare uno spazio esistente, una volta conosciute le misure e le reciproche distanze
degli oggetti presenti in esso. Naturalmente è anche possibile con le medesime regole
compiere l’operazione inversa, cioè data una certa rappresentazione prospettica risalire alle
dimensioni e posizioni reali degli oggetti nello spazio tramite l’operazione detta restituzione
prospettica.
Il nome modulo cubico deriva dal fatto che le proporzioni che il Brunelleschi dava alle sue
opere, relativamente alle campate, erano riconducibili a dei veri e propri cubi. Cioè le
proporzioni non si mantenevano solo in pianta ma anche in altezza e in profondità; infatti, la
distanza tra due colonne successive era uguale all’altezza delle colonne stesse e alla
profondità.
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a differenza dei romani che inquadravano l’arco nell’ordine, realizzò una sorta di
trabeazione curva che scaricava direttamente sulle colonne.
10.4.1 OPERE
10.4.1.1 OSPEDALE DEGLI INNOCENTI (FIRENZE, INIZ. 1419)
Questo edificio era destinato ad accogliere i bambini abbandonati. Qui Brunelleschi
realizza una loggia esterna, che dà sulla piazza antistante, le cui proporzioni furono
accuratamente studiate. Essa è costituita da una successione di nove campate cubiche, le
quali sono coperte tutte da volte a vela il cui intradosso è perfettamente sferico e liscio (il
motivo di questa decisione deriva probabilmente dal voler mantenere la continuità dello
spazio, che con delle volte a crociera si sarebbe interrotta). Di conseguenza, gli archi della
facciata sono rigorosamente a tutto sesto, e scaricano il loro peso su colonne corinzie
poggiate sulla gradinata d’accesso, la quale è raccordata armoniosamente con il cornicione
alto tramite paraste corinzie poste all’estremità della loggia. Il porticato è sormontato da un
corpo pieno liscio, lungo il quale si aprono finestre con timpano triangolare poste in
corrispondenza dell’asse mediano degli archi sottostanti. I materiali utilizzati per la
decorazione del loggiato, e che risaltano la semplicità delle linee, sono l’intonaco bianco e la
pietra serena. Furono utilizzati però anche altri elementi, quali tondi di terracotta invetriata
della scuola di Luca della Robbia, i quali raffigurano dei bambini in fasce.
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Il complesso, voluto dalle autorità cittadine per accogliere i bambini abbandonati, è il primo edificio realizzato
secondo i principi dell’Umanesimo. L’impianto, perfettamente simmetrico sull’asse dell’ingresso, è impostato
a partire da misure regolate da
rapporti proporzionali tra loro
che determinano le quote in
pianta e in alzato. Il portico
esterno, con nove campate
voltate a vela impostate su un
modulo quadrato che ne
determina larghezza, altezza e
profondità, è caratterizzato da
archi a tutto sesto tangenti ad
una trabeazione continua che
separa il piano porticato dal
piano delle finestre.
Nell’Ospedale Brunelleschi
utilizza per la prima volta l’ordine
all’antica come strumento
normativo vero e proprio, capace
di diventare “misura” dell’intero
organismo e di scandire le
relazioni geometriche e spaziali
che regolano l’insieme.
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Inoltre Brunelleschi realizzò, sempre per i Medici, la cosiddetta Sagrestia Vecchia, attigua
alla basilica, vera e propria tomba di famiglia. La Sagrestia Vecchia rappresenta il prototipo
della cappella brunelleschiana: forma cubica coperta da una cupola emisferica ad ombrello.
A questo vano principale si raccorda un secondo vano sempre di forma quadrata, nel quale è
posto l’altare, anch’esso coperto da una cupola emisferica di dimensioni però minori.
Entrambe le cupole si raccordano alla pianta quadrata sottostante mediante pennacchi.
All’interno le pareti murarie sono intervallate e scandite da paraste corinzie e la decorazione
è data dalla bicromia tra l’intonaco bianco e il grigio della pietra serena, inoltre anche qui
sono presenti tondi in terracotta, questa volta però realizzati da Donatello.
1. Cappella dei Principi realizzata successivamente agli inizi del XVII secolo; 2. Sacrestia vecchia.
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Veduta interna con soffitto cassettonato Pianta e sezione della Vecchia Sacrestia
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con il loro profilo convesso in modo da dare maggior movimento alla struttura. Nella navata
centrale, come in S. Lorenzo, è presente un soffitto ligneo a cassettoni e all’incrocio con il
transetto si erge una cupola emisferica ombrelliforme. Le navate laterali sono sempre
coperte da volte a vela.
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Già avevamo detto come nel Rinascimento venne rivalutata la posizione e il ruolo che
aveva l’architetto. Con l’Alberti si arriva alla definitiva elevazione delle arti dal piano
artigianale a quello scientifico. Questo fu possibile proprio grazie all’opera intellettuale che
egli stesso svolse. Leon battista Alberti inoltre, poiché oltre alla funzione di architetto svolse
anche il ruolo di funzionario del Vaticano, non poté quasi mai assistere alla realizzazione
delle opere da lui progettate, la direzione dei lavori veniva infatti affidata ai suoi allievi.
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10.5.1 OPERE
10.5.1.1 TEMPIO MALATESTIANO (RIMINI)
Intorno al 1450 il signore di Rimini, Sigismondo Malatesta, incaricò l’Alberti del
rifacimento della vecchia chiesa medievale di S. Francesco. Questa era una chiesa a pianta
longitudinale a navata unica e cappelle laterali. Qui l’architetto ideò un rivestimento esterno
marmoreo che rievocasse le forme classiche. La facciata venne infatti tripartita secondo lo
schema degli archi trionfali romani, essa presenta tre grandi arcate inquadrate nell’ordine
architettonico (quella centrale contiene il portale di ingresso, mentre quelle laterali
dovevano contenere i sarcofagi di Sigismondo e della moglie, Isotta degli Atti) e le
semicolonne poggiano su un alto zoccolo che gira tutt’intorno alla costruzione; mentre le
arcate che cingono i fianchi (le quali contengono le tombe dei più illustri letterati della corte
dei Malatesta) ricordano il ritmo degli acquedotti. A causa della mancanza di fondi, e
successivamente della morte del Malatesta, il progetto non fu mai completato. Manca
infatti il coronamento della facciata principale e la soluzione absidale. Inoltre, per dare
maggiore importanza all’opera, doveva essere realizzata una grande cupola emisferica sul
modello di quella del Pantheon. Una testimonianza di come sarebbe dovuto apparire il
Tempio Malatestiano ci è data dalla celebre medaglia commemorativa realizzata da Matteo
de’ Pasti intorno a quegli anni. Sulla moneta è infatti raffigurato il tempio sormontato da
questa grande cupola.
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tutto sesto. Infine la facciata è ricoperta da un bugnato (bugne: pietre sporgenti dal muro)
liscio e sobrio. Questo palazzo diventerà il modello di riferimento principale per
l’architettura civile fiorentina.
Il palazzo di Giovanni Rucellai è il risultato dell’unione di più edifici, ristrutturati attorno ad un nuovo cortile
centrale, con una nuova facciata in pietra di fronte alla quale Giovanni fa realizzare una piazza e una loggia
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comune per la famiglia. I lavori per la facciata, concepita indipendentemente dai lavori interni, iniziano
presumibilmente nel 1453 ad opera di Leon Battista Alberti. Lo schema a tre piani di altezza decrescente,
separati da una fascia marcapiano, si inserisce nella tradizione fiorentina come Palazzo Medici, costruito
qualche anno prima e suo diretto precedente, del quale Palazzo Rucellai riprende anche la pianta, in versione
ridotta. L’assoluta novità dell’edificio albertiano è costituita dall’uso degli ordini classici nella configurazione
muraria della facciata, con la sovrapposizione di lesene di ordine diverso che scandiscono gli spazi orizzontali
tra le finestre. Questa idea, che rivoluzionerà il modo di abitare, ha un preciso modello di riferimento negli
edifici romani ed in particolare nel Colosseo, del quale Alberti cita puntualmente perfino alcuni dettagli come
l’assenza del fregio a metope e triglifi nell’ordine dorico e le mensole che sostengono la cornice superiore,
situate nel fregio sottostante.
• la linea di base della chiesa è uguale all’altezza della facciata, con la quale forma un
quadrato;
• il portale centrale è alto una volta e mezzo la sua larghezza (rapporto di 2/3);
• l’altezza della fascia centrale a cerniera è uguale alla larghezza dei portali laterali e
degli avelli, ed è sette volte l’altezza dell’ordine inferiore;
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
• i lati dei quadrati intarsiati sulla fascia centrale sono un terzo dell’altezza della fascia
stessa ed il doppio del diametro delle colonne della parte inferiore;
• il Sol Invictus rappresentato sul timpano è lo stemma del quartiere di Santa Maria
Novella, ma anche un simbolo di forza e ragione; il diametro del tondo del Sole è
esattamente la metà del diametro del rosone (compresa la cornice) ed è uguale a
quello dei cerchi nelle volute.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
quadrature della zona superiore, caratterizzata formalmente da una fronte di tempio. Il collegamento fra i due
piani della fronte è risolto con due grandi volute a esse unificate cromaticamente al resto dell’edificio.
L’adesione al linguaggio classico degli ordini non esaurisce la perfetta armonia della facciata, che viene
raggiunta attraverso precisi rapporti proporzionali tra le parti e l’insieme. L’intera facciata si inscrive in un
quadrato. Un quadrato minore, il cui lato è la metà di quello maggiore, definisce il rapporto tra i due piani.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
(La pianta a navata unica fu realizzata dapprima dagli architetti solo con lo scopo di una
ricerca personale, mentre a seguito della Controriforma furono proprio le comunità
ecclesiastiche che le commissionarono esplicitamente, poiché permettevano di ottenere
una maggiore attenzione, da parte dei fedeli, al culto).
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
10.6.1 OPERE
10.6.1.1 PALAZZO MEDICI (POI RICCARDI) (FIRENZE, INIZ. 1444)
L’opera più importante realizzata da Michelozzo è sicuramente il palazzo signorile della
famiglia Medici (nel seicento però venne acquistato dalla famiglia Riccardi),
commissionatogli da Cosimo il Vecchio.
Iniziato nel 1444, l’edificio si eleva su tre livelli. Qui però, a differenza di quanto fatto
dall’Alberti in palazzo Rucellai, la scansione dei piani non è data dalla successione degli
ordini architettonici, ma dal diverso trattamento delle superfici. Michelozzo riprende
sempre l’uso del bugnato fiorentino, solo che ne dà una nuova interpretazione. Utilizza
infatti un bugnato rustico al piano terra, un bugnato liscio al primo piano ed infine all’ultimo
piano il bugnato è disegnato dalla muratura continua dei conci. La continuità della facciata
viene regolarmente interrotta da un doppio ordine di finestre bifore, al primo e al secondo
piano.
L’edificio presenta una pianta quadrangolare, al centro della quale venne inserito un
cortile circondato da un portico colonnato, il quale ripete, sopra le arcate, il doppio ordine di
finestre bifore dell’esterno.
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10.7.1 OPERE
10.7.1.1 SISTEMAZIONE URBANA DEL BORGO DI PIENZA
Intorno al 1460 papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) commissionò a Bernardo Rossellino
la sistemazione del borgo di Corsignano, sua città natale situata, nei pressi di Siena, su un
alto colle che domina la valle del fiume Orcia.
Qui Rossellino organizza il borgo aprendo una via principale che lo attraversa
ortogonalmente, sul modello del cardo maximus romano. E’ proprio su questo corso
principale (non supera i 500 metri) che si apre la famosa piazza, sulla quale si affacciano: la
cattedrale (in fondo), il palazzo Piccolomini, il palazzo Vescovile (sui lati) e il palazzo
comunale (di fronte alla cattedrale). L’architetto concepisce una piazza di forma
trapezoidale, con la base maggiore verso la cattedrale e la base minore verso il palazzo
comunale. Questa scelta fu comandata dalle leggi della prospettiva, poiché il visitatore che
percorreva il corso, quando entrava nella piazza aveva una visione schiacciata dei lati
inclinati e di conseguenza si aveva un senso di apertura verso la cattedrale, la cui facciata
sembrava più imponente. Viceversa, si aveva l’effetto contrario uscendo dalla cattedrale, e
cioè di maggiore profondità della piazza.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
LA CATTEDRALE
L’interno del Duomo di Pienza non presenta un carattere propriamente rinascimentale,
bensì si avvicina di più all’architettura gotica, ma questo proprio per volere del papa. La
chiesa è a pianta longitudinale a tre navate, le quali presentano la medesima altezza, e nella
zona presbiteriale è presente un abside poligonale all’interno del quale si aprono cappelle
radiali. A differenza dell’interno, la facciata della cattedrale si rifà a forme e principi
rinascimentali. Essa infatti è tripartita secondo uno schema simile a quello del Tempio
Malatestiano dell’Alberti, presenta cioè tre grandi arcate inquadrate da semicolonne
corinzie poggianti su uno zoccolo di base.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
PALAZZO PICCOLOMINI
Per la realizzazione di palazzo Piccolomini è chiara l’ispirazione, da parte di Rossellino, a
palazzo Rucellai. La facciata del palazzo infatti, completamente a bugnato liscio, è scandita
da tre ordini architettonici di lesene diversi, tuscanico alla base, poi ionico e corinzio. Anche
qui al primo e al secondo piano si aprono, ad intervalli regolari, finestre bifore inquadrate da
archi a tutto sesto. L’unica cosa che differenzia i due palazzi è la grandezza. Palazzo
Piccolomini, di dimensioni molto più grandi, presenta infatti anche una ampia corte interna
ed un giardino esterno adiacente.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
metà del cinquecento il suo logico sviluppo in forme più ampie, segnato dal lavoro di artisti
come: Bramante, Raffaello, Leonardo, Michelangelo ecc.
Il centro vitale dell’arte che fino ad allora era stata la Firenze medicea, con la morte di
Lorenzo de’ Medici, si trasferisce nella Roma papale. Giulio II e Leone X si fecero promotori
di un rilancio politico del papato, il quale si servì delle arti per rafforzare il suo potere. Per
questo vennero chiamati a Roma i più grandi artisti del momento, e le opere da loro
realizzate (non solo nel campo dell’architettura) rappresentano l’apice del Rinascimento
maturo.
La seconda fase del Cinquecento (e quindi l’ultimo rinascimento) viene identificata con il
termine “Manierismo” ed è caratterizzata da una profonda ansia spirituale, la quale seguì
alla morte dei “più grandi”. Il termine manierismo venne utilizzato per indicare gli artisti
della seconda metà del Cinquecento, i quali, invece che continuare la ricerca e lo studio della
classicità iniziato nel rinascimento, “fecero alla maniera” dei maestri che li avevano
preceduti.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Bramante, che in questo momento è già uno degli architetti più affermati, abbandona la
Lombardia per stabilirsi nella Capitale, dove in pochi anni diventa il protagonista assoluto.
Nell’ottobre 1503 viene eletto papa Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, mecenate dal
carattere forte e determinato, che investe notevoli capitali nel rinnovamento delle fabbriche
pontificie più rappresentative, il Palazzo Vaticano e San Pietro, in un ambizioso programma
che promuove la gloria del papato e della chiesa romana. La stabilità economica delle casse
papali è garantita dall’alleanza con Agostino Chigi, il più ricco e potente banchiere
dell’epoca, legato al Ponteficie da amicizia e da alleanze matrimoniali. I progetti
commissionati dal papa sono guidati dall’enorme ambizione personale di Giulio II che vede
nella rinascita dell’antichità classica il mezzo ideale, grandioso e trionfale, per la
trasformazione di Roma da città ancora medievale a centro del proprio impero, del quale
egli stesso è il nuovo Giulio Cesare. Lo scarto dimensionale, economico e urbanistico, del
programma romano rispetto alle precedenti esperienze urbinati e milanesi, produce un salto
di scala anche nelle realizzazioni architettoniche che trovano il loro modello nella
grandiosità monumentale delle opere imperiali dell’antica Roma, come le gigantesche
terme, la Domus Aurea o Villa Adriana. La morte di Giulio, nel 1513, precede solo di un anno
quella di Bramante, ma il sogno della renovatio imperii sarà portato avanti da Leone X.
10.9.3 OPERE
10.9.3.1 SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO (MILANO)
Nel 1482 Bramante pose mano a Santa Maria presso San Satiro con il preciso intento di
rinnovarla. Concepì una chiesa a tre navate con pianta a croce greca; purtroppo la mancanza
di spazio limitò le possibilità di Bramante che fu costretto ad inserire, sulle pareti della zona
che raduna abside e presbiterio, una straordinaria finta prospettiva di stucco colorato che
dilata illusoriamente lo spazio. Al centro del transetto si imposta una cupola mentre i bracci
sono coperti da volte a botte. Sostanzialmente debitrice della lezione dell’Alberti, la chiesa
si collega al gusto lombardo solo per quanto riguarda l’uso reiterato delle decorazioni che
occupano tutte le superfici possibili. Accanto alla chiesa, Bramante restaurò il “Sacello della
Pietà” o Rotonda di San Satiro, che era un piccolo edificio del IX secolo a croce greca.
Trasformò l’esterno racchiudendone la parte inferiore in una forma circolare ritmata da
finestre e impostando sulla parete superiore un tiburio ottagonale che nel vario gioco dei
volumi crea un senso di monumentalità.
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La circolarità e la simmetria sono enfatizzate dallo schema a cerchio inscritto in un quadrato, che ricorda il
vitruviano homo al circulum simbolo dell’Umanesimo. Gli assi di simmetria individuano quattro punti
ortogonali e quattro diagonali che con le otto nicchie, due per lato, e alle sedici colonne sembrano definire un
programma simbolico basato sulle speculazioni matematiche di Vitruvio e sulla sacralità cristiana del numero
otto, legato alla passione e alla resurrezione di Cristo.
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di ristrutturazione complessiva per Paolo II, ma senza ulteriore seguito. Nel 1505 le
fondazioni del coro absidale erano alzate fino ad un’altezza di 1,75 metri circa.
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progetto. Il secondo progetto di Bramante costituisce una delle questioni più problematiche
e controverse della storia dell’architettura. Nei disegni, dove è evidente la tendenza verso
l’impianto longitudinale, le crociere diagonali si qualificano in modo diverso rispetto a quello
centrale, e compaiono intorno alle absidi i deambulatori, che fino a Michelangelo
costituiranno un elemento fisso di tutte le proposte successive. Comunque pare certo che
nell’aprile del 1506, quando si iniziano i lavori, molte decisioni progettuali non siano ancora
definite. In particolare resta insoluto il problema della facciata, poiché gli elementi che la
compongono non riescono a risolversi in unità.
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Schemi planimetrici (da sinistra: primo e definitivo) progetto S. Pietro da parte di Antonio da Sangallo il
Giovane
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Quest’ultimo presentò le sue dimissioni nel 1562. Nel 1564, alla morte dell’artista, la
cupola non era ancora stata terminata: fu Giacomo Della Porta ad eseguirne il
completamento (fino intorno al 1590), conferendole un aspetto a sesto rialzato per ridurre le
spinte laterali della calotta.
A Della Porta si successero Carlo Maderno che proseguì i lavori con l’aggiunta di un corpo
longitudinale, facendo assumere alla basilica una pianta a croce latina (differente da quella
di Michelangelo a croce greca), capace di ospitare un maggior numero di fedeli, ma
trasformando la chiesa in uno “strumento di culto di massa” e attenuando anche l’impatto
della cupola sulla piazza antistante.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Gian Lorenzo Bernini, autore della piazza antistante alla basilica, eseguì una serie di
trasformazioni sia alla facciata che al piano di calpestio, dove sarebbero dovute nascere le
torri campanarie, portandolo quanto più possibile vicino al livello della piazza.
Nel 1615 la navata poteva dirsi compiuta, mentre la consacrazione della basilica avvenne
per opera di papa Urbano VIII nel 1626.
10.11.1 OPERE
10.11.1.1 PALAZZO FARNESE
Il palazzo prospetta su una piazza ornata di fontane, che riutilizzano bacini in granito
provenienti dalle Terme di Caracolla. La facciata, in mattoni con cantonale in travertino (56
metri di lato), si articola su tre piani. Le tredici finestre di ciascun piano presentano differenti
decorazioni, e quelle del piano nobile sono coronate da frontoncini alternativamente
curvilinei e triangolari. Un recente restauro ha riportato in luce una decorazione ottenuta
con l’uso di mattoni albasi (poco cotti, di colore giallo e particolarmente porosi) e ferraioli
(molto cotti di colore rosso e molto resistenti) in alcune parti della facciata. Tali decorazioni
tuttavia seguono logiche diverse nella parte destra e in quella sinistra della facciata.
Quest’ultima presenta una decorazione geometricamente definita a losanghe. Inoltre nei
timpani delle finestre del piano nobile sono presenti degli intarsi floreali, sempre realizzati
con mattoni bicromi. Tali mattoni bicromi sono utilizzati anche per l’ammorsatura delle
finestre, che presenta una caratteristica apparecchiatura dentellata, presumibilmente per
motivi strutturali. Queste decorazioni hanno lasciato supporre nel corso degli anni che la
facciata in cortina splendidamente apparecchiata, tagliata e arrotata in opera, fosse fatta
per essere lasciata a vista. La parte destra della facciata è molto meno curata, le losanghe
ben definite sono poche e buona parte dei ferraioli sono posti alla rinfusa nella parte alta del
piano nobile, nei pressi del cantonale. Questa difformità sulla facciata ha invece suffragato
l’ipotesi che la cortina andasse rivestita e che l’apparecchiatura perfettamente liscia e quasi
monolitica avesse lo scopo di minimizzare lo spessore dell’intonaco in stucco di travertino,
riducendolo a due o tre mani di scialbo in latte di calce. Si passa all’interno tramite un
vestibolo a tre navate coperte da volta a botte e separate da colonne di ordine dorico in
granito rosso.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Il nuovo palazzo per il cardinale Alessandro Farnese sorge dietro Via Giulia, la strada aperta dal pontefice per
collegare il Vaticano alla sede dei Tribunali progettata da Bramante. Antonio da Sangallo il Giovane, giunto da
Firenze al seguito dello zio Giuliano nei primi anni del secolo, progetta un edificio isolato su quattro lati con un
grande cortile interno al quale si accede da un vano rettangolare colonnato a tre campate sul modello del
vestibolo degli antichi descritto da Vitruvio e riportato nell’edizione del De Architettura pubblicata da Fra’
Giocondo. L’esterno, realizzato ad intonaco, è caratterizzato da un possente bugnato che marca gli spigoli
secondo una soluzione che nella sua economia di mezzi avrà grande fortuna. Alessandro, dopo l’elezione al
soglio Pontifici nel 1534, amplia lo spazio antistante il palazzo per creare la grande piazza Farnese e alla morte
del Sangallo nel 1546 si affida a Michelangelo per terminare l’incompiuto ultimo piano.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
10.12.1 OPERE
10.12.1.1 CHIESA DEL GESÙ (ROMA)
Edificata dopo il 1568, costituì il modello delle successive chiese controriformiste.
Vignola la ideò a croce latina con transetto appena sporgente; è a navata unica con volta a
botte, cappelle laterali cupolate ed una importante cupola che, oltre ad essere la maggior
fonte di luce, è visibile da ogni punto dell’interno. Questa disposizione sembra ricordare il
Sant’Andrea dell’Alberti, chiesa alla quale è accomunata dal senso di unità spaziale e dalla
profondità delle cappelle laterali. La facciata, costruita dal Della Porta e purtroppo alterata,
è mal distribuita nella parte superiore, con le due volute, e non si accorda con quella
inferiore. Vignola aveva concepito un prospetto elegante in cui il settore mediano doveva
risultare lievemente sporgente rispetto alle parti laterali. Il Della Porta, culturalmente più
vicino a Michelangelo, poco intuì del Classicismo del Vignola e lo dimostrò nel fare concitato
che caratterizza la facciata, pur fedele nelle intenzioni alla tradizione rinascimentale.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Il primo progetto di Nanni di Baccio Bigi per la nuova chiesa della Compagnia di Gesù risale al 1550 e rivela già
le intenzioni dell’ordine di realizzare una chiesa con una navata immensa. I lavori tuttavia decollano solo nel
1561, quando Alessandro Farnese diventa protettore della Compagnia e si incarica di finanziare la castruzione
delegando il progetto al prediletto Vignola. L’impianto dell’architetto emiliano è caratterizzato da una navata
larga diciotto metri che si apre sui lati in quattro cappelle passanti per parte coperte da cupolette ovali. Una
lunga galleria al di sopra delle cappelle si apre verso la navata con i cosiddetti coretti, finestre a grata dalle
quali i confratelli assistono privatamente alla funzione. La grande tribuna, contratta in larghezza, appartiene
dal punto di vista spaziale alla vasta aula che conforma l’edificio ed è configurata su uno schema centralizzato
a quincunx , nel quale alla cupola centrale fanno riscontro quattro cupolette minori che coprono le cappelle
aperte nelle diagonali. La mantovana chiesa di Sant’Andrea è il modello di riferimento per la volta a botte
sostenuta da paraste binate che si elevano tra le aperture delle cappelle. La granitica monoliticità dell’edificio
albertiano si traduce tuttavia nel Gesù in un soffitto aperto da lunette che permettono alla luce di penetrare lo
spazio scandendo il ritmo longitudinale e preparando al centro luminoso del presbiterio.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
alla mitologia greca. I primi viaggi a Roma degli anni Quaranta e la partecipazione al grande
cantiere di Palazzo Thiene, progettato da Giulio Romano e seguito direttamente da Palladio
dopo la morte di Giulio avvenuta nel 1546, sono per l’architetto il segnale della svolta
matura che lo porta alla progettazione della basilica e dei numerosi palazzi per la
committenza privata. Nell’attività di Palladio è molto importante la collaborazione con
l’erudito umanista Daniele Barbaro, una delle personalità più eclettiche del Cinquecento,
che prende forma nella realizzazione della villa di Maser e nelle illustrazioni dello stesso
Palladio per l’edizione del trattato di Vitruvio curata da Barbaro e pubblicata nel 1556. Gli
studi classici e la profonda riflessione sull’antico e su Vitruvio, che sono alla base delle
architettura palladiane, sfociano nel 1570 nella pubblicazione dei Quattro libri
dell’architettura, uno scritto teorico illustrato da esempi di edifici antichi, moderni e dello
stesso Palladio che avrà grande fortuna.
10.13.1 OPERE
10.13.1.1 VILLA CAPRA DETTA LA ROTONDA (DINTORNI DI VICENZA)
La Rotonda è una villa che fa parte a sé nella vasta produzione palladiana. L’architettura
sorge su una pianta centrale ed è un’intelligente combinazione di motivi classici che
derivano dall’antichità romana, come la cupola che si ispira al Pantheon. L’interno è
caratterizzato da un vano circolare coperto a cupola e da ambienti rettangolari
simmetricamente disposti; l’esterno presenta quattro facciate, precedute ognuna da un
pronao, orientato secondo i punti cardinali. Il tutto, sapientemente “orchestrato”
dall’autore, si immerge nella natura e vive in una gioiosa atmosfera di verde paesaggio.
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11 ARCHITETTURA BAROCCA
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11.3.1 OPERE
11.3.1.1 PIAZZA SAN PIETRO (ROMA)
L’opera di maggior impegno a livello urbanistico è la sistemazione di Piazza San Pietro
(1656-1667), dove il Bernini riesce a soddisfare le esigenze di carattere liturgico e simbolico
connesse alla particolare funzione del luogo, sfruttando i vincoli imposti dagli elementi
preesistenti (obelisco, fontana) e tentando nello stesso tempo di recuperare la visione della
cupola michelangiolesca compromessa dall’allungamento della chiesa. Lo spazio è
organizzato con una chiara struttura geometrica basata su elementi semplici: un piazzale
trapezoidale, con funzione di allontanamento prospettico e di “invito” rispetto alla piazza
vera e propria, formata da due emicicli ellittici di colonne doriche architravate, in cui si è
vista l’immagine allegorica delle braccia della chiesa tese ad accogliere il popolo dei fedeli.
La collocazione di due fontane nei fuochi dell’ellisse, ed in due varchi d’accesso previsti dal
progetto ai lati del braccio centrale, hanno lo scopo di negare quanto più possibile la visione
assiale della facciata; effetto completamente annullato, come è noto, dall’attuale
sistemazione dell’accesso alla piazza, ottenuto con la demolizione della spina dei Borghi e
l’apertura di Via della Conciliazione.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
Proprio come aveva richiesto il pontefice al Bernini, la Chiesa di San Pietro, cuore del mondo cattolico, si
protende simbolicamente in un enorme abbraccio verso i fedeli. In origine il pellegrino in arrivo dalla città,
uscendo dalle fitte stradine di Spina Borgo (quartiere distrutto durante il fascismo), deve aver sicuramente
vissuto una grande emozione trovandosi di fronte a questa improvvisa e suggestiva dilatazione della piazza,
che raggiunge la sua massima larghezza in corrispondenza dell’asse trasversale dell’ellisse, dove è posto
l’obelisco egizio (portato a Roma da Caligola e collocato nella piazza nel XVI secolo). Questo obelisco (5, in
pianta) rappresenta il punto di unione di tutte le direzioni ed è affiancato da due fontane (6, in pianta)
simmetriche e disposte sullo stesso asse, progettate da Carlo Maderno (1613) e Carlo Fontana (1677).
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“per distruggere l’architettura”. In realtà Borromini basò la sua opera sulla natura e sulla
geometria derivante da questa, su Michelangelo e le sue inconsuete licenze architettoniche;
rifiutò il concetto tradizionale dell’architettura intesa come riflesso delle proporzioni del
corpo umano ma al tempo stesso fu un profondo conoscitore degli antichi. Tutti gli stili del
passato si ritrovano nella sua opera: non si tratta di una mera imitazione ma dia una
trasformazione operata dalla sua grande sensibilità e interpretata in modo personale e
geniale. Le suggestioni provenienti dal mondo orientale e dalla natura, che caratterizzano la
sua architettura, hanno sicuramente sconvolto i suoi contemporanei
11.4.1 OPERE
11.4.1.1 SAN CARLINO ALLE QUATTRO FONTANE (ROMA)
La Chiesa si San Carlino alle Quattro Fontane (1634-1642), pur nelle piccole dimensioni,
realizza un esempio di perfetta unità spaziale. La pianta, a complessa matrice ellittica, fonde
i due tipi longitudinale e centrale in un discorso del tutto nuovo, a cui è subordinata la
struttura degli elementi architettonici: le colonne, disposte in gruppi di quattro a seguire
l’andamento curvilineo delle pareti, vengono legate da una trabeazione continua che unifica
anche visivamente l’insieme; al di sopra, tramite un sistema di pennacchi e catini di
raccordo, è impostata la cupola ellittica dall’originale disegno a cassettoni. La stessa
aspirazione all’unità dello spazio si ritrova nel chiostro, semplice organismo rettangolare in
cui i lati smussati determinano una continuità della superficie; la facciata invece, realizzata
dal Borromini a conclusione della sua attività mostra nell’infittirsi delle membrature e
nell’opposizione di concavo e convesso il punto limite della tensione plastica determinata
dal conflitto fra spazio interno e spazio esterno.
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11.5.1 OPERE
11.5.1.1 SANTA MARIA DELLA PACE (ROMA)
Nella sistemazione della chiesa di Santa Maria della Pace (1656-1657) e dello spazio
antistante il Cortona, mirando alla soluzione di un preciso problema di viabilità, crea uno
degli intorni spaziali più suggestivi della Roma barocca. La piccola piazza è organizzata
come un recinto chiuso, in cui la facciata della chiesa col protiro semicircolare è l’episodio
dominante, sottolineato dagli effetti plastici delle membrature e dalle soluzioni di raccordo;
i palazzi laterali, dalle facciate trattate più semplicemente, sono delle pareti che hanno la
funzione di contenere lo spazio entro i limiti propri di un ambiente “interno”. Più che di un
intervento urbanistico si può qui parlare di un’operazione architettonica, volta a definire uno
spazio completamente separato da quello naturale.
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Pittore e scenografo, da Cortona trovò un modo estremamente teatrale per risolvere l’ampliamento
dell’accesso alla vecchia chiesa appartenente ai Chigi (posta all’incrocio di due vie molto strette) e per dotarla
di una nuova facciata. Si ispirò agli antichi templi della pace e diede alla superficie esterna della chiesa una
forma convessa: per farle risaltare maggiormente le allestì poi una quinta concava, dalla curvatura opposta.
Realizzò quindi una piccola piazza sulla quale la chiesa potesse affacciarsi e a tale scopo demolì alcune case
preesistenti: così facendo ampliò anche le visuali prospettiche e moltiplicò i punti di osservazione dello
spettatore.
L’ordine inferiore presenta un portico semicircolare molto proteso in avanti e le doppie colonne in travertino
creano un gioco ritmato (di pieni-vuoti e chiari-scuri) molto suggestivo. Il piano superiore è caratterizzato
invece da una curvatura leggermente convessa ed è molto arretrato: nell’azione di contenimento dei pilastri
laterali e nella spinta del possente timpano centrale ritroviamo la tipica tensione barocca. In questo modo, con
un portico che si sporge all’esterno e un piano superiore che indica dove inizia in realtà la chiesa, da Cortona
ottenne un grande effetto di profondità spaziale per cui, appena entrato nella piazza, il visitatore ha
l’impressione di trovarsi già in un ambiente interno. La chiesa viene come abbracciata alle spalle da una
muratura concava che la contiene e al tempo stesso le dà continuità con l’ambiente circostante.
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Fondamenti di Storia dell’Architettura
due ordini, intelaiata da paraste e colonne fittamente addensate, si inflette nella parte
centrale come per effetto della spina dello spazio interno; prima enunciazione di un tema
destinato ad avere i più vasti sviluppi.
Il rapporto organico tra interno ed esterno raggiunge qui un livello esemplare. La possente e al tempo stesso
slanciata cupola si erge imponente dietro alla facciata e si mette in relazione con la città. Inoltre, le pareti
esterne sono complementari agli spazi interni e la facciata accenna il motivo semicircolare dello spazio
dell’entrata, sebbene lo faccia molto timidamente (si osservi anche in pianta come la curvatura rimanga
limitata all’interno dei pilastri leggermente sporgenti agli angoli). La tipologia a pianta centrale in questo caso
viene magnificamente interpretata mediante uno stiramento della croce greca: l’asse “entrata-altare” (1 a – 1
b) è infatti leggermente allungato rispetto a quello del transetto (2 a – 2 b) per il fatto di essere costituito da
campate più ampie (3) e da absidi semicircolari (1 a e 1 b) invece che appiattite. Le colonne a tutto tondo, poste
nel punto di intersezione dei due bracci, sottolineano lo spazio centrale e denunciano così la loro funzione
portante nei confronti della cupola; la loro continua presenza anche nelle cappelle e nell’abside assicura
un’efficace continuità visiva su tutto lo spazio.
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