Storia
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UNIFICAZIONE DELL’ITALIA
In seguito alla seconda guerra d’Indipendenza il Piemonte aveva ottenuto il controllo su gran parte
dell’Italia Settentrionale, grazie ai moderati. Nel 1860 si verificò quel processo che avrebbe portare
all’unificazione italiana e all’annessione del meridione.
Nei primi di Aprile in Sicilia scoppiarono delle rivolte a causa del diffuso malcontento che vigeva nell’isola. Il
regime borbonico era ormai vecchio e debole. Queste rivolte spinsero Garibaldi ad organizzare una
spedizione in Sicilia. Garibaldi si mostrò come il fautore delle speranza nazionali di unificazione. Il governo
Piemontese rimase in una posizione di ambiguità in quanto non ufficializzò la spedizione garibaldina.
Garibaldi salpò da Quarto il 5/6 Maggio e giunse a Marsala l’11. Il 14 assunse la dittature a Salemi.
Iniziarono gli scontri con i Borbone: a Calatafimi, a Palermo, a Milazzo ed infine a Messinail 27 Luglio. Si
concluse così la liberazione della Sicilia. In seguito Garibaldi proseguì verso nord e sbarcò in Calabria e
condusse l’esercito fino a Napoli ottenendo il consenso da parte della popolazione locale e dell’aristocrazia.
In seguito alla liberazione del meridione, Cavour iniziò a nutrire numerose preoccupazioni circa gli esiti
futuri dell’impresa di Garibaldi. Perciò Cavour decise di invadere i territori di Umbria e Marche. Dopo aver
socnfitto le truppe papali giunse al confine con Napoli. A Teano dell’Ottobre del 1860 Garibaldi cedette le
sue conquiste a Cavour.
In seguito all’unificazione del paese, nel 1861, salì al potere la cosiddetta Destra storica. Essa propose una
centralizzazione del potere nelle mani del governo. Ampliò lo statuto Albertino alle restanti regioni d’Italia.
Divisione dell’Italia in 59 province, ciascuna guidata da un prefetto. Legge sulla pubblica istruzione (fino alla
2° elementare) . Coscrizione obbligatoria. Tassa sul macinato, aumento della pressione fiscale,
infrastrutture, investimenti . Liberismo
Questione romana
Questa politica espansionistica iniziò con la salita al potere di Guglielmo I. Questo nominò come cancelliere
Otto Von Bismark, un esponente degli Junker. Bismarck favorì la politica espansionistica tramite una forte
militarizzazione del paese. Secondo Bismarck l’egemonia della Prussia sarebbe dovuta realizzarsi tramite la
spregiudicatezza e la guerra, non tramite il liberalismo e la democrazia. Questa politica della Prussia prese il
nome di Realpolitik. Questo tipo di politica trascurava qualsiasi aspetto morale a favore di una concreta
realizzazione di quello che era il piano di espansione della Prussia.
In particolare la realpolitik prevedeva: l’aumento del numero di soldati, la modernizzazione dei macchinari
bellici e il prolungamento del periodo di servizio militare.
La prima occasione che la Prussia ebbe per mettere in atto questa politica espansionistica fu la guerra
austro-prussiana. La Prussia desiderava porsi a capo della confederazione germanica che, però, era
sottomessa alla Dieta di Francoforte controllata dall’Austria. In seguito ad una guerra con la Danimarca, in
cui Austria e Prussia furono alleate, i territori conquistati dalle due potenze divennero motivo di scontro.
Nel 1866 la Prussia dichiarò guerra all’Austria con il supporto dell’Italia. La guerra fu veloce e si concluse
circa 1 mese dopo con la battaglia di Sadowa. La Prussia, perciò, con le paci di Praga e Vienna ottenne la
supremazia sugli stati tedeschi del nord (i 22 stati a nord del fiume Meno). L’Austria da questo conflitto uscì
indebolita e dovette riconoscere all’Ungheria pari diritti. Si formò così l’impero austro-ungarico.
Successivamente alla guerra con l’Austria, la Prussia desiderava risolvere l’altro ostacolo principale: la
Francia. Infatti, quest’ultima temeva un eventuale espansione della Prussia verso ovest, in particolare verso
l’Alsazia e la Lorena. L’evento che portò alla guerra avvenne nel 1868, quando, Leopoldo Di Hohenzollern
venne sostenuto a candidarsi al trono di Spagna. Per paura di un accerchiamento i francesi mandarono un
ambasciatore a Berlino per chiarire la situazione con l’imperatore. Tuttavia Guglielmo I cacciò
l’ambasciatore e i toni con cui lo fece vennero accentuati da Bismarck nel dispaccio di Ems. Si verificò perciò
un incidente diplomatico che portò la Francia a dichiarare guerra ai prussiani nel 1870. I francesi però
vennero subito sconfitto a Sedan e la guerra fu particolarmente veloce. A gennaio del 1871, infatti, la
Francia fu costretta a firmare l’armistizio. La Prussia perciò annesse anche gli stati tedeschi meridionali e
raggiunse l’unificazione tedesca. A scapito della Francia furono imposte ingenti indennità di guerra: il
pagamento di una grande somma di denaro e la cessione alla Germania dell’Alsazia e della Lorena.
La neonata Germania era perciò una nuova potenza europea. Contava circa 40 milioni di abitanti, era una
federazione di stati, 25. Era caratterizzata da un forte governo centrale con a capo l’imperatore, che si
appoggiava ad un cancelliere, responsabile solo di fronte all’imperatore. Il governo era costituito da una
Camera (reichstag) e da un consiglio federale (bundesrat)
Uno dei dibattiti più accesi era quello sulla riforma elettorale. I ceti sociali che si arricchivano maggiormente
esigevano l’accesso al voto. Il corpo elettorale a metà del ‘800 era il 5% della popolazione. Uno dei primi
che propose l’allargamento del corpo elettorale fu il filosofo John Stuart Mill. Alla proposta di legge però
Henry Palmerston, un liberale, si era sempre opposto. Dopo la sua morte, il partito liberale passò in mano a
Gladstone che tentò di varare una riforma elettorale, fallendo. Nel 1866 il governo passò in mano ai
conservatori guidati da Disraeli. Questi, secondo una politica di conservatorismo popolare, tentò di varare il
reform act nel 1867. Questo provvedimento vide l’allargamento del corpo elettorale al 8% della
popolazione. Nel 1874, dopo una parentesi liberale, Disraeli tornò al potere e puntò su una politica estera
più decise (Vittoria venne proclamata regina delle Indie) e una politica interna volta a favorire le classi più in
difficoltà (conservatorismo popolare).
Con il nuovo governo guidato da Gladstone, il governo inglese dovette affrontare un altro problema: quello
irlandese. L’Irlanda dal punto di vista culturale ed economico era più arretrata dell’Inghilterra e anche
diversa. Ad esempio l’Irlanda era un paese cattolico. A causa di una crisi agricola alla fine degli anni settanta
la condizione in cui riversavano gli irlandesi peggiorò notevolmente. In particolare la componente irlandese
esercitava grande pressione all’interno del parlamento per ottenere maggiore autonomia ed arrivò a
compiere anche azioni terroristiche (società dei feniani). Nel 1870 Gladstone, resosi conto che non bastava
una riforma agraria per risolvere la situazione, varò una proposta di legge che prevedeva la creazione di un
Parlamento a Dublino (Home Rule Bill). Questa proposta di legge però venne fortemente osteggiata sia dai
conservatori, sia dai liberali.
Durante il suo mandato scoppia la Guerra anglo-americana. Gli inglesi tentano di appoggiarsi ai nativi per la
riconquista delle colonia. Guerra fallimentare (1812-1815) per gli inglesi.
Dottrina Monroe, politica isolazionista che non tollerava ingerenze degli stati europei nelle questioni
statunitensi e viceversa.
Durante questo periodo grandi aree di terra vengono civilizzate e colonizzate: messico e regione dei grandi
laghi. Conquista del West. L’Ovest evocava un sentimento di purezza e di incontaminatezza che richiamava
il Nuovo Mondo. In questo periodo viene abolito il concetto di frontiera (i territori al confine degli stati uniti
e della civiltà). Cultura del far West grazie al Wild West Show (spettacolo itinerante portato avanti da
buffalo bill)
Con Jackson ebbe inizio la politica moderna caratterizzata da convention e gadget. Nascita del politico di
professione. I due partiti si trasformarono: repubblicano democratico democratico, federalisti partito
whig
La democrazia di Jackson era però anche piena di contraddizioni. Infatti con democrazia si intendeva il
governo del popolo. Questo governo del popolo si realizzò con l’introduzione del suffragio universale
maschile nei diversi Stati. Tuttavia il potere rimaneva nelle mani delle oligarchie di partito e il diritto di voto
non vedeva tra gli usufruenti i neri e le donne. Inoltre Jackson adottò in maniera spregiudicata il potere,
utilizzando più volte il diritto di veto ed esercitando il potere della nomina dei funzionari.
GUERRA CIVILE
Gli Stati Uniti erano divisi tra stati del sud e stati del nord. I primi erano caratterizzati da un’economia
agricola, basata sulla coltivazione e sull’agricoltura tramite lo sfruttamento degli schiavi. Gli stati del sud
erano ostili ad un governo centrale forte che limitava il libero mercato e favoriva invece il protezionismo.
Gli stati del nord erano invece caratterizzati dalla presenza di un’economia industriale, essi erano più vicini
alla tradizione ha miltoniana e desideravano un mercato chiuso che favorisse la concorrenza interna e lo
sviluppo delle piccole industrie.
La schiavitù fu una delle problematiche principali attorno a cui scoppiò la guerra civile. Gli schiavi neri
costituivano più di 1/3 della popolazione americana negli stati del sud. La questione riguardante la schiavitù
si intensificò con l’espansione verso il west. In particolare la tematica principale era se i nuovi stati (kansas e
Nebraska) potessero adottare la schiavitù nel loro territorio o meno. Fu così emanato il kansas-Nebraska
act.
La questione legata alla schiavitù continuò però a rappresentare un problema. In particolare con la salita al
potere di Abraham Lincoln. Egli erganizzò il partito Repubblicano contro la schiavitù e questo portò nel
1860 alla secessione di 11 stati che nel 1861 diedero vita a una confederazione con capitale Richmond e
presidente Jefferson Davis. Scoppiò così la guerra di secessione che si svolse tramite una mobilitazione
totale e l’impiego di nuove tecnologie belliche che causarono un conflitto sanguinoso. Finì nel 1865 con la
vittoria degli stati del nord. Sotto il punto di vista tattico gli stati del sud potevano contare sull’abile
generale Robert Lee, gli stati del Nord su Ulysses Grant. Nel 1863 i sudisti vennero sconfitti a Gettysburg,
vittoria che ribaltò le sorti della guerra.
La vittoria del nord fu una vittoria dei poteri federali e una vittoria degli stati del nord.
- Abolizione schiavitù
- Uguaglianza di tutti i cittadini
- Diritto di voto a tutti i cittadini
Un’altra importante conseguenza della vittoria del nord fu il rafforzamento del potere presidenziale. Lincoln
introdusse gli ordini esecutivi, dei decreti legge che potevano essere emessi dal presidente senza la
consultazione del congresso. Inoltre il presidente divenne capo delle forza armate. Un altro aspetto che
caratterizzò il dopoguerra fu la formazione di un’identità nazionale attraverso festività e principi.
In seguito alla guerra civile gli stati del sud attuarono un programma di ricostruzione e di modernizzazione.
Tuttavia i neri, che erano stati liberati dalla condizione di schiavitù, subirono comunque violenze e i diritti
che erano stati loro concessi non vennero rispettati. Si creò il Ku Klux Klan, un’organizzazione che si oppose
all’integrazione dei neri nella società americana attraverso atti di violenza e di terrorismo. Inoltre negli stati
del sud la maggior parte degli ex schiavi si ritrovò in una condizione economicamente difficile. Le corti
statali continuarono a consentire la discriminazione razziale, attraverso la segregazione.
Un altro aspetto che caratterizzò gli anni successivi alla guerra civile fu la fine della conquista del West.
Queste zone del paese vennero modernizzate tramite la costruzione di ferrovie, tramite la nascita di
compagnie imprenditoriali e innovazioni tecnologiche come le macchine agricole. Il west passò dall’essere
un territorio incontaminato ad essere fortemente civilizzato e urbanizzato.
Alla colonizzazione del West corrispose lo scontro con i nativi, reputati come un ostacolo al processo di
espansione e di modernizzazione del paese. Nel 1862 il governo emanò una legge (Homestead Act) che
prevedeva la reclusione dei nativi nelle riserva. Tuttavia molti nativi si rifiutarono di essere rinchiusi nelle
riserve e perciò scoppiarono numerose rivolte. Tra queste una delle più importanti fu quella di Little Big
Horn in cui i soldati americani del generale Custer venne uccisi dalla tribù di Toro Seduto e Cavallo Pazzo.
Tuttavia queste rivolte vennero facilmente represse dall’esercito americano .
- uniformità
Inoltre in quest’epoca si diffusero i valore della rispettabilità e del decoro sociale che portarono con sé un
rifiuto delle passioni e del sesso.
All’affermazione della borghesia corrispose un rinnovamento delle città. Queste divennero il simbolo della
borghesia e subirono un processo di rinnovamento dopo la vistosa crescita della popolazione. Vennero
realizzate fognature e reti idriche, vennero pavimentate le strade e si diffuse l’acqua corrente. In questo
periodo sorsero anche grandi architetture derivanti dalla scoperta di nuovi materiali da costruzione. Il
simbolo del progresso di questi anni sono le esposizioni universali, quella di Londra nel 1851 e quella di
Parigi nel 1855.
Questo periodo di progresso sia scientifico che economico e sociale venne accompagnato dalla diffusione di
una cultura positivista e dalla fiducia nella scienza e nel progresso. La filosofia positivista vede come
caposcuola Auguste Comte. La sua filosofia considerava la scienza quasi come una religione e la esaltava
come mezzo attraverso cui sarebbe avvenuta una rivoluzione dell’uomo. Questa fiducia nella scienza e nel
progresso venne accentuata anche da Charles Darwin.
Queste innovazioni tecnologiche ebbero un profondo impatto sull’industria e sui rapporti di produzione.
Infatti le scoperte scientifiche iniziarono ad essere applicata alle industrie:
Un altro aspetto che modificò l’industria fu la sua grandezza. Si diffusero, infatti, industrie di grandi
dimensioni, caratterizzate da un elevato numero di dipendenti e capaci di rispondere a domande molto
alte. Grazie alla presenza di nuove macchine, inoltre, i ritmi di produzione aumentarono molto. Un industria
modello di questo periodo fu quella dei Krupp, che producevano acciaio.
Le grandi aziende divennero perciò il motore trainante dell’economia nazionale e si legarono con le
istituzioni bancarie. Infatti occorrevano grandi fondi per poter rivoluzionarsi e stare al passo con le nuove
scoperte tecnologiche. In particolare nacque la banca mista: essa era un deposito per i risparmiatori che
potevano riporci il loro denaro, ma era anche un investitore in quanto investiva nel mercato per mettere a
disposizione il denaro ricavato alle industrie. Nacque perciò il capitalismo finanziario.
La seconda rivoluzione industriale ebbe notevoli risultati in gran parte d’ Europa, ma in Germania e negli
USA portò a importanti risultati. Germania e USA = second comers (secondi arrivati)
Durante la seconda rivoluzione industriale si assiste alla fine del regime economico concorrenziale. Le
aziende decisero di ingrandirsi per poter competere sul mercato internazionale, si crearono i trust e i
cartelli. I primi formati da aziende indipendenti l’una dall’altra, i secondi che erano degli accordi per
regolare il prezzo ed evitare così di fare concorrenza. Nel 1890 però fu emanata lo Sherman Act che vietava
i trust per la libera concorrenza. Questa legge venne aggirata con le holding: società finanziarie che
gestivano il capitale della aziende, che potevano così rimanere autonome. Il mercato perciò iniziò ad essere
monopolizzato da un’oligarchia di industrie e la libera concorrenza che aveva caratterizzato il capitalismo
liberale sparì. Legame Stato-Grande industria.
A questo grande progresso seguì però anche un periodo di crisi, chiamato grande depressione.
Quest’espressione indica il verificarsi di numerose crisi cicliche nell’ultimo trentennio dell’ottocento.
Queste crisi si verificarono a causa dall’aumento della produzione dei beni (conseguenza dello sviluppo
industriale) e il conseguente abbassamento dei prezzi. Infatti si andò a creare una sovrapproduzione che
portò ad abbassare i prezzi per cercare di vendere quelle invendute. In molte regione agricole d’Europa a
queste crisi corrispose una rivoluzione dell’agricoltura. In Gran Bretagna vennero ridotte le terre coltivate e
si sfruttò maggiormente l’importazione dei prodotti agricoli. In Olanda e in Danimarca si puntò
maggiormente su un’agricoltura di qualità. In Germania, Francia e in Italia si cercò di proteggere i mercati
tramite barriere doganali. Nell’Europa orientale e mediterranea, invece, vennero mantenuti i sistemi
agricoli precedenti, particolarmente arretrati e basati sul sistema dei latifondi.
SOCIALISMO
Allo sviluppo del capitalismo si contrappose anche l’interesse per la questione sociale e il progressivo
sviluppo dei partiti socialisti. Il maggiore teorizzatore del socialismo fu Karl Marx. Il socialismo trovò
concretizzazione nell’Internazionale, assemblea in cui erano presenti i vari esponenti dei movimenti operai
d’Europa. Il socialismo entrò in conflitto con l’anarchismo, movimento guidato da Michail Bakunin. Secondo
gli anarchici lo sfruttamento della classe operaia derivava dalla presenza di uno Stato. L’obiettivo
dell’anarchismo era perciò quello di eliminare lo stato e di non sostituirlo con un’altra istituzione. Il
bakunismo si adattava meglio del marxismo agli stati in cui vi era una condizione sociale più difficile come in
Italia. Lo scontro tra anarchici e marxisti portò alla fine dell’internazionale con il congresso dell’Aja nel
1872. La sede dei socialisti venne trasferita a New York. Secondo i marxisti i movimenti operai non erano
più adeguati ai tempi, occorreva che la lotta passasse ai partiti politici.
In Europa nacquero numerosi partiti socialisti, in Germania il partito socialdemocratico (1875), in Francia il
Partito operaio Francese (1882). In Inghilterra le Trade Unions, anche se in questo paese il socialismo non
ebbe particolare diffusione. Società fabiana.
Nel 1889 nacque la seconda Internazionale. Questa organizzazione si basava su principi come la gestione
sociale dell’economia, la creazione di una base sociale e un orizzonte di internazionalizzazione e di
pacifismo. La guida del socialismo europeo fu Hengels. Karl Kautsy.
Alla morte di Hengels si svilupparono due correnti diverse di pensiero. La corrente di Kautsky, basata sulla
partecipazione alla politica e sulla lotta per la democrazia e le riforme. Quest’idea però prevedeva anche
uno scontro definitivo tra borghesia e popolo. L’altra corrente di pensiero si basava invece maggiormente
sull’efficacia delle riforme e vedeva in Bernstein il massimo esponente. Bernstein formulò quello che venne
definito revisionismo: secondo lui la classe operaia stava con il tempo migliorando la propria condizione
sociale e la borghesia con il tempo si stava democraticizzando. Perciò occorreva continuare a favorire le
riforme che avrebbero portare al raggiungimento del benessere da parte degli operai. Questa visione venne
osteggiata da Kautsky.
EQUILIBRIO EUROPEO
In seguito all’unificazione della Germania, Bismarck si propose come il garante dell’equilibrio europeo e
come il fautore di un progetto di egemonia politica della Germania su tutto il continente. In particolare
Bismarck si concentrò sull’evitare che si andasse a formare una coalizione franco-russa che avrebbe
accerchiato la Germania. Questo periodo, tuttavia, fu caratterizzato da una pace apparente detta pace
armata.
Per garantire l’equilibrio Bismarck decise di stringere un’alleanza con la Russia e l’Austria: il Dreikaiserbund,
nel 1873. Quest’alleanza si basava sul governo monarchico e conservatore di questi 3 stati. Tuttavia
l’equilibrio in Europa fu presto sconvolto dalle rivalità tra Austria e Russia per il controllo sui Balcani. Questi
erano una regione particolarmente instabile e la Russia ne approfittò per attaccare l’Impero Ottomano e
istituire uno stato fantoccio dipendente da essa, in seguito alla pace di Santo Stefano (1878). Questo portò
Bismarck a indire il Congresso di Berlino.
Il congresso di Berlino andò a ridimensionare quelle che erano state le conquiste della Russia, in particolare
lo stato bulgaro formatosi, i cui territori furono spartiti tra i vari stati europei. Bismarck andò a stringere
una serie di relazioni diplomatiche che crearono una vera e propria tela di alleanze. La Germania firmò
un’alleanza difensiva con l’Austria, la triplice alleanza con quest’ultima e l’Italia e un patto di contro
assicurazione con la Russia, che prevedeva la neutralità dei due stati in caso di attacco da parte di Francia e
di Austria. Tuttavia questo sistema di alleanza era destinato a cadere dal momento che nel 1894 la Francia
si avvicinò alla Russia in seguito al mancato rinnovo del patto di contro assicurazione.
IMPERIALISMO
In questo contesto di pace e di equilibrio precari si andò a delineare una tendenza da parte dei singoli di
stati di imporsi sugli altri e di conquistare e colonizzare varie parti del mondo. Questa tendenza viene
definita con il nome imperialismo e fu determinata anche dalla diffusione del nazionalismo. Gli stati
europei, infatti, sfruttarono i paesi in Africa e in Asia per ottenere materie prime o per conquistare
posizioni strategiche ed in cambio esportavano capitali e prodotti finiti. L’imperialismo fonda le proprie
radici nel movimento nazionalista e nel pensiero di alcuni letterati e filosofi come Kipling (White man’s
burden). Al movimento di nazionalismo si unirono il disprezzo per l’altro e il darwinismo sociale.
Quest’ultimo applicava la teoria di Darwin all’interno della società stessa, in particolare si basava sul fatto
che alcuni gruppi sociali si adattassero meglio all’ambiente in cui vivevano e che di conseguenza fossero
autorizzati a schiavizzare e a sottomettere i gruppi considerati inferiori.
Una delle principali conseguenze dell’Imperialismo fu la spartizione dell’Africa, che vide, con la convenzione
di Berlino del 1884-85, gli stati europei appropriarsi di varie aree del continente africano. Vi erano infatti
importanti interessi economici, come il controllo del canale di Suez in Egitto, che ottenne la Gran Bretagna
attraverso uno scontro con i Francesi. Con la convenzione di Berlino si delinearono quelle che erano le sfere
di influenza che ciascun paese poteva esercitare sul continente africano. Nonostante fosse stata dichiarata
l’abolizione della schiavitù, essa fu comunque praticata. I principali paesi che ottennero territori furono:
Francia, Gran Bretagna e Germania.
Anche l’Asia subì un processo di colonizzazione, sebbene molti territori fossero già in mano a paesi Europei
(Indonesia – Olanda, Filippine – Spagna, Macao – Portogallo, Kazakistan – Russia). La Francia in Asia
esercitava un controllo quasi totale sull’Indocina. Infatti arrivò a proclamare l’unione indocinese nel 1887, a
cui si oppose la Gran Bretagna che annesse la Birmania, la Francia rispose conquistando il Laos. Anche la
Russia giocò un ruolo importante nel processo di colonizzazione dell’Asia, infatti si scontrò con la Gran
Bretagna per il controllo del Turkestan (da cui nacque il regno di Afghanistan, controllato dalla Gran
Bretagna), annesse la Siberia e acquistò vendette l’Alaska agli stati Uniti, rafforzando però il controllo sulla
Manciuria. La Russia, inoltre per rafforzare il controllo nella Siberia realizzò la ferrovia Transiberiana, la più
lunga del mondo, che andava da Mosca a Vladivostok.
- La questione romana, in quanto il papa era ancora contro il controllo da parte dell’Italia sui propri
territori
- La questione delle terre irredente, ovvero quelle terre che l’Italia reclamava ma che si trovavano
sotto il controllo dell’Austria
- La Destra, che era salita al potere con l’unificazione e che in questo periodo entrò in crisi dal
momento che non fu in grado di accogliere le istanze riformatrici della nascente borghesia. La
Destra era convinta dell’importanza che l’agricoltura avesse all’interno dell’economia italiana. La
Destra era composta da esponenti dell’aristocrazia piemontese, che aveva partecipato al processo
di unificazione dell’Italia.
- La sinistra, che invece era composta da esponenti del partito democratico, mazziniani e garibaldini.
La sinistra era a favore ad un ampliamento della base sociale ed era favorevole ad accogliere le
richieste della borghesia nascente.
La Destra cadde in seguito ai governi Minghetti e Lanza, che, nonostante avevano ottenuto alcuni
importanti risultati come il raggiungimento del bilancio, non erano più in grado di farsi portavoce dei
cambiamenti che avvenivano in Italia. In particolare la Destra cadde per la nazionalizzazione delle ferrovie,
che trovò l’opposizione di molti esponenti della stessa Destra.
In seguito alla caduta della Destra, la Sinistra riuscì a salire al potere. Questo momento della storia italiana
venne chiamato rivoluzione parlamentare, anche se non vi furono cambiamenti radicali. Il principale
esponente della Sinistra era Agostino De Pretis che nel discorso di Stradella enunciò i punti fondamentali:
In particolare da quest’ultimo punto derivò il fenomeno del trasformismo. Con esso si intende la tendenza
di numerosi politici italiani a cambiare fazione politica, a volte anche in maniera incoerente e con il
semplice obiettivo di mantenere il potere. Se da un lato, infatti, garantì una stabile attività governativa e
una maggioranza costante, che però era a composizione variabile, determinò l’abbandono della politica da
parte di numerosi politici e vennero favoriti sistemi clientelari per guadagnarsi il voto. In questo periodo,
inoltre, si assistette ad un cambio generazionale che indebolì particolarmente il parlamento e vide una
rafforzamento del potere monarchico, che era detenuto nelle mane di Umberto I. Diametralmente si
svilupparono anche numerosi partiti estremi, come quello radicale, i repubblicani e i socialisti di Andrea
Costa.
L’evoluzione del socialismo in Italia fu particolarmente travagliata. I primi movimenti operai e socialisti
vennero fondati da Andrea Costa e Anna Kuliscioff in Romagna e a Milano. Nel contempo in tutta Italia si
svilupparono numerosi movimenti politici, come quello del napoletano Antonio Labriola, che fu
particolarmente influenzato dalla filosofia di Marx. A Milano, nel 1886 il primo movimento di operai venne
soppresso, ma si andò a delineare un gruppo di intellettuali guidati da Filippo Turati. Nel 1892 a Genova
venne effettivamente fondato il partito dei lavoratori italiani che si sarebbe tramutato in quello socialista
l’anno successivo.
POLITICA ESTERA
Riguardo alla politica estera sotto il governo De Pretis vi fu un avvicinamento alla Germania e all’Austria
attraverso la triplice Alleanza firmata nel 1882. Questo avvicinamento, nonostante sembri contraddire i
progetti dell’Italia legati alle terre irredente può essere giustificato dai rapporti con la Francia. Infatti,
quest’ultima aveva sconfitto le truppe italiane a Tunisi, vedendo l’Italia come un paese isolato e vulnerabile.
In seguito alla sconfitta di Tunisi, perciò, l’Italia decise di rinunciare alle terre irredente, pur di entrare nella
cerchia degli imperi reazionari e militaristi.
La politica estera riguardò anche il processo di colonizzazione del corno d’Africa. Infatti, già anni prima la
società di navigazione Rubattino aveva acquistato la baia di Assab. Il governo italiano aveva deciso di
acquistare la baia per poi penetrare ulteriormente all’interno del contenente. Tuttavia l’Italia ottenne una
rovinosa sconfitta a Dogali contro il negus d’Etipia Giovanni.
POLITICA INTERNA
- Politica protezionistica: favorire le industrie e le aziende agricole evitando la concorrenza straniera,
dazi e politica doganale
- Istruzione: quella elementare divenne obbligatoria con la legge Coppino
- Abolizione tassa sul macinato
- Riforma elettorale (2% - 7%)
- Costruzione di ferrovie
- Nuovi sistemi agricoli e istituzione di un istruzione agraria
- Nascita città industriali (Milano, Torino, Genova) e grandi aziende (Pirelli, Edison, Ansaldo)
ETÀ DI CRISPI
Francesco Crispi succedette a De Pretis nel 1887. La sua politica fu particolarmente ostile alle correnti
estremiste e fu accusata di essere autoritaria. Egli era una grande estimatore della Germania Bismarckiana
e dimostrò questa stima rinnovando la Triplice Alleanza, scatenando una guerra di dazi con la Francia.
Egli portò avanti la politica espansionistica iniziata da De Pretis. Crispi riuscì inizialmente a stringere degli
accordi con il negus Menelik e sfruttò le ostilità che vi erano tra i vari ras dell’Abissinia. Con il trattato di
Uccialli (1889) l’Italia fondò la colonia di Eritrea e riuscì a penetrare anche in Somalia. Nel contempo Crispi
portò avanti numerose riforme in Italia:
Quest’ultimo provvedimento, tuttavia, portò alla caduta del governo di Crispi e alla salita di Giolitti per un
solo anno. Giolitti apparteneva al gruppo moderato della politica. Sotto Giolitti vi fu un importante sviluppo
del socialismo e si scatenarono alcune rivolte in Sicilia che Giolitti decise di non sopprimere con la forza.
Tuttavia, Giolitti incontrò numerosi problemi a causa dello scandalo della banca di Roma, che lo coinvolse e
che riportò Crispi al potere. Quest’ultimo soppresse le rivolte in Sicilia, abolì i fasci dei lavoratori e si scagliò
contro il socialismo. In particolare sotto Crispi l’Italia tentò di rinnovare la propria politica coloniale, ma, a
causa di insufficienti risorse economiche, venne sconfitta ad Adua dal negus Menelik che decise di violare il
trattato di Uccialli. In seguito alla crisi di Adua Crispi lasciò la politica e iniziò un periodo di forti tensioni.
In particolare il governo successivo, quello di Di Rudinì, fu incapace di gestire le opposizioni tra i partiti
estremisti e quelli conservatori. Queste rivalità si acuirono con l’eccidio di Milano, in cui numerosi
manifestanti vennero uccisi dalle truppe del generale Bava Beccaris. In seguito a di Rudinì salì Luigi Pelloux,
un generale che varò alcune misure repressive e che fu particolarmente osteggiato dai gruppi di Sinistra.
L’apice delle tensioni si raggiunge nel Luglio del 1900 quando Gaetano Bresci assassinò Umberto I, con lo
scopo di vendicare i morti dell’eccidi di Milano e come forma di protesta contro l’onorificenza di cui Bava
Beccaris era stato insignito proprio da Umberto I.
SOCIETÀ DI MASSA
Durante la seconda metà del XIX secolo avvennero importanti cambiamenti sotto il punto di vista sociale.
Grazie infatti a numerosi fattori la società si trasformò in quella che oggi viene considerata “società di
massa”.
PRINCIPALI FATTORI
SVILUPPO INDUSTRIALE
Durante la fine dell’Ottocento avvennero numerose invenzioni nell’ambito tecnologico ed industriale, tra
queste vi è la catena di montaggio che permetteva di accelerare i ritmi di lavoro e di aumentare
considerevolmente la produzione. La catena di montaggio ideata da Taylor fu poi sfruttata da imprenditori
come Ford all’interno dei loro stabilimenti (FORD MODEL T). Questa innovazione, accompagnata anche da
altre come l’invenzione della lampadina, permisero di gestire meglio il tempo del lavoratore, seppur
provocando in esso un senso di alienazione. L’industrializzazione creò un ciclo che portò al miglioramento
delle condizioni della popolazione.
SOCIALISMO
- Bernstein: riformismo
- Kautsky: rivoluzionarismo
NAZIONALISMO
Un altro movimento che nacque in questi anni fu il nazionalismo. Esso era basato sul concetto di
supremazia da parte di una nazione sulle altre. Il Nazionalismo prevedeva la superiorità in ogni ambito
(economico, culturale, sociale, militare) del proprio paese e prevedeva una chiusura verso lo straniero e
verso l’altro. Conseguenze del nazionalismo furono ad esempio l’imperialismo che portò alla ricerca di
nuovi territori da conquistare e su cui imporre la propria nazionalità. Inoltre vi fu uno sviluppo dell’industria
bellica e la nascita di movimenti razzisti e antisemiti che si scagliavano soprattutto contro ebrei o altre
minoranze.
ETÀ GIOLITTIANA
In seguito all’assassinio di Umberto I per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, salì al trono Vittorio
Emanuele III che diede l’incarico di formare il governo a Giuseppe Zanardelli, il quale chiamò Giolitti come
ministro degli Interni.
L’Italia di cui Giolitti prese le redini stava attraversando un periodo di industrializzazione. Grazie alla politica
protezionistica e alle banche miste, vennero finanziate numerose grandi imprese. In vari settori vennero
fondate imprese esistenti ancora oggi, come la Fiat. In generale il processo di industrializzazione coinvolse
principalmente le regioni del centro-nord (Lombardi, Piemonte, Liguria). Si assiste alla creazione del
triangolo commerciale/industriale (Milano, Genova, Torino).
Tuttavia il processo di industrializzazione portò con sé numerose problematiche legate alle condizioni di vita
dei lavoratori agricoli e degli operai. Tra il 1901 e il 1902 vennero portati avanti numerosi scioperi, che
vennero affrontati dal governo senza ricorrere ad azioni violente. In particolare Giolitti tentò un’apertura
nei confronti del movimento operaio e si rese conto che solo un miglioramento delle condizioni di vita dei
lavoratori avrebbe reso possibile ordine e stabilità nella società. Gli scioperi del 1901 e del 1902 furono
quindi i primi che vennero affrontati semplicemente attraverso il mantenimento dell’ordine pubblico.
I primi erano divisi in due fazioni: riformisti ed estremisti. I primi, capeggiati da Filippo Turati, prevedevano
un processo di riforme per giungere all’emancipazione del proletariato. Inoltre i riformisti pomossero la
fondazione della Confederazione generale del lavoro (CGDL). Gli estremisti, invece, erano convinti della
necessità di una rivoluzione contro la borghesia e il capitalismo. nel 1911 fondarono l’Unione sindacale
italiana. Il partito socialista, perciò, diviso tra massimalisti e moderati, visse un periodo di forte tensione.
Durante il governo di Giolitti i socialisti riuscirono ad instaurare un dialogo con il governo, in particolare vi
fu intesa tra la corrente moderata dei socialisti e i liberali di Giolitti. La politica di dialogo giolittiana si rivelò
particolarmente vincente nel 1904, di fronte allo sciopero generale indetto dagli estremisti. In seguito allo
sciopero l’ala moderata dei socialisti moderati prevalse su quella dei rivoluzionari.
Anche i cattolici instaurarono un dialogo con Giolitti. Il mondo cattolico ad inizio 900 era particolarmente
frammentato.
- Esso era diviso in cattolicesimo intransigente, guidato dall’Opera dei congressi, secondo cui la
chiesa avrebbe dovuto disinteressarsi delle questioni politiche
- Movimento democratico-cristiano: guidato da Romolo Murri, che sperava in una maggiore
democratizzazione della chiesa
- Cattolicesimo moderato, capeggiato da Filippo Meda, che credevano nella necessità di inserirsi
nella politica dello stato liberale.
Con la salita di Pio X, nonostante la sua condanna nei confronti delle dottrine di Romolo Murri, venne
sospesa l’Opera dei congressi e venne abolito gradualmente il non expedit. Per la prima volta dall’Unita
d’Italia, due deputati cattolici entrarono in Parlamento. Quest’alleanza tra cattolici e liberali avvenne
tuttavia in opposizione al socialismo rivoluzionario.
Giolitti dovette anche gestire la destra liberale che stava sorgendo. Essa era caratterizzata da un
atteggiamento conservatore e da tendenze nazionalistiche. Inoltre quest’ala del Parlamento era sostenuta
da una minoranza ristretta (piccola e media borghesia). Sorse proprio da esponenti di quest’ala
l’associazione nazionalista italiana nel 1910. Essa prevedeva un processo di espansione territoriale,
conquista di colonie e lotta tra le nazioni “proletaria” e quelle “plutocratiche”.
POLITICA DI GIOLITTI
Giolitti agì in maniera diversa nella politica interna e in quella esterna.
Politica interna:
Giolitti varò numerosi provvedimenti a favore dei lavoratori (congedi per malattia o per maternità,
legislazioni contro gli infortuni, tutele per i pensionati), egli inoltre fondò l’Ispettorato del lavoro che
garantiva la corretta applicazione di queste leggi. Con la legge Danea-Credaro venne imposto l’obbligo
scolastico fino ai 12 anni.
Inoltre egli agì nell’ambito economico favorendo la statalizzazione di grandi gruppi finanziari ed industriali
(settore del telefono, delle ferrovie). Inoltre egli tentò di imporre un’imposta progressiva sul reddito, che
però venne rifiutata e portò alla caduta del governo Giolitti.
Tuttavia, nonostante questi provvedimenti Giolitti trascurò, così come i suoi predecessori, la questione
meridionale. In particolare a causa dell’industrializzazione il meridione era rimasto arretrato sotto il punto
di vista economico. Difatti a causa della politica protezionistica le aziende agricole ne risentirono e
l’economia ristagnò. Questa differenza di industrializzazione tra nord e sud comportò anche un dislivello di
ricchezza tra nord e sud.
Ci furono alcuni tentativi da parte del governo di industrializzare il sud, anche se furono eccezionali e
occasionali e non riuscirono effettivamente a colmare il divario. Esempi sono l’Ilva di Bagnoli. Tuttavia
questi tentativi incentivarono gli sprechi e la corruzione da parte degli amministratori locali. Di fronte a
questa situazione critica il fenomeno dell’emigrazione assunse dimensioni sempre più importanti.
Così come sotto il punto di vista economico, anche sotto quello sociale Giolitti agì in maniera diversa nel
sud. In particolare egli decise di reprimere le rivolte con la forza, avendo stretto un accordo con i proprietari
terrieri della zona. Di fronte a questo atteggiamento da parte del governo si sollevarono le critiche e
l’indignazione di alcuni intellettuali, i meridionalisti (Luigi Sturzo, Gaetano Salvemini).
La politica estera di Giolitti fu fortemente influenzata dai movimenti nazionalisti interni al paese. In
particolare i nazionalisti premevano affinchè l’Italia si impossessasse della Libia. Nel 1902 l’Italia aveva già
ottenuto il consenso da parte delle nazioni europee per invadere la Libia, inoltre il banco di Roma aveva
finanziato l’impresa. Nel 1911 venne iniziata la campagna di Libia, che si rivelò più difficile e complessa del
previsto. Nell’Ottobre 1911 venne invasa la Tripolitania e la Cirenaica. La conquista della regione tuttavia
venne sancita con la pace di Losanna del 1912 con la quale l’Italia otteneva formalmente il controllo sulla
Libia.
La principale conseguenza della guerra di Libia fu la crisi degli equilibri politici: i socialisti rivoluzionari
riuscirono a vincere su quelli moderati.Questi vennero isolati e nel Congresso di Reggio Emilia rivestì un
ruolo chiavi nel dirigere la rivista socialista Avanti Benito Mussolini.
In seguito all’impresa di Libia Giolitti introdusse il suffragio universale maschile che estese il diritto di voto a
tutti coloro che avessero più di 21 anni e che fossero in grado di leggere e scrivere, oppure che avessero
prestato servizio militare (9,5% 24,5%). Nel 1913 venne siglato il patto Gentiloni che prevedeva una
maggioranza eterogenea, che coinvolse estremisti, nazionalisti, oltre ai cattolici e ai liberali. Tuttavia il
governò cadde con l’uscita dei radicali. Il governo di Giolitti non poteva difatti reggere di fronte a simili
incongruenze. Giolitti diede le dimissioni e il governo passò al ministro Salandra.
1° GUERRA MONDIALE
CAUSE E ORIGINI DEL CONFLITTO
In Europa ad inizio 900 vi era un clima particolarmente teso, a causa della competizione imperialistica che
coinvolgeva molte potenze europee, e che aveva come causa principale i sentimenti nazionalistici. In
particolare vi era relazioni molto tese tra:
- Francia (revanscismo)
- Gran Bretagna (minaccia al primato del dominio coloniale) con la Germania
- Russia (ostacolata dalla presenza tedesca in medio oriente)
La tensione tra le varie nazioni fu inoltre favorita dalla corsa agli armamenti la quale favoriva l’industria
dell’acciaio e in generale l’economia. La Germania era ritenuta da molti stati come una nazione
pericolosa per l’equilibrio europeo.
- Essa attirò a sé l’ostilità della Gran Bretagna, con cui aprì una competizione per il primato della
marina militare. Guglielmo II con il piano TIrpitz tentò di costruire una flotta potente, in grado di
rivaleggiare quella inglese, che venne rimodernata ed ampliata con le Dreadnought. Inoltre
l’antagonismo tra Germania e Gran Bretagna venne anche favorito dall’incursione all’interno
dell’Impero Ottomano dei tedeschi, che realizzarono una ferrovia tra Istanbul e Baghdad.
- Con la Francia, che aveva stipulato con la Gran Bretagna un’alleanza (l’entente cordiale) nel 1904.
Questo accordo suscitò l’opposizione tedesca che si oppose alla colonizzazione del Marocco da
parte della Francia. Questo portò alla prima crisi marocchina e alla convocazione di una conferenza
internazionale ad Algeciras. La Germania rimase sempre più isolata, mentre la Francia era
sostenuto da numerose potenze europee. Con la conseguente occupazione militare da parte della
Francia (concessa da potenze europee) si assistette alla seconda crisi marocchina. Nel 1911 la
Germania minacciò la Francia, che tuttavia era tutelata dalla Gran Bretagna. Questo spinse la
Germania a riconoscere il controllo del Marocco da parte della Francia.
- Per creare un fronte antitedesco l’Entente cordiale si ampliò anche alla Russia, che era timorosa nei
confronti dell’aggressività della Germania. La Gran Bretagna strinse così un’alleanza con la Russia
nel 1907, a cui seguì la spartizione delle zone della Persia e dell’Afghanistan.
Sorse così la triplice intesa e l’Europa venne spartita in due (Triplice Alleanza e Triplice Intesa). La prima
tuttavia era più debole a causa delle tensioni tra Italia e Austria e per il fatto che l’Italia si appoggiava alla
triplice intesa per poter compiere le proprie imprese coloniali. Infine queste due alleanza erano basate sul
fatto che vigeva un obbligo difensivo reciproco.
La situazione internazionale venne complicata ulteriormente dalla crisi dell’Impero Ottomano. Nel 1908
scoppiò la rivoluzione dei Giovani Turchi che si unirono nel partito “Unità e progresso”. Essi fecero salire al
trono Maometto V e trasformarono il paese in un regime costituzionale e parlamentare. L’impero ottomano
rivelò perciò le sue debolezze e numerosi stati ne approfittarono per dichiararsi indipendenti. Ad esempio
la Bulgaria, che annesse la Bosnia, la Serbia che venne appoggiata dalla Russia e che aveva grandi mire
espansionistiche. Proprio a causa della crisi dell’Impero Ottomano si scatenarono due guerre balcaniche. La
prima nella quale vennero ceduti i territori europei ad una coalizione di stati (montenegro, Serbia…) La
secona che invece vide uno scontro tra Bulgaria e Serbia. La Bulgaria, tuttavia, venne sconfitta e venne
ridimensionata a favore degli stati adiacenti. Tuttavia queste guerre non portarono ad un equilibrio stabile,
sebbene indebolirono gli imperi centrali che videro un rafforzamento di quei territori su cui essi stessi
possedevano mire espansionistiche.
La tensione che aleggiava in Europa era sentita anche dalla società civile, che era permeata da sentimenti
nazionalistici e di avversione contro gli altri popoli. In particolare vennero utilizzate strategie
propagandistiche a favore della guerra per rafforzare il consenso. In generale la società si divise tra coloro
che vedevano la guerra come un mezzo per affermare il proprio paese sugli altri e come una necessità, e
coloro che speravano nella pace e nella possibilità di un equilibrio europeo.
Desiderio da parte di cittadini e intellettuali di entrare in guerra: Thomas Mann, D’annunzio. I partiti
socialisti, di base pacifisti si uniscono agli altri sostenitori della guerra (jaurès).
La Germania aggredisce la Francia passando per il Belgio (piano Schlieffen)→ la G vuole una guerra lampo
per evitare una guerra su due fronti con la Russia. Il generale tedesco Von Moltke arriva fino a 40 km da
Parigi ma viene bloccato dall’esercito anglo-francese nella battaglia della Marna→il generale Joffre ferma i
crucchi. =) Da una guerra di movimento si passa a una guerra di posizione/logoramento→ sfruttano le
trincee e le fortificazioni.
Fronte orientale: i Russi vengono fermati dai tedeschi→ battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri con la
battaglia di Leopoli in GALIZIA i russi vincono contro gli austriaci→ guerra di logoramento. Si unisce anche
l’impero ottomano alleato con Germania e Austria.
INTERVENTO ITALIANO
All’inizio della guerra l’Italia si era proclamata neutrale. I motivi che avevano spinto Salandra a questa
decisione furono:
questione terre irredente
aggressione da parte dell’Austria
esercito impreparato
In Italia numerose forze politiche che sostenevano la neutralità dell’Italia erano:
socialisti
liberali giolittiani
cattolici e papa
I gruppi a favore dell’intervento dell’Italia in guerra, invece, erano:
alcuni socialisti (Mussolini)
alcuni democratici (Bonomi e Salvemini)
destra liberale (a cui apparteneva Salandra stesso)
destra nazionalistica (che fece fronte comune con quella liberale)
La posizione della destra liberale fu decisiva, secondo quest’ultima l’Italia avrebbe dovuto schierarsi con la
fazione che le prometteva le maggiori ricompense territoriali. Per questo motivo Salandra e Sonnino si
recarono tra il 1914 e l’aprile del 1915 a Londra, dove stipularono degli accordi con l’Intesa (patto di
Londra). In particolare l’Italia avrebbe guadagnato in caso di vittoria le terre irredente.
Salandra presentò il patto di Londra al Parlamento che però era a maggioranza neutralista. Tuttavia grazie
ai nazionalisti vennero organizzate manifestazioni e le piazze insorsero (radiose giornate di maggio,
espressione usata da d’Annunzio per esprimere la volontà da parte sua e dei nazionalisti di entrare in
guerra). Queste manifestazioni di piazza furono particolarmente importanti dal momento che grazie ad
esse Salandra riuscì ad ottenere pieni poteri nel Parlamento per consentire l’entrata in guerra. Il 23 Maggio
Salandra consegnò la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria.
1915-1916
FRONTE OCCIDENTALE
Situazione di stallo ⇒ tentativo da parte della Germania di penetrare nella Francia (battaglia di Verdun con
600000 morti). All’attacco di Verdun segue la risposta franco-inglese con la battaglia della Somme.
Nonostante queste battaglie la situazione rimane uguale a prima ma con molte perdite e morti. La
Germania era impegnata anche in una guerra navale con la Gran Bretagna. In particolare la Germania
adotta i sottomarini, che attaccano anche navi civili (caso del transatlantico Lusitania, a cui seguì grande
indignazione negli USA).Nonostante la potenza della flotta tedesca la Germania non fu in grado di
indebolire la flotta inglese, che sconfisse quella tedesca nella battaglia dello Jutland (principale conflitto
marittimo di tutta la guerra).
FRONTE SUD-ORIENTALE
La Russia è costretta a combattere su più fronti, questa situazione è aggravata dall’entrata in guerra della
Bulgaria e dalla sconfitta totale della Serbia. La Russia progetta un attacco nella Galizia guidata dal generale
Brusilov, contro gli imperi centrali ⇒ ne segue l’entrata in guerra della Romania, che però viene facilmente
sconfitta e annessa. Il fronte orientale si sarebbe presto esaurito dal momento che la Russia si sarebbe
ritirata (a causa della rivoluzione). Nel mentre si creano numerose rivolte nei territori arabi e della Siria. Qui
varie tribù locali sono spinte da Lawrence d’Arabia a ribellarsi e a tenere impegnate numerose truppe
ottomane.
Durante questo periodo si verifica il genocidio degli armeni (armeni, considerati nemici della patria,
deportati in campi di concentramento e condannati a lavori forzati).
FRONTE ITALIANO
Sul fronte italiano le truppe erano particolarmente impreparate e sottoposte ad una rigida disciplina da
parte del generale Cadorna, il quale obbligava i propri soldati a ritmi intensi e spesso ricorreva anche a
metodi brutali come la decimazione. Questa disorganizzazione provocata anche da mancanza di sottufficiali
non consentì agli italiani di raggiungere importanti obiettivi strategici. Infatti l’Italia, sebbene avesse
concentrato le proprie forze per sfondare a est, in Friuli non riuscì ad andare oltre dopo la conquista di
Gorizia, unica città importante occupata. Di fronte alla stanchezza dell’esercito italiano venne organizzata,
da parte degli austriaci, la strafexpedition, una spedizione punitiva contro gli italiani, che comportò la presa
dell’Asiago. Questa spedizione portò alla caduta del governo Salandra, che venne sostituito da Boselli, il
quale nell’agosto del 1916 dichiarò guerra anche alla Germania.
1917
Il 1917 assunse una notevole importanza nel corso del conflitto a causa di numerose battaglie ed eventi. La
condizione degli eserciti e della società era particolarmente difficile. In particolare la Russia fu costretta a
firmare il trattato di Brest-Litovsk con gli imperi centrali, dal momento che in Russia stava avvenendo una
rivoluzione guidata da Lenin. L’uscita dalla guerra della Russia portò ad uno spostamento delle forze degli
imperi sul fronte occidentale.
In numerosi paesi d’Europa vì furono insurrezioni, come in Italia dove gli abitanti di Torino ingaggiarono una
guerriglia. Queste insurrezioni erano dovute alle difficoltà economiche del paese, che si riversavano sui
cittadini. Papa Benedetto XV tentò di convincere le nazioni europee di come il conflitto fosse insostenibile,
ma il suo messaggio restò ignorato.
Sul fronte italiano, l’arrivo di ingenti forze tedesche ed austriache portò alla disfatta di Caporetto
nell’Ottobre del 1917. Le truppe italiano vennero colte di sorpresa e sconfitte facilmente. Gli Austriaci
guadagnarono i territori fino al Piave. Si assistette ad un cambio dei vertici politici (Boselli → Orlando) e
militari (Cadorna → Diaz, quest’ultimo fu più moderato ed accondiscendente di fronte alle necessità dei
soldati). L’esercito italiano venne ricostruito.
L’evento chiavi del 1917 fu l’entrata in guerra degli Stati Uniti, i quali intrattenevano rapporti commerciali
con le potenze dell’intesa. Le ragioni dell’intervento degli Stati Uniti in guerra furono principalmente di
matrice economica:
- il continuo affondamento da parte delle navi statunitensi da parte dei sottomarini tedeschi, che
danneggiava gli esportatori americani
- la possibilità che i grandi prestiti fatti alle potenze dell’Intesa, in caso di vittoria della Germania, non
venissero rimborsati
A queste ragioni si accompagnò anche una ragione più ideologica: gli Stati Uniti avrebbero rappresentato i
valori democratici e liberali, che si opponevano al militarismo tedesco e all’autoritarismo degli imperi
centrali.
1918
La Germania, avendo compreso che l’ingresso degli Stati Uniti in guerra avrebbe rappresentato un punto di
svolta per l’Intesa, decise di lanciare un'ultima offensiva. Nel marzo del 1918 gli imperi Centrali attaccarono
la regione francese di San Quintino e riuscirono a sfondare le linee dei francesi. Tuttavia l’Intesa riuscì a
resistere, anche grazie alla direzione del generale Foch. L’arrivo delle forze Statunitensi sul suolo Europeo
segnò la svolta: le truppe tedesche vennero sconfitte dall’Intesa nella seconda battaglia della marna e nella
battaglia di Amiens tra il Luglio e l’Agosto 1918.
Anche sul fronte italiano vi fu un'importante vittoria, a VIttorio Veneto, grazie al contributo dei “ragazzi del
‘99”.Nel Novembre 1918 venne annunciata la vittoria sull’Austria dopo la presa di Trento e Trieste.
Si giunse perciò alla conclusione della guerra, i governi degli imperi sconfitti tentarono di concedere
numerose riforme liberali pur di rimanere al potere ma non ci riuscirono dal momento che il malcontento
era particolarmente elevato:
l’impero Ottomano siglò un armistizio in seguito alle rivolte di Medio Oriente e il governo cadde
l’impero asburgico dovette riconoscere la Repubblica cecoslovacca, lo stato iugoslavo e l’Ungheria, i
quali ottennero l’indipendenza, inoltre in seguito alla fuga dell’imperatore venne istituito un
governo repubblicano
la Germania dovette far fronte a numerose insurrezioni operaie. Anche qui venne istituito un
governo di stampo liberale, guidato dal social-democratico Ebert.
La 1° guerra mondiale presentò alla sua conclusione un cattivo bilancio sotto il punto di vista di risorse
impiegate e di vite perse. Morirono circa 17 milioni di soldati e civili. L’Europa, tuttavia, venne dilaniata
anche dalla “spagnola” che uccise tra i 40 e i 50 milioni di persone.
RIVOLUZIONE RUSSA
Durante la prima guerra mondiale la Russia si trovò in una situazione particolarmente complessa e
drammatica:
- inadeguatezza del sistema economico che non era in grado di sostenere un esercito di 12 milioni di
uomini
- produzione bellica scarsa, che provocò importanti sconfitte militari
- impreparazione dell’esercito
Questa situazione sociale non ebbe delle conseguenze a livello politico, dove lo zar Nicola II rimase
intransigente di fronte alle necessità della popolazione. Tuttavia in questo clima di intransigenza si andò a
delineare una spaccatura all’interno del governo russo: alcuni aristocratici iniziarono a sostenere un
progetto di riforme liberali. Tra questi aristocratici si distinse il principe Georgij L’vov il quale aveva come
obiettivo quello di dare più potere alla Duma. Questa divisione tra aristocratici e zar venne poi accentuata
dalla figura di Rasputin, mistico e santone che era riuscito ad accedere alla casa imperiale e che era
divenuto consigliere dello zar. Nel 1916 Rasputin venne assassinato su commissione di quegli aristocratici
liberali. Ciò portò ad un’esasperazione dei rapporti tra società e zar.
La principale conseguenza di queste tensioni avvenne tra il 23-27 febbraio 1917 (calendario ortodosso)
primi di marzo (calendario gregoriano). Si andarono a creare importanti manifestazioni di piazza a
Pietrogrado. I soldati che erano stati incaricati di sparare sulla folla decisero di unirsi ai manifestanti. I
lavoratori si raggrupparono nei soviet. Inoltre il 27 febbraio la Duma creò un governo provvisorio,
composto dai cadetti: ala moderata democratica, dai menscevichi e dai socialisti rivoluzionari. Con
l’istituzione di questo governo provvisorio in Russia venne proclamata la repubblica.
Si andò a creare di conseguenza una situazione ambigua in cui convissero due governi: quello dei soivet e
quello provvisorio. Contrasti tra i due governi.
Nel 1917, inoltre, Lenin tornò in Russia dall’esilio grazie all’aiuto dei tedeschi. Egli era convinto che il
proletariato avesse il compito di portare avanti la rivoluzione e non la borghesia e delle elitè. Queste idee
rivoluzionarie vennero esposte nelle “tesi di Aprile”, un testo in cui Lenin suggeriva di consegnare tutto il
potere in mano ai soviet. Era il popolo che doveva farsi carico della Russia e cercare di nazionalizzare le
terre, le banche e le industrie. Inoltre egli suggerì una pace con la Germania anche a condizioni
svantaggiose.
Nella primavera del 1917 si svolsero le “giornate di luglio”: manifestazioni, appoggiate dai bolscevichi,
scatenate dalla grave situazione bellica della Russia. A queste manifestazioni tuttavia si oppose il governo
provvisorio, in particolare i menscevichi e i socialisti rivoluzionari, che misero al bando i bolscevichi. In
seguito alle giornate di Luglio si andò a rafforzare la figura di Kerenskij. Egli apparteneva alle fila moderate
del governo. Egli ottenne la guida del governo in seguito alle dimissioni del principe L’vov. Tuttavia egli
dovette subito affrontare il colpo di stato organizzato dal generale Korniolov che desiderava prendere il
potere. Kerenskij, tuttavia, poté contare sull’appoggio del popolo, in particolare dei ferrovieri che non
fecero partire le truppe di Kornilov verso Pietrogrado.
In seguito al tentato colpo di stato di Kornilov, il governo provvisorio decretò la nascita di un’assemblea
costituente. Tuttavia Lenin, tornato dalla Finlandia, assieme ai bolscevichi decisero di agire e di impadronirsi
del potere. In particolare tra il 25-26 ottobre (calendario ortodosso) 1917 le Guardie Rosse (corpo militare
bolscevico) occuparono il palazzo d’inverno sede del governo provvisorio. Si verificò la rivoluzione
d’Ottobre che vide la presa di potere da parte dei bolscevichi. Si ofrmò dunque un governo rivoluzionario
detto congresso pan russo dei soviet e si proclamò la nascita dell’unione sovietica.
Lenin instaurò una “dittatura del proletariato”, il potere doveva essere in mano al popolo. Tuttavia questa
forma di governo si trasformò in una dittatura dei bolscevichi. I primi provvedimenti che vennero presi dal
partito bolscevico furono:
Nel Marzo del 1918 la Russia uscì dalla prima guerra mondiale firmando il trattato di Brest-Litovsk. Francia e
Gran Bretagna temevano che la rivoluzione potesse uscire dalla Russia spandendosi in varie parti d’Europa.
Di conseguenza le potenze dell’Intesa supportarono le forze controrivoluzionarie. Scoppiò quindi la guerra
civile tra le armate rosse (comunisti di Lenin) e le armate bianche (filo zaristi, oppositori dei bolscevichi,
potenze dell’intesa). Le armate bianche si spinsero verso gli urali per liberare la famiglia dello zar, le armate
rosse decisero quindi di fucilare lo zar Nicola II nel luglio del 1918. Ad un’iniziale conquista da parte dei
controrivoluzionari di numerosi territori russi come la Siberia si oppose la controffensiva progettata da
Trockij che riuscì ad allestire un esercito preparato ed efficace. Le armate Rosse di Trockij e di Lenin
dovettero fronteggiare, oltre che alle armate bianche, anche insurrezioni in varie zone della Russia che
desideravano l’indipendenza (Georgia, Azerbaijan, Ucraina, Bielorussia). Tra queste sommosse quella
principale fu quella Polacca. Le armate polacche guidate da Pilsudski occuparono numerosi territori fino
all’Ucraina per formare uno stato polacco. Tuttavia vennero fermate e la Russia stipulò un accordo con il
trattato di Riga del 1921. Nello stesso anno le armate rosse riuscirono anche a sconfiggere definitivamente
le armate bianche.
Durante la guerra civile il partito bolscevico dovette prendere alcuni provvedimenti economici per poter
mantenere l’esercito. Questo sistema venne definito comunismo di guerra e i suoi principali aspetti furono.
- Requisizione forzata dei generi alimentari dalle campagne, consegna dei raccolti da parte dei
contadini
- La moneta fu sostituita con il baratto
- Controllo armato delle produzioni agricole e industriali
Questi provvedimenti, che erano volti a risollevare l’economia russa si rivelarono però un fallimento totale
e la condizione della popolazione peggiorò notevolmente.
Nel giugno del 1918, durante la guerra civile, venne promulgata la costituzione che andò a dividere i poteri
nei vari organi politici:
- Congresso dei soviet, assemblea formata dai rappresentanti dei vari soviet di tutta la Russia.
Quest’organo detiene formalmente il potere ma in verità è sottoposto al comitato esecutivo
- Comitato esecutivo/ politburo, organi dotati di potere esecutivo che detengono l’effettivo potere
politico
- Consiglio dei Commissari del popolo, organo che si occupa dell’amministrazione dello stato
- Tribunali del popolo, tribunali che sorgono al posto di quelli tradizionali con giudici scelti dal partito
- CEKA, polizia di Stato che ha lo scopo di reprimere le rivolte e i dissensi
Questi organi mostrano come il potere fosse concentrato nelle mani di un unico partito, quello bolscevico e
come la dittatura del proletariato fosse mera apparenza.
In seguito alla guerra civile in Russia rimanevano ancora alcuni gruppi di opposizione. Tra questi vi era il
movimento di opposizione operaia che intendeva restituire il potere agli operai e ai lavoratori. Inoltre si
verificò l’ammutinamento di 20000 marinai della flotta di Kronstadt che insorsero contro la dittatura
bolscevica. Essi chiesero la restituzione del potere al popolo e rivendicarono le varie libertà di
parola/stampa. Il governo decise tuttavia di reprimere queste forme di opposizione con la violenza.
Assieme ad una politica di violenza e di repressione Lenin e Troksij decisero di istituire la Nuova Politica
economica (NEP). La NEP aveva come obiettivo l’inversione dell’economia russa e porre fine al comunismo
di guerra che aveva fortemente indebolito la popolazione russa. Lenin decise di contare su un ampio
appoggio sociale. La NEP, quindi stabiliva:
- Ripresa produttiva nelle campagne, si andò a formare una nuova classe di contadini imprenditori
- Ripresa economia monetaria
- Assenza di liberalizzazione politica, il regime mantenne il suo carattere repressivo e non tollerò
alcuna manifestazione di dissenso
Un altro aspetto che interessò l’unione sovietica in questo periodo fu quello delle nazionalità. Per far fronte
alle tendenze separatiste delle singole nazioni Lenin decise di istituire nel 1922 l’Unione delle repubbliche
socialiste sovietiche, andando a creare uno stato a struttura federale. Ciascun cittadino avrebbe potuto
quindi sentirsi sovietico, nonostante alla sua etnia/ stato di appartenenza.
In reazione a ciò nel settembre 1919 Gabriele d’Annunzio decise di occupare Fiume assieme ad un piccolo
manipolo di uomini. Il governo non reagì e sperava di poter ottenere dei vantaggi da quest’impresa.
Altri fattori di crisi che coinvolsero l’Italia dopo il 1919 furono legate alla politica e alla società. I liberali si
erano infatti mostrati troppo deboli per rappresentare le classi di una società così mutata. Inoltre si diffuse
la preoccupazione per gli echi della rivoluzione Russa del 1917. La classe operaia, infatti, vedeva con favore
agli ideali della rivoluzione e ad un possibile miglioramento delle loro condizioni di vita e lavorative.
Inoltre vi era la diffusa richiesta da parte dei contadini di una redistribuzione dei terreni, accompagnata
dalla richiesta di assistenza sociale e di reintegro nel mondo del lavoro da parte dei reduci. Si andò a
formare l’ANC, associazione nazionale combattenti. Quest’associazione aveva come obiettivo il supporto
dei reduci di guerra ma era anche caratterizzata da antisistematicità.
Infine l’ultimo grande punto che caratterizzò la crisi italiana del primo dopoguerra fu l’economia. Il sistema
industriale del paese dovette essere riconvertito, si diffuse uno stato di povertà, l’inflazione crebbe molto e
la moneta perse il proprio valore originario. In generale la condizione economica italiana del primo
dopoguerra fu particolarmente simile a quella di altri stati europei.
Di fronte alla debolezza del partito liberale vi furono altri partiti che si rafforzarono e che riuscirono ad
ottenere il sostegno popolare. In particolare i liberali avevano una visione elitaria della politica, mentre i
nuovi partiti, detti partiti di massa, avevano come obiettivo il consenso da parte delle grandi masse. Tra
questi partiti vi erano:
- I socialisti: durante gli anni successivi alla WWI molte persone videro nel socialismo il movimento
per la difesa dei loro diritti e un modo per poter migliorare le proprie condizioni di vita e lavorative.
Tuttavia all’interno del partito socialista esistevano grosse differenze che portarono anche a delle
acute tensioni. In particolare i massimalisti (cioè coloro che credevano ancora nella rivoluzione
proletaria/bolscevica) vennero reputati come semplici attendisti incapaci di compiere effettivi passi
avanti verso un effettiva rivoluzione. Sorsero quindi altre correnti in tutta Italia come quella di
Gramsci a Torino o di Bordiga a Napoli.
- I popolari: anche i cattolici rivestirono un ruolo di primo piano in questo periodo. Nel 1919 nacque il
partito popolare italiano (PPI), fondato da Luigi Sturzo. Il partito popolare si ispirava alla dottrina
cattolica ma aveva natura laica e possedeva come obiettivo quello della cooperazione fra i ceti
sociali contro la lotta di classe. Il PPI venne sostenuto soprattutto dai contadini, dai piccolo-medi
borghesi e anche dai lavoratori grazie ad una proposta di una riforma fiscale più equa.
- I nazionalisti: La destra nazionalista inizialmente si rivelò incapace di competere con gli altri due
partiti. Tuttavia con la creazione dei fasci di combattimento di Mussolini , fondati nel marzo del
1919, la destra nazionalista ebbe una struttura precisa. Mussolini fu in grado di raccogliere il
consenso da parte di tutti coloro che avevano perso qualcosa con la crisi e con la guerra. Egli si fece
portavoce degli insoddisfatti della politica italiana. Il partito di Mussolini era eclettico e prendeva
spunto da vari movimenti politici proprio perché il suo obiettivo era quello di attirare a sé coloro
che non ponevano fiducia in nessun orientamento politico. I fasci di combattimento, tuttavia, si
caratterizzarono per l’uso della violenza (distruzione della sede del giornale “avanti”)
Nel 1919 si tennero delle importanti elezioni che portarono alla sconfitta dell’Italia liberale. Queste elezioni
erano caratterizzate dal suffragio universale maschile e da un nuovo sistema elettorale, quello
proporzionale. Secondo questo sistema in ogni circoscrizione elettorale i seggi parlamentari venivano
attribuiti in proporzione ai voti conquistati. Questo sistema era diverso da quello precedente, il sistema
elettorale uninominale. Le elezioni videro il partito liberale indebolito con solo 217 seggi su 473. Riscossero
molto successo i partiti di massa, quello socialista e quello popolare. Nessun voto ai fasci di combattimento.
Saverio Nitti, il nuovo presidente rassegnò subito le dimissioni a causa del governo fragile che egli aveva
fondato. Subentrò a questo punto Giolitti che riuscì a mantenere temporaneamente una situazione di
stabilità attraverso degli accordi tra socialisti e popolari. Inoltre propose un’imposta progressiva sul reddito,
secondo i principi di equità.
Giolitti risolse anche la situazione di Fiume, dove D’Annunzio aveva istituito un vero e proprio Stato,
caratterizzato da una carta costituzionale: la carta del carnaro. Questo esperimento politico tuttavia perse
l’appoggio da parte della borghesia italiana e perciò Giolitti potè avviare negoziati con la Iugoslavia, che si
conclusero con il trattato di Rapallo ( 1920) con cui l’Italia ottenne alcune isole/città ma concesse Fiume.
Negli anni successivi tra il 1919 e il 1920 l’Italia venne attraversata dal biennio rosso e da violente agitazioni
popolari. In particolare i contadini e gli operai decisero di manifestare/scioperare/ fare azioni di guerriglia.
In particolare gli agricoltori dell’Italia centro-nord si riunirono nelle leghe bianche cattoliche e nelle leghe
rosse socialiste. Questi contadini rivendicavano un aumento salariale. Nel meridione, invece, vi fu
l’occupazione dei territori incolti. Anche a livello industriale vi furono alcune agitazioni. Gli operai
desideravano poter esercitare un potere sugli stabilimenti. Vennero occupate circa 600 fabbriche da parte
della FIOM. Sorsero poi i consigli di fabbrica, ispirati ai soviet russi.
Giolitti cercò di mantenere un atteggiamento diplomatico, non intervenendo con la forza per bloccare gli
scioperi ma cercando un compromesso, trovandolo: aumento salariale per gli operai. Tuttavia sia gli
imprenditori che gli operai si ritennero insoddisfatti di questo compromesso. Inoltre all’interno del partito
socialista l’esito fallimentare dell’occupazione delle fabbriche si rivelò causa di frammentazione del partito
stesso: nascita del partito comunista nel 1921 fondato da Gramsci e Bordiga.
Proprio in questo clima di rivoluzione si sentì l’esigenza di una figura in grado di mantenere l’equilibrio e la
pace. Si temeva infatti la possibilità di una rivoluzione simile a quella avvenuta in Russia. Il fascismo, anche
con l’uso della violenza, seppe rispondere a questa esigenza e in pochi anni prese il controllo del paese.
Per poter garantire questa pace il fascismo sfruttò le squadre d’azione sin dall’inizio dell’occupazione delle
fabbriche. I fascisti, caratterizzati dalle camicie nere, organizzavano spedizioni punitive contro le sedi dei
socialisti o dei sindacati con lo scopo di contrastare il socialismo. Le violenze provocate dai fascisti furono
ben accolte soprattutto dalla classe borghese ed imprenditoriale che vide lentamente risolversi le
problematiche legate agli scioperi e alle rivolte degli operai.
Il fascismo, oltre agli industriali, ottenne anche l’appoggio dei liberali che pensavano che il fascismo si
potesse sfruttare per contrastare queste tendenze rivoluzionarie. Giolitti decise quindi di sciogliere il
Parlamento e di fissare nuove elezioni. A queste elezioni i fascisti si presentarono in blocchi nazionali, liste
di ampia coalizione. Tuttavia non ottennero grandi risultati, sebbene riuscirono ad entrare in Parlamento.
Le nuove elezioni non permisero a GIolitti di formare una maggioranza solida e compatta e quindi lo statista
piemontese decise di dare le dimissioni. Questa situazione di crisi politica propose come unica figura in
grado di raggiungere un equilibrio Mussolini. Nel Novembre 1921 egli fondò il PNF, caratterizzato da un
nuovo programma politico e ormai da una struttura ben precisa. Gli scontri tra socialisti e fascisti si fecero
sempre più intensi mentre il governo rivestiva sempre di più una figura di secondo piano. In particolare
l’Alleanza del lavoro decise di promuovere uno sciopero generale per opporsi alla repressione forzata
imposta dai fascisti. Lo sciopero tuttavia fallì, grazie all’intervento del PNF. In seguito allo sciopero Mussolini
e gli altri luogotenenti decisero di marciare su Roma il 16 Ottobre 1922. Da tutta Italia giunsero 26000
fascisti per impadronirsi del potere. L’allora presidente Luigi Facta rassegnò le dimissioni e il sovrano decise
di assegnare il potere a Benito Mussolini il 30 Ottobre 1922. Il sovrano, infatti, pensava che Mussolini fosse
solo un governo temporaneo per poter riportare l’Italia all’ordine.
una forma di compromesso con le istituzioni, attraverso la nomina di ministri non appartenenti al
fascismo
mantenere gli aspetti chiave del fascismo, in particolare il fascismo era un movimento nato in
opposizione alla politica tradizionale e quindi questa forma di antipolitica andava mantenuta.
Questa politica dualistica venne presentata nel discorso del bivacco il 16 Novembre 1922 in cui Mussolini da
un lato si propose come una figura autoritaria e disposta ad usare la forza per schiacciare il Parlamento, ma
dall’altra si mostrò anche disposto alla collaborazione.
All’interno del fascismo vi erano poi delle fratture. Vi era una fazione intransigente, guidata da Roberto
Farinacci, particolarmente incline all’uso della violenza e allo squadrismo. Questa fazione attendeva con
ansia una reale rivoluzione fascista. VI era poi una fazione più moderata dei revisionisti, guidati da Bottai,
che invece erano favorevoli al rispetto del regime costituzionale.
Mussolini, sin dalla sua salita al potere, perseguì un progetto di fascistizzazione dello Stato. In particolare
istituì nel dicembre del 1922 il Gran Consiglio del fascismo, organo che radunava tutti i ministri e che
discuteva delle mosse politiche da compiere. Il gran consiglio tendeva quindi a sostituirsi al Parlamento, che
rivestiva un ruolo ormai secondario.
Inoltre Mussolini tra il dicembre 1922 e il gennaio 1923 decise di fondare la Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale. Lo scopo di questo corpo poliziesco era quello di mantenere l’ordine pubblico. Era una
sorta di polizia al servizio del fascismo. Mussolini fondò però anche la Ceka fascista, una polizia segreta,
guidata da Amerigo Dumini, che aveva come obiettivo quello di reprimere le opposizioni politiche, anche
attraverso azioni violente ed illegali.
Per assicurarsi il potere completo Mussolini decise di reintrodurre il sistema elettorale maggioritario e fece
approvare la legge Acerbo che prevedeva l’assegnazione di ⅔ dei seggi alla lista con più del 25% dei voti.
Con le elezioni del 1924 Mussolini legittimò il proprio potere portando 374/535 deputati. Queste elezioni,
oltre ad essere state oggetto di una grande campagna elettorale fascista, furono anche caratterizzate da
intimidazioni e violenze che costrinsero i cittadini a votare a scheda aperta. Il fascismo ottenne tuttavia la
maggioranza del Parlamento.
In questo contesto Giacomo Matteotti, il 30 Maggio 1924 tenne un discorso alla camera in uci denunciava
gli episodi di corruzione e di violenza che erano stati commessi dai fascisti durante le elezioni. Egli
minacciava i fascisti stessi di mostrare la documentazione e le prove di ciò. Circa 10 giorni dopo Matteotti
venne ucciso dalla Ceka e venne ritrovato 2 mesi dopo. Questo omicidio macchiò la reputazione del partito
fascista e suscitò grande indignazione. Le indagini portarono al fascismo come colpevole dell’omicidio.
Questa Indignazione dei partiti di opposizione si manifestò con la secessione dell’ Aventino, l’atto con cui i
parlamentari decisero di abbandonare il Parlamento e chiesero al sovrano di costringere Mussolini a
consegnare le dimissioni. Il re, tuttavia, sostenne Mussolini e quest’ultimo poté prendere il potere in via
definitiva sfruttando l'assenza degli altri parlamentari. Il 3 gennaio 1925 Mussolini pronunciò il discorso in
cui dichiarava che il fascismo non tollerava ulteriori forme di opposizione al regime.
Innanzitutto i redditi erano distribuiti con grande disparità e ciò portava i cittadini appartenenti ai ceti più
poveri a doversi indebitare per poter comprare i prodotti. Inoltre si andarono a verificare crisi di
sovrapproduzione, già dal 1925. I beni non furono più acquistabili. Lo stato non controllava il sistema
bancario, che concedeva prestiti senza effettive garanzie da parte dei cittadini. Inoltre i titoli di borsa
stavano crescendo in continuazione. Molti si arricchivano tramite la speculazione in borsa, oppure tramite
l’acquisto e la rivendita di azioni. Tuttavia i titoli di borsa avevano iniziato a lievitare e crescere in maniera
incoerente rispetto all’andamento dell’economia reale. Si generò quindi una bolla speculativa, cioè
l’aumento esagerato dei titoli azionari che può portare allo scoppio della borsa e alla caduta di tutti i titoli.
Tra il 24 e il 29 Ottobre 1929 la borsa di New York cadde a causa di una vendita smisurata di titoli.
Numerose aziende e compagnie bancarie persero i propri titoli in borsa e andarono in fallimento. Questo
crollo della borsa ebbe effetti devastanti sull’economia americana. Fallirono 5000 banche che, avendo
investito i soldi dei privati in azioni oppure non avendo ricevuto il saldo dei debiti da parte dei cittadini, non
poterono più effettuare prestiti e andarono in fallimento. Anche le imprese fallirono a causa della
mancanza di capitale per il loro finanziamento. Di conseguenza le imprese dovettero licenziare i dipendenti
e questo provocò una diffusa povertà. La produzione industriale venne limitata, ma l’aspetto più grave fu la
crescita della disoccupazione (25% popolazione). L’aumento della disoccupazione aumentò il crollo della
produzione e di conseguenza un’ulteriore crisi.