T1.3 Tutela Intern Dei Diriitti Umani e Principi Etici

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Giovanni Colombo - Tutele internazionali dei Diritti Umani e dei Principi Etici

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è
severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto
d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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Indice

1. I DIRITTI UMANI: NATURA ED IDENTITÀ .............................................................................. 3


2. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO ........................................................................................ 5
3. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI ........................................................... 7
4. I PRINCIPI ETICI ................................................................................................................. 10
5. LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI E DEI PRINCIPI ETICI ........................................................... 14
6. I MECCANISMI DI GARANZIA ............................................................................................. 17
BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................... 21

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1. I Diritti umani: natura ed identità

I Diritti Umani appartengono alla categoria dei diritti inalienabili dell’uomo, ovvero sono quei diritti
universalmente riconosciuti a ciascun individuo per il solo fatto di appartenere al genere umano, a
prescindere dalla razza, genere, origini, appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova. Difatti,
rappresentano l’insieme dei diritti fondamentali dell’essere umano.
Nell’universo del Diritto, ci si è posti il dilemma, ancora non risolto, della catalogazione dei diritti
umani, ovvero quale sia la loro natura, se siano stati concepiti da qualcuno o siano riconosciuti come tali in
quanto sempre esistiti.
In dottrina emergono diversi orientamenti, che hanno assunto più o meno prevalenza nel percorso
storico ed evolutivo della Filosofia del Diritto.
Secondo quella di matrice giusnaturalistica, i diritti umani sono diritti naturali, ossia spettanti
all’uomo in quanto individuo, per cui lo Stato, la cui costituzione nonché esercizio della sovranità
obbediscono alle leggi della natura ed ai limiti dalla stessa posti, non solo può ma soprattutto deve
riconoscerli.
Esiste poi quella parte di dottrina che identifica i diritti umani nei diritti soggettivi concepiti dallo
Stato in capo agli individui, espressione dell’esercizio della propria sovranità, autolimitata per sua scelta.
Come spesso accade nel mondo del diritto, la soluzione potrebbe essere data da una sintesi unitaria
dei due succitati orientamenti, procedendo ad una scissione tra la normativa (la forma, ovvero la lettera
delle norme) dei Diritti Umani ed il suo contenuto (la sostanza).
Ebbene, partendo dall’assunto che i Diritti Umani sono i diritti inalienabili e fondamentali della
persona, è palese ed incontrovertibile che questi siano nati con la persona stessa, in quanto intrinseci alla
sua stessa natura.
Invero, il loro riconoscimento formale, ossia la legislazione afferente la materia, i vincoli e le tutele,
nascono con l’evoluzione della civiltà moderna e progrediscono nella loro esplicitazione ed attuazione
grazie all’apporto materiale dei singoli Stati e dei loro legislatori.
Occorre tuttavia individuare il momento in cui le norme concernenti tali diritti hanno fatto il loro
ingresso nella storia.
Il concetto di “Diritto Umano”, pur essendo già presente in epoche antiche, trova autentica ed
esplicita espressione solo successivamente alla Seconda Guerra mondiale, dopo il 1945 e le aberrazioni del
nazismo.

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Certamente gli orrori della guerra hanno determinato l’assoluta necessità di prevedere strumenti
che fossero in grado di garantire i diritti inviolabili e fondamentali dell’individuo e spingere gli Stati ad
adottare tutti gli strumenti necessari, sia a livello nazionale ed interno, sia sovranazionale, a proteggere ed
assicurare la difesa dei medesimi.
Lo scopo fu quello di sensibilizzare l’intera popolazione mondiale, indipendentemente dallo Stato di
appartenenza, al riconoscimento ed alla tutela dei Diritti Umani.

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2. La normativa di riferimento

Gli orrori ed effetti della seconda guerra mondiale hanno condizionato il pensiero politico e sociale
degli anni immediatamente seguenti alla sua conclusione.
Il dopoguerra ha visto, infatti, il proliferare di legislazioni a livello internazionale con riferimenti
espliciti ai Diritti Umani, che, raccordandosi tra loro, hanno visto codificate nei loro ordinamenti statali,
sotto forme diverse (trattati, convenzioni, patti, etc.), tali fondamentali principi.
Trattandosi di norme espresse in forme diverse, è chiaro che ebbero diversa forza ed
obbligatorietà, distinguendosi in strumenti giuridicamente non vincolanti e vincolanti.
a) Con riferimento agli strumenti giuridicamente non vincolanti, occorre menzionare la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo1 del 1948 e numerose risoluzioni approvate
successivamente dall’Assemblea generale (Ag) delle Nazioni Unite.
Invero, molte clausole della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sono diventate
giuridicamente vincolanti, essendosi trasformate, grazie alla loro applicazione costante e ripetuta nel
tempo, in diritto internazionale consuetudinario.
Inoltre, la Dichiarazione delle Nazioni Unite ha costituito la base di lavoro per successive
Convenzioni con portata vincolante, risultando, ancora oggi, un riferimento fondamentale intorno al quale
ruota il mondo dei diritti fondamentali.
Ed ancora, tra gli strumenti giuridicamente non vincolanti, vanno considerati i documenti elaborati
nel quadro dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa2 (OSCE), che, avendo una più
ampia concezione dei Diritti Umani, coinvolge non solo i rapporti tra l’individuo e le istituzioni, ma anche i
rapporti tra istituzioni stesse.
b) Per quanto riguarda invece gli strumenti giuridicamente vincolanti, è necessario prendere in
considerazione le convenzioni internazionali a livello universale:
la Convenzione sul genocidio3 del 1948; la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali4 del 1950; la Convenzione sui rifugiati5 del 1951; i due Patti delle Nazioni Unite del 1966, ossia

1 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, terza sessione, Risoluzione 219077A del 10 dicembre 1948, Parigi.
2 Fondata l’1 Agosto 1975, ad Helsinki in Finlandia, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa è un'organizzazione regionale per la
promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, 57 paesi membri ed è, pertanto,
la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza.
3 La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, nota sinteticamente come Genocide Convention, è stata adottata

dall’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York il 9 dicembre 1948 con la risoluzione 260 A (III).
4 La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali o CEDU è una Convenzione internazionale redatta e

adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa ed è stata firmata il 4 novembre 1950 a Roma.
5 La Convenzione per irifugiati, conosciuta anche come la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, è un trattato multilaterale delle Nazioni

Unite che definisce chi è un rifugiato e i diritti dei singoli che hanno ottenuto l’asilo e le responsabilità delle nazioni

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il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali; e la Convenzione contro la
tortura6 del 19847.

Orbene, dall’obbligatorietà di queste legislazioni, ne discende il fatto che le stesse


prevedano procedure e meccanismi di controllo e garanzia, che consentono agli organi ed autorità di
vigilanza l’esercizio della corretta applicazione della tutela dei Diritti Umani.

6 La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura è un trattato di diritto internazionale relativo ai diritti umani, adottato nell’ambito delle
Nazioni Unite, volto a prevenire la tortura in tutto il mondo, firmata a New il 10 dicembre 1984.
7 N. Ronzitti, Istituto Affari internazionali, Osservatorio di Politica Internazionale (note) - Gli Strumenti di tutela di Diritti Umani, gennaio 2010.

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3. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Al momento della sua nascita, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu un codice etico di
importanza storica fondamentale.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, difatti, vedeva la luce un documento che considerava
tutti gli individui, senza alcuna distinzione di razza, colore della pelle, classe di appartenenza e genere; per
la prima volta veniva sancito per iscritto che esistono diritti, sacri ed inviolabili, di cui ogni essere umano
deve poter godere per la sola ragione di esistere8.
Tuttavia, la Dichiarazione non nacque come strumento giuridicamente vincolante. Malgrado ciò,
oltre a divenire nel tempo parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, costituì fonte di
successive Convenzioni con portata vincolante, e, ad oggi, anche di essere fra i principali riferimenti
dell’universo dei diritti fondamentali.
Storicamente, fu la Commissione dei Diritti Umani, un comitato creato dal Consiglio economico e
sociale delle Nazioni Unite e composto da membri selezionati sulla base del criterio della rappresentatività
geografica, a predisporre la stesura della Dichiarazione.
La stessa era presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente americano Franklin Roosevelt,
grande sostenitrice dei diritti fondamentali e delle attività del settore. I lavori della commissione ebbero
inizio nel 1947 e la prima redazione della Dichiarazione venne presentata nel settembre 1948.
Strutturalmente, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si compone di un Preambolo, cui
fanno seguito trenta articoli, i quali codificano i diritti inalienabili dell’uomo.
All’interno del Preambolo, quindi come introduzione all’articolato, emergono sia i motivi che hanno
reso indispensabile la nascita di un documento della portata e della rilevanza della Dichiarazione, sia i fini
che la stessa avrebbe perseguito da lì in avanti, come ben può evincersi dalla sua lettera:
“Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei
loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel
mondo;
considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie
che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della
libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta
aspirazione dell'uomo;

8Red. Carriere Internazionali, La storia dei diritti Umani in Pillole, Articolo, dicembre 2018.

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considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole
evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e
l'oppressione;
considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti
umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e
della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore
libertà;
considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni
Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima
importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
l’Assemblea Generale proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale
comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della
società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e
l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di
carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli
degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.”
Come detto, al Preambolo segue il corpo degli articoli. Gli articoli 1 e 2 statuiscono i diritti
fondamentali di dignità, eguaglianza, libertà e fratellanza, perni dell’intero documento.
Gli articoli successivi, invece, enunciano i diritti inalienabili di ciascuno, ovvero il diritto alla vita, la
proibizione della schiavitù e della tortura, il diritto alla uguaglianza davanti alla legge e alla presunzione di
innocenza, il diritto alla libertà di movimento, di pensiero, di espressione, di coscienza e religione.
Invero, la Dichiarazione Universale si basa sul concetto di interdipendenza dei diritti umani,
peculiarità che la rende un documento singolare, ossia affianca ai diritti civili e politici quelli economici,
sociali e culturali, riconoscendo il diritto alla proprietà privata, alla sicurezza sociale, all’istruzione, al lavoro
ed alla libera scelta dell’impiego, ad una remunerazione equa e ad un tenore di vita dignitoso9.
Appare, pertanto, necessario classificare i Diritti umani in diritti civili, politici e sociali.
I diritti civili attengono alla personalità dell’individuo, quale la libertà di pensiero, la libertà
personale, di riunione, di religione ed ancora la libertà economica. Invero, nella sfera di questi, all’individuo

9F. R. Partipilo, La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dal 1948 ai giorni nostri, Osservatorio Diritti, 10 dicembre 2018.

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è garantita un ambito di arbitrio, purché il suo agire non violi i diritti civili degli altri soggetti. Per tal ragione,
i diritti civili obbligano gli Stati a un atteggiamento di astensione.
I diritti politici concernono, invece, la formazione dello Stato democratico e comportano una libertà
attiva, ovvero una partecipazione diretta dei cittadini al government dello Stato, scegliendone liberamente
l’indirizzo politico, attraverso, ad es. la libertà di associazione in partiti o l’esercizio del diritto di voto, che
rientrano tra i diritti elettorali.
I diritti sociali seguono, nella loro costituzione e sviluppo, il progresso evolutivo sociale, economico
ed industriale di un Paese moderno, come, per citarne qualcuno, il diritto al lavoro, all’assistenza, allo
studio, alla tutela della salute.
Tanto la nascita, quanto l’esercizio di tali diritti, implica un intervento diretto da parte dello Stato, il
quale deve attivarsi, attraverso il proprio ordinamento giuridico, apparato istituzionale ed impianto
normativo, per garantire ai cittadini una situazione di concretezza e certezza nella tutela degli stessi e nel
riconoscimento delle relative garanzie.
Ciò posto, è bene sottolineare che il rapporto fra le categorie di diritti civili e politici, da un lato, e
quelli sociali dall’altro, rappresenta una delle questioni fondamentali nell’ambito dei Diritti Umani.
Invero, se da un lato i diritti civili e politici possono essere esercitati immediatamente, trovando
così una compiuta realizzazione attraverso i sistemi giuridici degli Stati membri, la stessa cosa non può
essere detta per quanto concerne quelli economici, sociali e culturali che, nella concezione dei molti,
finiscono per assumere un ruolo secondario, rilevando solo come meri scopi da perseguire10.

10
S. Giannini, La tutela dei diritti umani fondamentali nell’ordinamento internazionale e nell’ordinamento comunitario, Diritto&Diritti, 9 febbraio
2002.

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4. I Principi etici

In primo luogo, l'etica (dal greco antico êthos, cioè carattere, comportamento, che determina ciò
che è giusto), è il ramo della filosofia che studia la morale, ovvero quell’insieme di valori e regole su cui
vengono elaborate norme di carattere generale a guida di comportamenti umani, condivise da un gruppo
sociale in un determinato periodo storico.
Essa esegue un'analisi del sistema morale da applicare a livello individuale e sociale, assegnando
ai comportamenti umani uno status deontologico e normativo, ovvero distinguerli in buoni, giusti, leciti,
rispetto ai comportamenti ritenuti ingiusti, illeciti, sconvenienti o cattivi secondo un ideale modello
comportamentale (ad esempio, una data morale).
Come disciplina affronta questioni inerenti alla moralità umana, definendo concetti come il bene e
il male, il giusto e lo sbagliato, la virtù e il vizio, la giustizia e il crimine, e legandola ad un aspetto normativo
con l’indicazione dei valori e dei criteri che dovrebbero essere seguiti.
Pertanto, ecco che i valori etici (come quelli suindicati) diventano guide comportamentali che
regolano la condotta di un individuo e che, codificati in un modus operandi, assurgono a principi, da
osservare per rendere fruibili a tutti i valori medesimi.
Tra i valori etici - che rappresentano ciò che è importante - più rilevanti, si possono ancora citare la
giustizia, libertà, rispetto, responsabilità, integrità, lealtà, onestà, correttezza.
Gli stessi vengono acquisiti e personalizzati durante lo sviluppo di ciascun individuo all’interno di
diversi ambienti, tra cui quello familiare, sociale, politico, scolastico e persino attraverso i media.
Dimostrano, altresì, la personalità dell'individuo, fornendo un'immagine positiva o negativa dello
stesso, come conseguenza della sua condotta, apprezzarne le convinzioni, i sentimenti e gli interessi.
Ad esempio, l'individuo che lotta per la giustizia e la libertà, valori considerati positivi, sono il
riflesso di una persona giusta, così come, al contrario, osservando un essere umano apatico nei confronti di
questi valori, lo si considera come un soggetto che supporta le ingiustizie.
Pertanto, i valori etici consentono di regolare il comportamento dell'individuo per raggiungere il
benessere collettivo e una convivenza armoniosa e pacifica nella società.

I valori etici possono essere:


• Relativi, in virtù del punto di vista di ogni individuo (ad es. per una persona è sinonimo di
responsabilità, essere puntuali sul posto di lavoro. Tuttavia, per un altro, questa situazione non è
considerata rilevante, quindi potresti essere in ritardo per il tuo lavoro e non sentirti

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irresponsabile). Pertanto, va detto che ci sono molte persone che non condividono opinioni o
rispettano i diversi punti di vista degli altri. Cioè, ciò che per alcuni è un atteggiamento etico o
positivo, necessariamente, non lo è per altri.
• Assoluti, in virtù di quella che è considerata un'abitudine o un'usanza praticata da tutta la società.
Non sono soggettivi e il loro significato rimane invariato al di là delle esperienze personali o
collettive. Cioè, in termini generali e al di là delle differenze culturali esistenti tra le persone, siamo
tutti in grado di riconoscere cos'è la solidarietà o il rispetto, nonché di identificare quegli atti
considerati buoni o cattivi. Ad esempio, tutti gli individui sanno o riconoscono la cordialità
indipendentemente dal fatto che la pratichino o meno con coloro che li circondano.

D'altra parte, vale la pena ricordare che l'essere umano vive in un costante giudizio etico, che si
riferisce al ragionamento e alla determinazione di quale azione, condotta o atteggiamento abbia più
successo in un determinato momento, in base alle norme e ai valori imposti dalla società.
Quando l'individuo si trova di fronte a un giudizio etico, è importante capire il problema etico,
cercare la migliore soluzione che non danneggi gli altri e riflettere sul perché fosse la migliore soluzione a
quella situazione.
I valori etici includono anche i valori morali, che sono quelli che ci consentono di distinguere tra il
bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto in una determinata situazione o circostanza ed il giudizio morale è
l'atto mentale che consente all'individuo di determinare il suo atteggiamento nei confronti di ciò che è
giusto e sbagliato.
I valori umani sono le proprietà, le qualità o le caratteristiche che un individuo possiede. Allo stesso
modo, questi valori sono universali e dinamici, sono condivisi in tutte le culture e, determinano le linee
guida e le norme di comportamento coerente, quindi sono collegati a valori etici, da cui discendono poi i
relativi principi.
James F. Childress e Tom L. Beauchamp nel 1979, nei “Principi della biomedica e l’Utilitarismo”,
hanno elaborato quattro principi (autonomia, non-maleficienza, beneficienza, giustizia) che dovrebbero
fungere da guida per tutti quelli configurabili e costituire uno schema di teoria etica per l'identificazione,
l'analisi e la soluzione dei problemi etici11.
➢ Principio di autonomia. Difende la necessità etica del rispetto della persona e sottolinea che
all’individuo deve essere riconosciuta la più ampia libertà decisionale per le cose che lo riguardano.
➢ Principio di beneficialità o beneficenza. Chiunque, qualsiasi ruolo o professione ricopra (nel caso
specifico della sanità, qualsiasi operatore o medico), deve sempre ricercare il bene di colui con
11P. Lora Aprile, Elementi fondamentali di Bioetica, www.simgaltascuola.it

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quale viene a contatto, affinché ne possa avere benefici e goderne. Il principio si pone quindi a
difesa anche della dignità sia della professione esercitata sia del ruolo rivestito.
➢ Principio di non-maleficienza. Il criterio del “primum non nocere, neminem laedere” (Ippocrate),
può trovare applicazione anche al di fuori della sfera medica. restare come criterio guida della
pratica medica, perché nessuno, in linea di principio, nella società o in qualsiasi ambiente si trovi,
può nuocere o far del male ad altri, a meno che non esista un interesse superiore o ne possa
derivare un maggior beneficio, ovvero un più grande benessere di tutta la persona.
➢ Principio di giustizia. Si intende richiamare il fatto che è necessaria un'equa distribuzione delle
risorse sociali e del tempo da dedicare a chiunque ne abbia bisogna o possa averne un beneficio.
➢ Il principio di integrità morale si va ad aggiungere ai quattro principi classici sopra indicati che
consente a chiunque eserciti una professione “di operare secondo coscienza, in totale autonomia,
senza alcun condizionamento ovvero che non gli possa essere imposto di fare ciò che ripugna alla
propria coscienza personale oppure agli ideali morali o agli standard operativi della propria
professione".

Quindi, spesso etica e morale sono usati come sinonimi e in molti casi è un uso lecito, ma è bene
precisare che una differenza esiste: la morale corrisponde all'insieme di norme e valori di un individuo o di
un gruppo, mentre l'etica, oltre a condividere questo insieme, contiene anche la riflessione speculativa su
norme e valori.
Se la morale considera le norme e i valori come dati di fatto, condivisi da tutti, l'etica cerca di dare
una spiegazione razionale e logica di essi.
L'etica può essere guardata come una "istituzione normativa” e “sociale” insieme, ovvero:
• “istituzione”, perché è un ente slegato dal singolo individuo (infatti esiste prima e dopo di esso) e
perché coordina un gruppo svolgendo una funzione sociale;
• “normativa”, perché spinge gli individui ad agire e a provare sentimenti positivi o negativi in base
alle sue norme;
• “sociale”, perché pone dei limiti al desiderio del singolo individuo per perseguire un obiettivo
maggiore: il coordinamento sociale necessario per permettere ai più di mantenere uno stato di
benessere e la possibilità di autorealizzarsi.

Affinché si comprenda al meglio la natura ambivalente, intima e collettiva, dell'etica possiamo


confrontarla con un'altra istituzione normativa, il diritto.

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Entrambe le istituzioni regolano i rapporti tra individui affinché siano garantiti la sicurezza
personale e l'ordine pubblico, ma si affidano a mezzi diversi.
Mentre il diritto si basa sulla legge territoriale, valida solo sul territorio statale, che va promulgata
affinché si conosca, e che se non rispettata sarà seguita da una pena, l'etica si basa sulla legge morale,
valida universalmente, già nota a tutti in modo non formale; il primo si occupa della convivenza fra gli
individui, la seconda della condotta umana più in generale.
Ma bisogna sottolineare come il rapporto tra etica e diritto nel corso della storia umana sia stato
ambiguo. Mentre infatti il diritto è la scienza della coesistenza regolata da norme giuridiche che dovrebbero
basarsi su principi etici e l'etica invece è la capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, essi
non sempre coincidono o mirano allo stesso obiettivo.
Esistono, però, dei punti di incontro se si guardano i principi fondamentali del diritto stabiliti nella
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. I principi della Dichiarazione vengono quindi raramente in
dissonanza con il piano dell'etica ed ormai sono un punto di riferimento per ogni Stato e quasi obbligano
questi stessi a formare gli ordinamenti di base seguendo quei principi.
I punti di contatto tra etica e diritto sono svariati. Nella storia dell'uomo tuttavia vi sono stati molti
casi in cui il diritto non ha seguito la morale, come ad esempio nel caso delle leggi di Norimberga del 1935
in Germania o delle leggi razziali italiane del 1938.
Dall'altra parte, vi sono molti casi in cui l'uomo ha rifiutato il diritto con il fine di seguire la propria
etica. Questo è il caso dell'Obiezione di coscienza che risulta essere un comportamento con origini molto
antiche nella storia dell'uomo. Infatti, Sofocle, con la sua tragedia, “Antigone”, aveva, già all'epoca,
sottolineato l'eterno conflitto presente tra gli legge umana (atto giuridico) e divina (riflesso della coscienza)
e di come una delle due potesse sovrastare l'altra.
I valori etici del diritto si basano innanzitutto sui Diritti umani, ovvero quei valori dati da quello che
noi consideriamo giusto. Di Diritti umani si è cominciato a parlare ampiamente dopo la Seconda Guerra
Mondiale, con la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo”, introducendo nelle costituzioni europee,
in particolare, un insieme di regole che riconoscono tali principi come fondamentali.

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5. La Tutela dei Diritti Umani e dei Principi Etici

Eppure i Diritti Umani rappresentano i diritti fondamentali ed inalienabili dell’uomo,


inscindibilmente legati alla sua stessa esistenza, che, se violati, determinerebbero una intollerabile offesa
per l’essenza di ciascun individuo.
Per tal ragione, è essenziale che ogni persona abbia consapevolezza e conoscenza dei Diritti Umani,
del loro contenuto e delle forme di tutela per essi predisposte, proprio perché ogni essere umano deve
poter godere dei propri fondamentali diritti per la sola ragione di essere al mondo, senza distinzione alcuna.
E’ palese che tali diritti, nel rappresentare la parte fondamentale della dignità umana, creino
una interconnessione culturale e normativa fra popoli lontani e diversi fra loro, così fungendo da strumento
per cogliere e comprendere il mondo moderno e complesso in cui viviamo, individuati come uno
strumento, un linguaggio comune a tutti i cittadini del mondo, idoneo a favorire l’incontro tra culture e
religioni diverse per la costruzione di una società innovativa, senza barriere o distinzioni di sorta.
La rilevanza dei Diritti Umani, inoltre, deriva dal fatto che essi non rappresentano un ideale astratto
o filosofico, ma riguardano la vita reale e quotidiana di ogni essere umano, con particolare attenzione alla
famiglia e ai suoi rapporti, agli affetti, alle relazioni, al lavoro.
Per tal ragione, ogni giorno ci troviamo ad affrontare delle incertezze che riguardano i nostri bisogni
e i nostri diritti, per cui, averne conoscenza per poi poterli rivendicare e difendere è qualcosa che ci
riguarda concretamente e da vicino.
In questa ottica, i diritti umani sono senz’altro un utile strumento per educare le nuove generazioni,
non all’indifferenza o a giudizi affrettati e superficiali, ma alla comprensione di quei valori e quei diritti che
sono poi alla base della convivenza civile e dei beni comuni12.
Ed è per i motivi sopra esposti che la tutela dei Diritti Umani è innanzitutto affidata ai singoli Stati, i
quali dovrebbero prevedere il riconoscimento di tali diritti fondamentali all’interno delle loro Costituzioni e
Leggi fondamentali e, in egual modo, predisporre strumenti validi di tutela in caso di violazione,
coerentemente a quanto sancito a livello europeo ed internazionale dal Principio di sussidiarietà.
Secondo tal principio, le normative e le tutele devono essere adottate dall’ente o organismo il più
vicino possibile al cittadino, così che l’azione intrapresa a livello comunitario ed internazionale sia
giustificata rispetto alle possibilità offerte dall’azione a livello nazionale, regionale o locale.
In verità, non sempre è così e non sempre, se normative e tutele sono previste dagli ordinamenti
interni, le stesse mirano a difendere in maniera effettiva i Diritti Umani dei cittadini. Ciò è dovuto

12
5Ws for Human Rights, “perché sono importanti i diritti umani”, Università degli studi di Padova Centro di Ateneo per i Diritti Umani, 3 aprile 2012.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è
severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto
d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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soprattutto alle profonde differenze culturali e sociali dei diversi luoghi nel mondo, diversità che incidono
profondamente sui rapporti che attengono ai diritti inviolabili della persona.
Pertanto, la nascita di strumenti e procedure internazionali atti a rivendicare, difendere, garantire e
tutelare uniformemente e in via globale tali diritti, è diventato essenziale e determinante. In tutti i casi,
ovviamente, vincolati sono esclusivamente gli Stati che hanno ratificato le legislazioni internazionali di base
che prevedono tali meccanismi.
I procedimenti di tutela, tuttavia, variano a seconda della tipologia di strumento di cui si tratta,
mostrandosi alcuni concretamente e realmente efficaci, altri, purtroppo, meno.
Un primo tipo di azione, esercitata da un organismo sovranazionale quale le Nazioni Unite,
necessaria per lo sviluppo di un sistema, valido per tutti gli Stati membri, di tutela dei diritti umani,
richiedeva di tradurre i principi generali della Dichiarazione universale in norme giuridicamente vincolanti.
Tale azione, a carattere prettamente normativo, venne strutturata in due diverse modalità: da un
lato, attraverso la redazione di trattati generali a vocazione universale, comprensivi di tutti i diritti umani,
dall’altro, predisponendo sempre trattati a vocazione universale ma di carattere settoriale, ovvero adottati
per la tutela di diritti specifici o per la protezione di determinate categorie di soggetti particolarmente
deboli.
Per quanto attiene i trattati generali, nel 1966, le NU, dopo una lunga negoziazione, partendo dalla
iniziale idea di predisporre un unico trattato omnicomprensivo, finirono per adottare due diversi trattati,
ovvero due meccanismi di controllo, entrati in vigore solo dieci anni dopo, con lo scopo di trasporre in
norme vincolanti per tutti i principi fondamentali contenuti della dichiarazione.
La redazione di due trattati separati, il Patto sui diritti civili e politici ed il Patto sui diritti economici,
sociali e culturali, era conforme all’idea del tempo di identificare due gruppi distinti di diritti, ossia quelli
civili e politici, che richiedevano agli Stati obblighi negativi di astensione dall’interferire nelle libertà e diritti
individuali e quindi anche self-executing e sindacabili davanti ai giudici interni, e quelli economici, sociali e
culturali che necessitavano di obblighi positivi in capo agli Stati con una azione graduale di applicazione e,
pertanto, non erano ne self-executing ne giustiziabili.
Entrambi i trattati furono ratificati da numerosi Stati membri e costituiscono ad oggi un grande
successo per le NU.
Per quanto concerne il Patto sui diritti civili e politici, il contenuto prevede che ciascuno Stato si
impegni a garantire tutti i diritti enunciati nel Patto, comprendendo anche l’autodeterminazione dei popoli,
il divieto di discriminazione, i diritti essenziali della persona, cui segue un dettagliato elenco di diritti civili e
politici, specificando, nel contempo, che possono essere limitati in situazioni emergenziali ma solo sulla
base di procedure ben definite.

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Il Patto sui diritti economici, sociali e culturali, invece, stabilisce che ogni Stato debba operare con
ogni risorsa e mezzo disponibile al fine di assicurare progressivamente la piena attuazione di tutti i diritti
elencati nel Patto medesimo, incluso l’autodeterminazione dei popoli ed una precisa elencazione di quelli
socio-economici e culturali, prevedendo altresì una procedura di controllo sulle misure di attuazione dello
stesso.
Con i trattati a carattere settoriale, l’obiettivo della NU era quello di predisporre una serie ti trattati
per la tutela di diritti specifici o per la protezione di determinate categorie di persone, che, per la resistenza
di alcuni tra gli Stati membri, non è stato del tutto raggiunto.
Tra i principali trattati appartenenti a tale categoria, che prevedono meccanismi concreti di
controllo e garanzia, ricordiamo:
• la Convenzione per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948,
• la Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato del 1951,
• il Protocollo di New York del 1967, nel cui contenuto erano identificati i diritti fondamentali della
persona,
• la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 1965,
• la Convenzione sulla soppressione e la punizione del crimine di apartheid del 1973,
• la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del
1979,
• la Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti del
1984,
• la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989,
• la Convenzione sulla protezione di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie del
1990,
• la Convenzione relativa ai diritti delle persone con disabilità del 2006,
• la Convenzione per la protezione di tutte le persone da sparizioni forzate del 2006.

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6. I Meccanismi di garanzia

Come abbiamo potuto vedere, nel corso del tempo sono stati adottati numerosi trattati, che
impongono agli Stati sottoscriventi veri e propri obblighi, il cui rispetto necessita della creazione di
meccanismi di garanzia, sia nazionali che internazionali, che, tuttavia, si sono dimostrati poco incisivi per le
opposizioni degli stessi Stati di sottoporsi a tali controlli, facendone venir meno l’efficacia.
Tra gli organismi di controllo delle Nazioni Unite, tutti competenti per le questioni attinenti
i diritti umani e la loro tutela, in via generale o specifiche, che gestiscono procedure ah hoc, possiamo
individuare:
• l’Assemblea Generale, che si occupa di questioni generali o specifiche se riguardano i diritti umani
di uno Stato specifico, può adottare risoluzioni o dichiarazioni di principi, formulare appelli
finalizzati alla cessazione delle violazioni dei diritti umani contestate, negoziare direttamente i
trattati per poi farli ratificare;
• l’ECOSOC, il Consiglio Economico e Sociale delle NU, che ha attualmente compiti di coordinamento
delle iniziative di altri organismi, con competenze in materia economica e sociale;
• Il Segretario Generale, che si occupa della organizzazione di operazione di peace-keeping o peace-
enforcing o di ricostruzione degli Stati dopo conflitti armati, accertandosi che le stesse avvengano
nel rispetto dei diritti umani;
• Il Consiglio di Sicurezza, che ha competenza in materia di sicurezza internazionale e di
mantenimento della pace, adottando sia provvedimenti che non implicano l’uso della forza sia
autorizzando Stati o gruppi di Stati ad interventi armati a garanzia della pace stessa;
• La Corte internazionale di giustizia, che ha provveduto nel tempo ad emettere sentenze e pareri
importanti in materia di tutela dei diritti umani.

Esistono, inoltre, all’interno delle NU, due categorie di organismi specializzati nei diritti umani che
gestiscono direttamente procedure di controllo, ovvero gli organi e le procedure che sono stati stabiliti da
risoluzioni degli organi competenti delle NU e quelli che sono stati istituiti per mezzo di trattati.
Tra i primi vanno menzionati l’Alto Commissario per i diritti umani, a capo dell’ufficio dell’Alto
Commissariato, il Consiglio dei diritti umani, la Commissione sullo status delle donne e la Commissione sulla
prevenzione dei crimini e sulla giustizia criminale.
Il Consiglio dei diritti umani, che ha sostituito nel 2006 la Commissione per i diritti umani,
costituisce un organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle NU, composto da 47 membri, che ha

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ereditato tutte le competenze della Commissione in materia di predisposizione di norme a garanzia e


controllo della tutela dei diritti umani, assurgendo però ad uno status diverso, quello di sussidiario dell’AG,
tant’è che la stessa Assemblea ha il potere di sospendere uno Stato membro del Consiglio che abbia
commesso gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani.
Ma ciò che rileva, in modo particolare, è l’istituzione in seno al Consiglio di una nuova procedura di
controllo (la c.d. Universal Periodic Review) che ha lo scopo di verificare periodicamente la sussistenza del
rispetto dei diritti umani in tutti gli Stati membri delle NU, Stati che hanno l’obbligo, se sotto vigilanza, di
rispondere alle raccomandazioni e alle osservazioni posti dagli altri Membri. Tuttavia si tratta di un
meccanismo che non prevede l’adozione di sanzioni efficaci in caso di riconoscimento di violazioni dei diritti
umani, quindi giuridico, bensì è finalizzato unicamente all’esercizio di una forte pressione e sollecitazione
politico-diplomatica.
Per quanto concerne invece la seconda categoria di meccanismi di garanzia, le c.d. treaty-
basedbodies or procedures, risulta composta da dieci comitati, con il compito di verificare il rispetto da
parte degli Stati contraenti dei diritti garantiti da ciascuno dei nove principali trattati sui diritti umani
predisposti dalle Nazioni Unite. Tra questi, particolare importanza rivestono:
• Il Comitato dei diritti umani, che controlla il rispetto dei Patti sui diritti civili e politici (CCPR),
• Il Comitato sui diritti economici economici, sociali e culturali (CESCR), che attenziona il
rispetto del Patto relativo a tali diritti.

Questi organismi, nell’esplicitare le loro funzioni, utilizzano tre tipologie di procedure ormai
tipizzate:
1. La prima attiene all’esame dei rapporti periodici trasmessi dagli Stati contraenti, il quale viene
discusso con le parti interessate e concluso con la redazione di un documento da parte del
Comitato contenente delle osservazioni, in cui vengono indicati le criticità, gli sviluppi positivi ed
emesse raccomandazioni nei confronti dello Stato sottoposto ad esame.
2. La seconda, non ancora operativa, si concretizza nell’esame, richiesto da uno degli Stati contraenti,
di presunte violazioni dei diritti inclusi in una specifica convenzione da parte di un altro Stato
membro.
3. La terza, che può essere adottata solo da alcuni Comitati e fatta valere per quei Paesi membri che
l’abbiano ratificata, consiste nell’esame di istanze poste in essere da singoli individui o da gruppi di
individui con le quali vengono evidenziate presunte violazioni di diritti da parte di uno Stato
contraente. Tale procedura ha finito per assumere una funzione pseudo-giurisdizionale, poiché il
Comitato, investito della questione, esamina il caso sottoposto alla sua attenzione, valuta se vi sia

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stata una violazione rilevante o meno del trattato e, in caso affermativo, raccomanda misure di
riparazione che finiscono per assumere il carattere della obbligatorietà per lo Stato cui sono
indirizzate. Pertanto, la procedura non si conclude di fatto con una sentenza in senso stretto, bensì
con un provvedimento che prende la forma di un parere, osservazione o constatazione, motivato e
che risulta simile, anche nella forma, ad una sentenza.

Esiste una ulteriore procedura (la quarta) posta in essere dai Comitati, che, attraverso la
predisposizione di commenti di carattere generale, danno una interpretazione autorevole ed autentica agli
Stati contraenti sul significato delle disposizioni contenute nei vari trattati.
È importante precisare che accanto ai succitati meccanismi di garanzia universali, che
funzionano nella struttura delle NU, si inquadrano delle organizzazioni internazionali, come l’OIL
(l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) e l’UNESCO, che, orbitando sempre intorno alle Nazioni Unite,
hanno competenze in materia di diritti umani e sviluppato procedure di controllo sul rispetto degli stessi e,
avendo un carattere confidenziale, privilegiano una soluzione conciliativa delle controversie.
Oltre ai meccanismi di garanzia a carattere universale, ne esistono altri operanti nei sistemi
regionali, unitamente ad impianti normativi. Fra questi vi sono, senza dubbio, le convenzioni, che
prevedono proprio procedure concrete di controllo e garanzia.
All’attuazione della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo (CEDU), per esempio, è preposta
tutta la prassi e giurisprudenza della Commissione e della Corte Europea per i Diritti Umani. Quest’ultima ad
esempio decide con sentenza, a seguito di un contenzioso, dopo aver esaminato sia ricorsi interstatali che i
ricorsi individuali. In tal caso, difatti, si arriva a condannare uno Stato che ha violato i propri obblighi
attraverso una reale e corretta procedura giudiziaria, mirante a accertare i fatti e a interpretare
concretamente le norme. Ha anche una funzione consultiva.
La procedura contenziosa può essere distinta in tre fasi principali.
Nella prima fase, si decide sulla ricevibilità dei ricorsi, la cui condizione è data dal previo
esaurimento dei ricorsi interni da parte dell’individuo ricorrente o da parte dell’individuo vittima della
violazione fatta valere dallo Stato ricorrente.
Nella seconda fase, la Corte esamina la fattispecie presentata con i rappresentanti delle parti e può
condurre indagini, durante le quali gli Stati contraenti si impegnano a prestare collaborazione.
In questa fase la Corte prova a raggiungere una soluzione amichevole della controversia che, se
riesce, determina lo stralcio del ricorso dal ruolo per concretizzarsi in una decisione che viene trasmessa al
Comitato del Ministri,

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Qualora non si raggiungesse la conciliazione, la Corte decide nel merito con sentenza (che riveste il
carattere della obbligatorietà ma non della immediata esecutività negli ordinamenti interni, lasciando allo
Stato condannato i tempi necessari per decidere sulle misure interne di esecuzione), con la quale accerta
l’esistenza o meno di una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e, nel primo caso, può accordare
alla parte lesa una “equa soddisfazione” sotto forma di un risarcimento del danno o di una restitutio in
integrum, indicando anche gli interventi legislativi da adottare per evitare ulteriori violazioni della
Convenzione.
Il Comitato del Ministri, che ha il compito di controllare sulla esecuzione delle sentenze della Corte,
ha creato un giudizio di inadempimento delle medesime che si conclude con una dichiarazione di
inadempienza. Questa, purtroppo, rappresenta più un’eccezione che la regola.
D’altra parte, difatti, vi sono strumenti quali, ad esempio, il Patto sui diritti civili e politici, che ha,
come meccanismo di controllo azionabile da individui, il solo richiamo al Comitato dei Diritti Umani, la cui
procedura si conclude con una “constatazione” la quale costituisce una semplice raccomandazione rivolta
allo Stato. Ed in tali procedure, lo Stato non viene “condannato”, destinatario di obblighi nei confronti della
parte lesa, ma assume il ruolo di parte che si invita a porre in essere un’azione differente.
Ciò posto, è evidente che quando la procedura dei Ricorsi Individuali è assente, perché non
prevista, e il ricorso è sostituito da mere petizioni il cui esame è affidato a un
organo non giudiziario e sulla base di elementi spesso incompleti e senza la garanzia di un giudizio,
la procedura diviene essenzialmente politica e si conclude con un atto (suggerimenti, raccomandazioni,
vedute ecc.) che ha un valore limitato, riducendosi, spesso, a un mero mezzo di pressione politica13.
Discorso a parte merita la tutela dei principi etici, i quali spesso godono delle medesime garanzie
poste per i diritti umani, essendo a questi ultimi strettamente relati, coincidenti o discendenti.
È certo, comunque, che per i motivi succitati, la loro natura ed attuazione nella società abbraccia
soprattutto il campo del diritto civile e la relativa tutela, pertanto, è lasciata agli impianti normativi dei
singoli Stati ed alla sagace intraprendenza e lungimiranza dei diversi legislatori, come ad esempio
evidenziata nella Carta Costituzionale della nostra Repubblica.

13S. Giannini, La tutela dei diritti umani fondamentali nell’ordinamento internazionale e nell’ordinamento comunitario, Diritto&Diritti, 9 febbraio
2002.

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Bibliografia

• Assemblea Generale delle Nazioni Unite, terza sessione, Risoluzione 219077A del 10

dicembre 1948, Parigi.

• Fondata l’1 Agosto 1975, ad Helsinki in Finlandia, l’Organizzazione per la Sicurezza e la

Cooperazione in Europa è un'organizzazione regionale per la promozione della pace, del

dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, 57

paesi membri ed è, pertanto, la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza.

• La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, nota

sinteticamente come Genocide Convention, è stata adottata dall’Organizzazione delle

Nazioni Unite a New York il 9 dicembre 1948 con la risoluzione 260 A (III).

• La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà

fondamentali o CEDU è una Convenzione internazionale redatta e adottata nell’ambito del

Consiglio d’Europa ed è stata firmata il 4 novembre 1950 a Roma.

• La Convenzione per rifugiati, conosciuta anche come la Convenzione di Ginevra del 1951 sui

rifugiati, è un trattato multilaterale delle Nazioni Unite che definisce chi è un rifugiato e i

diritti dei singoli che hanno ottenuto l’asilo e le responsabilità delle nazioni.

• La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura è un trattato di diritto internazionale

relativo ai diritti umani, adottato nell’ambito delle Nazioni Unite, volto a prevenire la

tortura in tutto il mondo, firmata a New il 10 dicembre 1984.

• N. Ronzitti, Istituto Affari internazionali, Osservatorio di Politica Internazionale (note) - Gli

Strumenti di tutela di Diritti Umani, gennaio 2010.

• Red. Carriere Internazionali, La storia dei diritti Umani in Pillole, Articolo, dicembre 2018.

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d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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• F. R. Partipilo, La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dal 1948 ai giorni nostri,

Osservatorio Diritti, 10 dicembre 2018.

• S. Giannini, La tutela dei diritti umani fondamentali nell’ordinamento internazionale e

nell’ordinamento comunitario, Diritto & Diritti, 9 febbraio 2002.

• P. Lora Aprile, Elementi fondamentali di Bioetica, www.simgaltascuola.it

• 5Ws for Human Rights, “perché sono importanti i diritti umani”, Università degli studi di

Padova Centro di Ateneo per i Diritti Umani, 3 aprile 2012.

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