Petrarca_Canzoniere
Petrarca_Canzoniere
Petrarca_Canzoniere
del vario stile in ch’io piango et ragiono Prospettiva cristiana: 3; 4; 6; 8; 10; 11; 12; 13; 14
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Morte ebbe invidia al mio felice stato, (nuova distanza e nuovo fallimento)
anzi a la speme; et feglisi a l’incontra
a mezza via come nemico armato.
La morte di Laura
Trasfigurazione di Laura Sconforto
• Sonetti 279-281: Laura, una volta • Sonetti 272; 311-313: il dolore
morta, consola il poeta e si mostra dell’assenza.
pietosa con lui, ricordando anche la • (Sonetto 315: la morte ha infranto le
sua nuova condizione di beatitudine speranze del poeta di trascorrere una
(cfr. 279) → liberazione dal peso delle vecchiaia serena con Laura).
cose terrene.
• Sonetto 302: rappresentazione della
morte di Laura in una prospettiva
dantesca.
• (Sonetto 290: il rifiuto di Laura appare
come una fonte di salvezza).
Trasfigurazione di Laura
(CCLXXIX)
Se lamentar augelli, o verdi fronde (L’amore può essere appagato solo una volta scomparso il suo oggetto)
mover soavemente a l’aura estiva, (Cfr. “Chiare, fresche et dolci acque”: importanza del paesaggio; pietà di Laura)
o roco mormorar di lucide onde
s’ode d’una fiorita et fresca riva,
«Deh, perché inanzi ’l tempo ti consume? (La morte deve essere accettata nella sua vera dimensione)
– mi dice con pietate – a che pur versi
degli occhi tristi un doloroso fiume? (chiasmo)
Per man mi prese, et disse: – In questa spera (cfr. Dante, Oltre la spera che più larga gira: dall’ineffabilità al colloquio)
sarai anchor meco, se ’l desir non erra: ↓
i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra,
et compie’ mia giornata inanzi sera.
Deh perché tacque, et allargò la mano? (totale spiritualizzazione del sentimento amoroso)
Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti
poco mancò ch’io non rimasi in cielo.
Lo sconforto del poeta (CCCXI)
Quel rosignol, che sí soave piagne,
forse suoi figli, o sua cara consorte, (paragoni virgiliani: Filomela, Orfeo)
di dolcezza empie il cielo et le campagne
con tante note sí pietose et scorte (magistrali),
Or cognosco io che mia fera ventura (il poeta riconosce la vanità delle cose terrene)
vuol che vivendo et lagrimando impari
come nulla qua giú diletta, et dura.