Petrarca_Canzoniere

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Il Canzoniere

Rerum Vulgarium Fragmenta


Struttura
366 componimenti (sonetti, canzoni, ballate, madrigali) : 1
sonetto proemiale + 365 testi, corrispondenti alla durata di un
anno

Prima parte: 263 testi → inizio: 6 aprile 1327 (primo incontro


con Laura), Venerdì Santo (cfr. Commedia) → caduta e colpa

Seconda parte: canzone 264 → il sonetto 267 è il primo “in


morte di Laura” (avvenuta il 6 aprile 1348)→ contando i giorni
a partire dal sonetto 2 (6 aprile), il primo testo della seconda
parte corrisponde al 25 dicembre → rinnovamento
esistenziale e morale reso possibile appunto dalla morte
dell’amata.
Poesie non riconducibili a Laura
• Tema dell’amicizia: p.e. relazione con i
membri della famiglia Colonna (sonetti
10; 265).
• Tema politico: 1) corruzione della curia
avignonese (sonetti 136-138); 2) 3
canzoni (28; 53, “Spirto gentile”; 128
“Italia mia, benché ‘l parlar sia
indarno”).
L’amore per Laura
Bipartizione
Prima della morte di Laura Dopo la morte di Laura

(annunciata da foschi presagi: La morte della donna amata


249-254) permette al poeta di iniziare un
percorso di rinnovamento
Il Canzoniere si apre con un interiore attraverso un distacco
sonetto proemiale in cui il dai beni terreni: la raccolta si
poeta sancisce la fine degli conclude con una canzone
inganni e delle illusioni giovanili dedicata alla Vergine e
un’invocazione alla pace.
L’impossibilità di una conciliazione

Il Canzoniere ha in realtà una struttura circolare:


il dissidio del poeta non trova una reale
soluzione, in quanto il vero auspicio di Petrarca
consiste nella conciliazione fra umano e divino,
che assicuri alle cose della terra quella dignità
che tolga loro ogni carattere peccaminoso, un
sogno impossibile.
Il sonetto proemiale
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono Presenza di richiami alla tradizione cortese e
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core stilnovistica (quartine).
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, Importanza del contrasto fra passato e presente.

del vario stile in ch’io piango et ragiono Prospettiva cristiana: 3; 4; 6; 8; 10; 11; 12; 13; 14
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sí come al popol tutto


favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,


e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
Il sonetto proemiale
• Il poeta afferma di essere stato a lungo
innamorato.
• Il poeta afferma di essere cambiato
(conversione).
• Il poeta chiede pietà e perdono.
• Il poeta afferma di essere degno di riceverlo.
Il primo incontro e il tema
dell’infelicità amorosa
L’amore per Laura è un amore sofferente, all’origine
dei conflitti interiori del poeta:
• l’amore del poeta non è corrisposto e, come tale,
produce una continua sofferenza alla quale però
il poeta non sa rinunciare (→ fra i motivi della
spietatezza di Laura c’è il suo narcisismo);
• l’amore per Laura è sentito come una colpa, in
quanto distoglie il poeta dal distacco dai beni
terreni e dal raggiungimento della beatitudine
celeste.
Il primo incontro (III)
Era il giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai,
ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.

Tempo non mi parea da far riparo


contra colpi d’Amor: però m’andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s’incominciaro.

Trovommi Amor del tutto disarmato


et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:

però al mio parer non li fu honore


ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l’arco.
L’infelicità amorosa: variazioni sul tema
• Il narcisismo di Laura (sonetto 46).
• L’isolamento, la fuga e la vergogna (sonetto 35, “Solo et
pensoso”).
• La scissione interiore e la debolezza della volontà:
l’impossibilità di evadere dalla prigione d’amore
(sonetto 134, “Pace non trovo”).
• La rassegnazione dopo una troppo lunga sofferenza
(sonetti 82-83).
• Il senso di colpa e la speranza della redenzione (sonetto
dell’anniversario, 62; cfr. anche canzone 264).
• La lotta interiore e l’impossibilità della salvezza (sonetto
189, “Passa la nave mia”): gli occhi di Laura, le stelle che
orientano la navigazione, “si celano”.
Il narcisismo di Laura (XLVI)
L’oro et le perle e i fior’ vermigli e i bianchi,
che ’l verno devria far languidi et secchi,
son per me acerbi et velenosi stecchi,
ch’io provo per lo petto et per li fianchi.

Però i dí miei fien lagrimosi et manchi,


ché gran duol rade volte aven che ’nvecchi:
ma piú ne colpo i micidiali specchi,
che ’n vagheggiar voi stessa avete stanchi.

Questi poser silentio al signor mio,


che per me vi pregava, ond’ei si tacque,
veggendo in voi finir vostro desio;

questi fuor fabbricati sopra l’acque


d’abisso, et tinti ne l’eterno oblio,
onde ’l principio de mia morte nacque.
L’isolamento, la fuga e la vergogna (XXXV)
Solo et pensoso i piú deserti campi Quattro attori : soggetto, paesaggio, altri uomini.
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti (iperbato)
ove vestigio human l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi


dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti (metafora)
di fuor si legge com’io dentro avampi: (metafora)

sí ch’io mi credo omai che monti et piagge


et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge


cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.
La scissione interiore e la debolezza della volontà
(CXXXIV)

Pace non trovo, et non ò da far guerra; (chiasmo)


e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio. (realtà/immaginazione)

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,


né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;


et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido; (chiasmo)


egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Il senso di colpa e la speranza della
redenzione (LXII)
Padre del ciel, dopo i perduti giorni,
dopo le notti vaneggiando spese,
con quel fero desio ch’al cor s’accese,
mirando gli atti per mio mal sí adorni,

piacciati omai col Tuo lume ch’io torni


ad altra vita et a piú belle imprese,
sí ch’avendo le reti indarno tese,
il mio duro adversario se ne scorni.

Or volge, Signor mio, l’undecimo anno


ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo
che sopra i piú soggetti è piú feroce.

Miserere del mio non degno affanno;


reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo;
ramenta lor come oggi fusti in croce.
La lotta interiore e l’impossibilità della salvezza
(CLXXXIX)
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Cariddi; et al governo
siede ’l signore, anzi ’l nimico mio.

A ciascun remo un penser pronto et rio


che la tempesta e ’l fin par ch’abbi a scherno;
la vela rompe un vento humido eterno (vela =anima)
di sospir’, di speranze, et di desio.

Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni


bagna et rallenta le già stanche sarte, (sarte = virtù)
che son d’error con ignorantia attorto.

Celansi i duo mei dolci usati segni;


morta fra l’onde è la ragion et l’arte, (l’arte di vivere)
tal ch’incomincio a desperar del porto.
Connotazioni ‘positive’ dell’amore per
Laura
• Tema stilnovistico della lode della donna e
del suo potere salvifico (sonetti 13; 111).
• Collegamento esplicito del potere salvifico
della donna, dopo la sua morte, al suo rifiuto
(sonetti 289-290).
• Rievocazione positiva di momenti ‘lieti’ del
passato (canzone 126).
Il rifiuto come fonte di salvezza (CCXC)
Come va ’l mondo! or mi diletta et piace (confronto fra passato e presente)
quel che piú mi dispiacque; or veggio et sento (mi dispiaque = il passato rigore di Laura)
che per aver salute ebbi tormento,
et breve guerra per eterna pace. (chiasmo)

O speranza, o desir sempre fallace,


et degli amanti piú ben per un cento! (e cento volte più fallace che mai)
O quant’era il peggior farmi contento
quella ch’or siede in cielo, e ’n terra giace! (cfr. 134)

Ma ’l ceco Amor et la mia sorda mente


mi travïavan sí, ch’andar per viva
forza mi convenia dove morte era. (cfr. Purg. XVI)

Benedetta colei ch’a miglior riva


volse il mio corso, et l’empia voglia ardente (metafora della nave)
Lusingando (caste lusinghe) affrenò perch’io non pèra. (metafora del cavallo)
La rievocazione di Laura: il tema del
tempo, della memoria e dell’assenza
• L’invecchiamento di Laura e la costanza
dell’amore (sonetto 90, “Erano i capei d’oro”).
• Rievocazione ‘lieta’ di Laura e dei luoghi in cui il
poeta la ha incontrata (canzone 126, “Chiare
fresche et dolci acque”).
• Rievocazione dolorosa del passato, pieno di
lacrime e errori, dopo la morte di Laura: (sonetto
272, “La vita fugge”).
• Vagheggiamento, dopo la morte di Laura, di una
vecchiaia serena insieme con lei (sonetti 12; 315-
317).
Il rapporto passato/presente/futuro
Passato Presente / futuro
Bellezza • Vecchiaia (costanza dell’amore)
• Vecchiaia e speranza di un amore
vissuto nella castità e nella serenità

Colpa • Conversione, redenzione


• Migliore comprensione del rifiuto di
Laura
• Speranza di un amore vissuto nella
castità e nella serenità
Dolore, colpa Dolore, incertezza sulla propria salvezza

Momenti lieti ormai perduti • Sentimento della perdita


• Speranza nella visita di Laura alla
propria tomba
L’invecchiamento di Laura (XC)
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi (tradizione stilnovistica nella rappresentazione sia di Laura sia del poeta, vv. 7-8)
che ’n mille dolci nodi gli avolgea, (novità petrarchesca: rappresentazione di Laura attraverso il ricordo)
e l’vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sí scarsi;

e ’l viso di pietosi color’ farsi,


non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di súbito arsi?

Non era l’andar suo cosa mortale,


ma d’angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.

Uno spirito celeste, un vivo sole


fu quel ch’i’vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
Il dolore della memoria (CCLXXII)
La vita fugge, et non s’arresta una hora,
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora;

e ’l rimembrare et l’aspettar m’accora,


or quinci or quindi, sí che ’n veritate,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, (riferimento alle pene infernali riservate ai suicidi))
i’ sarei già di questi penser’ fòra.

Tornami avanti, s’alcun dolce mai


ebbe ’l cor tristo; et poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti; (metafore →)

veggio fortuna in porto, et stanco omai


il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, (nocchier = ragione)
e i lumi bei che mirar soglio, spenti. (cfr. 189)
Vagheggiamento di una vecchiaia
serena (CCCXV)
Tutta la mia fiorita et verde etade (contrasto fra due diverse stagioni della vita)
passava, e ’ntepidir sentia già ’l foco
ch’arse il mio core, et era giunto al loco
ove scende la vita ch’al fin cade.

Già incominciava a prender securtade


la mia cara nemica a poco a poco
de’ suoi sospetti, et rivolgeva in gioco
mie pene acerbe sua dolce honestade. (chiasmo)

Presso era ’l tempo dove Amor si scontra


con Castitate, et agli amanti è dato
sedersi inseme, et dir che lor incontra.

Morte ebbe invidia al mio felice stato, (nuova distanza e nuovo fallimento)
anzi a la speme; et feglisi a l’incontra
a mezza via come nemico armato.
La morte di Laura
Trasfigurazione di Laura Sconforto
• Sonetti 279-281: Laura, una volta • Sonetti 272; 311-313: il dolore
morta, consola il poeta e si mostra dell’assenza.
pietosa con lui, ricordando anche la • (Sonetto 315: la morte ha infranto le
sua nuova condizione di beatitudine speranze del poeta di trascorrere una
(cfr. 279) → liberazione dal peso delle vecchiaia serena con Laura).
cose terrene.
• Sonetto 302: rappresentazione della
morte di Laura in una prospettiva
dantesca.
• (Sonetto 290: il rifiuto di Laura appare
come una fonte di salvezza).
Trasfigurazione di Laura
(CCLXXIX)
Se lamentar augelli, o verdi fronde (L’amore può essere appagato solo una volta scomparso il suo oggetto)
mover soavemente a l’aura estiva, (Cfr. “Chiare, fresche et dolci acque”: importanza del paesaggio; pietà di Laura)
o roco mormorar di lucide onde
s’ode d’una fiorita et fresca riva,

là ’v’io seggia d’amor pensoso et scriva,


lei che ’l ciel ne mostrò, terra n’asconde,
veggio, et odo, et intendo ch’anchor viva
di sí lontano a’ sospir’ miei risponde.

«Deh, perché inanzi ’l tempo ti consume? (La morte deve essere accettata nella sua vera dimensione)
– mi dice con pietate – a che pur versi
degli occhi tristi un doloroso fiume? (chiasmo)

Di me non pianger tu, ché’ miei dí fersi


morendo eterni, et ne l’interno lume,
quando mostrai de chiuder, gli occhi apersi».
Trasfigurazione di Laura
(CCCII)
Levommi il mio penser in parte ov’era (visione di Laura in Paradiso: Laura contraccambia l’amore del poeta)
quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra:
ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, (cielo di Venere, spiriti amanti)
la rividi piú bella et meno altera.

Per man mi prese, et disse: – In questa spera (cfr. Dante, Oltre la spera che più larga gira: dall’ineffabilità al colloquio)
sarai anchor meco, se ’l desir non erra: ↓
i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra,
et compie’ mia giornata inanzi sera.

Mio ben non cape in intelletto humano:


te solo aspetto, et quel che tanto amasti (non visione mistica, ma fantasia consolante; dalla dimensione teologica a quella psicologica)
e là giuso è rimaso, il mio bel velo. – (resurrezione della carne)

Deh perché tacque, et allargò la mano? (totale spiritualizzazione del sentimento amoroso)
Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti
poco mancò ch’io non rimasi in cielo.
Lo sconforto del poeta (CCCXI)
Quel rosignol, che sí soave piagne,
forse suoi figli, o sua cara consorte, (paragoni virgiliani: Filomela, Orfeo)
di dolcezza empie il cielo et le campagne
con tante note sí pietose et scorte (magistrali),

et tutta notte par che m’accompagne,


et mi rammente la mia dura sorte:
ch’altri che me non ò di ch’i’ mi lagne,
ché ’n dee non credev’io regnasse Morte. (autoinganno del poeta)

O che lieve è inganar chi s’assecura!


Que’ duo bei lumi assai piú che ’l sol chiari
chi pensò mai veder far terra oscura?

Or cognosco io che mia fera ventura (il poeta riconosce la vanità delle cose terrene)
vuol che vivendo et lagrimando impari
come nulla qua giú diletta, et dura.

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