Terza guerra sannitica
Terza guerra sannitica parte delle guerre sannitiche | |
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Mappa dei territori coinvolti nella terza guerra sannitica | |
Data | 298 a.C. - 290 a.C. |
Luogo | Italia peninsulare |
Casus belli | Lotta per l'egemonia sulla penisola italica |
Esito | Vittoria romana |
Schieramenti | |
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La terza guerra sannitica fu combattuta da Roma contro i Sanniti, tra il 298 a.C. e il 290 a.C. Teatro dello scontro furono la Campania, il Sannio, l'Etruria e il Piceno.
Antefatto
[modifica | modifica wikitesto]Nel 298 a.C. i Lucani, il cui territorio era fatto oggetto di saccheggi da parte dei Sanniti, inviarono ambasciatori a Roma, per chiederne la protezione[1].
«Pregavano il senato di prendere i Lucani sotto la protezione di Roma e di allontanare da loro la violenza e la prepotenza sannita: essi per parte loro, per quanto con la guerra intrapresa contro i Sanniti avessero già fornito una sicura prova di lealtà verso i Romani, erano tuttavia disposti a dare ostaggi.»
Roma accettò l'alleanza con i Lucani, e dichiarò guerra ai Sanniti, quando questi mandarono indietro i feziali romani, inviati per chiedere che i Sanniti si ritirassero dalle terre dei Lucani[1].
Inoltre, già nel 299 a.C. era stato siglato un patto tra Piceni e Romani, premessa per l'alleanza piceno-romana durante la guerra[2].
«A Roma la notizia della minaccia dei Galli alleati agli Etruschi destò grande allarme: perciò fu concluso con maggior fretta un trattato col popolo dei Piceni.»
Terza guerra sannitica
[modifica | modifica wikitesto]Il console Gneo Fulvio Massimo Centumalo cui era toccata la campagna contro i Sanniti, guidò i Romani alla presa di Boviano e di Aufidena[3]. Tornato a Roma, Gneo ottenne il trionfo[4].
Nel 297 a.C., guidati dai consoli Quinto Fabio Massimo Rulliano e Publio Decio Mure[5], gli Eserciti Romani arrivarono nel Sannio, seguendo due direttrici diverse; quello condotto da Fabio passò attraverso il territorio di Sora, e quello condotto da Decio, attraverso quello dei Sidicini[5]. L'esercito Romano condotto da Mure, riuscì a sconfiggere un esercito di Apuli, vicino a Maleventum[6], impedendo che questi si potessero unire agli alleati Sanniti nella battaglia combattuta e vinta dai Romani, guidati da Fabio, nei pressi di Tifernum[5]. Dopo queste battaglie, i due Eserciti Romani saccheggiarono il Sannio, senza incontrare resistenza alcuna, conquistando anche la città di Cimetra[6].
Nel 296 a.C., i due Consoli eletti Lucio Volumnio Flamma Violente ed Appio Claudio Cieco, operarono in Etruria, dove si erano recati i Sanniti per ottenere l'alleanza degli Etruschi[7], sconfiggendo un Esercito Etrusco-Sannita[8], mentre Quinto Fabio e Decio Mure, lasciati nel Sannio con poteri proconsolari misero a ferro e fuoco la regione, facendo grande bottino, e conquistando le città di Murgantia, Romulea e Ferentinum[9].
La resa dei conti ci fu con la battaglia di Sentino (in latino Sentinum: nella pianura in prossimità della cittadina di Sassoferrato, oggi in provincia di Ancona), nel 295 a.C. dove i Romani dovettero fronteggiare una coalizione nemica composta da 4 popoli: Sanniti, Etruschi, Galli ed Umbri. I Romani vennero inizialmente sorpresi dai Galli, che si gettarono nella mischia con carri carichi di arcieri che scagliavano frecce. Il fracasso dei carri spaventò i cavalli romani, i quali batterono in ritirata. Il Console Plebeo Publio Decio Mure, figlio del Decio Mure che aveva combattuto nella Prima guerra Sannitica compì il rito della devotio consacrandosi a Marte ed agli Dei Inferi, scagliandosi contro i carri e perdendo la vita nella mischia. Il gesto eroico e ancor più la morte del Console, che indicava l'accettazione del sacrificio da parte degli Dei, rianimò le schiere romane che riportarono alla fine una completa vittoria[10]. Sempre quell'anno Lucio Volumnio Flamma Violente, con poteri proconsolari, sconfisse i Sanniti nei pressi di Triferno[11], e successivamente, raggiunto dalle forze guidate dal Proconsole Appio Claudio, sconfisse le forze sannite, fuggite dalla battaglia di Sentino, nei pressi di Caiazia[12].
Nel 294 a.C., mentre l'Esercito Romano otteneva importanti vittorie sugli Etruschi, costringendoli a chiedere la pace[13], fu combattuta una sanguinosa ed incerta battaglia davanti alla città di Luceria, durata due giorni, alla fine dei quali i Romani risultarono vincitori, con così tante perdite, che al console Marco Atilio Regolo fu negato il trionfo, una volta tornato a Roma[14].
Nel 293 i Consoli Lucio Papirio Cursore e Spurio Carvilio Massimo condussero i loro Eserciti, su rotte parallele, partendo dalla media valle del Liri mantenendosi a circa 30 km di distanza e tenendosi in contatto tramite messaggeri: Papirio Cursore dalla Campania settentrionale puntò su Aquilonia mentre Spurio Carvilio Massimo si diresse su Cominium. Il piano era di attaccare contemporaneamente e con la massima durezza. I combattimenti nella battaglia di Aquilonia furono durissimi e costarono oltre 50.000 morti, ma a sera i Comandanti Romani entravano vittoriosi nelle rovine delle due fortezze[15].
Da Aquilonia, dove aveva combattuto la Legio Linteata alcuni superstiti si rifugiarono a Bovianum da dove riorganizzatisi condussero una resistenza disperata che durò fino al 290, con l'ultima, durissima campagna condotta dai consoli Manio Curio Dentato e Publio Cornelio Rufino. L'anno precedente i consoli Fabio Gurgite e Postumio Megello avevano conquistato la roccaforte di Venusia, in cui subito fu dedotta una grande colonia.
I patti della resa non sono noti: Livio dice solo che "il trattato fu rinnovato" ma sicuramente non possiamo aspettarci che ai Sanniti fossero lasciate le favorevoli condizioni dell'ultimo trattato; essi però, sia pure ridotti di numero, in un territorio rimpicciolito e stretto da ogni parte da colonie Romane, probabilmente conservavano una certa indipendenza e la libertà di erigersi in lega di popolazioni.
Conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Con la vittoria sui Sanniti, i Romani conquistarono una posizione egemonica in tutto il centro sud, imponevano alle altre, ancora forti popolazioni italiche, le loro decisioni in politica estera, le riducevano a fornire contingenti di truppe e a finanziare campagne militari; Roma conquistava il potere che l'avrebbe condotta a scontrarsi nel giro di un secolo prima con Pirro e poi con Cartagine.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 11.
- ^ Tito Livio Ab urbe condita libri, libro X, 10, 13-15
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 12.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 13.
- ^ a b c Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 14.
- ^ a b Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 15.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 16.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 18-19.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 17.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 27-29.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 30.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 31.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 37.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 35-36.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, X, 39-43.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti primarie