Textos para Practicar Italiano
Textos para Practicar Italiano
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La Rivoluzione americana
In America, sulla costa dell’Oceano Atlantico, gli inglesi avevano fondato 13
colonie. Gli abitanti erano molto fedeli all’Inghiletrra e l’avevano aiutata
volentieri durante la guerra contro la Francia. La guerra era stata vinta
dall’Inghilterra che aveva conquistato gli immensi territori del Canada a nord e
la regione della Louisiana a sud.
Finita la guerra però le colonie cominciarono a sentirsi troppo sfruttate e non
ritenevano giusto:
Dover commerciare solo con l’Inghilterra
Non poter produrre oggetti da sé ma essere obbligate ad acquistarli
dall’Inghilterra
Dover pagare tasse senza poter partecipare con i rappresentanti al
Parlamento
Non potersi stabilire nei territori ad ovest
Dover mantenere le truppe inglesi
Inoltre molti europei in cerca di una nuova vita si trasferivano in
America e si diffondevano le idee dell’Illuminismo.
Nel 1773 un gruppo di Americani travestiti da Pellirosse salì su una nave inglese
nel porto di Boston e rovesciò in mare tutto il carico di tè. Con questo fatto
scoppiò una rivolta. Il 4 luglio 1776 i rappresentanti delle 13 colonie si riunirono
a Filadelfia e proclamarono la nascita degli Stati Uniti d’America. In questo
incontro scrissero anche la “Dichiarazione d’Indipendenza” in cui si dichiara il
diritto di libertà e di ricerca della felicità. Il 4 luglio è considerato l’inizio della
Rivoluzione americana.
La guerra d’indipendenza
L’Inghilterra dichiarò subito guerra e inviò un forte esercito. Invece gli
Americani, guidati da George Washington, erano impreparati e non avevano
armi. All’inizio persero alcune battaglie, ma la Francia e la Spagna decisero di
aiutarli e alla fine vinsero la guerra., Gli inglesi si ritirarono e furono costretti a
riconoscere l’indipendenza degli Stati Uniti.
Nel 1787 fu emanata una Costituzione, cioè la legge fondamentale dello Stato, in
cui si dice che gli Stati Uniti sono una repubblica federale, cioè composta da
tanti Stati. Il primo presidente fu George Washington.
Lo sviluppo degli Stati Uniti
Ben presto giunsero molte persone dall’Europa e nacquero le manifatture, dove
si producevano articoli utilizzando le macchine più moderne. Gli operai
lavoravano bene ed erano trattati meglio che in Europa. Gli Stati Uniti
cominciarono ad arricchirsi soprattutto a causa dello sviluppo industriale.
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L’Italia nel ‘600
l’Italia nel ‘600 è divisa in tanti staterelli dominati per la maggior parte dalla
Spagna.
Venezia: la Repubblica di Venezia ha un’economia fiorente. Oltre ai commerci
sviluppa attività sulla terraferma: migliora l’agricoltura e inizia la coltivazione
del gelso, con il quale si allevano i bachi da seta. Ben presto nascono e si
diffondono i laboratori per la lavorazione della seta.
Il Regno di Savoia: dopo aver trasferito la capitale a Torino vuole espandersi in
Italia.
Il Granducato di Toscana è in decadenza
lo Stato Pontificio: le campagne sono trascurate e i contadini muoiono di
malaria; Roma invece si abbellisce sempre più con le opere dei migliori artisti
I domini spagnoli: il regno di Napoli e di Sicilia, il regno di Sardegna, il regno di
Milano e lo Stato dei Presìdi appartengono alla Spagna. Gli Spagnoli
considerano l’Italia una colonia da cui ricavare denaro e non si occupa né
dell’agricoltura né delle manifatture. L’Italia si impoverisce sempre più,
soprattutto al sud.
La Spagna governa l’Italia con tre vicerè e un governatore (a Milano) che hanno
come compito quello di riscuotere le tasse. I funzionari spagnoli trattano la
popolazione con prepotenza, si impadroniscono dei raccolti e delle merci e si
arricchiscono sempre più. Regnavano corruzione ed ingiustizia.
Milano durante la guerra dei 30 anni era campo di battaglia. I soldati che
passarono da Milano distrussero raccolti e villaggi e portarono la peste (1628-
1630) aumentando la povertà del territorio.
Il popolo in tutta Italia cerca di ribellarsi:
A Napoli nel 1647 alcuni contadini capeggiati da Tommaso Aniello, deto
Masaniello, insorgono contro gli spagnoli ma vengono fermati e Masaniello
viene ucciso
nonostante questa situazione le città continuano ad abbellirsi. L’arte del ‘600 si
chiama Barocco. Le sue caratteristiche sono il lusso e la grandiosità. Uno dei
maggiori artisti è Lorenzo Bernini.
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Cromwell. Egli portò alla vittoria il suo esercito.
Il re Carlo I fu imprigionato e condannato a morte.
Dopo la morte del re Oliver Cromwell si fece proclamare Lord Protettore di
Inghilterra e instaurò una dittatura.
Egli cercò di favorire l’economia inglese, ma tolse al popolo la libertà.
Quando Cromwell morì, i sovrani d’Inghilterra cercarono di tornare sul trono,
ma tutto il popolo si oppose. Questa lotta si chiama Gloriosa Rivoluzione.
Il parlamento per evitare la monarchia assoluta affidò la corona
all’olandese Guglielmo d’Orange.
Egli per diventare sovrano d’Inghilterra dovette firmare una “Dichiarazione
dei diritti” in cui si impegnava a rispettare la libertà del popolo e a seguire le
leggi e le decisioni del Parlamento.
Nacque così in Inghilterra la monarchia parlamentare.
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la classe sociale della borghesia è molto forte
la religione calvinista è favorevole al lavoro
l’Olanda acquista molte colonie e fonda un impero coloniale controllato
dalla Compagnia delle Indie Orientali e dalla Compagnia delle Indie
Occidentali. Queste società possedevano grandi flotte mercantili e
commerciavano con Indonesia, Cina, Giappone, nord e sud America.
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La Danimarca scende in campo contro l’Austria assieme a Svezia e
Francia
nella battaglia di Rocroi la Francia vince
nel 1648 viene firmata la pace di Westfaliache diceva:
1. la Germania non fa più parte dell’impero
2. la Svezia acquista molti territori
3. la Francia diventa lo Stato più potente d’Europa
Le conseguenze della guerra dei 30 anni sono:
1. l’Europa è devastata e impoverita
2. la popolazione diminuisce
3. aumentano i poveri
4. i borghesi sono sempre più ricchi e vogliono avere lo stesso potere dei
nobili. Molti borghesi acquistano con il denaro i titoli nobiliari ( conte,
marchese,…) e entrano a far parte della nobiltà.
Vita quotidiana nel ‘600
Le famiglie erano molto numerose, molti bambini morivano da piccoli. I fratelli
maggiori badavano ai più piccoli, aiutavano i genitori e a 12 anni venivano
mandati a lavorare.
Solo i ricchi andavano a scuola in istituti religiosi o avevano un maestro privato
chiamato PRECETTORE.
L’igiene personale era scarsa, ci si lavava molto poco e ci si ammalava
facilmente.
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indagatore di carte d’autore, offre un saggio avvincente tra biografia e critica con
una ricca appendice di inediti, tra cui gli appunti delle lezioni su Dante, maestro
di etica ed estetica, letteratura e fede.
Dalla premessa dell’autore. «“Da eterna Poesia a noi vien Dante” potrebbe
sembrare, nei versi per Ezra Pound scritti in età avanzata nel 1955, l’unica
testimonianza esplicita di Rebora relativa al suo dantismo, che invece
accompagna fin dal 1913 il giovane autore dei Frammenti lirici, la raccolta
d’esordio che vorrebbe intitolare I guinzagli del Veltro. Ancora prima, in una
lettera del 1909, risponde al padre durante un forte contrasto di vedute: “Io sto
con Buddha Cristo Dante…” In effetti la Commedia, oltre a rivelarsi una ricca
fonte d’immagini e metafore per interpretare e nominare il mondo, anche
davanti agli orrori del fronte bellico, offre al poeta milanese spunti concreti per
la vita e per l’azione, nei momenti più decisivi, prima ancora che per l’elevazione
spirituale» (Roberto Cicala).
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italiani e dando voce ai sogni di un folle e perdente eppure capace, nei momenti
più difficili, di «alzare gli occhi verso il cielo stellato».
Ecco un frammento di Dolomiti di carta grazie alla mostra che Val di Zoldo
(Belluno) dedica dal 27 luglio al 31 agosto 2019 al caso editoriale di Marco e
Mattio di Sebastiano Vassalli sotto il titolo “Il romanzo di una valle”. L’opera
dello scrittore premio Strega 1990 con La chimera e poi candidato anche al
premio Nobel nell’anno della sua scomparsa, il 2015, è al centro di una mostra
editoriale, a cura di Roberto Cicala e Valentina Giusti, che ricostruisce la genesi
dell’opera attraverso carte preparatorie, appunti e corrispondenza inedita,
illuminando i rapporti di Vassalli con la valle e con Venezia, luoghi in cui
l’autore ambienta il libro. Inoltre un itinerario letterario ai piedi delle Dolomiti è
tra le proposte a cura di Angelo Santin presentate nel progetto culturale lanciato
dal Comune di Val di Zoldo con la consulenza del Laboratorio di editoria
dell’Università Cattolica, del Centro Novarese di Studi Letterari e di Educatt.
La mostra Il romanzo di una valle a cura di Roberto Cicala e Valentina Giusti
(con filmati di Matteo Silvan al Museo del Ferro e del Chiodo, Forno di Zoldo)
viene inaugurata sabato 27 luglio alle ore 19,30 a Forno, nel Municipio in via
Roma 26 (con catalogo Educatt) e resterà aperta fino al 31 agosto con orario 9-
19. L’inaugurazione è preceduta alle ore 17 a Dont, nella Sala Cinema di via
Brustolon 36, dal convegno Un libro e una valle. Nuova luce su “Marco e
Mattio”, con Giuseppe Polimeni (Università degli Studi di Milano), Roberto
Cicala e Andrea Kerbaker (Università Cattolica di Milano), Valentina Giusti
(Centro Novarese di Studi Letterari), Angelo Santin, Paola Todeschino Vassalli,
con introduzione di Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo. Infine alle ore
21, a Forno, sul sagrato della chiesa di San Francesco, in via San Francesco 15, in
programma il reading musicale Le stelle di Zoldo con letture da Marco e
Mattio di Sebastiano Vassalli (Rizzoli) di Lina Beltrame e Bianca Doriguzzi della
Compagnia Teatrale Le Bretelle Lasche, con interventi musicali al clarinetto del
Quartetto Barance (Debora Ongaro, Anna Zanella, Alessandro Pasuch e Annika
Baake). L’evento è a cura di Angelo Santin.
La mostra sarà esposte successivamente a Longarone, palazzo Mazzolà, 6-29
settembre; Belluno, 5 ottobre-3 novembre 2019; Venezia. Isola di San Servolo,
15 marzo-10 aprile 2020.
Come scrive lo stesso Vassalli, Marco e Matti «racconta la vicenda terrestre di
Mattio Lovat, nato a Casal di Zoldo il 12 settembre 1761 e morto a Venezia l’8
aprile 1806: che per alcuni suoi comportamenti – diciamo così – inconsueti, e
per i fatti strani e gravi che precedettero la sua fi ne, venne considerato uno dei
primi “casi clinici” della psichiatria moderna e trattato come tale da diversi
autori, in Italia e all’estero. Grazie alle nuove cognizioni della medicina e con il
senno di poi, noi oggi possiamo dire che quel caso clinico, così come allora fu
posto, era sbagliato, e che Mattio Lovat morì di un male antico e terribile
chiamato pellagra: ancora molto diffuso, ai giorni nostri, in Africa e nelle regioni
povere del pianeta. […] Mattio Lovat, ammalato di pellagra, fu dichiarato pazzo
e finì i suoi giorni in manicomio, in quell’isola di San Servolo davanti a Venezia
dov’era in funzione fi no dai tempi della Serenissima uno dei primi ospedali
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psichiatrici della storia d’Europa. […] Devo aggiungere che la vita di quel matto
di due secoli fa è uno straordinario romanzo, per l’ambiente favoloso e tragico in
cui si svolse e per l’interrogativo che ha lasciato sospeso, sulla sua stessa epoca e
sulle epoche successive. Mattio credeva di dover salvare il mondo e morì per
salvarlo: lo salvò? Chissà. […] L’altra storia che si racconta in questo libro,
parallela e simmetrica rispetto a quella di Mattio, è la storia del misterioso don
Marco: un uomo di cui ignoriamo la data di nascita e anche quella di morte (la
sua leggenda, addirittura, lo vorrebbe immortale!), ma di cui conosciamo molte
avventure passate, e su cui molto è stato scritto nel corso dei secoli. Questo
personaggio, noto anche con i nomi di Cartafilo, Assuero, Joseph, Peter e altri
che non sto a elencare, ha fatto parlare a lungo di sé, soprattutto nei paesi di
lingua tedesca, e poi è scomparso all’inizio del secolo scorso senza che nessuno
più abbia dato notizia di lui: le sue ultime vicende, infatti, avrebbero potuto
essere raccontate soltanto da chi avesse conosciuto e raccontato la storia di
Mattio Lovat, che lo liberò dalla condanna a vivere in eterno e gli permise di
morire. Don Marco – l’“Ebreo errante” di sette secoli di letteratura europea –
negli ultimi anni della sua vita e nelle pagine del mio libro si contrappone al
“folle” Mattio come il male si contrappone al bene, e però è anche colui che gli
insegna a guardare il cielo stellato: perché sa – meglio di qualunque altro uomo
al mondo! – che vivere entro orizzonti esclusivamente umani può venire a
nausea, e che il rimedio migliore contro quella nausea è lasciar vagabondare lo
sguardo e il pensiero tra i corpi celesti che stanno sospesi lassù sopra le nostre
teste, senza un motivo apparente e senz’altra funzione che quella, appunto, di
essere guardati e pensati… La curiosità per la vita al di fuori dell’uomo: nelle
erbe, negli insetti, nelle montagne, nei mondi lontani, è il legame che unisce tra
loro i protagonisti della mia storia ed è anche ciò che li unisce al loro autore, la
ragione che mi ha spinto a cercarli e a farli rivivere».
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Antonia è la protagonista della Chimera, edito da Einaudi editore nel 1990 e ora
da Rizzoli, ed è una “esposta”, una ragazza cresciuta fin dalla nascita, avvenuta
nell’inverno del 1590, in un orfanotrofio di Novara e qui adottata da una coppia
di contadini. Attraverso una serie di vicende tra luci e ombre, la giovane è
vittima di un destino che la porterà a essere ingiustamente condannata al rogo
come strega, nel 1610. Perché, come ha scritto l’autore,
«per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore:
andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla; magari laggiù, un po’ a sinistra e
un po’ oltre il secondo cavalcavia, sotto il «macigno bianco» che oggi non si
vede. Nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia. E così ho fatto».
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La Francia non voleva concedere l’indipendenza all’Algeria. Iniziò così un duro
scontro tra l’esercito francese e il fronte terrorista algerino finchè nel 1962 la
francia non fu costretta a concedere l’indipendenza. Ma il nuovo Stato era molto
debole e scoppiò una sanguinosa guerra civile per il controllo politico dell Paese
che terminò nel 1999.
Africa sub – sahariana
la maggior parte degli Stati ottenne l’indipendenza tra il ’57 e il ’65.
Un caso particolare è la Repubblica del Sudafrica, indipendente dal ’61, nella
quale fino al 1992 fu in vigore l’apartheid. L’African national Congress, guidato
da Nelson Mandela, riuscì ad ottenere l’abolizione dell’apartheid e il Sudafrica si
trasformò in una moderna democrazia.
L’indipendenza dell’India
L’India fu uno dei primi Paesi ad ottenere l’indipendenza. Guidata da Gandhi,
detto Mahatma (Grande anima) essa iniziò a contrastare il dominio britannico
col metodo della non violenza e della resistenza passiva. Secondo Gandhi il
popolo indiano aveva il diritto di non obbedire alle leghgi britanniche ritenute
ingiuste, ma non doveva opporsi all’arresto. Egli stesso fu arrestato parecchie
volte, ma questa forma di lotta continuò e, alla fine della seconda guerra
mondiale, l’Inghilterra concesse all’India l’indipendenza (15 agosto
1947).
Si formarono così due Stati: l’India, di religione induista, e il Pakistan,
suddiviso in Pakistan Occidentale e Pakistan Orientale, di religione musulmana
(v. cartina pag. 259).
Negli anni successivi si verificò una migrazione forzata dei cittadini indiani
di fede islamica verso il Pakistan e dei cittadini pakistani di fede indù verso
l’India. Questo creò malcontento e agitazioni e Gandhi fu assassinato da un
fanatico indù che lo accusava di essere troppo comprensivo con gli islamici.
Successore di Gandhi fu Nerhu, che creò in India una Repubblica
parlamentale di tipo occidentale. Egli attuò una riforma agraria, abolì le caste,
favorì lo sviluppo industriale, ma né lui né i suoi successori riuscirono a
risolvere il problema della grande povertà, dovura anche alla forte crescita
demografica del Paese.
La decolonizzazione
La decolonizzazione è un processo in cui le colonie ottennero
l’indipendenza dagli Stati Europei.
Dopo la seconda guerra mondiale i territori in Africa e Asia raggiunsero
l’indipendenza in due modi: 1. in modo pacifico per concessione di questo
diritto da parte dello Stato dominante (es. Birmania);
2.con la guerriglia armata contro lo Stato dominante (es. Mozambico)
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Le cause della decolonizzazione sono varie:
1. molti rappresentanti dei popoli colonizzati avevano avuto modo
di studiare in Europa e avevano capito di avere dei diritti
2. migliaia di persone avevano combattuto nella guerra a fianco dei
colonizzatori ed ora non accettavano più di essere sfruttati
3. gli Stati europei erano usciti indeboliti dalla guerra
4. USA e URSS aiutavano questo processo, sperando che i nuovi Stati
potessero entrare nella loro zona di influenza.
Una volta ottenuta l’indipendenza, il cammino di questi nuovi Stati si rivelò
subito difficile. Sfruttati da secoli, essi erano divisi da contrasti etnici e
religiosi, non avevano politici esperti che sapessero affrontare i problemi,
avevano un’economia arretrata e nessuna conoscenza in campo
tecnologico scientifico. In questo modo queste popolazioni si ritrovarono
governate da dittature e continuarono a dipendere dalle grandi potenze
occidentali.
Si creò il neocolonialismo. In effetti, gli USA per primi iniziarono a stabilire
in questi territori nuove forme di sfruttamento economico attraverso
le multinazionali, aziende con sede in America che sfruttavano risorse e
manodopera locale e investivano però tutti i guadagni negli USA. Questa forma
di predominio è la causa della povertà che ancora oggi affligge questi Paesi.
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La pesca è un altro settore importante. Le acque più pescose sono quelle
dell’Oceano Atlantico e del Mare del Nord; nel Mediterraneo, a causa
dello sfruttamento troppo intenso e dell’inquinamento, il numero di pesci si
riduce sempre più.
In aumento sono gli allevamenti di molluschi e crostacei, la
cosiddetta itticoltura.
L’Europa possiede scarse risorse minerarie; i giacimenti più importanti
forniscono ferro, rame, bauxite.
Per quanto riguarda le risorse energetiche, in Germania troviamo
il carbone, nel Mare del Nord il petrolio, in Russia il gas. Tuttavia questi
giacimenti non sono sufficienti per coprire il fabbisogno della popolazione,
perciò è necessario importare soprattutto gas e petrolio. Negli ultimi tempi
l’Europa sta cercando di sostituire a questi combustibili fossili, destinati
prima o poi ad esaurirsi, fonti di energia alternative e meno inquinanti
come il vento (energia eolica), il sole (energia solare), maree
(energia mareomotrice), calore del sottosuolo (energia geotermica).
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Per reggere la concorrenza servono disponibilità di materie prime a basso
prezzo, personale specializzato e reparti di ricerca e formazione per
migliorare sempre più la qualità.
In Italia esistono grandi imprese nazionali o multinazionali, ma anche
tante piccole imprese locali.
L’industria è presente soprattutto al centro – nord, mentre
a sud prevale l’artigianato.
L’artigianato “made in Italy” offre alta qualità nei settori della moda, del
design, dei gioielli, dei mobili, della pelle e dei tessuti.
La rivoluzione scientifica
Il metodo sperimentale
Nel ‘600 l’uomo cambia il suo atteggiamento nei confronti della natura e della
scienza e avvengono nuove scoperte scientifiche.
Alcuni studiosi, anziché imparare solo dai libri antichi e sacri, cominciano ad
osservare la natura e il mondo che li circonda.
Vogliono capire come funziona l’universo attraverso l’esperienza personale.
Iniziano anche a fare degli esperimenti, per capire le leggi della natura. Questo
modo di studiare e scoprire attraverso gli esperimenti si chiama metodo
scientifico ed è usato da Galileo Galilei, un grande scienziato di quel tempo.
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Egli aveva capito che tutto si può spiegare con operazioni matematiche e che
la matematica era quindi importantissima per studiare il mondo. Un altro
studioso, Blaise Pascal, inventò la calcolatrice, Isaac Newton scoprì la forza di
gravità della Terra.
La rivoluzione scientifica
Il metodo sperimentale si diffonde velocemente perchè:
gli studiosi di tutta Europa si scambiano pareri e conoscenze anche grazie
alla stampa
uno scienziato non si interessa più di tutta la natura, ma si occupa solo
di un aspetto (matematica, chimica, biologia)
vengono inventati strumenti migliori dalla tecnologia (telescopio,
microscopio)
gli strumenti si diffondono in Europa
si sviluppano le Università, dove gli scienziati possono incontrarsi e
collaborare
La rivoluzione copernicana
Fin dall’antichità l’uomo credeva in due leggi:
la Terra è ferma al centro dell’Universo e il Sole e gli altri pianeti girano
intorno ad essa
sulla Terra scorre il tempo e tutto nasce cresce e muore, mentre
nell’Universo tutto è eterno, cioè non nasce e non muore.
Queste leggi appartenevano alla teoria geocentrica, cioè all’idea che la Terra
fosse al centro dell’Universo, come aveva detto lo studioso Tolomeo.
Lo scienziato Niccolò Copernico però, studiando le stelle e i pianeti, capì che
la Terra gira con gli altri pianeti attorno al sole. Nacque così la
teoria eliocentrica ( il sole è al centro)
Galileo Galilei
Galileo Galilei è uno studioso italiano nato a Pisa. Quando scopre che un
olandese ha inventato il cannocchiale, uno strumento che permette di vedere
molto lontano, egli decide di costruire uno strumento ancora più potente e
inventa il telescopio, col quale si possono osservare le stelle e i pianeti.
Osservando il cielo, vede com’è la superficie della Luna, osserva la Via
Lattea e scopre che è una scia formata da tantissime stelle, studia il Sole e
i pianeti.
In questo modo capisce che la teoria eliocentrica di Copernico è corretta: il
Sole è al centro del sistema e tutti i pianeti girano attorno al Sole. Ma la Chiesa,
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che è contraria all’idea eliocentrica, lo obbliga a lasciare il suo lavoro. Egli allora
si rifugia a Firenze da Cosimo II de’ Medici. Quando però scrive il libro
“Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: tolemaico e
copernicano”, la Chiesa lo accusa di essere eretico e non seguire la religione.
A Roma Galileo viene giudicato dal Tribunale dell’Inquisizione ed è
costretto ad affermare che i suoi studi erano sbagliati per essere liberato.
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Il Regno d’Italia proclamato nel 1861 presentava gravi problemi:
1. profonde differenze tra le varie regioni, abituate ad usare lingua, monete,
amministrazioni diverse
2. profonde differenze economiche
3. difficoltà di collegamento per mancanza di strade
L’industria, quasi assente nel Paese, stentava a crescere per mancanza di
materie prime e capitali da investire.
L’agricoltura era ovunque predominante, ma era moderna a nord e ancora
arretrata a sud.
Nel meridione infatti i proprietari terrieri mantenevano un regime
feudale. La struttura agricola dominante era il latifondo e i contadini, non
possedendo terreni propri, erano costretti a lavorare in condizioni misere i
campi dei padroni.
Nel sud le condizioni di estrema povertà e l’aumento delle tasse portarono a
rivolte contro lo Stato e alla nascita del brigantaggio, una vera e propria
guerriglia portata avanti da contadini e ragazzi renitenti alla leva. Per risolvere il
problema del brigantaggio fu costretto ad intervenire l’esercito.
Davanti ai numerosi e gravi problemi italiani il Parlamento di Roma non sapeva
trovare soluzioni efficaci, soprattutto perché era composto dai nobili e dall’alta
borghesia, che non capivano i problemi del popolo.
Uno degli obiettivi principali dei primi governi fu il tentativo di creare un
popolo italiano. Infatti c’erano profonde differenze tra la popolazione delle
diverse zone d’Italia ed era necessario per far progredire il Paese che tutti si
sentissero veramente italiani e che tutti parlassero una lingua comune:
l’italiano.
Il compito di creare un popolo unito fu affidato soprattutto alla scuola. La
maggior parte della popolazione, infatti, era analfabeta e l’italiano era
conosciuto solo dalla classe colta, pertanto fu necessario aprire scuole per il
popolo a cui tutti potessero accedere per imparare la lingua, conoscere la storia
e le tradizioni comuni, acquisire le abilità di lettura, scrittura e calcolo. Anche i
maestri non esistevano, perciò inizialmente le classi erano affidate a persone che
sapevano almeno leggere e scrivere e non avevano altra preparazione.
Nello stesso periodo vennero create le province e i comuni per migliorare
l’amministrazione, vennero pagati i debiti dello Stato aumentando le tasse alla
popolazione, venne dato l’avvio all’industria, si iniziarono le opere di
costruzione della rete stradale e ferroviaria.
Nel 1882, il nuovo re, Umberto I, decise di aderire alla Triplice
Alleanza con Germania e Austria per uscire dall’isolamento e avere alleati
in Europa. Questo fatto non fu accettato dai patrioti, perché sostenevano che,
poiché l’Austria manteneva ancora i territori del Trentino Alto Adige e di
Trieste, era da considerare un nemico.
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Lo stalinismo
A differenza delle altre dittature europee, lo stalinismo non si appoggia ad un
partito di destra, bensì ad un partito di sinistra: il Partito comunista russo.
Quando Lenin morì, iniziò una lotta per la successione tra Trotzkij e Stalin.
Con grande abilità però Stalin riuscì a far esiliare Trotzkij, che si rifugiò in
Messico, e lo fece assassinare. In seguito Stalin si liberò di tutti gli altri avversari
e instaurò in Russia una spietata dittatura.
La politica economica
Stalin voleva trasformare la Russia in una grande potenza industriale,
perciò fece in modo che lo Stato controllasse rigidamente tutti i settori
economici e che l’industria fosse privilegiata rispetto all’agricoltura.
A partire dal 1928 egli varò dei piani quinquennali con obiettivi
economici che dovevano essere raggiunti in 5 anni.
Collettivizzò tutte le terre e creò i kolchoz, fattorie statali in cui tutto, dai
campi alle macchine agricole, era di proprietà dello Stato. Anche i
prodotti dovevano essere consegnati nella quantità e al prezzo stabilito
dallo Stato. Accanto ai kolchoz furono creati anche i sovkhoz, aziende
statali in cui i contadini lavoravano come gli operai percependo un
salario.
I kulaki che si ribellarono alla collettivizzazione furono arrestati, fucilati
o deportati nei gulag, campi di lavoro forzato.
Furono privilegiate le industrie pesanti ( siderurgica, metallurgica,
meccanica) a scapito di quelle leggere (alimenti, abiti, utensili)
gli operai dovevano seguire ritmi massacranti ed erano sottoposti ad una
disciplina di ferro, ma Stalin premiava i migliori con un salario maggiore
e li lodava come eroi del lavoro.
La collettivizzazione delle terre non diede i risultati sperati e all’inizio si ebbe,
anzi, una spaventosa carestia.
In dieci anni l’URSS divenne una grande potenza industriale, anche se,
privilegiando l’industria pesante, per i cittadini scarseggiavano i beni di prima
necessità.
Risultati importanti furono conseguiti in campo sociale: assistenza sanitaria,
istruzione, borse di studio per gli studenti meritevoli.
Lo sviluppo dell’URSS però avveniva in un regime di terrore poliziesco.
La dittatura di Stalin
il regime di Stalin era totalitario, basato cioè su:
controllo del Partito
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eliminazione degli oppositori
propaganda
rigida censura di stampa, cinema, arte, letteratura
Chi non condivideva le idee di Stalin era considerato nemico del popolo e
mandato nei gulag.
Nel 1934 iniziarono le epurazioni, o grandi purghe, che colpirono anche
collaboratori, amministratori, ufficiali dell’esercito, intellettuali, scienziati. Essi,
nel numero di 7-8 milioni, furono fucilati o deportati nei gulag.
Stalin con la propaganda impose il culto della sua persona e si faceva
chiamare padre e guida infallibile. Anche all’estero, chi vedeva i grandi
progressi della Russia, senza conoscerne i tremendi retroscena, guardava a
Stalin con ammirazione.
In politica estera, per arginare fascismo e nazismo, movimenti di estrema destra
anticomunisti, Stalin si riavvicinò alle democrazie occidentali e, nel 1934, entrò
nella Società delle Nazioni.
Risorgimento
Il Risorgimento è il periodo in cui in Italia si combatte per la creazione di uno
Stato indipendente del dominio straniero.
Nel 1848 Venezia e Milano si ribellano agli austriaci. A Venezia si forma
una repubblica. Milano, dopo aver resistito 5 giornate, chiede aiuto al Piemonte.
I guerra d’indipendenza (1848 – 1849)
Il re del Piemonte, Carlo Alberto, nel 1848 accetta l’invito dei milanesi e
dichiara guerra all’Austria, sperando di ampliare i territori nel nord Italia. Si
uniscono a lui gli eserciti di papa Pio IX, del duca di Toscana e del sovrano del
Regno delle Due Sicilie. Dopo i primi scontri gli alleati si ritirano.
Carlo Alberto, rimasto solo contro l’Austria, viene sconfitto a Custoza e chiede
un armistizio. Nel 1849 riprende la guerra, ma ancora una volta l’esercito
del re Carlo Alberto viene battuto a Novara e il re deve abdicare in favore del
figlio Vittorio Emanuele II. Finisce così la I guerra d’indipendenza.
II guerra d’indipendenza (1859)
Cavour, primo ministro del Piemonte, partecipa alla guerra in Crimea per
cercare un alleato tra le potenze europee che possa aiutarlo contro l’Austria.
Napoleone III, imperatore di Francia, accetta di aiutarlo, a patto che l’Austria
attacchi per prima.
Cavour allora per provocare il nemico dispone l’esercito sul confine.
L’Austria chiede al Piemonte di ritirare le truppe e, ricevendo un rifiuto,
dichiara guerra.
Come previsto Napoleone III scende in aiuto del Piemonte e l’esercito austriaco
è sconfitto a S.Martino e Solferino.
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Proprio mentre il Piemonte sta vincendo, Napoleone III si ritira e chiede
l’armistizio a Villafranca: egli teme che il Piemonte si espanda anche
nell’Italia centrale; inoltre i francesi protestano e non approvano la guerra.
L’armistizio di Villafranca stabilisce che: 1) il Piemonte ottiene
la Lombardia; 2) la Francia ottenga Nizza e la Savoia.
Finisce la II guerra d’Indipendenza.
Nel 1860 in Toscana ed Emilia sono indetti dei plebisciti e il popolo chiede
l’annessione al Piemonte.
L’impresa dei Mille
Nel 1860, Garibaldi decide di liberare il sud con l’aiuto di un migliaio di
volontari.
Garibaldi salpò da un porto presso Genova e sbarca a Marsala, in Sicilia. In
breve occupa Palermo poi passa lo stretto di Messina e si dirige verso Napoli,
costringendo il re a scappare
Intanto in Sicilia le masse dei contadini insorgono chiedendo la
distribuzione delle terre di proprietà dei nobili. Le rivolte però sono represse nel
sangue.
Le notizie dei successi di Garibaldi giungono in Piemonte: Cavour per evitare
che le “giubbe rosse” di Garibaldi si avvicinino a Roma chiede al re Vittorio
Emanuele II di intervenire.
Vittorio Emanuele II scende con l’esercito verso sud occupando al
passaggio Marche ed Umbria.
A Teano il re incontra Garibaldi, il quale gli affida tutte le terre conquistate.
Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia, il primo re è Vittorio
Emanuele II.
La terza guerra d’indipendenza ( 1866)
Nel 1866 la Prussia chiede aiuto all’Italia nella guerra contro l’Austria. L’Italia
accetta e l’Austria viene battuta. L’Italia a seguito della vittoria ottiene
il Veneto.
La questione romana (1870)
L’Italia vuole avere come capitale Roma, ma il papa non è disposto a cedere i
suoi territori e ha un forte alleato: la Francia. Nel 1870 però la Francia viene
sconfitta duramente dalla Prussia e non è più in grado di proteggere il
papa.
Nel 1870 i bersaglieri italiani si aprono una breccia a Porta Pia e entrano nella
città. Ora Roma può diventare la capitale del regno.
Il parlamento italiano vota la legge delle Guarentigie ( garanzie ) con la
quale:
1. al papa viene lasciato il possesso della Città del Vaticano.
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2. lo Stato italiano versa annualmente alla Chiesa una notevole somma di
denaro per il mantenimento della corte papale.
Papa Pio IX però rifiuta, scomunica re, ministri e parlamentari e vieta ai
cattolici italiani di partecipare alla vita politica.
Per completare l’Italia che conosciamo adesso mancano Trentino – Alto Adige e
Trieste.
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Questo accordo fu possibile perchè l’Austria aveva attaccato per prima la Serbia,
perciò l’Italia non era obbligata a mantenere gli accordi della Triplice Alleanza.
I combattimenti
Inizialmente la guerra fu una “guerra lampo”: in breve la Germania invase il
Belgio e la Francia giungendo al fiume Marna.
Qui però l’esercito francese riuscì a fermare i tedeschi e dalla guerra lampo si
passò alla guerra di posizione o logoramento: venne combattuta
in trincee scavate nella terra. I soldati passavano in trincea lunghissimi mesi,
esposti alle intemperie, con poco cibo, in condizioni igieniche pessime, sempre
col terrore di essere attaccati.
Anche per mare la situazione era bloccata e i sottomarini tedeschi non
riuscivano a schiacciare la flotta britannica.
Il fronte italiano interessò l’arco alpino centro – orientale e il Carso. Gli
eserciti italiano e austriaco inizialmente si equivalevano, perché gli austriaci
erano in posizioni di vantaggio e meglio armati, ma gli italiani erano più
numerosi.
L’esercito italiano era guidato da Luigi Cadorna, un generale di idee vecchie,
incapace di ideare strategie efficaci per questa nuova guerra e spietato con gli
uomini. A causa delle sue scelte, morirono inutilmente moltissimi soldati.
Il 1917
Il 1917 fu un anno decisivo:
– la Russia si ritirò dalla guerra per far fronte alla Rivoluzione interna (pace
di Brest-Litovsk 1918)
– gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dell’Intesa per due motivi:
difendere gli interessi delle banche
far prevalere idee democratiche contro l’assolutismo degli Imperi
Centrali (presidente Wilson).
Essi portarono forze fresche e rifornimenti ai loro alleati.
– l’Italia fu sconfitta duramente a Caporetto e Cadorna venne sostituito
da Diaz, un generale molto più capace.
Economia di guerra e fronte interno
Per far sì che le operazioni di guerra fossero efficienti, in questi anni si assistette
ad un forte sviluppo tecnologico e nelle comunicazioni.
Tutte le fabbriche furono convertite per produrre forniture per l’esercito e
gli imprenditori si arricchirono enormemente. Gli operai erano obbligati a
turni massacranti e venne tolto loro il diritto di sciopero. Le loro condizioni
lavorative erano pessime, anche se i contadini al fronte li chiamavano
“imboscati”, perché, essendo necessari alla produzione, erano esonerati dal
fronte.
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L’agricoltura ebbe un forte calo, per la mancanza di contadini e la
devastazione portata dai combattimenti
Mancavano i generi di prima necessità e fu introdotto il razionamento delle
derrate alimentari. Chi poteva si rivolgeva al mercato nero illegale.
Le proteste degli operai venivano bloccate e la censura colpiva chi si
esprimeva contro la guerra. Anche le lettere dei soldati ai famigliari venivano
controllate.
La fine della guerra : 1918
Dopo un’ultima offensiva sulla Marna, la Germania, sfinita, si arrese e fu
proclamata la Repubblica (1918).
L’Italia contrattaccò l’Austria a Vittorio Veneto, costringendola a ritirasi, e il 4
novembre 1918 fu firmato l’armistizio.
La pace fu firmata a Parigi nel 1919:
l’Italia ottenne Trentino A. Adige, Friuli V.Giulia e parte dell’Istria, ma non la
città di Fiume e la Dalmazia
l’Impero austriaco venne diviso e nacquero i nuovi Stati di Austria, Ungheria,
Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia.
Francia e Gran Bretagna vollero colpire duramente la Germania che dovette
cedere Alsazia e Lorena alla Francia e alcuni altri territori ai Paesi confinanti;
dovette inoltre pagare una enorme somma di denaro per risarcire i danni di
guerra, ridurre l’esercito e cedere totalmente la flotta marina e aerea sia civile
che militare. Questa punizione, troppo dura e umiliante, sarà una delle cause
della II Guerra Mondiale.
Wilson propose un programma di 14 punti da rispettare per mantenere la
pace, ma le Nazioni vincitrici non lo accolsero con favore.
Sempre da un’idea di Wilson nacque la Società delle Nazioni, organismo
internazionale per la pace che si rivelò subito troppo debole.
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e aiutavano invalidi e anziani. Inoltre fu istituita l’Opera Nazionale
Dopolavoro, che organizzava divertimenti e gite economiche per i lavoratori
nell’intento di aumentare il controllo sulla popolazione.
Ritenendo che l’aumento di popolazione avrebbe reso forte l’Italia, il fascismo
promosse una campagna demografica per favorire le nascite. Lo Stato
aiutava le famiglie numerose, garantiva un lavoro ai padri di famiglia, Mussolini
nei suoi discorsi si vantava degli 8 milioni di baionette, dimenticando che in
guerra ormai le baionette non si usavano più.
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