Aesthetica Preprint, n. 120, gennaio-aprile 2022 ISSN 0393-8522 DOI: 10.7413/0393-8522107
Kant e la fenomenologia
dell’immaginazione
Martino Feyles*
ABSTRACT
In this article, I would like to show that a phenomenological interpretation can shed
new light on some of the obscurities present in the Kantian theory of imagination.
The interpretation that I will propose does not refer primarily to Heidegger – the
author of one of the most discussed readings of the Critique of Pure Reason – but
rather to Husserl’s The Phenomenology of Internal Time-Consciousness. I would like
to show that, using the Husserlian theory of intuitive acts, it is possible to rethink
the distinction between productive and reproductive imagination, accounting for
some of the contradictions in the Kantian texts.
KEYWORDS
Kant, Imagination, Phenomenology, Critique of Pure Reason, Memory.
In questo articolo vorrei mostrare che un’interpretazione fenomenologica può gettare una luce nuova su alcune oscurità presenti
nella teoria kantiana dell’immaginazione. L’interpretazione che proporrò non fa riferimento principalmente ad Heidegger – autore di
una delle letture più discusse della Critica della ragion pura (KrV)1
– quanto piuttosto allo Husserl delle lezioni sulla coscienza interna
del tempo. Vorrei mostrare che, utilizzando la teoria husserliana
degli atti intuitivi, è possibile ripensare la distinzione tra immaginazione produttiva e immaginazione riproduttiva, rendendo ragione
di alcune contraddizioni presenti nei testi kantiani.
Università Telematica E-Campus, martinofeyles@hotmail.com
Makkreel (1990, p. 20) evidenzia bene i limiti dell’interpretazione heideggeriana:
in primo luogo Heidegger “assumes that all three synhypothesis are functions of the
imagination, whereas Kant speaks of imagination primarily when referring to the second
synhypothesis of reproduction”; in secondo luogo “Heidegger has correlated this synhypothesis of recognition with anticipatory image formation but the idea of recognition
in a concept is hardly directed to the future […] recognition […] is not comparable to
Vorbildung […]” (1990, p. 24); in terzo luogo Heidegger attribuisce una priorità all’anticipazione del futuro, mentre Kant sostiene che la Abbildung abbia un primato rispetto
alla Vorbildung (1990, p. 25).
*
1
1. Il problema dell’immaginazione riproduttiva pura
Nel § 24 della KrV Kant distingue chiaramente l’immaginazione
riproduttiva e l’immaginazione produttiva, spiegando che la prima
è “sottomessa unicamente a leggi empiriche” (Kant 1999, p. 186)
e di conseguenza è di pertinenza esclusiva della psicologia;2 la seconda, invece, è responsabile della sintesi figurata e ha un valore
trascendentale. Questo passaggio, indubbiamente molto esplicito, ha
indotto la maggior parte degli interpreti della KrV a pensare che la
distinzione tra immaginazione produttiva e riproduttiva coincida semplicemente con la distinzione tra l’uso trascendentale e l’uso empirico
di questa stessa facoltà.3 In questo articolo cercherò di mostrare che,
in realtà, questa coincidenza non si dà affatto, se si considera la teoria kantiana dell’immaginazione nel suo complesso e se si intrepreta
questa teoria da un punto di vista fenomenologico.
Sembra chiaro che con l’espressione “immaginazione riproduttiva” Kant vuole indicare quella facoltà del soggetto che nel linguaggio ordinario si chiama “memoria”. Che la memoria obbedisca alle
leggi empiriche dell’associazione è fuori di dubbio. Il meccanismo
dell’associazione mnestica è pressappoco il seguente: “questo X presente mi ‘ricorda’ Y, che è assente”. Ma X può ricordare Y, solo
perché in precedenza ho avuto l’esperienza dell’associazione X-Y.4
Dunque le associazioni mnestiche hanno sempre un fondamento
empirico. Ma perché Kant nella KrV non usa semplicemente il termine “memoria”(Gedächtnis), al posto dell’espressione “immaginazione riproduttiva”?5
2
Anche nella KdU (1999, p. 76) Kant ripete che l’immaginazione riproduttiva “è
sottoposta alle leggi dell’associazione”.
3
Poiché la letteratura scientifica su questo tema è sterminata, mi limito a citare alcuni
esempi. La tesi che intendo criticare è sostenuta da P. Colonello (1979, p. 4): “Kant distingue fra immaginazione produttiva e riproduttiva, ovvero tra immaginazione empirica e
trascendentale”; sulla medesima linea interpretativa anche Ravera e Garelli (1997, pp. 137
e 149), Ciafardone (1996, p. 122) e Marcucci, che distingue tre usi dell’immaginazione e
non due, ma che comunque ritiene l’immaginazione riproduttiva solamente empirica (1997,
pp. 97-8; 1990, pp. 12-3). De Vleeschauwer (1976; pp. 91-94) equipara senza riserve la
distinzione tra immaginazione empirica e trascendentale alla distinzione tra immaginazione
riproduttiva e produttiva e dimostra che Kant riceve questa distinzione da Teetens. Anche
Young considera sinonimiche le espressioni “immaginazione produttiva” e “immaginazione
a priori” (1988, p. 156); secondo Horstmann (2018, p. 4) Kant “rightly considers the reproductive exercise of the power of imagination to be the object of empirical psychology”.
4
Hortsmann (2018, p. 4) lo spiega molto chiaramente: “When I hear a barking sound
outside my study, I associate this sound on empirical grounds with the representation of
a dog. According to Kant […] I am able to bring together the acoustic representation of
barking with the pictorial representation of a dog because I possess a faculty of imagination, which in this case works reproductively, in accordance with an empirical regularity
or law of association”.
5
Scaravelli (1973, p. 457) vede con chiarezza il problema: nel paragrafo dedicato alla
sintesi della riproduzione “Kant ha in mente la memoria ma non vuole pronunziare la
66
Una spiegazione viene offerta nell’incipit del paragrafo dedicato alla memoria dell’Antropologia dal punto di vista pragmatico
[Anthr]: “La memoria si differenzia dall’immaginazione meramente riproduttiva per il fatto che, avendo la memoria la capacità
di riprodurre volontariamente la rappresentazione precedente,
l’animo non si riduce al semplice gioco di quella” (Kant 2010,
p. 178). Con il termine “memoria” ci si riferisce di solito a una
attività che è, almeno in parte, volontaria: possiamo “decidere”
di ricordare. Al contrario il meccanismo dell’associazione è semplicemente passivo. Dunque la distinzione tra memoria e immaginazione riproduttiva corrisponde per Kant alla distinzione tra
la dimensione attiva e la dimensione passiva del ricordo. Quando
un caso X ritorna alla mente involontariamente, semplicemente
in virtù un legame associativo, si tratta di immaginazione riproduttiva. Se, invece, il soggetto cerca attivamente di riportare alla
mente qualcosa, ripercorrendo a ritroso questa o quella catena di
associazioni, allora si parla di memoria.
Rimane inteso, nell’Anthr, che la memoria è una modalità particolare dell’immaginazione. Il sotto-paragrafo sulla memoria, proprio
come quello sul processo psichico inverso, la previsione, si trova
all’interno del § 34 intitolato “Della facoltà di rendere presenti il
passato e l’avvenire tramite l’immaginazione” [Von dem Vermögen
der Vergegenwärtigung des Vergangenen und Künftigen durch die
Einbildungskraft (AA, VII, p. 182)]. Il termine che Kant usa in
questo paragrafo dell’Anthr, vergegenwärtigen – che si può tradurre con “rendere presente” o con “presentificare” – è un termine
chiave nella fenomenologia husserliana degli atti intuitivi. Husserl
distingue tre modalità fondamentali della presentificazione (Husserl
1993, p. 113): la rimemorazione, cioè il ricordo intuitivo; l’aspettazione, cioè l’anticipazione intuitiva del futuro (Husserl 2001, p.
86); la co-presentificazione, cioè la visualizzazione nella fantasia di
un oggetto reale, ma non dato nella percezione (Husserl 1993, p.
111). Kant nell’Anthr non considera quest’ultimo caso; ma al di là
di questa omissione, la coincidenza tra la fenomenologia husserliana
degli atti intuitivi e l’antropologia kantiana è notevole. In entrambi i
casi il ricordo intuitivo è pensato come una presentificazione di una
percezione passata e l’immaginazione è concepita come la forma più
parola” perché la memoria essendo una funzione psicologica – e, aggiungo io, essendo
strutturalmente fallibile – non è in grado di “garantire” la certezza della compresenza
dell’appena passato. In realtà questo è vero se ci si riferisce alla rimemorazione, ma non
se ci si riferisce alla ritenzione. Se è vero, che Kant ha cura di “mostrare come la ‘riproduzione’ sia funzione non empirica ma trascendentale” (ibidem), questa memoria che ha
un valore trascendentale è la ritenzione descritta da Husserl, non la presentificazione del
passato, che è un fenomeno psicologico empirico.
67
generale del presentificare (Husserl 1980, p. 81; Feyles 2012, p. 58).
La scelta terminologica della KrV, dunque, non è affatto arbitraria:
in termini fenomenologici il ricordo è quella forma di immaginazione che riproduce il passato, è cioè “immaginazione riproduttiva”.
Se questa interpretazione è corretta, si capisce perché Kant ribadisce più volte che l’immaginazione riproduttiva non ha un uso
trascendentale (Kant 1999, p. 170) e “può rappresentare soltanto
congiunzioni contingenti, non già oggettive” (Kant 1999, p. 756). La
presentificazione del passato ha un ruolo fondamentale nella vita del
soggetto empirico (perché è a fondamento della sua identità personale), ma non sembra necessaria dal punto di vista trascendentale.
Tuttavia nella prima edizione della KrV Kant sembra ammettere la possibilità di un uso trascendentale dell’immaginazione riproduttiva. Come è noto, nella deduzione dell’81 Kant distingue
tre sintesi – apprensione, riproduzione, ricognizione – che associa
a tre facoltà differenti: sensibilità, immaginazione, intelletto (Kant
1999, p. 156).6 Quello che è importante notare qui, è il seguente
rilievo: “oltre all’uso empirico, tutte queste facoltà hanno anche
un uso trascendentale, che si riferisce unicamente alla forma, ed
è possibile a priori” (Kant 1999, p. 151). Nella deduzione dell’81
l’immaginazione è legata alla riproduzione e dunque, prendendo
alla lettera l’osservazione che ho appena citato, bisogna necessariamente concludere che anche l’immaginazione riproduttiva ha un
uso trascendentale.
In effetti, nel paragrafo intitolato “Sulla sintesi della riproduzione nell’immaginazione”, Kant descrive un’operazione cognitiva che
ha senza dubbio un valore trascendentale. Questa sintesi trascendentale della riproduzione viene chiaramente distinta dalla semplice
riproduzione empirica che si basa sulle leggi dell’associazione, cioè
dalla presentificazione del passato.
Ora se noi possiamo provare, che anche le nostre più pure intuizioni a priori
non ci forniscono alcuna conoscenza, se non in quanto contengano una congiunzione
del molteplice, la quale sia cosiffatta da rendere possibile una sintesi completa della
riproduzione [Synthesis der Reproduktion], in tal caso questa sintesi della capacità di
immaginazione sarà del pari fondata, anteriormente ad ogni esperienza, su principi a
priori e si dovrà assumere una sintesi trascendentale pura della capacità di immaginazione […] (Kant 1999, p. 164)
Le nostre intuizioni a priori, per esempio le rappresentazioni
spaziali che utilizziamo (mentalmente o per iscritto) per dimostra6
Un’analisi puntuale della prima versione della deduzione, con specifico riferimento
al problema delle tre sintesi si trova in Gambazzi, il quale però giunge alla conclusione – a
mio avviso a torto – che in Kant vi sia una “svalutazione conoscitiva del terreno estetico”
(1981, p. 67).
68
re un teorema geometrico, presuppongono sempre una certa temporalità. Per tracciare una linea bisogna aggiungere i punti “uno
dopo l’altro”. Di conseguenza anche quando lavoriamo nel campo
delle intuizioni a priori, dobbiamo sempre presupporre una certa
“memoria”, che però è del tutto diversa dal ricordo inteso come
presentificazione di un’immagine empirica:
è evidente che anzitutto io devo necessariamente afferrare nel pensiero queste
molteplici rappresentazioni una dopo l’altra. Se invece il mio pensiero perdesse sempre le rappresentazioni precedenti (le prime parti della linea, le parti precedenti del
tempo, oppure le unità rappresentate successivamente), e se io non le riproducessi
mentre procedo verso le rappresentazioni seguenti, in tal caso non potrebbe mai
sorgere una rappresentazione completa, né alcuno dei pensieri sopra menzionati,
anzi neppure potrebbero costituirsi le prime e massimamente pure rappresentazioni
fondamentali dello spazio e del tempo (Kant 1999, p. 165).
Dunque un certo potere di riproduzione è necessario anche per
il costituirsi dei concetti più elementari della geometria, della matematica e della fisica. Non potremmo mai costruire una figura
complessa – per esempio un ottaedro – se non potessimo abbracciarne insieme tutte le facce: ma le facce ci sono date una per volta,
“una dopo l’altra”. Perché si possa costituire una figura complessa
è necessaria, dunque, una sintesi temporale: è necessario che la
faccia dell’ottaedro data nel presente-ora sia “ritenuta” insieme alla
faccia dell’ottaedro che era presente nella nostra mente un attimo
fa. In linea di principio questo vale anche per il caso della semplice
linea (questo è l’esempio di Kant) che è composta di punti che si
“susseguono”.
Evidentemente il caso che viene descritto qui è diverso dal caso
dell’immaginazione riproduttiva empirica. Kant all’inizio del medesimo paragrafo ribadisce che l’immaginazione, che riproduce
esperienze passate sulla base dell’associazione, obbedisce a “una
legge semplicemente empirica”. L’esempio che viene proposto è
chiaro: il rosso può essere associato al cinabro, ma questa associazione non ha nulla di necessario. Una persona che non avesse
mai visto un minerale di tal genere – io per esempio non l’ho mai
visto – potrebbe, invece, associare il rosso al sangue. Dunque il
rosso ricorda il cinabro solo a condizione che in precedenza sia
verificata una certa esperienza determinata. Kant però aggiunge che
questa associazione che è da attribuire alla “mia capacità empirica
di immaginazione” deve avere al suo fondamento una regola che
ha un valore a priori. Questa regola a priori è la regola della pura
riproducibilità dell’esperienza: “l’esperienza in quanto tale presuppone infatti necessariamente la riproducibilità delle apparenze” [als
welche die Reproduzibilität der Erscheinungen notwendig voraussetzt]
69
(Kant 1999, p. 164 / AA, IV, p. 78). Un soggetto che non potesse
riprodurre le percezioni passate non potrebbe associare il rosso al
cinabro, ma non potrebbe nemmeno immaginare un ottaedro. Ora,
questo potere di riproduzione, che è necessario presupporre come
una condizione trascendentale, che nome ha?
Dal momento che in questo paragrafo si parla della “sintesi della riproduzione nell’immaginazione” saremmo tentati di dire che
questa facoltà è l’immaginazione riproduttiva trascendentale.7 Invece, inspiegabilmente, Kant per due volte nel seguito della prima
deduzione ripete che “soltanto la sintesi produttiva della capacità
di immaginazione può aver luogo a priori”, dal momento che “la
sintesi riproduttiva si fonda su condizioni dell’esperienza” (Kant
1999, p. 192). E ancora: “la facoltà riproduttiva della capacità di
immaginazione” è una “facoltà che d’altronde è soltanto empirica”
(Kant 1999, p. 198). Queste affermazioni sono in palese contraddizione con quello che Kant afferma nel § 2 della deduzione dell’81,
dove spiega che la sintesi dell’apprensione, che è trascendentale,
presuppone una sintesi della riproduzione e di conseguenza “la sintesi riproduttiva della capacità di immaginazione apparterrà agli atti
trascendentali dell’animo” [so gehört die reproduktive Synthesis der
Einbildungskraft zu den transzendentalen Handlungen des Gemüts]
(Kant 1999, p. 166 / AA, IV, p. 79).8
Questa contraddizione si può risolvere ammettendo che Kant
abbia tentato di descrivere due forme di memoria differenti, senza
aver fino in fondo colto la differenza tra le due. Nelle sue lezioni
sulla coscienza interna del tempo, Husserl stabilisce una distinzione
di principio tra ritenzione e rimemorazione (Husserl 2001, p. 78). La
ritenzione è la memoria che interviene all’interno della percezione,
7
Le forzature presenti nell’interpretazione heideggeriana di Kant sono state più volte
evidenziate e sono ben sintetizzate da M. Thompson (2013, p. 5): “Heidegger reads too
much of his own philosophy into that of Kant”. Va detto però che Heidegger (2004, p.
157) vede chiaramente la necessità di ammettere un’immaginazione riproduttiva pura,
che egli chiama significativamente “riproduzione pura”, per evidenziare la differenza con
l’immaginazione riproduttiva empirica. L’interpretazione che propongo qui si discosta da
Heidegger nella misura in cui questa riproduzione pura è a mio avviso da intendersi come
ritenzione, tenendo ben ferma la distinzione tra ritenzione e rimemorazione proposta
da Husserl. Heidegger, invece, interpretando la riproduzione pura come una modalità
dell’immaginazione trascendentale, elude la differenza fondamentale tra l’orizzonte della
percezione, che è costituito anche dalla ritenzione, e l’orizzonte della rimemorazione, in
quanto presentificazione del passato.
8
Manuela Paschi ha realizzato un ammirevole lavoro di collezione dei passaggi sull’immaginazione presenti nei testi kantiani: nel suo commento Paschi nota giustamente che
nella deduzione dell’81 Kant ammette un uso trascendentale dell’immaginazione riproduttiva (2005, p. 92), ma non evidenzia le contraddizioni presenti nella prima deduzione e
nel passaggio dalla deduzione dell’81 a quella dell’87. Queste contraddizioni sono invece
chiaramente evidenziate da Norman Kemp Smith (2003, p. 228 e p. 234n) e da Chiodi
(1961, pp. 175 e ss.).
70
nella costituzione del presente ora. La rimemorazione è una presentificazione che rende presente un ora percettivo ormai passato. Leggendo Kant con in mente questa distinzione, le oscurità legate alla
nozione di immaginazione riproduttiva vengono rischiarate. L’immaginazione riproduttiva empirica – quella che viene descritta nell’Anthr
– è ciò che Husserl chiamerà “rimemorazione”. Invece l’immaginazione riproduttiva pura, che rende possibile a priori la costituzione di
qualunque oggettualità complessa – comprese le oggettualità matematiche, geometriche e fisiche – è ciò che la fenomenologia chiama
“ritenzione”.9 Non avendo distinto chiaramente queste due forme di
memoria, Kant si rifiuta di ammettere la nozione di immaginazione
riproduttiva pura (che viene eliminata nella deduzione dell’87) perché vuole evitare di cadere nello psicologismo.10
Le Lezioni di psicologia confermano questa interpretazione.
All’interno del genere più comprensivo della facultas fingendi Kant
individua tre forme differenti di immaginazione: a) la facultas formandi o Abbildung, che è responsabile dell’intuizione delle cose
date nel presente; b) la facultas imaginandi o Nachbildung, che è
responsabile dell’intuizione degli oggetti passati; c) la facultas praevidendi o Vorbildung, che è responsabile dell’anticipazione intuitiva
delle cose future. Dopo aver presentato questo schema triadico,
Kant analizza brevemente ognuna delle tre forme della facultas fingendi. Quello che è importante notare è che l’analisi della Abbildung evidenzia l’importanza della riproduzione per la costituzione
di oggetti percettivi complessi.11
Tale facoltà riproducente è la facoltà figurativa dell’intuizione. L’animo deve fare
molte osservazioni, per riprodursi un oggetto ricopiandoselo diversamente da ogni
lato. Per esempio, da levante una città ha un aspetto diverso che da Occidente. Di
una cosa vi sono dunque molte apparenze secondo i diversi lati e punti di vista. Da
tutte queste apparenze l’animo si deve fare una riproduzione raccogliendole tutte
insieme (Kant 1986, p. 64).
Qui Kant sta descrivendo un atto percettivo, non un atto di rimemorazione: gli esempi che propone sono inequivocabili: la città,
9
Ferraris (1996, 119 e ss.) ha riletto la KrV interpretando l’immaginazione riproduttiva come ritenzione e concependo quest’ultima, derridianamente, come traccia. Tuttavia
nella sua interpretazione, Ferraris, non distingue tra le tre diverse funzioni dell’immaginazione individuate nella KdV (schematizzazione, presentificazione, sintesi) e identifica
ritenzione e immaginazione riproduttiva senza tener conto della distinzione tra riproduzione empirica e pura.
10
Chiodi (1961, p. 255) evidenzia il tentativo kantiano di eliminare ogni interpretazione psicologistica della KrV: “Noi crediamo che nella seconda edizione Kant abbia
portato innanzi un processo già in atto nella prima, volto ad eliminare via via gli aspetti
psicologici dell’immaginazione come “facoltà”.
11
È significativo a questo proposito che il traduttore italiano, G. A. De Toni, scelga
di tradurre Abbildung con “riproduzione”.
71
che appare diversamente a seconda delle prospettive, è una città
presente. Ma il testo spiega che anche per la costituzione del presente percettivo è necessaria la Abbildung, che rede possibile “percorrere” il molteplice. Questa Abbildung che interviene già nella
percezione che cos’è? Non può essere l’immaginazione riproduttiva
empirica, perché di tale facoltà Kant parlerà nel punto successivo,
identificandola esplicitamente con la Nachbildung. Tuttavia deve
essere qualcosa di simile a una memoria, perché per poter raccogliere in un’unità le diverse rappresentazioni dei lati di un oggetto
è necessario che queste rappresentazioni siano ancora compresenti:
è necessario, cioè, che siano mantenute nell’orizzonte del presente.12 Bisogna ammettere, dunque, che anche nelle sue lezioni di
psicologia (che si collocano verosimilmente nel periodo temporale
immediatamente precedente alla KrV) Kant individuava la necessità
di ciò che Husserl avrebbe poi chiamato “ritenzione”.
2. L’immaginazione produttiva empirica
È possibile mostrare anche da un altro punto di vista che la distinzione tra immaginazione produttiva e riproduttiva non coincide
con la distinzione tra immaginazione trascendentale ed empirica.
Nel paragrafo precedente ho cercato di mostrare che Kant, nella
deduzione dell’81, descrive il lavoro di un’immaginazione riproduttiva pura. Vorrei mostrare, ora, che l’immaginazione produttiva non
coincide tout court con l’immaginazione nel suo uso trascendentale,
perché esiste anche un’immaginazione produttiva empirica.13
Nel capitolo sullo schematismo Kant spiega che “lo schema è in
ogni caso un prodotto della capacità di immaginazione” (Kant 1999,
p. 220). L’immaginazione appare in quel contesto come la facoltà
che schematizza. Kant precisa che lo schema non è l’immagine e nel
far ciò introduce una distinzione tra due funzioni diverse dell’immaginazione: da una parte c’è la schematizzazione dei concetti puri o
empirici, dall’altra c’è la capacità di produrre immagini determinate:
l’immagine è un prodotto della facoltà empirica della capacità produttiva di immaginazione [das Bild ist ein Produkt des empirischen Vermögens der produktiven
12
Giustamente Makkreel (1990, p. 17), commentando l’esempio della percezione della
città, nota che la Abbildung deve necessariamente essere compresa come un atto sintetico
complesso, che implica il passato e il futuro: “this means that the Abbildung of a present
appearance is not a direct mode of image formation as Kant initially indicated. It is really
what I would call a synoptic formation that incorporates past and future representations
into a present image”.
13
Heidegger (2004, p. 118) lo vede molto chiaramente: “non ogni immaginazione
produttiva è pura […]”.
72
Einbildungskraft];14 lo schema di concetti sensibili (come quelli delle figure nello
spazio) è un prodotto – e per così dire un monogramma – della capacità pura a
priori di immaginazione [der reinen Einbildungskraft a priori], mediante il quale e
secondo il quale le immagini risultano per la prima volta possibili (Kant 1999, p.
221 / AA, III, p. 136).
È importante notare che in questo passaggio la facoltà che produce le immagini è caratterizzata come una capacità “produttiva” e
non come riproduttiva. Di conseguenza, dobbiamo necessariamente
ammettere che qui Kant distingue due funzioni entrambe attive
e produttive: l’immaginazione pura produttiva e l’immaginazione
empirica produttiva.15 Ma questa immaginazione produttiva empirica che facoltà è? A quale esperienza soggettiva corrisponde? Se
l’interpretazione fenomenologica che ho proposto è corretta, dal
momento che l’immaginazione riproduttiva empirica corrisponde
alla rimemorazione, l’immaginazione produttiva empirica deve corrispondere alla “fantasia” husserliana, cioè alla forma geneticamente
basilare della presentificazione.
Bisogna notare che nel § 24, che pure è alla base dell’interpretazione che sto cercando di contestare, cioè dell’interpretazione che
equipara semplicemente immaginazione produttiva e immaginazione
trascendentale, Kant dà una definizione generalissima dell’immaginazione che non è compatibile con questa stessa equiparazione. Più
volte nella KrV Kant spiega che l’immaginazione è la facoltà della
sintesi. Anche nel § 24 l’immaginazione viene chiamata in causa per
spiegare la sintesi; tuttavia, dopo aver distinto la sintesi intellettuale
e la sintesi figurata, Kant fornisce la seguente definizione generale:
“capacità di immaginazione è la facoltà di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza nell’intuizione” [“Einbildungskraft
ist das Vermögen, einen Gegenstand auch ohne dessen Gegenwart
in der Anschauung vorzustellen”] (Kant 1999, p. 185 / AA, III,
pp.119-120).
14
È significativo che Chiodi traduca questo passaggio sostituendo il termine “produttiva” con il termine “riproduttiva”: “l’immagine è un prodotto della facoltà empirica
dell’immaginazione riproduttiva” (Kant 1967, p. 193). Evidentemente Chiodi dà qui per
scontato che la distinzione tra immaginazione produttiva e riproduttiva coincida con la
distinzione tra la funzione trascendentale e la funzione empirica dell’immaginazione stessa. A mio avviso, invece, questa coincidenza non si dà. Seguendo la medesima linea
interpretativa, Ravera e Garelli (1997, 149) sostengono che “l’immagine è un prodotto
della facoltà empirica dell’immaginazione riproduttiva”, a differenza dello schema: ma
Kant nel passaggio che ho citato parla di una immaginazione produttiva non riproduttiva.
15
Questo punto è chiaramente evidenziato da Kemp Smith (2003, p. 337), che cerca di spiegare le contraddizioni del testo kantiano riconducendole alle diverse fasi di
evoluzione della teoria dell’immaginazione: “In A 141-2 = B 180-1, Kant speaks of the
empirical faculty of productive imagination, and so is led, to the great confusion of his
exposition, though also to the enrichment of his teaching, to allow of empirical as well as
of transcendental schemata”.
73
Quello che bisogna rilevare è che questa definizione è sostanzialmente diversa rispetto alla definizione dell’immaginazione che
è presente in tutto il resto del paragrafo, cioè rispetto all’identificazione immaginazione = facoltà della sintesi. Rendere presente
un oggetto che non è presente che cosa vuol dire? Vuol dire rappresentarlo in immagine. Ma rappresentare in immagine un oggetto
non significa produrre una sintesi, cioè unificare una molteplicità di
rappresentazioni. Si tratta di due operazioni cognitive sostanzialmente diverse (anche se la prima presuppone la seconda).16 Rendere presente un oggetto non presente è l’esperienza che facciamo
quando chiudiamo gli occhi e visualizziamo un centauro, oppure
quando ci rappresentiamo mentalmente il Colosseo, mentre siamo
in tutt’altro luogo. Questa capacità, che è ciò che Husserl chiama
“presentificazione”, non può essere confusa con la capacità di produrre
una sintesi: si tratta di due funzioni sostanzialmente diverse dell’immaginazione produttiva.17
Se ne deve concludere che la definizione generale che si legge
nel § 24, anche se Kant non aggiunge l’aggettivo “empirica”,
si riferisce all’immaginazione empirica e non all’immaginazione
trascendentale, di cui pure si parla in tutto il resto del paragrafo. Kant vuole spiegare perché il potere di sintesi deve essere
attribuito all’uso trascendentale dell’immaginazione e per farlo richiama la nozione generale di immaginazione intesa come
facoltà empirica. L’immaginazione empirica, cioè la capacità di
presentificazione, è simile all’intelletto, perché è una forma di
spontaneità; ma è anche simile alla sensibilità, perché ha un
aspetto rappresentazionale. Dal momento che l’immaginazione
16
Banham (2005, p. 76) attribuisce un grande importanza alla definizione dell’immaginazione come facoltà di rendere presente ciò che è assente, perché tale definizione, a suo
giudizio, descriverebbe l’operazione fondamentale dell’immaginazione trascendentale. A
mio avviso, invece, questa definizione non si riferisce all’uso trascendentale dell’immaginazione, ma al suo uso empirico: infatti la medesima definizione nell’Anthr è alla base
della descrizione delle due facoltà, certamente empiriche, del ricordo intuitivo e della
previsione. Come è possibile rendere presente ciò che è assente? Soltanto riproducendo
una percezione precedente e di conseguenza la presentificazione è sempre empirica. Al
contrario la sintesi e la schematizzazione possono essere considerate in via di principio
come a priori.
17
Young (1988, p. 141) ha certamente ragione quando sostiene che la semplice
identificazione tra l’immaginazione kantiana e la capacità di visualizzare un oggetto
(mental imaging) renderebbe la teoria kantiana “implausible”, dal momento che “we
cannot expect to ground mathematical judgments through mental imaging”; ma, a mio
avviso, Young ha torto quando cerca di interpretare la definizione che si legge nel §
24 come una descrizione dell’immaginazione trascendentale. Se l’interpretazione che
propongo è corretta, quando Kant dice che l’immaginazione è la facoltà di rendere
presente qualcosa di assente, si riferisce all’immaginazione produttiva empirica, che è
la facoltà della presentificazione e la presentificazione può essere pensata come una
visualizzazione mentale.
74
empirica ha questa doppia natura, possiamo pensare che sia proprio questa facoltà, a rendere possibile, sul piano trascendentale
e non più empirico, la sintesi.
La medesima tensione tra i due usi cognitivi fondamentali
dell’immaginazione produttiva (funzione trascendentale = schematizzazione + sintesi; funzione fenomenologica = presentificazione)
si ritrova anche nell’Anthr, a testimonianza del fatto che Kant non
arriva mai ad una formulazione definitiva di questo problema.
Nel § 28, dedicato all’immaginazione, Kant ribadisce la distinzione presente nel § 24 della KrV: l’immaginazione produttiva,
che è “inventiva” e che produce le intuizioni pure dello spazio
e del tempo, “precede l’esperienza” (Kant 2010, p. 160), mentre l’immaginazione riproduttiva, che è “rievocativa” “riconduce
nell’animo un’intuizione empirica avuta in precedenza”. Tuttavia,
immediatamente dopo aver ribadito questa distinzione terminologica, Kant propone una serie di esempi che sembrano contraddire
la distinzione stessa:
L’immaginazione produttiva però, non per questo è creatrice [Die produktive
aber, ist dennoch darum eben nicht schöpferisch] vale a dire, non è in grado di produrre una rappresentazione sensibile che non sia mai stata data in precedenza alla
nostra facoltà di sentire, ma anzi è sempre possibile indicare il materiale [Stoff] di
cui si è servita allo scopo. A colui che fra i sette colori non avesse mai visto il rosso,
tale sensazione non potrà mai rendersi comprensibile; chi è nato cieco non potrà
mai comprendere alcun colore in assoluto; la stessa impossibilità vale per il colore
intermedio, che si produce dalla mescolanza di altri due: ad esempio il verde. Il
giallo e il blu, mescolati tra loro danno il verde; ma l’immaginazione non potrebbe
produrre la minima rappresentazione di questo colore, senza aver visto quegli altri
mescolati. (Kant 2010, p. 160 / AA, VII, p. 168)
Qui Kant parla dell’immaginazione produttiva, ma le esperienze
che descrive non sono affatto a priori. L’immaginazione produttiva pura produce le intuizioni pure dello spazio e del tempo che
sono a fondamento della matematica e della geometria e gli schemi
temporali che permettono di applicare le categorie alle intuizioni.
Ma qui Kant non parla affatto di questo. Nell’esperienza percettiva
il dato cromatico è sempre necessariamente un dato empirico.18
Dunque immaginare un oggetto colorato significa presentificare
un’intuizione precedente, non costruire un puro concetto sensibile
geometrico – come il concetto di triangolo – e nemmeno schematizzare una categoria. Solo chi ha visto il rosso, può immaginare il
rosso e, dunque, solo l’immaginazione nella sua funzione empirica
può essere responsabile di questa possibilità di esperienza. Il fatto
che Kant richiami il caso del cieco è particolarmente interessante.
18
Kant lo dice nel modo più esplicito in (1999, p. 715).
75
Il cieco non può immaginare alcun colore, perché non ne ha mai
avuto esperienza: ma chi è nato cieco può costruire nella mente la
figura di un triangolo. Le intuizioni pure sono “pure” esattamente
per questa ragione: perché non richiedono alcuna esperienza precedente e dunque sono valide anche per i ciechi e per i sordi.
La tesi che Kant argomenta in questo passaggio è chiara: quando immaginiamo, anche quando ci rappresentiamo cose inesistenti,
come un centauro, noi non “creiamo” le nostre rappresentazioni
dal nulla. Solo chi ha visto un cavallo e un uomo può immaginare
un centauro. Di conseguenza tutte le nostre rappresentazioni di
fantasia devono trarre il materiale sensibile dall’esperienza precedente. Husserl dice esattamente la stessa cosa (Husserl 1993, p.
171) e per questa ragione nelle Idee definisce la fantasia come la
neutralizzazione del ricordo posizionale (Husserl 2002, p. 272), intendendo con ciò evidenziare il fatto che ogni immagine di fantasia
è un “montaggio” di frammenti di esperienza precedente rimemorata (Husserl 1980, p. 250). Ma quello che bisogna notare è che
questa facoltà che si rappresenta oggetti inesistenti, utilizzando il
materiale intuitivo che la memoria mette a disposizione, non può
essere l’immaginazione nel suo uso trascendentale e deve necessariamente essere l’immaginazione nel suo empirico. Dunque esiste
un’immaginazione produttiva empirica, che è chiaramente distinta
dall’immaginazione produttiva trascendentale e che coincide con la
presentificazione di fantasia.
Per concludere possiamo dire che, a partire dalla coppia trascendentale / empirico bisogna distinguere quattro forme di immaginazione e non tre o due, come comunemente si fa: 1) l’immaginazione
produttiva pura è l’immaginazione nel suo uso trascendentale ed è
responsabile della schematizzazione e della sintesi; 2) l’immaginazione produttiva empirica corrisponde alla fantasia in senso fenomenologico ed è la capacità di riprodurre una percezione precedente,
cioè, in termini fenomenologici, è la presentificazione non posizionale; 3) l’immaginazione riproduttiva pura – che Kant ammette nella
deduzione dell’81, ma che successivamente rimuove – dal punto di
vista fenomenologico corrisponde alla ritenzione, cioè alla capacità
della coscienza di mantenere nell’orizzonte del presente l’appena
passato; questa “riproduzione pura” ha un valore trascendentale
dal momento che rende possibile la costituzione di qualsiasi oggetto sintetico; 4) l’immaginazione riproduttiva empirica, infine, corrisponde alla rimemorazione in senso fenomenologico, non ha alcun
valore dal punto di vista trascendentale, ma è fondamentale dal
punto di vista psicologico.
76
Riferimenti bibliografici
Banham G., Kant’s Transcendental Imagination, Palgrave Macmillan,
New York 2005.
Ciafardone R., La Critica della ragion pura di Kant, Carocci, Roma
1996.
Colonnello P., Kant nella interpretazione di Heidegger. L’immaginazione trascendentale e il problema della finitudine umana, Giannini, Napoli 1979.
Chiodi P., La deduzione nell’opera di Kant, Taylor, Torino 1961.
De Vleeschauwer, H., L’evolution de la pensee kantienne; transl.
L’evoluzione del pensiero kantiano, Laterza, Roma-Bari 1976.
Ferraris M., L’immaginazione, il Mulino, Bologna 1996.
Feyles M. Studi per la fenomenologia della memoria, Franco Angeli,
Roma 2012.
Gambazzi P., Sensibilità, immaginazione e bellezza. Introduzione alla
dimensione estetica nelle tre critiche di Kant, Libreria Universitaria Editrice, Verona 1981.
Heidegger M., Kant und das Problem der Metaphysik (1929); transl.
Kant e il problema della metafisica, Laterza, Roma-Bari 2004.
Horstmann R., Kant’s power of imagination, Cambridge University
Press, Cambridge 2018
Husserl E., Analysen zur passiven Synhypothesis. Aus Vorlesungsund Forschungsmanuskripten, 1918-1926; transl. Lezioni sulla
sintesi passiva, Milano, Guerini e Associati, 1993.
Husserl E., Zur Phänomenologie des Inneren Zeitbewusstseins: 18931917; transl. Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Franco Angeli, Milano 2001.
Husserl E., Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie (1913); transl. Idee per una fenomenologia
pura e per una filosofia fenomenologica, vol. I, Libro primo: Introduzione generale alla fenomenologia pura. Einuaudi, Torino
2002.
Husserl E., Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung; transl. Fantasia
e immagine, Rubbettino, Soveria Mannelli 2017.
Kant I., Kritik der Urteilskraft (1790); transl. Critica della facoltà di
giudizio, Einaudi, Torino 1999.
Kant I., Kritik der reinen Vernunft (1781, 1787); transl. Critica della
ragione pura Aldelphi, Milano 1999.
Kant I., Kritik der reinen Vernunft (1781, 1787); transl. Critica della
ragione pura UTET, Torino 1967.
Kant I., Anthropologie in pragmatischer Hinsicht (1798); transl. Antropologia dal punto di vista pragmatico, Einaudi, Torino 2010.
77
Kant I., Methaphisik L1, tr. it. parz. di G. A. De Toni, Lezioni di
psicologia, Laterza, Roma-Bari 1986.
Kemp Smith N. A., Commentary to Kant’s “Critique of Pure Reason”, Palgrave Macmillian, London 2003.
Kneller J., Kant and the Power of Imagination, Cambridge University Press, Cambridge, 2007.
Makkreel R., Imagination and Interpretation in Kant, University of
Chicago Press, Chicago and London, 1990.
Marcucci S., Kant e l’immaginazione conoscitiva nella “Critica del
giudizio”, in “Studi Kantiani”, 3 (1990), pp. 11-28.
Marcucci S., Guida alla lettura della Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 1997.
Paschi M., L’immaginazione come forma del trascendentale, Giardini,
Pisa 2005.
Ravera M., Garelli, G., Lettura della Critica della ragion pura di
Kant, Utet, Torino 1997.
Scaravelli L., Scritti kantiani, La Nuova Italia, Firenze 1973.
Severino G., L’immaginazione in Kant aspetti della seconda edizione
della “Critica della ragione pura”, in “Studi Kantiani” 3 (1990),
pp. 29-61.
Thompson Michael L., Imagination in Kant’s Critical Philosophy,
De Gruyter, Berlin, Boston 2013.
Young J.M., Kant’s View of Imagination, in “Kant Studien” 79/1-4
(1988), pp. 140-164.
78