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Non solo uomini donne e bambini ma anche

Gli articoli monografi ci qui pubblicati, dopo una prima selezione della Direzione, sono stati sottoposti a doppio referaggio in anonimo, e corretti poi dagli Autori in base alle indicazioni ricevute dai referees. Agli Autori si ricorda di inviare alla Redazione eventuali contributi per i numeri successivi della Rivista entro il 31 dicembre di ogni anno, in due copie (di cui una in pdf anonimo), complete di immagini, di un breve abstract, e una lista di 5 parole chiave, sia in inglese che in lingua originale.

RIVISTA DI STUDI POMPEIANI ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI XXXIII 2022 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER C O P IA A U TO R E Rivista di Studi Pompeiani, XXXIII - 2022 ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI PRESIDENTE Antonio Varone DIRETTORE Massimo Osanna E COMITATO SCIENTIFICO DELLA RIVISTA A U TO R Anna Anguissola (Pisa); Luigi Cicala (Napoli); Marco Fabbri (Roma); Enrico Giorgi (Bologna); Pietro Giovanni Guzzo (Roma); Annette Haug (Kiel); Nicolas Laubry (Roma); Monica Livadiotti (Bari); Andrea Pane (Napoli); Fabrizio Pesando (Napoli); Eric Poehler (Amherst, Ma); Rubina Raja (Aahrus); Paul Roberts (Oxford); Guy Stiebel (Tel Aviv) COMITATO DI REDAZIONE C O P IA Vincenzina Castiglione Morelli (coordinamento), Giuseppe Scarpati, Grete Stefani, Luana Toniolo, Antonio Varone Gli articoli monografici qui pubblicati, dopo una prima selezione della Direzione, sono stati sottoposti a doppio referaggio in anonimo, e corretti poi dagli Autori in base alle indicazioni ricevute dai referees. Agli Autori si ricorda di inviare alla Redazione eventuali contributi per i numeri successivi della Rivista entro il 31 dicembre di ogni anno, in due copie (di cui una in pdf anonimo), complete di immagini, di un breve abstract, e una lista di 5 parole chiave, sia in inglese che in lingua originale. C O P IA A U TO R XXXIII 2022 E RIVISTA DI STUDI POMPEIANI «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Roma - Bristol © 2022 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Via Marianna Dionigi, 57 - 00193, Roma - Italy www.lerma.it 70 Enterprise Drive, Suite 2, Bristol, CT 06010 - USA lerma@isdistribution.com © Associazione Internazionale Amici di Pompei – Piazza Esedra, Pompei Direttore responsabile della Rivista Angelandrea Casale Sistemi di garanzia della qualità UNI EN ISO 9001:2015 R E Sistemi di gestione ambientale ISO 14001:2015 ISSN 1120-3579 ISBN 978-88-913-2763-5 brossura ISBN 978-88-913-2769-7 PDF DOI: 10.48255/2240-9653.RSP.33.2022 C O P IA 1. Associazione internazionale Amici di Pompei CDD 20 397.005 A U TO Rivista di studi pompeiani / Associazione internazionale Amici di Pompei. A. 1 (1987)-, - Roma: «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1987.-, III.; 29 cm Annuale. Periodico: Autorizzazione Tribunale di Torre Annunziata n. 34 del 26-11-1996 COPIA AUTORE Indice Joan Mut ArbÓs, Beautiful cruelty: the Pompeian Armoury of Alma-Tadema ............... 7 Domenico Russo, Il panificio VI 2, 6 di Pompei nelle vedute del XIX secolo................. 13 Grete Stefani, Per un aggiornamento dell’indirizzario di Pompei. Il caso dell’insula VI 2 27 Maria Carmela Monteleone, Considerazioni sulla quantità e qualità delle acque pervenenti alle fontane pubbliche di Ercolano e Pompei, del tipo “lacus semplice” ............... 49 Lorenzo Toscano, Il Santuario di Iside: trent’anni di ricerche 1988-2017. Nuovi materiali dall’Iseo pompeiano ............................................................................................... 61 Nikola D. Bellucci, Eleonora Voltan, Pygmaei cum clava. L’iconografia dei pigmei con “bastoncini” nel repertorio dei Nilotica romana: alcuni spunti di riflessione .............. 77 Caitlin Eilis Barret, Nikola D. Bellucci, A “New” (Rediscovered) Nilotic Scene from the Casa del Gemmario: Context, Iconography and Sub-elite Viewership ............... 89 Daniele Alessi, Paolo Baronio, La tecnica del Primo Stile a Pompei: nuove acquisizioni a partire dall’analisi degli stucchi della Casa della Nave Europa (I 15, 3) ................. 111 Salvatore Ciro Nappo, Regio I. Pitture inedite di Terzo Stile ........................................ 125 Federico Giletti, Vincenzo Amato, Dalle origini del paesaggio pompeiano alla città di Pompei ........................................................................................................................ 137 Mario Notomista, “A Stabbia vidi una bella stufa col suo tepidario accanto”. Winckelmann e i primi scavi borbonici nel Pianoro di Varano ..................................................... 151 Gabriel Zuchtriegel, Pompei, una città densamente popolata? Nuove scoperte e analisi GIS ................................................................................................................................. 161 NOTIZIARIO Pompei Ufficio Mostre. Attività 2021 (S.M. Bertesago) ............................................................ 173 Non solo uomini, donne e bambini, ma anche animali. L’intervento di restauro e valorizzazione dell’equide nello stabulum I 8,12 a Pompei (L. Toniolo, S. Giudice, C. Ciocchetti, L. del Verme, D. Fagiani, M. Flaminio, N. Pizzano, A. Spinosa) ..... 174 Pompei I 17 (A. Coralini) ............................................................................................. 184 Domus VI 11, 11-12/7 di Pompei. La campagna di scavo del Progetto «Modi d’abitare a Pompei in età sannitica» (D. D’Auria, P. Ballet))....................................................... 192 La fullonica VI 16, 3-4 a sud-est della Casa degli Amorini dorati. Campagna di scavo 2021 (N. Monteix, E. Le Quéré) ................................................................................ 196 Pompei Terme Stabiane (VII 1, 8). Campagna 2021, rapporto preliminare (M. Trümper, M. Giglio, M. Robinson, A. Ferrandes, G. Parrini, A. Pegurri) ............................. 198 “Pompei TransVrbs”. Il cippo della Via del Foro. Campagna 2021 (S. Zanella) ............ 205 L’area funeraria di Porta Sarno e la tomba di Marcus Venerius Secundio a Pompei, riflesso dell’impulso culturale dopo il terremoto del 62 d.C. (L. Alapont Martin, G. Zuchtriegel, J. Alfonso, V. Amoretti, P. Mas, A. Miguelez, J.J. Ruiz López) ... 208 COPIA AUTORE Boscoreale Notiziario 2021. Attività Ufficio Scavi di Boscoreale (A.M. Sodo) ................................. 214 Oplontis Notiziario 2021. Attività Ufficio Scavi di Oplontis (G. Scarpati, A. Spinosa) ............... 215 Oplontis, 2021 Relazione di Scavo (I. van der Graaff, J.R. Clarke, M.L. Thomas, Z. Schofield, J.L. Muslin, G. di Maio, N.K. Muntasser) ........................................ 216 Stabia Notiziario 2021. Attività Area Archeologica di Stabia (S. M. Bertesago) ..................... 218 Torre del Greco Villa Sora (Torre del Greco) Campagne 2017-219, 2021 (A. Coralini) ....................... 219 Ercolano Le attività del Parco Archeologico di Ercolano nel biennio 2021-2022 (F. Sirano, a cura di; testi F. Sirano et al.) .................................................................................................. 227 DISCUSSIONI Qualche riflessione sull’edificio dei triclini di Moregine (P. G. Guzzo) ........... 251 RECENSIONI Antonio Varone, Iscrizioni parietali di Stabiae (Studi e Ricerche del Parco Archeologico di Pompei), 2020 (Marco Buonocore†) ........................................................................... 257 Alessandra Cattaneo, Tutela, valorizzazione e manutenzione delle città morte esperienze di management pubblico e privato in Italia. Roma 2020 (Antonio Varone).................... 259 Massimo Osanna e Luana Toniolo, Il mondo nascosto di Pompei. Il carro della sposa, la stanza degli schiavi e le ultime scoperte, Milano, Rizzoli, 2022 (Andrea Augenti) ........... 261 174 C O P IA A U TO R E Parco Archeologico di Pompei / Ufficio Mostre / Stabulum I 8, 12 Non solo uomini, donne e bambini, ma anche animali. L’intervento di restauro e valorizzazione dell’equide nello stabulum I 8, 12 a Pompei Il complesso intervento sull’equide conservato in situ nello stabulum I 8, 12 rientra in quella strategia di musealizzazione diffusa che a Pompei si sviluppa a partire dall’inizio del ’9001 e che il Parco Archeologico di Pompei ha messo in campo negli ultimi anni2 in vari punti nevralgici del tessuto urbano. Questo progetto può a ragione essere definito “complesso” per la molteplicità di ambiti di intervento che hanno coinvolto diversi specialisti, dall’archeologo all’ingegnere, dall’archeozoologo al restauratore, all’esperto di tecnologie digitali, e ha avuto come esito un nuovo nodo nella rete di valorizzazione del sito, studiando per la prima volta il contesto con un approccio scientifico e sperimentando metodologie di restauro nuove per il sito vesuviano. L’apertura al pubblico di questo spazio nel giugno 2022 è coincisa con un’altra importante riapertura, quella della prospiciente Casa di Cerere (I 9, 13), chiusa da decenni e che versava in un forte degrado, restituendo così alla comunità un importante settore della città, da tempo escluso dalla fruizione3. L’intervento sull’equide permette inoltre di comunicare al pubblico un altro importante aspetto della vita quotidiana della città: siamo abituati infatti a pensare ad una città brulicante di schiavi, liberti, liberi, donne e bambini, ma spesso di- mentichiamo che all’interno delle mura cittadine vivevano anche numerosi animali e non solo gli animali “da compagnia” come i cani, pensiamo al famoso calco di cane dalla Casa di Orfeo (VI 14, 20), ma anche animali funzionali alla vita produttiva della città, come i cavalli, che servivano per il trasporto delle merci, delle derrate nonché degli abitanti, così come gli asini utilizzati nel processo di panificazione per far ruotare la macina. E gli equini ormai iniziano ad essere sempre più conosciuti a Pompei4, sia nelle versioni “di razza” come nel caso del calco e dei due scheletri dalla Villa di Civita Giuliana5, dove ci si è trovati di fronte a cavalli selezionati di grandi dimensioni, che dovevano appartenere ad un importante personaggio dell’ultima fase di vita della città, ai più modesti cavalli per le attività quotidiane, come quello rinvenuto nella Casa di Amaranto (I 9, 12). L’inserimento di questo contesto nel percorso di visita della città antica permette dunque di avvicinare 175 Parco Archeologico di Pompei 2. Il primo allestimento realizzato da A. Maiuri, 1941-1942 (Archivio Parco Archeologico di Pompei). il pubblico ad un altro aspetto della vita quotidiana di Pompei, quello appunto del rapporto tra gli uomini e gli animali. Il progetto si è quindi articolato in diversi interventi ed è stato il frutto di una lunga riflessione metodologica che ha cercato di coniugare insieme le esigenze di tutela e conservazione del contesto, con le istanze di valorizzazione e accessibilità. Alla base del progetto vi è stato chiaramente lo studio archeologico del contesto, che ha ricostruito con un paziente lavoro di ricerca d’archivio la storia dell’equide e dello stabulum, sottoposto negli ultimi decenni ad un lungo processo di degrado. Fin dall’inizio è apparso evidente come l’intero contesto andava ripensato, adattando l’allestimento progettato da Maiuri alle necessità conservative e a quelle che sono oggi le istanze dell’accessibilità. La semplice rete metallica posta a protezione del manufatto e la copertura in lamiera non apparivano più soluzioni oggi sostenibili ed è stato necessario rivederle con materiali più rispettosi del fragile contesto archeologico. Sulla scorta dell’approccio inter e multidisciplinare che ha caratterizzato i progetti del Parco Archeologico di Pompei negli ultimi anni, un architetto e un ingegnere6, sulla base di un confronto continuo con i restauratori7, hanno progettato una nuova copertura che garantisse innanzitutto un microclima costante in grado di assicurare le migliori condizioni di tutela dell’equide, e che contemporaneamente permettesse di esporlo al pubblico mediante una vetrata antiriflesso. La precedente copertura è stata sostituita da una soluzione in tegole e travi in legno, così da garantire omogeneità con le soluzioni recentemente adottate dal Parco e applicate nei vicini edifici. La parte più complessa, come sarà di seguito illustrato e che ha costituito una vera e propria sfida, è stata proprio il restauro delle ossa dell’equide. Poco era noto delle tecniche utilizzate per le integrazioni e il consolidamento delle ossa nei decenni precedenti, a causa della quasi inesistente documentazione d’archivio, per cui nel corso del lavori si sono dovute di volta in volta sperimentare nuove soluzioni. Il restauro è stato preceduto e costantemente accompagnato dallo studio archeozoologico e dalla documentazione digitale con laser scanner dello scheletro: si è visto infatti che il cavallo non era stato rimontato correttamente dal punto di vista anatomico, con la conseguente necessità di rivedere tutta la ricostruzione, così come molte ossa sono andate perdute nel corso del tempo, come si evince chiaramente dalla documentazione d’archivio. Sulla base dello studio archeozoologico e delle esigenze conservative, si è evidenziata la necessità di garantire sia la stabilità dello scheletro che la leggibilità per il visitatore, e si è quindi provveduto a stampare in 3D alcune ossa andate perdute. Al momento dello smontaggio per il restauro, la situazione era così compromessa che è stato necessario ripensare anche il supporto finale; la soluzione elaborata è, come si vedrà, il frutto del lavoro veramente sinergico tra restauratori, archeozoologo ed esperti di tecnologie digitali. La modellazione 3D ha permesso inoltre di rendere questo allestimento accessibile anche dal punto di vista “sensoriale” per gli ipovedenti, mediante la realizzazione di un pannello in braille e di un modellino tattile. Un progetto, quindi, che si è configurato come un vero e proprio cantiere multidisciplinare in cui le conoscenze di ogni specialista sono divenute conoscenze condivise, connettendo tra loro le varie competenze. C O P IA A U TO R E 1. L’equide al momento del suo rinvenimento nel 1938 (Archivio Parco Archeologico di Pompei). Luana Toniolo IL CONTESTO DELLO STABULUM Lo stabulum I 8, 12, dove è stato rinvenuto e venne successivamente esposto l’equide oggetto dell’intervento, è stato scavato a più riprese tra il settembre 1938 e il 1941, quando gli scavi si concentrarono nel riportare in luce il lato sud dell’insula. Il Giornale di Scavo, il 17 settembre 1938, riporta così la scoperta del cavallo: “Nell’ambiente rustico a N-O del giardino, alla base della parte settentrionale, si è scoperto un podio di muratura (mangiatoia) sporgente m 0.45 e lungo per l’intera parete. Alla distanza di m. 1.10 dal muro E e a pochi centimetri dalla mangiatoia, si è messo in luce lo scheletro di un cavallo recante in giro al muso un ferro tutto contorto (museruola?). Dello scheletro affiora dal lapillo la testa, la spina dorsale e il collo, il resto del corpo è ripiegato sulle gambe poggianti sul pavimento originario che trovasi a m 1.50 dal piano attuale. Intorno allo scheletro, fra il lapillo, si sono raccolti alcu- ni chiodi di ferro appartenenti probabilmente ad un tavolato sovrapposto al podio (?). L’accesso alla stalla deve trovarsi indubbiamente dal vicolo orientale.” (fig. 1). Il 27 settembre si torna a parlare della scoperta del cavallo: “Si è proceduto alla rimozione dello scheletro del cavallo scoperto il 17; presso le ossa della testa si è rinvenuto: cerchietto a corpo tondo, diametro 0,11; registrato con i tre cerchietti del giorno successivo.” Maiuri8 parla di questo ambiente come di un grande stabulum per bestie da tiro e da soma. Il Della Corte9 lo descrive come una rozza corte con pochi e rustici ambienti ad occidente; vi si rinvennero anche resti organici come paglia, letame e carboni. Da questa stalla non proviene alcuna iscrizione che possa indicare a chi appartenesse il complesso. Solo il Della Corte10 parla di un deposito di 15 anfore vinarie rinvenuto nell’angolo nord-est del cortile tra le quali una recava il titulus pictus TI.C.P. (Ti. Claudio Polibio?)11. Maiuri, secondo le tecniche di musealizzazione che applicò nel sito a partire dal 1924, riprendendo il modello del suo predecessore Vittorio Spinazzola, decise di lasciare in situ il cavallo, ricomponendone le ossa e riproponendone la postura verticale, sotto una tettoia metallica e protetto da una rete metallica (fig. 2). Sulla muratura alle spalle del cavallo fissò cinque tavole in legno con elementi in ferro di vario tipo: serrature, anelli, chiodi e borchie, attrezzi agricoli. Questa scelta espositiva rientrava pienamente nella strategia di fruizione attuata dal Maiuri, che in un’ottica estremamente moderna cercava di comunicare al visitatore quella “umanità della vita e umanità della morte” che fu il fil rouge della sua attività di valorizzazione nel sito12 e nelle sue pagine da divulgatore13. Tranne gli anelli, gli altri elementi in ferro non sono registrati negli inventari ed è possibile supporre che forse vengano anche dalle abitazioni vicine come la casa I 8, 14 (Casa di M. Epidius Primus), dove sono stati rinvenuti molti strumenti da lavoro in bronzo e in ferro. I Giornali di Scavo riportano negli anni ’60 e fino all’inizio degli anni ’70 attività di manutenzione della tettoia, con la sostituzione della carpenteria metallica. Le tavole in legno con i reperti bronzei sono state esposte in situ fino al 2015, quando per motivi di tutela sono state prelevate e i reperti in ferro restaurati nell’ambito del Grande Progetto Pompei14. Luana Toniolo LO STUDIO ARCHEOZOOLOGICO COME BASE CONOSCITIVA PER IL PROGETTO DI RESTAURO E DI NUOVO ALLESTIMENTO Premessa Il cavallo, un mammifero appartenente alla famiglia degli Equidae, è un animale entrato in contatto precocemente con l’uomo. Apprezzato per il suo valore, sia di natura bellica che civile e religiosa, il cavallo è sinonimo di prestigio sociale e di indiscusso potere politico. Lo scheletro animale rinvenuto da A. Maiuri, un esemplare equino probabilmente destinato alle attività lavorative quotidiane, si presenta come un 176 Parco Archeologico di Pompei / Intervento nello Stabulum I 8, 12 C O P IA Lo scheletro si presentava come un campione particolarmente compromesso nella sua integrità a causa delle azioni naturali del tempo e di taluni interventi di restauro effettuati anni addietro. Analizzando il primo allestimento del 1941-42 (fig. 2), a confronto con i successivi, è stato possibile definire lo stato di conservazione dello scheletro “nel tempo”, elemento utile per comprendere, ad esempio, quali porzioni ossee fossero oggettivamente più a rischio. La natura stessa del manufatto ha richiesto un’analisi attenta anche delle componenti utili alla ricollocazione in sede naturale dello scheletro, di per sé lacunoso in alcune porzioni quali la cassa toracica, lo sterno, parte delle singole vertebre della colonna vertebrale, uno zoccolo e le branche mandibolari, elementi necessari per la ridefinizione della corretta postura nonché per la stabilità stessa dell’apparato scheletrico. Queste considerazioni hanno guidato il gruppo di ricerca nei processi decisionali che hanno portato alla selezione degli elementi da riproporre con la stampa 3D, in virtù anche del differente peso oggettivo tra l’osso e la porzione riproposta. Le singole ossa e porzioni scheletriche, oggetto di esami autoptici precedenti e successivi alla rimozione degli interventi di restauro, nonostante le forti manomissioni hanno permesso comunque una discreta analisi necessaria per definire alcune peculiarità dell’individuo animale. I primi allestimenti del “Cavallo di Maiuri” erano stati praticati con l’ausilio di cavi e supporti metallici nel corso di almeno due distinti e importanti interventi. Le porzioni ossee presentavano ingenti interventi di stuccatura con materiali discutibili per interventi di restauro su materia organica (Sintolit e colle aggressive), interventi accompagnati da numerose forature delle ossa, praticate per consentire il passaggio dei supporti metallici che, talvolta, hanno compromesso ulteriormente sia lo stato di conservazione della materia organica, sia l’aspetto cromatico della stessa. È parso E R inoltre evidente che talune ossa abbiano risentito del fattore “gravità” nei decenni di esposizione, elemento da sommarsi ad una serie di altre componenti naturali e meccaniche, che hanno contribuito al lento degrado dell’apparato scheletrico. Ci si riferisce principalmente alle vertebre toraciche, ovvero quelle del dorso che corrispondono all’area della sella e che, a differenza di tutte le altre vertebre, palesano uno stato di conservazione particolarmente compromesso15. Il dato sembra suggerire che lo stato di salute della colonna vertebrale fosse di per sé compromesso da “stress meccanico” già durante la vita dell’animale e che il tempo ne abbia solo aggravato la conservazione, essendo la colonna vertebrale formata da piccoli segmenti in serie costituiti essenzialmente da tessuto spugnoso16. Nel primo allestimento, infatti, è presente gran parte dell’apparato scheletrico: si noti lo stato di salute della cassa toracica (vertebre e costole), la cui integrità risulta fortemente danneggiata nell’allestimento successivo che ha previsto, tra gli altri interventi, anche la sostituzione dei supporti metallici. Nel tempo sono andate perse numerose costole, parte del cranio, delle mandibole, delle scapole, principalmente la sinistra, la falange distale posteriore destra (zoccolo), alcuni denti tra cui i canini mascellari e mandibolari, i sesamoidi e molti processi spinosi e trasversi vertebrali, al pari della metà dorsale dell’atlante e dell’epistrofeo. Inoltre, l’assetto dello scheletro presentava una postura fortemente scorretta: la lordosi cervicale, a partire dal primo allestimento, via via negli anni e nei differenti interventi di restauro assume sempre più una postura innaturale che ha privato l’animale della sua leggibilità e del suo riconoscimento morfologico di massima, portando ad una sorta di “stiratura” dello scheletro assile (fig. 3). Tra gli interventi archeozoologici messi in atto, dunque, per restituire “naturalezza” all’apparato scheletrico dell’equide, grande importanza ha assunto ridefinire la naturale postura: questa è stata garantita sia dalla corretta ricollocazione delle ossa, che talvolta erano state invertite nella sequenza, come nel caso di numerose vertebre della colonna, sia dalla riproduzione in stampa 3D di alcune porzioni anatomiche che completano lo scheletro (fig. 4). TO Lo stato di fatto dell’allestimento al 2021 3. A sinistra, la postura naturale di uno scheletro equino; a destra, la restituzione della scansione laser dello scheletro del nostro equide. La curvatura in grigio evidenzia la naturale lordosi della colonna vertebrale. A U campione in parte compromesso dalle azioni naturali del tempo, in parte da interventi e manipolazioni antropiche funzionali ai diversi momenti allestitivi. Lo studio ha previsto vari step di analisi, necessari per la comprensione di tutti quei meccanismi che hanno inciso sull’assetto attuale dell’animale, a partire dalle foto storiche in fase di scavo (1937-1938) dalle quali si sono desunti alcuni indizi preziosi relativi al sesso dell’animale che, sulla base della presenza dei canini (scaglioni), oggi non più in sede, è possibile attribuire con buona probabilità al sesso maschile. La mappatura dello stato di conservazione è stata funzionale sia all’analisi dei singoli resti anatomici, sia alla programmazione degli interventi di restauro e conservazione, discussi di volta in volta in seno all’équipe di studio. Questo ha consentito di tracciare i limiti tra l’osso originale ed il ricostruito, le stuccature, le pluristratificazioni dei precedenti restauri, la presenza di elementi di connessione estranei all’osso nonché la valutazione dello stato reale dei singoli segmenti anatomici, al netto di tutte le manomissioni. 4. Sovrapposizione del modello 3D del cavallo allo schema della postura naturale di uno scheletro equino. Risultati dell’analisi archeozoologica L’analisi archeozoologica condotta sullo scheletro del “Cavallo di Maiuri” è stata di tipo puntuale, ovvero indirizzata allo studio di ogni singolo segmento anatomico superstite. Nel complesso sono stati conteggiati 129 resti scheletrici, annoverando però tutte le ossa del cranio fuse come un unico elemento anatomico, dunque più della metà di uno scheletro integro di perissodattilo che conta circa 205 ossa, numero stimato sulla conta singola delle porzioni craniali e dei sesamoidi. Le singole ossa e porzioni scheletriche, oggetto di esami autoptici precedenti e successivi alla rimozione degli interventi di restauro, sembrano potersi attribuire alla specie domestica dell’Equus Caballus L.17. L’analisi morfometrica è stata espletata sulla base del metodo di A. Von Den Driesch, 1976 e i rilievi biometrici sono stati utili anche per valutare l’altezza al garrese dell’animale secondo gli indici Kiesewalter (1888). Dai coefficienti di Kiesewalter, infatti, il dato certificato su numerosi elementi anatomici ha restituito sempre un valore approssimativo che si aggira attorno ai 1400 mm, da cui la stima dell’altezza al garrese di ca. 1,40 m. Questi valori corrispondono alla statura media dei cavalli del periodo romano e tardoantico in Italia, valutata tra i 137 e 141 cm ca.18. Il sesso, attribuibile con molta probabilità a quello 177 Parco Archeologico di Pompei cifico; l’altro, alla postura da assegnare, o riassegnare, all’apparato scheletrico complessivo. Anche in questo caso, un confronto costante tra le parti coinvolte ha portato a scelte oculate e innovative messe in campo dal gruppo di progettisti, rilevatori e modellatori 3D21. La quantità di ossa animali degradate era, difatti, notevole: alcune di esse hanno subito, nel tempo, pesanti stuccature e azioni di incollaggio (mandibole, cranio, vertebre, scapole, arti toracici e pelvici), altre sono andate totalmente perse (gabbia toracica, falange distale dell’arto posteriore destro, osso ioide, sterno, coda ecc., fig. 7). È stato quindi necessario sviluppare una soluzione, o più soluzioni, che potessero coniugare le esigenze di valorizzazione e fruizione con quelle della tutela del bene, il cui livello conservativo risultava fortemente compromesso. 5. In alto, vista ventrale della mandibola; in basso, vista ventrale del rilievo scanner dell’equide con ancora le staffe dell’allestimento in situ. Si noti come la porzione della mandibola ispessita non è interessata dal supporto. R E Natascia Pizzano TO L’APPLICAZIONE DI TECNICHE DI RILEVAMENTO TRIDIMENSIONALE PER UN INNOVATIVO PROGETTO ESPOSITIVO A U Una delle conseguenze più significative dello sviluppo di tecnologie per la modellazione tridimensionale è la possibilità di utilizzare gli strumenti digitali come mezzi per la documentazione e la condivisione della conoscenza. I modelli virtuali, in campo archeozoologico, possono raggiungere potenzialità comunicative enormi attraverso creazioni di video ed animazioni complesse per l’integrazione in ambienti immersivi di realtà aumentata che, in un futuro forse non troppo lontano, potrebbero essere identificati, a giusta ragione, come la sintassi di un nuovo linguaggio museografico. In questo quadro, le nuove frontiere della tecnologia mettono a disposizione attrezzature sempre più precise e complesse per il rilievo dei reperti archeologici, siano essi riferibili alla cultura materiale o, come nel nostro caso, a resti archeozoologici. Questi dispositivi permettono di registrare, nel quadro concettuale di una metodologia di rilevamento e di rilievo che segue precise regole, i caratteri geometrici e spaziali di qualsiasi oggetto, in un modo relativamente semplice22. L’obiettivo primario della digitalizzazione dell’equide è stato quello di crearne una replica digitale mediante la fedele e accurata acquisizione di informazioni di tutte le parti dello scheletro ancora conservate (fig. 1). La creazione di tale modello aveva l’obiettivo di restituire il dato di partenza per la successiva fase di smontaggio e restauro conservativo, mentre la definizione dei diversi livelli di dettaglio, necessari sia alla stampa delle integrazioni ossee, sia alla realizzazione di un nuovo supporto espositivo e di un modellino tattile per ipovedenti, sono state programmate nella fase di lavorazione contestuale al restauro; e questo anche per effettuare i necessari test preliminari volti a verificare le effettive prestazioni del set di tecnologie e metodologie di rilievo e modellazione adottate. Per la scansione è stato utilizzato un laser scanner che applica il sistema detto a triangolazione ottica, mentre per l’elaborazione dei dati è stato necessario l’utilizzo di più software: Metashape 6. L’intervento di ricollocazione della cresta nucale. C O P IA maschile, è stato stimato sulla presenza dei canini mandibolari e mascellari ancora visibili nelle foto storiche di archivio, oltre che da alcune tracce morfologiche ancora leggibili sui margini interalveolari delle mandibole e delle mascelle riconducibili alle bozze degli alveoli, nonostante le consistenti stuccature. Dallo studio delle suture craniali, nello specifico da quella interfrontale, è stato possibile stabilire che l’animale al momento della morte, avvenuta a causa dell’eruzione, avesse oltre i sette anni di età. D’altronde, lo stesso stadio di abrasione e usura dentaria palesa un’età adulta dell’individuo. L’osservazione autoptica del campione ha consentito di riscontrare talune anomalie morfologiche e morfometriche da imputare, con molta probabilità, a stress meccanici e/o a traumi durante la vita dell’animale, come nel caso della mandibola, che palesa un ispessimento del corpo mandibolare destro, associato ad una notevole rugosità, certamente non imputabile alle staffe metalliche utilizzate come supporto (fig. 5), ma ad un evento pregresso, di origine traumatica probabilmente, che ha condizionato anche la masticazione dell’animale durante le fasi di vita19. Importanti interventi di reintegro incidono su numerose porzioni anatomiche, soprattutto sul cranio (occipitale, parietale, squama temporale, nasale, processo zigomatico del frontale e orbitale). La cresta nucale, non in asse con l’interparietale, era ruotata verso destra. Una meticolosa attività di rimozione delle stuccature e di riconnessione dei segmenti, effettuata dai restauratori, ha riportato in asse le porzioni anatomiche (fig. 6). Anche per la colonna vertebrale è stato necessario, dopo la rimozione di collanti e stuccature, ricollocare le singole vertebre in sede naturale. Lo stato attuale della colonna non consente una efficace osservazione di eventuali patologie legate alla vita dell’animale ma sembra evidente che almeno due vertebre lombari, la L2 e la L3, siano tra loro fuse, una deformazione patologica che suggerisce uno stress meccanico in vita dovuto ad un’attività lavorativa intensa e protratta nel tempo o ad una prolungata cavalcatura20. Altri ingenti interventi di reintegro interessavano le mandibole, lacunose del ramo e del processo condilare. Specifici esami e approfondimenti biologici potranno maggiormente definire le specificità tassonomiche e genetiche relative all’individuo equino, al suo stato di salute, alla sua alimentazione e alla sua qualità di vita, elementi che meglio potrebbero chiarire anche l’utilizzo dell’animale prima della sua morte. Per pianificare le operazioni relative alla proposta delle ossa da integrare e riproporre in modellazione e stampa 3D, allo scopo di ricomporre lo scheletro superstite, le problematiche affrontate sono state di differente ordine e grado. Queste si riferivano sia alle ossa isolate, sia alle ossa lacunose da “connettere” alla porzione anatomica residua. Due elementi hanno inciso fortemente sulla scelta dei segmenti da reintegrare che ricadeva, inevitabilmente, sulla stabilità della struttura scheletrica da riproporre nel nuovo allestimento. Il primo elemento si riferiva alla natura stessa del prodotto da riprodurre ex-novo ed al suo peso spe- 7. Rappresentazione dello scheletro di equide su cui sono evidenziate le porzioni scheletriche riproposte in stampa 3D (in b/n). (per l’elaborazione fotogrammetrica di immagini digitali e per generare dati spaziali 3D), Zbrush (per modellazione, texturizzazione e painting in 3D e 2.5D), Cinema 4D (per modellazione 3D, animazione e rendering). A giocare un ruolo determinante nella scelta dei linguaggi e delle tecnologie da impiegare è stata la particolare natura dell’oggetto da valorizzare. Fin dalle fasi iniziali di progetto, la costruzione del percorso operativo per la realizzazione del modello 3D e del supporto per il nuovo allestimento si è caratterizzata come una sfida complessa e impegnativa, scandita soprattutto dalla necessità di interagire con alcuni elementi peculiari del reperto: lo stato di conservazione, la lunga permanenza in una postura errata, la conclamata fragilità di alcune parti, la necessità di visualizzare anche le parti non visibili degli innesti di cranio, vertebre, costole ed arti. Un ulteriore elemento vincolante nella definizione delle carat- 178 Parco Archeologico di Pompei / Intervento nello stabulum I 8, 12 11. Collaudo del prototipo in MDF: rimontaggio del cranio e della parte superiore della colonna vertebrale (sinecerastudio©). R E 10. Modelli 3D dei supporti delle vertebre ricavati con fotogrammetria (sinecerastudio©). A U TO 8. Le attività tecnologiche di supporto al progetto di valorizzazione: flusso di lavoro. 13. L’equide restaurato e rimontato con il nuovo supporto. unico della lastra in plexiglass trasparente, assemblaggio con l’ausilio dell’archeozoologo, dei restauratori e degli artigiani digitali, dello scheletro. fase, fondamentale è stato il supporto scientifico dell’archeozoologo. In totale, sono state modellate in 3D: le parti mancanti della mandibola (dx e sn), l’atlante, l’epistrofeo, l’osso sacro, la falange distale, le ossa della coda. Si sono inoltre modellati i quarantadue diversi sostegni per le vertebre, le costole e la coda che, sagomati individualmente e sulla traccia della scansione in negativo della parte di osso che avrebbero sostenuto, hanno una funzione portante e sono stati pensati per essere innestati sulle parti lineari del supporto in plexiglass. Disegnati come leggerissime selle e come semicerchi penduli, risultano invisibili e facilmente smontabili, così da rispondere alle esigenze del pubblico, che ha la necessità di vedere lo scheletro nella sua integrità, e quelle dello studioso, che deve poter prelevare/smontare singole parti per le proprie ricerche. Si sono stampate in 3D le ossa progettate ex novo e necessarie ad integrare il profilo dell’equide, i perni che dovevano reggere colonna vertebrale, costole e la struttura a sostegno di cranio e mandibola, il modellino tattile da inserire nel pannello espositivo in braille. Per le stampa di tutti questi elementi è stata utilizzata una stampante a resina, con resina grigia fotosensibile, successivamente trattata con pigmenti con l’obiettivo di riprodurre il colore originale. Un discorso più complesso riguarda la progettazione e la stampa dei supporti necessari a reggere il peso di cranio e mandibola; concepiti come parte integrante dell’intelaiatura che ne regge la struttura scheletrica, sono stati realizzati O P IA 12. Il nuovo supporto espositivo in uno spazio virtuale 3D (Marco Flaminio©). C 9. Modello 3D dei supporti a sostegno della testa dell’equide (sinecerastudio©). teristiche del sistema portante della struttura ossea del cavallo è stata la scelta di dare la giusta visibilità ad un reperto di grande valore, indicando come rigoroso vincolo, la realizzazione di un supporto leggero e non invasivo che, a differenza di quello smontato, interagisse con il reperto valorizzandone la singolarità. La procedura operativa si è così articolata (fig. 8): acquisizione e combinazione di immagini provenienti da set differenti, modellazione dei reperti ossei da integrare e dei supporti a sostegno delle parti fragili (figg. 9 e 10), progettazione dei supporti per il cranio e le ossa della colonna vertebrale (fig. 11), stampa 3D dei materiali modellati (fig. 12), progettazione preliminare del supporto espositivo (figg. 17-19), realizzazione di prototipi sperimentali, in polistirolo e MDF (fig. 13), collaudo e correzioni sui prototipi, progetto esecutivo per eseguire il taglio Il percorso operativo La scansione ha fornito una restituzione fedele e relativamente veloce della morfologia della struttura ossea dello scheletro e del suo supporto espositivo nelle sue tre dimensioni spaziali (X,Y,Z), la sua immediata misurabilità, la possibilità di una sua georeferenziabilità e, sebbene nella modellazione 3D degli oggetti, siano possibili diverse astrazioni, l’utilizzo del laser scanner e l’impiego diretto delle nuvole di punti ha consentito la realizzazione di un rilievo preciso ed oggettivo, privo di incertezze interpretative, che ha anche avuto il merito di registrare le tante lacune causate dalla lunga esposizione. L’elaborazione del modello ha però necessitato di una serie di ulteriori scansioni di dettaglio, che attraverso l’uso della fotogrammetria hanno permesso di completare l’esatta morfologia dei singoli reperti ossei nei punti non leggibili perché saldati, restaurati e/o semplicemente montati nella loro posizione naturale, ed ha fornito il negativo dei reperti ossei per i quali era necessario progettare un sistema portante di appoggio, solido ma poco invasivo, da ancorare al supporto espositivo. Con la modellazione si sono riprodotte le ossa necessarie alla stabilità delle varie parti conservate, partendo dalla scansione di dettaglio; in questa 179 Parco Archeologico di Pompei Laura del Verme, Marco Flaminio E R TO 14. Lo stato di avanzato degrado degli elementi ossei e della struttura metallica. IA IL RESTAURO CONSERVATIVO DELL’EQUIDE E IL NUOVO ALLESTIMENTO MUSEALE tessuto osseo delle vertebre toraciche ed il cavo metallico). L’atlante e l’epistrofeo, infatti, privi dell’arco dorsale ormai perduto, sono state le ossa più interessate dalla stuccatura riempitiva, la quale ne modellava in maniera grossolana la forma. Lo stesso stucco era presente anche in parte delle vertebre toraciche, soprattutto nelle lacune del processo spinoso; numerose stuccature di giunzione, invece, si rilevavano tra gli elementi ossei delle vertebre lombari, sacrali e caudali. Sono state riscontrate due tipologie di stucco: una sottostante realizzata con materiale più tenace, resinoso, di colore giallo (probabilmente Sintolit) che riproponeva in modo arbitrario il modellato mancante e teneva uniti i vari frammenti; un’altra posta sopra, più sottile e poco tenace, probabilmente di gesso, di tonalità simile al materiale osseo. Infine, un adesivo molto forte, di probabile origine animale, era stato impiegato per unire in modo non naturale alcuni elementi, rivelandosi nel tempo dannoso per il tessuto osseo, più fragile e tendente a disgregarsi nei punti di giunzione. La struttura di supporto che sosteneva lo scheletro dell’equide e ne garantiva una posizione eretta era stata realizzata interamente in metallo: un tubo in ottone del diametro di circa 15 mm era inserito all’interno dei fori vertebrali e si prolungava fino al cranio. In corrispondenza delle vertebre coccigee il tubolare si interrompeva e un cavo più sottile, sempre metallico, era incastrato all’interno del primo, così da rendere più agevole l’inserimento nelle più piccole ossa caudali. In prossimità delle prime vertebre toraciche, invece, e sotto quelle che compongono il sacro, erano stati avvitati al tubolare due semicerchi metallici, saldati poi a due tripodi di ferro pieno. Il proposito di impiegare una forma strutturale semicircolare ipotizza un più agevole posizionamento delle scapole e del bacino sul tubolare. Ai tripodi, poi, erano vincolati i quattro arti: tubolari in ferro di minor diametro passavano, infatti, all’interno del tessuto osseo con lo scopo di sostenere il peso, mentre all’esterno era presente del fil di ferro utilizzato come fascetta per il fissaggio al supporto metallico. Le costole erano sostenute da sottili tubolari di rame che passavano all’interno del tessuto spugnoso, celati in parte da numerose stuccature riempitive. La mandibola era perforata da un perno metallico orizzontale che permetteva di ancorarla al cranio mediante fili di rame. Inoltre, due staffe metalliche posizionate sotto la mandibola e collegate a fili ancorati ai tripodi contribuivano a sostenere il peso dell’intero sistema cranio-mandibola. A U con l’obiettivo di nascondere alla vista del visitatore le parti bullonate e funzionali all’equilibrio statico di questa parte dell’equide. Anche i perni delle vertebre e le staffe portanti delle costole sono stati modellati uno per uno, facendo passare nei punti meno visibili sottili fili di aggancio elastici, in modo da facilitarne l’estrazione in caso di necessità. Il nuovo supporto doveva essere leggero e non invasivo e, a differenza di quello smontato, interagire con il reperto valorizzandone la singolarità, tentando di collocare anche le parti scheletriche più pesanti nella naturale postura. Questa visione ha consigliato la progettazione preliminare di un prototipo in MDF su cui montare supporti, stampe integrative di cranio, mandibola e colonna vertebrale, prima della realizzazione degli esecutivi, così da determinare con una precisione millimetrica misure e posizioni. Il supporto espositivo è stato dunque progettato prevedendo la sagomatura di un’unica lastra quadrata di 2 cm di spessore e 2 m di lato che fungesse, grazie alla sua solidità, anche da telaio portante per lo scheletro, e su cui fissare, attraverso perni rettangolari in plexiglass incollati ed avvitati al supporto, gli arti anteriori, gli arti posteriori ed il bacino. Una struttura sagomata al millimetro, solida ed invisibile, ancorata ad una base metallica con perni di fissaggio da 30 cm, incardinata nello spazio dello stabulum, mostra al pubblico un cavallo in posizione eretta con l’attenzione rivolta al visitatore. P Introduzione C O L’intervento di restauro conservativo, finalizzato al recupero e alla tutela dei reperti scheletrici del cosiddetto “Cavallo di Maiuri”, ha interessato sia lo scheletro che il locale stesso del ritrovamento, lo stabulum, dove è attualmente musealizzato. Con il gruppo di lavoro è stato possibile affrontare le problematiche conservative del reperto conducendo, contemporaneamente, un approfondito studio scientifico dello scheletro, non affrontato all’epoca del ritrovamento. Il lavoro sinergico ha reso l’esperienza lavorativa un vero e proprio intervento multidisciplinare: un momento di studio ma anche di riflessione sulle corrette metodologie di intervento da applicare per rendere il reperto pienamente fruibile e adeguatamente valorizzato. Stato di conservazione Interventi precedenti L’intervento manutentivo più invasivo risale probabilmente agli anni ’60 del secolo scorso, quando, durante una manutenzione straordinaria, le ossa della colonna vertebrale, in particolare le vertebre cervicali, fortemente lacunose, furono integrate con uno stucco molto tenace che serviva sia da protezione del tessuto spugnoso (in corrispondenza delle lacune), sia da riempitivo (tra il Gli elementi ossei e il relativo supporto metallico versavano in un avanzato stato di degrado, dovuto alla ripetuta esposizione agli agenti atmosferici e al naturale deperimento dei materiali costitutivi (tessuto osseo e metallo) compromessi ulteriormente da interventi manutentivi non idonei. Le ossa erano fragili, disidratate e completamente ricoperte da depositi incoerenti, coerenti e cosparse di guano di animale (figg. 14-15). 15. Lo stato di conservazione degli elementi ossei: adesivi, stucchi non idonei e vincoli metallici degradati. Residui di adesivo molto forte si presentavano oltre i punti di giunzione delle ossa toraciche per mantenere uniti dei piccoli frammenti. Le numerose lacune si presentavano in gran parte colme di stucco. Inoltre, si riscontravano tracce di un vecchio protettivo ormai alterato. Fessurazioni, esfoliazioni e lacune erano presenti su quasi la totalità delle vertebre, dove il tessuto spugnoso risultava molto fragile e impoverito fino in profondità. Numerose le mancanze nei processi spinosi: quasi del tutto assenti quelli delle vertebre toraciche e lombari. La gabbia toracica dell’animale, inoltre, era ormai quasi completamente perduta, così come la terza falange destra posteriore e alcuni denti dell’arcata inferiore. Interessante il riscontro di un differente stato di conservazione tra la colonna vertebrale e i quattro arti, superiori e inferiori. Questi, infatti, erano caratterizzati da un tessuto più resistente rispetto a quello delle vertebre, con lacune di media entità e un tessuto spugnoso più compatto. Erano pre- 180 Parco Archeologico di Pompei / Intervento nello stabulum I 8, 12 Intervento di restauro O P IA A U TO R E 16. Pronto intervento in situ prima dello smontaggio di tutti gli elementi: fissaggio di piccoli frammenti in pericolo di caduta e successiva velinatura. Le prime riflessioni sono scaturite dalla necessità di liberare il materiale osseo dalla struttura metallica di sostegno aggiunta in un precedente intervento conservativo e non più idonea, contrastando così l’insorgere di fenomeni alterativi e dei prodotti di corrosione del supporto metallico. A queste, poi, è seguita una ponderata scelta dei prodotti da impiegare, idonei alla materia e selezionati per la loro durabilità ed efficacia. Secondo aspetto fondamentale, la necessità di realizzare un nuovo sostegno: una struttura non invasiva come la precedente ma contenitiva, con lo scopo di accogliere la fragile materia ossea, ristabilendo la corretta postura dell’animale e un calibrato scarico dei pesi, aspetto fondamentale per la conservazione nel tempo. Dopo uno studio preliminare della letteratura presente nonché del materiale fornito dall’archeozoologia sulla morfologia dell’equide, è stato possibile individuare la corretta metodologia di intervento, in relazione anche alla complessità delle vicende storiche e del naturale invecchiamento del tessuto osseo. La prima fase dell’intervento conservativo ha previsto il rilievo in situ dello scheletro e del suo supporto metallico con la tecnologia del laser scanner, in modo da acquisire informazioni e disporre di una documentazione dettagliata dello stato di fatto, sia del tessuto osseo sia della postura non corretta relativa all’ultimo assemblaggio. Lo scheletro è stato poi oggetto di un pronto intervento in situ: dopo una prima spolveratura preliminare è stato necessario, infatti, eseguire alcuni fissaggi23 di piccoli frammenti in pericolo di caduta e una velinatura di protezione24 per le porzioni più fragili, come fratture o distacchi, in previsione del successivo smontaggio e del trasporto in laboratorio. La collaborazione e l’assistenza dell’archeozoologa è stata indispensabile già in questa fase di smontaggio (fig. 16): è stato infatti necessario tagliare in più punti il tubolare metallico poiché risultava difficoltoso estrarlo da tutte le vertebre semplicemente sfilandolo, in quanto incollato e bloccato con lo stucco. In corso d’opera, quindi, si è deciso di tagliare i tripodi all’altezza dei semicerchi e trasportare la colonna vertebrale col cranio e parte del supporto in laboratorio. Per primi sono stati scomposti gli arti: gli elementi non erano incollati tra loro25 ma solo vincolati da un filo metallico che correva al loro interno. Il sistema di ancoraggio è risultato poco complesso in quanto è bastato rompere i fili che vincolavano le ossa ai tripodi e liberarle così dai cavi interni che le irrigidivano. Una volta smontate le singole parti sono state ordinate in grandi cassette predisposte con Teflon come strato ammortizzante. A questo punto si è proceduto alla rimozione dei semicerchi e all’estrazione del tubo in ottone all’interno delle vertebre; questo è stato tagliato partendo dalla zona delle vertebre caudali e ciò ha consentito la rimozione del tubolare più piccolo. Si è proseguito poi verso il cranio, tagliando in più parti il cavo grande di ottone e sfilando tutte le vertebre in maniera graduale. Purtroppo, molte di queste erano state incollate tra loro nell’inter- vento precedente, probabilmente per mantenerle dritte e impedirne ogni movimento intorno al tubolare, poi stuccate e riempite con un materiale sintetico26. Svincolate le singole parti e separato da esse il cranio, si è proceduto con il consolidamento della materia (fig. 17): operazione meticolosa che si è protratta nel tempo per rispettare i giusti tempi di asciugatura delle superfici e di azione dei prodotti. È stato escluso sin da subito l’utilizzo di una resina acrilica in emulsione o micro emulsione; si è pertanto ricercato tra i prodotti in commercio quanto più possibile affini al tessuto osseo e capaci di penetrare in profondità. È stato scelto l’ammonio fosfato bibasico27, utilizzato in più concentrazioni28 (fino a un massimo del 15%) disciolto in acqua demineralizzata; il prodotto è stato applicato per infiltrazione con ausilio di piccole siringhe di plastica e nei casi più gravi, dove la porzione era fortemente compromessa e dopo test di prova, è stato applicato per imbibizione fino a rifiuto. Utilizzato per il consolidamento di materiale lapideo a matrice carbonatica, il trattamento si basa sulla formazione all’interno dei pori di un sale di calcio estremamente insolubile, inattaccabile anche da acidi e basi e capace di riformare legami tra i granuli di calcite decoesi. Le variazioni cromatiche e la riduzione di permeabilità conseguenti al trattamento sono minime e pertanto trascurabili. Ricreata così una accettabile resistenza meccanica è stato possibile procedere con la rimozione delle parti plastiche di rifacimento. Vista la tenacità del materiale utilizzato si è operato con mezzi meccanici: l‘ausilio del microtrapano ha permesso, infatti, una lenta ma controllata rimozione dello stucco, liberando definitivamente tutte le ossa e le loro superfici compresi gli incollaggi tra le vertebre. Per quanto riguarda la cresta occipitale del cranio, non trovandosi nella corretta posizione, è stata rimossa e riposizionata correttamente. La pulitura si è articolata in una serie di operazioni effettuate in modo graduale e controllato, tenendo conto delle possibili alterazioni del tessuto osseo (fig. 18). I trattamenti sono stati condotti nel rispetto del materiale costitutivo e mirati anche al recupero delle qualità estetiche. Per la rimozione dei depositi coerenti e dei residui di protettivo alterato è stata utilizzata una soluzione acquosa di ammonio citrato29 alternata a solventi organici30: entrambi sono stati applicati a pennello e/o con piccoli tamponi di cotone, controllando sempre la bagnabilità delle superfici. Per la macchia verde sulla parte sinistra del cranio, ormai compenetrata nel tessuto osseo, si è deciso di provare la cisteina (già utilizzata nel settore lapideo per la rimozione delle macchie causate dagli ossidi di rame), mediante compresse di cisteina e polpa di cellulosa31. Alla sperimentazione è stata comunque affiancata una metodologia più tradizionale per rimuovere, o quanto meno alleggerire, le macchie di colore verde sul cranio e mandibola: sono state quindi applicate compresse di soluzione salina al pH basico32 supportata in polpa di cellulosa e sepiolite, e lasciate sul substrato fino a completa essiccazione. A questo punto, osservando insieme all’archeozoologa, è emerso che alcune delle vertebre sono C 17. Sezione che mostra il tubo in ottone inserito nelle vertebre con l’originale sistema di ancoraggio dei semicerchi in ferro di A. Maiuri. senti fori di diverse dimensioni entro i quali passavano i fili di ferro di ancoraggio e sostegno che, nel tempo, a causa di condizioni microclimatiche inidonee, hanno rilasciato macchie di ossidazione color arancio. Il cranio sembrava essere stato rimaneggiato più volte, con ricostruzioni del modellato e inserimento di perni e staffe di contenimento. La cresta occipitale si trovava ruotata rispetto alla reale postura e pertanto non si presentava in asse. Il cavo in ottone, esteso all’interno del cranio e a contatto con il tessuto osseo, per effetto dell’umidità aveva rilasciato dei sali di rame che sono migrati sulla superficie, penetrando nella porosità del materiale e determinando la grande macchia verde circoscritta nell’orbita oculare sinistra. Il supporto metallico, così come tutti gli elementi di vincolo, era ossidato; i fili di ferro, inoltre, fragili e ammalorati, non svolgevano più la loro funzione di ancoraggio al supporto. 181 Parco Archeologico di Pompei 19. Ricollocazione del cranio sul nuovo sistema di sostegno. Lo stucco è stato accordato cromaticamente in fase di preparazione con l’aggiunta di pigmenti in polvere39, fino al raggiungimento di un tono simile alla colorazione originale delle ossa. Sulla base del rilievo effettuato, sono stati progettati, modellati e stampati in resina con stampante 3D alcuni elementi ossei mancanti40 ma di fondamentale importanza per la riproposizione della corretta postura dell’animale, da inserire poi nella successiva fase di rimontaggio dello scheletro. La progettazione del nuovo supporto ha avuto inizio contemporaneamente allo studio preliminare, propedeutico al restauro delle ossa: a seguito delle informazioni acquisite con lo studio della letteratura disponibile, è emersa fin da subito la necessità di ideare un supporto meno invasivo e più gradevole esteticamente. La progettazione del supporto è stato un vero e proprio work in progress: nel procedere con l’intervento conservativo sulle ossa, infatti, sono emerse via via varie problematiche sul successivo rimontaggio dello scheletro nella corretta postura e sul nuovo supporto. Si è scelto di creare una sagoma dell’equide in materiale trasparente, così da indicare una ipotetica volumetria di ingombro; lo scheletro dell’animale non era così più semplicemente sostenuto e vincolato internamente ad un supporto rigido, ma collocato su un supporto resistente e funzionale nell’insieme, oltre che gradevole dal punto di vista estetico. Come materiale per la sagoma è stato scelto il plexiglass per l’elevato indice di trasparenza e versatilità del modellato, per la resistenza agli agenti atmosferici e semplicità nella realizzazione di eventuali tagli o perforazioni. La successiva fase del riassemblaggio dello scheletro sul nuovo supporto è stata una operazione molto laboriosa, in particolare per il posizionamento degli arti, ancorati tramite fili trasparenti41 a piccole barrette orizzontali anch’esse in plexiglass e poste perpendicolarmente al supporto con lo scopo di agevolarne l’inclinazione. Per favorire nel tempo la tenuta di alcune porzioni di maggior peso, come l‘omero e la tibia, sono stati inseriti dei magneti, sfruttando i fori preesistenti nelle zampe (fig. 19). Infine, la nuova esposizione è completata da una pedana in metallo color grigio antracite, ideata per sorreggere e incastrare la sagoma trasparente. Lo stabulum P C O A U TO R E 18. Rimozione meccanica tramite microincisore della stuccatura resinosa nelle vertebre cervicali. IA state rimontate in posizione non corretta, come anche la cresta occipitale del cranio. Dall’attenta osservazione della documentazione d’archivio è stato quindi possibile riposizionare alcuni frammenti (soprattutto dei processi spinosi) recuperati nello stabulum e raccolti in un sacchetto, reincollandoli33 nella loro esatta posizione. Sempre in presenza dell’archeozoologa e sotto la sua direzione, è stata più volte verificata la presenza e la corretta sequenza di tutti gli elementi ossei dello scheletro; ed è stata proprio la ripetuta osservazione visiva e i colloqui intercorsi con la Direzione Lavori ad indirizzare il successivo intervento di stuccatura. Operazione, questa, non sempre di facile esecuzione, in quanto pone di fronte a molteplici riflessioni: ristabilita la continuità delle superfici per l’aspetto conservativo ma anche estetico, rimane sempre il difficile quesito se sia corretto o no ripristinare le forme. Nel caso dell’equide, infatti, vi sono numerosi elementi lacunosi, se non addirittura mancanti. E questo è tra i motivi della postura non corretta in cui si trovava lo scheletro nel precedente allestimento. Definite quindi le linee guida per l’integrazione plastica e delle lacune degli elementi ossei, si è proceduto con lo stuccare dapprima le numerose fessurazioni presenti sulle superfici e, successivamente, alla ricostruzione plastica degli elementi più importanti e maggiormente lacunosi, in modo da ripristinarne la resistenza meccanica e la continuità visiva. Diverse, invece, le considerazioni fatte sulla metodologia di intervento per quelle parti che presentavano a vista il tessuto spugnoso34, in corrispondenza del quale le cavità, seppur consolidate fino in profondità, nel tempo restano zone fragili e più soggette al degrado e agli scambi termoigrometrici. Di fondamentale importanza per lo studio scientifico del reperto, infatti, era necessario che il tessuto spugnoso rimanesse ben visibile e senza occlusioni da alcun tipo di stucco che, oltretutto, vista la morfologia delle cavità, non avrebbe più la caratteristica fondamentale di reversibilità nel tempo. Si è deciso pertanto di intervenire trattando la superficie non come lacuna da colmare, ma come zona di abrasione, ricoprendo soltanto in modo superficiale le cavità e abbassando di tono la cromia grigio scura. Pigmenti in polvere sono stati stemperati in una soluzione acquosa di microemulsione acrilica35 e applicati a pennello sulle parti con tessuto spugnoso a vista: la presenza della microemulsione acrilica, inoltre, ne ha aumentato la resistenza meccanica. Anche la scelta del materiale per le stuccature e integrazioni plastiche è stato argomento di discussione: partendo dal presupposto che non esistono in commercio prodotti specifici ideati per questa operazione su materiali indeboliti strutturalmente, per evitare di interferire con un materiale estremamente tenace rispetto alla fragilità dei corpi ossei è stato scelto un prodotto36 commerciale formulato per l’operazione di stuccatura e di integrazione del legno, molto flessibile, elastico e con resistenza fisico-meccanica bassa37. Prima dell’applicazione dello stucco, come strato di intervento, la superficie è stata protetta con l’applicazione di una micro emulsione acrilica38 in soluzione acquosa. Lo stabulum conservava un sistema espositivo molto simile a quello realizzato dal Maiuri nel secolo scorso, fatta eccezione per la base in cemento, la terminazione dei tripodi e i pannelli lignei per l’esposizione degli strumenti non più presenti. Era coperto da una semplice tettoia di lamiera ondulata e chiuso frontalmente da una grata metallica di protezione. Le pareti, costituite da pietrame locale, presentavano una notevole decoesione delle malte, lacune di media e grave entità ed erano visibili stilature tra i giunti risalenti ad interventi precedenti. Nella parete di fondo erano presenti frammenti di intonaco grezzo, alcuni dei quali in pericolo di crollo. Intervento di restauro e nuovo allestimento del sito L’intervento ha mirato a limitare gli scambi termo igrometrici con l’esterno e il possibile accesso di volatili o altri animali, nonché a valorizzarlo per una più completa fruizione. Per attenuare l’umidità proveniente dal terreno, presente in alte percentuali, è stato steso un telo di materiale plastico ricoperto poi con lapillo locale. La lamiera di copertura e la grata di recinzione sono state rimosse, mentre le pareti sono state pulite dai depositi incoerenti con pennellesse morbide. Per risanare i difetti di adesione tra la muratura e l’intonaco della parete di fondo è stata utilizzata una malta idraulica premiscelata42 applicata per infiltrazione con l’ausilio di siringhe di plastica. I difetti di coesione, invece, sono stati risanati con nanocalce,43, applicata sulle superfici per impregnazione a pennello e fino a saturazione. Successivamente, per colmare i vuoti della muratura, sono state eseguite le stuccature di profondità, utilizzando malte fibrate44; le mancanze tra i giunti, invece, più superficiali, sono state colmate con malta idraulica45 preparata in situ, selezionando cariche e inerti per colore e granulometria, prediligendo materiali locali. Nella nuova copertura una trave metallica è stata inserita orizzontalmente sui muri perimetrali a sostegno di tutto il tetto; è stata creata dapprima una orditura di travi lignee con sezione maggiore, 182 Parco Archeologico di Pompei / Intervento nello stabulum I 8, 12 IA O P Stefania Giudice, Debora Fagiani, Cristiana Ciocchetti DAL RESTAURO ALLA VALORIZZAZIONE C Fin dalle primissime fasi di progettazione dell’intervento il team di tecnici incaricati ha posto tra gli obiettivi da conseguire, vista l’eccezionalità del reperto, quelli di un miglioramento della sua fruizione e valorizzazione tale da raggiungere un pubblico ampio e inclusivo. La presenza dello scheletro di un equide, ancora conservato in situ dal momento dello scavo e grazie ad una fortunata forma di musealizzazione, ha rappresentato un momento di riflessione non solo per come favorire una lettura completa e complessa di quanto conservato, ma anche di come trasmettere una rinnovata conoscenza del reperto in questione, anche alla luce delle nuove indagini portate avanti in questo intervento. In tal senso il restauro del “Cavallo del Maiuri” ha rappresentato una occasione importante anche per sperimentare nuove forme di comunicazione e fruizione, rispetto ad un ripensamento attualmente in corso sull’accessibilità dei luoghi della cultura, a partire dal periodo postpandemico. In più, la concomitanza con la riapertura della Casa di Cerere offre una interessante occasione conservato, limitando così le sezioni e gli elementi di collegamento, tale da avere una maggiore luce libera per i pannelli in cristallo antisfondamento e per garantire una lettura completa dello sviluppo dello scheletro dell’equide. Arianna Spinosa RINGRAZIAMENTI Si ringrazia il gruppo di lavoro per la continua disponibilità e dedizione in tutte le fasi progettuali e operative Gruppo dei lavori: RUP: Dott.ssa Luana Toniolo, Direttore dei Lavori: Dott.ssa Stefania Giudice, Direttore Operativo Restauratore: Dott.ssa Paola Sabatucci, Direttore Operativo Architetto: Arch. Arianna Spinosa, Direttore Operativo Ingegnere: Ing. Armando Santamaria, Coordinatore alla Sicurezza: Ing. Vincenso Calvanese, Supporto Contabile Ales: Geom. Amedeo Mercogliano, Archeozoologo: Dott.ssa Natascia Pizzano, Rilievo Laser Scanner e modellazione 3D: SineCeraStudio di Laura del Verme (Dott.ssa Laura del Verme e Sig. Marco Flaminio). Impresa appaltatrice: DF 1 – Restauro Beni Culturali di Fagiani Debora: Dott.ssa Debora Fagiani, Dott.ssa Cristiana Ciocchetti, Dott. Massimiliano Massera, Dott.ssa Valeria Bertolani, Geom.: Federicoluciano Antonini. L. Toniolo (a cura di) et al. E R Infine, è stata predisposta una vetrata antisfondamento all’interno di un serramento metallico con finitura a finto korten, con lo scopo di proteggere il reperto e contenere il più possibile un microclima interno idoneo alla sua conservazione. I cristalli, infatti, sono stati posizionati all’interno del serramento lasciando aperture perimetrali per il ricircolo dell’aria. La nuova musealizzazione dell’equide è stata completata con il posizionamento di due pannelli espositivi posti ai lati, uno bilingue e l‘altro con testo in Braille (fig. 20), che ne raccontano le vicende storiche e ne descrivono l’intervento conservativo. TO al di sopra della quale sono stati posti i travetti della seconda orditura, rispettando un interasse di 0,40 m. Successivamente sono stati posti in opera gli embrici che, essendo tutti della stessa misura, si posano tra i travetti incastrandosi perfettamente tra di loro nelle ampie scanalature. Coppi ed embrici sono stati scelti con cura tra quelli realizzati a mano in fornace e hanno una tonalità rosata chiara che ben si integra al contesto architettonico del Parco. A U 20. Il modello tattile per ipovedenti. di visita, attraversando il vicolo tra l’insula 8 e l’insula 9 della Regio I di due episodi, apparentemente minori per dimensione dei luoghi, rispetto alle grandi domus e monumenti, ma eccezionali per la particolarità del bagaglio di conoscenze che mettono a disposizione del visitatore più curioso. Tali interventi, dal punto di vista della fruizione generale dell’intero sito di Pompei, contribuiscono inoltre a rendere “più porosa” la fruizione del sito nell’attraversamento dei vicoli trasversali tra Via dell’Abbondanza, divenuta oramai un asse di percorrenza veloce, grazie all’intervento di miglioramento dei percorsi accessibili, con Via di Castricio, sull’asse oramai consolidato dall’Anfiteatro verso le domus del Menandro e dell’Efebo. L’intervento relativo alla pannellistica presenta un testo in Braille e un modello tattile tridimensionale dello scheletro, che rientra all’interno di un piano per l’eliminazione delle barriere sensoriali messo in atto dal Parco Archeologico di Pompei dal 2016, a partire dall’inaugurazione del percorso facilitato “Pompei per Tutti”46. Infatti, sulla scia di un solco già tracciato con l’intervento “Pompei per Tutti” che ha migliorato il livello di accessibilità fisica al sito con il superamento delle barriere architettoniche, il Parco ha avviato, sulla base degli indirizzi della Direzione Generale Musei e dei finanziamenti del PNRR, una serie di progettazioni che mirano alla individuazione di nuove forme e strategie di fruizione e valorizzazione, così da consentire il più ampio accesso ai siti museali e partecipazione alla cultura. Nelle progettazioni avviate ai percorsi senza barriere si affianca l’impiego di supporti e guide facilitate (digitali e non), video, racconti con linguaggi visivi e modelli tattili per le aree più rappresentative del sito. Ciò consentirà a ciascun visitatore di selezionare mano a mano i livelli di approfondimento e di conoscenza della Pompei antica. In tal senso l’intervento di restauro appena concluso rappresenta una prima sperimentazione che si ricollega ad un piano più ampio, in cui confluiscono tutte le azioni in corso e in programmazione. Infine, tra gli obiettivi posti alla base della progettazione dell’intervento di restauro ricordiamo la particolare attenzione dedicata anche al “contenitore”, l’ambiente stalla. Nell’ambito dell’intervento della Messa in Sicurezza della Regio I, terminata nel 2020, si era attuata una mera manutenzione ordinaria delle strutture di copertura esistenti, al fine di eliminare le problematiche di infiltrazione di acqua e di ossidazione dei profili di ferro, posti a sorreggere un manto di copertura in lamiera. L’intervento progettato invece ha previsto un rinnovamento generale delle coperture con un nuovo tetto a falda con struttura in travi di legno di castagno e manto con tegole tipo “Pompei”, secondo le tecniche tradizionali impiegate nel vicino intervento delle nuove coperture della Casa di Cerere. Con tale intervento, inoltre, si è migliorato il sistema di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, portandole al di fuori dell’ambiente lungo il vicolo. Alla struttura di copertura è collegato l’infisso di protezione del cavallo, a sostituzione di una rete in ferro, ritenuta poco decorosa per il reperto Bibliografia A. Angelini, R. Gabrielli, Laser scanning e photo scanning. Tecniche di rilevamento per la documentazione 3D di beni architettonici ed archeologici, Archeologia e Calcolatori 24 2013, pp. 379-394. R. Barone, Anatomia comparata dei mammiferi domestici, Bologna 1974. Barone, et al. 2018: S. Barone, P. Neri, A. Paoli, A.V. Razionale, Automatic technical documentation of lithic artefacts by digital techniques, in Digital Applications in Archaeology and Cultural Heritage 11 2018, pp. 87-92. J. Boessneck, Osteological differences between Sheep (Ovis aries Linné) and Goat (Capra hircus Linné), in D. Brothewell, E. Higgs (a cura di), Science in Archaeology. A Comprehensive Survey of Progress and Research, London 1969, pp. 331-358. S. Bökönyi, A History of Domestic Mammals in Central and Eastern Europe, Budapest 1974. S. Bőkőnyi, The equids of Umm-Dabaghiyah, Iraq, in R. H. Meadows, H.P. Uerpmann (a cura di), Equids in the Ancient World, Wiesbaden 1986, pp. 302-317. L. Bornaz, Principi di funzionamento e tecniche di acquisizione, in F. Crosilla, S. Dequal (a cura di), Laser scanning terrestre, Udine 2006, pp. 1-18. L. Chaix, P. Méniel, Les animaux et l’archéologie, Paris 2001. R.E. Chaplin, The Study of Animal Bones from Archaeological Sites, London 1971. C. Cundari, Il rilievo architettonico. Ragioni. Fondamenti. Applicazioni, Roma 2012. J. De Grossi Mazzorin, Archeozoologia. Lo studio dei resti animali in archeologia, Milano 2008. J. De Grossi Mazzorin, A. Riedel, A. Tagliacozzo, Horse remains in Italy from the Eneolithic to 183 Parco Archeologico di Pompei P C O R E M. Sgrenzaroli, G. Vassena (a cura di), Tecniche di rilevamento tridimensionale tramite laser scanner, Brescia 2007. I.A. Silver, The ageing of domestic animals, in D. Brothewell, E. Higgs (a cura di), Science in Archaeology. A Comprehensive Survey of Progress and Research, London 1969, pp. 283-302. F. Sirano (a cura di), Pompei per tutti, Napoli 2016. L. Toniolo, Dal grande Museo al racconto delle piccole storie: il museo diffuso da Spinazzola a Maiuri, in G. Cianciolo Cosentino, P. Kastenmeier, K. Wilhelm (a cura di), The multiple lives of Pompeii. Surfaces and environments, Napoli 2021a, pp. 151-163. L. Toniolo, Schede di catalogo n. 91, 92, 93, in M. Osanna, A. Capurso, S.M. Masseroli (a cura di), I calchi di Pompei da Giuseppe Fiorelli ad oggi, Roma 2021b, pp. 535-540. A. Von Den Driesch, A guide to the Measurement of Animal Bones from Archaeological Sites, 1 Harvard University1976, pp. 1-137. Note A U TO 1 Su questo tema si veda Toniolo 2021a; su Maiuri si veda in dettaglio Osanna 2017. 2 Si veda ad esempio la Fullonica di Stephanus, la Casa di Championnet, la Casa di Cerere, la Casa del Larario fiorito, cfr. Toniolo 2021a, p. 162. 3 L’intervento di “Restauro degli apparati decorativi e delle aree di giardino della Casa di Cerere” è stato avviato nel luglio 2020 e concluso nel luglio 2021, Responsabile Unico del Procedimento, architetto Arianna Spinosa, Direzione dei Lavori architetto Anna Onesti, direttori operativi archeologa Luana Toniolo, restauratrice Raffaella Guarino, ing. Alessandra Zambrano. La progettazione architettonica è stata curata dalla R.P.A. mentre il progetto strutturale dall’ing. Giovanni Cangi. 4 Oltre al caso qui presentato, cinque esemplari sono stati rinvenuti nella stalla dell’Insula dei Casti Amanti (IX 12) e nella stalla della Casa di Amaranto(I 9, 12) e nella cucina della Casa del Giardino nella Regio V, si veda Richardson, Thompson, Genovese 1997. 5 Si veda Osanna, Toniolo 2022, pp. 164-175; Osanna et al. 2021, pp. 183-184; Toniolo 2021b, pp. 535-540. 6 L’arch. Arianna Spinosa, progettista e successivamente Direttore Operativo per gli aspetti architettonici e l’ing. Armando Santamaria, progettista e Direttore Operativo. 7 Dott.ssa Stefania Giudice, progettista per gli aspetti di restauro e successivamente Direttore dei Lavori e la dott.ssa Paola Sabattucci, progettista per gli aspetti di restauro e Direttore Operativo. 8 Maiuri 1954, p. 88. 9 Della Corte 1946. 10 Della Corte 1946. 11 CIL IV, 5808. 12 Osanna 2017. 13 Si veda ad esempio il volume Pompei ed Ercolano fra case abitanti. 14 Intervento “Restauro dei calchi e reperti di Pompei (GPP 34)”, RUP S. Vanacore; progettisti A. Capurso, L. D’Esposito, S.M. Masseroli, S. Vanacore, con la collaborazione di S. Giudice, M. Valentini, N. Vitiello. 15 Il cavallo è un animale adattato alla corsa che viene spesso utilizzato in attività fisicamente molto stressanti, sottoponendo le ossa e le articolazioni a stress e traumi. Un ruolo molto importante in quest’ottica è rivestito dalla colonna vertebrale, che può essere soggetta a diverse patologie. IA the Roman period. Proceedings of the XIII International Congress of Prehistoric and Protohistoric Sciences, (Forlì – Italia, 8-14 September 1996), Workshops, Vol. VI, Tome I, 1998, pp. 87-92. M. Della Corte, Pompei. Scoperte epigrafiche (Reg. I, ins. VII-VIII e varie), NSc 1946. D. Delpiano, M. Peresani, A. Pastoors, The contribution of 3D visual technology to the study of Palaeolithic knapped stones based on refitting, in Digital Applications in Archaeology and Cultural Heritage 4 2017, pp. 28-38. V. Eisenmann, Comparative osteology of modern and fossil horses, half-asses, and asses, in R.H. Meadows, H.P. Uerpmann (a cura di), Equids in the Ancient World, Wiesbaden 1986, pp. 67-116. M.G. Filetici, F. Sirano, G. Vitagliano, Pompei per tutti: verso un’archeologia senza barriere, in M. Osanna, R. Picone (a cura di), Restaurando Pompei. Riflessioni a margine del Grande Progetto Pompei, Roma 2018, pp. 381-396. R. Getty, Anatomia degli animali domestici di Sisson e Grossman, Vol. I e II, Padova 1982. A. Grant, The use of the tooth wear as a guide to the age of domestic ungulates, in B. Wilson, G. Grison, S. Payne (a cura di), Ageing and sexing animal bones from archaeological sites, B.A.R., (British Series) 109, Oxford 1982, pp. 91-108. Grosman et al. 2014: L. Grosman, A. Karasik, O. Harush, U. Smilanksy, Archaeology in three dimensions, in Journal of Eastern Mediterranean Archaeology, Heritage Studies 2.1 2014, pp. 48-63. L. Kiesewalter, Skelettmessungen an Pferden als Beitrag zur theoretischen Grundlage der Beurteilungslehre des Pferdes, Leipzig 1888, pp. 1-88. A. Maiuri, Due singolari dipinti pompeiani, in MDAIR 60-61, 1954, pp. 88-99. C. Minniti, Analisi dei resti faunistici provenienti da tre pozzi (nn. 6, 7 e 11) di Vallerano (RomaI-II sec. d.C.), in Atti del III Convegno Nazionale di Archeozoologia, (Siracusa 2000), Roma 2005, pp. 419-432. Olson et al. 2014: B.R. Olson, J.M. Gordon, C. Runnels, S. 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Santini, Analisi archeozoologiche su resti equini dal tumulo di Corvaro di Borgorose (Ri), in Lazio e Sabina 4 2007, pp. 117-122. E. Schmid, Atlas of animal bones for Prehistorians, Archaeologists and Quaternary Geologists, Amsterdam, London, New York 1972. 16 Le vertebre toraciche sono molto superficiali e, corrispondendo alla zona della sella, hanno la tendenza a soffrire di alcune patologie, come anche le vertebre lombari, dove si trova la groppa del cavallo. Sarebbe opportuno un approfondimento specifico per certificare l’origine biologica di una tale regressione ossea. 17 Considerato lo stato di conservazione “alterato” del campione, l’attribuzione alla specie dell’Equus Caballus L. è stata fatta con grande prudenza. Per avere informazioni certe riguardo del taxon di appartenenza sono necessarie e opportune indagini mirate di tipo genetico. 18 De Grossi Mazzorin, Riedel, Tagliacozzo 1998; Minniti 2005. 19 Conseguenza diretta della deformazione è lo stadio di abrasione dentaria che sembra palesare una masticazione irregolare e asimmetrica. 20 Cfr. anche Santini 2007. 21 Si veda infra il contributo di del Verme e Flaminio. 22 La diffusione delle tecniche laser a scansione è abbastanza recente e grazie alla disponibilità di strumenti sempre più performanti ed economici ha avuto un notevole impulso negli ultimi dieci anni, si veda Bornaz 2006; Sgrenzaroli, Vassena 2007; Cundari 2012; Angelini, Gabrielli 2013, Grosman 2014, Delpiano 2017, Barone 2018. 23 Mowital B60 al 5% in alcool etilico. 24 Mentolo al 10% in alcool etilico. 25 Ad eccezione di due piccole porzioni, la falange mediana incollata alla falange distale (zoccolo). 26 Sintolit, stucco poliestere ampiamente utilizzato negli anni ’60 del Novecento. 27 Ammonio fosfato bibasico (diammonio fosfato DAP) della CTS Europe. 28 Si è partiti da una concentrazione del 5%, poi del 10% e nei casi più degradati con una concentrazione del 15%. 29 Saliva sintetica: ammonio citrato al 5% in acqua demineralizzata. 30 Alcool isopropilico e acetone. 31 Soluzione di cisteina al 3% in acqua con tempo di applicazione di 4 ore, che ha permesso di alleggerire la cromia delle macchie e ridurre l’estensione degli aloni. 32 Carbonato d’ammonio in soluzione satura. 33 Movital al 5% in alcool etilico. 34 Fenomeno evidente soprattutto nelle vertebre cervicali e toraciche. 35 Resina acrilica in amulsione Acrylic E411 in acqua demineralizzata al 15%. 36 La Balsite, una resina epossidica bicomponente prodotta da CTS Europe. 37 Il valore di resistenza meccanica condiziona la facilitò o meno di resistenza dello stucco. 38 Resina acrilica in emulsione Acrylic E411 in acqua demineralizzata al 15%. 39 Terra di siena naturale, terra d’ombra naturale, nero, bianco di titanio. 40 Progettazione, modellazione e stampa delle parti mancanti della mandibola (dx e sn), l’atlante, l’epistrofeo, l’osso sacro, la falange distale, ossa della coda. 41 Fili di lenza e fili elastici trasparenti di nylon. 42 PLM A prodotto dalla CTS Europe. 43 Nanorestore - dispersione di idrossido di calcio in alcool isopropilico, prodotta da CTS Europe. 44 MM30-Fassa Bortolo. 45 PLM A prodotto dalla CTS Europe. 46 L’intervento “Pompei per tutti. Percorsi per l’accessibilità e il superamento delle barriere architettoniche”, finanziato con fondi PON FESR 2007-2013, è stato avviato nel giugno 2014 e concluso a dicembre 2016 (Direttore Generale del Grande Progetto Pompei: 184 Parco Archeologico di Pompei / Pompei I 17 che si è avvalso anche del supporto di Invitalia Attività Produttive spa. Gianluca Vitagliano ha coordinato il gruppo che si è occupato della progettazione esecutiva e della direzione dei lavori, costituito da U. Sansone, L. D. Esposito, M. L. Iadanza, A. Martellone, A. Spinosa, M.C. Lombardo, E. Tonnera. L’intervento è illustrato in Sirano 2016 e in Filetici, Sirano, Vitagliano 2018. C O P IA A U TO R E prima Giovanni Nistri, poi Luigi Curatoli; Soprintendente: Massimo Osanna). Francesco Sirano ne è stato responsabile unico del procedimento, mentre Maria Grazia Filetici ha coordinato il gruppo di progettazione
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