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Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida

2021, Bollettino filosofico

Metaphors of pleasure. Between Freud and Derrida In the first part of the article some of Freud's texts are analyzed to show that: (1) Freud's analysis of pleasure has an uncertain epistemological status, which lies between the fictional, the philosophical and the scientific; (2) in Beyond the Pleasure Principle the thesis on the nature of pleasure, despite its problematic epistemological legitimacy, takes on a metaphysical significance. In the second part of the article, the interpretation proposed by Derrida in Spéculer-sur "Freud" is analyzed to show that: (3a) Freud's analysis depends on a preliminary interpretation of the notion of pleasure that is not critically questioned; (3b) because of this preliminary assumption, Freudian language always remains metaphorical. Finally (4), starting from Spéculer-sur "Freud", some general considerations on the relationship between psychoanalysis and deconstruction are proposed.

Bollettino Filosofico XXXVI (2021) DECOSTRUZIONE E PSICOANALISI A PARTIRE DA DERRIDA Bollettino Filosofico XXXVI (2021) DECOSTRUZIONE E PSICOANALISI A PARTIRE DA DERRIDA A CURA DI SILVANO FACIONI E FABRIZIO PALOMBI Pubblicata da: FedOAPress - Università di Napoli “Federico II” Piazza Bellini 59-60 80136 Napoli Realizzato con Open Journal System ISSN: 1593 - 7178 E-ISSN 2035 - 2670 Bollettino Filosofico è indicizzata in: The Philosopher’s Index Google Scholar Google Libri ROAD Jurn EZB – Elektronische Zeitschriftentbibliotek ESCI- Clarivate Analytics Web of Science La rivista è in Fascia A Anvur per i settori concorsuali 11/C1 e 11/C3 BOLLETTINO FILOSOFICO Editor in Chief Pio COLONNELLO Steering Committee Pio COLONNELLO (Università della Calabria)  Maurizio FERRARIS (Università di Torino) . 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Anasemie transfenomenologiche 47 Ruben Carmine Fasolino Malgré les apparences: Derrida, Lacan y el círculo (vicioso) “hermenéutico” 60 Maurizio Ferraris L’inconscio artificiale 69 Elias Jabre La résistance à venir, pour une autre logique des frontières 80 Domenico Licciardi Speculare sulla distruzione. Ontologie della pulsione di morte tra psicoanalisi, decostruzione e plasticità 95 Fabrizio Palombi La disgiuntura del tempo: sulla differænza derridiana tra spettro e spirito 108 Rafael Pérez Baquero Los desafíos éticos del post-estructuralismo: Encuentros con el psicoanálisis a través de la teoría del trauma 121 Caterina Resta Jacques Derrida e l’a-venire della psicoanalisi 134 Elizabeth Rottenberg Intimate Relations: Psychoanalysis Deconstruction / La psychanalyse la déconstruction 147 Kas Saghafi Phantasms 161 Mario Vergani L’a b c della psicanalisi. Il tema della telepatia in Derrida 172 Francesco Vitale Al di qua della pulsione di potere. Derrida, Freud e la società delle pulsioni Forum 186 Alberto Andronico Al di là del diritto. Il “passo” di Jacques Derrida 202 Claudio D’Aurizio Il pas di Derrida fra decostruzione e psicoanalisi 214 Michele Di Bartolo Resistenza e interpretazione 222 Carmine Di Martino Eteronomia ed elezione. Derrida e l’elogio della psicoanalisi 233 Martino Feyles Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida 245 Burt C. Hopkins Derrida’s Criticism of Husserl Reconsidered: Historicity, Ideality and the Phenomenon of Voice 257 Matteo Mollisi La lettera rubata e la decostruzione della storia. Derrida tra Heidegger, Lacan e Patočka 272 Bruno Moroncini Giocare al fort/da. Lacan, Derrida, e la pulsione di morte 287 Alex Obrigewitsch Between Narcissus and Echo: the Agony of the Subject 299 Felice Ciro Papparo Ridisegnare la soggettività. Sulla lettura derridiana di Valéry 318 Adrian Switzer A Morbid, Finite Bond: Derrida, Freud and Archival Technologies of Inscription 331 Francesco Saverio Trincia La voce e il fenomeno: da Husserl a Derrida e oltre MARTINO FEYLES Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida Abstract: Metaphors of pleasure. Between Freud and Derrida In the first part of the article some of Freud’s texts are analyzed to show that: (1) Freud’s analysis of pleasure has an uncertain epistemological status, which lies between the fictional, the philosophical and the scientific; (2) in Beyond the Pleasure Principle the thesis on the nature of pleasure, despite its problematic epistemological legitimacy, takes on a metaphysical significance. In the second part of the article, the interpretation proposed by Derrida in Spéculer – sur “Freud” is analyzed to show that: (3a) Freud's analysis depends on a preliminary interpretation of the notion of pleasure that is not critically questioned; (3b) because of this preliminary assumption, Freudian language always remains metaphorical. Finally (4), starting from Spéculer – sur “Freud”, some general considerations on the relationship between psychoanalysis and deconstruction are proposed. Keywords: Deconstruction, Derrida, Freud, Pleasure, Psychoanalysis 1. La finzione del principio di dispiacere Nel settimo capitolo de L’interpretazione dei sogni Freud affronta anche il problema del piacere. La questione è introdotta dalla necessità di «chiarire la natura psichica dei desideri»1. La vita psichica è interamente regolata dalla necessità di soddisfare il desiderio. Il sogno stesso, come è noto, non è altro che un’articolata messa in scena che risponde a questa esigenza originaria. Freud è convinto che la modalità con cui il sogno risponde agli impulsi del desiderio sia una modalità «primitiva»2, ancora legata alle fase più arcaica dello sviluppo psichico. In questa fase arcaica della vita psichica la soddisfazione del desiderio è – così dobbiamo supporre – innanzitutto di natura allucinatoria: il soggetto è portato a ripetere la percezione dell’oggetto collegato al desiderio, anche se l’oggetto in “realtà” non è più presente. Ben presto, però, questa strategia di soddisfazione allucinatoria si rivela «inefficace»3 e il soggetto è costretto a optare per una soluzione più complessa, ma anche più redditizia in termini di soddisfazione, mobilitando il pensiero e agendo nella realtà esterna. Questa strategia più mediata nella ricerca della soddisfazione viene temporaneamente sospesa nel sogno che rappresenta, invece, una sorta di ritorno alla regola arcaica della soddisfazione puramente immaginativa. È importante notare che queste ipotesi sul funzionamento primitivo della psiche sono presentate, ne L’interpretazione dei sogni, come dei costrutti teorici che non possono essere validati e nemmeno contradetti dall’esperienza. Lo scienziato non ha modo di sapere quello che accade effettivamente nelle fasi iniziali dello sviluppo della psiche umana, perché questi sviluppi precedono la formazione del linguaggio e si sottraggono all’osservazione analitica. Freud è ben consapevole del carattere puramente ipotetico delle sue considerazioni a questo proposito. Anche le tesi di fondo di Al di là del principio di piacere – che avrò modo di discutere tra poco – verranno presentate come delle «ipotesi speculative»4, che non possono essere verificate empiricamente. Ma ne L’interpretazione dei sogni Freud usa un termine ancora più significativo, nella prospettiva di un confronto  Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. 1 2 3 4 Freud (1989a), p. 416. Ivi, p. 417. Ivi, p. 418. Freud (1977), p. 17. Bollettino Filosofico 36 (2021): 233-244 ISSN 1593 -7178 - 00030 E-ISSN 2035 -2670 DOI 10.6093/1593-7178/8726 233 Martino Feyles tra decostruzione e psicoanalisi: per indicare lo statuto epistemologico di queste ipotesi puramente speculative viene utilizzata, infatti, la parola «finzione» [Fiktion]5. Derrida ha più volte evidenziato il doppio legame che unisce la psicoanalisi alla finzione. Da una parte Freud non può fare a meno di appoggiarsi sulla finzione letteraria e sull’immaginazione metaforica; dall’altra parte il discorso teorico della psicoanalisi si situa in una zona di confine tra la narrazione di finzione e la teoria scientifica: non è né semplicemente finzione, né semplicemente scienza6. Da Edipo a Narciso, da Mosè alle favole di Andersen, le tesi fondamentali della psicoanalisi vengono “illustrate” da Freud, facendo ricorso, in modo apparentemente casuale, al mito e alla letteratura. In realtà questo nesso non è affatto casuale dal punto di vista di Derrida7. Freud sembra considerare la finzione come una riserva di esempi che si trovano là, «fortunatamente disponibili» per lo scienziato, e che consentono di illustrare un corpus di verità che rimane di per sé indipendente da questo insieme di testi mitologici e letterari. Derrida, al contrario, suggerisce una coappartenenza strutturale tra la teoria psicoanalitica e il campo testuale del mito e della letteratura8. Questo intreccio costitutivo motiva anche il continuo ricorso alla metafora. Freud non può fare a meno di utilizzare un linguaggio metaforico, sfruttando ancora una volta le risorse del finzionale. Derrida ha evidenziato più volte (e non solo leggendo Freud) questa necessità che è nello stesso tempo linguistica e teorica9. Probabilmente Freud e la scena della scrittura è il testo più esplicito a questo proposito. Nelle diverse fasi dello sviluppo del suo pensiero, Freud paragona la psiche: 1) a una rete di tracce neuronali; 2) a un sistema di iscrizioni; 3) a una macchina ottica analoga al telescopio o al microscopio; 4) a uno strumento di scrittura simile al celebre “Notes magico” con cui giocano i bambini. Per Derrida questi paragoni, queste immagini, non hanno una funzione ornamentale o retorica, ma corrispondono ad altrettanti «modelli metaforici»10, che hanno lo scopo di spiegare il funzionamento della macchina psichica. Non si tratta semplicemente di illustrazioni che danno visibilità a un’idea che potrebbe essere rappresentata altrimenti in modo più proprio. C’è una necessità strutturale alla base della decisione di Freud di rappresentare l’apparato psichico come una macchina di scrittura: da una parte perché la coscienza ha la forma di un testo; dall’altra parte perché la scrittura – così come la concepisce Derrida – è molto più simile all’inconscio freudiano, che non al segno della metafisica o della semiotica. Come vedremo, il legame tra psicoanalisi e finzione è al centro della lettura derridiana di Al di là del principio di piacere. Ma prima di arrivare a questa lettura è necessario evidenziare la tesi fondamentale che sorregge l’impalcatura della “finzione teorica” presentata ne L’interpretazione dei sogni. Freud formula questa tesi in modo esplicito: «Abbiamo già studiato la finzione di un apparato psichico primitivo le cui attività siano regolate dal tentativo di evitare un’accumulazione di eccitazioni e di mantenersi per quanto possibile privo di eccitazioni»11. L’apparato psichico, stando all’ipotesi presentata ne L’interpretazione dei sogni, sarebbe interamente soggetto al principio di piacere. Freud dà per scontato che non vi sia a questo riguardo nessuna differenza tra il sistema primario e il sistema secondario: «il principio del piacere regola evidentemente il corso dell’eccitazione nel primo come nel secondo sistema»12. Anche la definizione preliminare del piacere viene data per scontata. Il presupposto fondamentale su cui si basa la finzione speculativa presentata ne L’interpretazione dei sogni è che l’accumulazione di eccitazione venga sperimentata dalla 5 Freud (1989a), p. 568. Freud utilizza lo stesso termine anche in una nota del saggio che riprenderò tra poco, Precisazioni sui due princìpi dell’accadere psichico: cfr. Freud (1981), p. 455. 6 Derrida (1978), p. 19 7 Ivi, p. 16. 8 Cfr. Kofman (1991). 9 Cfr. in particolare Derrida (1997a), p. 275; Feyles (2018), p. 45 e ss. 10 Derrida (2002), p. 257. 11 Freud (1989a), p. 441. 12 Ivi, p. 443. 234 Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida psiche come un dispiacere e che, di conseguenza, il piacere consista in una liberazione dallo stimolo. Lo scopo ultimo dell’apparato psichico sarebbe dunque mantenere l’organismo il più possibile al riparo da ogni eccitazione13. Il quadro teorico è già quello che verrà riproposto vent’anni dopo, in Al di là del piacere. Ma la formulazione linguistica che Freud sceglie ne L’interpretazione dei sogni è per certi versi più chiara. La regola fondamentale che presiede al funzionamento della psiche viene definita come «principio del dispiacere» e non, come accadrà vent’anni dopo, come principio di piacere. Questa formulazione mette in evidenza il carattere sostanzialmente negativo della definizione freudiana dell’esperienza del piacere: il piacere è un non dispiacere, è la negazione o meglio la risoluzione di uno stato di tensione psichica, che viene esperito come dispiacere14. 2. L’interpretazione nichilistica del piacere Le tesi formulate nel settimo capitolo de L’interpretazione dei sogni vengono integrate nel saggio intitolato Precisazioni sui due princìpi dell’accadere psichico. Accanto al principio di piacere – che viene ancora chiamato «principio di piacere-dispiacere», con una formula che segna il passaggio dalla terminologia de L’interpretazione dei sogni alla terminologia di Al di là del principio di piacere – Freud pone un altro principio, altrettanto fondamentale: il principio di realtà. Se il principio di piacere è la sola regola alla quale obbedisce l’inconscio, al contrario le funzioni coscienti dipendono dal principio di realtà. La genesi stessa delle principali funzioni psichiche coscienti – percezione, memoria, giudizio, attenzione, ecc. – è legata alle esigenze del principio di realtà, che si industria di rendere sempre più efficace la relazione tra il soggetto e il mondo esterno. L’introduzione di questo secondo principio rende ragione delle differenti strategie di soddisfazione del desiderio messe in atto dall’inconscio e dall’io cosciente. Ma in realtà l’assunto fondamentale che era alla base del L’interpretazione dei sogni viene confermato: la vita psichica obbedisce a una sola regola, la regola del piacere. Il principio di realtà è, infatti, subordinato al principio di piacere: il sostituirsi del principio di realtà al principio di piacere non significa la destituzione del principio di piacere, ma una miglior salvaguardia di esso. Un piacere, momentaneo e incerto nelle sue conseguenze, viene abbandonato, ma soltanto per conseguirne in avvenire, attraverso la nuova via, uno più sicuro15. Il principio di realtà assicura una maggiore efficacia al principio di piacere. Certamente può accadere – e di fatto accade quasi sempre – che il principio di realtà imponga di abbandonare un piacere immediatamente disponibile o addirittura di attraversare uno stadio intermedio di dispiacere. Ma il passaggio attraverso il dispiacere resta funzionale nell’ottica di un calcolo, il cui fine ultimo è il raggiungimento del massimo piacere possibile. La metafora economica, a cui Freud ricorre spesso, esprime in modo particolarmente efficace la logica di questa relazione. La psiche si regola in base a un’economia del piacere il cui fine ultimo è la “massimizzazione del profitto” – se così si può dire –, cioè l’ottenimento 13 La problematicità di questa assunzione è evidenziata in modo molto chiaro da Laplanche e Pontalis che sottolineano la differenza fondamentale tra due interpretazioni del principio di costanza che Fechner aveva sviluppato e che Freud assume come punto di partenza della sua analisi: da una parte il principio può essere inteso come se lo scopo dell’organismo fosse di ritornare al grado zero della stimolazione, e dunque inevitabilmente allo stato inanimato, dall’altra esso può essere inteso come se lo scopo dell’organismo fosse di eliminare gli squilibri nella sua relazione con l’ambiente e dunque di mantenere una relazione costante con il mondo. La seconda possibilità, tendenzialmente, esclude l’interpretazione nichilistica del piacere. Ma «The definitions which Freud proposes are all ambiguous in that the tendency towards an absolute reduction and the trend to constancy are treated as identical» (Laplanche, Pontalis,1973, p. 346). 14 È opportuno ricordare a questo punto Burke, l’autore che per primo ha delineato una distinzione di principio tra il piacere negativo, che consiste nella liberazione dal bisogno, e il piacere positivo, che non ha alcuna relazione con uno stato precedente di dispiacere. Questa distinzione fenomenologica fondamentale non ha un luogo nel pensiero di Freud, che tende a pensare ogni forma di godimento sulla base del modello offerto dal piacere negativo. Cfr. Burke (2020), pp. 66-67. 15 Freud (1981), p. 458. 235 Martino Feyles del massimo vantaggio possibile in termini di piacere. Il principio di realtà è dunque semplicemente un “differimento” calcolato del principio di piacere. Il quadro teorico presentato ne L’interpretazione dei sogni e sviluppato in Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico viene confermato e rafforzato anche negli scritti di metapsicologia del 1915. Nel tentativo di assicurare alla psicoanalisi un linguaggio rigoroso – dal momento che vi è «l’esigenza che una scienza sia costruita in base a concetti chiari ed esattamente definiti»16 –, Freud cerca di definire il concetto di pulsione. La pulsione viene concepita come un bisogno che mira al soddisfacimento e viene pensata in analogia con il concetto fisiologico di stimolo. La stimolazione sensoriale è un’azione esercitata dall’ambiente esterno sulla psiche; al contrario la pulsione è una sorta di stimolazione interna – molto più costante, più impellente, più inevitabile – che si esercita sull’apparato psichico. Freud ribadisce la sua idea a proposito di questa stimolazione interna: si tratta di un’esperienza che l’organismo tende naturalmente ad evitare. L’esperienza che corrisponde a questa stimolazione che proviene dall’interno è il dispiacere, dal momento che ciò che viene percepito è uno stato di bisogno. Al contrario il piacere corrisponde a una «riduzione dello stimolo»17. In questo modo il sistema nervoso dell’organismo vivente, che è regolato dal principio di piacere, sembra perseguire un solo scopo: «eliminare gli stimoli che gli pervengono» o comunque «ridurli al minimo»18. Questa ipotesi speculativa, che definisce il fine ultimo del vivente, la sua «intenzionalità» originaria19, non viene presentata in questo contesto come una finzione teorica, ma come un «postulato» (Voraussetzung) fondamentale, «il più importante» dei postulati teorici su cui si fonda la metapsicologia. Lo stesso Freud riconosce, dunque, che si tratta di un’asserzione non verificabile empiricamente – poiché i postulati e i presupposti per principio non possono essere verificati – ma nello stesso tempo fondante, dal momento che offre la base teorica su cui tutto l’edificio della metapsicologia si regge. In Al di là del principio di piacere il quadro teorico si complica notevolmente, ma l’ipotesi fondamentale su cui si basa la speculazione freudiana – il piacere è una diminuzione dell’eccitazione psichica – viene confermata e sviluppata fino alle sue conseguenze più radicali. Come è noto, il problema fondamentale intorno a cui il saggio di Freud è costruito è il problema del significato della coazione a ripetere. La questione è assai controversa ed è stata oggetto di un interminabile lavoro di interpretazione e commento, tanto in ambito psicoanalitico, quanto in ambito filosofico, anche perché lo stesso Freud presenta le sue idee in modo ambiguo e talvolta contraddittorio. Nonostante queste ambiguità, sembra chiaro che la riflessione sul significato della coazione a ripetere conduce a una radicalizzazione della tesi che, come abbiamo visto, era presentata come il più importante postulato alla base della metapsicologia. «Che tipo di connessione esiste fra la pulsionalità e la coazione a ripetere?» si domanda Freud. La risposta è nota: la pulsione deve essere concepita come una spinta regressiva, che mira a restaurare «uno stato precedente al quale l’organismo ha dovuto rinunciare sotto l’influsso di forze perturbatrici provenienti dall’esterno»20. Questa tesi è del tutto coerente con il postulato presentato in Pulsioni e loro destini che stabiliva come scopo ultimo del sistema nervoso l’eliminazione di ogni stimolo21. La stimolazione è sempre un’alterazione di uno stato di quiete. Se la pulsione è una stimolazione interna e se è vero che l’«intenzionalità» fondamentale dell’organismo è definita dalla tendenza a ridurre allo zero ogni stimolazione, ne consegue che ogni pulsione avrà un carattere regressivo, sarà, cioè, una spinta a ritornare allo stato di quiete che precede lo stimolo. Ma Al di là del principio di piacere è più radicale, rispetto a Pulsioni e loro destini, perché questa tesi diventa l’argomento fondamentale su cui si appoggia una 16 17 18 19 20 21 Freud (1978), p. 27. Ivi, p. 31. Ivi, p. 30. Ibidem. Freud (1977), p. 60. Cfr. Caropreso, Simanke (2011), pp. 89-90. 236 Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida tesi metafisica di carattere universale. La tendenza regressiva non sarebbe solo «una proprietà universale delle pulsioni» – il che era già implicito in Pulsioni e loro destini – ma anche, «forse», una proprietà universale «di tutta la vita organica»22. In questo senso un fenomeno psicologico, che emerge nel contesto dell’osservazione analitica, acquista un significato filosofico generale, perché diventa la chiave interpretativa a partire da cui è possibile intravedere «il fine ultimo degli sforzi di tutto ciò che è organico»23. Le celeberrime tesi sulla morte – compendiate nella famosa formula: «la meta di tutto ciò che è vivo è la morte»24 – che Freud presenta in Al di là del principio di piacere, non sono semplicemente tesi psicologiche o metapsicologiche: sono tesi “metafisiche”, nel senso che implicano un’interpretazione relativa al senso ultimo della realtà25. Nonostante cerchi di nasconderlo, Freud è del tutto consapevole del carattere schiettamente filosofico dell’interpretazione che sta proponendo26. Lo dimostra in modo incontrovertibile l’insistenza con cui ribadisce che le tesi di Al di là del principio di piacere sono: «una speculazione che si spinge molto lontano»27; «risultati che possono dare un’impressione di falsa profondità o misticismo»28; una concezione «che manca di ogni evidenza intuitiva, e fa addirittura un’impressione mistica»29; l’esito di una pura «curiosità scientifica», interessata a «seguire una certa linea di pensiero», da «sviluppare fin dove è possibile»30. Nelle pagine finali del saggio si assiste anche a una curiosa doppia confessione. Prima Freud ammette: non so «se e in che misura sono io stesso convinto della validità delle ipotesi che ho sviluppato in queste pagine»31. Poco dopo però – e sono le ultime battute del testo – si corregge e, riguardando a cose fatte il suo saggio, conclude: «non posso evitare di ammettere che alcune delle analogie, dei collegamenti, delle connessioni che esso contiene mi sono sembrati degni di essere presi in considerazione»32. D’altra parte, i rimandi a Schopenhauer, a Nietzsche e a Platone sono inequivocabili: Freud sa di aver intrapreso un cammino che è quello della speculazione filosofica e proprio per questo, da uomo di scienza, moltiplica le prudenze, professa un certo scetticismo nei confronti delle sue stesse riflessioni, si scusa ripetutamente col lettore. La psicoanalisi di Freud non è difficile da situare solo in relazione alla scienza e alla finzione, ma anche in relazione alla filosofia33. Freud (1977), p. 60. Ivi, p. 63. 24 Ibidem. 25 In questo senso è significativo che la prima occorrenza del termine “metapsicologia” (Freud, 1982, p. 280) si presenti in un contesto in cui Freud prospetta la possibilità di una “traduzione” della metafisica in termini di psicologia dell’inconscio. Le teorie sulla realtà soprasensibile – Freud in quel contesto pensa alle superstizioni e alle religioni, ma nulla ci impedisce di pensare anche alle metafisiche filosofiche – devono essere sostituite dalla psicologia dell’inconscio. La metapsicologia deve dunque prendere il posto della metafisica. 26 Robert Grimwade ha analizzato l’ambiguo rapporto di eredità e nello stesso tempo di denegazione che lega Freud a Nietzsche e Schopenhauer: «Philosophy is operating behind the scenes in Freud’s writings, framing the unfolding of psychoanalysis from its origin. In Beyond the Pleasure Principle Freud is “speculating.” He is traversing the very boundary he established between “philosophy” and “psychoanalysis.” But rather than admitting that the official boundary has been transgressed, Freud insulates a purely “scientific” psychoanalysis from purely “speculative” metaphysics». Grimwade (2012), p. 361. 27 Freud (1977), p. 41. 28 Ivi, p. 62. 29 Ivi, p. 87. 30 Ivi, p. 94. 31 Ibidem. 32 Ivi, p. 97. 33 Anche il fatto che Freud consideri la teoria psicoanalitica delle due pulsioni originarie e la teoria cosmica di Empedocle due dottrine che per molti versi «sarebbero identiche» (Freud, 1989b, p. 60) conferma il carattere metafisico della tesi fondamentale sostenuta in Al di là del principio di piacere. Su questo cfr. Kofman (1991): «Moreover, in formulating his theory of the existence of a universal death instinct, one which would be in existence prior even to life itself and which would be revealed by physical phenomena such as the repulsion of bodies, Freud gives his own theory a cosmic dimension» (ivi, p. 25). 22 23 237 Martino Feyles Ora, qual è l’argomento fondamentale su cui si appoggia questa speculazione che non è propriamente filosofica, né rigorosamente scientifica, né semplicemente finzionale e che conduce a una visione del mondo in cui la morte è il fine ultimo del vivente? È necessario evidenziare la catena argomentativa che unisce i termini del ragionamento freudiano: morte, ripetizione, pulsione, piacere. La morte è il fine ultimo di ogni vivente, perché la struttura universale della pulsione è la ripetizione e la morte è il regresso assoluto, cioè il ritorno allo stato inanimato che precede la vita. Ma perché la struttura della pulsione è strutturalmente regressiva? Perché la pulsione è la percezione di una stimolazione interna e la soddisfazione di una pulsione si ottiene solo facendo cessare questa stimolazione, cioè ritornando al grado zero della stimolazione. Ma cosa vuol dire soddisfazione di una pulsione? Quand’è che una pulsione viene soddisfatta? L’esperienza della soddisfazione di una pulsione è il piacere, mentre la persistenza di uno stimolo pulsionale è avvertita a livello psichico come un dispiacere. Che cos’è dunque un piacere? Tutto il ragionamento dipende da questa domanda. Come abbiamo visto Freud aveva già risposto a questo interrogativo ne L’interpretazione dei sogni e aveva più volte ribadito la sua risposta. Al di là del principio di piacere ripete ancora una volta la tesi fondamentale: l’apparato psichico si forza «di mantenere più bassa possibile, o quanto meno costante la quantità di eccitamento presente nell’apparato stesso. Questa ipotesi non è che una diversa formulazione del principio di piacere»34. Questa concezione negativa del piacere è il fondamento ultimo di una catena argomentativa che è ancora implicita ne L’interpretazione dei sogni e che viene progressivamente sviluppata da Freud, giungendo fino alle sue conseguenze ultime solo in Al di là del principio di piacere. Non credo sia sbagliato indicare questa interpretazione del piacere ricorrendo al termine “nichilismo”. Dal punto di vista freudiano il piacere è un “annullamento” dell’eccitazione psichica, una “nullificazione” dello stimolo pulsionale. La visione del mondo che viene prospettata in Al di là del principio di piacere dipende in ultima analisi da un’interpretazione nichilistica del piacere. Se è così, la questione fenomenologica del piacere, il problema di descrivere l’esperienza del piacere, acquista un significato strategico decisivo. Come abbiamo visto, Freud presenta la sua interpretazione della nozione di piacere come una «finzione» (ne L’interpretazione dei sogni), come un «postulato» (in Pulsioni e loro destini), come una «ipotesi» e come una «speculazione» (in Al di là del principio di piacere). È chiaro però che questa ipotesi, indipendentemente dal fatto che sia scientifica, filosofica o finzionale, deve avere un suo radicamento nell’esperienza soggettiva. Nell’ultimo paragrafo di Al di là del principio di piacere si trova un’indicazione fondamentale a questo proposito. Freud si interroga sulla relazione tra pulsione di morte e piacere. Il principio di piacere, che è la regola fondamentale della vita psichica, viene in qualche modo subordinato, quasi che fosse «al servizio delle pulsioni di morte»35. A margine di queste osservazioni Freud nota: «Abbiamo tutti sperimentato come il massimo piacere che possiamo attingere, il piacere dell’atto sessuale, sia legato con la momentanea estinzione di un eccitamento estremamente intenso»36. Il godimento del sesso è dunque il prototipo che serve da riferimento per pensare l’esperienza del piacere in generale37. Dal momento che il piacere sessuale consiste nell’annullamento della “tensione” e dell’“eccitazione”, che sono alla base della pulsione sessuale, bisogna supporre che ogni piacere debba avere la medesima struttura. L’interpretazione nichilistica del piacere, con tutte le sue conseguenze, ha il suo radicamento fenomenologico in questa osservazione: «Abbiamo tutti sperimentato…»38. Ivi, p. 19. Ivi, p. 101. 36 Ivi, p. 99. 37 Bencivenga (2012), p. 20. 38 È importante notare che, qualche anno dopo Al di là del principio di piacere, Freud ritorna sul problema e sembra manifestare più di un dubbio sulle sue precedenti affermazioni. In Il problema economico del masochismo a proposito dell’identificazione del principio di piacere con «il principio del nirvana», cioè con la tendenza ad annullare ogni tensione e ogni stimolazione, Freud afferma a chiare lettere: «questa 34 35 238 Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida 3. Il punto di vista economico e la qualità del piacere La lettura di Al di là del principio piacere che Derrida propone si sviluppa in molteplici direzioni. Per rendersi conto della varietà dei temi che si intrecciano in Speculare - su “Freud” è sufficiente provare a elencare in modo schematico quelli che ricorrono in modo più insistente. In ordine sparso e senza alcuna pretesa di completezza possiamo dire che Derrida: a) evidenzia il singolare rapporto che lega psicoanalisi e finzione39; b) si interroga sulla denegazione di Freud, che rifiuta la filosofia, ma nello stesso tempo propone una speculazione filosofica, che si richiama a Platone, Nietzsche e Schopenhauer40; c) utilizza la contrapposizione freudiana tra piacere e realtà, vita e morte, per situare la nozione di différance al di là delle coppie concettuali classiche41; d) dimostra il ripiegamento su stesso del testo di Al di là del principio di piacere, dal momento che Freud analizza il principio di piacere e la coazione a ripetere, ma la sua analisi obbedisce inconsapevolmente alla logica del piacere e della ripetizione, mettendo in scena performativamente i due principi che intende tematizzare42; e) analizza il singolare rapporto che la psicoanalisi intrattiene con la personalità del suo fondatore e con la firma di Freud, distinguendosi così da ogni scienza oggettiva43; f) evidenzia la necessità inevitabile del ricorso alla metafora nel discorso psicoanalitico44; g) analizza il complesso rapporto che Freud stabilisce tra la nozione di piacere e la nozione di “costrizione” o capacità di “legare” (Bindung)45; h) individua nella “pulsione di dominazione” il principio nascosto che si situa al di là del piacere46; i) dimostra il carattere paradossale e autocontraddittorio delle nozioni di piacere e dispiacere utilizzate in Al di là del principio di piacere47; l) riflette sul singolare modo di argomentare di Freud, che ripetutamente afferma la necessità di muovere un “passo” ulteriore, approfondendo l’analisi speculativa, ma in realtà sembra ritornare sempre allo stesso punto, segnando il passo48. Questo elenco è senza dubbio incompleto e parziale. Il suo scopo è solo di situare le osservazioni che verranno proposte in questo paragrafo sullo sfondo di un contesto che – non bisogna dimenticarlo – rimane più ampio. Tra i numerosi problemi analizzati in Speculare – su “Freud”, ognuno dei quali richiederebbe una trattazione a parte, possiamo qui analizzarne uno soltanto, che è particolarmente significativo nella prospettiva che viene concezione non può essere esatta» (Freud, 1980, p. 6). Il piacere e il dispiacere non possono esse concepiti semplicemente sulla base di «un fattore quantitativo», cioè come incremento o decremento dell’eccitazione psichica, bensì a partire da un’altra «caratteristica che non possiamo fare altro che definire qualitativa» (ibidem). Anche in questo contesto Freud ribadisce che la psicoanalisi non è in grado di dire quasi nulla su questa misteriosa caratteristica qualitativa del piacere: «Se sapessimo dire in cosa consiste questa caratteristica qualitativa del piacere, avremmo fatto un grande passo in avanti in psicologia» (ibidem). Derrida menziona solo di sfuggita, in due note, questo testo di Freud, che però ha un’importanza fondamentale nella prospettiva qui delineata. Il ripensamento freudiano conferma la problematicità della questione relativa alla qualità del piacere. Evidentemente anche Freud deve aver avvertito una certa insoddisfazione a proposito delle tesi prospettate in Al di là del principio di piacere e in particolare a proposito della riduzione quantitativa dell’esperienza del piacere e della sua interpretazione nichilistica. In effetti in Il problema economico del masochismo il principio di piacere viene considerato come una modificazione del principio del nirvana operata dalla libido. In questo senso il piacere sarebbe legato essenzialmente alle pulsioni di vita, mentre l’annullamento dello stimolo, l’effetto nirvana, sarebbe legato essenzialmente alle pulsioni di morte. In questo differente quadro teorico il piacere non avrebbe più un intrinseco carattere auto-distruttivo e dovrebbe cadere, di conseguenza, anche la catena argomentativa che in Al di là del principio di piacere porta Freud a supporre che ogni organismo tenda naturalmente alla propria morte. 39 Derrida (2000), pp. 98; 130 e ss. 40 Ivi, pp. 5-9; 16. 41 Ivi, pp. 31-32. 42 Ivi, pp. 52; 72. 43 Derrida non cita Foucault, ma questo legame essenziale tra la psicoanalisi e la personalità di Freud era stato evidenziato in Che cos’è un autore. Cfr. Foucault (2010), p. 19. 44 Derrida (2000), p. 145-146. 45 Ivi, pp. 168-169. 46 Ivi, pp. 170-172 47 Ivi, pp. 163-165. 48 Ivi, p. 30. 239 Martino Feyles delineata in questo articolo. Si tratta del problema della qualità soggettiva – si potrebbe dire: “fenomenologica” – del piacere. Nelle prime righe di Al di là del principio di piacere Freud ribadisce il presupposto fondamentale su cui, come abbiamo visto, si basa la sua teoria del piacere. Il piacere è concepito partendo da un «punto di vista economico»49 come un abbassamento della tensione prodotta da una stimolazione che viene avvertita come spiacevole. Derrida evidenzia il carattere per certi versi dogmatico di questa assunzione: La ricerca del piacere […] il piacere legato ad un calo di tensione, tutto questo presuppone che si sappia almeno implicitamente che cosa sia il piacere, che si pre-comprenda il senso di questa parola (piacere), visto che di per sé, quanto detto non lo chiarisce minimamente. Nulla è detto dell’esperienza qualitativa del piacere. Che cos’è? In cosa consiste? […] La definizione del principio di piacere è muta per quanto concerne il piacere, la sua essenza, la sua qualità. Condotta dal punto di vista economico, la sua definizione non interessa che relazioni quantitative50. L’analisi di Freud prende le mosse da una precomprensione della nozione di piacere che non viene mai analizzata in modo critico. Il presupposto da cui Freud parte – lo abbiamo ripetuto più volte – è che il piacere sia un abbassamento di tensione. Questa idea dipende dall’assunzione di un punto di vista oggettivante. «La scienza come conoscenza oggettiva […] non può formulare la questione della valutazione quantitativa di un effetto qualitativo, diciamo per fare presto “soggettivo”»51. Poiché la scienza si deve occupare di quantità e rapporti oggettivamente misurabili, la psicoanalisi – che vuole essere un discorso scientifico e non semplicemente una speculazione filosofica – deve considerare il piacere in termini puramente quantitativi, prescindendo dall’«esperienza qualitativa» del piacere. In questo modo rimane enigmatico che cosa propriamente deve essere misurato, l’essenza di ciò di cui si vuole stabilire una determinazione quantitativa. Lo stesso Freud sembra in diversi luoghi riconoscere questa enigmaticità. «Sin dall’inizio – nota Derrida – Freud ha riconosciuto che la sensazione di piacere-dispiacere resta misteriosa, stranamente inaccessibile. Nessuno insomma ha saputo ancora dirne qualcosa, né lo psicologo di professione, né il filosofo e neppure lo psicoanalista»52. Piacere e dispiacere sono definiti da Freud in termini di aumento o diminuzione dell’eccitazione psichica. “Aumento” e “diminuzione” sono determinazioni quantitative contrapposte. Ma che cos’è che “aumenta” o “diminuisce” nell’esperienza del piacere e del dispiacere? Nell’incipit di Al di là del principio di piacere Freud parla di un abbassamento di «tensione» (Spannung). Ne L’interpretazione dei sogni si trattava invece di evitare il più possibile l’«eccitazione» (Erregung). In Pulsioni e loro destini il piacere era definito come una «riduzione dello stimolo» (Herabsetzung des Reizes). Cosa indica “esattamente” questa terminologia? Che significa “eccitazione psichica”? Cosa vuol dire “tensione” psicologica? Come si percepisce una “stimolazione” interna? In realtà, secondo Derrida, questa terminologia descrive il piacere in un modo irriducibilmente metaforico53. Come abbiamo visto, Freud, in diverse occasioni evidenzia la necessità di fornire la psicoanalisi di un linguaggio rigoroso. Nonostante ciò «la deviazione metaforica è qui particolarmente indispensabile»54. L’attività psichica che aumenta o diminuisce nel caso del piacere non si lascia nominare “propriamente”, e dunque non si mostra, se non indirettamente, attraverso le metafore della tensione, della stimolazione, Freud (1977), p. 17. Derrida (2000), p. 20. 51 Ivi, p. 35. 52 Ivi, p. 24. 53 Anche nel saggio dedicato a La scorza e il nocciolo di N. Abraham, Derrida ritorna su questa idea, affermando la necessità di passare «attraverso le transposizioni tropiche» per descrivere l’inconscio. Derrida (2008), p. 170. 54 Derrida (2000), p. 106. 49 50 240 Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida dell’eccitazione. Oppure attraverso la metafora del “legame”. L’analisi di questa metafora particolare occupa uno spazio notevole in Speculare – su “Freud”. In effetti in Al di là del principio di piacere, ma anche negli altri testi freudiani di metapsicologia, l’immagine del “legame” gioca un ruolo strategico decisivo. I processi secondari, cioè i processi consci, sono definiti da Freud come processi legati. I processi primari, cioè i processi inconsci sono invece, slegati. Questo significa che nell’inconscio l’“energia” psichica circola liberamente, senza costrizioni. Al contrario il compito principale della coscienza è di imbrigliare quest’energia libera, di legarla. Il problema fondamentale dell’io è dunque «di dominare lo stimolo, di “legare”, in senso psicologico, le masse di stimoli»55. Ora, nel momento stesso in cui Freud parla di quanto di legame, di tensione e di controtensione o di tensione di contro-investimento, non sa di cosa sta parlando. E, del resto, lo riconosce. Non sappiamo cosa in questo modo sia legato, slegato, messo in tensione, contro-tensione, rilasciato. Come nulla sappiamo della natura del processo di eccitazione del sistema psichico. Questo contenuto resta una grande “X” con la quale “operiamo”. Quale che sia il loro ambito di provenienza, è al posto di questa cosa X che i Vorbilder, le immagini, i modelli, i prototipi, i paradigmi vengono messi alla prova56. L’esperienza del piacere, nella sua qualità fenomenologica, resta in qualche modo inaccessibile. Le immagini che Freud usa descrivono i rapporti di forza che intercorrono tra diverse quantità di energia psichica che aumentano o diminuiscono. Ma si tratta sempre di una descrizione metaforica che raffigura le modificazioni che si producono nello psichico utilizzando le immagini contrapposte della tensione e del rilascio, del legame e dello slegamento, dell’eccitazione e della quiete, dell’investimento e del controinvestimento. Certamente alcune di queste immagini hanno una legittimità anche all’interno di discorsi scientifici più obbiettivi. In fisica, per esempio, è possibile descrivere lo “stato di eccitazione” di una particella. Allo stesso modo è lecito parlare di “tensione” e “carica” dal punto di vista elettromagnetico, o di “legame” dal punto di vista chimico. In altri casi, come abbiamo visto, la psicoanalisi prende in prestito la terminologia dal linguaggio dell’economia. I rimandi metaforici di quest’ultima tipologia hanno un privilegio particolare, perché consentono di impostare il problema del “calcolo” del piacere in termini puramente quantitativi, cioè come un confronto tra quantità equiparabili. Per questo Derrida, nel titolo del suo saggio, rimanda al doppio significato – filosofico, ma anche economico – della parola “speculazione”. Infine, in diversi passaggi di Al di là del principio di piacere ricorrono con insistenza le metafore belliche: Freud parla della necessità da parte dell’organismo di costituire uno «scudo», che lo protegga dagli stimoli esterni; descrive il trauma come una «breccia» che si produce nella «barriera protettiva»; analizza i «mezzi di difesa» che l’organismo può mobilitare per difendersi; considera la possibilità che il principio di piacere sia «messo fuori combattimento»57. Benché queste metafore differenti abbiano una legittimità epistemologica diversa – più o meno scientifica –, quello che Derrida evidenzia è che l’esperienza del piacere resta, per una necessità strutturale, senza un nome “proprio”. Freud la descrive sempre e solo in modo figurato, utilizzando una terminologia che è sempre “presa in prestito”. 4. Decostruire la psicoanalisi? L’importanza di Freud per lo sviluppo del pensiero derridiano è nota e lo stesso Derrida ha avuto modo di sottolinearla in più di un’occasione. In un dialogo del 1971, pubblicato nella raccolta Positions, la questione viene posta in termini diretti: «est-il inutile de rappeler d'abord» – si domanda Derrida ‒ «que depuis De la grammatologie et Freud et la scène de l'écriture, tous mes textes ont inscrit ce que j’appellerai leur “portée” psychanalytique?»58. 55 56 57 58 Cfr. Freud (1977), pp. 50; 58. Derrida (2000), p. 106. Freud (1977), pp. 49-50. Derrida (1972), p. 110. 241 Martino Feyles In effetti, nei tre testi del ’67, in cui vengono tratteggiate le linee fondamentali della grammatologia e più in generale della decostruzione, il rimando a Freud è sempre essenziale. In La voce il fenomeno la questione del «ritardo», la problematica freudiana del nachträglich, è uno degli argomenti fondamentali utilizzati per decostruire il primato della presenza59. In Freud e la scena della scrittura la psicoanalisi è presentata come il momento inaugurale di un nuovo pensiero della scrittura: mentre tutta la tradizione metafisica occidentale non ha mai smesso di dare credito alla nozione più familiare e più ovvia di scrittura, «il gesto iniziato da Freud interrompe questa certezza e apre un nuovo tipo di interrogazione»60. In Della grammatologia viene prospettato un metodo di lettura di «quello che si chiama “storia delle idee”» che non obbedisce più alle regole della storiografia, della filologia e della ricerca storica, ma a una logica paradossale in cui «gli incompatibili sono simultaneamente ammessi»61. Ora, questa logica – Della grammatologia lo dice esplicitamente – è stata descritta per la prima volta da Freud, anche se in relazione al problema circoscritto del sogno. Anche nella nota conferenza sulla “différance” del ’68 – senza dubbio un altro testo che segna in modo definitivo il percorso teorico derridiano – Freud è chiamato in causa ripetutamente per descrivere il movimento dello spaziamento e del temporeggiamento differenziale: «i due valori apparentemente differenti della différance si intrecciano nella teoria freudiana: il differire come discernibilità, distinzione, scarto, diastema, spaziamento, e il differire come deviazione, dilazione, riserva, temporeggiamento»62. Il debito di Derrida nei confronti della psicoanalisi63 è talmente rilevante che è naturale che si sia imposta, tanto nella vulgata, quanto nella letteratura specialistica, l’idea che la decostruzione sia una sorta di psicoanalisi dei testi filosofici. Per dirla con le parole di uno dei più autorevoli interpreti italiani del pensiero derridiano, Maurizio Ferraris, «Derrida si accosta alla filosofia per l’appunto come uno psicoanalista si rapporta al nevrotico»64. Questa idea non è senza fondamento, ma non deve essere assunta in modo unilaterale. È vero che il lavoro sui testi classici della filosofia che è tipico dello stile derridiano ha più di un’analogia con la pratica psicoanalitica. In entrambi i casi si tratta di far emergere il rimosso, attraverso un’operazione per certi versi violenta, che implica il superamento delle resistenze che il paziente e il testo oppongono all’analisi. La stessa metafora che è alla base del termine “decostruzione” suggerisce una certa parentela con l’attività dello psicoanalista. Derrida lo spiega chiaramente in Resistenze. Sul concetto di analisi: «Ciò che chiamiamo la “decostruzione” obbedisce innegabilmente ad un’esigenza analitica, allo stesso tempo critica e analitica. Si tratta sempre di disfare, desedimentare, decomporre, decostituire dei sedimenti, degli artefacta, delle presupposizioni, delle istituzioni»65. Non si danno solo le resistenze psichiche individuali, che il paziente oppone al ritorno del rimosso. Si danno anche le resistenze culturali, politiche e sociali che la filosofia oppone all’emergenza di determinati problemi. Per questo le “parole chiave” della filosofia derridiana – ma l’espressione va presa con la dovuta ironia – indicano sempre problemi negati o rimossi: “scrittura”, “differenza”, “tecnica”, ecc. Tuttavia, nonostante questa somiglianza di fondo, la decostruzione non è semplicemente un’applicazione del metodo psicoanalitico nell’ambito della critica o dell’ermeneutica dei testi filosofici66. Da questo punto di vista Speculare – su “Freud” è un testo di fondamentale importanza. In primo luogo perché dimostra che anche il discorso Derrida (2001), pp. 98-99. Derrida (2002), p. 258. 61 Derrida (2006), p. 329. 62 Derrida (1997b), p. 46. 63 René Major, uno degli psicoanalisti francesi che per decenni ha intrattenuto un fecondo rapporto di scambio teorico con Derrida, evidenzia in modo molto incisivo questo debito: «Certains, dont Derrida – et pour lui de la façon la plus évidente et la plus éminente –, ne pensaient déjà pas ou déjà plus sans la psychanalyse. […] La psychanalyse, c’est ce que Derrida, lui, n’oublie jamais». Major (2002), p. 166. 64 Ferraris (2003), p. 67. 65 Derrida (2014), pp. 88-89. 66 «Malgrado le apparenze, la decostruzione del logocentrismo non è una psicoanalisi della filosofia» Derrida (2002), p. 255. Cfr. anche Vergani (2000), p. 106. 59 60 242 Metafore del piacere. Tra Freud e Derrida psicoanalitico può e deve essere decostruito67. I testi di Freud non possono sottrarsi al rigore dell’analisi decostruttiva68. Questa analisi fa emergere le contraddizioni, i paradossi, le resistenze, le denegazioni che sono nascoste nel testo freudiano, proprio come nei testi classici della filosofia69. In secondo luogo Speculare – su “Freud” è un testo importante perché ridefinisce i rapporti tra psicoanalisi e fenomenologia. La strategia che Derrida segue, leggendo Al di là del principio di piacere, è l’immagine al rovescio di quello che accadeva nei tre libri del ’67, che ho citato in precedenza. Nella prima fase del suo cammino di pensiero Derrida usa la psicoanalisi contro le pretese idealistiche e soggettivistiche della fenomenologia. Al contrario, come ho cercato di mostrare nel paragrafo precedente, in Speculare – su “Freud” viene evidenziata la mancanza di un’adeguata descrizione fenomenologica della nozione di piacere all’interno del discorso psicoanalitico. L’insistenza con cui Derrida ripete che Freud non sa indicare “cosa” sia il piacere, dal punto di vista “qualitativo” o dal punto di vista esperienziale, va in questa direzione. Questo non significa assolutamente che Derrida “ritorna alla fenomenologia” e ancora meno che “rinnega” le critiche che aveva sviluppato in La voce e il fenomeno, nell’introduzione a L’origine della geometria e in Della Grammatologia. Significa, invece, che la decostruzione non si situa semplicemente dalla parte della psicoanalisi e contro la fenomenologia, ma tre le due. Da una parte «nulla appare in generale più irriducibilmente fenomenico, nella sua stessa struttura, del piacere»70. In questo senso la psicoanalisi presuppone sempre una fenomenologia, implicita o esplicita, che determini che cos’è il piacere dal punto di vista esperienziale. Dall’altra parte questa fenomenologia rimane per Derrida impossibile. Freud non può “mostrare” direttamente il fenomeno del piacere, ma solo indirettamente, impropriamente, attraverso la deviazione metaforica. In realtà, dal punto di vista derridiano, nemmeno una fenomenologia di impostazione husserliana potrebbe veramente fare a meno delle metafore. La cosa stessa, il fenomeno del piacere, deve rimanere accessibile solo grazie alla mediazione di una terminologia impropria. Per questo Speculare – su “Freud” sostiene nello stesso tempo la necessità e l’impossibilità di una fenomenologia del piacere. Il discorso teorico di Freud avrebbe bisogno di «una fenomenologia che occorrerebbe evocare qui al di là dei limiti reali come degli interdetti che la escludono dalla psicoanalisi»71. Eppure questa fenomenologia rimane, per Derrida, un compito che non è possibile realizzare fino in fondo. Dove si colloca dunque la decostruzione, in questa triangolazione che la vede necessariamente in rapporto con la psicoanalisi, ma anche con la fenomenologia? Possiamo “immaginare” che Derrida avrebbe risposto a questa domanda: “né con Husserl, né con Freud”. Bibliografia Bencivenga, E. (2012), Il piacere. Indagine filosofica, Laterza, Roma-Bari. Burke, E. (2020), Inchiesta sul Bello e il Sublime, trad. it. a cura di G. Sertoli e G. Miglietta, Aesthetica/Mimesis, Milano. 67 Lo stesso Derrida ha espresso con un’immagine particolarmente felice il rapporto che lega il suo pensiero a quello di Freud, un rapporto che è nello stesso tempo segnato da una filiazione, da un’eredità, ma anche da un esigenza di critica: «J’aime l’expression “ami de la psychanalyse”. Elle dit la liberté d’un alliance, un engagement sans statut institutionnelle. L’ami garde la réserve ou le retraite nécessaires à la critique at la discussion, au questionnement réciproque, parfois le plus radical». Derrida, Roudinesco (2001) p. 271. 68 Su questo cfr. Cabestan (2007). Cabestan nota che mentre «certains voudraient faire de J. Derrida un avocat de la psychanalyse» (ivi, p 71), per Derrida i concetti della psicoanalisi appartengono tutti alla storia delle metafisica e per questo devono essere decostruiti (ivi, p. 70). 69 Anche in Mal d’archivio Derrida sostiene che Freud «ha reso possibile il pensiero di un archivio propriamente detto» […] «in quello che è già uno spaziamento psichico», ma, nello stesso tempo, è rimasto per molti versi un «metafisico classico». Derrida (2005), p. 112. 70 Derrida (2000), p. 21. 71 Ivi, p. 142. 243 Martino Feyles Cabestan, P. (2007), “Spectres de Freud: Derrida et la psychanalyse”, Revue de métaphysique et de morale, vol. 1, n. 53, pp. 61-71. Caropreso F., Simanke, R.T. (2001), Life and Death in Freudian Metapsychology: a Reappraisal of the Second Instinctual Dualism, in Akhtar S., O’Neil, M-K. (ed. by), On Freud’s “Beyond the Pleasure Principle”, Karnac, London. Derrida, J. (1972), Positions, Éditions de Minuit, Paris. Derrida, J. 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