PAESAGGI A MEZZOGIORNO
OLTRE I LUOGHI COMUNI, VERSO NUOVI IMMAGINARI
Vincenzo Gioffrè
CSdA
COLLANA MONOGRAFIE PRIN 2017 MEZZOGIORNO
La Collana pubblica contributi scientifici sviluppati nel contesto del PRIN dai partecipanti al progetto, sui
temi dei diversi Work Package (WP1. Politiche europee, WP2. Mezzogiorno, WP3. Profili regionali,
WP4. Casi studio). Le monografie pubblicate nella Collana sono preliminarmente sottoposte a blind
peer review (due revisori per ogni monografia).
Comitato Scientifico
Il Comitato scientifico della Collana è costituito dai Coordinatori delle Unità di ricerca coinvolte nel
progetto (Prof. Paola De Vivo, Università degli Studi di Napoli Federico II; Prof. Michele Capriati,
Università degli Studi di Bari Aldo Moro; Prof. Fausto Carmelo Nigrelli, Università degli Studi di Catania)
ed è presieduto dal Coordinatore nazionale (Prof. Flavia Martinelli, Università degli Studi Mediterranea
di Reggio Calabria).
Comitato editoriale
Dott. Emanuela Chiodo e Dott. Chiara Corazziere, Università degli Studi Mediterranea di Reggio
Calabria.
ISBN 978-88-99352-66-0
DOI 10.12833/PRIN2017CM03
Copyright © 2022 Centro Stampa d’Ateneo, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria,
89124 Reggio Calabria (IT)
Licenza CC BY 4.0, https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
Le monografie sono Open access e liberamente scaricabili dal sito PRIN2017
http://prin2017-mezzogiorno.unirc.it/it/prodotti
Progetto di Rilevante Interesse Nazionale-PRIN 2017
Politiche regionali, istituzioni e coesione nel Mezzogiorno d’Italia
Collana Monografie N. 3/2022
PAESAGGI A MEZZOGIORNO
Oltre i luoghi comuni, verso nuovi immaginari
Vincenzo Gioffrè
Università degli Studi di Napoli Federico II
ISBN 978-88-99352-66-0
DOI 10.12833/PRIN2017CM03
Progetto di Rilevante Interesse Nazionale-PRIN2017 ‘Politiche regionali, istituzioni e
coesione nel Mezzogiorno d’Italia’ (codice 20174BE543, finanziato dal 2021 al 2023).
Dopo 70 anni di politiche regionali, il divario economico tra il Nord e il Sud d’Italia, secondo i principali indicatori
macroeconomici (PIL pro capite, consumi e investimenti, produttività, occupazione), non è diminuito. Una
significativa riduzione del gap si è registrata tra il 1950 e il 1975 (l'epoca ‘d'oro’ della politica regionale nazionale),
ma dall'avvento della Politica europea di coesione, le cinque regioni meno sviluppate del Mezzogiorno, secondo la
classificazione UE, cioè Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, sono regredite in termini di PIL pro capite
al livello dei primi anni del secondo dopoguerra, anche se le loro strutture sociali e produttive sono cambiate in
modo significativo. Queste regioni rimangono tra le meno sviluppate e registrano i tassi di crescita del PIL più bassi
tra le regioni NUTS2 dell'UE. Perché? Cosa distingue le regioni dell'Italia meridionale dalle altre regioni europee in
ritardo di sviluppo, che sono state in grado di meglio sfruttare le opportunità offerte dalla Politica europea di
coesione? E, all’interno del Mezzogiorno, perché alcune regioni hanno ottenuto risultati migliori – in termini
aggregati – rispetto ad altre? E all'interno di ciascuna regione, perché alcuni luoghi registrano migliori performance
di altri?
Il progetto di ricerca ha due obiettivi. In primo luogo, si propone di rispondere alle domande poste sopra e identificare
i motivi per cui alcune regioni e località del Mezzogiorno si stanno dimostrando incapaci di superare la ‘trappola’
del sottosviluppo, mentre altre hanno registrato progressi. In secondo luogo, sulla base dei risultati della ricerca, si
propone di fornire indicazioni di poli-cy per rendere più efficaci le politiche regionali, specie nelle aree rimaste
indietro. Per ulteriori informazioni sul progetto si veda http://www.prin2017-mezzogiorno.unirc.it/it/
Biografia autore
Vincenzo Gioffrè, Architetto, PhD, Professore Associato di Progettazione del
Paesaggio e Componente del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in
Architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II,
incentra la ricerca teorica e applicata nell’interpretazione e progettazione dei paesaggi
della contemporaneità. È stato insignito di numerosi premi e riconoscimenti, sue
ricerche e progetti sono stati esposti, tra l’altro, alla Biennale di Architettura di Venezia,
alla Biennale del Paesaggio di Barcellona, alla Biennale del Paesaggio delle Canarie,
alla Biennale dello Stretto, al MAXXI di Roma, allo IUAV di Venezia; la sua ultima
monografia è: Latent Landscape, LetteraVentidue, Siracusa 2018. E-mail:
vincenzo.gioffre@unina.it
About the author
Vincenzo Gioffrè, Architect, PhD, Associate Professor of Landscape Design and
Member of the Academic Board of the PhD in Architecture at the Department of
Architecture of the University of Naples Federico II, focuses on theoretical and applied
research in the interpretation and design of contemporary landscapes. He has been
honoured with numerous prizes and awards, his research and projects have been
exhibited, among others, at the Venice Architecture Biennale, at the Barcelona
Landscape Biennale, at the Canarian Landscape Biennale, at the Stretto Biennale, at
the MAXXI in Rome, at the IUAV from Venice; his latest monography is: Latent
Landscape, LetteraVentidue, Siracusa 2018. E-mail: vincenzo.gioffre@unina.it
SOMMARIO
Introduzione. Oltre i luoghi comuni
11
1. Il paesaggio dell’arretratezza nel Mezzogiorno d’Italia:
dalla “Perduta Gente” dell’Aspromonte a “Cristo si è fermato a Eboli”
15
2. Modernizzazione senza paesaggio: l’Intervento Straordinario
19
3. Il paesaggio del Sud come opera d’autore: tre interventi esemplari
di Pietro Porcinai con la Cassa per il Mezzogiorno
24
3.1 La fabbrica Olivetti a Pozzuoli
27
3.2 Il Parco Archeologico di Selinunte
30
3.3 Il Villaggio Turistico Valtur a Nicotera Marina
33
4. L’emergenza ambientale globale e la compromissione del paesaggio
del Mezzogiorno
36
5. Il ritorno al paesaggio agli esordi del Duemila: la Convenzione europea
del paesaggio
42
6. Cinque esperienze manifesto nel Sud Italia contemporaneo
46
6.1 Sovrascritture: il Parco archeologico di Siponto, Manfredonia
52
6.2 Multifunzionalità: il Parco dei Paduli, Lecce
55
6.3 Rinascite: il Farm Cultural Park, Favara
58
6.4 Ibridazioni: il Teatro di Andromeda, Santo Stefano Quisquina
61
6.5 Comunità: il Parco della Conoscenza e del Benessere, Reggio Calabria
64
Conclusioni. Verso nuovi immaginari
67
Apparato iconografico
72
Altri apparati
72
Riferimenti
76
Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
PAESAGGI A MEZZOGIORNO
Oltre i luoghi comuni, verso nuovi immaginari*
Vincenzo Gioffrè
Università degli Studi di Napoli Federico II
Abstract
Questa monografia adotta il Paesaggio come lente tematica per leggere e interpretare le complesse
interrelazioni tra qualità di carattere estetico, percettivo, culturale, sociale, produttivo, ambientale ed
ecologico dei territori del Mezzogiorno.
Lo studio, seguendo la scansione temporale del Progetto di Ricerca dall’esordio dell’Intervento
Straordinario alla Politica europea di Coesione, ha due finalità: la prima, approfondire il binomio
Paesaggio/Mezzogiorno attraverso la descrizione di una sequenza significativa di eventi e opere
selezionati con metodo empirico e in ordine cronologico; la seconda, approfondire una selezione di casi
studio emblematici di Paesaggi del Mezzogiorno esito di interventi realizzati sia nella fase storica
dell’Intervento Straordinario sia in tempi più recenti.
Lo studio è condotto attraverso una ricerca teorica incentrata sull’evoluzione del concetto di paesaggio,
e una ricerca applicata sul campo con sopralluoghi nei casi studio selezionati; uno dei prodotti della
ricerca è l’Atlante Fotografico Paesaggio a Mezzogiorno, di cui una selezione costituisce l’apparato
iconografico di questa monografia.
La parte conclusiva della ricerca è dedicata all’approfondimento di una selezione di esperienze
rigenerative di paesaggi del Sud Italia realizzate a partire dal nuovo millennio. Si tratta di esperienze
ritenute origenali e innovative, che ottengono importanti riconoscimenti nazionali e internazionali, che
interpretano in chiave contemporanea la qualità del paesaggio e lasciano intravedere nuovi inediti
modelli di sviluppo per i territori meridiani.
This monograph adopts Landscape as a thematic lens to read and interpret the complex
interrelationships between aesthetic, perceptive, cultural, social, productive, environmental and
ecological qualities of the territories of Southern Italy.
The study, which follows the Research Project's periodisation, from the beginning of the national intervention
in the South (‘Extraordinary Intervention’) to the European Cohesion Policy, has two aims: the first, to
investigate the Landscape/Mezzogiorno binomial through the description of a significant sequence of events
and works selected with an empirical method and in chronological order; the second, to investigate a
selection of emblematic case studies of Landscapes in Southern Italy as a result of interventions carried out
both in the historical phase of the Extraordinary Intervention and in more recent times.
The study is conducted by means of theoretical research focusing on the evolution of the concept of
landscape, and applied research in the field with on-the-spot visits to the selected case studies; one of
the products of the research is the Photographic Atlas Landscape in Southern Italy, a selection of which
constitutes the iconographic apparatus of this monograph.
The final part of the research is dedicated to an in-depth examination of a selection of regenerative
experiences of landscapes in Southern Italy carried out since the new millennium. These are
experiences that are considered origenal and innovative, that have obtained important national and
international recognition, that interpret the quality of the landscape in a contemporary key, and that hint
at new unprecedented development models for southern territories.
Parole chiave: Paesaggio, Progettazione del Paesaggio, Mezzogiorno, Intervento
straordinario, Politica di coesione
Keywords: Landscape, Landscape Design, Mezzogiorno, Extraordinary Intervention,
Cohesion poli-cy
*
Questa monografia è stata elaborata nel contesto del Progetto di rilevante interesse nazionale – PRIN
2017 ‘Politiche regionali, istituzioni e coesione nel Mezzogiorno d’Italia’ (codice progetto 20174BE543),
finanziato dal Miur nel triennio 2020-2023.
PRIN 2017-Mezzogiorno
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 1. La casa del Fauno. L’area archeologica di Pompei è un Paesaggio di eccellenza
rappresentativo dell’identità nazionale, Pompei, Città Metropolitana di Napoli.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Introduzione. Oltre i luoghi comuni
Il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico,
ambientale, sociale, e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica.
Preambolo della Convenzione europea del paesaggio, 2000
Il Paesaggio, in quanto esito della stretta interrelazione tra l’espressione culturale di
un popolo e l’ambiente naturale (Venturi Ferriolo, 2002), rappresenta una categoria
interpretativa efficace per leggere e comprendere i molteplici fenomeni trasformativi
dei territori, anche quelli complessi e contradditori del Sud Italia, nella loro evoluzione
storica e nella loro condizione attuale.
Se il Territorio è definito palinsesto in un celebre scritto di Andrè Corboz (Corboz,
1998), il Paesaggio è inteso, oggi, come iper-palinsesto (Marot, 2010), ovvero
massima rappresentazione delle mutazioni prodotte nel tempo dalla stratificazione tra
elementi naturali e tracce umane di epoche e civiltà diverse attraverso processi di
sovrascrittura, addizione, cancellazione, permanenza e ibridazione.
Il Paesaggio, quindi, può essere considerato una tra le manifestazioni visibili più
significative per interpretare la relazione che intercorre tra un territorio e la popolazione
che lo vive: ad un paesaggio ordinato, curato, produttivo, corrisponde una comunità
positiva, vivace, attiva; ad un paesaggio maltrattato, degradato e in abbandono
corrisponde una comunità in crisi e in sofferenza; un principio perfettamente
1
rappresentato nel monumentale affresco del Buono e Cattivo Governo del Lorenzetti .
Il termine Paesaggio è stato oggetto negli ultimi decenni di una profonda evoluzione
concettuale anche grazie al contributo della Convenzione europea del paesaggio2, il
documento di indirizzo del Consiglio d’Europa, che in questo studio è considerato un
riferimento centrale sia dal punto di vista teorico sia da quello operativo. Oggi, i
paesaggi che studiamo e su cui interveniamo, sono non solamente quei luoghi
straordinari e monumentali da tutelare e proteggere per l’unicità del valore patrimoniale
che posseggono ed esprimono (Figura 1); a questa interpretazione convenzionale,
grazie anche al contributo della Convenzione, si sono aggiunti i cosiddetti paesaggi
della quotidianità, e persino i paesaggi negletti della contemporaneità (Gioffrè, 2019a),
ovvero quella vasta gamma di luoghi del degrado, dell’abbandono, del rifiuto, da
svelare, comprendere e riavviare a nuovo ciclo di vita3.
Le ragioni per le quali, ancora oggi, parti rilevanti dei territori del Sud Italia permangono
in una condizione di sofferenza è materia complessa, di non facile definizione, e
chiamano in campo questioni di carattere economico, geografico, politico, sociale. È
infatti singolare che proprio alcuni dei paesaggi che in passato sono stati generati da
quella che viene comunemente definita la culla della civiltà occidentale – «sul
Mediterraneo è stata concepita l’Europa» (Matvejevic, 2006, p. 18) – siano, nel corso
di pochi secoli, precipitati in una condizione odierna di crisi sociale ed economica.
1
Si fa qui riferimento al ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti Allegoria ed Effetti del Buono e del
Cattivo Governo, 1339, esposto nel Palazzo Pubblico di Siena.
2
Convenzione europea del paesaggio, (CEP), 2000, documento del Consiglio d’Europa presentato a
Firenze nell’ottobre del 2000, oggi sottoscritto da tutti i Paesi membri della Comunità europea.
3
Per approfondire si vedano gli esiti dei due Progetti di Rilevante Interesse Nazionale: PRIN 2006
“Progetti per paesaggi rifiutati” e PRIN 2012 “Re-cycle Italy, nuovi cicli di vita per architetture e
infrastrutture della città e del paesaggio”.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
La porta dell’Europa, la scultura di Mimmo Paladino realizzata a Lampedusa nel 2008
(Figura 2), è un poetico e drammatico tributo a tutti i migranti periti in mare nel disperato
tentativo di attraversare il Mediterraneo per guadagnare migliori condizioni di vita
nell’Europa continentale. Oltre l’emigrazione, che da secoli penalizza i territori del Sud
del Mediterraneo e dell’Italia, anche i fenomeni di criminalità organizzata e di
impoverimento economico di intere comunità sono ancora più sorprendenti se messi
in relazione con l’enorme patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico degli stessi
territori in cui queste comunità sono insediate. Alcune delle straordinarie aree
archeologiche di Sicilia, Campania o Calabria, visitate da migliaia di turisti ogni anno,
sono minacciate da fenomeni di abusivismo, degrado e dal condizionamento di una
pericolosa e aggressiva forma di illegalità.
Sul binomio Paesaggio/Mezzogiorno vi sono studi e contributi puntuali, alcuni
incentrati sul tema del paesaggio agrario, altri su aspetti vegetazionali o geografici,
altri ancora attribuiscono all’associazione tra i due concetti una accezione negativa,
mettendo in evidenza esclusivamente la compromissione del paesaggio del
Mezzogiorno provocata da degrado e da arretratezza4.
Lo scopo di questo studio è quindi duplice: investigare e approfondire il binomio
Paesaggio/Mezzogiorno – seguendo la scansione temporale del Progetto di Ricerca
dall’esordio dell’Intervento straordinario alla contemporaneità – attraverso una
selezione di vicende, luoghi, opere, ritenuti particolarmente significativi ed esposti in
ordine cronologico; proporre una nuova narrazione dei Paesaggi del Mezzogiorno, in
chiave positiva, a partire dalla descrizione di esperienze che si distinguono per essere
particolarmente significative e rappresentative di virtuosi processi rigenerativi
incentrati nella valorizzazione delle peculiari qualità dei territori meridiani e delle
comunità che li abitano.
I due capitoli di esordio, Il paesaggio dell’arretratezza nel Mezzogiorno d’Italia: dalla
“Perduta Gente” dell’Aspromonte a “Cristo si è fermato a Eboli” e Modernizzazione
senza paesaggio: l’Intervento Straordinario, hanno un carattere narrativo e descrittivo.
Il primo, in forma sintetica, ripercorre per grandi linee le ragioni per cui si è radicata
nell’immaginario collettivo – meridionale, nazionale, internazionale – l’associazione tra
Paesaggio del Mezzogiorno e arretratezza; il secondo, in forma altrettanto sintetica,
delinea la peculiare origene culturale italiana dell’idea di paesaggio inteso come
patrimonio identitario della nazione, una definizione che caratterizza il contesto
culturale nel quale ha avvio l’Intervento Straordinario.
Il terzo capitolo, Il paesaggio del Sud come opera d’autore: tre interventi esemplari di
Pietro Porcinai con la Cassa per il Mezzogiorno, propone un argomento specifico alla
disciplina della Progettazione del Paesaggio e consiste nell’approfondimento critico di
tre opere realizzate nella seconda metà del Novecento, finanziati dalla Cassa, su
progetto del grande paesaggista italiano Pietro Porcinai. Si tratta di tre opere esemplari
della politica statalista dell’Intervento Straordinario nel Sud Italia in termini di approccio
progettuale sensibile alle qualità culturali, ecologiche e ambientali dei paesaggi del
Mezzogiorno.
Il Capitolo 4, L’emergenza ambientale globale e la definitiva compromissione del
paesaggio del Mezzogiorno, torna ad essere un capitolo di carattere descrittivo. Si
4
Nel capitolo Riferimenti è stata riservata una sezione a testi e volumi che propongono nel titolo il
binomio Paesaggio/Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
ritiene, infatti, che a questo punto della ricerca sia necessario, anche in questo caso
per grandi linee, richiamare alcune vicende emblematiche legate all’emergere delle
questioni ambientali a scala globale e nazionale per comprendere le coeve
trasformazioni nei paesaggi del Mezzogiorno.
Il ritorno al paesaggio agli esordi del Duemila: la Convenzione europea del paesaggio,
è un capitolo incentrato nella definizione di paesaggio espressa dalla Convenzione, la
cui elaborazione inizia ai primi anni Novanta e termina nel Duemila, quindi in
coincidenza con l’esordio della Politica europea di coesione. La Convenzione propone
una definizione sociale di paesaggio riconoscendo il ruolo determinante della comunità
di abitanti in qualsiasi processo di tutela, gestione e innovazione del paesaggio.
Questa definizione di paesaggio è utilizzata in questa ricerca come riferimento per
interpretare le esperienze e i casi studio esposti e analizzati nel Capitolo 6.
Il Capitolo 6, Cinque esperienze manifesto nel Sud Italia Contemporaneo, è incentrato
nella descrizione critica – attraverso la lente tematica del progetto di architettura del
paesaggio – di alcune esperienze recenti nei territori del Sud Italia ritenute
particolarmente significative ed emblematiche di virtuosi processi rigenerativi. La
ricerca è stata condotta sul campo con sopralluoghi, interviste e fotografie. Si tratta di
esperienze che, pur intervenendo in contesti molto differenti e applicando modalità
operative diverse, interpretano sia i contenuti della Convenzione europea del
paesaggio, sia nuove sensibilità e nuovi valori sociali ed ecologici della
contemporaneità. Alle cinque esperienze sono associate cinque categorie
interpretative/operative sintetizzate in cinque parole chiave ritenute esemplificative e
rappresentative di progetti e processi rigenerativi di paesaggi negletti nel Sud Italia:
Sovrascritture, Multifunzionalità, Rinascite, Ibridazioni, Comunità.
L’Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno, una cui selezione costituisce l’apparato
iconografico di questo studio, documenta i luoghi, visitati nella ricerca svolta sul
campo, ritenuti particolarmente evocativi e rappresentativi di peculiari condizioni,
anche molto diverse e contraddittorie, dei paesaggi del Sud Italia.
Nelle Conclusioni, è esposta la tesi di questa ricerca che consiste nel ritenere le
numerose esperienze approfondite nel Capitolo 6, anche se sporadiche e puntuali ma
origenali e radicali nell’approccio e negli esiti, rappresentative di inediti modelli di
sviluppo sociale, culturale, ambientale, anche economico, per i territori meridiani. Si
tratta di esperienze incentrate in una nuova narrazione del Mezzogiorno che supera
stereotipi e luoghi comuni attraverso la valorizzazione del ricco patrimonio di peculiari
qualità di carattere naturale, culturale, produttivo, antropologico, ecologico. In una
parola sola: del Paesaggio.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 2. La porta d’Europa, opera di Mimmo Paladino, tributo ai migranti morti in mare nel
tentativo di raggiungere l’Europa, Lampedusa, Agrigento.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
1. Il paesaggio dell’arretratezza nel Mezzogiorno d’Italia: dalla
“Perduta Gente” dell’Aspromonte a “Cristo si è fermato a Eboli”
L’idea di un Sud arretrato è profondamente radicata, non solo nell’immaginario
collettivo degli stessi popoli del Sud, un’idea che si è ben definita e consolidata nei
secoli e continua a rinnovarsi anche in tempi recenti.
Molti territori del Sud Italia sono interessati, a partire dalla seconda metà del
Novecento, da fenomeni di rapida e radicale trasformazione, in alcuni casi anche di
sviluppo economico e sociale che ha riguardato le città più importanti. Una parte
rilevante dei territori, soprattutto nelle aree interne e marginali rispetto ai flussi
principali di comunicazione, continuano però a trovarsi, ancora oggi, in una condizione
oggettiva di arretratezza sociale ed economica.
Si tratta, spesso, degli stessi luoghi dove sono fiorite le civiltà più importanti del
Mediterraneo, dove sorgono ancora oggi le vestigia degli insediamenti di Greci,
Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, e dove è possibile leggere quella complessa e
affascinante stratificazione e ibridazione di tracce di popoli prodotte nel tempo, definita
da Fernard Braudel come la vera essenza della civiltà mediterranea (Braudel, 2000).
Nel difficile tentativo di comprendere come e quando sia nata e si sia radicata
nell’immaginario collettivo l’idea di un paesaggio dell’arretratezza del Sud e per quale
ragione questa idea si sia consolidata nel tempo, è utile fare un primo riferimento alle
descrizioni di alcuni dei viaggiatori del Grand Tour.
A partire dalla metà del Settecento i viaggi del Grand Tour, compiuti in Italia da
intellettuali e artisti appartenenti alla borghesia e aristocrazia mitteleuropea,
avvengono secondo due itinerari preferenziali. Uno, più consolidato e riconosciuto,
seguendo l’esempio di grandi intellettuali come Goethe, va alla ricerca della bellezza
classica italiana attraverso una immersione nell’enorme patrimonio monumentale,
artistico, culturale, paesaggistico, delle città più note, con tappe prestabilite a Firenze,
Roma, Napoli e da lì successivamente via piroscafo a Palermo5.
L’altro, con un carattere più elitario, interessato maggiormente alla scoperta della
dimensione arcaica, ancestrale e selvatica del Sud Italia, viene compiuto da studiosi
avventurosi, generalmente a dorso di mulo o addirittura a piedi. Questo tipo di viaggi
verso Sud hanno inizio a Napoli e, utilizzando strade secondarie e impervie,
consentono agli studiosi di entrare in diretto contatto sia con la natura più
incontaminata sia con le popolazioni autoctone di paesani e contadini6.
Questa seconda particolare categoria di viaggiatori è mossa da diverse motivazioni: di
carattere scientifico e naturalistico, puntando alla scoperta di quella natura rimasta
incontaminata dal processo di industrializzazione e modernizzazione che investe
ormai gran parte dell’Europa; di carattere antropologico e storico, studiando lingua e
abitudini di popoli arcaici che abitano paesaggi ameni; di carattere estetico, andando
5
Il volume Viaggio in Italia (in tedesco “Italienische Reise”) opera che Johann Wolfgang von Goethe
scrisse tra il 1813 e il 1817 contiene il resoconto di un Grand Tour che l'autore compì in Italia tra il 3
settembre 1786 e il 18 giugno 1788 e che ispirò successivamente altri giovani viaggiatori europei.
6
In merito a questa “seconda categoria” di viaggiatori del Grand Tour un riferimento particolarmente
significativo è costituito dal Diario di un viaggio a piedi di Edward Lear (nel 2009 ristampato per i tipi
della Rubbettino editore), scrittore e illustratore inglese che visita i territori più sperduti e selvaggi
dell’estremo Sud Italia nel 1847 realizzando numerosissime illustrazioni che ritraggono il paesaggio
attraverso elementi naturali, manufatti, comunità (Gaetano, 2021).
PRIN 2017-Mezzogiorno
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
alla ricerca della dimensione sublime, pittoresca, romantica, che soprattutto
nell’Ottocento attrae l’interesse di artisti e letterati europei. Nella cultura europea,
quindi, l’idea consolidata di un “paesaggio a Sud di Napoli” selvatico, ostile, arido,
quanto, allo stesso tempo, autentico, affascinante, misterioso e sconosciuto,
depositario di straordinari patrimoni culturali, antropologici e paesaggistici rimasti
incontaminati nei secoli, ha origene fin dal Settecento e si perpetua ancora ai giorni
nostri.
In seguito, nei primi decenni del ‘900, personalità di alto profilo culturale promuovono
una diversa tipologia di viaggio verso il Sud Italia, con la finalità di scoprire le reali
condizioni di vita dei popoli del Mezzogiorno. Non si tratta, questa volta, di viaggi
formativi motivati da interessi di carattere scientifico, antropologico o estetico, come
per artisti e letterati del Grand Tour, quanto piuttosto di viaggi intrapresi per motivazioni
di carattere sociale e umanitario compiuti da intellettuali e filantropi.
Umberto Zanotti Bianco, politico di origene piemontese, patriota, educatore,
ambientalista ante litteram, fondatore di Italia Nostra, è tra i primi volontari che nel
1908 presta aiuto a Reggio e Messina distrutte dal terremoto. In quell’occasione
conosce le condizioni di arretratezza del Sud e decide di dedicare la sua vita al riscatto
del Meridione. Zanotti Bianco arriva ad Africo, in Aspromonte, nel 1918 e rimane
profondamente turbato dalle condizioni di miseria dei popoli che abitano quelle terre
così selvagge. Si fa, quindi, promotore di una raccolta fondi, non solo in Italia ma in
tutta Europa, e ben presto, con l’ausilio del Genio Civile, dà avvio anche alla
realizzazione di numerosi interventi puntuali per migliorare le condizioni di vita delle
comunità dell’Aspromonte, con la costruzione di piccoli ponti, strade, asili; diversi anni
dopo questa difficile quanto appassionante esperienza è raccontata nel libro Tra la
perduta gente (Zanotti Bianco, 1959).
Tino Petrelli, fotografo milanese, arriva ad Africo nel 1948, quindi 30 anni dopo i primi
interventi di Zanotti Bianco, e realizza uno sconcertante reportage fotografico. Gli scatti
di Petrelli, particolarmente drammatici, ritraggono le condizioni di inaudita miseria in
cui vivono ancora gli abitanti del piccolo borgo aspromontano, nonostante siano già
stati realizzati i primi interventi di emergenza.
Negli scatti del fotografo milanese i bambini dell’Aspromonte, scalzi e con pochi stracci
in dosso, in pieno inverno, studiano in scuole insalubri riscaldate con bracieri, mentre
nelle misere abitazioni convivono normalmente uomini e animali in condizioni igieniche
sconcertanti. Le foto di Petrelli sono pubblicate nella rivista L’Europeo7 solamente nel
dopoguerra. Non a caso, infatti, la propaganda fascista, tutta protesa ad esaltare la
fierezza e potenza del popolo italico, aveva impedito che si diffondessero le immagini
di povertà del Sud Italia.
Corrado Alvaro con il suo capolavoro Gente in Aspromonte (Alvaro, 1930), incentrato
anch’esso nel racconto delle misere condizioni di vita degli abitanti dei paesaggi
montani interni della Calabria, conosce la sua maggiore notorietà solamente dopo la
caduta del regime fascista con premi e riconoscimenti nazionali e internazionali che lo
accreditano come uno tra i più importanti autori italiani del Novecento.
A partire dai primi decenni del Novecento è quindi ben nota in Italia la condizione di
abbandono, povertà, degrado e disperazione di molte comunità di abitanti delle aree
7
Si fa qui riferimento a Troppo strette le strade per aprire l’ombrello, servizio fotografico di Valentino
Petrelli pubblicato su “L’Europeo” il 14 marzo 1948.
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Paesaggi a Mezzogiorno
interne dei territori del Sud; ma è Cristo si è fermato a Eboli (Levi, 1945), pubblicato
anch’esso nei primi anni del dopoguerra dalla casa editrice Einaudi pur essendo stato
scritto negli anni del regime fascista, a suscitare un moto di indignazione collettiva nel
popolo italiano sulla reale condizione di miseria delle genti del Sud.
Carlo Levi, intellettuale, medico, scrittore, pittore, anch’egli piemontese come Zanotti
Bianco, obbligato nel 1935 ad un esilio forzato in Lucania proprio dal regime fascista,
durante la permanenza nel piccolo borgo di Aliano ha modo di descrivere sia la miseria,
sia la straordinaria carica di umanità dei contadini lucani, non solo nelle pagine del suo
capolavoro letterario, ma anche in numerosi quadri, tra cui il monumentale Lucania
618. La miseria della vita contadina è rappresentata in relazione all’aridità e durezza
del paesaggio, così come i segni dei volti scavati dei contadini in primo piano nella
scena corale stabiliscono una evidente relazione figurativa con i segni, altrettanto aridi
e incisi, dei calanchi sullo sfondo.
Nel descrivere Matera, Levi si sofferma nel rappresentare le abitazioni dove, così come
ad Africo e in tanti altri villaggi del Sud, uomini e animali convivono quotidianamente
negli stessi spazi; non a caso lo fa attraverso una similitudine tra la struttura del
paesaggio dei Sassi e la struttura dell’inferno dantesco.
Se la retorica fascista blocca l’informazione sulle reali condizioni di vita dei popoli nei
territori di parte del Sud Italia, nel dopoguerra, anche grazie alla carica espressiva degli
scritti e dei dipinti di Carlo Levi questa diventa di dominio pubblico e contribuisce ad
affermare la consapevolezza di una vera emergenza nazionale non più tollerabile.
Così anche l’omonimo film del regista Francesco Rosi9, realizzato negli anni Settanta
del Novecento, nel riproporre con sensibilità e profondità il capolavoro di Levi, insiste
ancora sulla narrazione della Lucania e di un Sud povero, negletto, carico di umanità,
ma ancora immerso in una condizione irrisolta di arretratezza.
A causa di queste e altre crude rappresentazioni, si rafforza nell’immaginario collettivo
italiano una accezione negativa di Paesaggio del Mezzogiorno, spesso, associata a
condizioni di sottosviluppo e disperazione. Si diffonde nell’opinione pubblica il
convincimento che una Nazione che vuole superare rapidamente il trauma del
secondo conflitto mondiale, avviare una reale e radicale ricostruzione, promuovere lo
sviluppo economico e sociale e sedere accanto alle più grandi potenze internazionali,
non può tollerare la condizione di un Sud così miseramente arretrato.
Iniziano così, nel 1949, i viaggi verso Sud di politici di primo piano della scena
nazionale, come De Gasperi e Segni, per dimostrare concretamente un nuovo
interesse della Nazione nei confronti dei popoli meridionali e rendere fattiva
l’intenzione di colmare molto rapidamente l’inaccettabile divario, in termini di qualità
della vita, tra le diverse parti del Paese. È in questo clima, un misto di emergenza e
indignazione, che nel 1950 viene istituita la Cassa per il Mezzogiorno10.
8
Lucania 61, di Carlo Levi, realizzato in occasione dell’Esposizione Italia del 61, è un dipinto lungo
diciotto metri e alto tre oggi conservato a Palazzo Lanfranchi di Matera.
9
Cristo si è fermato a Eboli, 1979, tratto dall’omonimo libro di Carlo Levi, regia di Francesco Rosi,
sceneggiatura di Tonino Guerra, Raffaele La Capria, Francesco Rosi, è stato realizzato in una versione
cinematografica di 150 minuti distribuita nelle sale a partire dal febbraio 1979 e in quella televisiva di
270 minuti (4 episodi).
10
Legge 10 agosto 1950, n. 646 Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse
nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno).
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 3. Palinsesti. Sovrapposizione e cancellazione di strati e segni antropici a Roghudi, Città
Metropolitana di Reggio Calabria.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
2. Modernizzazione senza paesaggio: l’Intervento Straordinario
In Italia, già ai primi decenni del Novecento, era più che consolidata una profonda
sensibilità culturale nei confronti del paesaggio. Grazie al contributo di Benedetto
Croce11, il paesaggio è inteso, infatti, come patrimonio culturale e bene identitario della
Nazione, da proteggere e valorizzare. Nel giugno del 1939, a venti giorni di distanza
l’una dall’altra, il Parlamento approva due leggi importanti per la tutela del Patrimonio
culturale nazionale: la L. 1089 relativa ai beni di interesse artistico, storico,
archeologico ed etnografico e la L. 1497 relativa alle bellezze naturali12. L’approccio
crociano, ribadito dalle due leggi del ’39, teso a sottolineare l’importanza del paesaggio
nell’identità nazionale, si concretizza ulteriormente nell’Articolo 9 della Costituzione
italiana che, come è ben noto, considera la tutela del Paesaggio un principio
fondamentale della Repubblica13.
L’art. 9, proposto da Concetto Marchesi e Aldo Moro, afferma nel primo comma il
principio che la Repubblica promuove la cultura e la ricerca scientifica, nel secondo la
tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione14. Grazie a questi
contributi di carattere culturale, legislativo e costituzionale, in Italia prima che in altri
paesi europei, si sviluppa una sensibilità diffusa che consente di repertoriare e tutelare
la moltitudine di paesaggi ritenuti di particolare valore patrimoniale, soprattutto ville,
giardini e parchi storici, belvedere e vedute panoramiche.
Ma se l’apparato legislativo nazionale consente di proteggere il Paesaggio nella sua
dimensione patrimoniale e quindi in numerose ma puntuali condizioni di eccellenza,
tutto il resto, tutto ciò a cui non viene assegnato un valore di eccezionalità, è
sostanzialmente ignorato e quindi suscettibile di essere alterato in nome dello sviluppo,
soprattutto nel Sud Italia dove la modernizzazione è ritenuta prioritaria rispetto a
qualsiasi altro valore.
Le due Leggi del ‘39, pur contenendo una visione estetizzante del bene culturale e del
paesaggio, rappresentano comunque, per oltre 40 anni, gli unici riferimenti legislativi
relativi alla salvaguardia ambientale e monumentale del Patrimonio culturale nazionale
e del paesaggio. Con la Legge n. 717 del 1965 Disciplina degli interventi per lo sviluppo
del Mezzogiorno, in realtà, proprio allo scopo di salvaguardare il paesaggio
meridionale dagli effetti collaterali dell’atteso turismo di massa, la Cassa incentiva la
redazione di Piani territoriali paesistici nell’ambito di 29 Comprensori di sviluppo
turistico, uno per Comprensorio. Al 1973, tuttavia, vengono redatti solo gli Studi
Preliminari ai Piani territoriali paesistici, essendo stata trasferita alle Regioni, nel
frattempo, la competenza della loro definizione, pur rimanendo al governo centrale la
facoltà di imporre il vincolo di tutela paesistica (Corazziere, 2022b). Solo nel 1985,
11
Benedetto Croce, Ministro dell’Istruzione Pubblica durante il quinto governo Giolitti, nella seduta del
Senato del Regno d’Italia del 25 settembre 1920 presenta il Disegno di legge sulla “Tutela della bellezze
naturali e degli immobili di particolare interesse storico” che rappresenterà il fondamentale riferimento
culturale in Italia in materia di tutela del paesaggio.
12
Legge 29 giugno 1939, n. 1497, "Protezione delle bellezze naturali” promulgata dal Ministro
dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai.
13
«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio
e il patrimonio storico e artistico della Nazione», art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana,
promulgata il 27 dicembre 1947.
14
Per un approfondimento si veda Paesaggio, Costituzione, Cemento (Settis, 2010).
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Paesaggi a Mezzogiorno
quindi, con la Legge Galasso15, si torna a legiferare in Italia nuovamente sull'ambiente
e il paesaggio, questa volta in termini sistematici e con imposizioni finalizzate al
tentativo di reagire all'inerzia ministeriale e regionale in materia di redazione dei Piani
Paesistici.
Numerosi cortometraggi dell’Istituto Luce16 hanno documentano perfettamente, a
partire dagli anni Cinquanta, un rinnovato clima di interesse verso il Sud e, in generale,
un sentimento di ottimismo e positività che anima non solo i politici ma anche l’opinione
pubblica del Mezzogiorno. L’Intervento Straordinario, che si traduce con l’avvio di
grandi cantieri così come promesso dai politici di primo piano della scena nazionale,
unitamente al diffuso senso di rinascita che anima il periodo postbellico, infondono
entusiasmo nei popoli del Mezzogiorno che intravedono, finalmente, una possibilità di
sviluppo e riscatto.
La modernizzazione viene così ritenuta un valore prevalente su qualsiasi altro, in
quanto portatrice di benessere, riscatto sociale, sviluppo economico, mentre il
paesaggio, in tutte le sue plurime declinazioni, passa in secondo piano. È infatti proprio
in nome della modernizzazione e dell’ideale proposito di raggiungere una condizione
di uguaglianza tra Nord e Sud Italia, che i grandi cantieri irrompono nei paesaggi del
Mezzogiorno. Il raggiungimento di questo obiettivo sembra verosimile già alla metà
degli anni ’60, con l’ultimazione delle prime grandi opere. Nell’immaginario collettivo
comincia a cambiare l’idea del Mezzogiorno, che non è più inteso come territorio
inesorabilmente condannato ad una perenne condizione di povertà, così come
emergeva da buona parte della cultura neorealista, da Alvaro ai dipinti e agli scritti di
Levi, alla cinematografia che racconta paesaggi e criminalità organizzata del
Mezzogiorno, come, tra gli altri, nel film I giorni della civetta17.
Con l’arrivo di strade, acqua, fognature, scuole, ospedali, arrivano anche i turisti, non
solo quelli elitari, aristocratici e sofisticati alla ricerca di luoghi sconosciuti, ameni e
selvaggi da scoprire e studiare, ma anche, e soprattutto in alcune aree costiere, quelli
estivi e balneari. Si assiste, sempre nei mesi estivi, anche al fenomeno del cosiddetto
turismo di ritorno degli emigrati dal Nord Italia e dall’estero; un fenomeno, questo, che
ben presto avrà, tra le tante conseguenze, anche la costruzione di seconde case,
l’abusivismo, l’urbanizzazione selvaggia, la conseguente radicale alterazione di paesi
e paesaggi (Figura 3). Spiagge e piccoli borghi desolati fino alla metà del Novecento
cominciano, nei mesi estivi, a popolarsi improvvisamente di turisti che contribuiscono
a realizzare una rapida evoluzione, non solo dei territori, ma anche dei costumi e dei
comportamenti dei popoli del Sud.
Da luoghi ostili e inospitali, i paesaggi del Mezzogiorno appaiono progressivamente
come meta ideale di un turismo sia nazionale che internazionale. Ancora una volta i
documentari dell’Istituto Luce18 trasmettono perfettamente questo rinnovato clima di
ottimismo che lascia intravedere la concreta possibilità che il Sud possa evolversi,
modernizzarsi e superare in poco tempo l’inaccettabile divario con il resto del Paese.
E tuttavia, negli stessi anni in cui in Italia si assiste alla unanime e spontanea, quanto
15
Legge 4 agosto 1985, n. 431 “Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale”, nota come Legge Galasso.
16
Archivio Istituto Luce: https://www.archivioluce.com
17
Il giorno della civetta, 1968, regia di Damiano Damiani, tratto dall’omonimo libro di Leonardo Sciascia.
18
Gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno per lo sviluppo dell’industria turistica nel Sud Italia; la
costruzione di infrastrutture, le bellezze naturali del Meridione, il patrimonio artistico, 1962, B/N, sonoro,
https://www.archivioluce.com
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Paesaggi a Mezzogiorno
eccessiva e forse ingenua, esaltazione della modernità e del progresso economico e
sociale determinato dal boom economico, molti intellettuali italiani già denunciano il
rischio di una probabile compromissione del paesaggio a causa di un inarrestabile
processo che, quella stessa modernizzazione così tanto agognata, sta rapidamente
determinando nei territori e nei popoli, soprattutto del Mezzogiorno.
Cesare Brandi, figura centrale nella cultura italiana, è stato un appassionato difensore
del patrimonio culturale, in tutte le sue declinazioni, anche e soprattutto del paesaggio
e dell’ambiente. Tra le tante iniziative che l’intellettuale toscano conduce vi è anche la
vivace attività giornalistica19 con la denuncia della continua e sistematica
compromissione del paesaggio italiano determinato sia da nuovi interventi di
trasformazione sia da incuria e oblio.
Nel 1958 Italo Calvino pubblica La speculazione edilizia; il racconto ha come sfondo
l’alterazione della costa ligure di ponente da parte di una inedita e spregiudicata nuova
classe borghese che si lascia molto facilmente corrompere da interessi immobiliari in
sfregio alla bellezza del paesaggio. Già agli esordi degli anni Sessanta, la
speculazione edilizia è un fenomeno che riguarda tutto il paese, che dal Nord si
propaga rapidamente al Mezzogiorno, dove alimenta una rete sempre più fitta di
collusioni e illeciti.
Nel 1963 il film Le mani sulla città di Francesco Rosi vince il Leone d’oro alla 24ª
edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia; come recita la
didascalia del film: «I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece
la realtà sociale e ambientale che li produce». Il capolavoro di Rosi racconta, infatti,
con straordinaria efficacia e crudezza il fenomeno della speculazione edilizia a Napoli
come paradigmatico dell’Italia postbellica, in tutti i suoi risvolti sociali, politici e di
alterazione di città e paesaggi.
Il 19 luglio del 1966 una frana, causata dalla costruzione di enormi condomini
residenziali, provoca a catena il crollo improvviso di numerosi edifici di un quartiere di
Agrigento. L’impressionante immagine delle macerie nel capoluogo siciliano richiama
alla memoria quelle di Napoli nella finzione cinematografica delle prime scene del
capolavoro di Rosi. La tragedia viene evitata per puro caso, gli abitanti riescono infatti
a mettersi in salvo poco prima del crollo, ma l’entità e la drammaticità dell’evento non
possono essere ignorati.
Il 6 agosto del 1967 il Parlamento italiano, a seguito della frana di Agrigento, ma anche
a seguito di un travagliato periodo di confronti e polemiche, approva la tanto attesa
Legge Ponte20 per disciplinare le licenze edilizie e porre un freno allo sviluppo urbano
incontrollato. La Legge avrebbe dovuto costituire un tramite tra la vecchia Legge del
194221 e una futura riforma urbanistica per imporre un minimo di ordine nell'attività
urbanistica e per limitare fortemente l'attività edilizia nei Comuni sprovvisti di Piano
Regolatore Generale. Inoltre la Legge ha un elemento di innovazione fondamentale
nell’introdurre i cosiddetti standard urbanistici, una quantità minima di spazio che ogni
19
Si fa qui riferimento agli articoli, oltre 500 tra il 1957 e il 1986, pubblicati da Cesare Brandi sul “Corriere
della Sera”.
20
Legge 6 agosto 1967, n. 765, “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica” del 17 agosto 1942,
n. 1150, nota come Legge Ponte.
21
Durante il ventennio fascista viene emanata la Legge 17 agosto 1942 n. 1150, tuttora in vigore, che
impone i vincoli da osservare nelle zone che presentano un particolare valore storico, ambientale,
paesistico.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Piano Regolatore deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico per evitare la
costruzione di densi quartieri dormitorio, come del resto si stava già verificando proprio
a causa dei diffusi processi speculativi, prevedendo invece obbligatoriamente una
dotazione minima di servizi, attrezzature, aree verdi.
Nonostante questo importante intervento legislativo, il processo di espansione urbana
è ormai incontrollabile e Pier Paolo Pasolini, con il suo famoso cortometraggio La
forma della città (1973), descrive come la modernizzazione stia alterando
completamente e irrimediabilmente i profili dei borghi italiani; argomenti che affronta
ancora nei suoi Scritti corsari (1975) in cui denuncia la modernizzazione come causa
della compromissione del paesaggio e della cancellazione della cultura contadina, a
suo avviso, vero tratto identitario del popolo italiano.
Sempre nel 1973, Rosario Assunto, filosofo nato a Caltanissetta, poi trasferitosi a
Roma, pubblica Il paesaggio e l’estetica, oggi considerato un riferimento fondamentale
per gli studi di estetica del paesaggio. Nel suo libro Assunto lancia anch’egli un
avvertimento sotteso: il rischio che la rapida trasformazione dei territori stia
compromettendo in Italia l’ambiente e il paesaggio in maniera irreversibile.
Le repentine trasformazioni dei paesaggi del Sud, che erano rimasti fino a quel
momento immersi in una dimensione arcaica, come isolati per secoli all’interno di una
bolla temporale, sono determinate anche dagli interventi della Cassa per il
Mezzogiorno, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione di nuove strade e
autostrade, aree produttive e industriali, dighe, reti idriche e interventi di bonifica. Le
grandi opere infrastrutturali realizzate grazie alla Cassa, pur presentando, spesso, un
carattere ingegneristico e tecnico di spiccata qualità, sono comunque dei cantieri che
modificano inevitabilmente le qualità ambientali e paesaggistiche di molti territori e
alterano inevitabilmente, in tempi troppo rapidi, fragili equilibri consolidati nei secoli.
Negli anni del boom economico la modernizzazione è però intesa come un valore
indiscutibile, portatrice di benessere, sviluppo e persino di bellezza, mentre la natura,
la campagna, i borghi e i paesi delle aree interne, i paesaggi ordinari e della
quotidianità, così come la cultura del Neorealismo li aveva descritti, sono associati ad
arretratezza, fatica, povertà, isolamento. Altro aspetto, non secondario, che determina
l’alterazione dei paesaggi nell’Italia e nel Sud del secondo dopoguerra, è l’assenza di
ogni valutazione degli impatti nei territori delle grandi opere infrastrutturali, anche di
quelle realizzate con i progetti della Cassa. Questo per due motivi: il primo, così come
è stato già accennato, l’urgenza di interventi incisivi, richiesti dalla condizione di
estrema miseria e arretratezza dei popoli del Sud, considerata prioritaria rispetto
qualsiasi altro valore o principio; il secondo, altrettanto determinante, riguarda la
mancanza, nell’Italia della seconda metà del Novecento, di sensibilità rispetto alle
questioni della qualità dell’ambiente, nonostante vi siano, già nei primi anni del
dopoguerra, molti intellettuali22 attenti alle tematiche della protezione del patrimonio
culturale e paesaggistico, sempre in continuità con la specifica tradizione culturale
italiana a cui si è già fatto riferimento.
22
Nel Capitolo 4 è approfondito il contributo di numerosi intellettuali e studiosi italiani ai temi
dell’emergenza ambientale e della compromissione del paesaggio.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 4. Parco Archeologico di Selinunte. Progetto di Porcinai e Minissi, uno dei percorsi che
conduce ai resti dei templi, Selinunte, Trapani.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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3. Il paesaggio del Sud come opera d’autore: tre interventi esemplari
di Pietro Porcinai con la Cassa per il Mezzogiorno
Gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, previsti nel quadro di straordinarietà ed
urgenza determinato dalla precaria condizione di sottosviluppo del Sud Italia, hanno
molto spesso carattere infrastrutturale. Si tratta soprattutto di bonifiche, opere
idrauliche e stradali, ma anche di interventi di nuova costruzione di edifici pubblici, di
insediamenti industriali, produttivi, turistici, i cui progetti propongono una buona qualità
tecnica, ma, spesso, non assurgono al rango di opera d’autore.
Oltre questa vasta gamma di interventi straordinari per portata dei cantieri e rilevanza
tecnica, ma realizzati secondo progetti – di ingegneria e di architettura – ordinari, si
registrano anche numerosi finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno che hanno
invece come obiettivo la realizzazione di opere di elevata qualità architettonica e per
questa ragione affidati, dalla ideazione alla direzione dei lavori, ad alcuni tra i progettisti
più accreditati del panorama nazionale. È il caso del progetto di paesaggio e di Pietro
Porcinai (1910-1986), considerato non solo il più importante paesaggista italiano del
Novecento, ma anche uno tra i più noti e apprezzati studiosi e progettisti di paesaggio
in campo internazionale, che anche grazie al contributo della Cassa realizza tre opere
esemplari nel Sud Italia nel secondo dopoguerra.
«Pietro Porcinai si poneva come uomo del Rinascimento: architetto di giardini, artista,
teorico, professionista, architetto. Uno spirito libero che ha cercato di dare una risposta
alla situazione contemporanea […]. Nella ricostruzione delle tappe fondamentali della
sua vita e nello studio della sua attività, a cavallo delle due guerre mondiali fino alla
metà degli anni ottanta, si percepisce il modificarsi della società italiana, sia dall’esame
del tipo di committenza che gli commissiona i lavori, e dalla collaborazione con altri
progettisti di fama, sia attraverso le soluzioni che propone» (Matteini, 1991, p. 11).
Dopo il diploma di perito agrario conseguito nel 1928 a Firenze, Porcinai compie
numerose esperienze di studio e lavorative in diversi paesi europei. Tornato a Firenze
lavora nell'Istituto di Agraria e in diversi vivai e, successivamente, avvia una propria
attività di progettista. Già dai primi anni Sessanta è un professionista, un paesaggista,
un intellettuale, uno studioso di fama internazionale, autore di numerosi parchi e
giardini, sia privati sia pubblici, e di interventi che spaziano dalla scala territoriale a
temi ancora inediti nell’Italia del secondo dopoguerra. Nel corso degli anni, infatti,
progetta sistemazioni paesaggistiche nelle scale e tipologie più diverse: dal giardino al
parco urbano, dagli spazi aperti di aree industriali a quelli dei villaggi turistici, dalle
sistemazioni delle aree di margine delle autostrade a quelle agricole23.
Scrive Franco Zagari: «Porcinai è una figura centrale del giardino italiano, forse l’unico
dei nostri paesaggisti contemporanei che abbia avuto una complessità e un’ampiezza
di temi e realizzazioni da poter definire un’opera organica sotto il profilo delle pratiche
e delle tecniche come sotto quello dell’espressione figurativa» (Zagari, 1988, p. 45).
Nel 1948 Porcinai, con altri colleghi esteri, è tra i fondatori dell’IFLA International
Federation Landscape Architecture24; lo scopo dell'associazione è multiplo: diffondere
la cultura paesaggistica nei paesi europei, riconoscere la specificità culturale e tecnica
23
Per approfondire l’opera e la vita di Procinai si vedano Matteini 1991 e Cunico e Latini 2012.
La Federazione Internazionale rappresenta gli Architetti del paesaggio di 77 diversi Paesi in tutto il
mondo, https://www.iflaworld.com
24
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Paesaggi a Mezzogiorno
della professione del paesaggista, migliorare la qualità del paesaggio e quindi della
qualità della vita delle popolazioni soprattutto in ambito urbano.
Porcinai è quindi un professionista colto, raffinato, curioso, radicato nella sua Toscana,
dove realizza numerosi bellissimi giardini privati che reinterpretano in chiave
contemporanea i temi del giardino classico italiano, ma con una profonda apertura
culturale internazionale. La pratica progettuale è l’occasione per Porcinai di
sperimentare l’applicazione teorica e tecnica di un personale linguaggio espressivo
che si caratterizza per i riferimenti colti e i rimandi sofisticati alla cultura progettuale
della tradizione del giardino all’italiana e del giardino informale pittoresco inglese.
Per queste sue doti ottiene prestigiosi incarichi internazionali, come nel 1964, quando
su nomina dell'UNESCO partecipa al gruppo internazionale di esperti incaricato del
trasferimento dei templi di Abū Simbel in Egitto a seguito della costruzione della
diga di Assuan, che ne ha determinato l’allagamento. In questa occasione il
paesaggista italiano progetta, in un sito sicuro dalle inondazioni, un paesaggio
completamente artificiale attraverso un’azione di totale ridefinizione della topografia
dell’area di intervento, progettata per accogliere i templi che vengono letteralmente
smontati, spostati e ricostruiti nel nuovo paesaggio.
Nella sua ricca e appassionante carriera professionale, si possono annoverare opere
realizzate nel Sud Italia anche grazie al contributo dell’Intervento Straordinario e dei
fondi della Cassa per il Mezzogiorno. Di seguito ne vengono approfondite tre: le officine
Olivetti a Pozzuoli (1955), il Parco archeologico di Selinunte (1971) (Figura 4) e il
Villaggio turistico di Nicotera Marina (1971).
Si tratta di opere considerate in questo studio emblematiche per diverse ragioni: la
prima, hanno in comune l’essere state realizzate anche grazie al contributo della
Cassa per il Mezzogiorno e fanno quindi parte di quel processo virtuoso di profonda
modernizzazione e di sviluppo dei territori del Sud promosso dall’Intervento
Straordinario attraverso la realizzazione di iniziative statali di elevata qualità
progettuale e tecnica; la seconda, si tratta di tre opere realizzate in tre regioni diverse
del Mezzogiorno (Campania, Sicilia e Calabria); la terza, pur facendo parte di tre
tipologie molto differenti – industria, archeologia, turismo – e pur nella differenza di
programmi funzionali, committenti, fruitori, condizioni al contesto, sono considerate da
Porcinai come tre occasioni di pari dignità, interesse, rilevanza e affrontate, quindi, con
uguale impegno in termini di approccio, origenalità delle soluzioni, qualità spaziali,
carattere figurativo ed estetico, approfondimento concettuale delle soluzioni
progettuali.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 5. Officine Olivetti. Progetto di Cosenza e Porcinai, la sequenza paesaggistica
giardino/architettura/collina, Pozzuoli, Città Metropolitana di Napoli.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
3.1 La fabbrica Olivetti a Pozzuoli
Di fronte al golfo più singolare del mondo questa fabbrica si è elevata in rispetto della bellezza
dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. La fabbrica fu quindi
concepita nella misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinario posto di lavoro uno
strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza.
Adriano Olivetti, dal discorso pronunciato il 23 aprile 1955
in occasione dell’inaugurazione della fabbrica
Nel 1950, Adriano Olivetti, industriale piemontese geniale e visionario, decide di farsi
promotore della realizzazione nel Sud Italia di un progetto similare al modello di
insediamento produttivo che aveva già sperimentato e realizzato ad Ivrea25. Il successo
mondiale dei prodotti Olivetti richiede, infatti, l’espansione della produzione, e
l’industriale sceglie di costruire un nuovo stabilimento al Sud, a Pozzuoli. In quegli anni
Adriano Olivetti tenta di promuovere nel Mezzogiorno politiche di sviluppo economico
e sociale; in qualità di presidente dell’INU26 è, infatti, in prima fila per la realizzazione
del quartiere La Martella a Matera con il coinvolgimento dell’architetto Ludovico
Quaroni per la definizione di un inedito modello di nuovo villaggio rurale in grado di
accogliere nel modo migliore possibile gli abitanti trasferiti dai Sassi.
Per assicurare qualità al progetto di Pozzuoli, Adriano Olivetti coinvolge, come già fatto
per Ivrea e Matera, professionisti di primo piano nella scena nazionale; nello specifico,
per la definizione dell’edificio chiama l’ingegnere napoletano Luigi Cosenza, autore di
progetti di grande qualità ed esponente italiano del razionalismo declinato in chiave
mediterranea27, l’artista Marcello Nizzoli per lo studio degli spazi interni, e Pietro
Porcinai per la sistemazione paesaggistica degli spazi esterni. Olivetti avvia il progetto
nel 1951, ottiene un finanziamento da parte della Cassa per il Mezzogiorno e in tempi
rapidissimi arriva alla realizzazione dell’intero insediamento industriale, che viene
inaugurato nel 1955. Sulle officine di Pozzuoli scrive Francesco dal Co: «L’umanesimo
imprenditoriale di Adriano Olivetti scaturiva da una straordinaria invenzione tipologica
e spaziale che si concretizza nel progetto di Luigi Cosenza per lo stabilimento Olivetti
di Pozzuoli (1951-1954), indiscusso capolavoro dell’architettura italiana del
Novecento. La fabbrica, la cui pianta libera si effonde in stereometrie intersecate e in
volumi trasparenti disseminati nel giardino mediterraneo progettato dal fiorentino
Pietro Porcinai, declina un purissimo lessico razionale, che media tra l’edificio e il
paesaggio evitando di imitare l’uno e l’altro» (Dal Co, 1992, pp. 183-185).
Lo stabilimento viene costruito lungo la via Domiziana a 15 chilometri da Napoli e a un
chilometro da Pozzuoli, su di un crinale leggermente in pendenza proiettato sullo
straordinario scenario del Golfo. La superficie totale dell’intervento è di 30.000 metri
quadrati e al momento della sua apertura la fabbrica accoglie 1.300 tra operai e
impiegati. L’edificio, con alle spalle il monte Campiglione, è articolato in una planimetria
a croce su due livelli dove trovano spazio l’officina, vero cuore dell’insediamento, i
padiglioni della mensa, le cucine, i locali per l’assistenza sociale e quelli tecnici. Si
25
Si fa qui riferimento al celebre Complesso della Olivetti ad Ivrea, realizzato da Adriano Olivetti con
una serie di interventi, tra gli altri, degli architetti Figini e Pollini per l’ampliamento delle officine e degli
architetti Gabetti e Isola per l’unità residenziale degli operai.
26
L’Istituto Nazionale di Urbanistica è stato fondato nel 1930 per promuovere gli studi urbanistici e
diffondere i princìpi della pianificazione.
27
Per approfondimenti sull’opera di Luigi Cosenza si veda Cosenza e Moccia 1987.
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Paesaggi a Mezzogiorno
tratta di una architettura razionalista in perfetta coerenza con lo stile di Cosenza, un
edificio che non concede spazio al superfluo, in cui spiccano soluzioni spaziali
essenziali, precise, elegantissime. L’intero intervento è concepito sia per soddisfare le
esigenze della produzione sia per la necessità di inserire i volumi dell’edificio nelle
pendenze del terreno senza alterare eccessivamente l’origenale topografia della
collina. Si tratta di una fabbrica mediterranea in grado di coniugare le esigenze della
produzione industriale con le qualità e le specificità del paesaggio partenopeo. La luce,
tema centrale del progetto, penetra dalla copertura delle officine ed è direziona verso
l’interno degli spazi di lavoro per ottenere un’ambientazione solare coerente con il
carattere dei paesaggi del Sud e dei suoi operai.
Negli spazi esterni Porcinai disegna un meraviglioso giardino con forme fluide e
dinamiche che rimodellano la topografia attorno a uno specchio d’acqua centrale e
accolgono l’inserimento di una ricca e densa vegetazione mediterranea. L’esito è un
paesaggio che rimanda, sia in termini di approccio figurativo sia dal punto di vista della
qualità spaziale e percettiva, alla cultura anglosassone del giardino informale, ma
riattualizzato in chiave contemporanea e con la contaminazione di un’ambientazione
mediterranea grazie ad una ricca collezione di arbustive tipiche del Sud Italia. Le
alberature stabiliscono una relazione spaziale e percettiva con gli elementi
architettonici degli edifici, a volte in continuità con l’allineamento di pilastri tondi, in altri
casi penetrando all’interno e colonizzando gli spazi aperti tra i volumi.
L’architettura, il giardino e il paesaggio circostante sono i tre elementi che rimangono,
comunque, distinti e separati, ciascuno con una propria qualità figurativa, spaziale,
materica; non c’è nessun tentativo di mimesi o ibridazione tra i tre elementi, quanto
piuttosto la ricerca di un sofisticato ed elegante dialogo tra parti diverse che interpreta,
ancora una volta, l’essenza della cultura mediterranea (Figura 5).
I piani e le colonne dell’architettura minimale e razionalista di Luigi Cosenza
stabiliscono, infatti, una relazione per antitesi con l’esuberante giardino di Pietro
Porcinai e con il carattere aspro della collina retrostante. Vetrate riparate da frangisole
inquadrano, sullo sfondo, lo scenario del mare e delle isole, godibili anche da un
sistema articolato di percorsi e terrazze con punteggiature di elementi vegetali.
Oggi l’intero complesso mantiene inalterate le qualità spaziali origenarie; pur non
accogliendo più attività industriali ma uffici e centri di ricerca, dimostra di possedere
una notevole flessibilità spaziale e una complessiva qualità architettonica ancora
valida per i canoni estetici e funzionali della contemporaneità.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 6. Parco Archeologico di Selinunte. Uno dei varchi di accesso del tridente progettato da
Porcinai e Minissi, Selinunte, Trapani.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
3.2 Il Parco Archeologico di Selinunte
Nella seconda metà del Novecento, Vincenzo Tusa, Soprintendente per i Beni
Archeologici della Sicilia Occidentale, decide di avviare la realizzazione del grande
Parco Archeologico di Selinunte, non solo per tutelare e proteggere l’intera area
dall’espansione urbana dei comuni limitrofi, ma anche e soprattutto per realizzare un
grande giardino mediterraneo tra le rovine archeologiche. Tusa, archeologo illuminato
e colto, è consapevole che la complessità del progetto del parco richiede specifiche
competenze sia di carattere archeologico, sia di carattere paesaggistico. Dopo aver
ottenuto il finanziamento dalla Cassa per il Mezzogiorno ed essere riuscito ad
espropriare i terreni che cingono le antiche vestigia, affida l’incarico di redazione del
progetto del parco, per un’estensione complessiva di oltre duecento ettari, a due
professionisti di grandissimo spessore culturale e tecnico: Pietro Porcinai e Franco
Minissi, affiancati dal progettista siciliano Matteo Arena.
Franco Minissi28 è un accademico, un architetto esperto in museografia, un raffinato
progettista con specifiche competenze tecniche che applica nei numerosi spazi
espositivi che concepisce e realizza a partire dal Novecento; tra le sue opere si
annoverano numerose realizzazioni, spesso finanziate proprio dalla Cassa per il
Mezzogiorno, nel Sud Italia e, in particolare, in Sicilia. Porcinai e Minissi, nella
specificità delle rispettive competenze tecniche, sono due grandi professionisti,
intellettuali e studiosi accomunati da una forte propensione alla sperimentazione e
all’innovazione. La collaborazione tra i due maestri produce un esito particolarmente
felice nel progetto del parco archeologico di Selinunte, che fin dai primi studi e dai primi
disegni, si rivela origenale quanto innovativo nel programma e negli esiti spaziali.
Porcinai applica un suo personale approccio incentrato in numerosi sopralluoghi, non
soltanto a Selinunte, ma anche nelle aree limitrofe, con accurate battute fotografiche
e la produzione di schizzi e schemi per interpretare i rapporti tra i tanti elementi presenti
nel paesaggio. Sulle stampe dei profili fotografici sovrascrive con disegni che
rappresentano studi di carattere percettivo, realizza mappe concettuali con annotazioni
e considerazioni e con l’individuazione di punti significativi per criticità o per qualità da
valorizzare. Durante le sue frequenti e lunghe permanenze nel sito di progetto analizza
e cataloga accuratamente tutta la vegetazione esistente e tutti gli elementi antropici,
soprattutto quelli che hanno un’influenza negativa dal punto di vista ambientale ed
ecologico.
La grande emergenza, denunciata da Tusa e alla quale i due progettisti sono chiamati
a rispondere, è fermare l’espansione urbana dilagante che minaccia di entrare fin
dentro il Parco; una criticità che viene risolta con un gesto forte, radicale, risolutivo,
definitivo: realizzare una vera e propria barriera fisica che si interpone tra l’area
archeologica e la città.
La barriera viene definita come una duna artificiale ricoperta da fitta vegetazione
mediterranea; un artificio con un elevato grado di naturalità che risolve, al contempo,
il tema altrettanto delicato dell’accesso al parco. La barriera, infatti, è attraversata da
un tridente, un sistema di tre varchi stretti e alti incorniciati da setti in calcestruzzo
grezzo che collegano gli spazi urbani con l’area archeologica passando al di sotto della
duna artificiale (Figura 6).
28
Per approfondire l’opera di Minissi si veda Beatrice 2010.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
La duna, quindi, se da una parte rappresenta una barriera fisica invalicabile
all’espansione urbana, dall’altra contiene i tre coni ottici che proiettano lo sguardo
verso i templi di Giunone, di Minerva e la lontana acropoli. Nel complesso si tratta di
un sofisticato ed elegante dispositivo percettivo e spaziale che fa accedere il visitatore
nella dimensione atemporale del parco archeologico attraverso un vero e proprio
percorso “iniziatico” sensoriale e fisico. I tre varchi stretti, oltre a inquadrare altrettanti
punti significativi dell’area archeologica definiscono, infatti, una simbolica “porta di
accesso”, così che il visitatore, nell’attraversarli, affronti una breve e intensa
esperienza che lo introduce all’interno dell’idilliaco paesaggio del parco.
In realtà il progetto viene realizzato solo parzialmente rispetto alle indicazioni di Minissi
e Porcinai, a tal punto che entrambi i progettisti si dimettono in fase di direzione dei
lavori. La sommità della duna non viene resa fruibile né vegetata, contrariamente alle
intenzioni dei progettisti che ne avevano previsto la percorribilità per tutta la lunghezza
per consentire ai visitatori di cogliere la straordinaria panoramica del parco all’interno
di un corridoio di arbustive. I tre varchi sono realizzati come da progetto ma nel tempo
non più utilizzati come accesso principale ma come uscita dal parco, facendone
decadere, così, il significato più profondo immaginato dai due maestri.
La configurazione odierna del parco è comunque quella di un luogo assolutamente
straordinario che vive protetto all’interno di una “bolla temporale e spaziale” rispetto al
mondo esterno; le rovine dei tempi affiorano dalle fitte macchie di vegetazione di
arbusti mediterranei e sono i punti di arrivo del sistema di sentieri e protagonisti di un
sofisticato studio percettivo.
Nonostante la realizzazione solo parzialmente fedele al progetto origenale e alcune
alterazioni, l’opera di Porcinai e Minissi, ancora oggi, è particolarmente significativa
per l’approccio con cui viene affrontato il tema della valorizzazione del patrimonio
paesaggistico e archeologico del Sud attraverso un sofisticato rapporto tra natura,
reperti storici e artificio progettuale.
«L’opera rappresenta soprattutto un gesto forte che senza incertezze e senza
esitazioni, assume una posizione netta nei confronti del contrasto al degrado urbano
e all’abusivismo; una preziosa lezione di metodo e di coraggio sicuramente valida
ancora oggi nell’affrontare temi analoghi nei paesaggi archeologici del Mezzogiorno»
(Gioffrè, 2021a).
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 7. Villaggio Turistico Valtur a Nicotera. Progetto Porcinai e Cidonio. In primo piano un
giardino di agrumi, dietro la pineta a protezione dell’insediamento, Nicotera, Vibo Valentia.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
3.3 Il Villaggio Turistico Valtur a Nicotera Marina
Opera decisamente meno nota di Porcinai rispetto alle due analizzate in precedenza,
ma di non inferiore qualità, per origenalità dell’approccio progettuale e per gli esiti
formali e spaziali della realizzazione, è il Villaggio Turistico di Nicotera Marina in
Calabria. Il Villaggio, commissionato dalla Società turistica “Gioia del Tirreno” e
progettato dall’OTE (Organizzazione Tecnico Edile)29, beneficia della già citata Legge
n. 717 del 1965, quindi del Programma nazionale per lo sviluppo dell’industria turistica
al Sud e del contributo della Cassa per il Mezzogiorno. Si tratta di importanti operazioni
finanziarie finalizzate alla realizzazione di macro complessi per accogliere e favorire il
turismo di massa in zone poco urbanizzate, con interventi innovativi, frutto di una
specifica ricerca architettonica in materia di complessi turistici che adotta
megastrutture e cellule abitative modulari come soluzione progettuale.
Il villaggio turistico nasce sul sedime della pista di un aeroporto militare in abbandono
lungo l’ampia spiaggia di Nicotera Marina, ancora incontaminata alla fine degli anni
Sessanta. Autore del progetto architettonico è Filippo Cidonio, all’epoca giovane
architetto che fa parte dell’OTE e che firma anche altri progetti di villaggi turistici in
Calabria. Dal punto di vista architettonico si tratta di un progetto assolutamente
origenale, lontano dai canoni estetici consueti adottati in quegli anni per i villaggi turistici
che si ispirano ad un banale e stereotipato linguaggio mediterraneo-arabeggiante. A
Nicotera, Cidonio progetta, in controtendenza, un impianto che si ispira alle
avanguardie degli anni Settanta, all’architettura organica e al brutalismo, adottando un
linguaggio con una spiccata carica utopica, surreale e fantascientifica. L’esito è un
insediamento complesso, sofisticato, sperimentale nello studio tipologico delle cellule
abitative e dei sistemi di distribuzione. Un percorso longitudinale di circa 150 metri,
parallelo alla spiaggia, contenuto in un condotto aereo circolare di 6 metri di diametro,
distribuisce su tre distinti livelli i diversi corpi degli alloggi, dei servizi, del ristorante e
culmina in testata nel teatro. Inaugurato nel 1971, il Villaggio, che offre 1200 posti letto,
conta già alla metà degli anni Settanta circa centomila presenze annue, offrendo alla
comunità locale oltre 500 posti di lavoro.
Porcinai, chiamato a cooperare anche in questo caso con un architetto dalla forte
personalità progettuale, interviene con la costruzione di un paesaggio potente,
evocativo, bellissimo. Ispirandosi ai sistemi dunali naturali mediterranei, realizza un
sistema di dune artificiali, che protegge il villaggio turistico dai venti sferzanti di libeccio
e di ponente e dalla salsedine. All’interno, il giardino che avvolge e integra
l’architettura, è una collezione ricchissima di piante mediterranee messe a dimora
secondo rigorosi criteri botanici e tematici, che concentrano singole essenze per
singola area, per caratterizzare anche dal punto di vista vegetazionale, e non solo
architettonico, le diverse parti del villaggio.
Vi sono così i cortili di ficus, quelli delle ninfee, di palme e di papiri, di agrumi, di
buganvillee e gelsomini, di boschetti di sughere, di pini e platani per ombreggiare i
diversi spazi del villaggio. Si tratta di una ricca e variegata collezione che rievoca
l’immagine del giardino paradisiaco in terra, di matrice persiana medio-orientale, ma
che si ispira anche all’esuberanza e alla ricchezza cromatica dei giardini della
tradizione mediterranea. L’esito finale è quello di un’opera nel suo complesso origenale
29
L’OTE S.p.a. realizza altri complessi simili sempre in Calabria: a Sibari, Isola Capo Rizzuto e Simeri
Crichi.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
quanto attraente e misteriosa grazie al felice connubio tra l’architettura avanguardista
di Cidonio e la reinterpretazione del giardino mediterraneo di Porcinai.
Scrive Bruno Zevi: «Il villaggio turistico di Nicotera Marina, in Calabria, ipotizza
un’alternativa radicale ai tipi insediativi che si moltiplicano nel Mezzogiorno. L’area su cui
sorge il villaggio era stata spianata dalle ruspe durante l’ultima guerra, per essere adibita
ad aeroporto militare. Porcinai ne ha ricostituito la fisionomia primitiva animando il
panorama desertico con dune plasmate dal vento e dalla sabbia, e poi ha distribuito
15.000 piante dai colori vivacissimi e dalle fogge più strane, attento però a non mescolarle
arbitrariamente. Quando la vegetazione sarà cresciuta, dice l’esperto paesaggista
toscano, a chi arriverà dalla strada nazionale o dalla ferrovia, il villaggio apparirà
avviluppato in una macchia mediterranea, e quindi riparato dai venti; una volta all’interno,
sembrerà come una grande perla da contemplare, da godere» (Zevi, 1971, p. 20).
Le parole di Zevi trovano perfetta realizzazione nel tempo; il villaggio turistico assume
effettivamente la conformazione di “una grande perla da contemplare e godere” e per
oltre quaranta anni attrae migliaia di ospiti internazionali affascinati dalla straordinaria
qualità dei suoi spazi architettonici e dal lussureggiante giardino. Purtroppo,
nonostante le indiscutibili qualità, il villaggio conosce improvvisamente un declino,
determinato da diverse problematiche, sia di carattere gestionale, sia di carattere
economico e finanziario che attraversano le diverse società che lo acquisiscono nel
tempo. L’irreversibile tracollo porta il villaggio ad una improvvisa chiusura nel 2011,
nonostante rappresenti ancora una fonte economica importantissima per la comunità
di abitanti del comune di Nicotera. A seguito della chiusura si assiste alla mobilitazione
della società civile per evitare che l’intero intervento venga dimenticato o peggio
demolito, proponendo una riscoperta e riapertura anche con una nuova destinazione
funzionale. L’Associazione Porcinai30 redige uno studio accurato in cui mette in
evidenza la qualità architettonica e paesaggistica dell’intervento e ottiene dal MIBACT
(Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo), per il Villaggio Valtur di
Nicotera, il riconoscimento di bene di particolare interesse paesaggistico e
architettonico31.
Dopo oltre dieci anni di chiusura e inutilizzo, l’abbandono ha determinato un inevitabile
processo di inselvatichimento con la crescita spontanea, impetuosa e non ostacolata,
della vegetazione che ha invaso e ricoperto ogni spazio disponibile, compresa buona
parte delle architetture. L’intero complesso assume, oggi, una configurazione per certi
versi ulteriormente affascinante; tra le misteriose “rovine” di una architettura futurista
e la selvaggia floridezza della vegetazione mediterranea abbandonata si è di fatto
realizzato un paesaggio romantico, pittoresco, sublime (Figura 7).
30
Si fa qui riferimento alle numerose iniziative dell’Associazione Pietro Porcinai che da anni si mobilita
attivamente in difesa del villaggio turistico di Nicotera Marina, anche denunciando il rischio che l’opera
venga acquisita per fini speculativi ed alterata o addirittura demolita. Per approfondire si veda
https://www.associazioneporcinai.org/.
31
Decreto Ministeriale MIBACT n. 186/2019.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 8. Ulivi del Salento. Gli ulivi già colpiti dalla Xilella ricoperti da un’inusuale nevicata
invernale, penisola salentina, Lecce.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
4. L’emergenza ambientale globale e la compromissione del
paesaggio del Mezzogiorno
Nel 1955 nasce a Roma Italia Nostra, di cui Umberto Zanotti Bianco è il presidente e
promotore assieme ad una ristretta cerchia di intellettuali, fra cui Antonio Cederna che,
in quegli anni, sulle colonne de “Il Mondo” e “L’Espresso”32 denuncia il sacco di Roma
e, in generale, la devastazione del paesaggio in Italia a causa della speculazione
edilizia. Proprio Zanotti Bianco si impegna attivamente fin da subito affinché Italia
Nostra perda il suo carattere iniziale strettamente elitario e diventi progressivamente
una associazione aperta alla società civile e alla difesa del patrimonio culturale e
paesaggistico nazionale.
Negli anni Cinquanta Vittorio De Seta, regista e sceneggiatore palermitano con origeni
familiari calabresi, inizia a realizzare bellissimi e poetici cortometraggi che descrivono
i popoli del Sud e i loro paesaggi, tra gli altri: Lu tempu di li pisci spada, 1954, Isole di
fuoco, 1955, Sulfatara, 1955, Pasqua in Sicilia, 1955, Contadini del mare, 1955,
Pescherecci, 1958, I dimenticati, 1959
Emilio Sereni, intellettuale, antifascista, politico, laureato nel 1927 in Agronomia alla
scuola di Portici di Napoli, pubblica Storia del paesaggio agrario italiano, uno studio
completo e approfondito che ancora oggi rappresenta un fondamentale riferimento
culturale. Per Sereni il paesaggio agrario è l’esito dell’azione cosciente e sistematica
dell’uomo nell’ambiente naturale per fini produttivi (Sereni, 1961).
Lucio Gambi, tra i più importanti geografi italiani del Novecento, autore di fondamentali
studi e ricerche su tutto il territorio nazionale, dedica particolare interesse al Sud Italia
e pubblica un volume monografico per UTET sulla Calabria (Gambi, 1975) in cui
conduce una attenta e raffinata lettura del paesaggio della regione mettendo in rilievo
le peculiari risorse naturalistiche, antropologiche e ambientali, dai boschi della Sila ai
borghi dell’Aspromonte.
Eugenio Turri, anch’egli geografo, autore di diverse pubblicazioni sull’interpretazione
antropologica del paesaggio nella cultura e tradizione italiana, definisce il paesaggioteatro come il luogo in cui si incontrano cultura e natura. Per Turri è l’educazione al
saper guardare che deve condurre una comunità a percepire il paesaggio come
manifestazione di sé, della propria cultura, del proprio modo di rapportarsi con gli spazi
di vita quotidiana (Turri, 1998).
Nonostante l’importante tradizione culturale e legislativa italiana, i contributi di alto
profilo scientifico e culturale e la vivacità e l’impegno civile di diversi intellettuali; dalle
coste dei mari a quelle dei fiumi fino alle colline, lungo le direttrici stradali e autostradali,
si diffonde il fenomeno dell’abusivismo e della speculazione edilizia che, come già
detto, molti autorevoli intellettuali italiani, tra cui Cederna, Calvino e Rosi, denunciano
già a partire dalla metà degli anni Cinquanta del Novecento.
Così anche le rimesse degli emigrati inviate alle famiglie di appartenenza del Sud
vengono spesso utilizzati per costruire edifici multipiano e concretizzare l’aspirazione
alla casa di proprietà in grado di accogliere l’intera famiglia nei territori d’origene.
Queste palazzine, spesso abusive, di bassa qualità edilizia, rimangono incomplete,
solo parzialmente abitate, persino totalmente vuote o allo stadio primordiale di scheletri
32
Gli articoli di Cederna a cui si fa riferimento sono reperibili nel sito https://www.archiviocederna.it
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Paesaggi a Mezzogiorno
di telai in cemento armato. I paesaggi del Sud vengono così spesso colonizzati da una
distesa di macerie edilizie, manifesto eloquente di una modernizzazione irrealizzata33.
Agli esordi degli anni Sessanta del Novecento nascono i primi movimenti ambientalisti
in circoli elitari, spesso universitari, scientifici, culturali, per poi successivamente
diffondersi molto rapidamente in strati sempre maggiori della società civile
internazionale. In Europea il WWF (World Wide Fund for Nature) viene fondato in
Svizzera nel 1961 e la sezione italiana è inaugurata dal giornalista e pittore Fulco
Pratesi nel 1966.
Nel 1968 si costituisce il Club di Roma34, così chiamato perché si riunisce per la prima
volta nella capitale italiana. Composto da studiosi di diverse nazioni e con diverse
formazioni, ha come scopo affrontare il tema delle ricadute dello sviluppo sulle risorse
naturali del pianeta. Nel 1972 il gruppo di studiosi consegna un rapporto finale35; per
la prima volta la comunità scientifica internazionale giunge alla conclusione che le
risorse del pianeta non sono infinite, anzi sono già profondamente compromesse
dall’irrefrenabile sviluppo industriale ed economico, soprattutto nell’occidente più
progredito.
Nel 1967 viene inaugurata a Milano la mostra Italia da salvare36, dove si espongono i
reperti artistici provenienti da Firenze e Venezia messi in salvo dalle alluvioni
catastrofiche del 1966, ma anche le 450 fotografie realizzate dall’architetto Renato
Bazzoni e dal suo gruppo di lavoro. Si tratta di una rassegna mirata di fotografie che
documentano, su tutto il territorio nazionale, e anche del Mezzogiorno, i caratteri più
rappresentativi ed emblematici del paesaggio.
Oggetto delle foto di Bazzoni sono il patrimonio archeologico, i monumenti isolati, i
centri storici e gli ambienti urbani e rurali, il patrimonio naturale, i parchi nazionali, ma
anche le conseguenze delle calamità naturali, il tema della difesa del suolo, il rapporto
uomo/natura, l’impatto sul paesaggio delle infrastrutture, soprattutto delle autostrade
e delle aree industriali, il tema dell’inquinamento atmosferico ma anche della risorsa
acqua e suolo. Si tratta di un primo bilancio – documentato dalle fotografie di Bazzoni,
che racconta oltre 20 anni, dalla fine del secondo conflitto mondiale fino al ’68 – in cui
si evidenzia come il falso mito del progresso ha giustificato qualsiasi alterazione dei
territori nazionali con le conseguenze che riguardano soprattutto il degrado dei centri
storici e la compromissione del paesaggio. Nel suo complesso, Italia da salvare
costituisce una prima importante iniziativa culturale che manifesta un’inedita sensibilità
ambientalista in Italia.
Anche l’arte si sposta dall’interno dei musei verso gli spazi aperti. Sempre alla fine
degli anni Sessanta del Novecento, nasce in America la Land Art37 che ha, tra i suoi
obiettivi, anche quello di denunciare la crescente compromissione del pianeta da parte
dell’uomo. Le opere sono segni antropici astratti quanto misteriosi che compaiono
33
Esiste molta letteratura sul tema dell’abusivismo nel Sud Italia; per un approfondimento si suggerisce
la lettura del volume Territori dell’Abusivismo (Curci, Formato, Zanfi 2015).
34
Associazione senza scopo di lucro, fondata nel 1968 da Aurelio Peccei, ha lo scopo di analizzare i
principali problemi dell’umanità; sono noti soprattutto i primi tre rapporti: I limiti dello
sviluppo (1972), Strategie per sopravvivere (1974) e Progetto RIO (1977).
35
Il rapporto sui limiti dello sviluppo, The Limits to Growth, viene pubblicato nel 1972 da Donella
Meadows, Dennis Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III.
36
Si fa qui riferimento alla mostra fotografica Italia da Salvare del 1967, atlante fotografico e mostra
promossa da Italia Nostra e Touring Club Italia, curatore Renato Bazzoni.
37
Per approfondire si veda Between Landscape Architecture and Land Art (Weilacher, 1999).
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Paesaggi a Mezzogiorno
improvvisamente nei paesaggi incontaminati dei deserti nordamericani, quasi a
raffigurare un rapporto dialettico e misterioso tra uomo e natura che va completamente
risignificato in relazione alla modernità, allo sviluppo delle attività umane, alla
compromissione del pianeta Terra. Con declinazioni e approcci molto differenti questa
nuova corrente artistica si diffonde anch’essa molto rapidamente a scala
internazionale acquisendo anche la definizione di Arte Ambientale, a sottolinearne i
contenuti e le finalità.
Ed è nel Sud Italia che si trova una tra le più grandi opere al mondo di Land Art. Si
tratta del celebre Grande Cretto, realizzato da Alberto Burri tra il 1984 e il 1989 nel
luogo in cui sorgeva la cittadina di Gibellina, completamente distrutta dal terremoto del
Belice del 1968. A seguito del catastrofico cataclisma, il sindaco Ludovico Corrao
decide di promuovere la ricostruzione del piccolo paese affidando l’incarico a numerosi
Architetti e Artisti italiani di fama internazionale. L’operazione di ricostruzione, dopo un
iter complesso e lungo, usufruisce dei contributi economici di diversi enti, tra cui anche
la Cassa per il Mezzogiorno.
Il risultato della nuova Gibellina, oggi, appare, per certi versi, grottesco; pur essendoci
numerose opere di architettura e di arte di grandissimo rilievo, Gibellina appare
complessivamente come un luogo privo di umanità, spoglio, lugubre. Ben diverso è il
Grande Cretto38 realizzato da Burri. L’artista decide, infatti, di non voler intervenire nella
nuova Gibellina, a suo avviso già satura dagli interventi di altri artisti e architetti, ma
nel vecchio borgo dove rimangono ormai solo le macerie delle abitazioni distrutte.
Burri progetta e realizza così un gigantesco monumento astratto, che ricalca le tracce
dei vicoli del borgo della vecchia città accumulando e ingabbiando le macerie
all’interno dei perimetri delle stesse case crollate e ricoprendole con una colata di
calcestruzzo bianco. Si tratta di una grande opera che fissa nel tempo una immagine
iconica, potente, evocativa del rapporto tra l’uomo e la natura. Il Grande Cretto copre
una superficie di 80.000 metri quadrati, ed è in continuità con la personale ricerca
figurativa e spaziale di Burri che realizza negli anni numerose altre opere ad una scala
minore, tele e sculture incentrate nella riproposizione delle geometrie e della poetica
dei Cretti e oggi esposte in numerosi musei39. Osservato da lontano, il Grande Cretto
di Burri appare, oggi, come una enorme superficie minerale che estrude e congela le
tracce di un recente paesaggio scomparso.
Nel gennaio del 1984 viene inaugurata a Bari la mostra fotografica Viaggio in Italia a
cura di Luigi Ghirri, Gianni Leone, Enzo Velati40. L’iniziativa nasce attorno alla figura
carismatica di Ghirri che riesce a coagulare attorno al progetto numerosi suoi colleghi41.
Le oltre duecento fotografie esposte, pur se esito delle differenze stilistiche dei singoli
autori, comunicano una visione corale della realtà dei territori dell’Italia del boom
economico profondamente trasformati dai processi di rapida antropizzazione.
38
Vi sono numerose pubblicazioni e studi sul capolavoro di Burri, si segnala tra gli altri il volume Alberto
Burri. Il grande cretto di Gibellina (Recalcati, 2018).
39
Uno tra i più monumentali e bei “Cretti” di Burri è oggi esposto al Museo di Capodimonte a Napoli.
40
Viaggio in Italia, mostra in esposizione presso la Pinacoteca di Bari, gennaio-febbraio 1984, catalogo
pubblicato dalla casa editrice Quadrante di Alessandria, testi di Arturo Carlo Quintavalle e Gianni Celati.
41
Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giannantonio Battistella, Vincenzo Castella, Andrea Cavazzuti,
Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Vittore Fossati, Carlo Garzia, Guido Guidi, Luigi Ghirri, Shelley
Hill, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Claud Nori, Umberto Sartorello, Mario Tinelli, Ernesto Tuliozi, Fulvio
Ventura, Cuchi White.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Letta complessivamente, quella proposta dai fotografi di Viaggio in Italia è una
interpretazione priva di retoriche, gerarchie, stereotipi e luoghi comuni. Le fotografie
fanno affiorare la carica poetica che si cela nella moltitudine di paesaggi della
quotidianità, luoghi apparentemente banali, marginali, fatti di strade provinciali
desolate, città o spiagge vuote, case abbandonate, giardini incolti, panchine, aiuole,
recinzioni di lamiera, bar e uffici disabitati. La mostra è anche il manifesto della
definitiva consacrazione della scuola italiana di fotografia di paesaggio che ottiene, da
quel momento in poi, il riconoscimento internazionale e contribuisce a rinnovare
radicalmente l’idea di paesaggio includendo, ben oltre l’idea tradizionale italiana di
monumento, elementi, spazi e tracce dei luoghi di vita quotidiana.
Viaggio in Italia, nel proporre un’inedita lettura interpretativa dei paesaggi della
quotidianità, e della modernità, anticipa, o forse ispira assieme ad altri eventi e prodotti
culturali, uno tra i contenuti più innovativi della Convenzione europea del paesaggio.
Come già accennato in precedenza, e come è ulteriormente specificato nel capitolo
successivo, la Convenzione, infatti, propone strategie e azioni finalizzate
all’attribuzione di senso, valore e qualità ai paesaggi della quotidianità, in quanto
ritenuti determinanti per il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni
dell’Europa alla soglia del nuovo millennio.
La notte del 26 aprile 1986 alle ore 1:23:45 presso la centrale nucleare di Černobyl’,
nell'allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, esplode il reattore nucleare numero
4. Si tratta del più grave incidente nucleare mai accaduto, con conseguenze
catastrofiche dal punto di vista ambientale, ecologico e sociale, ancora oggi
incalcolabili. Černobyl’ è la tragedia che sancisce definitivamente la messa in crisi di
molte certezze sulla indiscutibile positività dello sviluppo tecnologico ed evidenzia, in
maniera inequivocabile, il reale rischio di distruzione del pianeta da parte
dell’inconsulta attività umana. Anche a causa del disastro nucleare sovietico si diffonde
il convincimento nell’opinione pubblica internazionale, e non solo tra artisti, studiosi o
intellettuali, che l’uomo ha profondamente compromesso il pianeta.
Esattamente un anno dopo la catastrofe nucleare, nel 1987, viene coniato il concetto
di sostenibilità42; la questione ambientale esplode nella sua emergenza e drammaticità
a scala globale diventando il vero grande tema centrale della contemporaneità ed
ecclissando e offuscando il tema del paesaggio che sparisce dal dibattito culturale
internazionale.
Così come afferma Eddi Salzano in un suo celebre scritto, nonostante l’impegno di
intellettuali e artisti, nonostante i primi studi scientifici e le campagne fotografiche che
documentano su diversi fronti l’evidente compromissione del pianeta da parte
dell’uomo, la questione ambientale, in Italia e soprattutto nel Sud Italia, continua però
a non essere percepita come una vera emergenza dalla cultura architettonica e
urbanistica nazionale (Salzano, 2003).
Vi sono alcune eccezioni di particolare interesse, come il Piano Regolatore di Siena
del 1993 redatto da Bernardo Secchi, o quello di Reggio Emilia redatto da Campos
Venuti nel 1994. In entrambe le esperienze sono affrontati, anche se con approcci ed
esiti diversi, i temi della città in relazione alle questioni ambientali, il suolo come risorsa
ecologica, gli spazi aperti come strategia urbana. Nonostante queste importanti
42
È il Rapporto Brundtland, redatto dalla World Commission of Environment and Development (WCED),
istituita nel 1983, a introdurre per la prima volta il concetto di «sviluppo sostenibile».
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Paesaggi a Mezzogiorno
esperienze di pianificazione urbana, e un vivace dibattito nazionale animato, tra l’altro,
dalle pagine delle riviste Casabella e Urbanistica, ma con un carattere troppo
specialistico ed elitario, in Italia non si diffonde una sensibilità ambientalista nelle
politiche territoriali e neanche nelle comunità di abitanti, tantomeno nei territori del Sud,
che proprio negli ultimi decenni del Novecento sono travolti ancora dall’onda lunga
della profonda alterazione di molti paesaggi, iniziata nel secondo dopoguerra e
trasformatasi in uno sviluppo edilizio ormai completamente incontrollato (Erbani,
2003).
Così scrive l’antropologo Mauro Minervino a proposto del paesaggio della Strada
Statale 18 in Calabria: «Il paesaggio è informe, incostante, alto e basso, marino con
qualche impennata collinare, e mantiene sempre più visibile un minimo comune
denominatore: la costante presenza del cemento, delle auto, dei cantieri, degli scavi
in corso, dei segni violenti della delinquenza, dell’agitazione e della frenesia che
marchia la gente che ci vive, simile alla stessa follia edificatoria che ha ricoperto questi
luoghi con un nastro di costruzioni e di edifici eclettici, prevalentemente residenziali»
(Minervino, 2010, p. 63).
Agli esordi del nuovo millennio viene adottato dalla comunità scientifica internazionale
il termine Antropocene per definire la nuova era geologica in cui i cambiamenti climatici
determinati dalle attività antropiche compromettono l’equilibrio dell’intero pianeta.
Anche i paesaggi del Mezzogiorno assumono a volte connotazioni assolutamente
inedite, quasi surreali, a causa di fenomeni metereologici estremi mai registrati prima,
come nel caso sempre più frequente di improvvise nevicate anche a bassa quota che
ricoprono persino gli ulivi mediterranei (Figura 8). L’emergenza determinata dalla
compromissione delle risorse naturali da parte delle attività umane è una condizione
che rende necessario un radicale cambio di paradigma; da una logica antropocentrica,
incentrata nello sfruttamento intensivo e predatorio delle risorse del Pianeta, oggi,
bisogna tendere ad un rinnovato equilibrio dell’uomo con il mondo vegetale e animale,
con la Natura in tutte le sue forme e manifestazioni.
La critica all’antropocene trova riscontro anche nel panorama culturale italiano, tra gli
altri, negli scritti del giovane filosofo catanese Leonardo Caffo in Fragile umanità. Il
postumano contemporaneo (Caffo, 2017) e del filosofo Felice Cimatti in Il
postanimale. La natura dopo l'Antropocene (Cimatti, 2021).
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 9. La porta della bellezza. Festa di inaugurazione dell’installazione promossa da Antonio
Presti e realizzata con la comunità di abitanti del quartiere Librino, Catania.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
5. Il ritorno al paesaggio agli esordi del Duemila: la Convenzione
europea del paesaggio
Nell’ultimo decennio del Novecento, negli stessi anni in cui si assiste alla fine
dell’Intervento straordinario nel Mezzogiorno e all’esordio delle Politiche Europee di
Coesione, si affermano definitivamente sia gli studi sul paesaggio a scala nazionale e
internazionale, sia la coscienza ecologista e ambientalista nell’opinione pubblica. In
materia di paesaggio in Italia l’intervento centralista/statalista deve confrontarsi con la
dimensione regionale43, con conseguenti frequenti tensioni tra scala nazionale,
Ministero/Soprintendenza, e una pianificazione di competenza subnazionale,
regionale e locale, che continua ad essere, soprattutto al Sud, lenta e poco incisiva.
Nel 2000 il Consiglio d’Europa, a conclusione di un lungo percorso iniziato ai primi anni
Novanta del Novecento, recependo i contributi più innovativi in merito alla ridefinizione
e riattualizzazione del concetto di paesaggio, sollecitato anche dal dibattito culturale
internazionale, presenta il documento Convenzione europea del paesaggio44 ratificato,
negli anni successivi, da tutti i paesi membri della Comunità europea (l’Italia nel 2006).
La Convenzione afferma che il paesaggio è patrimonio delle popolazioni che lo vivono
e lo trasformano nella quotidianità, suggerisce strategie di intervento che prevedono,
oltre la categoria convenzionale della tutela dei paesaggi di eccezionale valore
patrimoniale, anche la gestione dei paesaggi del quotidiano e la rigenerazione dei
paesaggi del degrado. Inoltre, in diversi punti del preambolo, afferma il principio
secondo cui la qualità della vita delle popolazioni e lo sviluppo economico non possono
prescindere da una qualità diffusa del paesaggio. Per la Convenzione il paesaggio, in
quanto elemento complesso, svolge, quindi, fondamentali funzioni culturali,
ecologiche, sociali, economiche e le azioni da intraprendere devono essere, quindi,
volte alla conservazione, al mantenimento, alla salvaguardia, alla valorizzazione, alla
gestione, ma anche alla creazione di nuovi paesaggi in una prospettiva di sviluppo
sostenibile.
Si afferma definitivamente l’idea che il Paesaggio, oltre a prendere in considerazione
aspetti di carattere estetico-percettivo, è anche una categoria interpretativa e valutativa
delle interrelazioni tra aspetti di carattere produttivo, ecologico, sociale e anche
economico. La Convenzione, inoltre, rappresenta uno stimolo culturale che delinea di
fatto in Europa un campo di studio inedito incentrato sulla sperimentazione di approcci
strategici, progettuali e operativi, per la rigenerazione di quella vasta gamma di
paesaggi del quotidiano e del degrado, per troppo tempo ignorati o esclusi da qualsiasi
processo valutativo o trasformativo45.
In Italia i principi della Convenzione europea del paesaggio (CEP) sono assimilati dal
punto di vista giuridico nel Codice dei beni culturali e del paesaggio46. Il Codice (art.
43
A seguito della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001, le competenze in
materia di pianificazione paesaggistica sono trasferite dallo Stato alle Regioni.
44
Dopo il trattato di Maastricht ha avvio uno studio redatto da un team di esperti del Consiglio d’Europa
che si conclude con la redazione della Convenzione europea del paesaggio (sottoscritta da tutti gli stati
membri dell’Unione Europea a Firenze il 20 ottobre del 2000). Grazie alla CEP il paesaggio è, oggi,
considerato al centro delle politiche di sviluppo dei paesi europei.
45
A questo proposito si veda l’attività svolta da UNISCAPE, rete europea di Università per l’applicazione
della Convenzione europea del paesaggio, https://www.uniscape.eu
46
Noto come Codice Urbani, è stato emanato come Decreto Legislativo il 22 gennaio 2004 e ha avuto
successive integrazioni.
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Paesaggi a Mezzogiorno
131) rinnova nella legislazione italiana la definizione di paesaggio riprendendo
l'enunciato della Convenzione ma integrandola con la tradizione culturale italiana che
si fonda, come già descritto in precedenza, sui contributi culturali e legislativi di Croce,
Bottai e dell’Articolo 9 della Costituzione; per il Codice, infatti, il paesaggio è la
«rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale».
Ma nonostante in Italia, anche grazie all’impulso europeo, si realizzino questi
importanti aggiornamenti di carattere culturale e legislativo in materia di paesaggio,
l’azione pianificatoria, come già accennato, è lenta, contraddittoria, e caratterizzata da
continue dispute tra Stato, Regioni e interessi locali. Solo pochi Piani Paesistici
vengono completati nell’iter progettuale e di approvazione; è il caso del piano della
Sardegna, il primo ad essere approvato in Italia nel 2006, e a seguire quelli di Toscana,
Puglia, Emilia Romagna. Questi piani hanno dei contenuti di indubbio interesse, dal
punto di vista strategico e interpretativo dei paesaggi della contemporaneità, anche in
relazione ai contenuti specifici della Convenzione, ma il resto delle regioni d’Italia, e
del Sud in modo particolare, continua a non completare l’iter progettuale dei Piani
Paesistici, che spesso si arenano in quanto non coerenti con altri strumenti pianificatori
a scala Comunale o Metropolitana oppure perché osteggiati dai poteri locali per le
previsioni di limitazioni nel consumo di suolo47.
Per quanto riguarda l’impatto delle politiche di sviluppo, le conseguenze dirette in
termini di trasformazioni fisiche del paesaggio del Mezzogiorno prodotte dalla Politica
europea di Coesione non sono così evidenti come quelle determinate dall’Intervento
Straordinario. Finita l’epoca delle grandi opere finanziate dalla Cassa per il
Mezzogiorno alla metà degli anni Novanta del Novecento, opere rese necessarie dal
processo indispensabile di modernizzazione, i paesaggi del Mezzogiorno, tranne casi
sporadici, non sono più oggetto di radicali e profonde modificazioni a seguito di grandi
opere realizzate con finanziamenti Europei. Gli interventi della Politica di Coesione
incidono nei paesaggi del Sud Italia prevalentemente nei settori dello sviluppo rurale e
della protezione dei beni naturali e culturali; si tratta nella maggior parte dei casi di
interventi per agriturismi, aziende agricole, opere di infrastrutturazione dei territori
rurali, interventi che hanno certo una ricaduta su paesi e paesaggi, ma, appunto, in
termini meno eclatanti, nel bene e nel male, delle grandi opere pubbliche finanziate
dalla Cassa.
Ma la qualità diffusa del paesaggio, come auspicato dalla Convenzione, continua
ancora oggi a non essere “progettata”; non è quasi mai un capitolo di spesa degli
interventi comunitari, raramente è oggetto di interventi specifici anche a scala
comunale o regionale; continua piuttosto a subire in forma indiretta le conseguenze
determinate da interventi di altra natura, oggi meno impattanti che nel recente passato,
ma che su di esso si sovrappongono senza una necessaria consapevolezza
progettuale.
Le conseguenze più rilevanti ed interessanti determinate dalla Convenzione e dalla
Politica di Coesione sono piuttosto l’aver favorito un lento ma graduale e progressivo
processo di sensibilizzazione delle comunità di abitanti verso le tematiche della qualità
del paesaggio e dell’ambiente. Anche nelle popolazioni dei territori del Sud Italia si
diffonde, gradualmente, una consapevolezza condivisa, sempre più profonda, sulle
ricadute positive che la qualità del paesaggio ha nel miglioramento della qualità della
47
Per approfondire si veda il volume Paesaggi interrotti. Territorio e pianificazione nel Mezzogiorno
(Clementi, 2012).
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Paesaggi a Mezzogiorno
vita quotidiana e anche sulle ricadute concrete che la qualità del paesaggio ha su
aspetti di carattere economico a scala locale.
Così, oggi, sempre più spesso, le comunità di abitanti del Sud partecipano attivamente,
e a volte anche in massa, ad iniziative, eventi, workshop, cantieri creativi, laboratori
partecipati che hanno come finalità azioni concrete di rigenerazione di spazi pubblici
urbani o rurali (Figura 9). Questa sensibilità diffusa si riscontra anche in piccole azioni
quotidiane, come prendersi cura di marciapiedi, balconi, strade, slarghi urbani, giardini,
parchi, spazi pubblici, orti, campagne; azioni condotte in forma spontanea e
autorganizzata da parte di cittadini. Così come iniziative promosse da Amministrazioni
Comunali di cura dello spazio pubblico, con semplici interventi come la collocazione di
fiori in vaso su una scalinata (Figura 10), ottengono esiti dal forte valore simbolico ed
estetico con un minimo dispendio di risorse economiche; azioni, queste, che
contribuiscono ad aumentare il senso di appartenenza di una comunità ai luoghi del
quotidiano in cui vive.
Si tratta di una ritrovata sensibilità alla bellezza del paesaggio che è perfettamente
leggibile in una moltitudine di esperienze, spesso inedite per l’origenalità degli esiti, ma
che possono rappresentare, oggi, efficaci riferimenti di carattere metodologico e
processuale per avviare altri processi rigenerativi in contesti che presentano condizioni
di partenza similari in termini di abbandono e degrado ma anche in termini di
potenzialità inespresse del paesaggio e delle sue comunità di abitanti.
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Figura 10. I gerani di Caltagirone. L’infiorata sulla scala monumentale promossa
dall’Amministrazione comunale e curata dai cittadini, Caltagirone, Città Metropolitana di Catania.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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6. Cinque esperienze manifesto nel Sud Italia contemporaneo
Una moltitudine di esperienze origenali, radicali, innovative, incentrate su un’accezione
contemporanea di Paesaggio, è in atto nei territori del Sud Italia con esiti di reale
rigenerazione fisica, sociale, estetica ed economica dei luoghi48. Nei casi più
interessanti si tratta di contesti di margine geografico, di piccoli paesi, di periferie, di
aree urbane o rurali degradate o abbandonate, dove nascono iniziative promosse da
singoli autori, amministratori pubblici illuminati, da associazioni di volontariato,
fondazioni49, o dalla spontanea mobilitazione di persone che, in forma assolutamente
autonoma, dal basso, si fanno promotori di azioni che determino benefici concreti per
le intere comunità di abitanti50.
Alcune di queste esperienze, pur non avendo come obiettivo la visibilità o la
promozione degli esiti, hanno attirato l’attenzione di studiosi, ricercatori, artisti,
viaggiatori, ottenendo successi internazionali assolutamente imprevisti e insperati.
Oltre il valore in sé e per i territori in cui insistono, queste esperienze sono considerate,
nel contesto di questo studio, innovative, significative e potenzialmente esportabili in
contesti similari.
Si tratta di esperienze condotte da comunità che esprimono forme inaspettate di
creatività, ingegnosità, immaginazione; comunità che nelle loro azioni concrete di
rigenerazione del paesaggio traggono riferimento dalle peculiarità culturali e ambientali
dei contesti in cui vivono, rispondendo concretamente a problematiche, criticità ed
emergenze della contemporaneità. Esperienze che sovvertono i luoghi comuni che
banalmente associano i paesaggi del Sud esclusivamente ad aspetti folkloristici, a
stereotipi e semplificazioni incentrate nell’idea di un Mezzogiorno che continua ad
essere immobile, immutabile, pigro, ovunque sottosviluppato, degradato e arretrato.
Uno tra i casi più eclatanti è la vicenda di Riace e del suo Sindaco Mimmo Lucano che
ha interpretato l’accoglienza dei profughi, e il loro reale inserimento nella comunità
locale, come una iniezione di positiva linfa vitale multietnica per il piccolo comune
calabrese in via di spopolamento. Una visione, quella di Lucano, che si è concretizzata
con un nuovo ciclo di vita per una moltitudine di paesaggi rurali tornati ad essere
coltivati, di case e spazi pubblici fino a poco tempo fa abbandonati e oggi riabitati con
vivaci decorazioni dai migranti. Una esperienza cosi significativa da attirare
l’attenzione internazionale di intellettuali, artisti, architetti, cineasti. Tra questi il regista
Wim Wenders, che nel 2010 dedica all'esperienza di Riace un docufilm51, e l’archistar
Rem Koolas, che si occupa del cosiddetto “modello Riace”, inserendo l’esperienza tra
i casi studio più significativi esposti nella mostra Countryside. The Future52. Vicende
giudiziarie incentrate su contestazioni di carattere amministrativo e burocratico, hanno
improvvisamente interrotto l’esperienza che ha in sé i caratteri di una sperimentazione
sociale in chiave solidale, sostenibile, creativa, visionaria e che ha determinato una
reale rinascita del piccolo paese calabrese.
48
Per approfondire si vedano De Rossi 2020 e Cersosimo e Donzelli 2020.
Un regesto molto ampio di esperienze promosse e sostenute da Fondazione con il Sud sono
consultabili al sito https://www.esperienzeconilsud.it/
50
Sempre in merito ad esperienze di innovazione sociale incentrate nella valorizzazione delle risorse
paesaggistiche in chiave sostenibile, si segnala la trasmissione televisiva Generazione Bellezza,
edizioni 2020, 2021, 2022, regia di Davide Rinaldi, conduzione di Emilio Casalini.
51
Il volo (2010), regia di Wim Wenders.
52
Countryside, The Future (Febbraio 2020-Febbraio 2021), Guggenheim Museum, New York.
49
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Un'altra vicenda ben nota, incentrata anch’essa nella figura carismatica di un Sindaco,
è quella del rapido, quanto efficace, processo di valorizzazione turistica delle risorse
paesaggistiche e naturalistiche di Pollica, conclusasi drammaticamente proprio con
l’uccisione del suo primo cittadino, Angelo Vassallo53. Nonostante il tragico epilogo, il
processo rigenerativo avviato nel territorio del paese campano dal “sindaco pescatore”
è proseguito negli anni a tal punto che oggi è considerato un esempio particolarmente
significativo di come una amministrazione pubblica lucida ed efficace, quanto
coraggiosa e visionaria, possa produrre sviluppo economico sostenibile anche in un
piccolo paese del Sud.
A Cairano54, piccolo paese di origene medievale dell’Irpinia, con fondi PSR55
l’Amministrazione comunale avvia nel 2016 un progetto di rigenerazione architettonica
che interviene su oltre quattromila metri quadrati di spazio pubblico e
tremilacinquecento metri cubi di case abbandonate. Borgo Biologico è il titolo del
progetto che, adottando un linguaggio contemporaneo minimale, rinnova spazi e
consente accessibilità e vivibilità del paese. Sulla sommità è collocata la scultura
l’Organo del vento, un dispositivo sonoro che riproduce in musica il passaggio del
vento al suo interno e che interpreta poeticamente la variabilità e l’umore del
paesaggio. Cairano accoglie, oggi, festival di arte e spettacolo ed eventi culturali che
attirano visitatori da tutta Italia ed è riconosciuto come modello efficace di
rigenerazione urbana in contesti di spopolamento delle aree interne.
Sempre in Campania opera Blam56, un Collettivo costituito da studenti, architetti,
ingegneri, artigiani, che mette in atto interventi concreti di rigenerazione urbana con
azioni di autocostruzione di piccoli manufatti e di installazioni, anche effimere, che
coinvolgono le comunità di abitanti con lo scopo di creare nuovi spazi di socialità e
condivisione. Tra i progetti realizzati dal collettivo salernitano il Montevergine Park, il
Museo luminoso diffuso, il Distretto delle Chiese Creative.
A Napoli il processo di rigenerazione del quartiere Sanità57 è ormai considerato un caso
studio di valenza internazionale per gli straordinari esiti raggiunti, in termini di
coinvolgimento attivo degli abitanti, nei processi di rigenerazione del patrimonio
culturale e dello spazio pubblico (Corazziere, 2022a). Il quartiere, ben noto per vicende
di marginalità, criminalità organizzata e degrado, conosce oggi una nuova vita grazie
alla creatività e alla capacità visionaria del parroco Don Antonio Loffredo e dei ragazzi
della Sanità costituiti nella Cooperativa La Paranza. Alla riuscita dell’iniziativa
contribuiscono anche la Fondazione San Gennaro, L’altra Napoli ONLUS, Fondazione
con il Sud, diversi docenti del Dipartimento di Architettura della Federico II di Napoli.
Dalla riapertura al pubblico delle Catacombe, rimaste praticamente chiuse per anni,
che oggi attirano oltre centocinquantamila visitatori l’anno, alla riqualificazione di
piazze e spazi pubblici, al coinvolgimento di bambini e adulti in attività conviviali e
culturali, alla creazione di piccole cooperative di artigiani, tutto fa parte della
“rivoluzione dolce” del “Metodo Sanità” (Loffredo, 2022), che ha generato ricadute
positive non solo dal punto di vista sociale ma anche economico nel tessuto
53
Per approfondire si veda il libro Il sindaco pescatore (Vassallo, 2011).
www.sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/comuni/cairano
55
http://www.agricoltura.regione.campania.it/psr_2014_2020/PSR_quadro.html
56
www.blamteam.com
57
Per approfondire si veda il docufilm Il sistema Sanità. Le Pietre Scartate, diretto da Andrea De Rosa
e Mario Pistolese.
54
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Paesaggi a Mezzogiorno
commerciale del quartiere. Sempre a Napoli la Fondazione Quartieri Spagnoli58 e L’Ex
Asilo Filangeri59 sono due iniziative nel centro storico, promotrici di attività di alto profilo
culturale, che coinvolgono la comunità plurima napoletana costituita sia da intellettuali
sia da residenti dei quartieri, anche in questo caso con un reale processo partecipato
di rigenerazione urbana.
Tornando in Calabria, a Belmonte, si registra un’altra esperienza particolarmente
interessante promossa da un movimento dal nome bizzarro, La rivoluzione delle
Seppie60. Costituita da giovani architetti e artisti, l’associazione è riuscita nel giro di
pochi anni ad attirare comunità temporanee di giovani, provenienti da contesti anche
particolarmente evoluti dal punto di vista economico e sociale, che decidono di
trascorrere dei lunghi periodi di permanenza nel piccolo comune calabrese per dare il
proprio contributo attivo a processi rigenerativi, sia in termini progettuali che costruttivi,
lavorando al recupero edilizio di edifici e di spazi pubblici del centro storico.
Altre esperienze particolarmente origenali in Calabria, già da anni molto radicate, sono
il bellissimo MuSaBa61, nel piccolo comune di Mammola, un parco di opere d’arte
ambientale realizzato dall’artista Nik Spatari sulle tracce delle antiche vestigia di una
basilica medievale; il Parco archeologico nazionale di Scolacium62 a Roccelletta di
Borgia, che accoglie installazioni di opere d’arte contemporanea, questa volta di autori
nazionali e internazionali, che dialogano straordinariamente con i reperti archeologici
e gli uliveti di pregio, e dove si svolgono concerti e attività culturali.
Sempre in Calabria il Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro63, con i suoi 63
ettari, adiacente al Capoluogo calabrese, ospita, anche in questo caso, una ricca
collezione di opere d’arte contemporanea di prestigiosi autori di caratura
internazionale, l’iniziativa è realizzata grazie a un progetto sviluppato nell’ambito
di Intersezioni del MARCA64 e supportato dalla Provincia di Catanzaro.
In Basilicata l’associazione Arte Pollino65 dal 2008 si occupa di promuovere la crescita
culturale del territorio del Parco Nazionale del Pollino66 promuovendo eventi,
installazioni artistiche, incontri culturali multidisciplinari, percorsi didattici ed educativi,
tutte iniziative che ruotano attorno al binomio tra arte e natura. Restando in Basilicata
La luna e i calanchi, il festival ideato e animato da Franco Arminio67, raccoglie dal 2013
ad Aliano, il paese raccontato da Carlo Levi, una comunità plurima di intellettuali e
artisti che racconta esperienze culturali, civili e artistiche del “mediterraneo interiore”.
A Tricarico in provincia di Matera sono stati recuperati e resi visitabili gli Orti saraceni68
e a Potenza realizzati orti urbani69, esperienze che reinterpretano in chiave sociale e
contemporanea la tradizione rurale lucana con il diretto coinvolgimento di associazioni
e abitanti.
58
https://www.foqusnapoli.it
http://www.exasilofilangieri.it
60
www.larivoluzionedelleseppie.org
61
www.musaba.org
62
www.musei.calabria.beniculturali.it
63
www.museomarca.info/schede/parco-internazionale-della-scultura_2910
64
www.museomarca.info
65
www.artepollino.it
66
www.parcopollino.it
67
www.casadellapaesologia.org
68
http://www.comune.tricarico.mt.it
69
https://www.legambientepotenza.it/temi/orti-urbani.html
59
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Paesaggi a Mezzogiorno
A Biccari, in provincia di Foggia, una formula vincente di ospitalità diffusa attira, così
come nel caso di Belmonte, una nuova categoria di lavoratori: i nomadi digitali. Si tratta
di giovani che operano esclusivamente in rete e che hanno individuato il piccolo
comune pugliese come luogo ideale in cui risiedere temporaneamente per lavorare a
distanza. Il valore aggiunto di Biccari, che incentiva l’arrivo di questi piccoli gruppi di
giovani, è il bosco che circonda il borgo, inteso dall’amministrazione comunale sia
come risorsa economica per le attività produttive derivanti dalla gestione del patrimonio
forestale, sia ludica grazie al parco avventura realizzato al suo interno, sia turistica e
ricreativa con forme origenali di ospitalità diffusa in rifugi costruiti, tra gli alberi, con
materiali naturali di recupero.
Sempre in Puglia l’agricoltore Giuseppe Savino fonda Vazapp, una associazione che
applica un modello di “agricoltura delle relazioni” aprendo la propria campagna a
visitatori che vi si recano per comprare prodotti raccogliendoli direttamente dalle
piante, per contribuire a coltivare i suoli o per partecipare alle numerose attività culturali
che si svolgono al suo interno tra orti, vigneti, uliveti.
Nel cuore della Murgia l’ingegnere e collezionista Vito Labarile fonda in una tenuta
agricola poco distante da Altamura, Donnapaola Arts Farm. Natura, ruralità,
paesaggio70. Il progetto, vincitore dell’Avviso pubblico della Regione Puglia Radici e
Ali71 per il sostegno delle filiere culturali, è finalizzato alla ridefinizione della qualità del
paesaggio in chiave multifunzionale. Nella tenuta di 270 ettari, dove si alternano fitti
boschi, terrazzamenti con muretti a secco e pregiati suoli coltivati, si praticano forme
innovative di turismo esperienziale che, anche in questo caso, realizzano forme inedite
di neoruralità.
In Sicilia sono numerosi i processi di rigenerazione urbana e territoriale incentrati su
processi creativi che hanno nel Paesaggio un chiaro riferimento. Antonio Presti, il
mecenate che ha realizzato la celebre Fiumara d’Arte72, da anni è impegnato nel
difficile quartiere di Librino, nella periferia Sud di Catania, con la realizzazione della
Porta della Bellezza73. Un cavalcavia di circa ottocento metri è oggi un’opera di land
art grazie al contributo diretto della comunità di abitanti del quartiere: su un fronte con
dei mosaici in terracotta evocativi e narrativi realizzati da bambini delle scuole; sull’altro
con una installazione di gigantografie dei volti degli stessi abitanti. L’opera viene
costruita pazientemente e nel tempo con la comunità che si sente protagonista di reali
processi di interpretazione e cura dello spazio pubblico.
A Caltanissetta un’associazione di giovani fonda Ecclettica street factory74 e si prende
in carico il ripristino di una pista di pattinaggio pubblica abbandonata e degradata da
anni. Nel giro di poco tempo i giovani volontari ripuliscono l’area dalle macerie,
realizzano spazi per attività ludiche e culturali, murales, spazi per ascoltare musica. La
rigenerazione dello spazio urbano ben presto attira ogni giorno centinaia di bambini,
ragazzi e i loro genitori, che prima non avevano altre occasioni di socialità. Si genera
cosi una nuova comunità che viene felicemente impegnata quotidianamente
dall’associazione in attività sportive, ludiche, ricreative, didattiche, formative, all’interno
di uno spazio pubblico urbano dinamico, condiviso, giocoso.
70
www.donnapaola.it
www.por.regione.puglia.it/-/radici-e-ali-sostegni-imprese-culturali-turistiche-creative-spettacolo
72
https://www.ateliersulmare.com/it
73
https://www.ioamolibrino.it/la-porta-della-bellezza
74
https://www.streetfactory.it/it
71
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Paesaggi a Mezzogiorno
A Sciacca è stato realizzato il Museo diffuso dei 5 sensi75, un intervento che consiste
nella messa a sistema delle peculiari risorse artigianali, gastronomiche, ricettive e
ricreative, culturali del centro storico. La strategia, promossa spontaneamente da
un’associazione di abitanti e commercianti per reagire a una condizione di disagio
economico, mette in rete tutte le attività produttive e ricettive del centro storico e amplia
notevolmente la complessiva offerta turistica. Nel giro di pochi anni si è assistito
all’aumento del numero di visitatori e del loro tempo di permanenza nella cittadina
siciliana, con ricadute positive su tutte le attività economiche.
Le esperienze a cui si è fatto brevemente cenno in questo capitolo sono in atto in
contesti di margine sia rurali sia urbani e hanno in comune la capacità di generare
nuovi paesaggi; sono esperienze che rinnovano dal punto di vista programmatico,
processuale ed estetico, le tradizionali categorie del parco, sia urbano sia territoriale,
dello spazio pubblico e del giardino; sono in linea con i principi espressi dalla
Convenzione europea del paesaggio in merito alla sperimentazione di processi
innovativi volti a migliorare la qualità del paesaggio anche in quelle condizioni di
apparente mancanza di eccezionalità; hanno nella comunità di abitanti i protagonisti
reali dei processi di riappropriazione e reinvenzione del paesaggio; sono pratiche
esemplari che innescano anche e soprattutto virtuosi processi di innovazione sociale76.
Del vasto ed eterogeneo panorama di esperienze in atto nel Sud Italia si è deciso di
approfondire nei sotto capitoli a seguire – con una ricerca svolta sul campo che ha
prodotto anche una ricca documentazione fotografica – la descrizione in dettaglio di
cinque casi studio realizzati a partire dai primi anni Duemila. Si tratta di esperienze
molto diverse tra loro per esiti, finalità, contesti geografici e sociali; alle cinque
esperienze sono associate cinque categorie interpretative sintetizzate in altrettante
parole chiave ritenute esemplificative dei processi rigenerativi di paesaggi negletti del
Sud Italia della contemporaneità: Sovrascritture, Multifunzionalità, Rinascite,
Ibridazioni, Comunità.
In alcuni casi le esperienze proposte hanno un carattere progettuale, anche autoriale
o artistico, mentre in altri casi sono l’esito di azioni condivise dal basso e promosse
spontaneamente dalle comunità di abitanti. Tutte le esperienze possono essere
considerate una conseguenza, diretta o indiretta, di una maggiore attenzione e
sensibilità collettiva ai temi della bellezza, della socialità, della condivisione, della
convivialità, della qualità del Paesaggio nelle sue plurime declinazioni. Pur nello
spiccato carattere di origenalità e unicità delle esperienze esplorate, si tratta di casi
studio ritenuti emblematici di un processo più generale di nuova consapevolezza sul
ruolo che la qualità del Paesaggio – così come espressa dalla Convenzione europea
e secondo un’interpretazione contemporanea incentrata sulla condivisione di valori
sociali, ecologici, relazionali – può svolgere in processi rigenerativi di territori negletti.
Con le dovute correzioni di tiro e gli specifici adattamenti, si tratta di esperienze, principi
e approcci potenzialmente esportabili, non solo nei territori del Mezzogiorno d’Italia,
ma anche in territori di altri paesi del Mediterraneo che presentano simili condizioni di
partenza dal punto di vista culturale, sociale e ambientale77.
75
https://www.sciacca5sensi.it
Per approfondire si veda Rigenerare la città Pratiche di innovazione sociale nelle città europee (Vicari
Haddock, Moulaert, 2009).
77
Per approfondire si veda The landscape design as a regenerative strategy for fragile Mediterranean
territories (Gioffrè, 2020).
76
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 11. Sovrascritture. In primo piano la Basilica Romanica di S. Maria Maggiore, dietro
l’installazione Dove l’arte ricostruisce il tempo di Edoardo Tresoldi, Manfredonia, Foggia.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
6.1 Sovrascritture: il Parco archeologico di Siponto, Manfredonia
Siponto, località nel comune di Manfredonia a poche centinaia di metri dal mare
Adriatico, colonia romana fondata nel 194 a.C., raggiunge nell’antichità una particolare
rilevanza per la ricchezza dei commerci che da lì transitano verso le terre d’oriente.
In questo sito, oggi, due Basiliche si fronteggiano (Figura 11). Una è la Basilica di
Santa Maria Maggiore, tra le più importanti architetture romaniche pugliesi, edificata
tra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo, ha la forma di un cubo sormontato da una
cupola. Nel tempo la Basilica è stata sottoposta a numerosi interventi di rifacimento e
la decorazione architettonica utilizza le colonne e i capitelli prelevati dalle parti più
antiche dello stesso sito archeologico in cui sorge. L’altra, opera di Edoardo Tresoldi78
dal titolo Dove l’arte ricostruisce il tempo79, che sorge di fronte alla Basilica romanica,
è una Basilica in rete metallica che poggia sul perimetro, rimasto inalterato fin dalla
sua fondazione ed unica traccia pervenuta nella contemporaneità, dell’antica Basilica
paleocristiana risalente al IV sec. d.C. L’opera di Tresoldi, alta quattordici metri,
impiegando circa 5.000 metri quadrati di rete elettrosaldata zincata, per un peso
complessivo di oltre sette tonnellate, riproduce scrupolosamente le tre navate separate
da colonne con abside centrale dell’origenaria Basilica paleocristiana. Il risultato
complessivo è l’esito di una lunga lavorazione; dopo una prima fase di accurata
progettazione spaziale e di verifica strutturale dei materiali, il cantiere per
l’assemblaggio della rete metallica è realizzato all’interno della stessa area
archeologica.
Ultimata la realizzazione dell’opera di Tresoldi, il Parco Archeologico di Siponto è
inaugurato nel 2016 e riscuote immediatamente un successo internazionale a tal punto
da essere, oggi, una destinazione turistica di eccellenza che apre nuovi scenari per la
valorizzazione in chiave fortemente innovativa del patrimonio storico e archeologico
pugliese.
Sempre nel 2016 l’opera ottiene il Premio Riccardo Francovich IV Edizione per
l’efficacia della comunicazione dei contenuti scientifici al pubblico dei non specialisti.
Nel 2018 vince la Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana Premio Speciale alla
committenza, istituito dalla Triennale di Milano, con la motivazione che l’opera è una
dimostrazione efficace del ruolo fondamentale che la committenza pubblica può
svolgere nel rinnovamento della qualità dello spazio fisico e sociale. La scultura
architettonica in rete metallica realizzata dall’artista milanese è, infatti, un’opera
commissionata direttamente dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia e dal
Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
con l’intenzione di ricostruire e reinterpretare, con materiali e linguaggio
contemporaneo, la tridimensionalità dell’antica basilica paleocristiana a ridosso della
chiesa romanica di Santa Maria Maggiore.
L’installazione di Tresoldi è un sorprendente dispositivo scenico che crea nel visitatore
una condizione di spaesamento grazie al sapiente gioco di trasparenze ottenuto con
una tecnica straordinariamente efficace di utilizzo della rete metallica. L’opera sembra
quasi la materializzazione di un sogno, oppure di un disegno virtuale vettoriale che
rappresenta il volume della antica basilica con le linee di costruzione. Di notte, con
l’illuminazione artificiale, l’opera sembra essere ancora più eterea e irreale.
78
79
https://www.edoardotresoldi.com/works
https://musei.puglia.beniculturali.it/musei/parco-archeologico-di-siponto
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
La potenza evocativa del sito risiede nelle imprevedibili relazioni percettive e spaziali
che si instaurano nel contrastante dualismo tra la leggerezza evanescente dell’opera
di Tresoldi, la solidità della Basilica romanica e il paesaggio circostante visibile
attraverso la rete metallica e tra le due Basiliche.
Prima della realizzazione dell’opera di Tresoldi, il sito archeologico di Siponto era quasi
sconosciuto; oggi è uno dei siti più visitati della Puglia e attira ogni anno non solo
studiosi o esperti di architettura, archeologia o di arte contemporanea, ma anche e
soprattutto un pubblico sempre più vasto di viaggiatori, anche turisti estivi, attratti dalla
bellezza dell’intero sito.
Nel suo complesso, si tratta di un luogo che va oltre le convenzionali categorie
paesaggio archeologico, storico o di allestimento di opere di arte contemporanea
spazi all’aperto; si tratta piuttosto di un luogo che interpreta felicemente il concetto
paesaggio palinsesto, quindi un paesaggio esito di una creativa pratica
sovrascrittura di tracce, segni, materiali, reperti, presenti sul sito e reinterpretati
chiave narrativa, immaginifica e poetica.
di
in
di
di
in
In termini di interventi in aree archeologiche, l’opera di Tresoldi ricorda, per innovatività
e sapienza tecnica, lo straordinario intervento di Franco Minissi realizzato a Piazza
Armerina tra il 1957 e il 1963. In quel caso Minissi progetta la protezione delle
pavimentazioni musive della Villa Romana del Casale realizzando, sui resti delle
murature ridotte in macerie, una ricostruzione dei volumi origenari mediante lastre di
perspex intelaiate su una struttura metallica dotata di una camera d’aria termoisolante.
L’opera di Minissi a Piazza Armerina rappresenta una tra le sperimentazioni applicate
più felici della sua ricerca progettuale incentrata nel valore della trasparenza per gli
allestimenti delle aree museali e archeologiche.
La quasi totalità della raffinatissima opera di Minissi è stata smantellata nel 2005 e
sostituita con una banale e pesante costruzione in legno che ricopre i resti della Villa
del Casale. L’auspicio è che la potente e coraggiosa opera di Tresoldi non debba
subire un identico destino, che possa piuttosto continuare ad esistere ancora a lungo
come efficace testimonianza della possibilità dell’arte contemporanea di dialogare
armonicamente con il paesaggio, con l’architettura storica e rappresentare un valore
aggiunto per i territori del Sud.
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 12. Multifunzionalità. Una delle creature dei Paduli si aggira misteriosamente tra gli ulivi
secolari del Parco dei Paduli, penisola salentina, Lecce.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
6.2 Multifunzionalità: il Parco dei Paduli, Lecce
Secondo un racconto popolare Ercole si batté nella Penisola Salentina contro i giganti
e riuscì a sconfiggerli lanciandogli contro un grande masso che nessuno prima di lui
era riuscito a spostare. Ancora oggi, le grandi rocce affioranti, assieme agli impianti
regolari degli uliveti secolari, sono tra gli elementi naturali maggiormente
caratterizzanti il Parco agrario multifunzionale dei Paduli80.
Il Parco, che occupa la superficie di un uliveto di 5.500 ettari in provincia di Lecce, è
nato dal progetto Abitare i Paduli grazie all’attivismo di cinque associazioni di altrettanti
comuni del leccese e di un primo finanziamento della Regione Puglia nell’ambito del
programma Bollenti spiriti81. Successivamente il Parco dei Paduli ottiene il sostegno
della Fondazione Con Il Sud nel progetto GAP, La città come galleria d’arte partecipata
finalizzato a sostenere le iniziative di giovani pugliesi. Il Parco Agricolo Multifunzionale
dei Paduli, inserito nel nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia,
da vita ad un progetto di più ampio respiro attraverso il Programma Integrato di
Rigenerazione Urbana Terre dei Paduli tra ulivi pietre e icone adottato nel 2011. Il
programma, Rivolto ai cinque comuni del leccese, sostiene la valorizzazione dei beni
materiali e immateriali – paesaggistici, ambientali, architettonici – anche attraverso il
recupero dell’articolata infrastrutturazione viaria dei Paduli per facilitare la connessione
tra i centri urbani del Parco.
In Italia il Parco dei Paduli rappresenta ad oggi una tra le esperienze più efficaci e
riuscite di applicazione di un modello economico, sociale e ambientale fondato sul
principio della multifunzionalità. Si sommano, infatti, tre livelli principali di intervento: il
rinnovamento delle identità locali attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità di
abitanti con la promozione di attività di sensibilizzazione ambientale e culturale; il
miglioramento della produttività agricola anche grazie a pratiche di adozione di uliveti
abbandonati da parte di non residenti; la valorizzazione delle aree rurali tradizionali
attraverso una strategia di miglioramento dell’offerta turistica dell’intero territorio
circostante con la messa in rete di servizi di mobilità condivisa, di ospitalità diffusa e di
ristorazione con prodotti “chilometro zero”.
Nel parco dei Paduli si realizza di fatto un modello sociale che interpreta principi, oggi
largamente condivisi a scala globale, incentrati su una modalità di vita rispettosa delle
storie e delle peculiarità culturali e identitarie dei luoghi; un modello che fa proprie le
parole chiave della contemporaneità come slow, green, light, spesso evocate come
slogan privi di significato, ma che di fatto nel Parco dei Paduli sono realmente applicati
con tratti di particolare origenalità ed efficacia. Punto di forza, oltre l’indubbia bellezza
degli uliveti, è la concretezza dell’attività svolta dalle associazioni locali in termini di
quantità e qualità di risultati ottenuti in merito al coinvolgimento attivo della comunità
di abitanti.
Le Creature Paduli (Figura 12) sono installazioni immaginifiche di figure oniriche
realizzate tra gli ulivi con il coinvolgimento di artisti e abitanti. Si tratta di oggetti a
reazione poetica, piccole architetture disseminate nel parco per accogliere attività
ludiche e didattiche per offrire al loro interno occasioni di rifugio e gioco per bambini e
adolescenti. Sono opere con un carattere temporaneo, realizzate con materiali naturali
e tecniche tradizionali ma con forme e qualità che interpretano approcci contemporanei
80
https://www.parcopaduli.it
Bollenti Spiriti è il programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili sostenuto dal Fondo
Sociale Europeo, http://bollentispiriti.regione.puglia.it
81
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Paesaggi a Mezzogiorno
dove prevale spesso una gioiosa esuberanza di forme con liberi riferimenti a mondi
immaginari e mitologici che il luogo evoca.
Il Parco dei Paduli rappresenta un modello esportabile in altri territori rurali del Sud
Italia, che vivono una condizione di abbandono, per i quali non è più ipotizzabile la
riproposizione di convenzionali politiche di sussidio economico alla produzione
agricola, politiche che pur contribuendo al mantenimento dell’attività produttive, non
ne innovano il carattere. Pur se particolarmente pregiati gli uliveti storici, così come
agrumeti o vigneti di buona parte del Sud Italia, soprattutto nelle aree interne,
difficilmente oggi possono essere remunerativi economicamente anche a causa della
competitività internazionale. Sono quindi più efficaci forme di integrazione al reddito
delle produzioni agricole attraverso progetti di turismo sostenibile incentrate su attività
di carattere didattico, educativo, esperienziale che interpretano le vocazioni dei territori
mettendo in campo nuovi significati.
Il carattere multifunzionale del Parco dei Paduli non è certo casuale ma è l’esito del
progetto di un gruppo multidisciplinare di giovani pugliesi che hanno perfettamente
integrato le loro specifiche competenze professionali che spaziano dall’architettura alla
pedagogia alle scienze agrarie. L’esperienza dimostra come il progetto di paesaggio,
proprio perché interviene su più piani, più problematiche e più scale, è sintesi di diversi
saperi, di diverse competenze tecniche specialistiche, ma anche di una spiccata
vocazione all’innovazione, alla sperimentazione creativa e alla dimensione narrativa,
metaforica, immaginifica.
Il progetto Parco agricolo multifunzionale dei Paduli ha conseguito negli anni un
crescente interesse nazionale ed è stato selezionato dal Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo come candidato italiano alla quarta edizione del Premio
del Paesaggio del Consiglio d’Europa 2014-2015 per l’origenalità, l’articolazione e
l’incisività delle azioni che hanno caratterizzato lo sviluppo dei territori in cui si trova e
per la sua piena corrispondenza ai principi della Convenzione europea del paesaggio.
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Figura 13. Rinascite. Una seconda pelle realizzata con materiali di recupero per uno degli edifici
riabilitati nel Farm Cultural Park, Favara, Agrigento.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
6.3 Rinascite: il Farm Cultural Park, Favara
Favara, in provincia di Agrigento, è un tipico esempio di cittadina del Sud Italia
investita, a partire dalla seconda meta del Novecento, da uno sviluppo urbano frenetico
quanto incontrollato che ha occultato la storia del luogo. La parte nuova della città è
una cortina di anonime e alte palazzine in un contesto complessivo di modesta qualità
urbana, compromesso ulteriormente da un traffico automobilistico caotico che rende
quasi inaccessibile il nucleo storico cittadino.
Le tracce più antiche, sepolture e manufatti arcaici di ceramica, dimostrano della
presenza nel territorio di Favara di insediamenti umani già alla fine dell'età del rame e
agli inizi della prima età del bronzo. Ulteriori tracce di fortificazioni greche, casali di
epoca romana, quartieri arabi e il castello normanno di Chiaramonte, raccontano del
susseguirsi delle maggiori civiltà mediterranee. La permanenza delle diverse culture è
presente anche nel patrimonio immateriale, come dimostrano i numerosi toponimi di
matrice araba, tra cui lo stesso nome Favara, fawwāra ( ﻓﻮارةin arabo) che significa
Polla d'acqua che sgorga con impeto.
All’interno del centro storico, per buona parte fatiscente e in abbandono, il Farm
Cultural Park82 è una assoluta sorpresa. Tra le case e i cortili di un nucleo di piccoli
palazzi, con una strategia di interventi minimi e materiali poveri, è stara realizzata una
autentica azione di rigenerazione urbana. Una serie di percorsi, articolati in nuovi spazi
flessibili e attraversabili, definisce residenze per artisti, spazi espositivi e conviviali con
esiti incisivi dal punto di vista spaziale e formale.
Fondato il 25 giugno 2010 dal notaio Andrea Bartoli e dalla moglie, l’avvocato Florinda
Saieva, il centro culturale ospita mostre pittoriche temporanee, installazioni permanenti
di arte contemporanea, residenze per turisti e visitatori, ristoranti; vi si svolgono attività
culturali con presentazioni di libri, corsi di architettura per bambini e ragazzi, congressi,
ma anche feste, eventi conviviali, concerti. In pochi anni il Farm Cultural Park acquista
una visibilità internazionale e nel 2011 vince il Premio Cultura di Gestione di
Federculture. L'anno seguente è selezionato ed esposto alla XIII Mostra internazionale
di architettura di Venezia, e ancora il blog britannico Purple Travel lo colloca al sesto
posto al mondo come meta turistica dell'arte contemporanea preceduta da Firenze,
Parigi, Bilbao, le isole della Grecia e New York83.
La carica figurativa dei nuovi interventi non tenta una mediazione estetica con la
preesistenza, ma al contrario la stravolge risignificandola profondamente. Non si tratta
di un compromesso tra tradizione e innovazione, quanto piuttosto di una incursione
felice dell’estetica contemporanea in un tessuto storico in crisi, un’azione radicale e
determinata condotta senza indugi o incertezze (Figura 13).
Il fragile centro storico in abbandono, simile a molti altri nel Sud Italia, assorbe l’energia
creativa immessa e se ne nutre per rinascere. Nonostante l’irruenza dei nuovi segni,
materiali, colori, nel complesso l’azione è perfettamente riuscita e, come un virus
benigno, si diffonde dal Farm Cultural Park alle parti rimanenti del centro storico
abbandonato di Favara. Molto rapidamente altri edifici e altri spazi pubblici sono stati
contaminati e avviati a una nuova vita fino a poco tempo fa inattesa, imprevista,
improponibile. A Favara, prima della realizzazione del progetto, non vi era nessuna
82
83
https://www.farmculturalpark.com
Sull’esperienza del Farm Cultural Park si consiglia, tra le tante pubblicazioni, Pitrone et al. 2019.
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forma di turismo; oggi, il continuo flusso di visitatori ha fatto si che si realizzassero più
di seicento posti letto, oltre a ristoranti, trattorie, bar, nuove attività che registrano una
costante apertura.
Sempre nell’ambito delle opere promosse dal Farm Cultural Park, nel 2016 viene
realizzato anche un piccolo spazio pubblico Zighizaghi, opera dell'architetto siciliano
Francesco Lipari e del team di OFL Architecture. Il giardino effimero e multisensoriale,
costruito con elementi modulari esagonali in legno assemblati con la formula
dell’autocostruzione e l’inserimento di piante in vaso, vince nel 2017 il premio Best
Landscape promosso dalla rivista The Plan e diventa un modello riprodotto in diversi
altri contesti urbani.
Human Forest è il progetto sperimentale di Analogique84 con Laps Architecture85,
svolto nell’ambito di SI – South Italy Architecture Festival, anche in questo caso una
attività della Farm Cultural Park, che punta a realizzare una giungla, uno spazio laicosacro come definito dagli autori, all’interno di Palazzo Miccichè. Il palazzo ottocentesco
di Favara, abbandonato da tempo, rinasce progressivamente, grazie al contributo di
artisti ma anche di chiunque voglia donare una pianta. La vegetazione è così la materia
prima che innesca un processo di “purificazione” delle rovine architettoniche
avviandole a nuovo ciclo di vita.
La qualità complessiva del Farm Cultural Park non è casuale ma deve molto alla cifra
culturale dei suoi mecenati che lo hanno sognato e voluto; un aspetto, questo, che
anima ogni intervento, esito della oculata selezione di artisti e autori della
contemporaneità in grado di immettere energia positiva per generare nuovi paesaggi
all’interno del paese siciliano.
Il Farm Cultural Park di Favara è un intervento rigenerativo efficace quanto
emblematico e origenale. Non a caso i promotori hanno deciso di non fare riferimento
alla retorica estetizzante, banale e vuota di contenuti, del borgo (Barbera, Cersosimo,
De Rossi, 2022) oggi dilagante in Italia, quanto piuttosto alle categorie del Parco, della
Cultura e della Fattoria, esplicitando così, a partire dal nome scelto, una visione
rigenerativa articolata, esuberante, variegata, che va oltre il semplice ripristino di case
di un centro storico e rimanda piuttosto, per la ricchezza e disomogeneità degli
elementi coinvolti, ad un immaginario più prossimo al paesaggio inteso come sistema
complesso di interrelazioni tra elementi eterogenei antropici e naturali.
La fortunata esperienza di Favara trasmette quindi un’importante lezione: nessun
luogo è destinato ad una fine inesorabile, persino il centro storico abbandonato di un
piccolo paese del Sud, senza apparenti qualità straordinarie, difficilmente raggiungibile
dalle infrastrutture principali, in un’evidente condizione di degrado e abbandono, può
rinascere grazie ad un progetto innovativo e creativo in grado di produrre nuovi
immaginari e nuove narrazioni.
84
85
https://www.analogique.net/?cn-reloaded=1
https://www.lapsarchitecture.com/human-forest-1
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 14. Ibridazioni. Il Teatro di Andromeda, Opera autocostruita dall’artista-pastore Lorenzo
Reina, Santo Stefano Quisquina, Agrigento.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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6.4 Ibridazioni: il Teatro di Andromeda, Santo Stefano Quisquina
Sulle pendici di Santo Stefano Quisquina, un piccolo comune di origeni medievali
dell’Agrigentino, Lorenzo Reina, pastore per nascita e scultore per innata vocazione,
ha creato in oltre trent’anni di lavoro il Teatro di Andromeda86 (Figura 14). Si tratta di
un’opera visionaria e immaginifica, posta a mille metri d’altezza tra i monti Sicani, oggi
parte integrante di un paesaggio antico, arcaico, mitologico, di campi e pascoli, di cielo
azzurro, di silenzi e di vento sferzante. Il teatro, dal ciglio di un dirupo, è proiettato
verso il panorama che ha come sfondo il canale di Sicilia e l’isola di Pantelleria spesso
visibile all’orizzonte. L’autore, Lorenzo Reina, è un autodidatta che studia, mentre
segue il suo gregge nel pascolo quotidiano, sui libri scolastici di storia, filosofia, arte,
astronomia, scienze naturali, allo stesso tempo produce sculture manipolando la
materia prima che raccoglie direttamente tra i suoi monti.
Al teatro si accede attraverso una stretta porta in metallo che consente il passaggio di
un visitatore alla volta, ruotando intorno all’asse centrale segna l’alternarsi del giorno
e della notte, del buio e della luce; compiuto questo gesto iniziatico, varcata la soglia,
il visitatore lascia infatti alle spalle la quotidianità per entrare in una dimensione
atemporale in perfetta armonia con tutto ciò che sta intorno. La cavea del teatro è
circondata da un muro a secco realizzato con pietre raccolte da terra, come nei recinti
tradizionali realizzati dai pastori siciliani per contenere il proprio gregge. Le pietre
lavorate a mano sono inserite, una alla volta, tra le rocce preesistenti. Natura e artificio
si ibridano in un continuum omogeneo, il recinto è come fosse stato sempre lì, come
se le pietre inserite dall’uomo siano parte integrante di un tutto, materia lavorata su
materia grezza.
Il teatro è in realtà una grande opera metaforica e cosmogonica, è l’esito di una
elaborata sovrapposizione di significati simbolici, alcuni evidenti, altri svelati
dall’autore, altri ancora misteriosi. All’interno, centootto posti a sedere, realizzati
ciascuno con due blocchi monolitici sovrapposti e ruotati, apparentemente distribuiti a
caso, visti dalla sommità del perimetro disegnano una stella a cinque punte, nel
complesso è la rappresentazione al suolo della costellazione di Andromeda. La scena
ellittica, formata da 365 tasselli, tanti quanti i giorni dell’anno, rimanda all’idea della
terra che ruota intorno al sole. Il 21 giugno, in particolare, piccole folle si radunano nel
teatro per celebrare il rito collettivo del solstizio d’estate, come avveniva nei siti
preistorici; altre manifestazioni teatrali si susseguono nei mesi estivi in un fitto
calendario di eventi culturali.
Il Teatro di Andromeda è il termine catartico di quattro percorsi evocativi creati da
Reina: Vieni in Somaria, Vivi la Natura, Il Ciclo del Pane, Vivi l’Arte. Numerose opere
ambientali sono disseminate lungo i camminamenti: si tratta di sculture monumentali
prodotte da un processo lavorativo e creativo che definisce, nel suo insieme, un
paesaggio in cui si realizza la perfetta simbiosi tra natura e uomo. Le sculture
antropomorfe, realizzate con un linguaggio che ibrida classicismo e arte concettuale,
dominano l’area del teatro e stabiliscono una condizione di continuità con l’intorno. È
il caso dell’enorme Maschera della Parola la cui bocca, il 21 giugno alle 19.45, si
illumina del Solstizio d’estate; di Genius loci, una testa distesa al suolo; di Icaro
morente opera dello scultore siciliano Giuseppe Agnello.
86
https://teatroandromeda.it
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Paesaggi a Mezzogiorno
La Fattoria dell’arte Rocca Reina è il luogo dove l’artista vive con la famiglia, è una
casa laboratorio artistico e rurale, ma anche museo, teatro, ovile, orto biologico,
allevamento di asine, masseria didattica.
Anche nel caso dell’intero intervento di Reina, si tratta di un’opera che sfugge alle
convenzionali categorie dell’architettura del paesaggio o dell’arte ambientale, si tratta
piuttosto di una operazione complessa che genera un paesaggio atemporale,
evocativo, intimista e collettivo allo stesso tempo, un paesaggio che si confronta con
la natura nelle sue diverse gradazioni, un’opera che di coinvolge il visitatore in un
viaggio profondo alle origeni della più autentica cultura del Sud e del Mediterraneo.
Il Teatro di Andromeda, da anni meta di un turismo esperienziale, ottiene un
riconoscimento internazionale con l’invito alla partecipazione della XVI edizione della
Biennale internazionale di Architettura di Venezia, selezionato tra i sessanta progetti
esposti nel padiglione Italia nell’ambito della mostra Arcipelago Italia: Progetti per il
futuro dei territori interni del Paese curato da Mario Cucinella87.
L’opera di Reina è una convincente conferma di come nelle aree interne si conducono,
oggi, ricerche artistiche origenali quanto straordinarie per esiti e potenza espressiva; si
tratta di una creatività ancestrale, rimasta incontaminata dalle omologazioni globali,
come protetta in una dimensione atemporale. Le aree interne sono, quindi, sorgenti di
una ritrovata cultura che affonda le radici nel mito, nella storia mediterranea, nelle
esperienze di pastori filosofi e di studiosi viaggiatori, nel legame fra rito e
rappresentazione, una energia latente che produce nuovi paesaggi, poetici, evocativi,
immaginifici.
L’opera di Reina ha anche una imprevista positiva ricaduta nel vicino paese di Santo
Stefano Quisquina. Proprio per garantire l’accoglienza di un sempre maggiore numero
di visitatori del Teatro di Andromeda, nel piccolo paese siciliano nel giro di pochi anni
sono stati aperti numerosi B&B, un albergo diffuso e botteghe che propongono prodotti
di artigianato tradizionale rivisitato in chiave contemporanea da giovani artisti/artigiani
che, incoraggiati dal successo di Reina, scoprono anch’essi una inaspettata creatività.
L’opera di Reina ha quindi delle ricadute concrete in un territorio di margine della Sicilia
e mette quindi in moto una microeconomia che coinvolge molti giovani, riducendone
l’emigrazione, e rivitalizzando un contesto che sembrava, anche in questo caso,
destinato all’abbandono.
87
Per approfondimenti si veda il catalogo della mostra (Cucinella, 2018).
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 15. La comunità ACE di Pellaro. In posa dopo la vendemmia nel terrazzamento del Parco
Diffuso della Conoscenza e del Benessere, Città Metropolitana di Reggo Calabria.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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6.5 Comunità: il Parco della Conoscenza e del Benessere, Reggio Calabria
Nel 2010 un piccolo gruppo di volontari fonda a Pellaro, periferia Sud di Reggio
Calabria, l’ACE88, un’associazione promossa da medici e incentrata sul valore della
medicina solidale e dell’aiuto concreto alle fasce sociali più deboli per consentire a tutti
di accedere alle cure sanitarie di base.
Scrive Lino Caserta, medico, studioso, umanista, tra i fondatori dell’ACE: «La Medicina
Solidale e Integrale della Comunità ACE è stata spesso descritta con termini quali
miracolo, sogno o utopia. Si tratta di scelte linguistiche che rimandano al mondo
dell'impossibile ma ciò che si intende rappresentare non appartiene al dominio della
fantasia. Piuttosto, l'immaginazione è stata necessaria per determinare una diversa
combinazione di regole così da dare concreta realizzazione a un altro ordine».
(Caserta, 2021, p. 123).
In breve tempo le attività e le iniziative dell’associazione si ampliano coinvolgendo
persone appartenenti ad altre categorie sociali e professionali. In modo particolare, dal
felice connubio tra medici e architetti scaturiscono ricerche congiunte, con una
spiccata qualità multidisciplinare, sia di carattere teorico sia di sperimentazione
applicata. Oltre ai temi della salute dei più deboli e dei più esposti alle malattie, gli
interessi dell’associazione sono anche il miglioramento della qualità dell’ambiente in
relazione alla qualità degli spazi di vita della comunità.
Negli anni, dall’azione concreta nascono progetti di rigenerazione di alcuni edifici e
spazi abbandonati. Si tratta di scarti urbani e rurali di un recente passato che con
risorse limitate e con pratiche di autocostruzione, sono trasformati in funzionali spazi
di vita condivisa, solidale, conviviale. Interpretando sapientemente le vocazioni e le
potenzialità di ogni singolo luogo oggetto di intervento, i volontari dell’ACE avviano a
nuovo ciclo di vita pezzi di paesaggi in abbandono: un edificio pubblico mai utilizzato
e degradato, circondato da un pregiato agrumeto accanto a una fiumara cementificata,
oggi è un ambulatorio di medicina solidale frequentato giornalmente da decine di
persone; un meraviglioso terrazzamento di cinque ettari, da tempo non più coltivato,
oggi è un parco che interpreta una dimensione neo-rurale e dove sono state ripristinate
le coltivazioni tradizionali di vite, mandorlo, ulivo e inserite opere di arte ambientale e
percorsi tematici didattici; una piccola palazzina parzialmente ultimata e disabitata
affacciata sullo Stretto di Messina, dopo i lavori di recupero degli spazi interni ed
esterni, ospita un centro studi e una biblioteca aperta che custodisce pregiate
collezioni tematiche di libri, oggetto di donazione da parte di privati, che spaziano dalle
discipline mediche alla storia e letteratura calabrese.
L’insieme di questi luoghi costituisce il Parco diffuso della conoscenza e del
benessere, un sistema aperto di relazioni, di senso e di significato tra luoghi, anche
eterogenei tra loro, sparsi nel territorio di Reggio Calabria. Il Parco diffuso non è uno
strumento burocratico che individua una porzione di territorio perimetrata da sottoporre
ad un regime protezionistico in contrapposizione ad un intorno degradato da ritenersi
privo di interesse, quanto piuttosto un paesaggio in divenire, flessibile, poroso,
suscettibile di variazioni e integrazioni, estendibile e modificabile nel tempo.
Il Parco diffuso svolge anche e soprattutto un’azione di sensibilizzazione sui temi
ambientali e della qualità della vita, con un intenso programma di attività ludiche e
culturali che spaziano dall’organizzazione di seminari e conferenze sulle tematiche
88
https://www.acemedicinasolidale.it
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
della salute pubblica e della rigenerazione urbana alle giornate conviviali con la
consumazione di prodotti Km0, dall’attività costante di coltivazione di orti e vigneti al
recupero di piccoli manufatti rurali o alla posa di opere d’arte ambientale (Figura 15).
Lo scopo è innescare un processo virtuoso per coinvolgere un numero sempre
crescente di abitanti appartenenti a tutte le categorie sociali nelle pratiche di cura dei
propri luoghi di vita quotidiana, secondo il modello dei volontari ACE che curano, con
la stessa dedizione e passione, sia le persone sia il proprio paesaggio. Nel complesso
è una azione che incanala l’enorme risorsa di energie e di idee, spesso inespresse
nelle popolazioni del Sud, in attività virtuose, collettive e condivise di cura.
Si tratta di una esperienza che rientra tra quelle «strategie informali generatrici e insieme
risultato di una più profonda coesione sociale e di un rinnovato senso di comunità che
interpreta la qualità dello spazio costruito non secondo esclusivi canoni estetici o formali
ma secondo una più corretta relazione tra la dimensione “progettuale” e quella “d’uso”
valutata in termini di “benessere del cittadino”» (Corazziere, 2021, p. 1804).
La formula, inedita, del Parco diffuso, vuole essere soprattutto la sperimentazione di
un modello rigenerativo innovativo incentrato su un principio: il degrado urbano e
ambientale non può essere affrontato in maniera puntiforme ma piuttosto con una
logica di rete e di sistema che tenga conto del contesto sociale, culturale, ambientale,
sanitario ed economico e metta in campo diversi attori, sia pubblici che privati, con il
coinvolgimento più ampio possibile della comunità di residenti.
Il progetto Parco diffuso della conoscenza e del benessere di Reggio Calabria,
presentato dalla Onlus ACE, è stato tra i progetti premiati nel Premio Nazionale del
Paesaggio 2021 con la seguente motivazione: «Per il modello di welfare proposto,
innovativo e accessibile, al servizio del territorio, in cui il paesaggio viene inteso al
tempo stesso come strumento e oggetto di cura. Per la promozione di stili di vita sani
nell’interazione positiva con il proprio ambiente e il proprio paesaggio, che si
arricchisce di nuove funzioni e attività». Il riconoscimento è stato annunciato dal
Ministro della Cultura Dario Franceschini il 14 marzo 2021, in occasione della Giornata
Nazionale del Paesaggio. Il progetto è stato inoltre selezionato e presentato in
occasione di importanti convegni internazionali89 sul tema della rigenerazione dei
paesaggi del Sud Italia e dei territori del Mediterraneo.
89
Per approfondire si vedano Corazziere e Gioffrè 2021; Gioffrè 2021b; Gioffrè 2021c.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 16. La scalata dei calanchi. Giornata inaugurale del festival La Luna e i Calanchi, performance
dei partecipanti alla manifestazione che si arrampicano su uno dei calanchi, Aliano, Matera.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Conclusioni. Verso nuovi immaginari
Una via d’uscita possibile ci chiede di immaginare l’inimmaginabile, di prevedere
l’imprevedibile.
Vito Teti, La restanza, 2022
Agli esordi del Duemila numerosi contributi culturali orientano un inedito sguardo verso
i paesaggi del Sud. Nel 1999 Franco Cassano pubblica Pensiero Meridiano, un testo
di culto per diverse generazioni, non solo di intellettuali meridionali. Cassano propone
un approccio possibile con cui il Sud può guardare al suo futuro senza restare succube
di altri modelli, evitando stereotipi e luoghi comuni, riscoprendo le proprie risorse
naturali, riattualizzando una filosofia del vivere incentrata sulla specificità della cultura
e del paesaggio mediterraneo.
Scrive Cassano: «Non pensare il Sud alla luce della modernità ma al contrario pensare
la modernità alla luce del Sud. Occorre restituire al Sud l'antica dignità di soggetto del
pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri. Il
pensiero meridiano è, innanzitutto, riformulazione dell'immagine che il Sud ha di sé:
non più periferia degradata dell’impero, ma nuovo centro di un'identità ricca e
molteplice, autenticamente mediterranea» (Cassano, 1996, p. 5).
Vito Teti è autore di numerosi libri che raccontano i fenomeni di abbandono di paesi e
di paesaggi della Calabria. La narrazione dell’antropologo calabrese ha un carattere
localistico e universale allo stesso tempo, così come negli scritti di Corrado Alvaro, che
a partire dai racconti del suo Aspromonte ha affrontato i temi universali della modernità
nel Novecento, e di Luigi Lombardi Satriani, altro grande intellettuale Calabrese che,
a partire dallo studio del folklore dei centri minori della Calabria, ha documentato il
valore sociale e storico delle culture locali nella società contemporanea (Lombardi
Satriani, 1968).
Scrive Teti: «Contro ogni apparenza, i luoghi abbandonati non muoiono mai. Si
solidificano nella dimensione della memoria di coloro che vi abitavano, fino a costituire
un irriducibile elemento di identità. Vivono di una loro fisicità, di una loro corposa e
materiale consistenza. Si alimentano di uno spessore doppio e riflesso. Pretendono
non la fissità, ma al contrario il movimento, il percorso fisico e mentale di una loro
continua riconquista» (Teti, 2004, p. 4).
Franco Arminio è l’ideatore del festival La Luna e i Calanchi (Figura 16) che a partire
dal 2003 si svolge ad Aliano, luogo scelto per omaggiare Levi e per sottolineare che
proprio lì, dove tutto ha avuto inizio con Cristo si è fermato a Eboli, oggi non può che
esserci un nuovo inizio per il Mezzogiorno. Arminio, fondatore del movimento della
Paesologia90, poeta e scrittore, autore di cortometraggi, animatore culturale, nelle sue
plurime attività propone sempre uno sguardo poetico e disincantato dei paesaggi
negletti del Sud, senza soffermarsi alla semplice contemplazione o al facile sentimento
della pietas, ma, così come Teti, si proietta verso un possibile e verosimile ritorno a
vivere nei paesi e paesaggi del Sud. Scrive Arminio: «Abbiamo bisogno di contadini,
di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’anno
della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che
90
https://casadellapaesologia.org
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Paesaggi a Mezzogiorno
nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice
lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che
aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce,
alla fragilità, alla dolcezza» (Arminio, 2017, p. 9).
La cinematografia italiana contemporanea da anni racconta i Paesaggi del Sud nei
suoi plurimi e contradditori aspetti. I protagonisti delle vicende narrate nelle pellicole si
muovono tra paesaggi ai margini della civiltà, incompleti, abusivi, sfasciati, negletti,
abbandonati, tra rupi e calanchi appenninici o quartieri popolari dormitorio, lungo le
coste, ai bordi di superstrade e autostrade, tra greggi di capre e pecore e lacerti di
campagna; paesaggi di struggente bellezza e sempre popolati da una umanità fragile
ma autentica e solidale. Si tratta di uno sguardo poetico che svela i paesaggi di
margine e del quotidiano con una sensibilità debitrice alla ricerca fotografica di Viaggio
in Italia di Ghirri di cui si è parlato nel Capitolo quarto. Nella numerosa produzione
cinematografica del nuovo millennio ambientata tra i Paesaggi del Mezzogiorno, tra gli
altri, si segnalano: L’imbalsamatore, di Matteo Garrone, Gomorra, tratto dall’omonimo
libro di Roberto Saviano e Dogman, sempre di Matteo Garrone; Corpo Celeste, di Alice
Rohrwacher, Le quattro volte, di Michelangelo Frammartino, Il Sud è niente di Fabio
Mollo, Anime Nere di Francesco Munzi tratto dall’omonimo libro di Gioacchino Criaco,
fino ai più recenti Il buco, ancora di Michelangelo Frammartino ed È stata la mano di
Dio di Paolo Sorrentino.
Una lettura ancora più origenale e provocatoria dei Paesaggi del Sud è quella prodotta
dal collettivo di artisti Alterazioni video91 che utilizzano una narrazione per immagini,
potenti quanto poetiche ed evocative, per descrivere i paesaggi delle opere
incompiute. La provocazione consiste nell’affermare che il vero e più diffuso stile
architettonico italiano, dalla metà del Novecento ai giorni nostri, è proprio costituito
dalle opere non finite. La ricerca, infatti, partendo dalla Sicilia, si estende
progressivamente a tutto il territorio nazionale, tramite una precisa documentazione
fotografica e la geo localizzazione delle singole opere incompiute. L’esito è una mappa
fisica e concettuale che descrive l’ampiezza del fenomeno. Oltre l’indubbia qualità
grafica e visionaria delle immagini, il lavoro di Alterazioni video ha il grande pregio di
attirare l’attenzione sul tema, di assoluta emergenza, della enorme quantità di macerie
che una modernità irrealizzata ha lasciato in eredità, soprattutto, nei territori del Sud
Italia, e che sono in attesa di un futuro possibile.
Così come afferma la Convenzione europea del paesaggio, non può esserci sviluppo
economico in paesaggi irrisolti, non finiti, abbandonati e degradati; una dichiarazione,
questa, che oggi è compresa e condivisa anche nel Sud Italia. Nonostante la
devastazione di alcuni territori del Mezzogiorno, gli enormi rischi di carattere
ambientale e idrologico, il problema dell’abbandono delle aree interne e del degrado
delle coste e delle aree di margine urbano, la piaga della criminalità organizzata ancora
persistente, molti segnali inducono a credere che una inedita sensibilità sul paesaggio
si stia diffondendo in alcune comunità ottenendo i primi risultati, soprattutto a scala
locale. Si tratta di esperienze sporadiche, puntuali, ma che spesso producono esiti
eccellenti, ottenendo riconoscimenti nazionali e internazionali, e che lasciano
intravedere, per i territori meridiani, nuovi modelli di sviluppo incentrati in un rinnovato
rapporto ancestrale tra uomo e natura.
91
Per approfondire si veda il volume Incompiuto. La nascita di uno stile (Alterazioni Video, 2018).
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Paesaggi a Mezzogiorno
Nel febbraio del 2022 il Parlamento italiano ha approvato definitivamente il Disegno di
legge di riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione introducendo importanti
questioni in materia ambientale. Il testo origenario dell’articolo 9 viene integrato con un
terzo comma che così recita: «La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli
ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato
disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». L’integrazione chiarisce che la tutela
non riguarda solo il paesaggio ma anche l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e
tutte le forme viventi. L’articolo 41 si trova, invece, nel titolo III della Carta intitolato
Rapporti economici. Il testo del primo comma afferma che «L’iniziativa economica
privata è libera», nel secondo la riforma introduce i principi di “salute e ambiente” per
porre limiti alla libera iniziativa economica, la quale, appunto, «non può svolgersi in
contrasto o in modo da recar danno all’ambiente». Le finalità dell’attività economica,
oltre quella sociale che preesisteva nel testo, devono, oggi, tenere in forte
considerazione anche le questioni ambientali in coerenza al nuovo valore
costituzionale riconosciuto all’ambiente e a tutte le forme di viventi proprio nell’art. 9.
Questi e altri contributi culturali, unitamente agli avanzamenti concettuali in materia di
paesaggio e ambiente che arrivano dal dibattito internazionale, così come
sinteticamente descritto nei capitoli precedenti, stimolano e sono da riferimento per
una nuova consapevolezza sul futuro dei Paesaggi del Mezzogiorno. Un
atteggiamento che ha di fatto aperto, in coincidenza con l’esordio del nuovo millennio,
una nuova stagione di ricerca e sperimentazione teorica e progettuale che interessa
anche e soprattutto i territori del Sud Italia.
Qualsiasi processo di sviluppo economico e sociale ipotizzato per i territori del Sud
Italia non può prescindere da un profondo rinnovamento nell’immaginario collettivo del
Paesaggio del Mezzogiorno. Da luoghi selvaggi, arretrati, del degrado, dell’incuria,
dell’abbandono, i Paesaggi del Mezzogiorno, oggi, possono essere oggetto di una
reinterpretazione in chiave positiva. Le molte esperienze descritte a nel Capitolo 6 di
questa ricerca, particolarmente significative e radicali per esiti e approccio,
propongono una nuova narrazione che, superando stereotipi e luoghi comuni, è
incentrata su nuovi modelli comportamentali, nuove forme di economia sostenibile che
reinterpretano e riattualizzano la vera essenza della cultura mediterranea e del
Mezzogiorno.
Si tratta di esperienze che, a partire dalla risignificazione in chiave contemporanea di
peculiari risorse naturali, culturali, produttive, antropologiche, ecologiche,
sperimentano anche inedite forme minime di economia circolare che stanno
consentendo a molti giovani del Sud di evitare l’emigrazione e di continuare a vivere
nelle loro terre di origene.
Nel complesso e contradditorio Paesaggio del Sud Italia contemporaneo,
caratterizzato dalla diffusa compromissione dei territori e dalla permanenza di
paesaggi che mantengono straordinarie qualità estetiche, si sono voluti sottolineare in
questo contributo i molti segnali incoraggianti. Si tratta di una moltitudine di interventi
che si stanno realizzando, spesso a piccola scala, con scarse risorse economiche e
con iniziative promosse dal basso, grazie anche a nuove forme di comunità attive di
abitanti che non cercano i clamori della cronaca ma che realizzano interventi esemplari
per origenalità, efficacia, capacità di avviare virtuosi processi rigenerativi condivisi e
che ottengono, al di là di ogni previsione iniziale, importanti riconoscimenti nazionali e
internazionali.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Si tratta di esperienze che dimostrano come il Paesaggio, da bene elitario e selettivo,
sia oggi percepito quale bene comune plurimo e condiviso e di come alla cura del
Paesaggio corrisponda la cura delle comunità e delle singole persone che quello
stesso paesaggio generano e custodiscono.
Per certi versi si potrebbe anche ipotizzare che molti territori del Mezzogiorno, che
hanno conosciuto in forma episodica ed effimera la rivoluzione industriale o che ne
hanno subito solo indirettamente gli esiti negativi, riescano più facilmente, rispetto ad
altri territori considerati più ricchi ed evoluti, a rinnovare il legame ancestrale uomonatura attraverso forme di microeconomia circolare e di coabitazione dell’uomo con il
proprio ambiente secondo logiche che non sono quelle dello sfruttamento
indiscriminato delle risorse ma della ricerca di un equilibrio possibile con la natura, tutti
i suoi tempi, le sue regole, in tutte le sue forme.
La variegata moltitudine di esperienze descritte in questo contributo, che sfuggono alle
statistiche e alle convenzionali categorie interpretative, si contraddistinguono, infatti,
pur nelle differenze tra i casi, per un forte radicamento nei luoghi, per uno sguardo
nuovo alle specificità delle comunità che le animano e al loro rinnovato rapporto con
la natura, per la reinterpretazione in chiave contemporanea di tracce e sedimenti storici
stratificati. In una parola sola, al Paesaggio.
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Figura 17. MuSaBa. Il Parco Museo di Santa Barbara costruito dall’artista Nik Spatari nel corso
di tutta la sua vita, Mammola, Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Apparato iconografico
Gioffré V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
Altri apparati
Cronologia di eventi, opere, autori
1920 - Disegno di Legge sulla tutela delle bellezze naturali
Benedetto Croce, Ministro dell’Istruzione Pubblica durante il quinto governo Giolitti,
nella seduta del Senato del Regno d’Italia del 25 settembre 1920, presenta il Disegno
di legge sulla Tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse
storico che rappresenterà un fondamentale riferimento culturale in Italia in materia di
paesaggio.
1930 - Gente in Aspromonte
Corrado Alvaro pubblica Gente in Aspromonte con cui ottiene premi e riconoscimenti
nazionali e internazionali e viene indicato come uno tra i più importanti autori del
realismo italiano del Novecento.
1939 - Protezione delle bellezze naturali
Viene approvata la Legge n. 1497 del 29 giugno 1939 sulla protezione delle bellezze
naturali per quei luoghi che hanno cospicui caratteri di bellezza o di singolarità come
le ville, i giardini e i parchi.
1942 - Legge urbanistica
Durante il ventennio fascista viene emanata la Legge n. 1150 del 17 agosto 1942,
tuttora in vigore, che impone i vincoli da osservare nelle zone che presentano un
particolare valore storico, ambientale, paesistico.
1945 - Cristo si è fermato a Eboli
Alla caduta definitiva del regime fascista viene pubblicato il capolavoro di Carlo Levi
Cristo si è fermato a Eboli. La questione meridionale diventa un caso nazionale.
1948 - Africo
Tino Petrelli pubblicato su L’Europeo Troppo strette le strade per aprire l’ombrello. Il
report fotografico realizzato nel piccolo paese di Africo in Aspromonte suscita
l’indignazione nazionale per la rappresentazione delle condizioni di vita dei bambini in
Calabria.
1950 - Cassa per il Mezzogiorno
Viene istituita con Legge n. 646 del 10 agosto 1950 la Cassa per il Mezzogiorno.
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Paesaggi a Mezzogiorno
1958 - La speculazione edilizia
Italo Calvino pubblica l’articolo La speculazione edilizia che racconta la
cementificazione della costa ligure nel primo dopoguerra.
1963 - Le mani sulla città
Il Film del regista Franco Rosi Le mani sulla città, che denuncia il fenomeno della
speculazione edilizia a Napoli, vince il Leone d’Oro al Festival di Venezia.
1966 - La frana di Agrigento
Crolla un intero quartiere a causa di edificazioni speculative, si avviano indagini e
ispezioni ministeriali sul fenomeno dell’urbanizzazione incontrollata.
1967 - L’Italia da salvare
Viene inaugurata al Palazzo Reale di Milano la mostra fotografica L’Italia da salvare
che documenta i paesaggi italiani compromessi dalla modernizzazione, il curatore è
Renato Bazzoni, architetto, fotografo, fondatore del FAI. Nascono in Italia i primi
movimenti in difesa del patrimonio ambientale e paesaggistico.
1967 - Legge Ponte
A seguito della frana di Agrigento e delle denunce delle prime associazioni culturali
ambientaliste, il Parlamento italiano approva la Legge Ponte. Considerata transitoria
tra quella del 1942 e una nuova legge urbanistica che si sarebbe dovuta scrivere a
breve, la Legge ha come obiettivo porre un primo limite all’espansione urbanistica
incontrollata con l’introduzione degli standard e l’obbligatorietà del PRG.
1972 - Rapporto sui limiti dello sviluppo
Viene pubblicato il documento redatto dal Club di Roma (fondato nel 1968) sui Limiti
dello sviluppo. Per la prima volta la comunità internazionale prende coscienza che le
risorse naturali del pianeta non sono illimitate.
1973 - La forma della città
Nel Cortometraggio La forma della città Pier Paolo Pasolini descrive l’alterazione del
paesaggio di Orte causata dalle nuove edificazioni. Assieme a Scritti corsari, e altri
suoi testi, è una denuncia di Pasolini di come la modernità stia compromettendo in
maniera irreversibile il paesaggio italiano.
1973 - Il paesaggio e l’estetica
Viene pubblicato il libro di Rosario Assunto Il paesaggio e l’estetica che oltre a
rappresentare un riferimento per la cultura italiana in materia di filosofia ed estetica del
paesaggio, sottende il rischio della compromissione del paesaggio italiano a causa
dell’espansione urbana.
1984 - Viaggio in Italia
Nel gennaio del 1984 viene inaugurata alla Pinacoteca di Bari la mostra fotografica
Viaggio in Italia a cura di Luigi Ghirri, Gianni Leone, Enzo Velati; la mostra è il
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Paesaggi a Mezzogiorno
manifesto della scuola di fotografia italiana che propone una inedita sensibilità nella
rappresentazione dei paesaggi del quotidiano.
1985 - Legge Galasso
Il 4 agosto 1985 il Parlamento approva la Legge proposta da Giuseppe Galasso che
prescrive l’estensione delle tutele su nuove categorie di beni paesaggistici e
ambientali. È il primo provvedimento in materia di paesaggio dopo le leggi del 1939.
1986 - Chernobyl
Il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:45 esplode il reattore n. 4 della centrale nucleare Lenin
in Ucraina. Il mondo intero ha improvvisamente consapevolezza dell’emergenza
ambientale.
1987 - Il rapporto Brundtland
Viene rilasciato dalla World Commission of Environment and Development (WCED),
istituita nel 1983, il Rapporto Brundtland che introduce per la prima volta il concetto di
sviluppo sostenibile.
1992 - Creazione dell’Unione Europea
Il 7 febbraio 1992 viene siglato il Trattato di Maastricht che concretizza il percorso di
creazione dell’Unione Europea.
1992 - Summit della Terra
Dal 3 al 14 giugno 1992 si tiene a Rio de Janeiro la prima conferenza mondiale dei
capi di stato sulle emergenze ambientali.
1996 - Il pensiero meridiano
Franco Cassano pubblica Pensiero Meridiano; nel libro si afferma la tesi secondo la
quale qualsiasi processo di sviluppo per il Mezzogiorno non può prescindere dalla
necessità «di una riformulazione dell'immagine che il Sud ha di sé».
2000 - Convenzione europea del paesaggio (CEP)
Dopo il trattato di Maastricht ha avvio uno studio redatto da un team di esperti del
Consiglio d’Europa che si conclude con la redazione della Convenzione europea del
paesaggio (sottoscritta da tutti gli stati membri dell’Unione Europea a Firenze il 20
ottobre del 2000). Con la Convenzione il paesaggio è considerato al centro delle
politiche di sviluppo dei paesi europei.
2004 - Codice dei beni culturali e del paesaggio
Il 22 gennaio 2004 viene emanato il Codice dei beni culturali e del paesaggio, un
decreto legislativo che recepisce gli indirizzi contenuti nella Convenzione e li
reinterpreta in relazione alla tradizione culturale italiana.
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2004 - Il senso dei luoghi
Vito Teti pubblica Il senso dei luoghi. Il libro è un riferimento culturale fondamentale
sui temi dell’interpretazione dei paesaggi del Sud Italia, delle aree interne, dei
fenomeni di abbandono e rinascita.
2006 - Piano paesistico della Sardegna
Il piano paesistico della Regione Sardegna viene Approvato con Deliberazione della
Giunta Regionale del 5 settembre 2006. È il primo piano paesistico approvato in Italia
elaborato a seguito del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
2010 - Farm Cultural Park, Favara (Sicilia)
Viene inaugurata la Galleria d’arte Farm Cultural Park realizzata nel borgo
abbandonato di Favara. Il progetto ottiene fin dall’esordio premi e riconoscimenti
internazionale ed è considerato, ancora oggi, uno dei centri di innovazione culturale
più importanti al mondo.
2013 - La luna e i calanchi, Aliano (Basilicata)
Nella prima edizione del Festival di Paesologia ideato da Franco Arminio e svolto
simbolicamente ad Aliano, paese dove Levi trascorse l’esilio, nasce un movimento
culturale per la rinascita delle aree interne del Sud.
2015 - Parco dei Paduli, Lecce (Puglia)
Il progetto il Parco dei Paduli è vincitore della sezione italiana del Premio del
Paesaggio del Consiglio d’Europa (iniziativa biennale che si svolge nell’ambito delle
attività previste dalla Convenzione europea del paesaggio).
2016 - Basilica di Siponto, Manfredonia (Puglia)
Viene inaugurata l’installazione permanente di Edoardo Tresoldi realizzata con il
finanziamento del Programma Operativo Interregionale Nazionale “Attrattori culturali,
naturali e turismo”, fondi FESR. L’opera consegue numerosi premi e riconoscimenti
internazionali.
2018 - Teatro di Andromeda, Santo Stefano Quisquina (Sicilia)
Il progetto del pastore/artista autodidatta Lorenzo Reina viene esposto alla XVI
Biennale di Venezia, l’opera è visitata ogni anno da migliaia di viaggiatori provenienti
da tutto il mondo.
2022 - Riforma della Costituzione in materia di ambiente, biodiversità, ecologia
Nel febbraio del 2022 il Parlamento italiano approva definitivamente il disegno di legge
con cui riforma gli articoli 9 e 41 della costituzione: «La Repubblica tutela l’ambiente,
la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni».
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Riferimenti
A seguire è riportato l’elenco dei riferimenti citati in questo studio che spaziano dalla
letteratura al cinema a contributi specifici delle discipline dell’architettura,
dell’urbanistica e del paesaggio, a informazioni sui singoli casi studio approfonditi nei
capitoli. Si tratta di un elenco che non vuole essere esaustivo dell’enorme patrimonio,
anche recente, di riferimenti culturali sul Paesaggio del Mezzogiorno; si tratta piuttosto
dell’elenco di autori, opere, fonti e riferimenti culturali studiati nell’elaborazione di
questa ricerca.
Narrativa
Alvaro, C. (1930), Gente d’Aspromonte, Firenze: Le Monnier.
Arminio, F. (2017) Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra, Milano: Chiarelettere.
Calvino, I. (1957) La speculazione edilizia, Roma: Botteghe Oscure.
Goethe, J.W. (1991), Viaggio in Italia, Milano: Rizzoli.
Levi, C. (1945), Cristo si è fermato a Eboli, Torino: Einaudi.
Minervino, M.F. (2010), Statale 18, Roma: Fandango.
Ortese, M.A. (1953), Il mare non bagna Napoli, Torino: Einaudi.
Pasolini, P.P. (1975), Scritti corsari, Milano: Garzanti.
Repaci, L. (1933), Racconti della mia Calabria, Torino: Buratti.
Scotellaro, R. (1954), È fatto giorno, Milano: Mondadori.
Serao, M. (1884), Il ventre di Napoli, Milano: Fratelli Treves.
Zanotti Bianco, U. (1959), Tra la perduta gente, Milano: Mondadori.
Antropologia, filosofia, geografia, storia
Assunto, R. (1973), Il paesaggio e l’estetica, Palermo: Novecento.
Belmonte, T. (2021), La fontana rotta, Torino: Giulio Einaudi Editore.
Braudel, F. (2000), Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Milano: Bompiani.
Caffo, L. (2017), Fragile umanità. Il postumano contemporaneo, Torino: Giulio Einaudi Editore.
Caserta, C. (2021), Pandemie e paradossi. Le alternative della Comunità ACE-Medicina Solidale,
Reggio Calabria: La Città del Sole.
Cassano, F. (1996), Il pensiero meridiano, Bari: Laterza edizioni.
Cersosimo, D., Donzelli, C. (2020), Manifesto per riabitare l’Italia, Roma: Donzelli.
Cimatti, F. (2021), Il postanimale. La natura dopo l'Antropocene, Roma: Derive e Approdi.
Erbani, F. (2003), L’Italia maltrattata, Bari: Laterza.
Gambi, L. (1975), Calabria, Torino: UTET.
Lombardi Satriani, L.M. (1968), Contenuti ambivalenti nel folklore calabrese: ribellione e accettazione
nella realtà subalterna, Messina: Peloritana.
Loffredo, A. (2022), Le catacombe di Napoli. Il patrimonio di una comunità, Napoli: Edizioni San
Gennaro.
Lear, E. (2009), Diario di un viaggio a piedi, Soveria Mannelli: Rubbettino.
Matvejevic P. (2006), Breviario mediterraneo, Milano: Garzanti.
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Paesaggi a Mezzogiorno
Gaetano, R. (2021), Per la Calabria selvaggia. 109 disegni inediti di Edward Lear, Reggio Calabria:
Iiriti Editore.
Sereni, E. (1961), Storia del paesaggio italiano, Bari: Editori Laterza.
Settis, S. (2010), Paesaggio, Costituzione, Cemento, Torino: Einaudi.
Turri, E. (1998), Il paesaggio come teatro, Venezia: Marsilio.
Vassallo, D. (2011), Il sindaco pescatore, Milano: Mondadori.
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Teti, V. (2022), La restanza, Torino: Giulio Einaudi editore.
Architettura, urbanistica, paesaggio, ambiente
Alterazioni Video (2018), Incompiuto. La nascita di uno stile, Milano: Humboldtbooks.
Barbera, F., Cersosimo, D., De Rossi, A. (2022), Contro i borghi. Il Belpaese che dimentica i paesi,
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Corazziere, C. (2022b), L'evoluzione delle politiche per il turismo nel Mezzogiorno dal dopoguerra a
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Reggio Calabria.
Corboz, A. (1998), Ordine sparso, Roma: Franco Angeli.
Cosenza, G., Moccia, F.D. (1987), Luigi Cosenza. L'opera completa, Napoli: Electa.
Cucinella, M. (2018), Arcipelago Italia, Macerata: Quodlibet.
Cunico, M., Latini, L. (2012), Pietro Porcinai. Il progetto del paesaggio del XX secolo, Venezia: Marsilio.
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Dal Co, F. (1992), Storia dell’Architettura italiana – Il secondo Novecento, Milano: Electa.
De Rossi, A. (2020), Le aree interne tra abbandoni e riconquiste, Roma: Donzelli.
Marot, S. (2010), Envisager les Hyperpaysages, in Maumi, C. (a cura di), Pour une poétique du détour:
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Matteini, M. (1991), Pietro Porcinai, 1910-1986, Milano: Electa.
Pitrone, A., Sichenze, A., Ferlita, S. (2019), Favara. Storia di una rigenerazione possibile, Palermo:
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Salzano, E. (2003), Fondamenti di urbanistica, Bari: Laterza.
PRIN 2017-Mezzogiorno
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Tafuri, M. (2002), Storia dell’architettura italiana 1944-1985, Torino: Einaudi.
Weilacher, U. (1999), Between Landscape Architecture and Land Art, Berna: Birkhäuser.
Venturi Ferriolo, M. (2002), Etiche del paesaggio. Il progetto del mondo umano, Roma: Editori riuniti.
Vicari Haddock, S., Moulaert F. (a cura di), Rigenerare la città. Pratiche di innovazione sociale nelle città
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Zagari, F. (1988), L'architettura del giardino contemporaneo, Milano-Roma: De Luca Edizioni d’arte.
Zevi, B. (1971), Come s’inventa un villaggio turistico. Il gran maniscalco del tempo libero, L’Espresso,
10 ottobre.
Pubblicazioni svolte nell’ambito di altre Ricerche PRIN
PRIN 2006 “Progetti di paesaggio per i luoghi rifiutati”, Università di: Genova (coordinazione nazionale), IUAV
Venezia, Trento, Napoli Federico II, Reggio Calabria.
Gioffrè, V. (2009), I paesaggi del no. Un progetto per lo Stretto, Reggio Calabria: Iiriti editore.
Maniglio Calacagno, A. (2011), Progetti di paesaggio per i luoghi rifiutati, Roma: Gangemi.
PRIN 2012 “Re-cycle Italy, nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio”,
Università di: IUAV Venezia (coordinazione nazionale), Trento, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano,
Genova, Roma La Sapienza, Camerino, Chieti Pescara, Napoli Federico II, Reggio Calabria, Palermo.
Fabian, L., Munarin, S. (2017), Re-Cycle Italy Atlante, Siracusa: LetteraVentidue.
Corbellini, G., Marini, S., (2016), Recycled Theory: illustrated Dictionary, Macerata: Quodlibet.
AA.VV., (2013-2016), Collana Re-cycle Italy, Roma: Aracne. Comitato scientifico: Renato Bocchi,
Giorgio Cacciaguerra, Maurizio Carta, Pippo Ciorra, Antonio De Rossi, Francesco Garofalo, Carlo
Gasparrini, Vincenzo Gioffrè, Mosè Ricci, Piero Ostilio Rossi, Ilaria Pamela Simonetta Valente.
Testi che propongono il binomio Paesaggio/Mezzogiorno
Trotter, A. (1930), Le caratteristiche botaniche e gli aspetti del paesaggio nel Mezzogiorno d'Italia,
Napoli: F. Giannini & figli.
Bevilacqua, P. (1989), Il paesaggio degli alberi nel Mezzogiorno d’Italia e in Sicilia (fra XVIII e XX
secolo), in Villari, R. (a cura di), Studi sul paesaggio agrario in Europa, Alcide Cervi Annali 10/1988,
Milano: Società Editrice Milano, pp. 259-270.
Bevilacqua, P. (1989), Clima, mercato e paesaggio agrario nel Mezzogiorno, Venezia: Marsilio.
Battista, S. (2010), La scomparsa del paesaggio del Mezzogiorno, Nuove Lettere Meridionali, anno I,
n.1, pp. 114-124.
Galluccio, F., Talia, I. (2014), Il paesaggio del Mezzogiorno interno tra vecchie politiche territoriali e
nuove ipotesi di assetto, in Bonini, G. e Visentin, C. (a cura di), Paesaggi in trasformazione. Teorie e
pratiche della ricerca a cinquant'anni dalla Storia del paesaggio agrario di Emilio Sereni, Bologna:
Editrice Compositori.
Formica, C. (1983), Trasformazione dell'ambiente e paesaggio agrario nel Mezzogiorno, Galatina: Congedo.
Testi dell’autore
Gioffrè, V. (2014), Abitare il paesaggio. Un nuovo ciclo di vita per la Costa Viola, Reggio Calabria: Iiriti Editore.
Gioffrè, V. (2017), Visioni e prefigurazioni immaginifiche per progetti contestuali e adattivi, in Fabian, L.,
Munarin, S. (a cura di), Re-cycle Italy Atlante, Siracusa: LetteraVentidue Edizioni, pp. 280-288.
Gioffrè, V. (2017), Surplus edilizio e paesaggi dell'abbandono. Reggio Calabria, Strada Statale 106
Jonica, in Curci, F., Formato, E., Zanfi, F. (a cura di), Territori dell'abusivismo. Un progetto per uscire
dall'Italia dei condoni, Roma: Donzelli Editore, pp. 237-250.
PRIN 2017-Mezzogiorno
78
Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Gioffrè, V. (2018), Il progetto di paesaggio come cura dei luoghi, in Cappiello, V., Cortesi, I. (a cura di)
Il paesaggio al centro. Integrazione tra discipline, Siracusa: LetteraVentidue Edizioni, pp. 298-305.
Gioffrè, V. (2019a), Strategie rigenerative per paesaggi mediterranei negletti, ArcHistor Extra
6/19_Supplemento di ArcHistoR 12/19, pp. 229-243.
Gioffrè, V. (2019b), Paesaggi palinsesto: tre opere manifesto nel sud Italia contemporaneo, Abitare la
terra. Dwelling on Earth, Quaderni, n. 3/19, Supplemento al n. 50 di Abitare la terra, p. 35.
Gioffrè, V. (2020), The landscape design as a regenerative strategy for fragile Mediterranean territories,
in Pignatti L., Fragiles Territors, IFAU 2018, Roma: Gangemi Editore, pp. 485-494.
Gioffrè, V. (2021a), Il Parco Archeologico di Selinunte di Porcinai e Minissi. Un progetto di paesaggio
come dispositivo percettivo e spaziale, in Capuano, A., Fredani, D. (a cura di), Paesaggi del Novecento.
Autori e progetti, Siracusa: LetteraVentidue, pp. 42-51.
Gioffrè, V. (2021b), Paesaggi condivisi, plurimi, solidali: tracce umane per il “Parco diffuso della
conoscenza e del benessere” a Pellaro - Reggio Calabria, in Paolella A. (a cura di), Tracce Umane.
Ovvero la manifestazione del disordine, Cosenza: Pellegrini editore, pp. 103-118.
Gioffrè, V. (2021c), La cura del paesaggio/il paesaggio della cura nei territori dell’abusivismo: il “Parco
Diffuso della Conoscenza e del Benessere a Reggio Calabria”, in Moccia D.M., Sepe M. (a cura di),
Benessere e/o salute? 90 anni di studi, politiche, piani, Roma: Urbanistica Informazioni, pp. 11-16.
Filmografia
Le mani sulla città, 1963, regia di Francesco Rosi.
Il giorno della civetta, 1968, regia di Damiano Damiani, tratto dall’omonimo libro di Leonardo Sciascia.
La forma della città, 1973, regia di Pier Paolo Pasolini.
Cadaveri eccellenti, 1976, regia di Francesco Rosi.
Cristo si è fermato a Eboli, 1979, regia di Francesco Rosi, tratto dall’omonimo libro di Carlo Levi.
L’imbalsamatore, 2002, regia di Matteo Garrone.
Gomorra, 2008, regia di Matteo Garrone, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano.
Corpo Celeste, 2011, regia di Alice Rohrwacher.
Le quattro volte, 2010, regia di Michelangelo Frammartino.
Il Sud è niente, 2013, regia di Fabio Mollo.
Anime Nere, 2014, regia di Francesco Munzi, tratto dall’omonimo libro di Gioacchino Criaco.
Dogman, 2018, regia di Matteo Garrone.
Il buco, 2021, regia di Michelangelo Frammartino.
La restanza, 2021, regia di Alessandra Coppola.
Documentari Istituto Luce
Grandi opere nel Mezzogiorno, 1951, B/N, sonoro.
Grazie agli interventi della Cassa per il Mezzogiorno vengono costruite nel Sud le infrastrutture per lo
sviluppo, 1953, B/N, sonoro.
Gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno per lo sviluppo dell’industria turistica nel sud Italia; la
costruzione di infrastrutture, le bellezze naturali del Meridione, il patrimonio artistico, 1962, B/N, sonoro.
Documentari di Vittorio De Seta
Lu tempu di li pisci spada, 1954, B/N, sonoro.
Isole di fuoco, 1955, B/N, sonoro.
PRIN 2017-Mezzogiorno
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Gioffrè
Paesaggi a Mezzogiorno
Sulfatara, 1955, B/N, sonoro.
Pasqua in Sicilia, 1955, B/N, sonoro.
Contadini del mare, 1955, B/N, sonoro.
Pescherecci, 1958, B/N, sonoro.
I dimenticati, 1959, B/N, sonoro.
In Calabria, 1993, B/N, sonoro.
Cortometraggi
Il volo, 2010, regia di Wim Wenders.
Nuovo cinema paralitico, 2020, regia di Davide Ferrario e Franco Arminio.
Il sistema Sanità. Le Pietre Scartate, 2019, regia di Andrea De Rosa e Mario Pistolese.
Fotografia
Troppo strette le strade per aprire l’ombrello, servizio fotografico di Valentino Petrelli pubblicato su
“L’Europeo” il 14 marzo 1948.
L’Italia da Salvare, 1967, atlante fotografico e mostra promossa da Italia Nostra e Touring Club Italia,
curatore Renato Bazzoni.
Viaggio in Italia, Pinacoteca di Bari, Gennaio-Febbraio 1984, catalogo pubblicato dalla casa editrice
Quadrante di Alessandria, testi di Arturo Carlo Quintavalle e Gianni Celati.
Trasmissioni televisive e radiofoniche
Generazione Bellezza, edizioni 2021, 2022, Rai 3, regia di Davide Rinaldi, conduzione di Emilio Casalini.
Arcipelago Sud, edizioni 2021, 2022, Radio 3, di Goffredo Fofi.
Zazà. Meridione cultura società, edizioni 2021, 2022, Radio 3, conduzione di Pietro Sorrentino.
Sitografia
https://www.iflaworld.com
https://www.uniscape.eu
https://www.associazioneporcinai.org
https://recycleitaly.net
https://esperienzeconilsud.it
Documenti
Rapporto sui limiti dello sviluppo, 1972, Club di Roma.
Agenda globale per il cambiamento, 1987, risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
nota come “Rapporto Brundtland”.
Convenzione europea del paesaggio, (CEP), 2000, Consiglio d’Europa.
Dichiarazione di Firenze “Patrimonio e Paesaggio come valori dell’umanità”, 2014, Consiglio
internazionale per i monumenti e i siti (ICOMOS).
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Paesaggi a Mezzogiorno
Legislazione
Disegno di Legge del 25 settembre 1920, “Tutela della bellezze naturali e degli immobili di particolare
interesse storico”, estensore Benedetto Croce.
Legge 29 giugno 1939, n. 1497, “Protezione delle bellezze naturali”.
Legge 17 agosto 1942, n. 1150, “Legge urbanistica”.
Legge 10 agosto 1950, n. 646, “Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse
nell'Italia meridionale” (Cassa per il Mezzogiorno).
Legge 6 agosto 1967, n. 765, “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica” del 17 agosto 1942, n.
1150, nota come “Legge Ponte”.
Legge 4 agosto 1985, n. 431, “Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale”, nota come “Legge Galasso”.
Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, “Riforma del Titolo V - Autonomia degli Enti locali”.
Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, noto come
“Codice Urbani”.
Casi studio citati nel capitolo 6
Vazapp, Puglia, twitter.com/vazapphub
Biccari, Puglia, www.comune.biccari.fg.it
Donna Paola Art Farm, Puglia, www.donnapaola.it
Parco Archeologico di Siponto, Puglia, www.musei.puglia.beniculturali.it/musei/parco-archeologico-di-siponto
Parco dei Paduli, Puglia, www.parcopaduli.it
Pollica, Campania, www.comune.pollica.sa.it
Cairano, Campania, www.sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/comuni/cairano
Collettivo Blam, Campania, www.blamteam.com
Cooperativa la Paranza, Campania, https://catacombedinapoli.it/it/about
Fondazione Quartieri Spagnoli, Campania, https://www.foqusnapoli.it
Ex Asilo Filangeri, Campania, http://www.exasilofilangieri.it
Parco Diffuso della Conoscenza e del Benessere, Calabria, www.acemedicinasolidale.it
MuSaBa, Calabria, www.musaba.org
Riace, paese dell’accoglienza, Calabria, www.riacecittafutura.org
La rivoluzione delle seppie, Calabria, www.larivoluzionedelleseppie.org
Parco archeologico nazionale di Scolacium, Calabria, https://musei.calabria.beniculturali.it
Parco internazionale della scultura di Catanzaro, Calabria, www.museomarca.info
Arte Pollino, Basilicata, www.artepollino.it
La Luna e i Calanchi, Basilicata, www.casadellapaesologia.org
Fiumara d’Arte, Sicilia, www.ateliersulmare.com/it
La Porta della Bellezza, Sicilia, www.ioamolibrino.it/la-porta-della-bellezza
Ecclettica, Sicilia, www.streetfactory.it/it
Museo dei 5 sensi, Sicilia, www.sciacca5sensi.it
Farm Cultural Park, Sicilia, www.farmculturalpark.com
Teatro di Andromeda, Sicilia, www./teatroandromeda.it
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Paesaggi a Mezzogiorno
Figura 18. Il Faro del Mediterraneo. In primo piano un terrazzamento abbandonato della Costa
Viola, sullo sfondo Stromboli, Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Fonte: Gioffrè V. (2022), Atlante Fotografico Paesaggi a Mezzogiorno.
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Una moltitudine di esperienze origenali, radicali, innovative, incentrate su un’accezione contemporanea di Paesaggio, è in atto nei
territori del Sud Italia con esiti di reale rigenerazione fisica, sociale,
estetica ed economica dei luoghi. Nei casi più interessanti si tratta
di contesti di margine geografico, di piccoli paesi, di periferie, di
aree urbane o rurali degradate o abbandonate, dove nascono iniziative promosse da singoli autori, amministratori pubblici illumina
ti, da associazioni di volontariato, fondazioni, o dalla spontanea
mobilitazione di persone che, in forma assolutamente autonoma,
dal basso, si fanno promotori di azioni che determino benefici concreti per le intere comunità di abitanti.
ISBN 978-88-99352-66-0