È facile vivere bene a Venezia se sai cosa fare
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Venezia come non l'avete mai vista!
Gustare un aperitivo in un antico palazzo, studiare in biblioteca di notte, perdersi in un “labirinto letterario”, assaggiare i tipici dolci ebraici e la marmellata amata da Lord Byron, concedersi il lusso di un massaggio in una spa affacciata sulla laguna e tanto altro ancora. Venezia è una città che vizia chi sa dove andare. Dai piccoli lussi ai piaceri a costo zero, c’è solo l’imbarazzo della scelta: da un itinerario alla scoperta del lato contemporaneo della città a una passeggiata per cuori innamorati, a passatempi gastronomici come il giro dei bacari o quello dei caffè veneziani, a più impegnative immersioni nella storia della città leggendo antichi documenti d’archivio o ascoltando un concerto nella storica cornice di una chiesa o un palazzo. Nelle botteghe degli artigiani si possono acquistare oggetti e capi d’abbigliamento unici e persino seguire corsi per imparare arti antichissime, per portare con sé un frammento di magia lagunare…
Isabella Campagnol
veneziana, è una storica specializzata nel settore della moda e delle arti decorative. In qualità di curatore museale, consulente e docente collabora con diverse istituzioni culturali e istituti di alta formazione. Nel corso dei suoi viaggi, di lavoro e di piacere, è sempre alla ricerca di spunti di visita particolari e originali che ama poi raccontare nelle sue guide.
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Anteprima del libro
È facile vivere bene a Venezia se sai cosa fare - Isabella Campagnol
Introduzione
Non so perché in tale circostanza mi venne di rimanere più che mai colpito da quella strana atmosfera di affabilità, di parentela, di vita di famiglia che costituisce per metà il tono di Venezia. Così senza strade, senza veicoli, senza strepito di ruote o impetuosità di cavalli, con le sue calli tortuose dove si formano capannelli di persone, dove le voci risuonano come nei corridoi di una casa, dove il passo umano si posa come a evitare gli spigoli del mobilio e le scarpe non si consumano mai, la città ha il carattere di un immenso appartamento collettivo, di cui piazza San Marco sia l’angolo più adorno [...]. E, in un certo modo, questo splendido domicilio comune così familiare, così domestico e sonoro, assomiglia anche a un teatro in cui gli attori stacchettino sui ponti.
Henry James, Il Carteggio Aspern
Nei miei pensieri, fin da bambina, Venezia è sempre stata una grande casa all’interno della quale non ci si poteva mai sentire smarriti: campi e calli sono per me i corridoi e le stanze di questa dimora, di cui conosco, letteralmente, ogni pietra, le mura scrostate, i palazzi, le case abitate e quelle abbandonate, le piante e i fiori dei giardini, la cui presenza spesso è solo possibile indovinare dai profumi che giungono dietro alte mura di mattoni e di cui apprezzo pregi e difetti, vizi e virtù, come si apprezzano i sorrisi e le rughe sul volto di una persona amata.
Questa guida è stata pensata e destinata a un ideale ospite, a cui si danno indicazioni per meglio trascorrere il suo soggiorno, per aiutarlo a scoprire i segreti di questa antichissima e preziosa casa-città al di là della fin troppo nota facciata turistica.
Tra feste tradizionali e botteghe di artigiani fuori dal coro
, tra un corso di cucina in un antico palazzo, una visita a una incantata casa-museo in mezzo alla laguna e insoliti itinerari tematici, la città si lascia scoprire nella sua essenza autentica, nella sua dimensione storica e reale, a misura d’uomo, sorprendendo e incantando il visitatore attento, che sarà qui il benvenuto nella vera Venezia dei veneziani.
prima parte
Vita quotidiana a Venezia
Una delle prime raffigurazioni a stampa di Venezia (particolare da B. von Breydenbach. Peregrinatio in Terram Sanctam, Magonza 1486).
I sapori della città
Tra i piaceri da gustare durante la visita a Venezia, e da portare a casa, ai primi posti ci sono senz’altro i sapori e le specialità gastronomiche della città da cercare tra le molte, autentiche botteghe artigiane. Una Venezia da assaporare e sorseggiare, per la gioia di gustare insoliti sapori e riscoprire piatti tradizionali.
Mascari, a Rialto, è l’erede delle antiche botteghe degli spezieri veneziani. Estremamente costose, spesso di origine misteriosa e ritenute cariche di poteri magici, le spezie a Venezia erano utilizzate non solo in cucina, ma soprattutto come ingredienti nelle pozioni medicinali e nelle ricette di bellezza. Ogni mattina a Rialto venivano annunciate le quotazioni delle merci in arrivo sulle galee veneziane: non a caso Shakespeare, nel Mercante di Venezia, fa domandare a Solanio: «Allora, che notizie a Rialto?».
Già la vetrina di Mascari induce in tentazione, con i suoi piatti in equilibrio uno sull’altro colmi di tesori provenienti da Paesi lontani: anice stellato, coriandolo, cumino, cardamomo, fieno greco, zenzero, chiodi di garofano, stecche di cannella e molte varietà di pepe, tra cui quello aromatico cinese di Sichuan.
Drogheria Mascari
San Polo, ruga dei Spezieri 381
www.imascari.com
A San Giovanni Crisostomo, il Pastificio Giacomo Rizzo, è specializzato da quattro generazioni nella produzione di pasta fresca di vari tipi e formati, dai finissimi tagliolini alle lavagnette, ai quadrucci e ai tortellini. Molto particolari le confezioni di pasta multicolore di forme creative, la pasta secca aromatizzata ai funghi porcini, alle seppie, al basilico, ma anche al curry, cacao e salmone affumicato e i tradizionali bigoli mori, spaghetti integrali bucati da condire con una salsa di acciughe e cipolle.
Pastificio Giacomo Rizzo
Cannaregio, Salizada San Giovanni Crisostomo 5778
Tutto ciò che ruota intorno all’aromatico mondo del tè si trova da Peter’s Tea House. La difficile scelta spazia tra decine di varianti di tè nero, verde, bianco, tè aromatizzati, deteinati, biologici, sfusi o in bustine: i più originali sono i fiori di tè, in cui le foglie sono state pressate a forma di pallina che, una volta immersa in infusione, sboccia in uno splendido fiore. Non mancano poi infusi, tisane, diversi tipi di zuccheri e dolcificanti, miele, biscotti e marmellate per una golosa pausa in totale relax, oltre a ogni tipo di accessorio e oggettistica per il tè.
Peter’s Tea House
Cannaregio, Ss. Apostoli 4553/a
Alla fine della Strada Nova, quasi ai piedi del ponte delle Guglie, la torrefazione Marchi-Costarica, dal 2009 inclusa nell’elenco dei locali storici del Veneto, tosta e vende caffè dal 1930, anno in cui la signora Antonietta fonda la bottega che gestirà con passione fino al 1941; la mancanza di caffè causata dalla guerra costringerà alla chiusura della torrefazione fino alla conclusione del conflitto, quando verrà riaperta dalla figlia Emilia.
Oggi, tra i sacchi di juta colmi di chicchi provenienti da Guatemala, Costarica, Colombia, Brasile e Haiti, si può gustare una tazzina di profumato caffè o acquistare una delle pregiate miscele da usare a casa, la più famosa delle quali è un mix di otto qualità di caffè che, si dice, abbia rianimato una ragazza di nome Ninetta svenuta per l’emozione nel giorno delle sue nozze: fu allora che nacque il caffè della sposa!
Torrefazione Marchi
Cannaregio, rio Terà San Leonardo 1337
www.torrefazionemarchi.it
Il percorso gastronomico si conclude davanti all’enoteca Casa Mattiazzi. Con i suoi infissi dipinti di un turchese brillante spicca lungo la fondamenta di Cannaregio: all’interno offre vini sfusi di ottima qualità, bottiglie dei migliori vini del Veneto (e non solo) e il particolarissimo e sapido Rosso di laguna.
Casa Mattiazzi
Cannaregio, fondamenta Cannaregio 1116
Primizie e vini dalla laguna
«F ra le isole che fanno argine alla Laguna di Venezia, si communera quella di Sant’Erasmo con belle vigne e giardini, da’ quali si somministra alla Metropoli quantità di herbaggi e frutti perfetti » .
Così descrive, nel 1696, Vincenzo Coronelli Sant’Erasmo nel suo Isolario dell’Atlante Veneto.
Situata tra il mare e la laguna, l’isola, assieme alle adiacenti Vignole («l’isola delle sette vigne»), era, ed è, considerata l’orto della Serenissima grazie al suo terreno estremamente fertile, un misto di sabbia e argilla reso unico dalla sapidità dell’acqua salmastra e dai gusci dei granchi spesso usati per concimarlo.
Esplorando, a piedi o con le biciclette noleggiabili in loco, i circa tredici chilometri di viottoli immersi tra gli orti, i vigneti e i frutteti, si scoprono i luoghi chiave dell’isola, come la chiesetta dedicata a Cristo Re, consacrata nell’ottobre 1929 e progettata dall’architetto veneziano Brenno Del Giudice con una facciata movimentata in modo estremamente caratteristico da elementi curvilinei: suddivisa all’interno in tre navate, conserva una preziosa tela della scuola del Tintoretto, il Martirio di sant’Erasmo.
L’imponente Torre Massimiliana che domina la spiaggia del Bacan, tradizionale luogo di ritrovo dei veneziani che vi arrivano in barca per godere di una giornata di sole e relax, è una fortificazione austriaca costruita tra il 1843 e il 1844 su una precedente piazzaforte napoleonica posta a difesa della bocca di porto del Lido. Voluta dall’arciduca Massimiliano d’Austria, che vi trovò rifugio nel corso di una rivolta armata del 1848, è stata restaurata nel 2004 e frequentemente ospita mostre di arte contemporanea; ogni anno, a maggio, qui si tiene la Festa del carciofo violetto di Sant’Erasmo, prodotto simbolo dell’isola.
L’orgoglio di Sant’Erasmo è infatti questo particolare tipo di carciofo, coltivato sin dalla fine del Quattrocento, che ogni anno regala tre raccolti diversi, dalle pregiate castraure, i germogli apicali dei carciofi raccolti all’inizio del mese di aprile, ai botoi raccolti fino a giugno sino ai carciofi veri e propri di cui si utilizza la parte inferiore, i cosiddetti fondi.
Dai fiori di carciofo, ma anche dal limonium, il fiore rosa-violetto delle barene, le secche della laguna, arrivano dei mieli molto ricercati e dal sapore inconsueto, talvolta quasi amaro. Le primizie della laguna si possono acquistare presso l’Azienda agricola I Sapori di Sant’Erasmo che, oltre a vendere i suoi prodotti sul posto, offre visite guidate agli orti dell’azienda e organizza un servizio di consegna delle verdure in varie zone di Venezia con prenotazione online dei prodotti.
L’unicità del terreno di Sant’Erasmo ha consentito anche la produzione di un vino bianco particolarissimo, una malvasia che profuma di laguna arricchita da sentori minerali armoniosamente strutturati. Il vino Orto si può degustare, su prenotazione, presso la cantina Orto di Venezia ammirando il sereno panorama che, nelle giornate più terse, si allarga fino alle montagne. Una curiosità: le magnum di Orto vengono conservate in una cantina
davvero speciale, un sandolo, tipica imbarcazione veneziana, affondato in laguna, dove l’assenza di luce e di sbalzi di temperatura garantiscono un invecchiamento ideale.
Infine, per celebrare la cultura dei vini dell’isola, niente di meglio che partecipare alla Festa del mosto, la prima domenica di ottobre, con la caratteristica benedizione dei trattori carichi di prodotti tipici e la tradizionale pigiatura e degustazione del mosto.
Per noleggiare le biciclette: www.latoazzurro.it
Azienda agricola I Sapori di Sant’Erasmo
Via Boara Vecia 6, Sant’Erasmo
isaporidisanterasmo.com
Orto di Venezia
Via delle Motte 1, Sant’Erasmo
www.ortodivenezia.com
Fare la spesa alle barche-fruttivendolo
Il mercato di Rialto è un’autentica meraviglia dove è davvero difficile non trovare quello di cui si ha bisogno. Purtroppo però, negli ultimi tempi, è preso d’assalto da comitive di turisti che rendono difficile muoversi per i propri acquisti. Per sperimentare una spesa molto veneziana e provare un’esperienza nuova, ci si può però recare nel popoloso sestiere di Castello, alla fine di via Garibaldi. Qui, fino a non molto tempo fa, si teneva ogni giorno un vivace mercato dove si trovavano frutta, verdure e moltissime varietà di pesce appena pescato. Oggi del mercato rimane una curiosa testimonianza: una bottega di fruttivendolo… galleggiante. Frutta e verdura, rigorosamente stagionali e per lo più provenienti dalle isole della laguna sono infatti pittorescamente impilate sui tavolati di una grande topa , tipica imbarcazione veneziana da trasporto.
Un’altra storica bottega galleggiante di fruttivendolo si trova nei pressi del ponte dei Pugni, vicino campo San Barnaba, un angolo particolarmente significativo perché su questo ponte avvenivano le furiose battaglie tra i Castellani di San Pietro di Castello e i Nicolotti di San Nicolò dei Mendicoli, che si scontravano a pugni in cima al ponte, al tempo, come tutti gli altri ponti veneziani, senza balaustre laterali. Lo scopo della sfida era gettare dal ponte il maggior numero possibile di uomini della parte avversa. Ancora oggi ai quattro angoli del ponte, si vedono le orme in pietra d’Istria da cui le fazioni partivano. Il ponte dei Pugni non era l’unico in città dove questo gioco
veniva praticato: a Cannaregio, sul ponte di fianco al campo di Santa Fosca si notano le stesse impronte, mentre la memoria dei furiosi combattimenti è conservata nel nome del ponte della Guerra, a San Zulian. Tornando alle verdure, un altro modo inusuale di fare la spesa è recarsi il giovedì mattina davanti all’ingresso del carcere femminile della Giudecca: qui vengono venduti i prodotti coltivati dalle detenute in quello che in passato era l’orto del monastero delle Convertite. La scelta è, ovviamente stagionale e limitata, e la qualità eccellente: non c’è un orario di apertura del negozio, la vendita si chiude quando la merce finisce e, di solito, tutto sparisce molto velocemente!
Carcere femminile
Fondamenta delle Convertite, Giudecca 712
In cucina con la contessa
La cucina veneziana ha sempre fatto tesoro delle sue ricche risorse ambientali: la laguna, le barene, le isole provvedevano alla città offrendo sia una grande quantità e assortimento di pesce, come si legge nella Cronachetta di Marin Sanudo dove vengono elencate diverse decine di specie d’acqua dolce e salata, crostacei e molluschi, che una certa varietà di selvadego , la selvaggina cacciata durante la stagione migratoria. Anatre, fischioni ( ciossi ), alzavole ( salsegne ) e folaghe erano i gustosi trofei che molti nobili veneziani riportavano orgogliosamente dalla caccia in valle , come dimostra la serie di dipinti dedicati al tema da Pietro Longhi (1765-70, Venezia, Museo Querini Stampalia). I piatti di carne e pesce erano poi arricchiti da verdure e frutta provenienti dai numerosi orti lagunari, particolarmente gustose grazie alla densa sapidità del terreno.
Agli ingredienti originari si aggiunsero ben presto le aromatiche influenze
giunte in città con i mercanti orientali e chiaramente leggibili nell’uso massiccio, in numerosi piatti veneziani, di vari tipi di spezie, dalla cannella al pepe, dalla noce moscata allo zenzero, e di frutta secca: nel manuale di un anonimo cuoco trecentesco veneziano, la ricetta intitolata Ambrosino bono et perfecto, una sorta di cappone speziato, elenca un assortimento di spezie per un sorprendente totale di circa settecentocinquanta grammi, mentre il riso zalo di tradizione ebraico-ashkenazita, quasi un antenato del risotto alla milanese, era soffritto in grasso d’oca e arricchito con abbondante zafferano. Saranno poi i mercanti sefarditi, provenienti dalla penisola iberica, a portare sulle tavole veneziane sapori e colori mediterranei, introducendo l’uso delle preparazioni agrodolci, particolarmente apprezzate e utili nel corso dei viaggi per mare perché l’acido delle cipolle e dell’aceto consentiva una lunga conservazione dei cibi. La tecnica poteva essere applicata a vari cibi, dai gamberi, alle verdure, alla carne, ma la versione più diffusa era senz’altro quella con il pesce in saor, in sapore, che già compare nel ricettario trecentesco con il titolo di Cisame de pesse quale tu voy. Il saor era ulteriormente arricchito da pinoli e uvetta, ingredienti che si ritrovano anche in altri piatti tipicamente veneziani come le fritole di Carnevale. Di origine ebraica anche un altro famoso piatto tipico servito nei giorni di magro, i bigoli in salsa, in cui gustosi spaghetti mori, di farine miste integrali, vengono conditi con una salsa a base di cipolle e acciughe e forse anche la cosiddetta suca baruca o suca santa, dalla forma allungata, il cui nome potrebbe derivare dall’ebraico barùkh, ovvero santo.
Persino le dominazioni straniere hanno arricchito la cucina veneziana: retaggio della dominazione austriaca è infatti l’oggi onnipresente Spritz: il popolarissimo aperitivo deriva dalla consuetudine dei soldati austriaci di spruzzare (spritzen in tedesco) i vini locali, considerati troppo forti, con dell’acqua per allungarli. Successivamente, su questa abitudine si innestarono delle diverse varianti, come l’aggiunta di acqua frizzante, di vari tipi di bitter (Aperol, Campari, Select) che conferivano il caratteristico colore rosso-aranciato alla bevanda o di amari (China Martini e Cynar). I raffinati banchetti veneziani saranno anche i primi nei quali fece la sua comparsa la forchetta, chiamata in veneziano piron, con una parola che, derivando dal greco peìro, infilzare, descriveva l’uso dell’utensile. Da Bisanzio giunse infatti la dogaressa Teodora, moglie del doge Domenico Selvo (1071-85) e sorella del basileus bizantino Michele vii, che, tra non poche difficoltà, introdusse il piron a Venezia. La versione di Teodora era un insolito bastoncino d’oro a due, non a tre, rebbi che scandalizzò i nuovi concittadini della dogaressa che lo interpretarono come un segno di dissolutezza, contro l’abitudine comune di portare il cibo alla bocca con le mani.
Teodora, la dogaressa bizantina, in un disegno novecentesco.
Per appropriarsi dei segreti della cucina veneziana non c’è nulla di meglio di un corso di cucina.
In un loft ultra moderno, la contessa Enrica Rocca, apprezzata a livello internazionale per i piatti semplici e tradizionali che ha pubblicato nel suo libro Venezia nel piatto ma che piatto!, accompagna gli allievi in un percorso alla scoperta dei piatti della cucina lagunare.
Il corso di una giornata comincia al mattino con la spesa al mercato di Rialto durante la quale, sulla base dei prodotti di stagione disponibili, si sceglie il menu e, dopo una sosta in un tipico bacaro, prosegue con la preparazione dei piatti nella cucina-atelier perfettamente attrezzata: in un’atmosfera informale e rilassata i corsisti mettono, letteralmente, le mani in pasta, tagliano, mescolano, impiattano e, ovviamente, alla fine godono dei frutti del loro lavoro condividendo le ricette preparate.
Nell’esperienza di mezza giornata gli studenti trovano già le materie prime in cucina e, dopo un aperitivo di benvenuto, iniziano a cucinare e poi a gustare il menu creato.
In entrambi i casi i piatti sono accompagnati da una attenta selezione di vini e, alla fine del corso, viene consegnata una dispensa con ricette, informazioni sulle materie prime, sulle tecniche di cottura e consigli per imparare a selezionare gli ingredienti migliori.
Enrica Rocca Cooking School
Dorsoduro, calle San Domenico 568/A
www.enricarocca.com
Dolcezze veneziane
La prima notizia certa di un carico di zucchero sbarcato a Venezia risale al 966. In precedenza in città, come nel resto del mondo medioevale, per dolcificare si usava il miele. Lo zucchero, assieme alle altrettanto preziose spezie, arrivava dall’Oriente e veniva inizialmente ricavato solo dalle canne originarie dell’India, acclimatatesi anche in Medio Oriente. Saranno gli arabi a inventare
lo zucchero sviluppandone il processo di raffinazione e diffondendolo in Sicilia e Spagna, mentre sarà la Repubblica di Venezia a diffonderlo in Europa. Lo zucchero è prezioso, in città lo vendono gli spezieri come rimedio per lo scorbuto e le malattie degli occhi e solo in occasioni speciali compare in cucina e a tavola: la scelta di golosità è vastissima tra sciroppi, confetture, pignocade , persegade , fiori canditi e bozoladi , gli antenati dei bussolà .
L’isola di Murano, al centro, in una veduta di Venezia di fine Cinquecento.
Elaborate e dolcissime architetture sono gli stupefacenti centrotavola dei banchetti più importanti: in occasione della visita di Enrico iii, re di Polonia che nel 1574, morto il fratello Carlo ix di Francia, passò per Venezia sulla via del rientro in patria per succedergli al trono, venne allestito un sontuoso banchetto nella sala del Maggior Consiglio dove tutto, dai piatti alle statue che ornavano la sala, era stato scolpito nello zucchero dallo speziale Nicolò della Cavalleria sotto la supervisione del famoso