Accordatura e Temperamento

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ACCORDATURA E TEMPERAMENTO

Temperare è verbo che deriva dal latino. Significa moderare, lenire, distribuire in giusta e equa
misura. In musica, con temperamento si intende l'alterazione di alcuni intervalli di quinta e di
quarta nell'accordatura di uno strumento musicale. Diversi schemi di alterazione di questo tipo
sono stati introdotti nella musica europea a partire dal tardo Medioevo, al fine di ottenere una
scala musicale più adatta alle esigenze della composizione. La questione del temperamento è
sempre stata al centro dell'interesse dei teorici musicali e spesso è stata motivo di accesi dibattiti.

 STORIA
La prima forma sistematica di accordatura che abbia influenzato la cultura occidentale,risale alla
Grecia del VI secolo a.C., ed è attribuita a Pitagora. La scala che corrisponde al temperamento
pitagorico è costruita, con l’impiego del monocordo, in base alla legge fisica di proporzionalità fra
la lunghezza di una corda oscillante e la frequenza del suono risultante. A Pitagora si attribuisce
tradizionalmente l'osservazione che gli intervalli musicali corrispondono a rapporti numerici.
Nella scala pitagorica (di sette note) le quinte e le quarte corrispondono esattamente alle frazioni
2/3 e 3/4, rispettivamente, mentre l'intervallo di tono corrisponde a 8/9 e l'intervallo di semitono a
243/256.

Nel corso del Medioevo furono introdotte le note alterate e l'ottava risultò suddivisa in dodici note
(scala cromatica), sempre ottenute con il metodo ciclico:

La scala pitagorica cromatica così costruita presenta due peculiarità. La prima è che l'intervallo di
tono non risulta diviso in due semitoni uguali (il semitono pitagorico non è la "metà" di un tono), la
seconda è che il ciclo delle quinte (e quarte) dopo dodici suoni non si chiude esattamente sulla nota
di partenza: l'intervallo residuo è detto comma pitagorico. Queste proprietà derivano entrambe dal
fatto che il principio ciclico (basato sul rapporto 2/3) è matematicamente inconciliabile con
l'equidivisione dell'ottava (rappresentata dal rapporto ½.)

Nel corso del XV secolo si afferma nella composizione polifonica un uso sempre più sistematico
degli intervalli di terza in accordi non di passaggio (anche se fino alla fine del secolo molti
compositori evitano la terza negli accordi finali); la terza maggiore nella scala pitagorica è poco
consonante, e i trattatisti della fine del XV secolo riportano per la prima volta l'uso,
nell'accordatura degli organi, di "temperare" le quinte (ossia accordarle calanti) verosimilmente
allo scopo di ottenere terze maggiori più consonanti, cioè più vicine al rapporto 4/5.
Nel corso del XVI secolo è largamente attestata dai trattatisti la pratica del temperamento
mesotonico, in cui tutte le quinte sono ugualmente calanti e il riferimento per l'accordatura è
costituito dall'assenza di battimenti nelle terze maggiori. Il temperamento mesotonico, tuttavia, non
permette a sua volta di chiudere esattamente il ciclo delle quinte e pertanto produce nella scala un
intervallo molto crescente ("quinta del lupo"), usualmente fra le note Sol♯ e Mi♭; più in generale
non permette di usare alcune note alterate. Poiché la composizione musicale, dalla seconda metà
del XVI secolo, prevedeva sempre più frequentemente l'uso di più di cinque note alterate (per i
cosiddetti "cromatismi" e dal secolo successivo per la modulazione in tonalità diverse), il
temperamento mesotonico poneva un problema a cui si cercò talora di ovviare con la costruzione
di tastiere in cui alcuni tasti neri erano suddivisi per ottenere separatamente le note Mi♭/Re♯ e
Sol♯/La♭.

Nel 1558 il teorico musicale Gioseffo Zarlino propose una radicale riforma della costruzione della
scala musicale, allo scopo di includere i rapporti 4/5 e 5/6 (terza maggiore e minore) come
intervalli fondamentali accanto ad ottava, quinta e quarta. Nella scala di Zarlino (o scala naturale)
compaiono due diversi intervalli di tono, il tono maggiore (8/9) e il tono minore (9/10).

La scala di Zarlino non è — a rigor di termini — un temperamento, in quanto non è ottenibile con
un procedimento ciclico. Inoltre nella scala naturale gli intervalli sono "giusti" solo rispetto alla
tonica della scala, altri intervalli (ad esempio Re-La) sono del tutto stonati.

Alla ricerca di una soluzione pratica agli inconvenienti del temperamento mesotonico, il tedesco
Andreas Werckmeister scoprì nel 1691 che un'accordatura ciclica che contenga cinque quinte
"mesotoniche" e sette quinte "giuste" (ossia "pitagoriche") chiude (quasi) perfettamente il ciclo
delle quinte e pertanto elimina la "quinta del lupo", permettendo di suonare in tutte le tonalità.

La scala prodotta secondo il temperamento equabile si ottiene dividendo l'ottava in dodici parti
uguali:

Poichè l'ottava è rappresentata dal rapporto 2:1, l'intervallo più piccolo, detto semitono temperato
è pari a:

cioè un numero irrazionale algebrico, che corrisponde esattamente a 100 cent.

Il semitono temperato risulta essere una via di mezzo fra quello diatonico e quello cromatico della
scala naturale, infatti:
          

Invece il tono temperato:

risulta essere molto più vicino al tono maggiore naturale che a quello minore, infatti:

        

La definitiva attuazione pratica di questo principio teorico fu operata da J.S. Bach con la
pubblicazione del Clavicembalo ben temperato: raccolta di 48 Preludi e Fughe in tutte le tonalità.

Il temperamento equabile è dunque un espediente teorico che, eliminando la distinzione tra tono
maggiore/minore e semitono diatonico/cromatico, fa coincidere il suono di diesis e bemolli (ad
esempio Sol♯ = La♭), ottenendo che il tono si divida in due semitoni uguali. In questo modo anche
su strumenti ad intonazione fissa il grado di consonanza degli accordi rimane lo stesso in tutte le
tonalità diversamente da quanto accadeva con i temperamenti inequabili. Il maggiore svantaggio è
l'alterazione di tutti gli intervalli giusti (particolarmente rilevante e avvertibile negli intervalli di
terza). Il temperamento a gradi equalizzati, concludendo, può trovare la sua migliore funzione
grammaticale nella musica atonale e, ancor più, in quella dodecafonica o seriale, vale a dire in
quei linguaggi musicali, la cui fisiologia sia del tutto priva della dimensione gravitazionale che
riconosciamo al linguaggio tonale che, invece, dà a ogni determinato suono-grado precisa identità.

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