1 Generalit' A Sulle Equazioni Differenziali Ordinarie
1 Generalit' A Sulle Equazioni Differenziali Ordinarie
1 Generalit' A Sulle Equazioni Differenziali Ordinarie
13 gennaio 2020
Queste note (molto) informali per il corso di “Matematica” raccolgono alcuni tra i risultati più importanti
relativi alle equazioni differenziali ordinarie 1 .
Osservazione 1. Spesso -in relazione anche alle applicazioni della fisica- la variabile indipendente
x viene anche sostituita con t (tempo), l’incognita y(t) viene sostituita con x(t) e l’equazione diventa
F (t, x(t), x0 (t), . . . , x(n−1) (t), x(n) (t)) = 0. Dal contesto sarà comunque chiaro qual è la funzione incognita
e qual è la variabile indipendente. Inoltre si possono anche trovare le derivate indicate con la notazione
di Newton: x(t), ẋ(t) . . .
R R
Il punto x0 ∈ viene chiamato punto iniziale, mentre le yi ∈ , i valori iniziali, sono i valori di y(x), e
di tutte le sue derivate fino al grado n − 1, nel punto x0 .
Per fare un primo esempio elementare consideriamo l’equazione del I◦ grado
y 0 (x) = f (x) (ESEMPIO 1)
e dalle ipotesi che stiamo assumendo fino dall’inizio f è una funzione continua, quindi integrabile secon-
do Riemann. L’equazione (ESEMPIO 1) può essere risolta mediante integrazione (o quadratura come
era chiamata anticamente) e dal corso di analisi sappiamo che ogni primitiva della funzione f risol-
ve la (ESEMPIO 1). Per identificare una soluzione (tra le infinite che l’equazione (ESEMPIO 1) ha)
bisogna quindi assegnare per esempio il valore che la funzione incognita assume in un punto:
0
y (x) = f (x)
(ESEMPIO 2)
y(x0 ) = y0 .
1 Si
chiamano ordinarie per distinguerle da quelle alle derivate parziali, che hanno come incognita una funzione non di
una sola variabile reale, ma di più variabili reali.
1
In questo caso l’unica soluzione è data da
Z x
y(x) = y0 + f (t) dt.
x0
Si vede da questo esempio che un’equazione differenziale del I◦ grado (quindi in cui al massimo è presente
solo la derivata prima della funzione incognita) richiede una condizione iniziale, si può quindi intuire che
un’equazione che includa derivate fino al grado n avrà bisogno di n condizioni iniziali.
Un’ulteriore osservazione è la seguente: se y risolve il problema di Cauchy
0
y (x) = f (x, y(x))
(ESEMPIO 3)
y(x0 ) = y0 ,
una volta che viene fissato il valore y0 che deve assumere la soluzione nel punto x0 , in realtà è automati-
camente fissato anche il valore della derivata di y in tal punto. Infatti, dall’equazione e dalla condizione
iniziale ricaviamo che
y 0 (x0 ) = y 0 (x)|x=x0 = f (x, y(x))|x=x0 = f (x0 , y0 )
Con un minimo di conoscenze di Analisi Matematica II (derivate parziali) si può far vedere che se f è
regolare (per potere effettuare le derivate parziali successive), allora tutte le derivate della y, almeno nel
punto x0 , sono automaticamente determinate e calcolabili, una volta che è fissato il valore y0 .
Abbiamo parlato de “la soluzione del problema di Cauchy” e, anche se una discussione porterebbe
molto lontano, possiamo affermare che “assumendo ipotesi ragionevoli” sulla funzione F (vedi per esempio
qualsiasi libro di Analisi Matematica II, teorema di Cauchy-Lipschitz-Picard) il problema di Cauchy (2)
ammette soluzione unica, almeno in un intorno del punto x0 .
Definizione 3. Si chiama soluzione del problema di Cauchy (2) una funzione y di classe C n (continua
e con tutte le derivate fino al grado n continue) che soddisfa la (2). Inoltre la y deve essere definita
su di un intervallo ]a, b[, tale che x0 ∈]a, b[; l’intervallo ]a, b[ può eventualmente essere non-limitato, ma
non chiameremo soluzione una funzione che pur soddisfacendo a tutte le condizioni in (2) sia definita su
insiemi diversi da un intervallo contenente il punto x0 .
Noi considereremo solo equazioni in forma normale, cioè tali che la derivata di grado massimo può
essere esplicitata. Tali equazioni si possono scrivere, invece che nella forma (1), nella forma
R R
con F : n → funzione continua. Ogni equazione di grado n in forma normale può essere trasformata
in un sistema del I◦ grado con n equazioni, cioè in un’equazione del I◦ grado la cui incognita è un vettore
R
con n componenti. Infatti, definiamo (per x ∈ ) il vettore ~z(x) ∈ n R
z0 (x) y(x)
z1 (x) y 0 (x)
..
~z(x) = .. def
= ,
.
.
zn−2 (x) y (n−2) (x)
zn−1 (x) y (n−1) (x)
cioè abbiamo definito una funzione2 z : R → Rn e consideriamo che su di essa la derivata agisca termine
a termine. Si ottiene dunque
2
Per esercizio si provi a tradurre l’equazione di II◦ grado y 00 (x) + ω 2 y(x) = 0 (Equazione dell’oscillatore
armonico) in un sistema di due equazioni del I◦ grado.
Modi diversi per scrivere la stessa equazione possono risultare utili in contesti diversi. Osserviamo
anche che il problema di Cauchy per un sistema dei I◦ grado diventa
d~z(x)
(
= ~F(x, ~z(x))
dx
~z(x0 ) = ~z0 ,
R R
con x0 ∈ , mentre ~z0 ∈ n . Si osservi che assegnare il vettore ~z nel punto x0 corrisponde ad assegnare
il valore di y, y 0 , . . . , y (n−2) e y (n−1) nello stesso punto. Confronta questo con (2).
2 Equazioni lineari
Consideriamo ora una classe particolare di equazioni differenziali ordinarie, quelle lineari. Un’equazione
(differenziale ordinaria) lineare di grado n è un’equazione in cui la funzione F : n+1 → R (vediR
la Definizione 1) è lineare nelle variabili y(x), y 0 (x), . . . , y (n−1) (x), e y (n) (x). Pertanto, un’equazione
differenziale lineare di grado n si può scrivere come
n
X
ak (x)y (k) (x) = f (x), con an (x) 6≡ 0.
k=0
Noi supporremmo sempre che an (x) = 1 (si potrebbe dividere per an (x) se an 6= 0; ulteriori dettagli
si possono trovare nei libri citati alla fine delle note) in modo da scrivere l’equazione lineare (in forma
normale) come
n−1
X
(n)
y (x) + ak (x)y (k) (x) = f (x).
k=0
Osservazione 2. Le equazioni differenziali lineari godono della proprietà (il lettore può trovare la
dimostrazione in qualsiasi testo di Analisi Matematica II) che l’insieme di esistenza per le soluzioni è
tutta la retta reale. Inoltre, quando si trattano problemi di Cauchy con equazioni lineari si ha “gratis”
esistenza e unicità delle soluzioni, per tutte le x ∈ . R
Definizione 4. Se le funzioni ak (x) sono continue, si può definire un operatore differenziale lineare,
R R
L : C n ( ) → C 0 ( ), cioè una funzione L che ha come dominio lo spazio vettoriale delle funzioni
derivabili con continuità n volte e come codominio quello delle funzioni continue, nel seguente3 modo:
n−1
def X
L[y](x) = y (n) (x) + ak (x)y (k) (x). (3)
k=0
Tale operatore è lineare perchè che con facili calcoli si può verificare che
L[y1 + y2 ](x) = L[y1 ](x) + L[y2 ](x) ∀ y1 (x), y2 (x) ∈ C n ( ) R
L[α y](x) = αL[y](x) ∀α ∈ R, ∀ y(x) ∈ C n
(R).
3
Allora ogni combinazione lineare delle soluzioni
Osservazione 3. Il principio di sovrapposizione non vale in generale per equazioni non lineari. Si
verifica facilmente che le funzioni
1 1
y1 (x) = e y2 (x) = sull’insieme ] − ∞, 1[,
1−x 2−x
risolvono l’equazione (non lineare) omogenea
R
Lo spazio vettoriale C n ( ) è uno spazio a dimensione infinita, ma il seguente risultato mostra come il
nucleo di L sia uno spazio molto più semplice da trattare.
Proposizione 2. Lo spazio vettoriale delle soluzioni dell’equazione lineare omogenea (4) ha dimensione
finita e uguale al grado della equazione stessa. Pertanto l’insieme di tutte le soluzioni di (4) chiamato
anche integrale generale si scrive come
n
R.
X
Span < y1 (x), . . . , yn (x) >= ci yi (x) con ci ∈
i=1
Per trovare una base basta quindi esibire n funzioni linearmente indipendenti che siano soluzione di (4).
Vediamo ora la tecnica che permette di trovare queste funzioni nel caso di equazioni differenziali
R
lineari omogenee e a coefficienti costanti, cioè quando le funzioni ak (x) = ak ∈ sono delle costanti.
Ricordando che eλx risolve l’equazione y 0 − λy = 0, la tecnica per calcolare le funzioni di base è quella
di cercare delle soluzioni del tipo eλx . Sostituendo in (4) (con ak (x) = ak ) si ottiene con facili calcoli
" n−1
#
X
λn + ak λk eλx = 0.
k=0
Dato che eλx 6= 0 l’equazione viene risolta dai λ ∈ C che risolvono la cosiddetta equazione caratteristica
n−1
X
λn + ak λk = 0. (6)
k=0
C
Le soluzioni di (4) sono pertanto degli esponenziali del tipo eλx , con λ ∈ radici del polinomio caratteri-
Pn−1
stico P (λ) = λn + k=0 ak λk . Se {λ1 , . . . , λn }, le n radici di P (λ), sono tutte distinte allora le funzioni
eλi x sono linearmente indipendenti ed essendo n formano una base delle soluzione della equazione lineare
omogenea (4).
Purtroppo queste radici possono essere non tutte distinte. Per esempio, applicando questa tecnica
all’equazione
y 00 (x) − 2y 0 (x) + y(x) = 0
4
otterremmo due volte la funzione ex e non avremmo trovato due funzioni linearmente indipendenti.
Dato che il grado della equazione è due la proposizione precedente ci dice che lo spazio vettoriale delle
soluzioni ha dimensione due e quindi la tecnica vista fino ad ora non è sufficiente.
Tornando al caso generale il polinomio caratteristico ha grado n, quindi ha n radici complesse, ma
queste possono avere molteplicità maggiore di uno. Per trattare tutti i casi abbiamo bisogno della
seguente proposizione.
Proposizione 3. Se il polinomio caratteristico (6) (che è di grado n) ha come radici i numeri complessi
{λ1 , . . . , λk }, rispettivamente con molteplcità4 µ1 , . . . , µk , cioè si ha
n−1
X
λn + ak λk = (λ − λ1 )µ1 · (λ − λ2 )µ2 . . . (λ − λk−1 )µk−1 · (λ − λk )µk ,
k=0
allora tutte le soluzioni dell’equazione lineare omogenea a coefficienti costanti sono date da
y(x) = Span < eλ1 x , xeλ1 x , . . . , xµ1 −1 eλ1 x , eλ2 x , xeλ2 x , . . . , xµ2 −1 eλ2 x , . . . , . . . , eλk x , . . . , xµk −1 eλk x > .
Il problema della risoluzione di un’equazione lineare a coefficienti costanti quindi si riduce a quello
puramente algebrico del calcolo delle radici di un polinomio.
Risolviamo, per esempio, la seguente equazione
y (vi) (x) − 4y (v) (x) + 5y (iv) (x) − 3y (iii) (x) + 4y (ii) (x) − 5y (i) (x) + 2y(x) = 0. (ESEMPIO 4)
L’equazione caratteristica è
e ora viene la parte difficile della fattorizzazione (negli esercizi la fattorizzazione ovviamente non può
essere cosı̀ complicata da effettuare)
quindi abbiamo
Radice Molteplicità
1 √ 3
− 2 + i √23
1
1
− 12 − i 23 1
2 1
Pertanto, lo spazio delle soluzioni avrà come base le sei funzioni
√ √
1 3 1 3
ex , xex , x2 ex , e − 2 +i 2 x , e − 2 −i 2 x , e2x .
In questo caso abbiamo anche radici complesse coniugate5 del tipo α ± iβ e possiamo, usando le formule
di Eulero6 , considerare come coppie di funzioni di base indifferentemente
n o oppure n o
e(α+iβ)x , e(α−iβ)x ←→ eαx cos(βx), eαx sin(βx) .
A essere precisi la prima scelta corrisponde a considerare lo spazio generato su dai due esponenziali, C
mentre (visto che a noi interessano solo le soluzioni reali delle equazioni differenziali) la seconda coppia di
funzioni sottintende l’uso delle usuali combinazioni lineari a coefficienti reali. Nel nostro esempio quindi
tutte le soluzioni (reali) della (ESEMPIO 4) sono
√3 √3
x x 2 x − 21 x − 12 x
y(x) = c1 e + c2 xe + c3 x e + c4 e cos x + c5 e sin x + c6 e2x , (7)
2 2
4 Si osservi che µ1 + · · · + µk = n.
5 Ricordiamo che se λ ∈ Cè radice di un polinomio a coefficienti reali, allora anche λ è radice dello stesso polinomio.
6 eiθ = cos(θ) + i sin(θ)
5
R
al variare di ci (per i = 1, . . . , 6) in . L’espressione in (7), l’insieme (o meglio lo spazio vettoriale) di
tutte le soluzioni, è l’integrale generale.
Vediamo ora un esempio di Problema di Cauchy del III ◦ ordine.
000
y (x) + y 0 (x) = 0
y(1) = 0
0 (ESEMPIO 5)
y (1) = 1
00
y (1) = 0.
Per risolvere il problema di Cauchy dobbiamo quindi imporre le tre condizioni (si derivi due volte
l’integrale generale e si sostituisca x 7→ 1) che diventano
y(1) = c1 + c2 sin(1) + c3 cos(1) = 0
y 0 (1) = c2 cos(1) − c3 sin(1) =1
00
y (1) = −c3 cos(1) − c2 sin(1) = 0.
Si ha quindi un sistema lineare di tre equazioni nelle tre incognite c1 , c2 e c3 . Risolvendolo si tro-
va finalmente che c1 = 0, c2 = cos(1) e c3 = − sin(1), quindi l’unica soluzione del problema di
Cauchy (ESEMPIO 5) è
y(x) = cos(1) sin(x) − sin(1) cos(x).
R R
Proposizione 4. Sia L : C n ( ) → C( ) l’operatore lineare di grado n definito in (3) e siano
{y1 (x), . . . , yn (x)} n-soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omogenea L[y](x) = 0. Sia ora
yf (x) una soluzione particolare dell’equazione non-omogenea
n−1
X
L[yf ](x) = y (n) (x) + ak (x)y (k) (x) = f (x), (8)
k=0
R
con f (x) ∈ C( ). Allora ogni soluzione della equazione non omogenea (8) è del tipo
n
R.
X
y(x) = yf (x) + ci yi (x), con ci ∈
i=1
La dimostrazione è rapidamente ottenuta osservando che se z(x) è una soluzione dell’equazione non
omogenea, allora (per la linearità di L)
da cui la tesi.
6
2.2.1 Una tecnica risolutiva (Metodo degli annichilatori)
Dall’ultimo risultato ricaviamo che risolvere un’equazione non omogenea si riduce quindi prima 1) a
risolvere quella omogenea associata e poi 2) a trovare una soluzione particolare della non omogenea.
Vediamo ora un caso di risolubilità concreta, tornando alle equazioni a coefficienti costanti, per le quali
sappiamo già come trovare le soluzioni dell’equazione omogenea.
Inoltre, non daremo un modo per risolvere tutte le equazioni del tipo
n−1
X
y (n) (x) + ak y (k) (x) = f (x),
k=0
ma il metodo che esporremo funziona solo quando f (x) è della forma particolare, prodotto di esponenziale
(anche complesso) per polinomio.
Proposizione 5. Sia f (x) = P (x) eλx con P (x) polinomio di grado k ≥ 0 e λ ∈ C. Allora una soluzione
particolare dell’equazione
n−1
X
y (n) (x) + ak y (k) (x) = f (x),
k=0
con Q(x) polinomio dello stesso grado di P (x). Nel primo caso si dice che non si ha risonanza, mentre
nel secondo che si ha risonanza.
yf (x) = (a2 x2 + a1 x + a0 ) ex .
Imponendo che
yf0 (x) + 2yf (x) = (x2 + x + 1) ex .
si ottiene un sistema lineare di tre equazioni nelle incognite a0 , a1 , a2 . Risolvendolo si ricava
1 2 1 8 x
yf (x) = x + x+ e .
3 9 27
Pertanto, l’integrale generale risulta
y(x) = c1 e−2x +
1 2 1
3
x + x+
9
8 x
27
e c1 ∈ R.
7
e, con facili calcoli, si ottiene
x4
yf (x) = − x3 + 3x2 − 7x
4
e quindi l’integrale generale risulta essere
y(x) = c1 + c2 e−x +
x4
4
− x3 + 3x2 − 7x con c1 , c2 ∈ R.
Osservazione 4. Dalla linearità ricaviamo anche che per trovare una soluzione particolare di
è sufficiente trovare una soluzione particolare yf1 di L[y](x) = f1 (x) e una soluzione particolare yf2 di
L[y](x) = f2 (x) e infine sommarle. Infatti
Osservazione 5. Volendo considerare solo f (x) reali (cosa che noi faremo sempre) osserviamo che
Pertanto la formula spiegata nella tabella di cui sopra si può precisare, per non avere a che fare con coeffi-
cienti complessi, nel seguente modo: se f (x) = P (x) eαx sin(βx) (oppure anche f (x) = P (x) eαx cos(βx),
o anche una loro combinazione lineare, vista l’Osservazione 4) la soluzione particolare va cercata della
seguente forma
yf (x) = Q1 (x) cos(βx) + Q2 (x) sin(βx) eαx se α ± iβ non risolve l’equazione caratteristica
yf (x) = xµ Q1 (x) cos(βx) + Q2 (x) sin(βx) eαx se α ± iβ è soluzione con molt. µ > 0 dell’eq. caratt.
quando si calcola la molteplicità, che risulta la stessa per entrambe, bisogna vedere quante volte la prima radice (quella col
“+”) oppure la seconda radice (quella col “-”) è soluzione dell’eq. caratteristica
8
Vediamo ora un esempio con risonanza
in questo caso le soluzioni dell’eq. caratt. sono λ = ±2i e quindi abbiamo risonanza. Pertanto la
soluzione particolare va cercata della forma
Il sistema rappresenta le oscillazioni di una molla che liberamente oscillerebbe con periodo 2π e che viene
forzata da una forza esterna periodica di periodo che non è 2π. La molla parte all’istante t = 0 da ferma,
cioè con velocità zero (x0 (0) = 0), dalla posizione x = 1 (x(0) = 1).
In questo caso le radici della equazione caratteristica sono ±i e non si ha risonanza, visto che α 6= 1.
La soluzione particolare è del tipo yf (x) = a0 sin(αt) + b0 cos(αt). Con la tecnica esposta nella sezione
precedente, e imponendo le condizioni iniziali, si arriva alla soluzione
α2 cos(t) − cos(αt)
x(t) = .
α2 − 1
La soluzione è una funzione limitata, visto che il coseno assume valori compresi tra −1 e 1. Osserviamo
che se α è diverso da 1, la frazione -pur essendo finita- può assumere valori molto grandi se α differisce
per una quantità molto piccola da 1!
Il problema è quello che succede quando α → 1, cioè quando ci avviciniamo alla risonanza. Quando
α tende a 1, il denominatore tende a zero e quindi la espressione sopra (con la sostituzione α 7→ 1) non
ha senso e non può essere la soluzione del problema di Cauchy. Se proviamo però a calcolare il seguente
R
limite (tenendo fissato t ∈ che è da considerarsi come un parametro) otteniamo8
α2 cos(t) − cos(αt) 1
lim = cos(t) + t sin(t).
α→1 α2 − 1 2
Che è proprio la soluzione del problema di Cauchy con risonanza.
00
x (t) + x(t) = cos(t)
x(0) = 1
x0 (0) = 0.
Alla stessa soluzione si arriva anche usando la tecnica esposta nella sezione precedente.
Osserviamo che nel caso con risonanza la soluzioni non è limitata. Quindi se la forza agisce con
la stessa frequenza delle oscillazioni libere, le oscillazioni possono essere amplificate, fenomeno che non
8 Per 0
calcolare questo limite del tipo 0
basta applicare la formula di de L’Hôpital derivando numeratore e denominatore
rispetto ad α.
9
accade quando la forza non ha lo stesso periodo. Questo è il motivo per cui i militari “rompono”
il passo attraversando i ponti, per evitare di sollecitarlo con una frequenza vicina a quella con cui esso
naturalmente può effettuare piccoli spostamenti, sotto l’azione del vento, traffico, piccoli terremoti. . . Per
vedere effetti catastrofici della risonanza9 su di un ponte quando le raffiche di vento soffiano con frequenze
che entrano in risonanza, vedi per esempio questi Tacoma 1 e Tacoma 2 o altri links al Tacoma Bridge.
la y definita in questo modo risolve la (9). Infatti derivando la (10) rispetto ad x si ottiene
1
G0 (y(x))y 0 (x) = F 0 (x) quindi y 0 (x) = f (x)
g(y(x))
e quindi la tesi. Una maniera mnemonica per ricordare questi passaggi 10 e quella, partendo dalla (9) di
moltiplicare ambo i membri per dx e dividere per g(y(x)) e poi integrare termine a termine:
Z Z
dy
= f (x) dx,
g(y)
del crollo
10 per giustificare rigorosamente il metodo risolutivo per le equazioni a variabili separabili servirebbe un teorema sulle
10
Analizziamo ora un problema di Cauchy
( x
y 0 (x) =
y (ESEMPIO 11)
y(0) = 1.
Il prossimo esempio mostra come, in generale, non ci si possa aspettare che le soluzioni di un’equazione
differenziale generica (pur semplice) siano definite su tutto . R
0
y (x) = y 2
(ESEMPIO 12)
y(0) = 1.
Con la separazione delle variabili otteniamo dy
R R
y2 = dx e quindi
1
− = x + c.
y
Imponendo la condizione iniziale si calcola il valore della costante c e si ottiene finalmente
1
y(x) = per x < 1,
1−x
che risulta essere definita solo per x < 1. Quindi è rispettato il fatto che la soluzione è definita (e
derivabile con continuità) in un intervallo contenente il punto x0 = 0, ma la soluzione non può essere
1
“prolungata” oltre il punto x = 1. Anche se la funzione x−1 risulta formalmente definita anche per x > 1,
per tali punti essa non rappresenta una soluzione di (ESEMPIO 12). Se y rappresenta la posizione di
un punto materiale costretto a muoversi su di una linea retta e la cui velocità y 0 è uguale alla posizione
al quadrato y 2 , allora la soluzione mostra che il punto percorre uno spazio infinito in un tempo finito,
y → +∞ per x → 1− .
Il prossimo esempio mostra come, in generale non ci si possa aspettare unicità delle soluzioni di una
problema di Cauchy (anche con equazioni in apparenza semplici).
0 p
y (x) = |y(x)|
(ESEMPIO 13)
y(0) = 0.
Con la tecnica di separazione delle variabili otteniamo come soluzione
x2
y(x) = .
4
L’unica osservazione da fare prima di cominciare i calcoli è che visto che y 0 è uguale ad una radice, allora
y 0 ≥ 0. Quindi y è una funzione crescente e allora per x ≥ 0 è sempre maggiore di y(0) = 0: da questo
otteniamo che |y(x)| = y(x) per x ≥ 0.
11
Osserviamo inoltre (con verifica diretta) che anche la funzione y ≡ 0 è soluzione di (ESEMPIO 13).
Sempre con verifica diretta si mostra anche che scelto C ≥ 0 qualsiasi, la funzione
0 per x < C
y(x) = (x − C)2
per x ≥ C
4
è soluzione di (ESEMPIO 13). Quindi il problema di Cauchy analizzato ora ammette infinite soluzioni.
Questi due esempi servono per capire quale sia la particolarità delle equazioni lineari. Per quest’ultime
R
il problema di Cauchy ammette una e una sola soluzione definita per ogni x ∈ : abbiamo visto con due
esempi elementari come queste due proprietà possano essere in generale false nello studio di equazioni
non-lineari.
Ulteriori dettagli sulle equazioni differenziali e specialmente per quelle lineari si possono trovare in
tutti i testi di Analisi Matematica II, anche se le tecniche usate per provare i risultati richiedono parte
del corso di Analisi Matematica II. Vedi per esempio in:
- T.M. Apostol, Calcolo, Volume Terzo, Analisi 2, Boringhieri (Capitolo 2).
12