Guerra di Candia
Guerra di Candia parte delle guerre turco-veneziane | |||
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Data | 1645 - 1669 | ||
Luogo | Creta, Dalmazia, Mar Egeo | ||
Casus belli | Rifornimento di una squadra maltese di ritorno da un attacco contro i Turchi | ||
Esito | Vittoria turca | ||
Modifiche territoriali | Perdita di Creta e ampliamento dei possedimenti in Dalmazia per Venezia | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Perdite | |||
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La guerra di Candia, anche nota come quinta guerra turco-veneziana, fu un conflitto combattuto tra la Repubblica di Venezia e i suoi alleati (tra i quali si possono ricordare i cavalieri di Malta, lo Stato della Chiesa, il Granducato di Toscana, con le galee dei cavalieri di Santo Stefano, e la Francia) e l'Impero ottomano che ebbe come posta in palio il possesso dell'isola di Creta, il più grande e ricco tra i possedimenti veneziani d'Oltremare. La guerra durò dal 1645 al 1669 e fu combattuta non solo a Creta ma anche sul Mar Egeo. Anche la Dalmazia fu interessata dalle operazioni militari come teatro di guerra secondario.
Anche se la maggior parte di Creta fu conquistata dagli ottomani nei primi anni di guerra, la piazzaforte di Candia (la moderna Iraklio), la capitale dell'isola, resistette con successo. Il suo prolungato assedio costrinse entrambe le parti a concentrarsi sull'invio di rifornimenti alle rispettive forze presenti sull'isola. Per i veneziani in particolare, l'unica speranza di vittoria contro un esercito ottomano ben più numeroso risiedeva nel costante flusso di rifornimenti che arrivavano nella piazzaforte assediata. Ben presto la guerra si spostò anche sul mare dove si svolsero numerosi scontri navali tra le due marine e i loro alleati. Venezia era aiutata da diversi Stati europei, che, incitati dal Papa, che aveva rinfocolato un nuovo spirito di crociata, mandarono uomini, navi e rifornimenti "per difendere la cristianità". Durante tutto il conflitto Venezia mantenne la superiorità sui mari vincendo numerose battaglie navali, ma il blocco dello stretto dei Dardanelli fu solo un parziale successo e la Serenissima non riuscì mai ad impedire completamente il rifornimento delle truppe turche presenti a Creta. Dal canto loro gli Ottomani furono rallentati nel loro sforzo bellico da problemi interni nonché dalle spedizioni militari che organizzarono a nord, in Transilvania, contro l'Impero asburgico.
Il conflitto stremò l'economia di Venezia che si basava in larga parte proprio sui commerci con l'Impero ottomano. Negli anni 60 del 1600, nonostante gli incessanti aiuti che provenivano dalle altre nazioni cristiane, l'esito della guerra apparve chiaro. Gli ottomani erano riusciti a gestire al meglio le proprie forze e sotto il comando della famiglia Köprülü, lanciarono una grande spedizione nel 1666 sotto la diretta supervisione del Gran Visir. Questa diede il via all'ultima, e forse più cruenta, fase dell'assedio di Candia. La capitale cretese, dopo 22 anni d'assedio (forse il più lungo della storia) si arrese dopo un lungo negoziato che lasciò in mano turca l'intera isola. Con il trattato di pace Venezia ottenne la possibilità di mantenere qualche fortezza su alcune isole al largo di Creta, nonché delle concessioni territoriali in Dalmazia. Il desiderio di rivincita di Venezia porterà, dopo 15 anni ad una nuova guerra in Grecia che vedrà la Serenissima vincitrice. Creta tuttavia era ormai persa per sempre e sarebbe rimasta sotto controllo ottomano fino alla sua riunificazione con la Grecia avvenuta nel 1898.
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la conquista di Cipro ad opera dell'impero ottomano durante la quarta guerra tra Venezia e la Sublime Porta (1570-1573), l'isola di Creta era l'ultimo dei grandi possedimenti d'oltremare di Venezia.[1] La sua posizione strategica fece sì che esso divenne un obiettivo imprescindibile per la futura espansione ottomana,[2] anche perché le sue dimensioni, il suo suolo fertile, nonché il cattivo stato delle sue fortificazioni, la rendevano molto più appetibile di Malta.[3] Da parte veneziana vi era perciò una grande attenzione a non provocare gli Ottomani per non dar loro un pretesto per muovere alla conquista dell'isola. L'osservanza scrupolosa dei termini dell'ultimo trattato con l'Impero ottomano, riuscì a garantire oltre 60 anni di relazioni pacifiche.[4]
All'inizio del XVII secolo le cose cominciarono a cambiare. La potenza veneziana era notevolmente diminuita e la sua economia, che aveva prosperato grazie al controllo delle rotte delle spezie verso l'Est, cominciava a soffrire pesantemente dell'apertura delle nuove rotte commerciali atlantiche, nonché della perdita di uno dei suoi importanti mercati, quello tedesco, a causa della Guerra dei Trent'anni.[5] Inoltre la Repubblica si era trovata coinvolta in una serie di guerre nel Nord Italia, come quella di Mantova, ed era stata colpita da una epidemia di peste nel biennio 1629-1631.[6]
Le relazioni tra l'Impero ottomano e la Serenissima Repubblica cominciarono sempre più a deteriorarsi, come testimonia l'episodio del 1638 in cui una flotta veneziana attaccò e distrusse una flotta di pirati barbareschi che aveva trovato protezione nel porto ottomano di Valona, bombardando anche la cittadina.[7] Il sultano Murad IV ordinò di giustiziare tutti i veneziani presenti nell'impero e decise di porre un embargo sui commerci con Venezia;[8] poiché però gli ottomani erano ancora impegnati in una guerra contro i Persiani, la situazione fu risolta con il pagamento da parte di Venezia di una forte indennità.[9][10]
Un episodio simile, che ebbe luogo nel 1644, ebbe però un epilogo differente: il 28 settembre, alcune galee dei Cavalieri di Malta attaccarono un convoglio in navigazione tra Costantinopoli e Alessandria d'Egitto, con a bordo molti pellegrini in viaggio per la Mecca, tra i quali il Kizlar Agha (capo degli eunuchi neri) Sunbul Aga, il qadi del Cairo ed il precettore del futuro sultano Maometto IV. Durante il combattimento Sunbul Aga e molti altri pellegrini importanti furono uccisi, mentre 350 uomini e 30 donne furono catturati per essere venduti come schiavi.[11] I Cavalieri li trasportarono su un'imbarcazione che sostò poi molti giorni in un piccolo approdo sulla costa meridionale di Creta, dove furono sbarcati alcuni marinai e schiavi.[12] Gli ottomani reagirono con rabbia, e la Porta accusò i veneziani di collusione coi Cavalieri, anche se i veneziani negarono in maniera veemente.[13]
Per il partito dei falchi, che in quel momento era il più influente nella corte ottomana, l'incidente fu visto come un perfetto casus belli per dichiarare guerra a una Venezia indebolita.[14] Nonostante un lungo periodo di negoziati, l'ultimo dei quali ebbe luogo nel 1645, e contro il parere del gran Visir Sultanzade Mehmed Pascià, la guerra fu dichiarata.[15] Fu rapidamente allestita una spedizione che contava oltre 50000.</ref> uomini e 416 navi sotto il comando del Capitan Pascià Silahdar Yusuf, genero del sultano. L'armata ottomana attraversò i Dardanelli il 30 aprile per far rotta verso il porto di Navarino nel Peloponneso, dove sostò per tre settimane.[16] La destinazione della flotta non era stata annunciata e gli ottomani, per sviare i veneziani, fecero circolare la voce che l'obiettivo fosse Malta.[14]
Il conflitto
[modifica | modifica wikitesto]La Sublime porta radunò un'armata di 60 000 uomini e 400 navi al comando di Silāḥdar Yūsuf Pascià apparentemente per condurre una spedizione punitiva su Malta, ma, anziché dirigersi sull'isola dei cavalieri, con orrore dei Veneziani, la flotta turca si presentò nel 1645 davanti al porto della Canea, roccaforte di Creta. Non sospettando minacce e avendo a lungo Venezia perseguito una politica di non rafforzamento militare per non rischiare di dare motivo di guerra ai Turchi, le fortificazioni dell'isola erano malridotte e le truppe non erano mobilitate, riducendosi alle sole guarnigioni di stanza.
La Canea e Rettimo vennero occupate in soli due mesi, così come la fortezza della Suda, mentre i Turchi procedevano alla progressiva occupazione della restante parte dell'isola.
La risposta di Venezia guidata dal Doge Francesco Erizzo non tardò ad arrivare e nel 1646 una squadra navale batté i Turchi nei pressi di Negroponte, ma nel 1648 ormai l'intera Creta poteva dirsi in mano turca, ad eccezione della sola capitale Candia, che resisteva dall'anno precedente all'assedio turco.
Il 12 maggio 1649 le 19 navi di Giacomo Riva sconfissero una squadra di ben 93 navi turche nella Battaglia di Focea, nei pressi di Smirne.
Il 10 luglio 1651 i Turchi sono nuovamente battuti nelle acque di Paro dalle flotte di Tommaso e Lazzaro Mocenigo.
Il 15 maggio 1654 gli Ottomani vengono sconfitti durante l'assedio di Perasto.
Altri scontri navali si ebbero ripetutamente nel 1654, nel 1655 e nel 1656, quando, all'apice della guerra di Candia, la flotta di Lazzaro Mocenigo, annientata il 21 giugno quella ottomana, riuscì a forzare con una squadra guidata da Lorenzo Marcello lo stretto dei Dardanelli, arrivando a minacciare il 26 agosto, sotto una pioggia di fuoco, la stessa Istanbul. Il 26 giugno entrava nello stretto il capitano ottomano Sinan con 28 navi , 60 Galee sottili e 7 galeazze. I veneziani disponevano di 28 navi, 24 galee sottili e 7 galeazze. Durante lo scontro Lorenzo Marcello mentre conduceva l'arrembaggio fu preso da una palla di cannone, perdendo la vita. Il suo luogotenente e consanguineo Giovanni Marcello, continuò il combattimento portando alla vittoria i Veneziani. Alla fine della battaglia si contarono circa 10.000 morti tra i Turchi a 300 da parte veneziana. Il bottino di guerra fu di 13 galee, 6 navi e 5 Maone. Il resto della flotta affondò.[17]
La flotta ottomana fu praticamente annientata, la sconfitta provocò il panico a Istanbul, e addirittura la corte imperiale decise di lasciare il Palazzo Topkapı per paura di un imminente attacco veneziano.[18]
Nel 1657 fu la volta per Chio di assistere ad una vittoria della Serenissima, ma la lotta si faceva comunque sempre più impari tra la repubblica marinara e le immense risorse dell'impero orientale. Tra il 17 e il 19 luglio Venezia fu battuta sul mare in uno scontro in cui lo stesso ammiraglio Lazzaro Mocenigo perse la vita.
La firma, il 7 novembre 1659, del Trattato dei Pirenei con la pace tra Francia e Spagna, fornì a Venezia la possibilità di ricevere nuovi aiuti dall'Occidente. Nel 1661 la flotta di Venezia vinse nelle acque di Milo e per l'Impero Ottomano si fece sempre più prioritario porre fine all'estenuante conflitto.
Nell'agosto del 1664, con la firma della Pace di Vasvár, i Turchi disimpegnarono ulteriori forze da gettare nella mischia del conflitto con Venezia.
Nel 1666 falliva intantt una spedizione per tentare di riconquistare La Canea e nel 1667 il Gran Visir in persona giunse a Candia per condurre le operazioni militari di un assedio che durava oramai ininterrottamente da 19 anni.
Nella città assediata accorsero durante tutto il conflitto contingenti di volontari da tutt'Europa per concorrere alla difesa di quello che ai loro occhi era l'ultimo lembo della Cristianità in Oriente; tra questi Ghiron Francesco Villa, che inizialmente ottenne qualche successo prima di essere richiamato in Italia. Le ultime imprese armate le tenterà Vincenzo Rospigliosi, nipote di papa Clemente IX, con i cavalieri di Malta, la flotta napoletana prima e quella francese poi, desistendo poi da ogni tentativo. La città era però allo stremo, completamente distrutta e spopolata, resistendo ad un continuo stillicidio di bombardamenti, attacchi, contrattacchi ed esplosioni di mine. Il 5 settembre 1669 Candia firmò la resa e i suoi difensori ottennero l'onore delle armi. I turchi alla fine della guerra avevano perso 130000 soldati e i 3/4 del tesoro imperiale.[19]
La pace
[modifica | modifica wikitesto]Il trattato di pace tra Venezia e La Sublime Porta fu firmato due anni dopo la perdita di Candia, nel 1671, sancendo per i Veneziani la definitiva perdita di Creta, loro più antica, grande e prospera colonia, nella quale venne loro concesso di conservare le sole isole-fortezza di Gambusa, della Suda e di Spinalonga, a protezione dei porti naturali nei quali le navi veneziane potevano trovare rifugio lungo le rotte per l'Oriente. Inoltre, fu concesso alla Serenissima di conservare l'isola di Zante dietro il pagamento di un indennizzo di circa 1500 ducati l'anno.
La pace fissò la frontiera veneto-turca in una fascia adriatica pressappoco comprendente il territorio dal canale della Morlacca a Vrana, Sebenico, Traù e Almissa.[20]
Solo i domini veneziani in Dalmazia risultarono ampliati alla fine della guerra (Acquisto Vecchio), ben magra compensazione per la perdita dell'impero coloniale.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Faroqhi, 2006, p. 51.
- ^ Setton, 1991, pp. 107–108.
- ^ Greene (2000), p. 17
- ^ Finkel, 2006, p. 222.
- ^ Faroqhi, 2006, p. 51.
- ^ Setton, 1991, pp. 104–106.
- ^ Lane (1973), p. 408
- ^ Setton, 1991, pp. 108–109.
- ^ Finkel, 2006, p. 222.
- ^ Parry & Cook (1976), p. 152
- ^ Setton, 1991, p. 111.
- ^ Finkel, 2006, p. 225.
- ^ Finkel, 2006, p. 226.
- ^ a b Finlay (1856), p. 128
- ^ Setton, 1991, p. 124.
- ^ Setton, 1991, p. 126.
- ^ E. Musatti, Storia di Venezia, Filippi editore, pp. 70-71
- ^ La guerra di Candia, Mugnai Secco Soldiershop pubblishing
- ^ Geoffrey Parker, Global Crisis, war climate change & catastrophe in the seventeenth century, p. 197
- ^ Guerra Di Candia nell'Enciclopedia Treccani
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- (FR) Manara, Giovanni Paolo (1684), L'espion turc, Amsterdam.
Studi
[modifica | modifica wikitesto]- AAVV (1990-2002), Storia di Venezia, Treccani, 12 v.
- Cardini, Franco (2011), Il Turco a Vienna: Storia del grande assedio del 1683, Bari-Roma, Laterza, ISBN 978-88-420-8879-0.
- Diehl, Charles (2004), La Repubblica di Venezia, Roma, Newton & Compton editori, ISBN 88-541-0022-6.
- Finkel, Caroline (2006), Osman's Dream: The Story of the Ottoman Empire 1300–1923, Londra, John Murray, ISBN 978-0-7195-6112-2.
- Ortalli, Gherardo (1998), Venezia e Creta, Venezia.
- Pedani, Maria Pia (2010), Venezia porta d'Oriente, Bologna.
- Romanin, Samuele (1853), Storia documentata di Venezia, Venezia, Pietro Naratovich tipografo editore.
- Setton, Kenneth Meyer [et al.] (1969), The Ottoman Turks and the Crusades, 1451–1522, in A History of the Crusades, Vol. VI: The Impact of the Crusades on Europe, University of Wisconsin Press, ISBN 978-0-299-10744-4, pp. 311–353.
- İdris Bostan, Navy, in Encyclopedia of the Ottoman Empire, New York, Facts on File, Inc., 2009, pp. 425–429, ISBN 978-0-8160-6259-1.
- J. P. Cooper, The New Cambridge Modern History, Volume IV: The Decline of Spain and the Thirty Years War, 1609–48/59, CUP Archive, 1979.
- (EL) Theocharis E. Detorakis, Ιστορία της Κρήτης, Athens, 1986.
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- George Finlay, The History of Greece under Othoman and Venetian Domination, William Blackwood and Sons, 1856.
- The Cambridge history of Turkey: the later Ottoman Empire, 1603-1839, Cambridge University Press, 2006.
- Molly Greene, A Shared World: Christians and Muslims in the Early Modern Mediterranean, Princeton University Press, 2000.
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- Kenneth Meyer Setton, Venice, Austria, and the Turks in the Seventeenth Century, Philadelphia, The American Philosophical Society, 1991, ISBN 0-87169-192-2.
- History of the Ottoman Empire and Modern Turkey: Empire of the Gazis - The Rise and Decline of the Ottoman Empire, 1280–1808, Cambridge University Press, 1976.
- Stephen Turnbull, The Ottoman Empire 1326–1699, Routledge, 2003.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla guerra di Candia
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Guerra di Candia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Candia, guerra di, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Francesco Morosini, su assomorosini.it. URL consultato il 22 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2017).
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