The Division Bell
The Division Bell album in studio | |
---|---|
Artista | Pink Floyd |
Pubblicazione | 28 marzo 1994 5 aprile 1994 |
Durata | 66:25 |
Dischi | 1 |
Tracce | 11 |
Genere[1] | Rock progressivo New age |
Etichetta | EMI |
Produttore | David Gilmour, Bob Ezrin |
Registrazione | Astoria Recording Studio, Britannia Row Studios, Metropolis Studios e The Creek Recording Studios, Londra (Regno Unito) |
Formati | CD, MC, 2 LP |
Altri formati | download digitale, streaming |
Certificazioni originali | |
Dischi d'oro | Finlandia[2] (vendite: 21 183+) Germania (3)[3] (vendite: 750 000+) Giappone[4] (vendite: 100 000+) |
Dischi di platino | Argentina[5] (vendite: 60 000+) Australia[6] (vendite: 70 000+) Austria[7] (vendite: 50 000+) Belgio[8] (vendite: 50 000+) Brasile[9] (vendite: 250 000+) Canada (4)[10] (vendite: 400 000+) Francia (2)[11] (vendite: 600 000+) Italia (5)[12] (vendite: 500 000+) Norvegia (2)[13] (vendite: 100 000+) Nuova Zelanda (4)[14] (vendite: 60 000+) Paesi Bassi[15] (vendite: 100 000+) Polonia[16] (vendite: 20 000+) Regno Unito (3)[17] (vendite: 900 000+) Spagna[18] (vendite: 100 000+) Stati Uniti (3)[19] (vendite: 3 000 000+) Svezia[20] (vendite: 100 000+) Svizzera (2)[21] (vendite: 100 000+) |
Certificazioni FIMI (dal 2009) | |
Dischi di platino | Italia[22] (vendite: 50 000+) |
Pink Floyd - cronologia | |
Singoli | |
|
The Division Bell è il quattordicesimo album in studio del gruppo musicale britannico Pink Floyd, pubblicato il 28 marzo 1994 nel Regno Unito dalla EMI e il 4 aprile dello stesso anno negli Stati Uniti d'America dalla Columbia Records.
Le musiche furono scritte principalmente da David Gilmour e Richard Wright, mentre dal punto di vista testuale, The Division Bell affronta temi quali la mancanza di comunicazione tra le persone. La nuova moglie di Gilmour, Polly Samson, contribuì alla stesura di vari testi. Il brano Wearing the Inside Out vide Wright alla voce solista su un disco dei Pink Floyd per la prima volta dai tempi di The Dark Side of the Moon (1973).
Registrazione
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1994 il gruppo pubblicò un nuovo disco, il secondo album in studio senza Roger Waters. Il gruppo comprendeva David Gilmour, Nick Mason e nuovamente Richard Wright, ritornato in qualità di componente ufficiale della formazione dopo la sua defezione nel 1979 e il successivo periodo come turnista. Al trio si unirono anche vari collaboratori che avevano partecipato al precedente tour di fine anni ottanta, più altri professionisti come Dick Parry.
Le sedute di registrazione ebbero luogo in varie località, inclusi i Britannia Row Studios di Londra e l'Astoria, casa galleggiante acquistata da Gilmour nel 1986 lungo il Tamigi, vicino ad Hampton Court e trasformata in breve tempo in studio di registrazione. Il team di produzione vede come protagonisti assoluti i Pink Floyd insieme a Bob Ezrin, il sassofonista Dick Parry e l'ingegnere del suono Andy Jackson.
Il tema principale del disco è l'incomunicabilità tra gli individui, problema con cui tutti e tre i componenti avevano avuto, in qualche modo, a che fare tra cause legali sulla questione dei diritti sull'utilizzo del nome del gruppo e divorzi. Proprio su quest'ultimo aspetto, Gilmour, all'epoca, era molto sensibile in quanto reduce dal recente divorzio, dopo quasi 20 anni di matrimonio, con la ex moglie Ginger e dalla fresca relazione iniziata con la giornalista Polly Samson; fu proprio lei a fornirgli lo spunto e lo stimolo per la stesura dei testi, spingendolo ad analizzare ed esternare le sue frustrazioni e i suoi sentimenti nei confronti degli ex compagni di gruppo. Sono, infatti, molti i riferimenti a Waters (come in Lost for Words), alla sua progressiva chiusura verso il mondo e alla sua mania di protagonismo. Non mancano, inoltre, accenni a Syd Barrett (come in Poles Apart).
Gilmour è coautore di quasi tutte le canzoni (alcuni testi delle quali furono scritti anche dalla compagna Polly Samson), ma, per la prima volta dopo molti anni, tutti e tre i componenti forniscono al disco la propria creatività musicale. Vi è il ritorno all'interpretazione vocale di Wright (in Wearing the Inside Out), il quale non cantava brani da solista dal 1973.
Alcuni brani come Marooned, Keep Talking e High Hopes hanno trovato posto in Echoes: The Best of Pink Floyd, la penultima raccolta in studio del gruppo britannico.
Titolo e copertina
[modifica | modifica wikitesto]Nel gennaio del 1994 il gruppo era ancora indeciso su quale titolo assegnare al nuovo album. Nella lista di titoli provvisori presi in considerazione vi erano nomi quali Pow Wow e Down to Earth. Nel corso di una serata, durante una cena con Gilmour, di cui era amico, e Mason, lo scrittore Douglas Adams si offrì di trovare un titolo al disco in cambio di un'offerta di 5 000 sterline da devolvere alla sua associazione benefica preferita, la Environmental Investigation Agency. Egli suggerì l'idea di intitolarlo The Division Bell (parole tratte dal testo di High Hopes, brano presente sul disco), e il gruppo accettò.[23][24] Il titolo del disco è un riferimento alla "division bell" del parlamento britannico. Lo stesso Adams comparve, come regalo per il suo quarantaduesimo compleanno, in una serata del tour che fece seguito al disco suonando la chitarra ritmica in Brain Damage ed Eclipse (due canzoni tratte da The Dark Side of the Moon).
Il collaboratore di lunga data dei Floyd, Storm Thorgerson, si occupò della grafica di copertina. Ispirandosi a quella del libro del matematico statunitense Norbert Wiener The Human Use of Human Beings del 1950,[25] eresse due grandi teste metalliche in un campo agricolo vicino alla cattedrale di Ely. Le statue furono posizionate in modo da fronteggiarsi vicine l'una verso l'altra, e le fotografò di profilo, formando così, per pareidolia, una terza faccia se viste frontalmente. Le due sculture furono posizionate da Keith Breeden, e costruite da John Robertson. La cattedrale di Ely è visibile sullo sfondo all'orizzonte tra le bocche delle due facce.[26][27] Le sculture vennero poi conservate nella Rock and Roll Hall of Fame a Cleveland, in Ohio.
Pubblicazione
[modifica | modifica wikitesto]L'album venne pubblicato nel Regno Unito dalla EMI Records il 28 marzo 1994, e negli Stati Uniti d'America il 4 aprile, raggiungendo la prima posizione in classifica in entrambi i paesi.[28] Ogni formato presentava una propria grafica specifica con piccole variazioni della stessa foto. La custodia della prima stampa in CD ha il nome "Pink Floyd" scritto in braille sulla costina di sinistra. In alcune pagine nel libretto del CD i numeri di pagina erano scritti in varie lingue:
- 3: "tres" - Spagnolo, e qualche altra lingua romanza come Asturiano e Occitano
- 5: "five" - Inglese
- 7: "सात" (sāt) - Hindi, e qualche altra lingua indo-ariana, come Marathi e Nepali
- 8: "otto" - Italiano
- 11: "elf" - Tedesco, Olandese, Afrikaans
- 13: "jyusan" (十三) - Giapponese trascritto
- 15: "kumi na tano" - Swahili
- 17: "十七" (shíqī) - Cinese
- 19: "dix neuf" - Francese
- 21: "כא" (kaf-alef) - Ebraico in Ghimatriah
- 22: "двадцать два" (dvasat'va) - Russo
The Division Bell fu certificato disco d'argento e d'oro nel Regno Unito il 1º aprile 1994, disco di platino il mese successivo e doppio platino il 1º ottobre. In America, venne certificato oro e doppio platino il 6 giugno 1994, e triplo platino il 29 gennaio 1999.[29] In Italia venne premiato con cinque dischi di platino,[12] rivelandosi l'album più venduto in assoluto durante l'intero anno 1994.[30] Nel 1995 ricevette una candidatura ai BRIT Award nella categoria "Best Album by a British Artist",[31] anche se perse in favore di Parklife dei Blur. Nel marzo dello stesso anno i Pink Floyd ricevettero un Grammy Award come "Best Rock Instrumental Performance" per la traccia Marooned.[32]
Per i brani Take It Back e High Hopes furono realizzati due videoclip che vennero messi in alta rotazione sulle televisioni musicali, nonostante la loro durata sfori rispetto agli standard dei videoclip tradizionali.
Per promuovere l'album, il gruppo intraprese il The Division Bell Tour durante il 1994. Nel 1995 viene pubblicata la testimonianza di quei concerti tramite un doppio CD e un VHS intitolati Pulse; l'edizione doppio DVD uscì invece nel 2006.
Publius Enigma
[modifica | modifica wikitesto]Durante il Division Bell Tour del 1994, iniziò a circolare su internet una presunta leggenda metropolitana collegata all'album denominata Publius Enigma ("l'enigma di Publius"), un mistero che prometteva una ricompensa a chi avesse trovato la soluzione.[33] Diversi indizi furono trovati dai fan nell'album stesso (grafica di copertina compresa) e in successive uscite collegate ai Pink Floyd. La soluzione dell'enigma non venne mai svelata e gradualmente anche l'interesse del pubblico verso esso iniziò a scemare fino a quando gli stessi sconosciuti creatori non abbandonarono il progetto che non è mai giunto ad una conclusione ufficiale.
Nell'aprile 2005 il batterista Nick Mason riferendosi esplicitamente al Publius Enigma, suggerì l'idea che tutto fosse stato orchestrato dall'etichetta discografica piuttosto che dai Pink Floyd stessi.[34] Le considerazioni di Mason sembrarono concordare con quanto affermato in una precedente intervista da Marc Brickman, tecnico delle luci e production designer dei Floyd, apparentemente responsabile di aver fatto apparire le parole "ENIGMA PUBLIUS" sullo schermo dietro al gruppo nel corso di un concerto nel New Jersey.[35] Poco tempo dopo però Brickman ritrattò quanto dichiarato.[36]
Accoglienza
[modifica | modifica wikitesto]«Robaccia... senza senso dall'inizio alla fine...»
Recensione | Giudizio |
---|---|
AllMusic[38] | |
Entertainment Weekly[1] | D |
Piero Scaruffi[39] | |
Robert Christgau[40] | "Bomb" (F) |
Rolling Stone[41] |
Nonostante il grande successo commerciale, inizialmente The Division Bell venne incontro a recensioni per lo più negative.[42] Tom Sinclair di Entertainment Weekly diede all'opera una "D", scrivendo: «la cupidigia è l'unica spiegazione plausibile per la pubblicazione di un album così vacuo ed inutile, notevole solo per la sua pomposità rock progressivo e le sonorità new age da voltastomaco».[1] Tom Graves su Rolling Stone criticò aspramente la performance di Gilmour, affermando come i suoi assoli di chitarra «un tempo di cruciale importanza nell'economia della band, articolati, melodici e ben definiti, ora si fossero ridotti a pallida imitazione del passato diventando del tutto trascurabili», aggiungendo poi che «solo in What Do You Want from Me Gilmour suonava come sapeva fare e sembrava lui».[42] Michele Paparelle del mensile Buscadero, così recensì The Division Bell: «Potrebbe essere il successore di Wish You Were Here e nessuno ci troverebbe alcunché da dire... The Division Bell è rilassante come un letto di contenzione, è un ipnotico che rende lucidi, quieti e disperati, lasciando al paziente solo una soluzione, continuare ad assumerlo, per placare l'angoscia...». Molto critico nei confronti dell'album, invece, fu Stefano Ronzani de Il Mucchio Selvaggio che scrisse: «gli ultimi dischi dei Pink Floyd non sono tutti uguali come sembra, ma sono loro stessi delle controfigure e questo vanifica ogni tentativo di rinnovamento. Mason, Gilmour e Wright sono ormai dei musicisti da laboratorio informatico. Non che sia un reato, ma l'esagerata ridondanza di The Division Bell ci fa pensare ad un database mal progettato. Già dall'inizio sembra di trovarci di fronte ad un prodotto divulgativo di una casa di campionatori. Mi chiedo perché insistano con queste robe mastodontiche...».[43] Secondo Rolling Stone Italia, «già dal concept (l'incomunicabilità, ancora?) è una specie di tentativo di riassumere la storia dei Pink Floyd con occhio nostalgico, tanto che tutti i brani bene o male hanno quel sapore di già sentito per il quale non ti ricordi neanche una nota nonostante ripetuti ascolti, ma ti rimane un sentimento fantasmatico di perdita assoluta, la perdita di una delle più grandi band del mondo».[44]
Con il passare degli anni la reputazione dell'album presso la critica è migliorata. Scrivendo sulla rivista Uncut, Graeme Thomson dichiarò quanto segue: «The Division Bell potrebbe essere l'album più sottovalutato dell'intera discografia dei Pink Floyd. Il terzetto di canzoni iniziale è un impressionante ritorno molto vicino all'eterna essenza dei Pink Floyd, e gran parte del resto dei brani possiede una forza e una qualità riflessiva che mostra un genuino senso di unitarietà».[45]
Tracce
[modifica | modifica wikitesto]- Cluster One – 6:00 (musica: Richard Wright, David Gilmour)
- What Do You Want from Me – 4:21 (testo: Polly Samson, David Gilmour – musica: David Gilmour, Richard Wright)
- Poles Apart – 7:04 (testo: Polly Samson, David Gilmour, Nick Laird-Clowes – musica: David Gilmour)
- Marooned – 5:30 (musica: Richard Wright, David Gilmour)
- A Great Day for Freedom – 4:17 (testo: Polly Samson, David Gilmour – musica: David Gilmour)
- Wearing the Inside Out – 6:47 (testo: Anthony Moore – musica: Richard Wright)
- Take It Back – 6:12 (testo: Polly Samson, David Gilmour, Nick Laird-Clowes – musica: David Gilmour, Bob Ezrin)
- Coming Back to Life – 6:20 (David Gilmour)
- Keep Talking – 6:10 (testo: Polly Samson, David Gilmour – musica: David Gilmour, Richard Wright)
- Lost for Words – 5:14 (testo: Polly Samson, David Gilmour – musica: David Gilmour)
- High Hopes – 8:30 (testo: Polly Samson, David Gilmour – musica: David Gilmour)
Formazione
[modifica | modifica wikitesto]- Gruppo
- David Gilmour – chitarra, voce, basso, tastiera, programmazione
- Nick Mason – batteria, percussioni
- Richard Wright – tastiera, voce
- Altri musicisti
- Jon Carin – programmazione, tastiera aggiuntiva
- Guy Pratt – basso
- Gary Wallis – percussioni, programmazione percussioni
- Tim Renwick – chitarra
- Dick Parry – sassofono tenore
- Bob Ezrin – tastiera, percussioni
- Sam Brown, Durga McBroom, Carol Kenyon, Jackie Sheridan, Rebecca Leigh-White – cori
- Produzione
- Bob Ezrin, David Gilmour – produzione
- Andrew Jackson – ingegneria del suono
- Michael Kamen – arrangiamenti orchestrali
- Edward Shearmur – orcherstrazioni
- Steve McLoughlin – registrazione orchestra
- Chris Thomas – missaggio
- Tony May, Rupert Truman, Stephen Piotrowski – fotografie
- Peter Curzon, Ian Wright – grafiche
Classifiche
[modifica | modifica wikitesto]Classifiche settimanali
[modifica | modifica wikitesto]Classifica (1994-2021) | Posizione massima |
---|---|
Argentina[46] | 1 |
Australia[47] | 1 |
Austria[47] | 1 |
Belgio[46] | 1 |
Canada[48] | 1 |
Danimarca[46] | 1 |
Europa[46] | 1 |
Finlandia[49] | 2 |
Francia[50] | 1 |
Germania[47] | 1 |
Italia[30] | 1 |
Norvegia[47] | 1 |
Nuova Zelanda[47] | 1 |
Paesi Bassi[47] | 1 |
Portogallo[47] | 23 |
Regno Unito[51] | 1 |
Spagna[52] | 1 |
Stati Uniti[53] | 1 |
Svezia[47] | 1 |
Svizzera[47] | 1 |
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c (EN) Tom Sinclair, The Division Bell, su Entertainment Weekly, 22 aprile 1994. URL consultato il 17 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2012).«Avarice is the only conceivable explanation for this glib, vacuous cipher of an album, which is notable primarily for its stomach-turning merger of progressive-rock pomposity and New Age noodling»
- ^ (FI) Pink Floyd, su Musiikkituottajat. URL consultato il 5 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2017).
- ^ (DE) Pink Floyd – The Division Bell – Gold-/Platin-Datenbank, su musikindustrie.de, Bundesverband Musikindustrie. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (JA) 各国の条約加入状況, su Recording Industry Association of Japan. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (ES) Discos de Oro y Platino, su Cámara Argentina de Productores de Fonogramas y Videogramas. URL consultato il 5 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2011).
- ^ (EN) Gavin Ryan, Australia's Music Charts 1988-2010, Mt. Martha, Moonlight Publishing, 2011.
- ^ (DE) Pink Floyd - The Division Bell – Gold & Platin, su IFPI Austria. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (NL) GOUD EN PLATINA - albums 1995, su Ultratop. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (PT) Pink Floyd – Certificados, su Pro-Música Brasil. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (EN) The Division Bell – Gold/Platinum, su Music Canada. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (FR) Certifications Albums Double Platine - année 1995, su SNEP. URL consultato il 25 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale l'11 ottobre 2012).
- ^ a b (EN) Five Platinum Bells (PDF), in Music & Media, vol. 11, n. 46, 12 novembre 1994, p. 1. URL consultato il 21 febbraio 2020.
- ^ (NO) IFPI Norsk Platebransje, su IFPI Norge. URL consultato il 5 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2012).
- ^ (EN) Dean Scapolo, The Complete New Zealand Music Charts: 1966–2006, Wellington, Dean Scapolo and Maurienne House, 2007, ISBN 978-1-877443-00-8.
- ^ (NL) Goud/Platina, su Nederlandse Vereniging van Producenten en Importeurs van beeld- en geluidsdragers. URL consultato il 15 ottobre 2019 (archiviato dall'url originale il 23 agosto 2018).
- ^ (PL) bestsellery i wyróżnienia, su Związek Producentów Audio-Video. URL consultato l'8 giugno 2022.
- ^ (EN) The Division Bell, su British Phonographic Industry. URL consultato il 25 febbraio 2022.
- ^ (ES) Productores de Música de España, Solo Exitos 1959–2002 Ano A Ano: Certificados 1991–1995, 1ª ed., ISBN 84-8048-639-2.
- ^ (EN) Pink Floyd - The Division Bell – Gold & Platinum, su Recording Industry Association of America. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (SV) Pink Floyd – Sverigetopplistan, su Sverigetopplistan. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (DE) Edelmetall, su Schweizer Hitparade. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ The Division Bell (certificazione), su FIMI. URL consultato il 17 giugno 2019.
- ^ Mason, 2005, pp. 319–320.
- ^ Mabbett, 1995, pp. 119–120.
- ^ Prismi, autosomiglianza, comunicazione: l'artwork floydiano tra fisica, metafisica e oltre [collegamento interrotto], su torinoscienza.it. URL consultato il 14 aprile 2018.
- ^ Mason, 2005, p. 320.
- ^ (EN) Division Bell - Metal Heads Pink Floyd, su hypergallery.com. URL consultato il 25 marzo 2016 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2011).
- ^ Blake, 2008, p. 359.
- ^ Povey, 2007, p. 351.
- ^ a b c Gli album più venduti del 1994, su Hit Parade Italia. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) The Nominees, in Billboard, 18 febbraio 1995, p. 48. URL consultato il 13 gennaio 2010.
- ^ Browne, 2001, p. 611.
- ^ (EN) Neil Strauss, The Pop Life, su The New York Times, 16 febbraio 1995. URL consultato il 22 luglio 2008.
- ^ (EN) A Fleeting Glimpse, su pinkfloydz.com. URL consultato il 22 marzo 2014 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2008).
- ^ (EN) Interview with Marc Brickman, su folk.uio.no. URL consultato il 14 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 21 marzo 2015).
- ^ (EN) ENIGMA PUBLIUS • View topic - Marc Brickman, su intarwebz.net. URL consultato l'11 ottobre 2009.
- ^ Manning, 2006, p. 144.
- ^ (EN) William Ruhlmann, The Division Bell, su AllMusic, All Media Network. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (EN) Pink Floyd, su Piero Scaruffi. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (EN) Pink Floyd, su Robert Christgau. URL consultato il 5 dicembre 2017.
- ^ (EN) Pink Floyd: Album Guide, su Rolling Stone. URL consultato il 1º dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2011).
- ^ a b (EN) Tom Graves, The Division Bell, su Rolling Stone, 16 giugno 1994. URL consultato il 3 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2008).
- ^ Pianeta, su pink-floyd.it. URL consultato il 21 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 19 aprile 2014).
- ^ Demented Burrocacao, 10 album d'immenso e immeritato successo, su Rolling Stone Italia, 22 settembre 2023. URL consultato il 27 settembre 2023.
- ^ Graeme, The Division Bell, in Uncut: Ultimate Music Guide - Pink Floyd, 6 giugno 2011, p. 128.
- ^ a b c d (EN) Nielsen Business Media, Inc., Hits of the World, Billboard, 30 aprile 1994, p. 59. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ a b c d e f g h i (NL) Pink Floyd – The Division Bell, su Ultratop. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) Top Albums/CDs - Volume 59, No. 13, April 18 1994, su collectionscanada.gc.ca, Library and Archives Canada. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 6 dicembre 2017).
- ^ (FI) Timo Pennanen, Sisältää hitin - levyt ja esittäjät Suomen musiikkilistoilla vuodesta 1972, 1ª ed., Helsinki, Kustannusosakeyhtiö Otava, 2006, ISBN 978-951-1-21053-5.
- ^ (FR) Le Détail des Albums de chaque Artiste, su InfoDisc. URL consultato il 16 giugno 2015. Selezionare "PINK FLOYD" e premere "OK".
- ^ (EN) Official Albums Chart Top 100: 03 April 1994 - 09 April 1994, su Official Charts Company. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (ES) Fernando Salaverri, Sólo éxitos: año a año, 1959–2002, 1ª ed., Fundación Autor-SGAE, settembre 2005, ISBN 84-8048-639-2.
- ^ (EN) Pink Floyd : Awards, su AllMusic, All Media Network. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) ARIA Charts - End Of Year Charts - Top 50 Albums 1994, su Australian Recording Industry Association. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (DE) Jahreshitparade 1994, su austriancharts.at. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) Top Albums/CDs - Volume 60, No. 21, December 12 1994, su collectionscanada.gc.ca, Library and Archives Canada. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 6 dicembre 2017).
- ^ (FR) Les Albums (CD) de 1994, su InfoDisc. URL consultato il 14 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 27 ottobre 2012).
- ^ (DE) Jahrescharts 1994, su Offizielle Deutsche Charts. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) Top Selling Albums of 1994, su The Official NZ Music Charts. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2015).
- ^ (NL) Dutch charts jaaroverzichten 1994, su Dutch Charts. URL consultato il 16 giugno 2015.
- ^ (EN) Complete UK Year-End Album Charts, su chartheaven.9.forumer.com. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale l'11 gennaio 2012).
- ^ (EN) 1994: Billboard 200 Albums, su Billboard. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2013).
- ^ (SV) Årslista Album – År 1994, su Sverigetopplistan. URL consultato il 16 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2015).
- ^ (DE) Jahreshitparade 1994, su Schweizer Hitparade. URL consultato il 16 giugno 2015.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su The Division Bell
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su The Division Bell
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) William Ruhlmann, The Division Bell, su AllMusic, All Media Network.
- (EN) The Division Bell, su Discogs, Zink Media.
- (EN) The Division Bell, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.
- Album rock progressivo
- Album dei Pink Floyd
- Album del 1994
- Album new age
- Album certificati disco d'oro in Finlandia
- Album certificati tre volte disco d'oro in Germania
- Album certificati disco d'oro in Giappone
- Album certificati disco di platino in Argentina
- Album certificati disco di platino in Australia
- Album certificati disco di platino in Austria
- Album certificati disco di platino in Belgio
- Album certificati disco di platino in Brasile
- Album certificati quattro volte disco di platino in Canada
- Album certificati due volte disco di platino in Francia
- Album certificati cinque volte disco di platino in Italia
- Album certificati due volte disco di platino in Norvegia
- Album certificati quattro volte disco di platino in Nuova Zelanda
- Album certificati disco di platino nei Paesi Bassi
- Album certificati disco di platino in Polonia
- Album certificati tre volte disco di platino nel Regno Unito
- Album certificati disco di platino in Spagna
- Album certificati tre volte disco di platino negli Stati Uniti d'America
- Album certificati disco di platino in Svezia
- Album certificati due volte disco di platino in Svizzera
- Album certificati disco di platino in Italia