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Mario Verdone

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Mario Verdone

Mario Oreste Verdone (1917 – 2009), critico cinematografico, saggista e accademico italiano.

Citazioni di Mario Verdone

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  • [Su Fabiola] Ingiusta ci pare l'accusa di falsi e cartapeste che sarebbero molto evidenti in Fabiola: dove cuoi e metalli, vesti e armamenti, sono spesso autentici, tanto che proprio in tali voci è da ricercare una delle ragioni dell'alto costo del film. La tenacia e lo sforzo che hanno portato a termine questa complessa fatica non sono comuni e fuor di luogo ci appare qualunque immotivata svalutazione di un film che, se mai, non doveva essere fatto, per dare modo ad altri dieci di prenderle il posto [...].[1]
  • [Su ] Nel film vanno separati nettamente due "tempi": quello che riguarda la concezione, e quello che si riferisce all'esecuzione. Sulla "concezione" si può dissentire [...] per una qual certa insofferenza di questa ostentazione del fatto privato. Sulla "esecuzione" è più difficile manifestare il proprio disaccordo. Direi anzi che è quasi impossibile. [...] L'opera si presenta come un'improvvisazione geniale [...], Fellini vi ha tracciato l'arabesco di una particolare condizione del suo spirito. L'opera è diventata il giuoco di abilità più difficile che il regista abbia mai affrontato. È come una serie di acrobazie che il funambolo esegue al di sopra della folla [...] sempre sul punto [...] di cadere per sfracellarsi al suolo; ma l'acrobata sa compiere al momento giusto la capovolta giusta, con un colpo di reni si raddrizza, si salva e vince. L'esercizio è riuscito.[2]
  • Nella scia del Futurismo si è inserita da tempo, e con risultati di rilievo, Stefania Lotti. [...] È nell’astrattismo che anche la sua pittura ha conquistato un posto dal timbro personale; un astrattismo che chiede al dinamismo futurista – di Balla, di Depero, di Benedetto – i suoi lampi luminosi, ascensionali, elicoidali, romboidali, fusiformi: tutti espressi con movenze eleganti, accensioni cromatiche felici, vorticità tendenziale.[3]

Cinecittà story

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  • Restando ai primi anni di vita di Cinecittà è d'uopo ricordare [...] l'eccezionale contributo, pieno di eleganza e dalla ricchissima cultura figurativa di Gastone Medin [...]. Credo che si debba a lui l'innovazione del luccicante e candido telefono delle commedie brillanti. Infatti – mi ha raccontato Carlo Ludovico Bragaglia – una volta Emilio Cecchi, che era stato Direttore Generale della Cines, volle far venire nel suo ufficio, per affidargli un nuovo lavoro, il giovane scenografo Medin con queste parole: «chiamatemi quello dei telefoni bianchi!». Credo che sia nata qui, dunque, la nota espressione, distintiva di un certo tipo di film. (p. 25)
  • Venendo a una definizione del neorealismo cinematografico italiano essa non può essere che così formulata: si tratta di un movimento, fiorito in Italia attorno alla seconda guerra mondiale, che, basandosi sulla realtà, e vedendola con semplicità, criticamente, coralmente, interpreta la vita come è e gli uomini come sono. (p. 31)
  • Quando oggi si afferma che il neorealismo è finito non ne va ricercata la causa in un supposto indebolimento della spinta creativa, bensì nella modifica di una realtà che determina un prodotto, ancorché sempre realistico, diverso. (p. 32)
  • [Umberto D.] È uno dei più toccanti film di De Sica, condannato dai politici, come dal box office. Eppure, quando Charlie Chaplin lo vide, in una proiezione privata cui lo aveva invitato lo stesso realizzatore, uscì dalla sala di proiezione in lacrime. (p. 33)
  • Vittorio De Sica non era un artista come gli altri ed è dimostrato dal fatto che – come diceva lui stesso – nacque e rinacque alla vita dello spettacolo almeno cinque volte: cantante e attore di rivista, attore di prosa, attore cinematografico, regista di film di poesia. (p. 43)
  • Totò è il grande erede della commedia dell'arte italiana, il continuatore dei lazzi e degli sberleffi di Pulcinella e Arlecchino, incarna il «pazzariello» napoletano, la marionetta dislogata, è capace di una recitazione «grande» (si vedano film come Uccellaci e uccellini, L'oro di Napoli, Yvonne la nuit, Dov'è la libertà ed altri ancora) e «bassa», quella che lo faceva volteggiare nel palcoscenico di varietà come un gallinaceo, come un farfallone, come il canino che zampetta per spostare il terriccio dietro di sé. Non c'è attore nostrano che meglio di Totò incarni i talenti del comico italiano. (p. 47)

Storia del cinema italiano

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  • Per la nobiltà, costanza e coerenza dei risultati raggiunti, in oltre trenta anni di attività magistrale e intensa, spartita tra regie teatrali, cinematografiche e operistiche, Luchino Visconti (1906-1976) può essere considerato, e anzitutto sul piano professionale, il nostro maggior regista del dopoguerra, rinnovatore dello spettacolo italiano in ogni campo. (cap. XIV, p. 58)
  • Dal 1945 in poi, come si vede, il neorealismo ha compiuto molto cammino. Ma di fronte alle profonde trasformazioni subite dai registi che ne furono gli animatori, e ai contributi, spesso di notevole peso portati dai nuovi realizzatori, ci si può chiedere, ora, se il neorealismo si debba considerare un fenomeno chiuso: e la risposta non può che essere affermativa in quanto si è modificata la realtà che lo originò. (cap. XVII, p. 72)
  • Il neorealismo è un fenomeno «storico», ormai catalogato, datato, inquadrato criticamente. Ma non perde affatto la propria forza di irraggiamento, la capacità di influenzare i registi giovani, italiani o di altri paesi. Per cui dovranno riconoscere il loro debito al movimento italiano la nouvelle vague francese e il cinema novo brasiliano, gli argentini ammiratori di Antonioni e gli indiani, come Satyait Ray, che si è profetizzato seguace di De Sica e Rossellini. L'eredità del neorealismo, dunque, si riflette non soltanto nell'opera dei nuovi registi italiani, ma anche di buona parte delle correnti di vari paesi del vecchio e del nuovo continente. (cap. XVII, p. 73)
  • Una sua strada solitaria persegue Ermanno Olmi (che ha piuttosto un posto tra i «maestri»). Spirituale e poetico, predilige climi di purezza (incurante del confronto con film coevi dissacranti e violenti, falsamente di educazione sociale e di denuncia) e temi di significato religioso e umano. (cap. XX, p. 84)

Citazioni su Mario Verdone

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  • Andai a fare un esame [...] e dissi che ero preparatissimo su Bergman. Mi chiese tutto su Georg Wilhelm Pabst: non sapevo niente e mi bocciò. Io gli dissi "Ma papà stai scherzando?" e lui rispose "Mi dia del lei!" (Carlo Verdone)

Note

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  1. Da Bianco e Nero, n. 3 del 1949; citato in Fabiola, cinematografo.it.
  2. Da Bianco e Nero, XXIV, 4, Roma, aprile 1963; citato in Claudio G. Fava, I film di Federico Fellini, Volume 1 di Effetto cinema, Gremese Editore, 1995, p. 108. ISBN 8876059318
  3. Da Futuristi a Livorno, Ed. Arte-Viva, Roma, 1978.

Bibliografia

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  • Mario Verdone, Cinecittà story, Collana Roma tascabile n. 44, Tascabili Economici Newton, Roma, 1996. ISBN 88-7983-679-X
  • Mario Verdone, Storia del cinema italiano, Tascabili Economici Newton, Roma, 1995. ISBN 88-7983-810-5

Voci correlate

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