Papers by Marcello Anselmo
TERRITORIO
This article investigates the relationship between social innovation, solidarity and experiences ... more This article investigates the relationship between social innovation, solidarity and experiences of socio-political activism at the urban level by researching local responses to the social crisis caused by the Covid-19 pandemic in Milan and Naples. The study analyses the role of some urban self-organised groups against the social effects of isolation and the dynamics of de-politicisation and re-politicisation underlying the governance of the emergency. In addition, it highlights how the extent of the crisis can, on the one hand, push towards unprecedented coalitions potentially able to re-politicise local governance and, on the other, promote a convergence towards the logic of the ‘post-welfare city', which risks neutralising the innovative effect of the transformations.
Le Chambon-sur-Lignon, 17-23 juin 2018 Organisée par Eleonora Canepari (Aix-Marseille Université)... more Le Chambon-sur-Lignon, 17-23 juin 2018 Organisée par Eleonora Canepari (Aix-Marseille Université) et Monica Martinat (Association CIHM, Université Lumière Lyon2) Les modalités d’expression et de diffusion des acquis des recherches en SHS sont au centre de la réflexion de celles-ci, quels que soient les niveaux et les formes de la production scientifique. Les chercheurs enquêtent sur des langages capables d’élargir les publics sensibles à leurs productions, en collaboration souvent avec le..
https://digitalcommons.montclair.edu/all_books/1026/thumbnail.jp
lo Squaderno, 2012
La crisi della sinistra europea (e mondiale) è una crisi irrisolta legata alla frantumazione dei ... more La crisi della sinistra europea (e mondiale) è una crisi irrisolta legata alla frantumazione dei valori che avvicinavano tra loro prima le classi poi, in seguito, i ceti e gli strati sociali. Bisogni e richieste eterogenee trovavano punti di incontro, strategie di lotta e terreni di negoziazione capaci di aggregare intorno a sé le istanze politiche di un blocco sociale definito. Negli ultimi vent'anni il discorso che cementava un simile soggetto collettivo si è eroso al punto da scomparire, lasciando un vuoto politico enorme, un senso di spaesamento, abbandono e disgregazione, generatore di retoriche schizofreniche di ricomposizione.
lo Squaderno, 2010
Il 3 marzo 1972, "il giorno in cui l'architettura moderna morì", come scrisse Charl... more Il 3 marzo 1972, "il giorno in cui l'architettura moderna morì", come scrisse Charles Jencks, a Saint-Louis negli Stati Uniti viene avviata la demolizione dei primi edifici del quartiere modernista de Pruitt-Igoe.
An historical journey into the urban history of the hilly neighborhoods of Naples
La frontiera porosa. Consumo di massa e consumo informale a Berlino prima del muro - Marcello Ans... more La frontiera porosa. Consumo di massa e consumo informale a Berlino prima del muro - Marcello Anselmo’s essay explores the diverse historical implications of the development of a mass consumption society in a specific historical space that of the frontier between east and west Berlin before the construction of the Wall. He analyses the consumption practices of the population of the city, concentrating in particular on informal practices, such as smuggling, interpreted as indicators of widespread cultural, economic and social transformations.
Il Mulino 6/2017. Viaggio in Italia, a cura di Bruno Simili. pp. 69-73, 2017
An historical journey into the urban history of the hilly neighborhoods of Naples
in: Moving Around in Town Practices, Pathways and Contexts of Intra-Urban Mobility from 1600 to the Present Day. Edited by Eleonora Canepari and Massimiliano Crisco, Viella, Rome, pp.118.132, 2019
How do urban mobility dynamics influence popular housing practices?
Short analysis of a Neapolita... more How do urban mobility dynamics influence popular housing practices?
Short analysis of a Neapolitan Fondaco and its inhabitants between the 18th and 20th centuries
Lo stato della città, 2016
Il golfo di Napoli era considerato dagli strateghi militari della guerra fredda il luogo dal qual... more Il golfo di Napoli era considerato dagli strateghi militari della guerra fredda il luogo dal quale poter dirigere e sovrintendere le operazioni belliche in tutto lo scacchiere mediterraneo. Non a caso vi risiedono il comando della sesta flotta statunitense e il comando Nato per l'area mediterranea. Ma che il golfo sia l'ombelico del Mar Mediterraneo 1 è innanzitutto un dato biogeografico, in quanto zona di transizione latitudinale tra le coste temperato-calde dell'A-frica settentrionale e le coste temperato-fredde del continente europeo. La particolare posizione geografica favorisce la coesistenza nelle acque del golfo di una ricchissima miscela biologica, fatta di elementi sia caldi che freddi, che trovano habitat ideali nella grande eterogeneità geologica e idrologica dei suoi ambienti. Il fondale del golfo è un luogo prossimo alla metropoli dove fauna, flora e geomorfologia hanno caratteri di unicità e coesistenza sorpren-denti, testimoniati dall'esistenza della stazione zoologica Anton Dohrn, fon-data nel 1872 e dedicata allo studio di questo mondo sommerso.
La Rivolta degli Scarafaggi , 2018
Saggio pubblicato all'interno del libro visivo di Martin Errichiello e Filippo Menichetti "In Qua... more Saggio pubblicato all'interno del libro visivo di Martin Errichiello e Filippo Menichetti "In Quarta Persona", Skinnerboox, 2018.
Note per una storia desiderante delle rivolte nel mezzogiorno italiano.
Tutti i diritti di riproduzione sono riservati.
Saggio dedicato al fenomeno del movimento politico/culturale Neoborbonico.
Classeur, "Mare Nostrum", 2017
Primo studio sulla storia del contrabbando di sigarette nel Mediterraneo del secondo dopoguerra. ... more Primo studio sulla storia del contrabbando di sigarette nel Mediterraneo del secondo dopoguerra. Le città, i porti, gli uomini.
Prolegomeni per una storia orale del mestiere dei Magliari
Defining the socialist Consumer. Market research in GDR 1960s/70s
Storia Orale di uno degli ultimi tipografi analogici italiani
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Papers by Marcello Anselmo
Short analysis of a Neapolitan Fondaco and its inhabitants between the 18th and 20th centuries
Note per una storia desiderante delle rivolte nel mezzogiorno italiano.
Tutti i diritti di riproduzione sono riservati.
Short analysis of a Neapolitan Fondaco and its inhabitants between the 18th and 20th centuries
Note per una storia desiderante delle rivolte nel mezzogiorno italiano.
Tutti i diritti di riproduzione sono riservati.
In: E. Canepari, B. Marin, L. Salmieri, Les Arrière-Pays des Villes de Mer. Habitants, territoires, mobilité (XVIIe-XXIe siècle)/Gli Entroterra delle città di mare. Abitanti, territori, mobilità. L'Harmattan ITALIA, Torino/Paris, 2018
I container sono una presenza costante. E con loro una quantità di uccelli: aironi, niticore, beccacce marine… Sulle navi e in darsena i mestieri del mare: scaricatori di porto, operatori di carri ponti, marinai e ufficiali «Dalle cucine del castello del palazzo reale (di Napoli) piovevano resti animali, ossa, lembi di pelle, teste, zoccoli e soprattutto interiora di bestie varie, les entrailles che le popolane chiamavano la zantraglia. La gente attendeva la pioggia sanguinolenta nello spazio del porto antico mescolandosi ai mestieranti del mare. Quando finalmente i servi di palazzo iniziavano la distribuzione, una bolgia frenetica di braccia si contendeva i pezzi migliori….». Così comincia La zantraglia. I mestieri del mare al tempo dei container di Marcello Anselmo (Mesogea 2012, pp. 200, euro 14): da quel rito regale hanno preso il nome i portuali napoletani, la zantraglia appunto.
L’io narrante del libro si presenta come un impiegato prima portuale, addetto alla logistica dei carichi e scarichi dei cargo che arrivano nel porto di Napoli, poi per un breve periodo (che nel libro è saltato) come addetto alla logistica dello smistamento di terra della merci, nell’entroterra napoletano, poi come dipendente di una compagnia marittima a bordo di un cargo in servizio nel Mediterraneo, ingaggiato come supervisore del carico.
I container di Napoli avevano raggiunto una vasta notorietà grazie a Gomorra nelle pagine in cui Roberto Saviano descrive i container cinesi nel porto. Ma il libro fondamentale per capire la rivoluzione del trasporto marittimo operata dai container resta The box. La scatola che ha cambiato il mondo di Marc Levinson (2006, traduzione italiana Egea 2007). Il libro di Marcello Anselmo non è un saggio ragionato come quello di Levinson, è piuttosto un mix tra reportage, diario di viaggio e ricerca narrativa. E non sono i container i veri protagonisti del libro, ma sono i «mestieranti del mare», dagli scaricatori di porto divenuti ormai operatori di carri ponti, gru e trattori dugmaster armati di benna, agli ufficiali del cargo a cui il capitano cerca invano d’insegnare a leggere il sestante e riconoscere le stelle e li esorta senza successo a essere «marinai, non marittimi».
È questa varia umanità a bordo degli scafi, sulle darsene, nell’area extraterritoriale dei porti a risaltare con più forza dalle pagine de La zantraglia. L’egiziano Mustafa che «parla correntemente il napoletano, l’inglese, il francese e mastica il tedesco, il ras delle bancarelle di souvenir», che sale a bordo nel porto di Alessandria completo di tavolino e di aiutanti per esporre la sua mercanzia di ricordini che vende all’equipaggio; un portuale di Istanbul, un uomo avanti con gli anni, la barba lunga, che «porta a spasso una bandiera della jihad islamica stampata su un cappellino dalle fattezze inequivocabilmente americane» che dà ordini ai portuali più giovani che invece «hanno piercing, cappelli alla moda, le loro divise sono personalizzate con una spilla, un orecchino o un foulard sbarazzino». E poi ci sono i tanti marinai filippini. Filippino è il timoniere (ma il timone non è più a forma di ruota con i pomelli), come filippino è il cameriere di bordo. E nei turni di notte nell’etere si diffondono gli insulti razzisti che gli equipaggi lanciano «nell’inglese con la cadenza dei paesi dell’est»: «Filippino monkey…».
Protagonisti sono gli uccelli che l’autore elenca meticolosamente, quelli che sorvolano la nave e quelli che ci si appollaiano per riposarsi durante la migrazione o in una pausa del loro diuturno pescare: «d’inverno stormi di aironi cinerini di garzette, di niticore, di anatre marzaiole, di canapiglie, di mestoloni dal capo verde, di codoni e di fischioni…Seguono le navi anche le pettegole, le avocette, le pavoncelle, le pernici di mare, e le beccacce marine…». Sono i piccoli particolari inattesi a colpire di più. Da quando è proibito portare alcol a bordo «tutti i membri dell’equipaggio diventano degli intenditori di acque minerali. D’altra parte il tempo dell’imbarco di ciascuno si può misurare attraverso il numero di bottiglie di plastica accumulate sotto i letti delle cabine, ognuna con un’etichetta diversa: acque italiane, turche, israeliane, belghe, In mare si diventa sommelier di acqua dolce. Le bottiglie si conservano perché sono tra i rifiuti che è vietato gettare fuoribordo, non tutti gli scarti sono uguali. Il mare è un’enorme discarica. I milioni di oggetti abbandonati, i relitti, le cose futili, minute o ingombranti smosse dalle correnti sotterranee sono i reperti di una possibile archeologia del moderno».
In tutto il libro i container sono una presenza costante, ma restano quasi sullo sfondo. «Ogni container è battezzato da una sequenza di lettere e numeri: CBHU-8366164561, YMLU-8341004561. Le prime tre lettere indicano la compagnia proprietaria, mentre il primo numero è il nome proprio del contenitore. Lettere e numeri denominano il pezzo di ferro, la mera scatola vuota, ma è la polizza a definire il carico, senza non si parte e non si arriva. È l’unico documento formale che dichiara la natura del contenuto, anche se di frequente accade che la realtà dei fatti non corrisponda a ciò che è scritto».
Quello che davvero interessa a Marcello Anselmo è la zona grigia, i bottiglioni di vino campano portati di soppiatto a bordo, i traffici portuali regolati a colpi di stecche di Marlboro, le merci che non corrispondono alla bolletta di carico, immigrati al posto di scarpe, o carri armati invece che granaglie. La sua curiosità si risveglia per gli storioni Beluga allevati nei Dardanelli e nel Mar di Marmara, le gabbie di allevamento tonni al largo di Lampedusa o vicino a Gibilterra, le bionde cassiere dell’est in un Duty Free di un porto israeliano.
Ma Anselmo si appassiona soprattutto per il continuo mercanteggiare a bordo tra disciplina e manica larga: «La nave è l’ambiente in cui la gerarchia diventa tangibile, e perciò a bordo è il regno dei rancori, delle meschinità e delle insofferenze. E gli ufficiali diventano il bersaglio su cui riversare le cause di ogni male…. ufficiali minacciati e accerchiati scendono a patti con i marinai infuriati, mentre comandanti troppo zelanti riscontrano piccoli atti di sabotaggio». Il tutto accompagnato da immancabili sigarette fumate in tute le situazioni, sulle murate, dentro la plancia, in cabina, sulla darsena.
Insomma La zantraglia è un libro che non solo si fa leggere, ma si fa anche ricordare, redatto su un registro dolente, percorso da uno struggimento indistinto. L’unico appunto è che per la civiltà dei container il Mediterraneo è assolutamente marginale e i suoi porti sono inezie rispetto ai giganti non solo del Nord Europa, ma soprattutto asiatici. Studiare la civiltà dei container nel Mediterraneo è come descrivere la giungla amazzonica osservando un giardinetto comunale.
Il più grande porto di container nel Mediterraneo è Gioia Tauro dove transitano 3,4 milioni di unità all’anno, Per Amburgo passano 7 milioni, per Anversa 7,2 per Rotterdam 9,7, ma per Hong Kong 20,9 milioni, per Shangai 25 e per Singapore 25,8. Quei porti e quei cargo ci direbbero davvero la civiltà del container che rende possibile la globalizzazione. Ma forse per questo bisognerà aspettare il prossimo imbarco di Marcello Anselmo su un cargo dell’ultima generazione capace di stivare 15.000 container in una volta sola (messi uno dietro l’altro fanno 90 km), magari dopo aver dato un taglio alle sigarette. (Marco D’Eramo, Il Manifesto, 02 agosto 2012)
compresa tra Belgio, Francia e Repubblica federale tedesca, sulle orme dei flussi migratori degli operai italiani. La storia dei magliari è infatti strettamente intrecciata a quella della migrazione italiana in Europa nel secondo dopoguerra, nonché a quella della mutazione antropologica che ha traghettato le società occidentali verso una trasformazione della culturale materiale e l’avvento del consumo di massa.
Per ricostruire pratiche e itinerari di un mestiere informale, senza sedi e traiettorie ufficiali, tutto affidato all’abilità commerciale dei singoli e alla loro fulminea capacità di adattamento, i due autori ne hanno ripercorso le orme tra Italia e Germania, registrando le loro narrazioni in presa diretta. Come in un romanzo, da queste testimonianze emergono la fisionomia, i tic, le manie, i percorsi e i contesti di una categoria di «venditori » che facevano del proprio mestiere uno stile di vita, di cui curavano in modo ossessivo ogni dettaglio: l’abito faceva il magliaro, che non conosceva sciatteria nell’aspetto e nell’eloquio. Attraverso un sapiente montaggio narrativo, gli autori ci presentano personaggi con soprannomi pittoreschi – Mezzalingua, Bella ’Mbriana, Merdazzella –, chiudendo la loro ricognizione con una testimonianza del regista Francesco Rosi, autore nel 1959 di un memorabile film che immortalò il magliaro nei panni di un irresistibile Alberto Sordi.
La ricerca archivistica ci fa risalire alle origini di queste singolari costruzioni e alle loro prime occupazioni. Il concerto di voci degli abitanti odierni, le fonti di una storia orale in grado di documentare segmenti di una storia sommersa ed informale, ci raccontano la storia più recente di una cultura materiale popolare, alla quale si rapportano in modo complesso e spesso contraddittorio, da due secoli, le istituzioni e le altre componenti del corpo sociale cittadino.