Africa 2

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Africa

È una delle sette parti del mondo e forma, con l'Europa e l'Asia , il Continente Antico, di cui
costituisce la sezione isolata sud-occidentale. Si estende in latitudine per ca. 72 o (da 37 o 20' nord a
34 o 50' sud) e in longitudine per ca. 69 o (da 17 o 32' ovest a 51 o 23' est). Ha forma tozza, con la
sezione settentrionale massiccia ed espansa verso ovest, cui si salda la sezione meridionale a forma
di triangolo con l'apice rivolto a sud. Le sue coste, che si sviluppano per ca. 30.500 km, sono
generalmente piatte e basse nell'Africa settentrionale, alte e dirupate nella meridionale, con scarse
articolazioni e accompagnate da poche isole: Madagascar , le Comore, Socotra nell'Oceano Indiano;
Madeira, le Canarie, Sant'Elena, le Isole del Capo Verde, di Bioko , di São Tomè nell'Oceano
Atlantico. I confini dell'Africa sono prevalentemente marittimi, essendo essa unita al resto del
Continente Antico solo per mezzo dell'istmo di Suez (dal 1869 tagliato dall'omonimo canale). A
nord ha il Mar Mediterraneo, a est l'Oceano Indiano e il Mar Rosso, a ovest l'Oceano Atlantico . Il
suo territorio, che ha una larghezza massima di ca. 7.500 km e una lunghezza di 8.000, si espande
su poco più di 30 milioni di km 2 , pari a un quinto delle terre emerse.

GEOGRAFIA FISICA

Morfologia. La superficie continentale africana rivela già nei particolari motivi morfologici
l'antichità della sua origine e la povertà della sua tettonica. Vi prevalgono le formazioni tabulari, gli
orizzonti piatti dai quali emergono spesso isolate forme rocciose, gli Inselberge , le "rocce-
testimoni", ultimi residui di antichi processi di peneplanazione che hanno eroso e livellato le
maggiori asperità. L'attività erosiva è attualmente regolata quasi ovunque dal meccanismo proprio
delle zone sottoposte a temperature elevate, con formazione di versanti ripidi che creano talora
forme monumentali. Nel Sahara l'erosione assume aspetti particolari legati al clima arido, al quale si
deve il denudamento di vaste superfici rocciose (hamada) in cui risaltano le antiche strutture
precedentemente erose; intorno a esse i detriti si allargano a ventaglio formando superfici ciottolose
(reg e serir) e, più lontano, quelle sabbiose (erg); nelle zone sub-aride o predesertiche si hanno
invece vaste superfici di dune fossili (qoz ) fissate dalla vegetazione. Nell'Africa si trovano anche
tracce legate al glacialismo quaternario, limitate alle zone più elevate dell'Atlante e dell'Ahaggar;
connessi ai climi umidi del Quaternario sono inoltre molti elementi fossili della morfologia africana,
sahariana in particolare: tra questi le spettacolari incisioni del Tassili e gli uidian che evaporando
lasciano nelle depressioni caratteristici aloni di depositi salini (chott).

Geologia e rilievo. L'unità dell'Africa è strutturale, dipende cioè dalla sua costituzione geologica. Il
continente è infatti una gigantesca massa di terre che hanno conservato una loro sostanziale integrità
strutturale sin dalle origini. Già quando si dice che l'Africa è "immensa e monotona" si definiscono
implicitamente, con le sue dimensioni, i suoi lineamenti strutturali. Da questo punto di vista essa
richiama altre compatte zolle terrestri: l'Asia Siberiana, lo Scudo Canadese, quello Brasiliano. Ma,
mentre queste smarginano in zone geologicamente instabili o interessate da più o meno antichi
corrugamenti, l'Africa è l'unica massa continentale a non essere stata profondamente intaccata da
grandi movimenti tettonici: le uniche zone tormentate si trovano nel settore nord-occidentale, dove
si elevano le catene dell'Atlante, formatesi in seguito ai movimenti orogenetici cenozoici connessi
con la geosinclinale mediterranea, e nell'estremo meridione, dove le dislocazioni al di sopra dell'alta
scarpata continentale hanno dato origine ai Capidi. Altrove non si hanno corrugamenti, ma
cedimenti, subsidenze, fratture; l'elemento tettonico più marcato infatti è costituito dalla grande
frattura che si apre nella sezione orientale del continente con andamento meridiano, dal Lago Niassa
alle depressioni etiopiche per proseguire nel Mar Rosso e nelle fosse siropalestinesi: è un elemento
assai importante nella geografia africana perché a esso si connette quel vasto sollevamento delle
terre orientali e meridionali che portano a riconoscere un'Africa alta e un'Africa bassa. La sua
origine si inquadra nella storia geologica del continente, al suo antichissimo legame con la massa
asiatica (il continente di Gondwana), legame che sembra confermato dalla continuità geologica
esistente al di qua e al di là del Mar Rosso. La formazione della fossa risale ai periodi compresi tra
il Mesozoico e il Cenozoico e fu dovuta a un grande inarcamento della crosta con rottura e
cedimenti lungo l'asse dell'anticlinale, estesa tra Africa e Penisola Arabica; nella sinclinale opposta
si sarebbe contemporaneamente verificato il distacco del Madagascar dal continente. A tale
gigantesca frattura si ricollega l'origine degli imponenti vulcani che vi sorgono accanto e che
rappresentano le più alte montagne africane, con vertice nei 5.895 m del Kilimangiaro; inoltre lungo
la fossa si hanno alcuni dei pochi vulcani attivi dell'Africa (Virunga ). Gli altri edifici vulcanici
(Ahaggar, Tibesti, Gebel Marra, Camerun) si connettono a più locali ma analoghi fenomeni
cratogeni, cioè a fratture che hanno promosso la fuoriuscita di magma. L'antichità e l'integrità del
continente sono testimoniate dalla presenza di vasti affioramenti di rocce archeozoiche (che
spiegano la ricchezza mineraria dell'Africa) in prevalenza rappresentate da graniti e gneiss. A esse
si sovrappongono su ampie superfici formazioni sedimentarie d'origine diversa: le più diffuse sono
costituite da depositi paleozoici arenaceo-argillosi d'origine continentale (come il karroo che copre
gli altopiani dell'estremo lembo dell'Africa meridionale) e da potenti stratificazioni di arenarie
(come l'arenaria nubica) formatesi per sedimentazione eolica in periodi asciutti del Mesozoico. Tra
la fine di quest'era e il Cenozoico si verificarono le vaste espansioni laviche dell'Acrocoro Etiopico
e la formazione dei principali massicci vulcanici, mentre nelle aree di subsidenza gli ingressi marini
diedero inizio a prolungati processi di sedimentazione. Tutto ciò rivela una storia geologica
semplice, con pochi episodi, i più importanti dei quali, ai fini dell'attuale geografia africana, sono
rappresentati, oltre che dalle fratture e dalle conseguenti attività vulcaniche, dalla formazione di
grandi bacini depressionari che danno un marchio alla superficie del continente e si pongono oggi
come basi della ripartizione regionale dell'Africa. I principali sono quelli del Niger, del Lago Ciad,
del Nilo, del Congo, dello Zambesi e del Kalahari ; gli elementi divisori sono in generale bassi e
incerti, altopiani tabulari di modesta elevazione e dai limiti non facilmente definibili. Sul fondo di
questi bacini si sono accumulati e si accumulano ancor oggi sedimenti lacustri e fluviali che
rappresentano perciò i terreni più giovani dell'Africa insieme con quelli delle poche pianure che
orlano le coste (i delta del Nilo, del Niger), assai spesso alte e dirupate e quasi uniformemente
rettilinee.

Clima. Tagliata a metà dall'equatore e compresa per ca. quattro quinti nella zona dei tropici ,
l'Africa, per la sua stessa struttura tozza, per la presenza dei bordi rialzati che limitano tutt'intorno la
massa degli altopiani, isolandoli dall'influsso moderatore dei mari, presenta situazioni climatiche
assai diverse da regione a regione. È possibile tuttavia stabilire in sintesi una fascia equatoriale con
temperature elevate, scarse escursioni termiche stagionali, piogge abbondanti distribuite lungo tutto
il periodo dell'anno, con massimi solstiziali. A nord e a sud di questa, si stendono due fasce a clima
tropicale, con temperature sempre elevate, ma escursioni termiche annue più sensibili e piogge
periodiche (zenitali) alternate a uno o due periodi secchi. Le regioni del Sahara, del Kalahari e della
Namibia sono caratterizzate da clima desertico con elevatissime temperature nella stagione estiva,
escursioni termiche annue e diurne abbastanza notevoli, precipitazioni scarsissime o nulle. Infine le
estreme regioni settentrionali e australi godono di clima mediterraneo, con temperature non
eccessivamente elevate nella stagione estiva, inverni miti per il benefico influsso del mare, piogge
invernali a nord, estive nella Regione del Capo.

Flora. Vegetazione e colture sono strettamente connesse con le diverse zone climatiche. Nelle
estreme aree settentrionali e australi allignano i pini, le querce, gli agrumi, la vite, l'olivo, la palma e
si coltivano frumento, riso, legumi e cotone: tutte colture che, con il caffè e il tabacco, si estendono
anche nelle zone più calde, là dove l'altitudine esercita un'azione mitigatrice. Nelle zone desertiche,
si hanno solo specie vegetali adattate a vivere negli ambienti aridi, tranne che nelle oasi dove
l'affioramento delle falde acquifere sotterranee permette la crescita delle palme da dattero e la
coltivazione di cereali e ortaggi. Steppe erbose e savane caratterizzano le aree subtropicali: qui, tra
le altissime erbe, si levano alberi giganteschi come il baobab, il sicomoro, l'albero del pane; lungo i
grandi corsi d'acqua si estendono poi le fitte foreste a galleria così chiamate perché i rami degli
alberi si uniscono a volta sul fiume. Si hanno infine, nella zona equatoriale, le lussureggianti foreste
pluviali, quasi impenetrabili, dove prosperano essenze pregiate come il teak, il palissandro, l'ebano
e il mogano. Colture delle zone tropicali ed equatoriali sono, tra le altre, la canna da zucchero, il
caucciù e il banano.

Fauna. Nelle zone temperate dell'Africa, oltre agli animali delle aree mediterranee europee, si
trovano sciacalli, iene, coccodrilli, avvoltoi, aironi. Animali tipici dei deserti sono i cammelli e i
dromedari, utilissimi perché possono sopportare a lungo la sete, il digiuno e la fatica. Nelle steppe e
nelle savane, ricche di erbe commestibili, prosperano gazzelle, antilopi, struzzi, elefanti, giraffe,
zebre e numerosi altri animali erbivori, insidiati e seguiti nelle loro migrazioni stagionali alla ricerca
di cibo da feroci carnivori come leoni e leopardi. Nelle foreste vergini, che con il loro intrico di
enormi alberi e il loro sottobosco, ricco di specie, impediscono ai grossi animali ogni agevole
spostamento, la fauna è costituita prevalentemente da scimmie (tra cui il gorilla e lo scimpanzé) e
da numerosissime varietà di rettili, uccelli e insetti, animali o di piccole dimensioni o adatti a vivere
sugli alberi, spostandosi da una pianta all'altra in cerca di cibo.

Idrografia. Alla morfologia prevalentemente tabulare del continente si devono i vastissimi bacini
idrografici in cui esso si divide. Tra i grandi fiumi che ne sono i collettori, il primo posto spetta al
Nilo, tributario del Mar Mediterraneo, cui affluiscono le acque di buona parte dell'Africa Orientale;
seguono il Congo, che convoglia all'Oceano Atlantico le acque equatoriali; lo Zambesi e il Limpopo
che all'Oceano Indiano portano quelle dell'Africa centro-meridionale e infine il Niger e l'Orange,
che versano nell'Oceano Atlantico rispettivamente le acque delle regioni centro-occidentale e
meridionale. Amplissime, estendendosi su ca. un quarto del continente, sono poi le zone endoreiche
(bacini dei laghi Ciad e Ngami) e quelle areiche (Saharae Kalahari) prive di deflusso al mare, in cui
i corsi d'acqua si disperdono per evaporazione o assorbimento. I laghi occupano per la maggior
parte il fondo di alcuni tratti delle fosse tettoniche (Niassa, Tanganica, Kivu, Edoardo, Alberto,
Turkana). Il solo Vittoria, il più esteso dell'Africa e uno dei più vasti del mondo, è un tipico lago di
altopiano. Il Ciad, lo Ngami, il Makarikari non sono che vasti acquitrini, a superficie variabile,
secondo le stagioni.

GEOGRAFIA UMANA

Popolazione. L'Africa, con oltre 617 milioni di abitanti e una densità che si aggira intorno alle 20
unità per km 2 , è una delle parti del mondo meno popolate. La distribuzione della popolazione è
molto disuguale tra regione e regione, in quanto le aree desertiche e quelle a clima equatoriale sono
pressoché disabitate o assai scarsamente popolate, mentre in alcune regioni, come nelle terre
coltivate della valle del Nilo, si incontrano densità elevatissime con valori medi intorno ai 700
abitanti per km 2 . Densità di 40-50 abitanti per km 2 si hanno di frequente nell'Africa mediterranea,
in alcune zone della costa di Guinea, dell'Africa orientale e nella zona del Capo.

Etnologia. A nord del Sahara domina il gruppo bianco, rappresentato dalle più antiche popolazioni
del basso Nilo e dai Berberi, ai quali si sono sovrapposti, a partire dal VII secolo, gli Arabi . A sud
della grande distesa desertica domina invece l'elemento negro, con i Sudanesi, i Nilotici del medio e
alto Nilo e i Bantu , che rappresentano il gruppo più numeroso e più ampiamente diffuso,
estendendosi dall'Africa Centrale a quella Meridionale. Nelle aree di contatto sono presenti
popolazioni di antica commistione tra bianchi e negri, come i Fellata del Sudan, i Tedà del Sahara
Centrale e gli Etiopici. Miste sono anche le genti del Madagascar Orientale, dove si è verificata
l'unione di popolazioni negre con altre di origine malese. Presenti, in numero assai ridotto, Negrilli
(Pigmidi) nelle zone equatoriali, Ottentotti e Boscimani, relegati nelle poco ospitali e aride regioni
steppiche dell'Africa australe. Si hanno minoranze europee soprattutto nell'Africa mediterranea
(Francesi, Italiani) e nell'estremo Sud (Inglesi, Olandesi).

Lingue. Le lingue parlate in Africa si possono riunire in due grandi gruppi: quello camito-semitico,
prevalentemente diffuso nel Nord, e quello bantu-sudanese parlato nel Centro e nel Sud. Il primo
gruppo comprende i linguaggi autoctoni camitici, parlati da Berberi, Somali, Copti, Galla (e
secondo alcuni glottologi anche da Ottentotti e Boscimani), ai quali, in epoca storica, si sono
sovrapposti linguaggi di origine semitica, quali l'arabo e l'amarico etiopico. Il secondo raggruppa un
gran numero di idiomi sudanesi spesso sostanzialmente differenti tra loro e risalenti a ceppi diversi,
e gli idiomi bantu, più omogenei, che risalgono a un unico ceppo.

Religioni. Nell'Africa Settentrionale e Orientale è particolarmente diffuso l'islamismo, introdotto


dagli Arabi. In Abissinia è praticato il cristianesimo di rito copto; gli Europei professano le varie
confessioni cristiane che, per l'attività delle missioni, hanno un certo numero di proseliti anche tra le
popolazioni negre. Queste ultime, tuttavia, per la maggior parte, praticano tuttora forme diverse di
idolatria, attribuendo virtù soprannaturali a oggetti (feticismo), ad animali (totemismo) o a forze
della natura (animismo).

GEOGRAFIA ECONOMICA

Agricoltura. Il nucleo costitutivo delle economie africane risale al secolo scorso, quando avvenne la
spartizione del continente tra le potenze coloniali che trovarono in A. una fonte di
approvvigionamento per le loro industrie, sia attraverso un intenso sfruttamento delle risorse
minerarie, sia mediante la creazione di grandi piantagioni coloniali (caffè, cacao, tabacco, cotone,
arachidi, palmisti). L'adozione di forme esasperate di monocoltura e la progressiva riduzione dei
tempi riservati ai maggesi forestali hanno comportato la degradazione dei terreni e il conseguente
impoverimento delle popolazioni locali, dedite a un'agricoltura di sussistenza. Solo nei territori che,
per le loro più favorevoli condizioni climatiche e ambientali, si prestavano all'insediamento degli
Europei (Sudafrica, Rhodesia, oggi Zambia e Zimbabwe, Kenya) l'agricoltura ha assunto forme più
razionali e variate, come anche in Algeria e Tunisia, con l'introduzione dell'agrumicoltura, della
viticoltura, dell'olivicoltura. Altrove si è invece venuta a creare una netta separazione tra colture
industriali e colture di sussistenza, le prime destinate all'esportazione e soggette alle fluttuazioni dei
prezzi sui mercati internazionali, le seconde sempre meno sufficienti a coprire i fabbisogni
alimentari della popolazione. Bassissima è infatti la produttività consentita dalle tecniche
tradizionali di sfruttamento del suolo, rimaste in molte aree immutate nel corso dei secoli e
caratterizzate da forme itineranti e dal dissodamento di boscaglie per mezzo di incendi. Mentre in
passato il problema della fame non si poneva in Africa con la gravità di altre aree sottosviluppate,
esso è andato assumendo proporzioni drammatiche, accentuando una tendenza manifestatasi sin
dall'inizio degli anni Sessanta, quando l'incremento del prodotto nazionale lordo risultava, per vari
Paesi, inferiore all'accrescimento della popolazione. Il regresso è stato generale, ma non uniforme,
risultando particolarmente accentuato per l'Africa centrale e per quella occidentale, comprendenti la
fascia del Sahel più duramente colpita dalla siccità. Nel complesso il tasso di autosufficienza
alimentare per i soli cereali si è ridotto notevolmente e le previsioni per il futuro sono ancora più
preoccupanti, data la difficoltà di attuare con sollecitudine un'adeguata politica in questo settore,
destinata inoltre a bloccare un processo che ha comportato dissodamenti selvaggi, a spese della
foresta e della savana, favorendo l'avanzata dei deserti e, conseguentemente, la perdita di superfici
agricole. Va infatti considerato che solo poco più della metà dei terreni agricoli africani risultano
effettivamente coltivati: le linee di sviluppo indicate dalla FAO e da altri organismi internazionali
tendono non più, come in passato, ad ampliare la superficie agricola, ma a un migliore utilizzo dei
suoli e all'incremento della produzione, attraverso l'impiego di fertilizzanti, di sementi selezionate,
di impianti irrigui, intensificando inoltre la lotta contro i parassiti e perfezionando i sistemi di
conservazione dei prodotti. La scarsità dei mezzi finanziari e le forti difficoltà derivanti dalle
condizioni ambientali, dalle strutture tribali e dal ritardo tecnologico tendono però a rallentare i
programmi di sviluppo e di diversificazione delle colture, non consentendo di ridurre la dipendenza
dall'estero per l'approvvigionamento di prodotti agricolo-alimentari.

Allevamento. Soprattutto nelle zone della savana e della steppa predesertica, l'allevamento è legato
ancora oggi alla transumanza stagionale, tipica di una pastorizia nomade e seminomade,
costantemente oppressa dalla scarsità di acqua e di pascoli, che nei periodi di siccità comporta
spesso la morte di migliaia di capi di bestiame. Ne consegue una forte depressione anche in questo
campo, per quanto il patrimonio zootecnico africano risulti tutt'altro che trascurabile per numero di
capi. Esso non trova infatti un adeguato riscontro nella produzione di carne e latticini, fatta
eccezione per le regioni ad agricoltura più evoluta, dove la resa del bestiame macellato supera
persino le medie europee.

Risorse minerarie. Il problema di ridurre la dipendenza dalle fluttuazioni delle materie prime sui
mercati esteri e di utilizzare direttamente le risorse prodotte si pone anche per i minerali, che
dovrebbero costituire la base dello sviluppo industriale. Per il momento l'Africa rimane un grande
mercato di approvvigionamento per i Paesi industriali che attingono alle sue enormi risorse: dalla
bauxite, principale ricchezza della Guinea, al ferro che abbonda in Liberia, Mauritania e Repubblica
Sudafricana, al rame di cui sono grandi produttori mondiali Zambia e Repubblica democratica del
Congo, mentre lo Zimbabwe dispone di ingenti riserve di cromo, minerale di cui la Repubblica
Sudafricana è il maggiore produttore mondiale, detenendo inoltre il primato per l'oro e collocandosi
ai primi posti per la produzione mondiale dei diamanti. La Repubblica Sudafricana detiene inoltre il
primato africano (e il secondo posto nel mondo) per la produzione di manganese, di cui è assai ricco
anche il Gabon, e per l'uranio, fornendo, insieme al Niger e alla Namibia, oltre un terzo della
produzione mondiale. Per quanto riguarda i fosfati, ottimamente rappresentati sono Marocco e
Tunisia, mentre Nigeria e Libia figurano tra i grandi produttori mondiali di petrolio, seguiti
dall'Egitto e dall'Algeria e, a maggiore distanza, da Angola e Gabon. Nel 1986 i Paesi africani
hanno contribuito complessivamente alla produzione petrolifera mondiale per il 10,75%, una
percentuale di notevole rilievo, tenuto conto che nel 1960 l'Africa partecipava con meno dell'1%.

Industrie. Lo sfruttamento degli idrocarburi gassosi ha avuto un rapido sviluppo soprattutto in


Algeria, il Paese africano che maggiormente si è impegnato a utilizzare i proventi petroliferi per
avviare un vasto processo di industrializzazione. Per quanto anche gli altri Paesi ricchi di materie
prime tendano a creare le basi strutturali per il superamento del carattere "primario" delle loro
economie e per affrancarsi dalle ex potenze coloniali, il processo di industrializzazione è stato
sinora rallentato da molteplici fattori di arretratezza: insufficienza delle infrastrutture, scarsità di
capitali e di manodopera qualificata, ristrettezza dei mercati nazionali ecc. Non sono comunque
mancate le iniziative e, a fianco delle poche e modeste industrie tradizionali di trasformazione dei
prodotti agricoli e di raffinazione dei minerali, sono sorti i primi impianti metallurgici, meccanici,
chimici e petrolchimici, gli oleodotti che portano il petrolio greggio dai pozzi dell'interno ai porti
d'imbarco, i gasdotti e un numero crescente di raffinerie costiere. L'Africa rimane comunque la
regione del mondo meno industrializzata, con una partecipazione alla produzione mondiale di
manufatti che, escludendo il Sudafrica, si aggira complessivamente sull'1%, con 2 milioni di
lavoratori occupati e una quota di partecipazione al prodotto nazionale lordo intorno al 12%. La
distribuzione è inoltre tutt'altro che omogenea, poiché i quattro quinti del potenziale industriale
sono concentrati in 10 Paesi, con al primo posto l'Egitto (ca. un quarto dell'intera produzione
industriale africana, sempre Sudafrica escluso), seguito da Algeria, Marocco, Nigeria, Kenya,
Tunisia, Zambia. Le potenzialità di industrializzazione si fondano, oltre che sulle materie prime,
sull'utilizzazione delle risorse idroelettriche. Alla metà degli anni Settanta, essa aveva raggiunto
appena un quinto del potenziale disponibile e in fase di accrescimento, in seguito alla realizzazione
di alcune grandi opere idriche, tra cui la diga di Assuan sul Nilo (1971), quella di Inga sul Congo
(1972) e la diga di Cabora Bassa (ora Cahora Bassa) sullo Zambesi (1974). La costruzione di nuovi
impianti idrici tende anche a promuovere l'irrigazione di vaste aree agricole, favorendo inoltre la
navigazione fluviale e la pesca nelle acque interne.

Comunicazioni. Vanno decadendo sempre più i tradizionali mezzi di trasporto che vengono
gradualmente sostituiti da autoveicoli, utilizzanti una relativamente fitta rete di strade e piste. Le
ferrovie sono distribuite in maniera molto ineguale nelle varie parti dell'Africa: la rete più intensa è
quella della Repubblica Sudafricana; discrete le reti dei Paesi dell'Atlante e del Nilo, dello
Zimbabwe e della Zambia; semplici ferrovie di penetrazione sono quelle che interessano numerosi
altri Stati africani. I grandi fiumi che hanno rappresentato le prime vie di penetrazione nel
continente non hanno cessato di rivestire una notevole importanza, dopo che le loro rapide, che per
lunghi tratti ostacolavano la navigazione, sono state aggirate da tronchi ferroviario stradali.
Importanza sempre crescente sta assumendo la rete aerea, che unisce i principali centri africani fra
loro e con numerosi Paesi europei ed extraeuropei.

ESPLORAZIONI

Dall'antichità al 1500 . La conoscenza dell'Africa è sempre cominciata dal nord; il suo stesso nome
significativamente lo indica. Esso deriva da una voce fenicia, poi ripresa dai Romani, che in dicava
la regione dei loro antichi approdi presso Cartagine. Ai Greci si deve invece la denominazione di
Etiopia che indicava le terre sconosciute abitate da genti di "pelle nera e lucida". Per gli Arabi
l'Africa cominciava al di là del Sahara. Essi furono veramente i primi a penetrare profondamente
nel continente e ciò in rapporto alla loro vocazione spaziale e universale, ai loro mezzi di
spostamento (dromedario) adeguati al superamento di vasti spazi aridi. Prima degli Arabi si ebbero
infatti solo rapide e incerte incursioni da parte degli Egizi, dei Greci e dei Romani, di penetrazione
periferica, e ciò perché i grandi spazi, specie quelli forestali, si ponevano come insormontabili
ostacoli. La penetrazione araba cominciò a partire dal secolo VII, pochi anni dopo la morte di
Maometto. Conquistata rapidamente l'Africa mediterranea, gli Arabi si spinsero poi nel Sudan
occidentale raggiungendo il Niger e la zona del Lago Ciad, mentre nell'Africa Orientale toccarono,
in occasione dei traffici con l'Oriente, i centri economici affacciati all'Oceano Indiano (Mogadiscio,
Mombasa, Zanzibar, Sofala ecc.). Nel Medioevo l'esplorazione delle coste occidentali africane
divenne per gli Europei una viva necessità per poter aprire una via di comunicazione marittima con
l'Oriente; è di questo periodo (1291) la sfortunata spedizione dei fratelli Ugolino e Guido Vivaldi,
scomparsi con la loro nave nelle acque dell'oceano nel tentativo di circumnavigare l'Africa. Ma è
solo nel secolo XV che i naviganti europei arrivarono sulle coste atlantiche dell'Africa; furono
dapprima i Portoghesi a tentare la via delle Indie attraverso la rotta di sud-est, spinti in ciò dal loro
sovrano Enrico il Navigatore. Nel 1434 Gil Eannes doppiò Capo Bojador, nel 1441 Nuño Tristão
toccò Capo Bianco; alla morte di Enrico (1460) i Portoghesi avevano raggiunto la Sierra Leone. Nel
suo primo viaggio (1482-83) Diogo Cão scoprì la foce del fiume Congo e nel 1485, durante il suo
secondo viaggio, giunse a toccare Capo Negro; nel 1488 Bartholomeu Diaz toccò per primo il
"Capo delle Tempeste", in seguito ribattezzato Capo di Buona Speranza, giungendo fin sulla costa
orientale dell'Africa, alla foce del Rio do Infante, oggi Great Fish River. Nel 1497-98 Vasco da
Gama costeggiò l'Africa, passò il Capo di Buona Speranza e risalì la costa orientale fino a Melinde,
l'odierna Malindi, dirigendosi poi a Calicut, in India. La via delle Indie era così aperta e il
commercio transahariano tra il Sudan e il mondo arabo subì un duro colpo per la competitività della
via commerciale marittima. Nel 1506 Fernão Soarez e João Gomez d'Abreu sbarcarono nel
Madagascar.
Epoca moderna. Nei secoli successivi Portoghesi, Inglesi, Francesi e Olandesi intensificarono
viaggi e traffici e solo verso la fine del 1700 ebbe inizio la sistematica esplorazione dell'interno
dell'Africa. L'iniziativa era di società geografiche o di singoli pionieri, con scopi prevalentemente
scientifici: uno dei principali obiettivi era la scoperta delle sorgenti dei maggiori fiumi. Tra il 1770
e il 1774 lo scozzese Bruce, partito da Massaua, visitò le sorgenti del Nilo Azzurro; tra il 1795 e il
1805 un altro scozzese, Mungo Park, compì due viaggi lungo il Niger, fiume raggiunto anche dal
tedesco Hornemann partendo dall'Egitto (1798-1801). Nel 1822 gli esploratori Denham, Oudney e
Clapperton, partiti da Tripoli, attraversarono il Sahara raggiungendo il Lago Ciad. Il Sahara fu
esplorato successivamente dal francese Cailliè, che partito dalle coste della Sierra Leone raggiunse
Tombouctou e di qui si portò in Marocco, e dai tedeschi Barth, Rohlfs e Nachtigal. Nell'Africa
australe sono note le esplorazioni del missionario scozzese David Livingstone che, nel corso di tre
spedizioni tra il 1849 e il 1873, scoprì il Lago Ngami, percorse tutto il bacino dello Zambesi
facendo conoscere le cascate Vittoria e toccò il Lago Niassa, Tanganica, Mweru e il fiume Lualaba.
Nel 1871 a Ujiji avvenne lo storico incontro con lo statunitense Henry Stanley, inviato alla sua
ricerca. Con la scoperta delle sorgenti del fiume Congo a opera di Camerun e di Stanley, ebbero
termine le grandi esplorazioni dell'Africa australe. Rimaneva ancora, però, la regione etiopica, alla
cui esplorazione contribuirono molti Italiani tra cui G. Massaia, R. Gessi, C. Piaggia, G. Casati e
Vittorio Bottego, che tra il 1892 e il 1897 esplorò il corso dei fiumi Omo e Giuba. Con la fine del
secolo XIX si chiude l'epoca eroica e avventurosa degli esploratori, per lasciare il posto a spedizioni
scientificamente organizzate e dotate di grandi disponibilità di mezzi.

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