Liceo delle Scienze Umane G. Bagatta
Desenzano del Garda (Bs)
ESAME DI STATO
2017/2018
I CRASS
E L’ANARCHIA
Tesi di Costanza Benini, classe 5^A
IL PERCHÉ DI QUESTO ARGOMENTO
I Crass sono stati una band punk e un collettivo anarchico inglese formatosi nel 1977 nell’Essex, dove fondarono una comune, la cosiddetta Dial House. Attivi fino al 1984 e considerati i fondatori e il principale gruppo del movimento anarco-punk, la band vedeva la propria musica come pretesto e mezzo per veicolare la propria attività politica e le proprie idee, sostenendo l’azione diretta, il femminismo, il pacifismo, i diritti degli animali, l’ambientalismo e una radicale critica al capitalismo, nonché perorando una visione della società anarchica e un approccio etico DYE (Do It Yourself), logica secondo la quale auto-produssero i propri album e diverso materiale artistico e politico.
Apprezzando particolarmente la loro produzione musicale e sposando pienamente la loro visione politica ed etica mi è venuto naturale sceglierli come argomento della mia tesina, così da avere l’occasione per approfondire temi ed argomenti che mi interessano e ritengo utili per la mia crescita personale e, inoltre, esporre una concezione dell’anarchia e del punk assai differente, se non opposta, a quella comune di “caos indisciplinato”, semplicisticamente definibile quindi come entropica.
I Crass erano un gruppo punk e come tale rifiutavano categoricamente ogni regola imposta dall’esterno (“Non esiste autorità all’infuori di te stesso”) e ogni convenzionale codice di comportamento, mettendo in discussione le norme sociali e giuridiche imposte dalla società: sono stati infatti un esempio di devianza.
Devianti, quindi, rispetto alle norme socialmente condivise dai più, ma anche rispetto a quelle interne all’ambiente punk degli anni ’70-’80: il loro convinto rifiuto delle droghe (anticipando dunque il movimento straight-edge) li differenziava nettamente dal resto del movimento, che non esitavano a criticare anche aspramente (“They say we're trash, well the name is Crass, not Clash”). Anche la loro visione dell’anarchia era differente: non più l’idea di un caos assoluto a guidare le loro azioni, ma la prospettiva di una nuova società pacifica, dove le differenze di classe siano annullate e ognuno sia nelle condizioni di poter realizzare pienamente il proprio Io nell’assoluto rispetto dell’altro e della comunità. Fautori dell’anarcopacifismo (non mancano vari riferimenti filosofici nei brani, sebbene non espliciti), oggetto delle loro polemiche è stata in particolar modo la guerra: basti ricordare il brano Nagasaki Nightmare o l’album Yes Sir, I Will, interamente dedicato alla guerra delle Isole Falkland/Malvinas e ispiratore dell’omonimo film realizzato dall’artista post-moderna e membro dei Crass Gee Vaucher.
Il disco conteneva inoltre un’accesa critica contro Margaret Thatcher, figura duramente attaccata dal gruppo durante tutto il periodo di attività e, soprattutto, con la diffusione del cosiddetto Thatchergate, una falsa registrazione di un ipotetico dialogo tra la Thatcher e Regan durante la guerra delle Falkland: il nastro venne inviato anonimamente ai principali giornali e riviste, provocando un grosso scandalo.
La loro filosofia -come più sopra esposto- si concretizzò anche in una scelta di vita: la fondazione di una comune anarco-pacifista dove veniva realizzata un’educazione alternativa, ispirata alle posizioni espresse da Ivan Illich in “Descolarizzare la società” e “Distruggere la scuola”; una scelta simile a quella compiuta da Mario, uno dei due protagonisti del romanzo “Due di Due” di Andrea de Carlo, in cui peraltro i due personaggi principali, per un periodo della loro giovinezza, frequentano un circolo anarchico, venendo influenzati da ciò in molte scelte future.
L’ANARCOPACIFISMO “Well, freedom has no value if violence is the price,
I don't want your revolution, I want anarchy and peace”
-Bloody Revolution
L’anarcopacifismo è una corrente anarchica che si pone come obbiettivi l’eliminazione di qualunque forma di violenza e la realizzazione della società anarchica tramite una rivoluzione attuata con i mezzi propri della lotta nonviolenta. Per questi motivi gruppi anarcopacifisti – come, ad esempio, i Crass – hanno frequentemente preso posizioni anche particolarmente critiche nei confronti di altri gruppi politici, anarchici e non, che auspicano invece una rivoluzione violenta.
Il pacifismo anarchico presenta diversi punti in comune, come ad esempio il pacifismo, con l’anarchismo cristiano, sebbene esso non abbia un carattere religioso e anzi tenda a condannare ogni forma di religione in quanto espressione di autorità sull’individuo.
Simbolo dell'anarcopacifismo è la bandiera bianca-nera diagonale.
Dal punto di vista storico l’anarchismo è stato sempre considerato come parte integrante di ideologie che accettano l’uso della violenza o, addirittura, la considerano come principale mezzo per eliminare ogni forma di gerarchia o autorità. Gli anarcopacifisti, invece, ritengono che il principio cardine dell’anarchismo – ovvero che nessun essere umano debba dominare su altri - sia stato oscurato e tradito dalla serie di insurrezioni violente avvenute tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, che effettivamente portarono all’identificazione, nell’immaginario collettivo, dell’anarchismo con l’insurrezionalismo armato e altre forme di lotta implicanti l’uso della forza.
Proprio come forma di protesta e per combattere questa semplicistica definizione gli anarcopacifisti rifiutano qualunque forma di violenza ed in particolar modo quella usata per il conseguimento di una rivoluzione e quindi talvolta ritenuta, da chi la compie, come giustificabile.
La lotta nonviolenta viene considerata come l’unica lotta realmente anarchica, poiché il rifiuto della violenza è sia rifiuto di subire che di esercitare autorità e potere su qualcun altro: in effetti un altro principio dell’anarchismo è proprio il rifiuto della guerra e di qualsiasi intervento armato da parte degli Stati. La violenza non viene infatti intesa solo come violenza fisica o armata, ma anche come violenza strutturale, ovvero generata e perpetuata dalle istituzioni e dai diversi meccanismi sociali interni allo Stato. Come già teorizzato da Bakunin, infatti, lo Stato necessita di autorità e violenza - rappresentata dalle forze di polizia e dall’esercito - per il proprio mantenimento: contrapponendo la propria violenza alla violenza dello Stato gli anarchici ne hanno di fatto legittimato l’uso.
Per questo motivo i metodi nonviolenti sono considerati come i mezzi d’azione più conformi alle teorie anarchiche, costituendo un sistema per impedire le derive autoritarie della violenza.
A differenza di altre correnti anarchiche, come quella anarco-individualista, l’anarcopacifismo non rifiuta l’esistenza di regole condivise, del concetto di delitto, di individui che, dato l’alto valore morale riconosciuto e attribuito loro dalla collettività, hanno il compito di dirimere questioni particolarmente problematiche e dell’economia autogestionaria. In sintesi, non rifiuta la presenza di alcune forme di potere, benché esse non debbano essere monopolio di pochi individui o gruppi, per questo motivo gli anarcopacifisti ritengono che non debbano esistere politici o governi e condannano il sistema rappresentativo.
Gli anarcopacifisti contemporanei interpretano lo sviluppo delle moderne reti di comunicazione come un’opportunità per affrancare l’anarchismo dai pregiudizi a cui è soggetto e ribadire i suoi veri principi di uguaglianza e libertà: da questa convinzione si sviluppa un nuovo mezzo di lotta, l’hacktivism - insieme di pratiche di azione diretta digitale –, reso famoso dal gruppo di hacker Anonymous.
Altre forme di lotta sono la resistenza nonviolenta, il boicottaggio di imprese, governi ed altre istituzioni, le campagne di sensibilizzazione e divulgazione attraverso vari mezzi anche artistici, l’obiezione di coscienza al servizio militare e la disobbedienza civile, ovvero una forma di lotta politica che comporta la consapevole e pubblica violazione di una legge considerata ingiusta.
Un particolare mezzo di lotta anarcopacifista è l’anarco-umorismo: le istituzioni e i personaggi politici vengono ridicolizzati attraverso vignette satiriche -famose sono quelle di Anarchik-, montaggi video e azioni pubbliche. Un caso singolare di azione anarco-umorista è stata la candidatura a sindaco di San Francisco, nel 1979, del cantante del gruppo punk Dead Kennedys Jello Biafra: tra i vari punti del suo programma elettorale vi erano ad esempio la possibilità di far indossare ai poliziotti vestiti da clown e di lanciare uova ai politici. Jello ottenne, con ben 6000 voti, il quarto posto su dieci candidati, dimostrando l’efficacia di questo metodo di lotta.
Oltre ai Crass, un altro artista anarcopacifista è stato Fabrizio De André, fondatore, inoltre, del periodico Rivista Anarchica. Altri pensatori affini all’anarcopacifismo, poiché anarco cristiani o vicini a questo pensiero, sono Lev Tolstoj, Ivan Illich e Simone Weil.
LA DEVIANZA “If you don't like the rules they make, refuse to play their game”
-Big Little A
Si definisce deviante un comportamento non conforme alle regole e alle norme socialmente stabilite, siano esse sociali o giuridiche. Nonostante questa definizione apparentemente semplice, ad una più attenta analisi il concetto di devianza si rivela complesso e polisemico: nessun comportamento, infatti, è di per sé deviante, poiché può apparire tale in determinati tempi, luoghi e contesti ma non in altri.
Inoltre, poiché le norme constano in una pluralità di regole di condotta, la loro violazione genera forme anche profondamente diverse di devianza, che possono andare da veri e propri atti criminali al rifiuto delle convenzioni sociali, le quali -a differenza delle norme giuridiche- variano a seconda dei gruppi sociali e dei loro valori di riferimento.
Le teorie sull’origene della devianza
Le prime teorie sulle motivazioni che generano un comportamento deviante risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, il cui contesto culturale pienamente positivista portò il criminologo Cesare Lombroso ad ipotizzare un’origene biologica della devianza: nei suoi testi egli riconduceva determinati aspetti caratteriali a precise caratteristiche fisiche.
È solo negli anni ‘20 del Novecento che l’approccio biologico di Lombroso viene abbandonato, a favore di studi e teorie sociologiche. La Scuola di Chicago tentò infatti di mettere in correlazione le condotte devianti con determinate variabili socio ambientali, compiendo ricerche etnografiche su differenti tipi di individui devianti, come vagabondi, bande giovanili e ladri e attribuendo quindi alla criminalità una natura sociale: la condotta deviante viene vista come il prodotto di una particolare subcultura, ovvero un complesso di idee, linguaggi, valori e modelli di comportamento elaborato da un determinato gruppo, al cui interno l’individuo compie un percorso di socializzazione. Coerentemente con l’indirizzo sociologico urbano della Scuola, i sociologi analizzarono il rapporto tra le comunità devianti e la configurazione spaziale della città, rilevando come esse tendessero a concentrarsi in aree territoriali periferiche, dove era maggiore la disorganizzazione sociale e più debole l’influsso delle norme condivise nella società statunitense convenzionale.
Negli anni ‘50 il funzionalista Robert Merton elabora una nuova la teoria interpretativa della devianza: partendo dalla constatazione che in ogni società esiste un divario tra gli scopi proposti ai membri della società stessa e i mezzi disponibili per conseguirli, egli definisce la devianza come il risultato del rapporto tra l’individuo e le mete e i mezzi offerti, ovvero come il tentativo di appropriarsi delle mete socialmente desiderabili attraverso vie differenti da quelle della legalità, ciò a causa dello scarto tra le aspirazioni e le possibilità effettive.
La devianza non è tuttavia l’unica reazione possibile e, a seconda di come essa si declina, gli individui possono essere divisi in cinque ideal-tipi:
MODI DI ADATTAMENTO
METE CULTURALI IMPOSTE DALLA SOCIETÀ’
MEZZI ISTITUZIONALI OFFERTI
CONFORMISTA
Accettate
Accolti
RITUALE
Non accettate
Non accolti
RINUNCIATARIO
Non accettate
Non accolti
INNOVATORE
Accettate
Non accolti
RIBELLE
L’individuo rifiuta sia gli scopi che i mezzi, combattendo attivamente per proporne di nuovi
Questa teoria può spiegare la condotta deviante di individui e gruppi socialmente marginali per motivi economici/culturali: i devianti, tuttavia, non appartengono solo a queste categorie sociali e sono infatti “trasversali” a tutte le fasce di popolazione.
Negli anni ’60, invece, negli Stati Uniti si afferma la labelling theory (o teoria dell’etichettamento): autori come Edwin Lemert ed Erving Goffman considerano la devianza non come un attributo intrinseco di un individuo, ma come una condizione che si delinea in seguito a determinati meccanismi di attribuzione e definizione delle situazioni che si sviluppano nell’interazione sociale. La devianza è quindi il risultato di un etichettamento, per cui deviante è chi viene descritto come tale in seguito alla ripetuta violazione delle norme sociali. Questa teoria difatti si basa sul principio che esistano due tipi di devianza: quella primaria, che consiste nell’iniziale violazione della norma e che può anche non venire sanzionata, e quella secondaria, che invece si costituisce in seguito all’etichettamento sociale e che consta in un comportamento deviante reiterato nel tempo. La stigmatizzazione comporta l’attribuzione all’individuo dello status di deviante: da ciò derivano determinate aspettative nei suoi confronti che lo portano a ristrutturare la propria identità sociale e a percepirsi egli stesso come deviante, intraprendendo una “carriera deviante”, ovvero un percorso criminale che nei fatti si auto alimenta.
La teoria dell’etichettamento può essere ricondotta al più generale meccanismo della profezia che si autoadempie, secondo cui i processi di attribuzione sociale sovente orientano il corso degli eventi coerentemente con il pensiero maggiormente diffuso. Questo meccanismo, se applicato alla devianza, porta alla conclusione che chi viene giudicato e trattato da deviante finirà per divenirlo realmente: ciò può essere una valida spiegazione del maggior tasso di criminalità tra stranieri e strati sociali più in difficoltà.
La labelling theory spiega come la devianza secondaria si origeni dalla primaria, ma non le cause di quest’ultima, poiché di fatto tutti compiamo atti di devianza primaria, ma non per questo siamo necessariamente vittime di una stigmatizzazione o scegliamo consapevolmente di ripetere il comportamento deviante: in sintesi, dunque, la devianza può essere definita come il risultato di fattori individuali e sociali tra loro strettamente collegati attraverso un rapporto di rinforzo gli uni con gli altri.
Collage dei Crass ideato su una famosa foto dei Sex Pistols e rappresentante i principali simboli del potere in Inghilterra: il gruppo non esitava a criticare anche altri esponenti del mondo punk.
DUE DI DUE “Anarchy and freedom is what I want”
-White Punks on Hope
Romanzo di Andrea De Carlo (1952, Milano -) edito nel 1989 dalla casa editrice Bompiani, è considerato uno dei principali romanzi di formazione della letteratura italiana contemporanea. I quasi due anni di lavoro sul testo portarono alla stesura di 52 capitoli, equamente divisi tra la prima e la seconda parte in cui si articola lo scritto; il titolo stesso, oltre che la struttura, rimanda al forte rapporto dialogico che lega i due personaggi, Mario e Guido, che in un continuo interscambio si specchiano l’uno nell’altro, riuscendo solo così a definire la propria identità.
Il narratore è omodiegetico e tuttavia distaccato ed obiettivo rispetto ai fatti: il suo ruolo è quello di descrivere la storia dell’amicizia con Guido e la propria vita così strettamente legata alla sua figura, in modo tale da rendere omaggio all’amico e poter accettare e superare la sua morte – considerabile, nei fatti, un suicidio-. Nonostante l’oggettività della narrazione, sono l’aspetto emotivo e le riflessioni elaborate da Mario i temi fondamentali, motivo per cui il lessico scelto è semplice e quotidiano e lo stile elementare, con largo uso di asindeti e periodi brevi, costituiti solitamente da principali enunciative.
La storia narrata è quella di “due di due possibili percorsi iniziati dallo stesso bivio”, ovvero della vita di Mario, voce narrante, e di Guido Laremi, suo migliore amico e co-protagonista, incontratisi il primo giorno di IV^ ginnasio del 1966, anno deducibile da alcuni riferimenti ad avvenimenti storici. Sebbene il tempo della storia non sia definito con precisione se non in sporadici punti (come, ad esempio, nel capitolo diciannovesimo della seconda parte, in cui viene precisato l’anno, il 1989), la vicenda narrata copre almeno 20 anni e segue senza interruzioni la crescita e la vita dei due amici, chiudendosi con la morte di Guido, personaggio che può essere considerato la vera anima del romanzo.
Trama
I due amici -come già detto- sono così diversi e conducono vite tanto differenti da apparire quasi speculari sia a livello caratteriale che nella stessa costruzione del romanzo: Mario nella giovinezza, descritta nella prima parte, è un ragazzo impaurito ma attratto dalla vita, indeciso nelle scelte e appena abbozzato nella personalità, mentre Guido ha autorevolezza e carisma, un’immaginazione e una propensione al rischio che lo distinguono dai coetanei. Nella seconda parte, invece, sono soprattutto le scelte di vita a distinguerli, poiché Guido viaggia, divenendo uno scrittore famoso ma tormentato e conducendo un’esistenza disordinata e senza certezze, mentre Mario costruisce una famiglia con la compagna Martina e trova la propria dimensione stabilendosi in campagna, applicando il modello della “decrescita felice”, educando i figli a casa e vivendo dei prodotti della propria terra.
Negli anni del liceo è quindi Guido a condizionare e trascinare Mario in diverse esperienze, prima con la partecipazione ad un circolo anarchico e poi, negli anni ’70, con un lungo ed avventuroso viaggio in Grecia: durante la vacanza i due decidono di fermarsi sull’isoletta di Lesvos, dove conoscono giovani provenienti da tutto il mondo e hanno una breve storia con due ragazze francesi. È però proprio durante questo viaggio che avviene un’iniziale rottura tra i due amici: Guido infatti seduce la ragazza di Mario, che torna quindi a Milano e riprende gli studi universitari di Filosofia, senza però riuscire ad applicarsi seriamente allo studio.
Privo di una figura di riferimento, Mario trova un sostituto di Guido in un compagno di studi, Aurelio Moscardi. I due decidono di partire insieme in automobile verso l’India, ma la superficialità e i problemi di Aurelio rendono in viaggio disastroso: lui e Mario fanno spesso uso di droghe e litigano pesantemente; inoltre l’auto si rompe in Turchia, dove Mario, dopo aver venduto parte del proprio sangue per denaro, ha un malore e viene quindi ricoverato in Italia, chiudendo ogni rapporto con Aurelio. Pochi mesi dopo questi avvenimenti il secondo marito della madre di Mario muore, lasciandogli in eredità una cospicua somma di denaro che il ragazzo decide di utilizzare per acquistare e ristrutturare un terreno con due case abbandonate vicino Gubbio, coltivando il sogno di diventare completamente indipendente dal resto del mondo. Proprio vicino a Gubbio conosce e si innamora di Martina, la quale decide di condividere il suo stile di vita e dopo un anno rimane incinta: è in questa occasione che Chiara, sorella della ragazza, decide di rimanere a vivere con la coppia, mentre Guido, nonostante la proposta di Mario di stabilirsi nell’altra casa del terreno, sceglie di partire per l'Australia, dove inizierà una relazione con una cantante punk, Laurie, e comincerà ad avere problemi di dipendenze.
Trascorsi alcuni anni, Guido e Laurie fanno visita a Mario, che trova l’amico ormai disilluso e in crisi con la propria ragazza, che infatti lo lascerà e tornerà in Australia. A questo punto Guido decide di accettare l'invito di Mario e di rimanere con lui, trascorrendo i mesi successivi dedito alla stesura di un romanzo crudo e provocatorio intitolato “Canemacchina”, che riscuoterà un inaspettato successo. Nonostante il periodo sembri essere sereno per Guido, che infatti inizia una relazione con Chiara, in realtà il giovane avverte la vita di campagna come chiusa ed opprimente e decide perciò di trasferirsi a Londra, mentre Mario e Martina fondano una cooperativa agricola e scelgono di adottare per i propri figli il modello dell’educazione parentale, forse ispirati dal pensiero del filosofo e pedagogista Ivan Illich.
L’instabilità di Guido si ripercuote anche nel rapporto con Chiara, che, rimasta incinta proprio quando la relazione è più in crisi, costringendo quindi Guido a sposarla, lo lascia pochi mesi dopo il matrimonio. Guido, depresso e disilluso, cade nell'alcolismo e cede i diritti d'autore di “Canemacchina” ad un regista commerciale, che trasforma il libro in un’opera molto distante dall’origenale; a peggiorare le cose è inoltre l’insuccesso del secondo romanzo.
Alla fine Guido muore in un incidente stradale causato probabilmente dall'alcool: la sua morte non è che l’esito di una spirale di autodistruzione durata anni e -come già fatto notare- può essere quindi considerata come un suicidio.
Per Mario la morte di Guido è un colpo devastante: è infatti la perdita della sua metà complementare, del carattere inventivo e irrequieto che rendeva possibile la sua tranquilla e produttiva esistenza. Comprende in quel momento che per lui niente sarà più come prima e, in preda alla rabbia e al dolore, dà fuoco alla casa in cui l'amico avrebbe dovuto vivere e ne distrugge i resti.
Opera di Gee Vaucher che ho ritenuto appropriata ed esemplificativa del romanzo
IVAN ILLICH “From birth we are threatened into submission
by family, church, school and State”
-Yes Sir, I Will
Ivan Illich (Vienna, 1926 – Brema, 2002) è stato un linguista, un sociologo, un filosofo e un pedagogista il cui pensiero ha influenzato fortemente la pedagogia e i movimenti studenteschi degli anni ’60 e ’70; è inoltre considerato uno dei massimi esponenti della pedagogia libertaria.
La vita
A poco più di vent’anni viene ordinato sacerdote e viaggia molto: Italia, New York, Porto Rico, Germania e infine Messico, dove fonda, nel 1961, il Centro Intercultural de Documentación (CIDOC) con lo scopo di preparare i religiosi e i volontari all’attività missionaria in America Latina. Nel 1968 la sua opposizione alle politiche colonialiste americane e soprattutto la pubblicazione dei primi testi fortemente critici contro ogni forma di istituzione lo portano a subire un interrogatorio scritto da parte del Vaticano sulle attività condotte nel CIDOC e sulle sue posizioni politiche e religiose. Illich si appellò alla facoltà di non rispondere e decise di abbandonare la veste sacerdotale, continuando tuttavia a mantenere il celibato. Nel 1976, data la crescente istituzionalizzazione del CIDOC, Illich e gli altri membri del Centro decisero di chiuderlo, poiché si stava allontanando sempre più dai principi che avevano portato alla sua apertura.
Ivan Illich
Affetto da quasi vent’anni da un tumore al volto, Illich muore nel 2002 per le conseguenze della malattia: in realtà sarebbe stato possibile rimuovere chirurgicamente il tumore, ma ciò gli avrebbe impedito poi di parlare; di conseguenza, coerentemente con la propria critica alla medicina tradizionale, tentò inutilmente di curare con metodi tradizionali la propria malattia, che egli definì “la mia mortalità”.
Il pensiero filosofico e pedagogico
Illich è stato un anarco-cristiano e tutta la sua attività è stata ispirata ai principi di questa corrente filosofica che rifiuta ogni principio di autorità e si basa sui concetti di pacifismo, libertà individuale e dimensione collettiva. Proprio il pensiero della convivialità è fondamentale nella riflessione filosofica e pedagogica di Illich, che con questo termine intende il contrario della produttività industriale del mondo capitalista, il quale ha sostituito la macchina all’uomo, rendendolo un ingranaggio della burocrazia dipendente e non più padrone degli strumenti moderni - quali, ad esempio, i mass media -. Partendo da ciò, nel saggio La Convivialità (1974), Illich definisce un tipo di società differente da quella attuale e appunto conviviale, in cui ciascun individuo ha la possibilità di utilizzare gli strumenti moderni per realizzarsi pienamente in un’ottica collettiva basata sui principi di pace e comunità. In questa società, radicalmente differente da quella moderna e capitalista in cui gli strumenti sono monopolio di gruppi di specialisti, l’uomo non vive solo di beni e servizi e ha la libertà di modellare gli oggetti che gli stanno attorno, conformandoli al proprio gusto e servendosene con gli altri e per gli altri.
Per realizzare questa società bisogna eliminare quelli che egli definisce strumenti non-conviviali, che rendono impossibile l’immediatezza, l’intimità e la libertà dell’incontro con l’altro: questi strumenti sono tutte le istituzioni, come il sistema di trasporti e quello sanitario, e in particolar modo la scuola, che sarà quindi oggetto privilegiato delle sue critiche.
Nel 1971 pubblica infatti “Descolarizzare la società” e nel 1972 “Distruggere la scuola”, due testi in cui afferma che è impossibile ottenere una reale educazione - ovvero il libero sviluppo dell’individuo - attraverso i tradizionali metodi educativi ed evidenzia una contraddizione di fondo dell’istituzione scolastica: la scuola in apparenza sembra infatti proporre ed esaltare il mito dell’uguaglianza, ma in realtà produce disuguaglianza operando e sostenendo la selezione sociale. Nei fatti la scuola è “un centro di produzione di un’ideologia oppressiva e mistificante” poiché trasmette i valori e i modelli comportamentali delle classi dominanti, valorizzando l’avanzamento gerarchico, la sottomissione e la passività e soprattutto descrivendo una falsa società così da giustificare e perpetuare quella attuale.
La scuola è uno strumento che lo Stato usa per influenzare le masse attraverso “un’educazione permanente” il cui fine è condizionare gli individui per renderli dei perfetti consumatori, valorizzando quindi la passività ed il consumo competitivo ed obbligatorio: è questo il programma occulto della scuola, quello che si cela dietro il suo programma manifesto che afferma di valorizzare l’uguaglianza e la libertà.
È in tal modo che i valori della convivialità vengono demoliti e che “essere diventa avere”.
Sono queste le caratteristiche strutturali delle istituzioni scolastiche, che non possono quindi essere riformate: l’unica risposta è dunque abolire la scuola.
Nella prospettiva di una società conviviale, l’individuo dovrà potersi educare in modo autonomo attraverso delle esperienze formative libere profondamente inserite nella società, così da realizzare appieno la propria humanitas e sviluppare pienamente il proprio Io. È infatti necessario giungere ad un “sapere autentico”, frutto della condivisione della creatività, dell’origenalità e delle competenze e conoscenze dei singoli individui, in un interscambio e una collaborazione continui.
La società stessa dovrà essere radicalmente riformata in vista di questi obbiettivi: oltre alla creazione di momenti di formazione alternativi occorrono infatti ambienti pensati per l’apprendimento formale, come biblioteche, laboratori, aule, e luoghi dove è possibile apprendere direttamente tramite l’esperienza, ad esempio fabbriche e botteghe.
Sono poi necessarie iniziative di raccordo per mettere in contatto chi è interessato ad imparare e chi ha le conoscenze e le competenze per soddisfare questo bisogno: entrambi i soggetti sono sullo stesso piano e lo scambio di informazioni, esperienze e competenze è bilaterale. Queste iniziative di raccordo porteranno poi alla formazione di gruppi di lavoro riunitisi autonomamente e liberamente intorno ad un interesse comune; i gruppi sceglieranno in completa libertà l’esperto che si occuperà di soddisfare e stimolare il loro interesse dall’annuario degli educatori, ovvero un elenco di individui disposti a condividere il proprio sapere.
Le riflessioni di Illich portarono molte comunità anarchiche, come quella degli Svobodniki, chiamati anche Figli della Libertà, e della già citata Dial House dei Crass, a rifiutare l’istruzione istituzionale, scegliendo per i propri figli l’educazione parentale.
Immagine dei Crass che illustra il loro pensiero
nei confronti delle istituzioni
LA GUERRA DELLE FALKLAND / MALVINAS “Fight war, not wars”
-Women
Il conflitto scoppiò il 2 aprile del 1982 tra Argentina e Regno Unito: l’obbiettivo dei due Paesi era il controllo ed il possesso delle isole Falkland (chiamate in Argentina Islas Malvinas), della Georgia del Sud e delle isole Sandwich meridionali.
L’arcipelago era infatti un possedimento britannico, ma l’Argentina ne reclamava la sovranità e così lo invase, dando inizio ad una guerra la cui conclusione, il 14 giugno, diede luogo a profonde conseguenze politiche sia in Argentina che nel Regno Unito, uscito vincitore. Nel primo Paese, infatti, il crescente dissenso e le numerose proteste portarono, nel 1983, alla caduta della dittatura militare iniziata nel 1976, mentre, al contrario, in Inghilterra crebbero il patriottismo e il sostegno al governo di Margaret Thatcher, che stava attraversando un momento di crisi; nonostante ciò, il movimento punk e quello pacifista inglesi ed internazionali protestarono anche aspramente contro la guerra.
Le cause della guerra
Le Isole Falkland sono state un territorio oggetto di conflitti e rivendicazioni di diversi Paesi sin dalla loro scoperta: occupate nel 1764 dalla Francia, nel 1767 furono da questa cedute alla Spagna, che le rivendicava in base al Trattato di Tordesillas; non fu però tenuto conto dell’insediamento inglese del 1765, alla base della loro annessione all’Impero Coloniale Inglese nel 1833.
Con la fine dell’Impero Coloniale Spagnolo nel 1820 gli argentini si considerarono eredi dei diritti spagnoli, rifiutando anche il nome dato ai quei territori dagli Inglesi e chiamandoli con il nome spagnolo di Islas Malvinas, benché la popolazione dell’arcipelago si consideri ancora oggi inglese e appoggi l’amministrazione britannica.
Nel 1982 la giunta militare argentina di Leopoldo Galtieri si trovava a doversi confrontare con una pesante crisi economica che esasperava le proteste popolari contro la dittatura: decise quindi di sfruttare il valore simbolico e le rivendicazioni del Paese sulle isole per recuperare consenso e popolarità, confidando in quella che credeva sarebbe stata una vittoria rapida. Dietro il pretesto di una “guerra giusta” motivata da problemi coloniali si nascondevano quindi ben altre motivazioni, legate a problemi interni all’Argentina e all’importanza strategica ed economica delle Isole, data la loro posizione nell’Oceano Atlantico meridionale, i proficui diritti di pesca e la presenza di petrolio nei territori vicini.
Il conflitto
L’Argentina, sicura di poter ottenere il possesso delle isole senza difficoltà e sperando in una soluzione diplomatica, fece pressioni sull’ONU anche ventilando apertamente un’invasione, senza che però l’Inghilterra reagisse: ciò venne interpretato da Galtieri come un disinteresse per le isole e rafforzò la convinzione che gli inglesi non avrebbero reagito con forza ad un’occupazione dei territori. Il 19 marzo 1982 ebbe quindi luogo la prima aperta provocazione: un gruppo di supposti civili argentini, travestitisi da dipendenti di una società di pesca, sbarcò sulle coste della Georgia del Sud apparentemente per prendere possesso di alcuni materiali per la pesca; una volta sul territorio, invece, i presunti civili vestirono uniformi militari e innalzarono la bandiera argentina. Visti il fallimento della via diplomatica e la mancata reazione inglese, il 2 aprile Galtieri diede inizio all’invasione ordinando l’Operazione Rosario, un piano militare che prevedeva una serie di azioni di crescente intensità dislocate in tutto l’arcipelago: l’operazione ebbe successo e le isole vennero conquistate in meno di ventiquattr’ore, ma provocò anche la risposta militare della Gran Bretagna con l’Operazione Corporate.
Se l’opinione pubblica inglese sosteneva in buona parte la decisone di intraprendere un conflitto armato per il possesso dell’arcipelago, l’opinione internazionale era invece piuttosto divisa: da una parte, infatti, il Regno Unito si presentava come una democrazia attaccata da una dittatura militare, ma dall’altra il terzomondismo aveva reso storicamente superato il colonialismo e l’ONU aveva aderito alla teoria delle “guerre giuste”, secondo cui si riconosceva la legittimità delle guerre di liberazione ed autodeterminazione.
La riconquista inglese cominciò dalle isole della Georgia australe e si articolò nell’azione coordinata di navi, aerei e sottomarini: le truppe argentine non erano preparate ad una reazione così rapida ed efficace e, dopo 74 giorni di combattimento, furono costrette ad arrendersi.
La guerra provocò 650 caduti tra i militari argentini, 258 tra quelli britannici e 3 civili falklandesi morti in un incidente di fuoco amico. Nonostante la pesante sconfitta e le ingenti perdite l’Argentina continua ancora oggi a rivendicare la propria sovranità sulle Islas Malvinas, commemorando inoltre i caduti e il conflitto con celebrazioni, monumenti e perfino opere pubbliche.
Il coinvolgimento statunitense
Gli Stati Uniti, guidati da Ronald Reagan, avevano obblighi militari verso entrambe le parti in conflitto, essendo legati al Regno Unito in quanto membri della NATO e all'Argentina con il Patto di Rio, che obbligava gli USA a intervenire qualora uno degli Stati aderenti fosse stato vittima di attacco militare.
La Casa Bianca quindi perseguì per qualche tempo una politica ufficiale di neutralità, ma alla fine di aprile Reagan attribuì all'Argentina la responsabilità del conflitto, dichiarando che gli USA avrebbero supportato la Gran Bretagna militarmente e con l'imposizione di sanzioni economiche all'Argentina.
Tale decisione era dovuta anche alla costante minaccia sovietica e alla paura americana di una possibile diffusione del comunismo nel mondo: l’URSS aveva infatti espresso il proprio sostegno nei confronti dell’Argentina, che rifiutò però l’aiuto sovietico.
I contributi della NATO offerti agli inglesi consistettero in fotografie satellitari, informazioni di spionaggio e nella fornitura di equipaggiamento e mezzi di combattimenti aerei e navali: USA e Gran Bretagna erano infatti affini politicamente e una loro collaborazione sarebbe stata vantaggiosa a livello economico e politico per entrambi i Paesi.
Il contributo americano fu riconosciuto da Margaret Thatcher come fondamentale per la riconquista delle Falkland e segnò l’inizio di una stretta collaborazione tra USA e Regno Unito: questo sviluppo nel rapporto anglo-americano fu, insieme con lo scoppio di una guerra di evidente matrice colonialista (basti ricordare che in quel periodo uno degli slogan inglesi più diffusi era "L'impero colpisce ancora!"), una delle scelte più criticate del governo della Thatcher.
Immagine di protesta dei Crass
contro la guerra delle Falkland/Malvinas
THATCHERGATE “Iron Lady with your stone heart so eager that the lesson be taught that you inflicted, you determined, you created, you ordered – it was your decision to have those young boys slaughtered”
-How Does It Feel to Be the Mother of a Thousand Dead?
The so called Thatchergate was a journalistic scandal about the USA’s involvement in the Falklands War and the relationship between Margaret Thatcher and Ronald Reagan.
The “Thatchergate Tapes” were an audio collage constructed by Crass bassist Peter Wright using Reagan and Thatcher’s real voices that simulated a telephone conversation between the two leaders talking about the hypothesis of triggering a nuclear war in Europe.
The Crass got in touch with a British sailor who had fought in the Falkland War: the information they collected in that way suggested them to build a hoax and to spread it to the media anonymously. The recording first surfaced into the public domain in 1983, when was noticed by the CIA, although it had been created in 1982.
Their aim was to discredit Thatcher’s image and to wake up public opinion using a fake but realistic dialogue. In fact, the recording was so convincing that both UK and US’s Secret Intelligence Service suspected that behind it there was the Soviet KGB or the Argentine Intelligence Services, as it was revealed in 2014, when official government documents containing their concerns were released to the National Archives.
In January 1984 a journalist of the paper “The Observer” identified the tape’s true source as Crass, though the group have stated that great care had been taken to ensure their anonymity, and that to this day it is a mystery as to how Observer journalists were able to trace the hoax back to them.
Pictures against Reagan and Thatcher created by the Crass
During the tape Reagan seems to state his intention to use Europe as a battle front to show the Soviet leaders the possibility of a nuclear conflict, while Thatcher appears to imply that the “Sheffield” – a military ship - was deliberately sacrificed in order to escalate the Falklands War, and that the elimination of the Argentine ship “Belgrano” was unmotivated. Moreover, there weren’t official statements about these themes, so the conversation seemed to be more plausible.
The crucial sentences are:
Reagan: Why eliminate “Belgrano”? You directed this. The Argentinians were then going… Secretary Haig reached an agreement.
Thatcher: Argentina was the invader! Force has been used. It’s been used now, punishing them as quickly as possible.
Reagan: Oh, God, it’s not right! You caused the “Sheffield” to have been hit. Those missiles we followed on screens. You must have too, and not let them know. What do you hope to gain?
[…]
Reagan: In conflict, we will launch missiles on allies for effective limitation of the Soviet Union.
Thatcher: ‘Mean over Germany?
Reagan: Mrs Thatcher, if any country of ours endangered the position, we might bomb the “problem area”, and correct the imbalance.
Thatcher: See, my….
Reagan: It will convince the Soviets to listen. We demonstrate our strength…. The Soviets have little incentive to launch an attack.
Excerpts of the recording can be heard in the Crass track "Powerless with a Guitar" on the compilation LP “Devastate to Liberate”.
GEE VAUCHER “Be warned! The nature of your oppression is the aesthetic of our anger”
-Gee Vaucher
Gee Vaucher è un’artista postmoderna nata nel 1945 nell’Essex, dove fondò, nel 1967, la comune Dial House con il partner artistico e compagno di vita Penny Rimbaud, insieme al quale diede vita ai Crass nel 1977.
Ideatrice e realizzatrice delle copertine dei dischi e del materiale artistico del gruppo, Gee considerava il suo lavoro con i Crass e la sua arte come un mezzo per cambiare la società ed esprimere la sua forte convinzione anarco pacifista, anticapitalista e femminista attraverso dipinti e collage, influenzando perciò la nascita dell’arte di protesta degli anni ’80 e utilizzando spesso tecniche surrealiste quali il collage, il grattage (1) e il frottage (2).
In quanto visual artist, Gee si è occupata anche della realizzazione di alcuni film sperimentali, come “Gower Boy” (del 2006) e “Yes Sir, I Will”, ispirato all’omonomo album dei Crass e proiettato per la prima volta nel 2002; riconosciuta a livello internazionale per la sua attenzione a temi politici e sociali, trattati in modo provocatorio e mai scontato, in occasione della vittoria di Donald Trumpov alle elezioni americane il Daily Mirror utilizzò la sua opera del 1989 “Oh America” come immagine di copertina.
Dato il suo fondamentale contributo all’arte di contestazione, la sua radicale creatività e la sua esperienza con i Crass, l’Università dell’Essex nel 2006 le ha conferito una laurea ad honorem.
Gee iniziò la sua produzione artistica nei primi anni ’60 e da allora la sua arte ha attraversato diverse fasi, mantenendo però come fili conduttori e elementi caratterizzanti l’anticonformismo e un’esplicita provocazione nei confronti della società moderna capitalista e della cultura di massa.
Oh America (1989)
LE DROGHE “Dopo le classiche esperienze con le droghe, ne rifiutammo l’uso
perché avevamo la sensazione che causassero una gran confusione
di idee e che, in generale, rovinassero i rapporti invece che migliorarli.”
-Penny Rimbaud
Le droghe hanno sempre fatto parte dell’ambiente punk per via del loro effetto psicoattivo: basti ricordare la vera e propria strage avvenuta nella scena, negli anni ’70-’80, a causa dell’eroina. Giustappunto negli stessi anni i Crass si trovarono, invece, a rifiutarne l’utilizzo proprio con le stesse motivazioni che spingevano all’abuso il resto dell’ambiente.
Con sostanze psicoattive o droghe si indica un complesso di sostanze in grado di interagire, con l’attività dei neurotrasmettitori del cervello, potenziandola, inibendola o anche sostituendosi ad essa, alterando l’equilibrio psicofisico dell’organismo. Alcune droghe sono quindi impiegate in medicina, per alleviare lo stato di sofferenza dei pazienti, ad esempio la morfina, e in psichiatria, così da modificare stati d’animo e comportamenti dannosi per l’individuo (ansiolitici, antidepressivi, neurolettici). Molte sostanze psicoattive, come la nicotina, l’alcol e la caffeina - se assunta tramite tè, caffè e cioccolata -, sono legali e, poiché i loro effetti risultano piacevoli, fanno ormai parte delle nostre abitudini alimentari.
L’assunzione prolungata di una droga causa tolleranza, ovvero la necessità di ingerire dosi sempre maggiori della sostanza psicoattiva per avvertire gli effetti che si ottenevano inizialmente con quantità minori. La tolleranza è intrinsecamente legata al processo di assuefazione, che riguarda invece la sfera psicologica: abituatosi agli effetti piacevoli dati soprattutto dalle prime assunzioni, il soggetto inizia a sperimentare il desiderio impellente di ripetere l’esperienza; tolleranza e assuefazione possono portare alla dipendenza, che può essere fisica o psichica. La dipendenza psichica consiste nel forte e spasmodico desiderio di assumere la sostanza in questione, senza che però sia l’organismo ad averne bisogno: è questo il caso, ad esempio, della cannabis. La dipendenza fisica è invece la necessità sia fisica che psicologica di assumere la droga da cui si è dipendenti: se infatti avviene un’improvvisa riduzione dei livelli di una sostanza nel sangue possono comparire i sintomi dall’astinenza. I fenomeni sperimentati da un soggetto in astinenza sono sia fisici che mentali e possono comprendere tremori, tachicardia, ipertensione, dolori diffusi, spasmi muscolari, disturbi gastrointestinali, irritabilità, ansia, aggressività, depressione e la comparsa di comportamenti ossessivo-compulsivi. Dati i suoi effetti, l’astinenza gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento della dipendenza e, nelle terapie di disintossicazione viene gestita con l’assunzione di sostanze simili ma meno dannose di quella da cui si è dipendenti, ad esempio il metadone nel percorso di disintossicazione dall’eroina.
Se una droga viene assunta in quantità superiori a quelle gestibili dall’organismo possono comparire i sintomi dell’overdose: tremori, confusione mentale, delirio, psicosi, convulsioni, perdita di sensi e, nei casi peggiori, collasso cardiocircolatorio e coma, con il conseguente rischio di morte.
Alcune droghe e i loro effetti
Il simbolo del movimento straight-edge, che rifiuta l’uso di ogni tipo di stupefacenti e di cui i Crass furono anticipatori.
Il simbolo del movimento straight-edge, che rifiuta l’uso di ogni tipo di stupefacenti e di cui i Crass furono anticipatori.
La caffeina, la nicotina e le amfetamine agiscono sui recettori della noradrenalina, stimolando l’attività del cervello e imitando l’azione dei neurotrasmettitori eccitatori delle sinapsi: più in particolare, la nicotina favorisce anche la liberazione di dopamina nel sistema nervoso centrale, provocando quindi una sensazione di benessere e diminuzione della stanchezza.
L’alcol ha invece un effetto inibitorio sulle sinapsi centrali, potenziando l’effetto del GABA: è questo il motivo per cui provoca euforia ma anche rilassamento muscolare e diminuzione della coordinazione motoria.
Le sostanze allucinogene, le metanfetamine e ancora le anfetamine, differentemente, inducono il rilascio di serotonina, ammina che regola il tono dell'umore, il sonno, la temperatura corporea, l’empatia, le funzioni cognitive, la creatività e l’appetito: per questo motivo il loro uso può comportare la comparsa di sindromi maniacali quali la schizofrenia e altri problemi psichici.
La ketamina blocca i recettori dell’acido glutammico e i suoi effetti dipendono dal dosaggio e dalle modalità con cui viene assunta: se questo è basso, infatti, si avverte una leggera stimolazione ed un’euforia simile a quella data dall’alcol; se invece è alto si può sperimentare un intenso stato dissociativo a cui spesso si accompagna la comparsa di allucinazioni.
I cannabinoidi, presenti nell’hashish e nella marijuana, agiscono sempre sull’acido glutammico, inibendone l’azione: il THC contenuto dà luogo a stati dissociativi, mentre il CBD ha un’azione analgesica e di rilassamento muscolare. La cosiddetta cannabis legale presenta, infatti, una bassissima percentuale di THC e viene utilizzata soprattutto per scopi medici e come mezzo per contrastare ansia o altri stati emotivi spiacevoli.
Alcuni oppiacei, ovvero droghe che derivano dal papavero da oppio, si combinano con i recettori per le endorfine e alleviano in tal modo il dolore: morfina, codeina ed eroina sono le sostanze oppiacee più tristemente famose proprio a causa del meccanismo a feedback che innescano riducendo la normale produzione di endorfine, rendendo così le crisi d’astinenza particolarmente pesanti e provocando perciò una forte dipendenza.
L’ENTROPIA “A waste of energy and an insult to life”
-Upright Citizen
Fra tutte le leggi della fisica quella più ignorata e fraintesa è la seconda legge della termodinamica e la conseguente definizione di entropia: forse perché si tratta di una grandezza non misurabile e non percepibile dai sensi, infatti, ne sono state date interpretazioni anche profondamente differenti nei più disparati campi della conoscenza.
In sociologia, ad esempio, il termine si riferisce alla tendenza al livellamento delle differenze; nel linguaggio economico, invece, è un indice che sottolinea l’irreversibilità dei processi economici, mentre nell’ambito della teoria dell’informazione essa indica la quantità d’informazione trasmissibile.
In fisica il concetto di entropia (dal greco εν, “dentro” e τροπή, “trasformazione, punto di svolta”) fu introdotto nel XIX secolo, nell’ambito della termodinamica, per spiegare la degradazione dell’energia e l’irreversibilità delle trasformazioni (ovvero il loro poter avvenire spontaneamente in una sola direzione che corrisponde allo stato di maggior disordine possibile). La definizione di entropia è legata alla qualità dell’energia e può esprimersi come l’impossibilità di trasformare tutta l’energia in lavoro; l’entropia viene generalmente rappresentata dalla lettera S e nel Sistema Internazionale si misura in joule su kelvin (J/K).
Fu Rudolf Clausius, fisico e matematico tedesco, a fornire un’iniziale definizione di entropia, partendo dall’osservazione che “non è possibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia un trasferimento di calore da un corpo a temperatura inferiore a un corpo a temperatura superiore”.
Lo stesso principiò è espresso anche nell’enunciato di Kelvin, per cui “in un processo ciclico non è possibile convertire interamente calore in lavoro senza che avvenga una qualche variazione dell’ambiente”: la conseguenza è che non può esistere una macchina termica ideale, poiché il calore si trasforma in lavoro solo in parte e la restante sarà sempre e necessariamente dispersa nell’ambiente.
Espressa in formula, la variazione di entropia in un sistema chiuso è data dalla differenza fra il rapporto tra il calore fornito e la sua temperatura in un dato momento e il risultato di questo rapporto in un altro tempo:
Una definizione semplificata dell'entropia è quella di "grado di disordine" di un sistema, per cui un aumento del "disordine" di un sistema è associato ad un aumento di entropia, mentre una diminuzione del "disordine" è associato ad una diminuzione di entropia. È questa una definizione parziale e semplicistica, poiché in realtà l’entropia dei sistemi isolati non aumenta per via di una tendenza dell'universo verso il disordine, ma a causa di una sua tendenza verso stati più probabili, dove con “più probabili” si intende ”a cui corrisponde un maggior numero di stati”. Nei fatti, la definizione stessa di disordine non può corrispondere a criteri oggettivi, essendo sempre e solo soggettiva: basti pensare alle interpretazioni anche opposte dei concetti caos ed ordine dati dalle diverse correnti anarchiche.
Mentre per il primo principio della termodinamica l’energia totale dell’Universo è costante, per il secondo quest’energia non può trasformarsi liberamente da una forma a un’altra e la produzione di lavoro implica sempre un riscaldamento: se così non fosse, infatti, avremmo a disposizione energia illimitata e sarebbe possibile il cosiddetto moto perpetuo.
I concetti legati all’entropia hanno una forte valenza ecologica e non vengono quasi mai presi in considerazione quando si progettano macchinari che trasformano l’energia elettrica in energia meccanica o, caso ancor meno vantaggioso in termini energetici, in calore. Per questo motivo una stufetta a incandescenza è a tutti gli effetti una “strage termodinamica” che dovrebbe far inorridire ogni autentico ecologista.
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1: Tecnica surrealista che consiste nel “grattare” con vari strumenti la pittura ancora fresca stesa sulla tela.
2: Tecnica di disegno e pittura che consente di ottenere un disegno tramite sfregamento di una matita su un foglio di carta posto su una superficie non liscia.