Content-Length: 165850 | pFad | https://www.academia.edu/94871283/Giudici_conciliatori_e_giustizia_ad_Ovindoli_dal_1810_al_1935

(DOC) Giudici conciliatori e giustizia ad Ovindoli dal 1810 al 1935
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Giudici conciliatori e giustizia ad Ovindoli dal 1810 al 1935

2021, ADRItalia

Il giudice conciliatore fu istituito nel Regno d'Italia nel 1865 ed a fine '800 gestiva il 70% di tutte le controversie. Presente in ogni Comune, faceva parte dell'ordinamento giudiziario, ma era elettivo; determinante non era la preparazione tecnico giuridica, ma l'autorevolezza presso la comunità; e tale prassi continuò anche dopo la prima guerra mondiale. La lunghezza interminabile delle controversie giudiziali, in Italia, non è appannaggio solo del XX e XXI secolo. Una disputa relativa agli usi civici, tra gli abitanti di due comuni limitrofi in Abruzzo, Ovindoli e Celano, già in essere nel 1810, nel 1912 non era ancora conclusa.

Dr. Giovanni Matteucci 31.10.2020 adrmaremma@gmail.com Giudici conciliatori e giustizia ad Ovindoli, dal 1810 al 1935 * Abstract - Il giudice conciliatore fu istituito nel Regno d’Italia nel 1865 ed a fine ‘800 gestiva il 70% di tutte le controversie. Presente in ogni Comune, faceva parte dell’ordinamento giudiziario, ma era elettivo; determinante non era la preparazione tecnico giuridica, ma l’autorevolezza presso la comunità; e tale prassi continuò anche dopo la prima guerra mondiale. La lunghezza interminabile delle controversie giudiziali, in Italia, non è appannaggio solo del XX e XXI secolo. Una disputa relativa agli usi civici, tra gli abitanti di due comuni limitrofi in Abruzzo, Ovindoli e Celano, già in essere nel 1810, nel 1912 non era ancora conclusa. Il giudice conciliatore fu istituito nel Regno d’Italia con il R.D. n. 2626 del 1865; presente in ogni Comune, faceva parte dell’ordinamento giudiziario, ma era elettivo; determinante non era la preparazione tecnico giuridica, ma l’autorevolezza presso la comunità. Il suo compito precipuo era “come la parola stessa indica, quello di conciliare le parti, prevenire i giudizi, sopire le liti” (Relazione al Re del Ministro di Grazia e Giustizia Teodorico Bonacci, allegata al R.D. 26.12.1892, n.278). Nel Regno d’Italia di fine ‘800 il 70% delle controversie era gestita dai giudici conciliatori *. Pubblicato in ADRItalia, 2021/1 http://www.primicerieditore.it/prodotto/adr-italia-numero-12021-versione-pdf/ Scamuzzi Lorenzo, “Digesto Italiano”, 1886, voce Conciliatore, pag. 65 Matteucci Giovanni, “Mediazione civile in Italia, excursus storico – 2020”, Academia.edu 31.8.2020, pagg.15 ss https://www.academia.edu/43988050/Mediazione_civile_in_Italia_excursus_storico_2020, . La Legge 261 del 1892 introdusse modifiche e “la norma più rilevante ai fini del procedimento di conciliazione … era contenuta nel regolamento di esecuzione, che stabiliva all’art. 12 quello che poi sarà lo schema di fondo della mediazione odierna: ‘Per tentare l’esperimento della conciliazione il conciliatore avrà diritto di chiamare le parti separatamente o congiuntamente in privata udienza. Non riuscendo lo esperimento, il conciliatore potrà rinviare la discussione della causa alla prossima udienza e ripetere anche nella medesima i suoi buoni uffici. Se le parti non si conciliano, procederà senz’altro alla trattazione della causa” Calcagno Carlo Alberto, “Il conciliatore nell’Italia unita”, ADRMaremma 2007 www.mediaresenzaconfini.org . . Un “caucus” ante litteram, nonostante il principio cardine del processo, il contraddittorio. Nel giudice conciliatore coesistevano le funzioni giurisdizionale e conciliativa, quella tuttavia preponderante su questa. Due sentenze emanate dal Giudice Conciliatore di Ovindoli, paese dell’Abruzzo a 1.375 mt. sul livello del mare, con 1.957 abitanti nel 1861 Abitanti 926 nel 1810; 1.957 nel 1861; 2.954 nel 1921; 2.241 nel 1951; 1.190 nel 2011. Fonte Rosati Raffaele, Pestilli Carlo e Rosati Filippo, “Ovindoli ieri e oggi”, LCL Industria grafica, Avezzano, 2011, pagina 63 e Wikipedia, voce “Ovindoli”. Di Pietro Andrea – “La popolazione di Ovindoli al 31 Dicembre 1868 era composta da 1.345 individui. Il paese, nonostante sia situato sulla vetta di un monte, ha qualche comoda e decente abitazione. I proprietari, per liberarsi dal rigore del clima in tempo di inverno, hanno edificato altre abitazioni alle falde del Monte Tino. Hanno molti animali pecorini e cavallini, che portano in Puglia nell’inverno per poi ricondurli nella primavera ed estate ai buoni pascoli delle proprie montagne. Hanno buoni campi per seminare il grano e la segala e buone praterie nell’alto e buone vigne, ed altri terreni alle falde del cennato monte e nel piano, dai quali hanno l’abbondanza di tutto” in “Storia dei paesi della Marsica”, Avezzano 1869 (riportato in La Cona, estate 1983). , ne costituiscono un esempio. * * * Ufficio di conciliazione di Ovindoli In nome di Sua Maestà Umberto I per grazia Deo e per volontà della Nazione Re d’Italia. Il Conciliatore del Comune di Ovindoli, alla udienza del 17 novembre 1897 ha renduta la seguente Sentenza: Nella causa civile tra il Sig. Colabianchi Nunzio fu Giovanni, proprietario domiciliato in Ovindoli, attore comparso in persona; contro Il sig. Scoccia Vincenzo, fu Michele contadino ivi domiciliato, convenuto comparso pure in persona; L’attore con atto di citazione del 15 novembre 1897 chiamava in causa il convenuto all’udienza di oggi per farlo condannare in suo beneficio al pagamento di lire 13,00, che gli va dovuto, cioè: L.6,00 per il costo di due caprette e l.7,00 per il valore di un agnello; Il convenuto ha accettato il debito impugnando però il pagamento dicendo di essere creditore per danni ricevuti dalle due capre dell’attore. L’attore ha insistito per l’aggiudicazione della domanda e se il convenuto, come asserisce di aver ricevuto danni, che si avvalga dei mezzi che la legge gli concede e gli accorda. Visto che la confessione giudiziale fa piena prova contro colui che l’ha fatta; tentata la conciliazione delle parti; non è riuscita; l’attore d’altronde ha insistito per la sentenza; Il Conciliatore del Comune di Ovindoli pronunziando definitivamente Condanna Il Convenuto Scoccia Vincenzo a pagare all’attore Colabianchi Nunziola reclamata somma di lire tredici, giusta la domanda. Lo condanna pure alle spese del giudizio di lire una. Così deciso e giudicato all’udienza di oggi 17 novembre 1897 in Ovindoli. Il Conciliatore Enrico Dard Il Cancelliere Sabatino Bonanni Ufficio di conciliazione di Ovindoli * * * In nome di Sua Maestà Umberto I per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia Il Conciliatore del Comune di Ovindoli all’udienza del 22 dicembre 1897 ha emesso la seguente Sentenza Nella causa civile tra la signora Cardarelli Anna Maria moglie di Chiuchiarelli Tommaso, proprietaria domiciliata in Ovindoli Attrice, comparsa in persona contro Il sig. Liberatore Domenico fu Alessandro contadino, ivi domiciliato, convenuto contumace. L’attrice con atto d’intimo dell’atto dicembre 1897 traeva in giudizio il convenuto all’udienza dell’undici detto, per farlo condannare al pagamento in di lei favore della somma di lire 4,90 che le va dovendo per il prezzo di tanto vino a credenza. In detta udienza non venne la causa discussa e fu rimandata a questa del 15 e non essendosi presentato, si ordinava una seconda citazione per l’udienza di oggi. L’attrice si è presentata ed ha insistito per la condanna. Il convenuto non è comparso, forse perché non ha nulla do opporre in contrario alla proposta. Visto che la contumacia non è dipesa da forza maggiore, il Conciliatore del Comune di Ovindoli dichiara la contumacia di esso convenuto, Liberatore Domenico e lo condanna a pagare, in beneficio dell’attore, sig.ra Cardarelli Anna Maria la somma di lire quattro e centesimi novanta giusta la proposta. Lo condanna pure alle spese fin qui liquidate in lire 1,30. Così deciso e giudicato all’udienza di oggi 22 dicembre 1897, in Ovindoli. Il Conciliatore, Enrico Dard Il Cancelliere, Sebastiano Bonanni Letta e pubblicata alla suddetta udienza dal sottoscritto Cancelliere in presenza dell’attrice. Diritti cent. 60. Il Cancelliere, Sabatino Bonanni” Angelosante Arnaldo, “Breve storia di una comunità nell’altopiano delle rocche”, Rea Edizioni, 2019, pag. 70 www.reamultimedia.it . * * * Come già detto, nell’800 in genere i giudici conciliatori non avevano competenze giuridiche, bensì erano scelti tra le persone più in vista o stimate della comunità. E tale prassi continuò anche dopo la prima guerra mondiale. “Durante i mandati dei podestà Silvio Bonanni e Giuseppe Varrassi [secolo XX, fine anni 20, metà anni ‘30], la giustizia fu amministrata sempre dallo stesso funzionario: il giudice conciliatore Carmine Mai, detto “don Carmine”; di aspetto piacevole, anche se non troppo alto, sempre accogliente, era istruito avendo frequentato le tre classi elementari e ben visto e stimato dalla popolazione; le sue sentenze erano sempre emesse con equità; nel paese la giustizia era “don Carmine”; non essendo ammogliato viveva presso la famiglia del fratello Giovanni; possedeva un bel patrimonio di terre, fabbricati e bestiame, anche se separato dal patrimonio dei famigliari; suo padre Pietro, dopo l’unità d’Italia, era stato uno dei primi sindaci di Ovindoli; tutte le sentenza venivano scritte dal Segretario Comunale, che fungeva da cancelliere, e non venivano mai appellate!” Angelosante Arnaldo, cit., pag. 95 Ma non c’erano solo le controversie tra paesani per i modesti problemi del vivere quotidiano. C’erano anche le liti tra enti comunali relativi agli usi civici. Il Comune di Ovindoli, in provincia de L’Aquila, è sito a 1.375 mt di altezza sul livello del mare. Fino al 1861 faceva parte del Regno delle Due Sicilie, dopodiché del Regno d’Italia. In passato, per buona parte dell’anno, il territorio comunale era ricoperto di neve, per cui l’altitudine e la temperatura rigida consentivano un’agricoltura molto modesta, allevamento di bestiame (soprattutto ovini, da cui il nome del paese), transumanza e, purtroppo, emigrazione. E gli usi civici erano fonte di sussistenza. “Sulle zone montane le terre sono divise in poche grandi proprietà ed in un gran numero di piccole e piccolissime, spezzate sui versanti in tanti lotti separati da seminativo, pascolo e bosco, moltiplicati dalle divisioni ereditarie. La massa dei piccoli proprietari, insieme ai braccianti senza terra, trae una parte del proprio sostentamento dall’uso dei terreni comunitari, su cui vige il diritto di legnatico e di pastura. Tutti questi benefici risalgono all’epoca feudale, in cui, nonostante il feudatario avesse diritti non solo sulla terra, ma anche sulle persone, i semplici villani godevano di alcuni diritti inalienabili, quali quelli di servirsi di terreni, pascoli, boschi ed acque comuni, che garantivano la sussistenza minima delle famiglie. In questo caso ci troviamo di fronte al conflitto di competenze tra i comuni del circondario per gli usi civici della montagna grande di Celano, conflitto che sfocerà in una vera e propria guerra tra i castellani e gli ovindolesi all’inizio del XX secolo”. Da un documento del 1811 (“Gioacchino Napoleone Re delle Sicilie, Principe e Grande Ammiraglio dell’Impero Francese , …”) risulta che il Comune di Ovindoli comprendeva 926 abitanti, che possedevano 2.370 animali “pagliaroli”, mentre il Comune di Celano annoverava 3.200 abitanti, con 4.999 animali “pagliaroli” (“pagliarola”, in Abruzzo, era la pecora che trascorreva l’inverno nei pagliai e non andava in transumanza) Rosati Raffaele, Pestilli Carlo e Rosati Filippo, “Ovindoli ieri e oggi”, LCL Industria grafica, Avezzano, 2011, pag. 62. . I dissidi, e gli scontri, tra gli abitanti dei due paesi limitrofi per il pascolo, il legnatico e la produzione di carbone nella “montagna grande” di Celano erano frequenti. Ci furono tentativi di conciliazione portati avanti dall’autorità civile superiore a quella comunale (oggi sarebbero i prefetti) e, ben poche volte, dai sindaci dei comuni stessi. Infruttuosi. Si intraprese la via giudiziale. “ Il dieci maggio 1810, il Comune di Ovindoli riprese innanzi alla ‘Commissione Feudale’ la sua azione di ‘Manutenzione in Possesso’; In quella Commissione, con decisione del 3 luglio 1810, si dichiarò che fosse proprietà del Comune di Ovindoli la Montagna Magnola e i luoghi adiacenti. Ricorsero innanzi al commissario ripartitore De Tomasis, i Comuni di Celano, Rovere, S.Potito e S. Iona, affermando che i loro cittadini avevano esercitato da lunghissimo tempo gli usi civici di legnare e di pascere; Il Comune di Ovindoli oppose il suo diritto di proprietà, dichiarato dalla Commissione; con ordinanza del 13 luglio 1811 il Regio Commissario ordinò che i comuni tutti: Ovindoli, Rovere, Celano, S.Potito e S.Iona presentassero un progetto di accomodamento per gli usi civici, che, rispettivamente ad essi competono e che intanto godessero in comune ed in natura gli usi stessi. Il Comune di Ovindoli ricorse all’Intendente dell’Aquila, che, con ordinanza dell’8 giugno 1827 confermò l’ordinanza del 1811, facultando Ovindoli a richiedere l’opposizione dei termini divisori o la liquidazione dell’oltreuso. Con atto dell’8 aprile 1841 Ovindoli istituì giudizio petitorio innanzi al Tribunale, contro gli altri suddetti Comuni e chiese: a) dichiararsi di assoluta sua proprietà la Montagna Magnola e sue adiacenze; b) di vietarsi ai convenuti l’esercizio di qualsiasi uso civico in quelle località; c) condannarsi i convenuti alla restituzione dei frutti dal 13 luglio 1811. Il giudizio non ebbre seguito, tanto che il Tribunale dell’Aquila, con sentenza del 22 novembre 1851 dichiarò perduta l’istanza e la Gran Corte Civile dell’Aquila la confermò. La Suprema Corte di Napoli, con sentenza del 3 agosto 1854 annullò la sentenza di Appello, rinviando la causa alla Gran Corte Civile di Napoli, la quale, con pronunziamento del 17.12.1855 respinse l’eccezione di …… e con sentenza 18 febbraio 1858 la Corte Suprema respinse il ricorso. Il giudizio non ebbe più seguito. Nel frattempo si ebbero vari giudizi possessori. Con atto del 16 agosto 1894 Ovindoli istituì innanzi al Tribunale di Avezzano un altro giudizio petitorio contro il Comune di Celano e chiese: 1) Di essere ritenuto esclusivo proprietario di tutte le montagne descritte nella sentenza della Commissione Feudale del 3 luglio 1810 e che gli competesse il diritto di spurgare i suoi boschi senza il consenso di Celano; 2) Che a Celano competesse il solo diritto di legnare nel bosco della Montagna in concorso di S.Potito e S.Iona, per tutte e di Rovere per alcune soltanto. Il Tribunale con una prima sentenza ordinò l’intervento in causa del Comune di Rocca di Mezzo, di cui Rovere era diventato frazione; ma Rocca di Mezzo dichiarò di disinteressarsi nei rapporti fra i due Comuni litiganti, contento della zona di territorio posseduto da Rovere; Con una seconda sentenza del 21 febbraio 1898 il tribunale, respinta l’eccezione di incompetenza dell’autorità giudiziaria accolse la domanda del Comune di Ovindoli, dichiarandola proprietario della Magnola e sue adiacenze e riconoscendo pel convenuto il diritto di legnare nelle parti boschive in concorso con le Frazioni di S. Potito e S. Iona. Nell’Appello di Celano, la Corte dell’Aquila con sentenza del 17 febbraio / 5 marzo 1899, dichiarò l’incompetenza dell’autorità giudiziaria, ritenendo che con le domande proposte si venisse a scindere il giudizio di scioglimento di promiscuità che è universale, di competenza del Regio Commissario Ripartitore: a questo punto il giudizio si fermò. Nel Dicembre del 1899, con apposita Deliberazione i due comuni, Ovindoli e Celano, stabilirono di comune accordo: a) di sospendere ogni contesa giudiziaria e invitare il Prefetto quale Commissario Ripartitore a sciogliere la Promiscuità entro il mese di settembre del 1909, concedendogli all’uopo potere maggiori di quelli concessigli dalla legge; b) di doversi tener conto anche delle zone non più boschive e terminarsi un’indennità a Celano per l’impedito taglio nell’ultimo quinquennio Si eseguì una perizia, comparvero le parti innanzi un Commissario ripartitore per un accordo; ma l’accordo non poté aver luogo onde il Commissario, con ordinanza del 6 novembre 1900 rigettò tutte le eccezioni pregiudiziali, compresa quella della mancata integrazione del giudizio con la citazione di Rocca di Mezzo, S.Potito, S.Iona; sciolse la promiscuità tra Celano ed Ovindoli, questo anche come rappresentante delle frazioni S.Potito e S.Iona, accantonò a Celano, in un sol corpo, il terzo dei boschi, nel senso che il Comune potesse ottenere annualmente un prodotto legnoso uguale al terzo del prodotto legnoso spettante ad Ovindoli e Frazioni e tale accantonamento ordinò si facesse nella valle d’Arano, prevedendo anche i dettagli dell’esecuzione. Appellò Ovindoli con atto 22 dicembre 1900 e appellava per incidente Celano. Ovindoli sosteneva la carenza di ogni azione in Celano e la irregolarità del contraddittorio per la non integrazione del giudizio con Rovere, S. Potito e S. Iona ed in merito impugnò l’ordinanza per la quantità di terreni attribuiti a Celano le modalità di esecuzione alla indennità. Celano sosteneva l’incompetenza giudiziaria, la inappellabilità alla ordinanza e la modificazione di questa in merito; La Corte d’Appello dichiarò che la quota spettante al Comune di Celano, a titolo di compenso dello scioglimento della promiscuità nel comune di Ovindoli, dovesse essere la terza parte dell’intera estensione boschiva della Magnola e adiacenze, così come era nel 12 agosto 1806 e che le altre due terze parti spettassero ad Ovindoli per sé e quale rappresentante di S.Potito e S.Iona e dispose che l’accantonamento si dovesse fare nella zona boscosa in Valle d’Arano, con l’obbligo di Ovindoli di prestare la via d’accesso a spese di entrambe i Comuni e condannò Ovindoli alla terza parte del valore dei tagli eseguiti nel decennio promiscuo, nominando all’uopo un perito. Contro questa sentenza Ovindoli produsse ricorso per Cassazione. Questa Corte Suprema, con sentenza 19 luglio / 13 agosto 1902. accolse il motivo relativo all’integrazione del giudizio, rinviando la causa alla corte d’Appello di Roma; riproposta la causa in grado di rinvio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza 21 aprile 1903, respingendo tutte le eccezioni di incompetenza e di diritto si uniformò nel merito alla precedente sentenza d’Appello. Si iniziarono così le operazioni per l’esecuzione della sentenza di rinvio, ma Ovindoli produsse ricorso per Cassazione, per sette mezzi alle sezioni unite; queste, con sentenza 24 maggio / 5 aprile 1904 accolse il rinvio per i primi 4 mezzi e rinviò la causa alla corte di Ancona. Con atti 11 giugno / 21 settembre 1904 Ovindoli riprodusse causa in rinvio e la Corte di Ancona, con sentenza 14 maggio / 5 giugno 1905 revocò l’ordinanza prefettizia, ordinando l’integrazione del giudizio e dichiarò nulle tutte le operazioni demaniali finora eseguite e nulli tutti gli atti e i provvedimenti interinali, compreso l’assegno provvisorio del 5 aprile 1903 con la condanna di Celano al pagamento di tutte le spese. Contro questa sentenza Celano ha prodotto ricorso per cinque motivi: 1) si sostiene l’incompetenza e l’eccesso di potere; 2) censura della sentenza di mancanza di motivazione e di contraddittorietà per aver ordinato la prosecuzione della procedura e di averla nel contempo annullata; 3) assume che la corte di merito non poteva decidere di tutti gli effetti della nullità, ma si doveva fermare alla nullità della sentenza; 4) censura la sentenza di eccesso di potere, per aver annullato anche l’assegno provvisorio, che è stato essenzialmente amministrativo; 5) si lamenta dell’enorme condanna della spesa In Diritto Il supremo Collegio considera che le sezioni riunite sono state adite per decidere la questione della competenza giudiziaria sollevata nel 1° e 4° motivo del ricorso e rispetta unicamente alla ordinanza prefettizia 5/9 luglio 1903 e alla relativa loro esecuzione, in quanto il Prefetto agiva in virtù dei suoi poteri discrezionali come autorità amministrativa a tutela dell’ordine pubblico in due Comuni contendenti e che il Prefetto abbia agito nella esplicazione di un potere discrezionale amministrativo è ad evidenza dimostrato dal testo stesso delle ordinanze precitate. Invero egli constatò che non era possibile mantenere nella ‘statu quo’ l’esercizio promiscuo degli usi civici, sia nel deperimento dei boschi che per tutelare l’ordine pubblico, di esercitare un conflitto tra due popolazioni; che quindi un provvedimento provvisorio e discrezionale era richiesto dalla necessità. Tanto più che il Comune di Ovindoli non poneva in dubbio i diritti del Comune di Celano, ad ottenere una parte del bosco. Onde l’ordinanza 5.7.1903 e l’altra che ne seguì, l’immissione del Comune di Celano nel possesso provvisorio di una parte del bosco e l’ordinanza di omologazione sono atti sostanzialmente di indole amministrativa e discrezionale, richiesti da uno stato di necessità e da motivi di ordine pubblico, come si espresse il Prefetto; e come tali sfuggono al sindacato giudiziario. L’ordinanza 5-19 e 31 luglio 1903 e tutta la procedura di esecuzione dell’assegno provvisorio, di opposizione e di omologazione sono insindacabili dinanzi all’autorità giudiziaria; la Corte di merito non nega né poteva negare che quei provvedimenti erano stati emessi dal Prefetto come autorità amministrativa nell’esercizio di un potere discrezionale, ma non credette dare a ciò importanza perché preesisteva la sentenza della Corte d’Appello dei Roma. Non si è accorta la corte di merito che si trattava di un assegno provvisorio ispirato da scopo di ordine pubblico e decretato indipendentemente dalla sentenza della corte di merito. Per tali motivi Il supremo collegio – Sezione civile Rigetta i motivi del ricorso prodotto dal Comune di Celano contro la sentenza del 3 giugno 1905 e rinviati dalle sezioni riunite; Condanna il ricorrente alla perdita del deposito. Così deciso dalla corte di cassazione di Roma – Sezione civile, in camera di consiglio il 21 dicembre 1912” Angelosante Arnaldo, cit., pagg. 49/54 . La via giudiziale, intrapresa agli inizi dell’800, non era ancora conclusa nel 1912. Infruttuosi risultarono alcuni tentativi di conciliazione portati avanti dalla pubblica autorità (oggi sarebbero i prefetti) e (molto pochi) dai sindaci degli stessi comuni. Agli inizi del ‘900 si verificarono, addirittura, episodi di violenza fisica tra paesani dei comuni limitrofi collegati al pascolo ed al legnatico nei terreni oggetto di usi civici. Giovanni Matteucci 2








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