2010 Jadran Od Antike Do Suvremenog Nasljeđa
2010 Jadran Od Antike Do Suvremenog Nasljeđa
2010 Jadran Od Antike Do Suvremenog Nasljeđa
1-2/ 2010
In copertina:
Disegno originale di Sreko Jurisi
Elaborazione grafica di Monica De Rosa e Alfonso Rendinella
ADRIATICO/JADRAN
Rivista di cultura tra le due sponde 1-2/2010
Fondata da Luciano DAlfonso
Comitato scientifico: Gian Mario Anselmi, Nataa Baij arko, Franco Botta, Joko Boani,
Lorenzo Braccesi, Giovanni Brancaccio, Nicola DAntuono, Vincenzo De Caprio, Fabio Fiori,
Elvio Guagnini, Pasquale Guaragnella, Sebastiano Martelli, Alessandro Masi, Predrag Matvejevi,
Gianni Oliva, Aleksandar Palavestra, Gaetano Platania, Giovanna Scianatico, Marko Trogrli
Comitato di redazione: Snjeana Brali, Monica De Rosa, Brigida Di Leo, Stevka mitran
Segreteria di redazione: Maja Bezi, Katarina Dalmatin, Claudio Di Felice, Chiara Magni,
Pierluigi Ortolano, Ivania Petrin
Redazione italiana: Fondazione Ernesto Giammarco, viale Riviera, 195, 65123 Pescara, tel.
+39 085 76173; e-mail: m.giammarco@tiscali.it; m.giammarco@unich.it
Redazione croata: Filozofski Fakultet Sveuilita u Splitu, Sinjska, 2, 21000 Split; Tel: +385
21 384144; e-mail: ljerka.simunkovic1@st.t-com.hr; sito web: www.ffst.hr
ISSN 1828-5775
Atti del V
Congresso Internazionale
della Cultura Adriatica
(nuova serie)
a cura di
Marilena Giammarco e Ljerka imunkovi
Relazioni/ Referati
Vincenzo De Caprio, Fra Zacinto e le antenoree prode. Foscolo e lanima del mare
greco/ Izmeu Zakinta i antenoriskih obala. Foscolo i dua grkog mora 27
Stevka mitran, Poesie popolari sugli uscocchi/ Narodne pjesme o uskocima 112
9
Giovanna Scianatico, Settecento adriatico/ Jadran u 18. stoljeu 126
Nataa Baji-arko, Uzgoj vinove loze u Dalmaciji u 18. stoljeu i tradicija uzgoja
danas/ La coltivazione della vite in Dalmazia nel 700 e la tradizione della coltivazione
odierna 135
Nikica Mihaljevi, (Ne)sklad ovjeka i prirode: otuenje likova u dva Tozzijeva romana/
10
Discordanza tra luomo e la natura: lestraneazione dei protagonisti in due romanzi di
Tozzi 226
Katarina Dalmatin, Il ruolo degli stereotipi culturali nella costruzione dellimmagine della
Croazia nella letteratura e pubblicistica italiana degli anni Novanta/ Uloga kulturnih
stereotipa u konstruiranju slike Hrvatske u talijanskoj knjievnosti i pubblicistici devedesetih
godina 239
Antonio Iurilli, Parole fra le sponde: la scrittura adriatica di Raffaele Nigro/ Rijei
meu obalama: jadransko pisane Raffaela Nigra 268
Maja Bezi e Snjeana Brali, Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio Navigare
necesse est/ Mode i manije u talijanskom novog tisuljea Navigare necesse est 364
Rita Scotti Juri, Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria/ to preostaje od
talijanske jezine batine u Istri 374
11
Alessandro Masi, Concerto delle lingue dEuropa nel processo di unificazione politica
dellUE/ Proimanje europskih jezika u procesu stvaranja Europske Unije 388
Bruno Bravetti, I gemellaggi fra le citt strumento per far crescere la cultura della cittadinanza
europea/ Bratimljenje gradova sredstvo za razvoj kulture europskoga graanstva 392
Raffaele Cavalluzzi, Brevi considerazioni intorno al volume Il verbo del mare 399
12
Prolusione/ Uvodna rije
La leggenda troiana tra antichi e moderni/
Trojanska legenda izmeu drevnih i suvremenih
Lorenzo Braccesi
Universit di Padova
Qui Foscolo, nella terza (e pi tarda) evocazione di Zacinto del suo canzoniere,
ricorda che alla patria lontana potr solo andare il suo pensiero, mentre le sue
1
L. Braccesi, Proiezioni dellantico, Bologna Patron, 1982, p. 13 sgg., nonch Id., Foscolo, Venezia e il
mito troiano, in Venezia nella sua storia: morti e rinascite, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 2003,
pp. 111-124.
15
Lorenzo Braccesi
Ma ora appena si degnano di ricordanza que greci che rifuggiti dopo il XIV secolo a
Veneti [...] portarono agli avi nostri le greche muse e li armarono contro alla signoria
degli scolastici.
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La leggenda troiana tra antichi e moderni
Per Foscolo Bisanzio cade cos per nemesi storica: per vendetta della fortuna
contro la sciagurata conversione di Costantino, che fu causa del tramonto degli di
dellEllade. Pure per i contemporanei Bisanzio cade per espiare colpe religiose,
ma di altra natura. Per il metropolita moscovita Zosimo perch, con il suo ultimo
sovrano, aveva sottoscritto latto di riunificazione con la chiesa cattolica; per lo
storico veneziano Bernardo Giustinian per il motivo opposto: per la caparbia
persistenza nellessere scismatica, cio catholicae fidei scissura.
Ma tutto questo marginale. Ci che importa come, per Foscolo, Venezia
accorpi una duplice eredit: quella di Troia e quella di Bisanzio. Che, sommate
insieme, determinano ununica eredit: quella della Grecia. Ma, storicamente
e geograficamente, quale Grecia? La domanda non oziosa se consideriamo
che Foscolo nasce nella greca Zacinto cittadino della repubblica di Venezia. La
sua Grecia come gli aveva insegnato la realt della storia veneziana quella
che abbraccia insieme Atene e Bisanzio, slargandosi dalla penisola balcanica alla
costa anatolica e includendo gli arcipelaghi dellEgeo e dello Ionio; in una parola
la totalit dellecumene grecofona.
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Lorenzo Braccesi
Sofocle dunque nel racconto della presa di Troia riferisce che davanti alla porta di
Antenore era stata appesa una pelle di leopardo quale segno di riconoscimento perch
fosse lasciata inviolata la casa; (riferisce inoltre) che Antenore e i figli, con gli Eneti
sopravvissuti, trovarono scampo in Tracia, e da qui si diressero alla volta della Enetik
nellalto Adriatico ( ).
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La leggenda troiana tra antichi e moderni
19
Lorenzo Braccesi
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La leggenda troiana tra antichi e moderni
pastorale che non sia di Teocrito, poco di genuinamente epico che non siano
versi trapiantati da Omero. Donde, per lui, la necessit di risalire allorigine
della leggenda per la notizia, vulgata da Virgilio, dellapprodo di Antenore in
terra veneta: quindi a Sofocle, erede diretto di Omero, che gli attesta come la
colonia antenorea in occidente non sia Padova, ma unaltra situata nella Enetik:
cio nella laguna di Venezia.
Rifiutando Virgilio e risalendo allorigine della leggenda dAntenore,
Foscolo dun tratto viene anche a purificarla della sua faccia infamante. Come
ho anticipato, per un filone della tradizione, Antenore avrebbe tradito Troia,
salvandosi cos dalla vendetta dei vincitori e dalla distruzione della sua citt.
La tradizione secondaria in et antica, ma conosce ampia fortuna in epoca
medievale per debito diretto di Servio e dei commentatori virgiliani di et tardo-
antica. I quali, con gusto scandalistico, le danno immeritato credito con una
serie di distorte interpretazioni dellEneide, volte a dimostrare che anche Virgilio
conosceva e accreditava la notizia del tradimento di Antenore. Ora, rifiutando
Virgilio, e risalendo alle origini del mito, che ignora la tradizione del tradimento,
Foscolo purifica allistante la leggenda antenorea. Non proditor, ma pius, leroe
profugo in Adriatico, e per questo fondatore di Venezia.
Limportanza di ancorare, alle origini del mito, Venezia a Troia si palesa poi in
forma pregnante, e in tutto il suo spessore ideologico, allorch Foscolo definisce
le antenoree prode ultima sede dei Lari Idi. Loperazione tematicamente
centrale, e muove, e trae suffragio, proprio dalla connessione fra Antenore e
Venezia: se questi ha fondato la citt adriatica, la translatio deum quivi giustificabile
ideologicamente e cronologicamente. Sotto il profilo ideologico, perch i Penati
di Troia non trasmigrano in una sede casuale o arbitraria, scissa da legami
culturali con la metropoli di origine, ma determinatamente, con Antenore, in una
fondazione iliaca. Sotto il profilo cronologico, perch Antenore giunto in Italia
prima di Enea secondo la testimonianza concorde della tradizione. Con il ricordo
dei Lari Idi, trasmigrati nella Serenissima, il messaggio di Foscolo si fa quindi
esplicito, politicizzandosi con insospettata irruenza. Infatti la troianizzazione di
Venezia diventa assoluta, e di fatto esclude quella, ben pi celebre, di Roma! Se
per, in ottica foscoliana, storicamente suffragabile il fatto che Venezia sia
stata fondata da Antenore, non altrettanto giustificabile lasserzione, davvero
rivoluzionaria, dellapprodo dei Penati di Troia in terra veneta. Questi come
universalmente noto approdano nel Lazio con Enea, e non certo nel Veneto
con Antenore. Qui, chiaramente, la brutale distorsione della leggenda tradisce
una forte strumentalizzazione: Venezia, anzich Roma, lerede di Troia.
La polemica antiromana di Foscolo assoluta e totale. Troia non pi il
simbolo astratto di una origine nobilitante, ma, in Foscolo, anzitutto larchetipo
concreto del concetto di patria. Il processo il medesimo che, nei Sepolcri, lo
21
Lorenzo Braccesi
Troia si perpetua in Venezia: qui sono trasmigrati i suoi di. Ma tutto ci che
troiano anzitutto greco in quanto rivive e si rinnova in virt dellantico mito
omerico. Lellenico e il troiano non sono in Foscolo concetti antitetici, ma
correlativi, espressioni di due anime dellantico che si integrano a vicenda: cio il
dolore e la gloria, il pathos e il kleos, ossia la celebrazione della morte e della vita.
Fra questi poli si consuma lesperienza poetica di Foscolo: di padre veneto e di
madre ellenica, nato a Zacinto e trasmigrato a Venezia. Nel luogo delle Grazie
levocazione congiunta di entrambe le patrie non casuale, ma rivendicazione
poetica di una duplice origine: greca e troiana. I padri del poeta sono s i Veneti
in quanto Eneto, in quanto coloni troiani trasferitisi con Antenore dopo la ruina
dAsia come egli stesso ci dice in una didascalia delle Grazie; ma, in prospettiva
meno ancestrale, sono anche i Veneti in quanto, fino ancora alla sua adolescenza,
signori di Zacinto: che fu il pi avanzato relitto dellimpero della Serenissima
nelle terre del Levante. Come sempre, nel poeta, passato e presente si fondono
in nesso indissolubile: qui a congiungere e sublimare entrambe le sue patrie.
22
La leggenda troiana tra antichi e moderni
***
23
Lorenzo Braccesi
Rad se suoava s temom odnosa izmeu Uga Foscola (roen u Zakintu od oca Mleanina
i majke Grkinje te se kasnije preselio u Veneciju), mletake domovine i trojanskog mita.
U daljnjem tonom izlaganju stihova Le Grazie posveenih Zakintu dolazi se do
zakljuka da pjesnik, protivei se legendarnoj tradiciji koja potjee od Virgilija koji je
tvrdio da je Antenor osniva Padove, trojanskom heroju pripisivao je, naprotiv, osnutak
Venecije, pokazujui estoku proturimsku polemiku. Foskolova poruka stjee tako, kao u
Grobovima, kako pjesnika tako i ideoloka znaenja. Pjesnika, jer prizivanje trojanskih
bogova, arhetipova koncepta zaviaja (domovine) povezuje se s motivom smrti, obnoviteljicom
uspomena i osjeaja; ideoloki, jer u temi translatio deum iz Troje u Veneciju nema vie
mjesta za povijest boanskog podrijetla Rima i njegova predodreenja na Carstvo.
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Relazioni/ Referati
Fra Zacinto e le antenoree prode.
Foscolo e lanima del mare greco/
Izmeu Zakinta i antenorskih obala.
Foscolo i dua grkog mora
Vincenzo De Caprio
Universit della Tuscia
di una remota antichit simboleggiata dalle tombe degli eroi greci nella Troade
(non vedo n la tomba dAiace n dAchille); cos come su quelle dei mitici fondatori di
Ilio si chiuderanno di l a poco i Sepolcri, facendo della Troade il punto cruciale in
cui, intorno ai sepolcri, si snodano le linee del mito, della storia e della letteratura,
fino a coinvolgere, tramite la poesia di Catullo echeggiata nel sonetto in morte
di suo fratello Giovanni, anche lespressione poetica di una personale linea di
dolore. Scrive nellabbozzo:
Io nato in Grecia piena di avventure; e condotto in Egitto e in Atene, ora dal fato
medesimo mi veggo esiliato Boulogne etc.
Io parlo a te Padre Oceano, io tho ammirato percorrendo londa di Teti e i tuoi
figliuoli minori quando io andavo da fanciullo a Venezia ad imparare la divina lingua
italiana; io tho veduto nellJonio e nellAdriatico, e nel Mediterraneo allorch
Ma n oggi posso scorrere i tuoi vasti campi, ed ivi io vedrei il nuovo mondo e il
continente che tu bagni, perch la guerra:
Alta la mente mia Padre Oceano; posso contemplare le stelle e percorrere con
limaginazione i tuoi vasti mari, e immaginar co filosofi la diva natura, ma lintelletto
imprigionato nel corpo il quale servo degli uomini.
Onde io qui parlo niuno pu tormi i miei vasti pensieri da questa citt etc.: campi etc.
Di qui non vedo n la tomba dAiace n dAchille: non le memorie del passato duomini
e di cose: non la guerra che spaventa i mortali ma leternit e lo abisso in cui ti riempi
etc.
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Fra Zacinto e le antenoree prode
per lui non solo lo Ionio che circonda la vagheggiata Zacinto dellinfanzia, con
la sua ininterrotta continuit nellAdriatico che bagna laltro luogo foscoliano
di Spalato e si esaurisce nelle radici troiane del golfo di Venezia. Esso il mare
della Grecia nel suo complesso, che abbraccia tutta la parte nord-orientale del
Mediterraneo, dallo Ionio e Adriatico allEgeo fino allEllesponto delle memorie
e dei miti troiani su cui si chiudono i Sepolcri.
E se dal ricordo delle giovanili peregrinazioni emerger limmagine
dellAdriatico delle antenoree prode come proprio nucleo identitario e perci come
meta di una nuova tensione centripeta, questo non significher lo smarrimento
delleredit greca di cui Foscolo si sente portatore. Come ha efficacemente
mostrato Marilena Giammarco il mare Adriatico unarea in cui si incrociano
diverse culture ed immaginazioni letterarie metamorfiche; che, a partire dalle
peregrinazioni adriatiche di Ulisse e dai miti classici legati a quei luoghi, hanno
attraversato tutte le epoche storiche, via via modificandosi e influenzandosi a
vicenda. Ma da questo mutevole complesso di intrecci letterari, Foscolo seleziona
come fondante solo la linea lungo la quale il proprio nucleo identitario continua
ad apparire legato direttamente con la classicit. Il classico della Grecia invade
anche lorizzonte adriatico.
Allanima dellampio spazio marino della colonizzazione greca, Foscolo si
mostra inestricabilmente connesso; l avverte risiedere il centro della propria
identit: Ondio, pien del nativo/Ar sacro. L si manifestano pienamente per
Foscolo il mito e la memoria dellAntico; che perci in quelle acque, per lui,
possono continuare a mostrare la loro ininterrotta presenza e la loro perenne
ed attuale capacit di illuminare il senso ultimo della realt. Naturalmente c
stata, anche per Foscolo, uninterruzione della continuit storica del Classico
anche nella Grecia. E su qualche testo (dal poetico viaggio delle api dalla Grecia
allItalia dopo la caduta di Costantinopoli, alla distanza fra antico e moderno
nella lettera a Bartholdy) dovr tornare. Ma se la storia ha inciso sugli uomini e
sugli aspetti esterni della cultura, non ha inciso per sullanima di quei luoghi,
nel senso in cui la intende James Hillman. E attraverso il mito e la memoria
classica, anche se non solo attraverso essi, in quellarea del Mediterraneo restano
radicati per Foscolo il senso della propria appartenenza, il fondamento della
propria identit culturale, il dolore della separazione (quasi una scissione violenta
dellio che, non superata, continua perci a riprodursi ogni volta), il bisogno di
un ritorno alle origini che il destino di esilio rende per impossibile, infine il
bisogno di un recupero dellunit originaria.
Per questo, del complesso dialogo che lopera foscoliana stabilisce con
linsieme della tradizione letteraria, in cui autori e segmenti diversi naturalmente
occupano ruoli ed hanno incidenze differenti, anche rispetto ai tempi diversi
in cui i testi foscoliani furono scritti; di questo complesso dialogo privileger
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Vincenzo De Caprio
nettamente solo quello con la tradizione classica, senza con questo assolutamente
intendere che, anche nei brani che qui vengono presi in considerazione, il
riferimento alla linea classica della tradizione possa esaurire larco dei referenti
letterari di Foscolo.
Limpossibile ritorno lasse tematico del sonetto 9 [A Zacinto]; ma il viaggio
impossibile verso le isole ionie ha un ruolo anche nellOrtis. Jacopo ha ormai
deciso di uccidersi, come annota Lorenzo dopo il breve biglietto datato ore 11
della sera con cui lamico sventurato gli ha scritto di aver saputo del matrimonio
di Teresa: Dal frammento seguente, che ha data della sera stessa, apparisce che Jacopo
decret in quel d di morire. Il 13 marzo Jacopo torna da Ravenna ai colli Euganei e
manda il servo Michele a Venezia per informare sua madre della sua intenzione
di partire per le isole ionie: Temendo di non ritornare forse pi, verrebbe a rivederci
e a ricevere la benedizione di sua madre. Il progetto di un viaggio senza ritorno
nelle isole greche diventa insieme sia la metafora dellintenzione di Jacopo di
suicidarsi, sia lo schermo pietoso che egli innalza intorno alla sua decisione per
proteggere sua madre.
E poco dopo, quando sua madre sembra aver presentito lincombere della
tragedia da alcuni indizi lasciati dal figlio, lidea di questo viaggio alle isole ormai
perse da Venezia sembra tornare in gioco con maggiore forza di realt nei
comportamenti di Lorenzo, ma anche con una chiara presa di distanze da parte
di uno Jacopo che sa cosa stia a significare quel viaggio, a parole progettato ma
in realt irrealizzabile vista la determinazione di morire:
Poche ore dopo la madre sua vide il verso aggiunto; savvide anche della treccia, e
della ciocca e del nodo nero, chei forse disavvedutamente o per fretta non aveva
potuto rimpiattare che non paresse. Il d seguente me ne parl: ed io vidi come questo
accidente le aveva prostrato il coraggio con che dianzi essa avea sostenuta la partenza
del suo figliuolo.
Onde per acquetarla mi deliberai di accompagnarlo sino ad Ancona, e promisi che
le scriverei giornalmente. Esso frattanto tornavasi a Padova, e smont in casa del
professore C***, dove ripos il resto della notte. La mattina accomiatandosi, gli furono
30
Fra Zacinto e le antenoree prode
dal professore esibite due lettere per alcuni gentiluomini delle isole gi Venete, i quali
nel tempo addietro gli erano discepoli. Jacopo n le accett, n le rifiut. Torn a piedi
a colli Euganei, e ricominci a scrivere.
Il mare e il mito
Fra il 1802 e il 1803 Foscolo compone il sonetto 9 [A Zacinto]. La sua
sinuosa linea tematica si sviluppa, attraverso continui trapassi di motivi e con
ininterrotta continuit ritmica e musicale, nelle due quartine e nella prima terzina
con landamento di una linea a spirale. Tale linea parte dal tema del ritorno
irrealizzabile in relazione a un io fortemente soggettivato (N pi mai toccher
le sacre sponde) per concludersi, proprio alla fine della prima terzina, col tema
del ritorno realizzato in relazione ad Ulisse (baci la sua petrosa Itaca Ulisse). Il
motivo iniziale sembrerebbe essere quello del ritorno impossibile, che apre verso
la relazione oppositiva con Ulisse (lantico eroe torn in patria, al contrario del
poeta il cui ritorno non potr realizzarsi) e apre quindi verso la sua ripresa, nella
seconda terzina, col tema del ritorno allisola, che non possibile al poeta ma
solo al suo canto. Ma sotto il ritorno c il tema dellapprodo.
Entrambi i personaggi, quello antico e quello moderno, hanno come patria
unisola per cui sembra naturale che in entrambi i casi il tema del ritorno si
presenti nella veste pi specifica del tema dellapprodo, dellarrivo per mare. Nel
caso di Ulisse lapprodo colto attraverso il gesto di baciare la terra di Itaca.
Pi esplicitamente il tema dellapprodo affermato nel caso del poeta, il cui
vagheggiato ritorno visto come un toccare le sponde, toccare la riva, appunto
approdare, estensivamente sbarcare. Ma su quelle sponde il corpo del poeta
giacque: nel termine sponde si manifesta un significato pi ampio e generale.
Fin da questo esordio la figura retorica consente di condensare limmagine di
tutta Zacinto nella stretta linea lungo la quale la terra si unisce col mare. Nel
suo intero complesso di superficie estesa, lo spazio dellisola si comprime fino a
identificarsi nella sottile striscia delle sue sponde: le sacre sponde/ dove il mio corpo
fanciulletto giacque. E, identificata solo nella linea di congiunzione fra terra e mare
Ionio, Zacinto acquista realt e bellezza, consistenza espressiva e poetabilit solo
perch si trova in relazione privilegiata col mare. Venere, nata dalle acque
del mare, che rende lisola verdeggiante e amena, e per ci stesso per il fatto
di averla fecondata la offre al canto della poesia omerica. Per cui anche il
verso Ebbi in quel mar la culla, che costituisce un punto di snodo della trama
argomentativa di Allamica risanata, condensa in se stesso molto di pi che non
una semplice figura retorica. Zacinto, che nel sonetto si era identificata con le sue
prode, nel testo dellode pu persino scomparire alla verbalizzazione esplicita,
annullando nel mare greco il proprio stesso nome: Ebbi in quel mar la culla.
In una lettura del sonetto 9 pubblicata parecchi anni fa, con una felice
intuizione sorretta da argomentazioni formali Marcello Pagnini accennava fra
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Vincenzo De Caprio
laltro a un suo impianto pontocentrico. Come abbiamo visto, sul piano tematico fin
dallincipit questo sonetto, che pure si rivolge alla terra natale, esordisce col mare
da cui si sbarca sullisola. Zacinto viene colta in stretta relazione col mare Ionio
che la circonda e che nel sonetto si presenta come il vero centro di gravitazione
della vagheggiata realt isolana.
Il mare di Zacinto uno specchio che riflette limmagine di ci che esterno
ad esso (lisola che appunto vi si specchia). Ma limmagine che esso riflette, quella
di unisola feconda, limmagine di un paesaggio che stato prodotto, nella sua
configurazione esistente, dallazione del sorriso di Venere, che nata dal mare:
vale a dire dallazione operata dal mare, da ci che il mare cela al di sotto della
sua superficie, sopra ci che invece ad esso esterno. insomma nel mare
greco lelemento decisivo in questo gioco di rispecchiamento in cui si coinvolge
lisola di Zacinto. Il mare, oltre che essere in superficie uno specchio che rimanda
immagini provenienti dallesterno, nasconde al suo interno, celato proprio dalla
capacit riflettente della sua superficie, un potere che condiziona e trasforma ci
che esiste al di fuori delle acque. Si crea un rapporto di interazione fra ci che sta
sotto la superficie del mare e ci che fuori di esso. Limmagine che lo specchio
del mare riflette non consente di vedere direttamente ci che si muove al di sotto
della superficie riflettente; ma che pu essere colto attraverso gli effetti che esso
produce.
Anche nel mare greco, al di sotto della superficie riflettente, la poesia di
Foscolo sembra cogliere leternit e lo abisso dellabbozzo allOceano. Permane
il carattere misterioso attribuito dalla tradizione al mare; ma esso sembra non
celare solo i mostri che la memoria letteraria vi ha deposto. Come nellimmagine
dellidea junghiana dellinconscio, il mare sotto la sua superficie non cela solo
buio ma anche luce, non solo il bestiale, il demoniaco, ma anche il sovrumano, lo
spirituale e il divino, nel senso classico del termine.
Questo suo fondo misterioso si rende percepibile nellopera foscoliana
attraverso le forme del mito. Se Zacinto la terra materna lo perch l Foscolo
nato, perch greca sua madre, perch l scorge il proprio centro affettivo. Ma
lo anche perch lisola un punto nodale in cui si realizzato il primo atto
fecondatore compiuto, lucrezianamente, da Venere. Nata dalla spuma del mare
fu essa che col suo primo sorriso ha reso Zacinto fertile e perci lha resa anche
poetabile, lha fatta diventare oggetto di poesia da parte di Omero. Il quale, a sua
volta, cant le acque fatali del Mediterraneo che accolsero lerranza di Ulisse. Il
circolo significante continua a tornare al mare.
Il movimento a spirale al quale ho accennato come a una delle forme
strutturali del sonetto coinvolge anche un movimento circolare che va dal mare
verso la terra e da questa ritorna alle acque dello Ionio.
Il fulcro iniziale di questo movimento scambievole fra terra e mare nel
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Fra Zacinto e le antenoree prode
mito della nascita di Venere fecondatrice che, ampiamente evocato nelle Grazie,
anche in questopera incompiuta attrarr nel testo la celebrazione di Zacinto.
Ma, anche se il procedimento immaginativo lo stesso, la resa poetica risulta
diversa. Nel primo inno delle Grazie limmagine dellisola ha una consistenza sua
propria, articolata e sontuosa, che manca allimmagine che emerge dal sonetto.
In questo compaiono solo pochissimi tratti, tutti naturali, a individuare lisola:
la riva del mare, le piante ombrose, le nubi; che per sono per lei comunque dei
doni elargiti dal mare. Nellarticolato saluto rivolto a Zacinto nelle Grazie, lisola
non presentata solamente nei suoi connotati naturalistici come nel sonetto,
ed acquista una propria consistenza spaziale non legata al mare (i materni miei
colli; i ricchi vigneti e liberali/ i colli di Lieo). Essa pu mostrare persino una
dimensione antropizzata ed urbana: Sacra citt Zacinto; citt di antichissime
origini, la cui grandezza oggi pare sintetizzata nei tesori che le versan, quasi
fosse un tributo, gli Inglesi, per quel commercio delluva passa richiamato in un
poemetto del 1797: ed allaratro torna,/ Onde sien carchi di Britannia i pini,/
Del dolce frutto di Zacinto onore (La giustizia e la piet, II, 174-76). Nel sonetto
9 a Zacinto, resa fertile e verdeggiante dal sorriso di Venere, si oppone Itaca
petrosa, in qualche modo non toccata dal soffio vitale originario. Lopposizione
fra le due figure, Ulisse e Foscolo, e fra i loro due destini si riflette sullaspetto dei
luoghi che costituiscono il centro delle loro aspirazioni al ritorno.
Intanto vorrei meglio mettere in evidenza da un lato lo stretto nesso che
unisce il mare greco e il mito classico inteso come emblema archetipico di valori
universali ed eterni; dallaltro vorrei ribadire il fatto, collegato al precedente, che
il mito, in alcune delle pi rilevanti fra le sue diverse articolazioni, manifesta e
rende percepibile lanima dei luoghi legati a quelle acque.
Particolarmente interessante da entrambi questi punti di vista il celebre passo
dei Sepolcri relativo ai caduti nella battaglia di Maratona, che ogni notte tornano
a combattere nella pianura; presente nel carme come momento emblematico
dellamor di patria. La fonte un passo della Helldos Perigesis di Pausania, di
unopera che un grande collettore di miti, tradizioni, leggende legate ai luoghi:
in questa piana si possono sentire ogni notte cavalli nitrire e uomini combattere.
Ma lessersi posto l di proposito per avere una chiara visione del fenomeno non
giov mai a nessuno; mentre con chi non sa nulla del fatto, e la cosa gli succede
per puro caso, gli spiriti non si mostrano irati. Gli abitanti di Maratona venerano
questi che caddero durante la battaglia e li considerano eroi insieme a Maratone,
da cui il demo trae il suo nome, e a Eracle, che dicono essere stati i primi di tutti
i Greci a ritenere un dio (cito nella traduzione di Salvatore Rizzo).
Losservatore in Pausania sta sulla terra; mentre nel mare (il navigante),
non sulla terra, che Foscolo immaginer collocato il punto di vista da cui si
assiste al continuo (an pasan nucta, scrive Pausania nel passo riecheggiato da
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Vincenzo De Caprio
Foscolo) riprodursi notturno del passato. Questo spostamento del punto di vista
dellosservatore dal mare alla terra non solo una deviazione rispetto a Pausania,
ma anche uninnovazione rispetto a quanto lo stesso Foscolo aveva fatto
nellOrtis, dove aveva narrato la visione dei caduti nella battaglia di Montaperti,
che tornavano a combattere nella notte. Il dubbio che questo foscoliano doppio
tradimento delle attese, verso la propria fonte e verso se stesso, non nasca senza
un motivo importante pi che legittimo:
Il navigante
Che veleggi quel mar sotto lEubea,
Vedea per lampia oscurit scintille
Balenar delmi e di cozzati brandi,
Fumar le pire igneo vapor, corrusche
Darmi ferree vedea larve guerriere
Cercar la pugna; e allorror de notturni
Silenzi si spandea lungo ne campi
Di falangi un tumulto e un suon di tube
E un incalzar di cavalli accorrenti
Scalpitanti su gli elmi a moribondi,
E pianto, ed inni, e delle Parche il canto. (201-212)
Il testo a partire dal quale nei Sepolcri costruita la visione dei combattenti di
Maratona indicato, dallo stesso Foscolo in una delle Note al carme, nel capitolo
XXXII del Viaggio nellAttica di Pausania: Nel campo di Maratona la sepoltura degli
Ateniesi morti nella battaglia; e tutte le notti vi sintende un nitrir di cavalli, e veggonsi fantasmi di
combattenti. Cos Foscolo riporta il passaggio della Helldos Perigesis. Naturalmente
non una citazione letterale di Pausania, ma una sintesi funzionalizzata alla
lettura dei Sepolcri: condensa infatti in unico brano due passi diversi del testo
greco, uno relativo alla tomba degli Ateniesi caduti nella battaglia, laltro relativo
alle apparizioni notturne dei combattenti di Maratona. In Pausania questi due
passi sono ben distinti, separati dalla menzione di unaltra tomba esistente nella
piana di Maratona, quella che custodisce i corpi dei Plateesi della Beozia e degli
schiavi, che allora per la prima volta, liberati da Milziade, combatterono accanto
agli uomini liberi; e poi dalla breve digressione sul processo e sulla fine proprio
di Milziade e sul suo monumento funebre posto accanto a quello dei soldati di
Maratona. I due passi vengono unificati nella citazione foscoliana perch tali essi
appaiono nellimmaginario dei Sepolcri relativo a Maratona, che si articola nel tema
dellamor di patria e in quello, connesso, della visione di larve di combattenti;
temi che vengono collegati fra loro come a testimoniare la perenne attualit del
sentimento patriottico, sia come valore in s eterno ed assoluto sia come valore
che perennemente si manifesta raggrumandosi intorno alle tombe, cos come
esso si fa avvertire anche in Santa Croce a Firenze.
34
Fra Zacinto e le antenoree prode
I greci morti a Maratona non si individuano solo sul piano delle vicende
storiche; non appaiono semplicemente come degli eroici caduti in guerra: fin
dallantichit il significato simbolico assunto dalla battaglia ed il culto eroico di
cui furono investiti i suoi morti greci, di cui parla anche Pausania, pongono
la vicenda su un piano diverso da quello di un sia pur epocale evento della
storia. Foscolo in sostanza si muove lungo un solco gi ben delineato. Levento
storico di Maratona acquista anche, come daltra parte aveva acquistato gi nella
tradizione letteraria classica (insieme alle Termopili boms, unara la loro tomba),
una portata metastorica, sostanziata di forti valenze simboliche e mitiche. Per
questo loro essere incarnazioni e simboli di valori universali, le battaglie decisive
dei Greci contro i Persiani apparivano sottratte al fluire irreversibile del tempo.
E in Foscolo il passato legato al sacrario dei caduti di Maratona si rivela dotato
di una perenne attualit. La battaglia fra Greci e Persiani non mai finita ma si
rinnova continuamente ogni notte, riproponendo ogni notte la propria forza
simbolica.
Passando dal testo di Pausania in quello di Foscolo, il tema della visione
notturna dei fantasmi subisce un parziale slittamento del tipo di percezione del
fenomeno: nel primo testo abbiamo una indifferenziata percezione sensoriale
(aisthsthai) che fa riferimento a elementi uditivi (i cavalli che nitriscono)
e verosimilmente a elementi visivi (gli uomini che combattono); in Foscolo
invece le due forme percettive sono invertite, oltre che chiaramente distinte ed
amplificate dal loro frazionamento negli elementi che le compongono.
Ma il fattore pi importante di differenziazione, che comporta quasi una
risemantizzazione dei presupposti simbolici della visione, quello cui s gi
accennato, che cio nel brano foscoliano cambia radicalmente il punto di vista
da cui viene percepita lapparizione dei fantasmi di Maratona. In Pausania la
visione dei combattenti appare a un non precisato spettatore che tuttavia osserva
la piana di Maratona standosene sulla terraferma. Nei Sepolcri invece essa si
presenta a uno spettatore che guarda dalle acque del mare verso la pianura; non
a un generico viandante ma a un navigante/ Che veleggi quel mar sotto lEubea.
Questa situazione immaginata da Foscolo soddisfa il requisito necessario per
lapparizione dei fantasmi indicato da Pausania, quello cio che si tratti di uno
spettatore solo occasionalmente presente. Ma vedere le apparizioni dalla nave e
non dalla terraferma indica soprattutto una condizione particolare: di presenza
al fenomeno e insieme di separazione da esso. Attraverso lelemento liquido del
mare, la tolda della nave e la terraferma appaiono connesse fra loro ed insieme
distanti, parti non di un unico ed uniforme spazio continuo, come sarebbe
nella visione da terra, ma parti di due diverse configurazioni spaziali; ma anche
appartenenti a due diverse configurazioni del tempo: lal di l e lal di qua nello
spazio fisico, lAldil e lAldiqu rispetto a uno spazio metafisico, latemporalit
35
Vincenzo De Caprio
Sono salito a Monteaperto dove infame ancor la memoria della sconfitta de Guelfi.
Albeggiava appena un crepuscolo di giorno e in quel mesto silenzio, e in quella oscurit
fredda, con lanima investita da tutte le antiche e fiere sventure che sbranano la nostra
patria o mio Lorenzo! Io mi sono sentito abbrividire, e rizzare i capelli; io gridava
dallalto con voce minacciosa e spaventata. E mi parea che salissero e scendessero dalle
vie pi dirupate della montagna le ombre di tutti que Toscani che si erano uccisi; con
le spade e le vesti insanguinate; guatarsi biechi, e fremere tempestivamente, e azzuffarsi
e lacerarsi le antiche ferite. O! per chi quel sangue? Il figliuolo tronca il capo al
padre e lo squassa per le chiome e per chi tanta scellerata carneficina? I re, per cui
vi trucidate, si stringono nel bollor della zuffa le destre e pacificamente si dividono
le vostre vesti e il vostro terreno. Urlando io fuggiva precipitosamente guatandomi
dietro. E quelle orride fantasie mi seguivano sempre; e ancora quando io mi trovo
solo di notte mi sento attorno quegli spettri, e con essi uno spettro pi tremendo di
36
Fra Zacinto e le antenoree prode
37
Vincenzo De Caprio
Anche per la vicenda delle armi di Achille, nelle Note ai Sepolcri Foscolo indica
un brano di Pausania fra i riferimenti classici che riportano il mito: Ho udito che
questa fama delle armi portate dal mare sul sepolcro del Telamonio prevaleva presso gli Eolii
che posteriormente abitarono Ilio. Qui Foscolo si limita a riassumere il breve passo di
Pausania in quanto, in questa stessa nota ai Sepolcri, ha gi ricostruito, allegando
il riferimento ad altre fonti, le linee generali del mito delle armi di Aiace. Scrive
infatti Pausania, in questo brano che fa parte di una lunga digressione legata
alla descrizione dellisola di Salamina, da cui Aiace era originario: Gli abitanti
dellisola raccontano poi che, quando Aiace mor, comparve per la prima volta
nella sua terra il suo fiore: esso bianco e sfumato di rosso, pi piccolo, lui
e le sue foglie, del giglio, e anchesso ha segnate quelle lettere che presenta il
giacinto. Dagli Eoli, che in seguito si stabilirono a Troia, ho udito una leggenda
riguardante il giudizio per lassegnazione delle armi di Achille, secondo la quale,
quando Ulisse fece naufragio, quelle armi furono trasportate dal mare alla tomba
di Aiace. Per quanto riguarda poi la grandezza del corpo delleroe, me ne parlava
un uomo di Misia.
Anche in questo caso, alcuni particolari dei Sepolcri introducono una decisiva
innovazione rispetto al testo della Perigesis (XXXV, 4). Foscolo trasforma in
fantasma uditivo, in apparizione attuale, ci che invece in Pausania era solo un
racconto di un mito; e, come nella visione dei combattenti di Maratona, anche in
questo caso il manifestarsi di un mito nel tempo viene percepito da chi lo osserva
stando sulla superficie delle acque. Un elemento innovativo consiste dunque nel
motivo del manifestarsi attuale dellevento mitico, che del tutto assente nel
testo della Perigesis; il motivo cio del rinnovarsi e del continuo ripresentarsi
dellazione culminante del mito di Aiace alla diretta percezione uditiva da parte
del navigante. Limmaginazione di tale motivo si collega piuttosto al passo di
Pausania con la visione dei fantasmi che rinnovano ogni notte la battaglia di
Maratona; in cui per lo spettatore non era un navigante, come s visto. Ma nel
passo foscoliano delle armi di Aiace credo prevalga una componente infratestuale,
da Foscolo a Foscolo: pi che le fonti antiche esso sembra riecheggiare la struttura
immaginativa del brano sui fantasmi di Maratona che immediatamente lo precede
nel carme. Nel caso delle armi abbiamo un manifestarsi solo uditivo del mito,
ma il nesso fra le due apparizioni reso pi stringente dal fatto che entrambe
presentano il carattere della continuit nel tempo e dal fatto che entrambe si
mostrano a persone che stanno solcando i mari.
Nuovo, rispetto a Pausania, anche il motivo che vede la restituzione delle
armi di Achille alla tomba di Aiace come un risarcimento dellingiustizia compiuta
da Ulisse e dagli Atridi. Il motivo, che assente nel racconto della Perigesis, fa
riferimento, come dichiara Foscolo sempre nelle Note ai Sepolcri, a un altro testo
greco che il poeta allega in una puntuale traduzione italiana: Lo scudo dAchille
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Fra Zacinto e le antenoree prode
innaffiato del sangue dEttore fu con iniqua sentenza aggiudicato al laerziade; ma il mare lo rap
al naufrago facendolo nuotare non ad Itaca, ma alla tomba dAiace; e manifestando il perfido
giudizio de Danai, restitu a Salamina la dovuta gloria. [...] Analecta veterum Poetarum
editore Brunch, vol. III, Epigram. anonimo CCCXC. In Foscolo naturalmente
scompare la sineddoche dello scudo (asps nel testo originario) per indicare le
armi di Achille, presente nellepigramma dove evidenziata anche dalla sua forte
posizione incipitaria. Prevale invece il lessico di Pausania per la menzione delle
armi (pla) di Achille. La restituzione post mortem delle armi ad Aiace come atto
riparatore della giustizia e punizione del colpevole compare anche nellapostrofe
profetica di Calcante nellultimo atto dellAjace di Foscolo; che, allopposto di
quanto avviene nellomonima tragedia di Sofocle, un monumento allimmagine
negativa di un Ulisse empio e fraudolento sino alla fine:
Col mito di Aiace, la rievocazione foscoliana dei miti approdata alle coste della
Troade inseminata. Come s accennato, attraverso la preghiera di Elettra esse si
rivelano come un crocevia di tombe e di poesia: da quelle dei fondatori di Ilio e
dei loro discendenti, alle quali Foscolo fa ispirare la poesia di Omero; a quella di
Aiace appena ricordata; fino alla tomba del fratello di Catullo (Per che al mio
fratel lacqua che move/ Torpidamente dal gorgo Leteo/ Il pi pallido lava, e
strugge grave/ Sovra il lito Reto lIliaca terra / Lui rapito a miei sguardi, ohim,
per sempre, nella traduzione foscoliana dellEpistola ad Ortalo). E da questultima
tomba, attraverso un altro carme dedicato ad essa da Catullo, il carme CI, si
arriva fino alla tomba di Giovanni, il fratello di Foscolo, nel sonetto 10.
Riletture autobiografiche
Ma dalle coste della Troade su cui si sviluppa, a partire da questo punto,
la meditazione del carme foscoliano sul mito greco opportuno tornare alla
Zacinto del sonetto 9 da cui siamo partiti.
Vorrei accennare, in conclusione, allultimo segmento tematico, che occupa
la seconda terzina del nono sonetto, enfatizzato dallessere in chiusa e dal suo
isolamento nella struttura ritmico-sintattica del testo.
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Vincenzo De Caprio
40
Fra Zacinto e le antenoree prode
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Vincenzo De Caprio
sorte della propria poesia, destinati ad approdi diversi. Il ritorno allisola natale
della sola poesia e lillacrimata sepoltura alla quale il poeta resta condannato,
divengono i segni che la scissione iniziale si riprodurr oltre la stessa morte del
poeta, non sar ricomponibile nemmeno in prospettiva. La ricomposizione invece
si attuer nella prospettiva dei versi citati delle Grazie in cui questa scissione di
destini ha lapparenza di essere sanata nellapprodo alle antenoree prode.
Come quello a Zacinto, anche questo approdo nel Veneto in realt un
ritorno alle origini, un luogo che stato de santi Lari Idei ultimo albergo/ e de miei
padri. Non c il senso della scoperta di nuove radici esistenziali, in un altrove
rispetto a Zacinto, ma quello della ripresa, in Italia, del filo della continuit con
altre radici anchesse antiche ed anchesse fondate sui miti greci. E in esse, pur nel
loro fare riferimento ai padri, non sembra attenuarsi quellascendenza matrilineare
del rapporto foscoliano con la grecit e della sua idealizzazione dellisola natale
(materna terra nel sonetto, materni miei colli nelle Grazie). Nella doppia anima
di Foscolo, veneziana del padre e greca della madre e della propria nascita a
Zacinto; in questa doppia anima il recupero della componente patrilineare non
soppianta quella materna.
In uno studio di alcuni decenni fa, con argomenti molto calzanti Lorenzo
Braccesi ha mostrato come le antenoree prode designino Venezia, patria di
elezione di Foscolo. Resta per il problema delle ragioni letterarie o di altro
tipo per cui Foscolo, in questi versi che giova ricordarlo sono un dialogo
col vecchio sonetto di dieci anni prima, ha scelto proprio questa designazione
che fa riferimento al mito della venuta nel Veneto di Antenore, eroe troiano
dalla doppia immagine. Dopo la chiusa dei Sepolcri nel segno della celebrazione
poetica del mito dei vinti Troiani, si comprende, nel segno di unarte allusiva, il
riferimento delle Grazie a quello stesso mito dei vinti Troiani, allesule Antenore
e ai santi Lari Idei trapiantati nel Veneto delle radici paterne del poeta. Ma
in questi versi che nascono in un dialogo con il sonetto 9, e in un particolare
ed esibito contrappunto soprattutto con la sua ultima terzina, Foscolo usa un
impianto retorico e dimmagine che a quel sonetto chiaramente rinvia. Come
le sacre sponde di Zacinto, anche le antenoree prode sono una sineddoche
toponomastica che comprime, lungo una sola linea costiera, lestensione dello
spazio compreso fra le prode dellAdriatico e i tradizionali territori di Antenore,
con Padova e i Colli Euganei. Abbiamo la stessa operazione con cui uno spazio
viene ricondotto alla sola linea della sua costa, l dove il mare si unisce alla
terra. E chiaramente in entrambi i testi le parole che indicano i luoghi, con la
coppia aggettivo-sostantivo, sottolineano la loro contiguit col mare: le sponde
di Zacinto e queste prode venete. Insomma, in entrambi i casi cos come anche
nella chiusa dellode Allamica risanata, nelle pagine foscoliane viene compiuta
una significativa operazione di trascodifica che investe la menzione del luogo
42
Fra Zacinto e le antenoree prode
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Vincenzo De Caprio
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Fra Zacinto e le antenoree prode
traduzione francese (Voyage en Grce, fait dans les annes 1803 et 1804):
Io, finch sar memore di me stesso, non oblier mai che nacqui da madre greca,
che fui allattato da greca nutrice, e che vidi il primo raggio di sole nella chiara e
selvosa Zacinto, risuonante ancora de versi con che Omero e Teocrito la celebrarono.
Percorrendo la terra, cercai indarno tra popoli dotti ed ingentiliti lamore ostinato
del suolo natio, lantica ospitalit, la riverenza alla vecchiaia, la piet materna e le altre
schiette e fiere virt che risplendono tra la barbarie, le superstizioni, il servaggio e le
tenebre della Grecia moderna.
Avendo viaggiato in quei paesi nella mia adolescenza ho potuto portar meco alcune
memorie, ma niuna opinione di ci che io vedeva, perch io allora appena cominciava
a pensare; e pi che le cognizioni mi mancherebbe limparzialit [...]. Quali siansi i
Greci odierni considerati politicamente e quali potrebbero essere, n lo so, n mi stimo
profeta.
Segue a questo punto il celebre brano citato, dopo il quale la lettera cos
continua:
vero; sino dai tempi di Plutarco taceano gli oracoli perch i loro responsi si perdevano
nelle solitudini della Grecia spopolata; ma fino dallora i viaggiatori, che pieni della
storia e della riconoscenza dovuta ai maestri del genere umano, approdavano a quelle
spiagge deserte, e interrogavano ogni reliquia, ogni pietra, vinti da piet e da brivido
sacro per tante glorie perdute, non ardivano accusare lo stato abietto dei Greci, ma
compiangevano lincostanza delle cose mortali e le comuni vicissitudini.
45
Vincenzo De Caprio
***
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Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea/
Francesca da Rimini: od Dantea do dananjeg itanja
Antonio Sorella
Universit di Chieti-Pescara
47
Antonio Sorella
costretta a sposare Gianciotto con linganno, sia che si innamorasse del cognato
Paolo dopo il matrimonio, la sua vita dovette essere ben diversa da quella delle
nobildonne francesi, corteggiate da famosi cavalieri, cos come da quella delle
fiorentine o bolognesi cantate dagli stilnovisti. Ma allora perch Dante la eleva
a simbolo dellamore e della femminilit, seppure contaminati dalla lussuria?
Come ha sottolineato Teodolinda Barolini5, le cronache del tempo neppure
ricordano il nome di Francesca, mentre danno grande rilievo ai suoi parenti, al
padre Novello da Polenta e alla sua dinastia, a Gianni (ciotto) e Paolo Malatesta.
Dante fa sparire i nomi di tutti costoro dal canto, isolando quello di Francesca
nella sua pi drammatica, tragicamente eroica, dimensione. Certamente, oggi
superata lidea di un Dante che difende lamore di Francesca, appassionandosi
alla sua vicenda umana, perch per lui la donna giustamente condannata per
il suo peccato di lussuria. Ma poi per, come ha notato Lino Pertile6, in tutta
la Commedia manca proprio quello che ci saremmo aspettati, cio lesaltazione
dellamore coniugale, per la madre di famiglia: evidentemente per Dante, lamore
doveva trovarsi soprattutto al di fuori del matrimonio. Questa considerazione
ci aiuta a comprendere meglio il significato del canto e a formulare una nuova
interpretazione di qualche verso.
Probabilmente Dante, nel cesellare linguisticamente e retoricamente
questo canto, avr voluto intenzionalmente puntellarne il contenuto attraverso
ripetizioni, o variazioni studiatissime, mentre ha lasciato sfumati, o addirittura
ambigui alcuni passaggi, che in effetti possono essere diversamente interpretati.
In buona sostanza, il canto V dellInferno rimane ancora oggi uno dei pi discussi
dalla critica, e uno dei pi oscuri. Il punto pi ostico il v. 103: Amor, cha
nullo amato amar perdona. Esso stato letto per secoli come il nucleo teorico
dellautogiustificazione di Francesca, condannata per questo dalla quasi totalit
dei commentatori antichi e invece esaltata dai romantici e da molti lettori
moderni. Sulla scia di Gianfranco Contini, che aveva indicato le ascendenze
letterarie dellautogiustificazione di Francesca (in particolare il v. 100, Amor chal
cor gentil ratto sapprende, sembra una citazione della canzone di Guido Guinizzelli,
Al cor gentil rempaira sempre amore, v. 11: Foco damore in gentil cor saprende; e lo
stesso Dante aveva scritto, sempre traendo ispirazione dal bolognese: Amore e l
cor gentil sono una cosa), iniziata una revisione della figura di Francesca, vista da
alcuni come una Madame Bovary dellepoca, nutrita di letteratura, di cui ella si
servirebbe capziosamente per far apparire meno gravi le sue colpe. Daltronde,
lassassinio di Paolo e Francesca dovrebbe essere avvenuto tra il 1283 e il 1286,
5
T. Barolini, Dante and Francesca da Rimini: Realpolitik, Romance, Gender, in Speculum, LXXV 2000,
pp. 1-28.
6
L. Pertile, Does the Stilnovo Go to Heaven?, in Dante for the New Millennium, a cura di T. Barolini e
H. Wayne Storey, New York, Fordham University Press, 2003, pp. 65-89.
48
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
7
Tra gli studi pi recenti e significativi, si vedano dArco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni,
Napoli, Ricciardi, 1977, M. Santagata, Cognati e amanti. Francesca e Paolo nel V dellInferno, cit., P.
Valesio, Inferno V: The Fierce Dove, in Lectura Dantis, XIV-XV 1994, pp. 3-25, G. Gorni, Francesca
e Paolo. La voce di lui, in Intersezioni, XVI 1996, pp. 383-89, T. Barolini, Dante and Cavalcanti (On
Making Distinctions in Matters of Love): Inferno V in its Lirics Context, in Dante Studies, CXVI 1998, pp.
31-63 ed Ead., Dante and Francesca da Rimini: Realpolitik, Romance, Gender, cit., pp. 1-28, F. Benozzo,
Amar perdona (Inferno, V, 103): nota di semantica dantesca, in Quaderni di Semantica, XX 1999, pp.
363-65, L. Renzi, Le conseguenze di un bacio. Lepisodio di Francesca nella Commedia di Dante, Bologna,
Il Mulino, 2007. Per il presente studio, mi sono servito dei principali strumenti lessicografici e
repertori testuali elettronici, come il GDLI curato da Salvatore Battaglia, il Tommaseo-Bellini
(anche in CD-Rom), lOVI (ovvero il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini), diretto da Pietro
Beltrami (in rete), la Letteratura Italiana Zanichelli, a cura di Pasquale Stoppelli (in CD-Rom), i
Commenti danteschi, a cura di Paolo Procaccioli (in CD-Rom).
8
L. Renzi, Le conseguenze di un bacio, cit., pp. 67-68.
49
Antonio Sorella
ned amar grand amaro, e picciol dolze (Rime, Canz. 29, v. 6);
Ahi, lasso, co mal vidi, amaro amore (Rime, Canz. 14, v.15);
Amore, Amor, pi che veneno amaro (Rime, Canz. 14, v. 77);
in Onesto da Bologna:
in Chiaro Davanzati:
9
Cfr. F. Benozzo, Amar perdona, cit., pp. 363-65.
10
Cfr. L. Renzi, Le conseguenze di un bacio, cit., p. 81, n. 25.
50
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
in Guido Guinizzelli:
in Rustico di Filippo:
In effetti, il verso dellInferno appare come una specie di palinodia dei versi
seguenti del Detto dAmore, attribuito a Dante:
Alla Ragione che gli diceva che lamore amaro, lautore del Detto replicava con lo
stesso lessico del canto di Francesca, accostando ad esso i concetti opposti di dolce,
piacere; certo non il termine gentile, perch egli non era (ancora) stilnovista, ma con
fine tutto sommato esprimeva un concetto semanticamente collegabile, seppur
51
Antonio Sorella
Amor, cha nullamato amar perdona. Questo, salva sempre la reverenzia dellautore, non
avviene di questa spezie di amore, ma avvien bene dello amore onesto, come lautore
medesimo mostra nel seguente libro nel canto XXII, dicendo:
[] amore,
acceso da virt, sempre altro accese,
sol che la fiamma sua paresse fore.
Ma puossi qui dire questo talvolta avvenire, con ci sia cosa che rade volte soglia
luomo molto strettamente legarsi dellamore di cosa ch a lui, in tutto o in pi cose,
di natura conforme; il che quando avviene, pu quel seguire che lautore dice, con
ci sia cosa che naturalmente ogni simile appetisca suo simile: e per, come la cosa
amata sentir i costumi e le maniere dello amante conformi alle sue, incontanente si
dichiner a doverlo cos amare, come ella amata da lui; cos non perdoner Amore
allo amato, cio chegli non faccia che questo amato ami chi ama lui. Mi prese del costui
piacer, cio del piacere di costui o del piacere a costui, in che generalmente si sforza
ciascun che ama di piacere alla cosa amata; s forte, cio con tanta forza, Che, come
vedi, ancor non mabandona. Vuol dire: vedendomi, come tu fai, andar continuo con lui,
puoi comprendere che io lamo, come lamai mentre vivavamo. Ma in questo lautor
seguita loppinion di Virgilio, il qual mostra nel VI dellEneida Siccheo perseverare
nellamor di Didone, dove dice:
11
Sembrerebbe che Dante avesse voluto citare anche unaltra operetta a lui attribuita, il Fiore, a
proposito del v. 136 del V canto dellInferno: la bocca mi basci tutto tremante, perch appunto
nel Fiore (XX, v. 13) Amante baciava il fiore in modo analogo: e s l basciai con molto gran
tremore.
52
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
Secondo la catolica verit questo non si dee credere, per ci che la divina giustizia non
permette che in alcuna guisa alcun dannato abbia o possa avere cosa che al suo disiderio
si conformi o gli porga consolazione o piacere alcuno: alla quale assai manifestamente
sarebbe contro, se questa donna, come vuol mostrare nelle sue parole, a se medesima
compiacesse dello stare in compagnia del suo amante.12
53
Antonio Sorella
invece intende: e il modo in cui fui privata della vita ancora mi strazia). Il
certaldese propone anche una spiegazione semplice per il genitivo francese, con
ellissi della preposizione: Mi prese del costui piacer, cio del piacere di costui o
del piacere a costui, in che generalmente si sforza ciascun che ama di piacere
alla cosa amata; insomma, piacer inteso come il fatto di piacergli, che a mio
parere laccezione corretta, anche se qui travisata, perch non certo Francesca
a sforzarsi di piacere a Paolo, ma piuttosto cede alla sua accesa passione. Infine,
Boccaccio mette in rilievo unaltra aporia di questi versi: Che, come vedi, ancor non
mabandona. Vuol dire: vedendomi, come tu fai, andar continuo con lui, puoi
comprendere che io lamo, come lamai mentre vivavamo; qui Dante esagera
davvero sembra dire Boccaccio , perch la divina giustizia non permette
che in alcuna guisa alcun dannato abbia o possa avere cosa che al suo disiderio
si conformi o gli porga consolazione o piacere alcuno. Effettivamente, non si
pu dare torto a Boccaccio, se interpretiamo tali versi nel modo in cui si fatto
finora. In realt, Francesca dice: Amore, che a nessun amato risparmia lamaro/
mi prese del fatto di piacere a costui, e di piacergli cos tanto, /che, come vedi,
ancor non mabbandona. Francesca, insomma, attribuisce al cuor gentile di Paolo
e alla sua passione travolgente lorigine del suo proprio peccato, che ora espia,
secondo il criterio del contrappasso, non potendosi mai separare dal suo amante
(si veda il v. 135: questi, che mai da me non fia diviso), cos come in vita non riusc a
tenersi lontano da lui, come avrebbe dovuto fare. Tutto il discorso di Francesca,
che parso ad alcuni una retorica e falsa autogiustificazione, in realt un atto
daccusa contro gli scrittori galeotti che insidiano le donne con la loro poesia o
forniscono armi micidiali a chi, come Paolo, sappia usarle a proprio vantaggio.
Si comprende a questo punto che lidea vulgata negli ultimi tempi, secondo
cui Dante avrebbe pensato: Francesca cest moi!, immedesimandosi in una
letterata di provincia alla Madame Bovary, dovrebbe essere capovolta, perch
in effetti Dante si immedesima semmai in Paolo. Questi scompare addirittura,
non pronuncia alcuna parola15. Non a caso il nome di Paolo Malatesta non
compare mai nel V canto: Paolo Dante, lamante, colui che usa la letteratura
come strumento di seduzione, mentre Francesca lamata, cio lamato (luso del
maschile al posto del femminile quanto di pi politicamente corretto si sarebbe
potuto immaginare nel Trecento) del v. 103, dalla cui prospettiva si guarda alle
conseguenze dellamore gentile in questo canto. La lirica due-trecentesca si era
interessata allamaro amore del poeta, dellamante, sempre pronto a chiamare
crudele e feroce la propria amata, solo perch non pienamente corrisposto,
15
Per questo non condivido lipotesi di Guglielmo Gorni, Francesca e Paolo. La voce di lui, cit.,
pp. 383-89, secondo cui il v. 107 (Caina attende chi a vita ci spense) sarebbe pronunciato da Paolo,
per giustificare il v. 108 (Queste parole da lor ci fuor porte). Paolo avr anche parlato, ma Dante
ascolta solo quello che dice Francesca, di fronte alle cui argomentazioni n Paolo n Dante stesso
possono contrapporre alcunch.
54
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
Il poeta avrebbe ricordato male il passo del romanzo francese, perch in esso
la signora di Malehaut aveva tossito, non al momento del bacio, ma quando
Ginevra si era messa a chiedere a Lancillotto, che le aveva rivelato il suo amore,
da quando era cominciato il suo sentimento e da dove esso avesse avuto origine.
In realt, Dante ricordava benissimo questo episodio, poich lo aveva imitato
nello stesso V canto dellInferno, nel momento in cui aveva fatto interrogare
Francesca dal suo Dante-personaggio (a che e come concedette amore/ che conosceste i
dubbiosi disiri), per individuare la prima radice del suo amore. La situazione poetica
16
Si veda, per un riesame sintetico della questione, L. Renzi, Le conseguenze di un bacio, cit., pp. 38
e sgg.
55
Antonio Sorella
creata da Dante ribaltata, poich in essa Dante (alter ego di Paolo) a porre
domande a Francesca. Si tratta come al solito della logica del contrappasso: cos
come in vita Francesca si era lasciata andare seguendo suggestioni letterarie,
leggendo la storia di Ginevra e le sue domande oggi diremmo morbose a
Lancillotto sullorigine del suo amore, fino al bacio e poi alladulterio, allo stesso
modo ora lei a rispondere a domande analoghe e a dover ritornare con la
memoria allorigine del suo amore, che era stata nel contempo lorigine della
sua miseria, cio della sua dannazione. Al contrario, Dante, abituato da poeta
a scandagliare le radici remote del suo amore per una donna, ora tenuto a
chiedere a Francesca le origini dellamore suo e di Paolo, per ravvisarne fino in
fondo le conseguenze terribili. Infine, come Lancillotto nel romanzo francese,
in seguito alle domande incalzanti e imbarazzanti di Ginevra sulla natura del suo
amore, ha un principio di svenimento (e verrebbe meno davvero se Ginevra
non lo sollevasse dal colletto), cos Dante si accascia a terra svenuto, dopo aver
fatto, non subto come Lancillotto, quella specie di interrogatorio sullorigine
dellamore.
Possibile che a nessuno venisse in mente uninterpretazione del V canto
dellInferno come quella che si sopra proposta? A dire il vero, forse almeno
Petrarca lesse il canto di Francesca nel modo che riteniamo corretto. Nei
Triumphus cupidinis, infatti, Petrarca affront lo stesso tema del V canto dellInferno
e c da credere che, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto non partire dal
confronto con i versi di Dante, che erano anche ai suoi tempi tra quelli pi
famosi e conosciuti in Europa sullargomento. Ritroviamo qui alcuni personaggi
danteschi, come Semiramis (non Didone, che difesa anche contro Dante17), ma
soprattutto le letture di Francesca:
17
Cfr. Triumphus pudicitie, vv. 157-59: taccia il vulgo ignorante! io dico Dido,/ cui studio donestate
a morte spinse,/ non vano amor, come il pubblico grido (anche ibidem, vv. 10-11: e veggio ad
un lacciuol Giunone e Dido,/ chamor pio del suo sposo a morte spinse).
56
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
Gli errori dei protagonisti di queste storie damore per Petrarca fanno sognare
e poi errare il volgo dei lettori. La coppia di Rimini anche qui inseparabile e
in lacrime, mentre il poeta, se non cade come morto, assume per un colore
cadaverico. Petrarca aveva probabilmente alluso a Paolo e Francesca anche in
versi precedenti, dove aveva citato anche Cleopatra (e, subito dopo, ai vv. 140-41,
Paride ed Elena, per completare la rassegna dantesca):
Amore , per lappunto, amaro, per coloro i quali cedono alle sue lusinghe. Nasce
dallozio e dalla lascivia (topos classico e patristico) e si nutre di penser dolci
soavi (i dolci pensier di Paolo e Francesca, v. 113).
Un secolo dopo lumanista Cristoforo Landino (1481) comment il canto
di Dante, mostrando di aver colto perfettamente lallusione contenuta nei versi
petrarcheschi:
Noi leggiavamo un giorno per diletto: legger per diletto significa essere in otio. Imperoch
chi occupato non cerca trastullo, ma cerca expedire le sue faccende. Adunque erano
in otio, et lotio insieme con lascivo trastullo genera lamor carnale. Onde el Petrarca:
et nato dotio et di lascivia humana; et Ovidio: ocia si tollas, periere Cupidinis
arcus; et el terentiano Menedemo al figliuolo dimostra che lotio quello che fa
glhuomini cadere in lascivia, come per loposito la faticha et loccupationi conservano
57
Antonio Sorella
la castit.18
Va detto, peraltro, che Landino interpretava il v. 103 come tutti gli altri, cio
dando ad amar il valore verbale. Petrarca, invece, aveva forse colto il possibile
valore aggettivale di amar, oppure aveva pensato ad una voluta ambiguit di
Dante. Nel Canzoniere, infatti, leggiamo questi versi:
e l caro nodo
ondAmor di sua man mavinse in modo
che lamar mi fe dolce, e l pianger gioco. (Canzoniere, CLXXV, vv. 2-4)19
Qui, appunto, amar vale ambiguamente amaro, ma anche amare. Forse Petrarca
non se la sentiva, da solo, di escludere del tutto linterpretazione vulgata del celebre
verso dantesco, che ormai i lettori avevano deciso di leggere come unesaltazione
dellamore, a cui nessun amato pu sottrarsi. Un esempio clamoroso di quello
che Umberto Eco chiamerebbe Lector in fabula, cio del trionfo del punto di vista
del lettore rispetto a quello dellautore stesso. Chiss che anche Petrarca non si
fosse inchinato a questa logica, ammettendo la doppia possibilit di lettura di
amar, come sostantivo e come verbo. In fondo, da secoli tutti i lettori, volenti o
nolenti, hanno amato questo canto perch sembrava parlare di una favola (mai
scritta da Dante, beninteso), di un amore cos forte che non possibile che non
sia ricambiato.
Vorrei concludere con un paradosso: Francesca, accusata oggi di
provincialismo e di bovarismo, sembra essere stata sin dallinizio la principale
responsabile, con la sua potente personalit romagnola e adriatica, di una lettura
sbagliata e antifilologica del canto V da parte dei lettori, anche colti, di tante
generazioni. Forse Dante, come si sopra accennato, fu al corrente di quello che
a causa di Francesca stava gi avvenendo nella ricezione dei suoi versi da parte
del pubblico dei contemporanei. Non detto che gli dispiacesse poi tanto.
***
18
C. Landino, Comento sopra la Comedia, a cura di P. Procaccioli, Roma, Salerno Editrice, 2001, I,
p. 465.
19
La compresenza di amore e amaro anche altrove nel Canzoniere, CXXIX, vv. 20-23: et a pena
vorrei/ cangiar questo mio viver dolce amaro,/ chi dico: Forse anchor ti serva Amore/ ad un
tempo migliore.
58
Francesca da Rimini: da Dante alla lettura contemporanea
59
Franco Sacchetti, un fiorentino di Dalmazia nel secolo XIV/
Franco Sacchetti, dalmatinski firentinac u XIV. stolieu
Michelangelo Zaccarello
Universit di Verona
Di qui unoscillazione di qualche rilievo, con stime che vanno dal 1330 al 1335,
ma sono solitamente ristrette al triennio 1332-1334.
Unincertezza anche maggiore nelle risorse bibliografiche attuali riguarda il
luogo di nascita di Franco, collocato a Firenze o a Ragusa di Dalmazia, lodierna
Dubrovnik (Crupi 1991, Lanza 1994, Romagnoli Robuschi 1986, Tartaro 1972);
in alcuni casi il luogo dato a Firenze senza esitazioni (Gigli 1918, p. 11). Solo
alcune delle principali storie letterarie e repertori del Novecento collocavano con
relativa fermezza la nascita di Franco a Dubrovnik (Sapegno 1933, Goffis 1973,
Muscetta 1987) e in modo ancora pi eccezionale si faceva riferimento agli studi
prodotti sullargomento da un illustre studioso siciliano, Ettore Li Gotti3. Questo
breve intervento cercher di tracciare un consuntivo degli studi sullargomento,
valutando quale possa essere oggi, allo stato attuale delle conoscenze archivistiche,
la migliore approssimazione raggiungibile alla verit storica.
Fra gli anni Trenta e Quaranta del sec. XX, il dibattito sulla citt natale di
Franco era avvelenato dalla pretesa di alcuni studiosi croati di annettere almeno
in parte a Dubrovnik la figura del novellatore fiorentino (Deanovi 1936, p.
38), non tanto per la nascita, allepoca data quasi unanimemente a Dubrovnik,
quanto per il sangue slavo che era attribuito alla madre (ambedue le affermazioni
risalivano al grande storico di Firenze Robert Davidsohn, che nel 1927 aveva
terminato la pubblicazione, avviata nel 1896 e articolata in sette volumi, della sua
monumentale Storia di Firenze).
Daltra parte, il 1939 aveva visto la pubblicazione in Germania di una
dissertazione assai documentata di Franz Pieper, che sosteneva la fiorentinit
2
F. Sacchetti, Rime, CCXLIV.
3
Tra le innumerevoli schede biografiche disponibili sul novelliere, lunico riferimento puntuale
alle ricerche di Li Gotti sul luogo natale di Sacchetti, che saranno passate in rassegna in queste
pagine, si trova a quanto mi consta in Muscetta 1987 (v. oltre, nota 11). Alla fortuna critica degli
studi dello studioso siciliano non giov la sua prematura scomparsa, e la sovrapposizione degli
eventi bellici alla pi feconda fase della sua produzione: nato a Palermo il 15 luglio 1910 vi mor
il 5 dicembre 1956, pubblicando unedizione commentata del Trecentonovelle ancor oggi utile per
lapparato esegetico (F. Sacchetti, Il libro delle trecento novelle, a cura di Ettore Li Gotti, Milano,
Bompiani, 1946).
61
Michelangelo Zaccarello
di nascita, e non solo morale, del Sacchetti sulla base di argomenti svariati, ma
tutti interni alla produzione letteraria di Franco4. Nel saggio di Pieper, tuttavia,
la ricostruzione biografica piuttosto defilata rispetto agli obbiettivi dello
studioso tedesco: questi non svolge alcuna ricerca documentaria, ma muove
da una scrupolosa analisi delle opere sacchettiane, di cui offre unimportante
concordanza, tanto pi meritevole se si pensa che solo da pochissimi anni erano
disponibili edizioni criticamente allestite delle opere minori di Franco, mentre
occorre attendere il 1946 per vedere la medesima sorte toccare al Trecentonovelle5.
Tuttavia, Pieper tende spesso a prendere le indicazioni dei testi letterari troppo
alla lettera, senza valutare la consueta tara costituita da convenzioni retoriche,
restrizioni imposte dal genere letterario, pathos espressivo, con il risultato di
confondere la figura storica di Franco Sacchetti con limmagine, in parte anche
auto-promozionale, che lo scrittore ci offre di s nelle sue opere, immagine
certo viziata dalla funzione pubblica da lui svolta e dallenfasi che egli pone,
fra i vari aspetti morali e comportamentali, sullidentit cittadina e sullorgoglio
municipale6.
In particolare, in un sonetto responsivo al celebre canterino Antonio Pucci,
spesso invocato come prova attendibile, Sacchetti svolge unaspra invettiva
morale, di gusto dantesco, contro la decadenza di Firenze (leonina perch
raffigurata dal Marzocco), e lingratitudine dei cittadini a lui contemporanei:
Se quella leonina ovio son nato,
tenesse dritto il giusto gonfalone,
amando i figli suoi e le persone
che dieron sempre a lei filice stato,
io credo ogni animal che hai narrato,
verebbe sotto al florido pennone;
ma rei villani con falso sermone
nimican Bruto, Scipione e Cato.7
4
Pieper 1939. Il saggio, pur citato gi da Li Gotti 1940a, non ebbe una grande diffusione in Italia,
e ancora oggi raro trovarlo citato: si tratta di una tesi di dottorato discussa presso la Philipps
Universitt di Marburg.
5
Il riferimento alledizione procurata da Alberto Chiari, sulla base dellautografo (oggi
Ashburnham 574 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze) del Libro delle rime (Bari,
Laterza, 1936) e della Battaglia delle belle donne di Firenze, Lettere, Sposizioni di Vangeli (ivi, 1938).
Ledizione del novelliere a cura di Vincenzo Pernicone apparve a Firenze per leditore Sansoni.
6
La presenza di testi datati nel citato autografo sacchettiano da una parte, e labbondanza di
riferimenti a fatti e personaggi concreti caratteristica del Trecentonovelle dallaltra, sono elementi
che favoriscono questo tipo di illazioni. Ad esempio, Di Francia ritiene avviata la composizione
del Trecentonovelle gi nellanno 1388, data di morte del poeta fiorentino Antonio Pucci, poich
dellillustre letterato, ancora vivo, listanza alla base della redazione della nov. CLXXV: Antonio
Pucci, piacevole fiorentino, dicitore di molte cose in rima, mha pregato che io il discriva qui in una sua novella
(Di Francia 1924, p. 265).
7
F. Sacchetti, Rime , CCXXV, vv. 1-8.
62
Franco Sacchetti, un fiorentino di Dalmazia nel secolo XIV
Oltre al tono, c la ripresa piuttosto chiara del celebre avvio di Par. XXV, con
la condanna de la crudelt che fuor mi serra/ del bello ovile ovio dormi agnello (vv.
4-5), con ulteriore enfasi che al diritto derivante dalla nascita fisica unisce quello
della rinascita morale del battesimo (in sul fonte/del mio battesmo, vv. 8-9). Non
occorre perci prendere il testo alla lettera: nessuno dubita della fiorentinit
morale e ideale di Franco, ovunque esibita, e dellassoluta normalit che per il
ceto mercantile rivestivano le trasferte allestero: non mette conto aggiungere
che qualsiasi accenno alla nascita dalmata avrebbe qui indebolito il pathos del
discorso.
La vita di Franco sintreccia con laltra sponda dellAdriatico unaltra volta:
sappiamo infatti che egli si rec in Schiavonia in et adulta, per restarvi in un
periodo unanimemente collocato tra il 1355 e il 1362; Tartaro 1981, p. 203, pensa
ragionevolmente a un viaggio in Dalmazia, intrapreso per liquidare attivit del
padre ancora in corso, ma gli interessi di Benci del Buono spaziavano in unarea
estesa, ed ben noto come il termine Schiavonia indicasse lintera zona occidentale
dei Balcani, dallIstria alla Serbia. Nella bibliografia pi recente, non chiaro se
queste date rappresentino gli estremi entro cui collocare uno o pi viaggi oppure,
come sembra dintendere, un intero soggiorno prolungato, ma anche in questo
caso gli elementi a disposizione consentono gi di risolvere i dubbi a favore di un
viaggio breve: gi Ettore Li Gotti faceva notare che Franco stesso dichiara nelle
sue Sposizioni di vangeli autografe di essere a Firenze nel gennaio 1354, quando
ascolta le prediche di Francesco da Empoli8. Del resto, Franco stesso dichiara
scarsa simpatia per i costumi di quelle genti in una canzone ben nota:
63
Michelangelo Zaccarello
64
Franco Sacchetti, un fiorentino di Dalmazia nel secolo XIV
***
66
Franco Sacchetti, un fiorentino di Dalmazia nel secolo XIV
Riferimenti bibliografici
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toscane, riveduto dal cav. Luigi Passerini, Firenze, Melchiorri, 1855, 3 voll.
(pp. 93r-94v della copia con num. a lapis nella BNCF).
68
Trascrizioni latine degli antroponimi croati nella Spalato altomedievale/
Latinske transkripcije hrvatskih antroponima u srednjovjekovnom Splitu
Marina Marasovi-Alujevi
Sveuilite u Splitu
69
Marina Marasovi-Alujevi
romane, fino alla fine dei nuovi stati croati che Constantino Porfirogeneto
chiamava sclavinie, o meglio dire fino alla formazione del regno ungaro-
croato allinizio del XII secolo.
In base allampia letteratura riguardante i nomi medievali (Rapani 1960;
Stipii/amalovi 1967; Delonga 1997) abbiamo raccolto il corpo degli
antroponimi di origine esclusivamente slava con la ricostruzione della forma
originaria croata, trascrizione latina sui monumenti epigrafici o documenti
scritti, datazione e riferimento bibliografico.
Si tratta del corpo di 136 nomi croati originari dellarea di Spalato e dei suoi
dintorni pi vicini ai quali corrisponde un numero maggiore di trascrizioni
latine.
70
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
71
Marina Marasovi-Alujevi
72
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
73
Marina Marasovi-Alujevi
Abbreviazioni:
CD = Stipii, j/ amalovi, M. (1967)
RLN= Rapani, . (1971)
SK = Novak, V. /Skok, P. (1952)
74
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
In un totale di 136 nomi raccolti solo 15 di essi li troviamo nella forma croata
non cambiata. Si tratta dei nomi che soddisfano le norme fonologiche latine
come per esempio: Bogdan, Budimir, Dedomir, Desa, Desimir, Dobromir, Dragadet,
Drago, Grubo, Naplata, Nemira, Neslana, Stana, Stano, Tomidrug
Un considerevole numero (15%) dei nomi slavi stato latinizzato con il
consueto suffisso latino per il nominativo singolare della II declinazione
maschile in -us: Boianus, Bolannus, Branus, Dabrouitus, Dobrouitus, Draganus, Draga-
uitus, Dragisanus, Drasizus, Forminus, Grubisuz, Grubitus, Ludinus, Miroslauus,
Pribilus, Prodanus, Radouanus, Tordacatus, Ulicanus,Uisenus, Zezanus.
Sono rari gli esempi della formazione antroponimica ibrida nei quali il nome
cristiano riceve il suffisso croato: Uitaza ili Ualizze (gen) il nome di cui contiene
il famoso suffisso croato diminutivo in -ica aggiunto al nome romanzo (Ualius,
Valens, Valentinus).
Nella lingua croata la consonante liquida r in alcune situazioni occupa la
funzione della vocale (crn, prst). Siccome questo tipo di nesso consonantico
non esiste nelle lingue romanze, il latinizzatore introduce la vocale, cos che la r
vocalica si manifesta di frequente come ri: Gribiza (Grbica), er Cernata (rnota),
Cerni (rni), ir Zirno (Crni), Girdana (Grdonja).
Nello stesso modo per la l sonante si incontra el: Velconiza (Vukonjica)
Uelcana (Vukonja), Uilcana (Vukonja)
La vocale originaria slava /o/ si sostituisce con la vocale /a/. Il fenomeno
si manifesta in miglior modo sullesempio dei nomi latinizzati come Dabrana,
Dabressa, Dabria, Dabrina, Dabro, Dabrouitus per i nomi croati Dobronja, Dobrea,
Dobrica, Dobrina, Dobro, Dobrovit. Il fenomeno si spiega con la natura del fonema
croato /o/ che aveva una pronuncia molto aperta. La vocale dalmata aperta
//di fronte alla vocale dalmata chiusa /o/ era il sostituto pi vicino per la
vocale croata aperta /o/.
75
Marina Marasovi-Alujevi
/H/
Cirnecha (rneha)
ch Platichleb (Platihleb)
Michazza (Mihaa)
Cechizo (ehac)
Chudina (Hudina
Micha (Miha)
Michuna (Mihun)
Ticha (Tiha)
Platichlebi (Platihleb)
76
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
//
Miraa (Miraa)
Uitaa (Vitaa)
77
Marina Marasovi-Alujevi
/C/
z Belotiza (Belotica)
Bolezzo (Boljac)
Branizo (Branac)
Cechizo (ehac)
Criuizo (Krivac)
Gribiza (Grbica)
Grubizus (Grubac)
Desizo (Desac)
Drasizus (Draac)
Lubizo (Ljubac)
Lutizo (Ljutac)
Slauiz (Slavac)
Stigliz (Staglac)
Vlastizo (Vlaac)
Vilconiza (Vukonjica)
Zirno (Crni)
Dabria (Dobrica)
78
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
/ /1
k Dabriki (Dobri)
Vilkiki (Vuii)
Vekemiro (Veemir)
t Dobrouiti (Dobrovi)
Dragauiti (Dragovi)
/K/
c Criuizo (Krivac)
Racana (Rakonja)
Uilcaj (Vukoj)
Uilcana (Vukonja)
Uilcota (Vukota)
Uilcumir (Vukimir)
Urascana (Vrakonja)
k Kerna (Krnjo)
Uilkoniza (Vukonjica)
11 Petar Skok spiega la scrittura del grafema k per la croata nel documento Sumpetarski
kartular: Questa nostra leggera africata dentopalatale sembrava al latinizzatore come se stesse
molto vicina al riflesso dalmatoromanzo c davanti a e, i.(kimke per cimce).
79
Marina Marasovi-Alujevi
/Z/
//
s Drase (Drae)
Drasius (Draac)
Drasizo (Draac)
Sittimir (itimir)
//
s Bratessa (Bratea)
Dabressa (Dobria)
Dragisanus (Dragan)
Milesa (Milia)
Ulasizo (Vlaac)
Uisenus (Vien)
Urascana (Vrakonja)
80
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
/S/
s Desa (Desa)
Desimiro (Desimir)
Desizo (Desac)
Ieroslauo (Jeroslav)
Miroslauus (Miroslav)
Neslana (Neslana)
Semidrago (Semidrag)
Slauiz (Slavac)
Stana (Stana)
Stano (Stano)
Stresazza (Stresaa)
Susalo (Suzalo)
Tesseno (Tesen)
Ursana (Vrsonja)
/LJ/
l Boledrug (Boljedrug)
Bollezo (Boljac)
Dabrali (Dobralj)
Lubomir (Ljubomir)
Lubizo (Ljubac)
Ludinus (Ljudin)
Lutizo (Ljutac)
Tollanus (Toljan)
81
Marina Marasovi-Alujevi
/J/
i Boianus (Bojan)
Naiesda (Najezda)
Negozai (Negoaj)
Uilcai (Vukoj)
Ieroslouo (Jeroslav)
y Goynego (Gojneg)
Beriouy (Berivoj)
Bilsoy (Bilsoj)
j
Jeroslauo
/NJ/
n Dabrana (Dobronja)
Dedona (Dedonja)
Dobrona (Dobronja)
Drugana (Drugonja)
Kerna (Krnjo)
Gastano (Gostanj)
Grdana (Grdonja)
Matana (Matonja)
Mirane (Mironja)
Racana (Rakonja)
Uilcana (Vukonja)
Ursana (Vrsonja)
Vrascana (Vrakonja)
82
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
Ostrizzus podsuppo
Uilcana brauaro
Dabrouito setnico
(Boledrug, Pradano, filio Semidrago, Boiano, filio setnico)
83
Marina Marasovi-Alujevi
persona incaricata di
maccerarii 9.
MAONOA portare la spada in
macerario 9.
guerra
custode di cani da
PSAR psar 11.
caccia
podiuppo 11.
podsuppo 11.
vicegiuppano,
PODUPAN podsuppum 11.
visconte
podzuppo 11.
postiuppo 11.
postelnic 11.
postelnici 11.
POSTELJNIK cameriere alla corte
postelnico 11.
postelnik 11.
RISAR falciatore risar 11.
sachich 11.
secniz 11.
setenico 11.
capitano (che
setinico 11.
SATNIK comanda a cento
setnico 11.
uomini)
settinico 11.
sitinico 11.
sitnico 11.
SOKOLAR falconiere socolarem 11.
schytanossa 11.
schytonossa 11.
scitinik 11.
TITONOA scudiero scitonosa 11.
scutonos 11.
sitnico 11.
stitanasso 11.
tepci 11.
il pi alto reggente a tepciza 11.
TEPIJA
corte tepizo 11.
tepti 11.
vbrusarico 11.
persona incaricata a
UBRUSAR vbrussaro 11.
gestire la cucina
ubrusari 11.
84
Trascrizioni latine degli antroponimi croati
***
Hrvatski se antroponimi na srednjovjekovnim natpisima i dokumentima ne javljaju u
svom izvornom, slavenskom obliku. Uglavnom su nam poznati s latinskom transkripcijom,
onako kako su ih napisali notari i klesari romanske jezine pripadnosti. Sakupivi korpus
od 136 antroponima hrvatskoga podrijetla iz srednjovjekovnog Splita i okolice, autorica
rekonstruira izvorni slavenski oblik imena prema jezinim normama tog vremena uz
oteavajuu okolnost to su na pisanim spomenicima pisari esto grijeili, pa se jedno isto ime
javlja u razliitim oblicima. Svega 11% hrvatskih imena nalazimo u nepromijenjenom
obliku, dok je 15% latinizirano pomou karakteristinoga latinskog sufiksa us za
nominativ jednine II. deklinacije mukoga roda. Rijetki su hibridni antroponimi u kojima
kransko ime dobiva hrvatski sufiks. injenica da je romanski pisar pomou geminata
ukazivao na naglasak imena, pomogao je autorici pri rjeavanju etimologije pojedinih imena.
U lanku je, uz primjere, klasificiran izgovor grafema. U posljednjem dijelu dana je analogija
s nazivima funkcija graana koji se u dokumentima javljaju uz ime, takoer prilagoeni
85
Marina Marasovi-Alujevi
latinskome jeziku. Autorica je ovim radom objedinila i proirila istraivanja Petra Skoka
na kompletno podruje grada Splita i okolice.
(Abstract a cura dellAutrice)
Riferimenti bibliografici
86
Descrizioni ed esperienze di viaggio lungo le rotte adriatiche
nel Cinquecento/ Putovanja i trgovina na Jadranu u prvim
stoljeima modernog doba
a codificare nel primo Seicento nel trattatello sullArte del viaggiare. Insomma
appare come un vero e proprio viaggio di istruzione dalle varie sfaccettature.
Alessandro salpa il 6 aprile e arriva a Limassol, nella parte a sud dellisola di
Cipro il 13 maggio. Litinerario quello usuale per una nave che fa commercio in
Levante. Nellandata, la nave Bona su cui imbarcato procede con una rotta che
mantiene a vista la costiera dalmata, lAlbania, le isole Ionie, le sponde occidentali
della Grecia fino a Cipro. Il ritorno avviene con la galea Dandola, che compie fra
Grecia, Albania e Dalmazia 22 scali.
Nelle localit della Dalmazia limpronta di Venezia trasuda dai monumenti e
dallo stile di vita e la societ descritta appare solidamente integrata nel sistema dei
domini della Serenissima. I numerosi leoni di San Marco disseminati ovunque,
larchitettura delle chiese, tutto tradisce la presenza di Venezia, ma linteresse
del giovane patrizio esce dagli schemi. Alessandro non celebra Venezia, tralascia
le classiche note sulla storia e sulle leggende, di solito ricorrenti nei diari dei
viaggiatori, soffermandosi invece a rilevare gli aspetti della quotidianit.
Risulta fondamentalmente un fine osservatore che tiene a raccogliere
informazioni su tutto, sulle usanze dei luoghi visitati, sulle bellezze naturali e
artistiche, e a prendere nota di quanto considerava insolito e comunque per lui
rilevante, dalle cerimonie agli spettacoli cittadini, dalle piccole avventure personali
o altrui, ai costumi e ai riti particolari in uso nei paesi in cui si imbatte. Si impegna
a descrivere gli aspetti della devozione popolare registrando puntualmente le
usanze religiose dei marinai veneziani, le invocazioni alla Vergine e ai Santi
protettori alla partenza, le preghiere propiziatorie e di ringraziamento prima di
compiere alcune manovre a bordo e durante la navigazione, tenta di spiegare
fenomeni a quel tempo ritenuti di causa sovrannaturale come per esempio
lapparizione dei cosiddetti fuochi di SantElmo nellimperversare della tempesta,
ma con una distanza ed una freddezza degna di un etnografo dei nostri giorni.
La curiosit di Magno talvolta sorprendente, come quando osserva
e registra meticolosamente ogni cambiamento della direzione del vento e
contemporaneamente annota il numero delle miglia percorse dalla nave, di
giorno e di notte.
Non gli interessa il passato ma la realt del presente. I cibi che si trovano
durante le fermate, le peculiarit dei villaggi e dei porti in cui sbarca, le
piacevolezze dei paesaggi, le avventure in cui si imbatte costituiscono la parte pi
consistente della narrazione. Su Tra, per esempio, si indugia a ricordare che in
questo loco fanno vini assai, si seccano molti fichi e si fa buona gelatina di pesci;
riguardo a Zara fra le altre cose riferisce di una fontana sopra il mare, dove nave,
galee e barche si forniscono di acqua et bellissima; per Spalato spende parole
sulleconomia, sulle tracce archeologiche, sulle difese militari:
88
Descrizioni ed esperienze di viaggio
Spalato piccol terra, circumdata di mura Antiche, et guardata da soldati Italiani con
una compagnia di Stratioti loco dilettevol molto atto a caccie di ucelle fa vini assai,
et secca molti fichi, se vi prende molte, et buone pescagioni, et ha un castelletto ad
una ba[n]da di esso con un gentiluomo Venetiano a guardia, soleva esser anticamente
questa terra, habitatione et palazzo dellimperator Diocletiano, et in segno di ci se
vi veggono sopra l mare, et alla chiesa maggiore molte belle vestigie, et bellissimo
sito.
89
Maria Lucia De Nicol
La prima quella del patron, alla qual mangia il nocchier, li nobeli e pedota, el scrivan,
el marangon, el calaf, li bombardieri et quelli passagieri che vogliono, pagando cinque
ducati al mese, et a questa si mangia ben, secondo che li patroni si vogliono far honore.
Alla seconda mangia il scalco, el cuogo, el barbier, el scrivanello, et quelli passagieri che
vogliono pagar ducati tre al mese, et non vi molta differentia da questa alla prima,
et si debbe credere, che essendo costoro quelli che distribuiscono la robba alla prima
tavola, si serbeno li meglior bocconi per essi, et di ogni cosa la parte sua, a tutte due
si beve per el pi (cio che in poche nave si fa altrimente) vin temperato. Alla terza
sentano tutto el restante delli salariadi, quali mangiano carne tre giorni della settimana,
li altri sardelle, et caso salato, et beveno bevanda di aqua, et aceto, et hanno sempre
minestra quanta ne vogliono. Il giorno di Pasqua si fa una tavola sola, alla qual tutti
insieme mangiano, di quel meglio, che si pu haver, secondo li tempi, et li lochi ove
si attrovano, et di tutte queste spese li patrono hanno dalli partenevoli per quelli che
mangiano alla prima, et seconda a tavola grossi per testa, delli altri poi d[ucati]
et el pi delle volte guadagnano di questa raggion.
90
Descrizioni ed esperienze di viaggio
3
Una dettagliata analisi di questo insolito diario di viaggio ora in M. L. De Nicol, Il Mediterraneo
fra antiche e nuove maniere di pescare, in Rerum Maritimarum, 7, Sottomarina di Chioggia 2010.
91
Maria Lucia De Nicol
Vanno con la barca in mare tre o quattro miglia e l sentono le sardelle a saltar e essi
presto impizzano un fuoco su la poppa della barca con legne di zapin che ardono
come candele e quando acceso il fuoco vogano alla via di terra e tutto quel pesce va
drieto al fuoco e a quella luce e quando la barca del fuoco giunta a terra le barche
delle tratte che sono apparecchiate di lungo buttano la tratta e serrano tante di quelle
sardelle che molte volte non possono tirar la tratta in terra e in tal modo si prendono
le sardelle e gli scombri in tutta la Schiavonia.
A Sebenico si meraviglia della dimestichezza della gente del posto con i delfini
che si avvicinano a riva per giocare ed aiutano i pescatori nelle campagne di
pesca:
Certi pescatori di quel paese che vanno pescar con la tratta sogliono dar del pane ai
delfini che quando vanno a pescare pi di dieci delfini vanno con loro in compagnia e
vanno avanti in la valle ove sono pi pesci e essi pescatori presto e bello serrano tutta
la valle con la tratta e pigliano assai pesci per esser use quelle bestie de delfini far buona
compagnia ad essi pescatori.
per tutto levante sono buoni porti, e gran valli, e per tutto buon pescar, perch di
verno e di state vi sono sempre assai pesci per esservi buona abitation per ogni sorte di
pesci, e alla Prevesa in golfo di Santa Maura sono grandi peschiere, e evvi pesce dogni
sorte, perch vi sono assai paludi, e acque dolci: ma vi sono pochi pescatori per esser
paese de Turchi e perch li cristiani hanno di loro cattiva compagnia e per tal causa
non stanno volentieri li cristiani con li turchi. Pigliano nondimeno gran quantit de
pesci, e pagano molti danari a Turchi.
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Maria Lucia De Nicol
94
Descrizioni ed esperienze di viaggio
terra nella Bulgaria molto populata, avendo, per quanto si dice 1500 case e fra queste
circa 200 debrei [] ha cadilaggio, et abbondante di grani, et mercantile di cere,
lane e cordovani. Quivi sono buoni turchi per esser il luogo come di studio, dal quale
riescono uomini sufficienti ed atti ad amministrar giustizia, che perci si mandano per
cad in diverse parti dellimperio turchesco. abbondante di acque e di fontane, e vi
corre per mezzo una fiumara detta Macofro, che si dice linverno per le pioggie inalzarsi
tanto che inonda la terra, portando rovinosamente grandissimi sassi. Monasterio ha un
basestan, belle moschee e cavarser [caravanserraglio] buon per cavalli, ma incomodo
per le persone.
terra di cadilaggio, per la quale corrono molte acque e vi sono molte fontane e molti
giardini, onde, chiamandosi in schiavo lacqua vode, si pu credere che questo luogo
dallabbondanza di dette acque abbia preso il nome di Vodena.
Dallalto dei colli si scoprono i laghi di Sangiol e di Ostrova, quindi dopo aver
costeggiato per un tratto questultimo fino al villaggio omonimo, ci si addentra
in una fitta foresta di lungo cammino, luogo pericoloso dove sogliono mettersi
allinsidie diversi assassini per cui si procede con armi in pugno fino alluscita
dalla selva. Passata la villa di Chielticchi, cavalcando attraverso campagne ubertose,
il 28 maggio il corteo incrocia due bande di cammelli e doi due carri con una
donna turca che con la sua brigata venendo da Genizz andava a nozze a Vodena
e con lei erano alcuni turchi suoi servitori a cavallo che laccompagnavano, fra
cui anche un chiozzotto rinegato che era sopra un bello e ben granito cavallo, e
pareva egli fosse il principale della stessa compagnia. Questi coglie loccasione
95
Maria Lucia De Nicol
Li carri che vedessimo erano di due ruote sole senza raggi, ma tutte sode, intiere, e
serrate che parevano fondi di tinazzi, e ben ferrate, e cos sono tutti li carri che si
vedono da questo luogo fino in Salonicco, e sono tirati da buffali.
A Solinicchio alloggiassimo in un secchie (sic) vicino alla porta per dove entrassimo.
Questo luogo come un priorato per forestieri. situata la citt di Salonicchi parte
in collina e parte in pianura; la parte di sopra in collina poco abitata; in essa vi ha un
castello, nel quale sta un dasdaro con circa 300 aspri. Mostra di haver auto due mani di
muraglia, e quella dalla quale si vede essa ora esser cinta, tutta speronata con speroni
della medesima altezza e qualit di muraglia. Li quali speroni si spingono fuori a guisa
di merli, e pare che tanta sia la parte occupata da essi speroni, quanto il resto dessa
muraglia. Gira circa 7 miglia. Ha belle strade e larghe, e quasi per ogni una di esse una
fontana, essendo tirate le acque dolci con acquedotti da una villa detta Cosacchi 6 o
7 miglia lontana, a pi del monte. Per le strade si vedono molte colonne, parte rotte e
parte intiere, ed avelli e altre pietre finissime, e marmi parii, e delle colonne assai se ne
vedono di porfido e di serpentino. Ha tre sorti di abitanti, cio turchi, ebrei e cristiani,
ma li pi sono ebrei. Rab Abraham Namias, fratello del console di Monasterio, venne
a mostrarci le cose notabili. Vedessimo prima la chiesa degli Angioli fatta in forma
rotonda, come il Pantheon di Roma, se ben pi picciola. Questa, gi sette mesi,
96
Descrizioni ed esperienze di viaggio
stata levata a greci e fatta moschea. Poi la chiesa che fu gi di S. Sofia, fatta molti
anni sono moschea, et era la chiesa metropolitana. In essa si vedono otto colonne di
porfido serpentino, cio 4 per banda, che sono di bella grandezza e di molto prezzo.
Il pavimento di sotto tutto di finissimo marmo pario. Di sopra si vede che era tutta
di mosaico, avendovi li turchi lasciato nella cupola, dove par che fosse la capella del
choro, un Dio Padre intiero, con altre figure e con alcune lettere greche. Questa chiesa
attorniata da un portico sostentato dalle colonne. Vedessimo poi un arco, che fu
dricciato in honore di Tito Vespasiano che prese Gerusalem. Larco di pietre cotte,
ma le basi che lo sostentano sono di marmi lavorati con figure intagliate di rilievo.
Questa contrada si chiama Camara dellArco.
Dopo aver parlato di altri monumenti e cose notabili con un cenno anche ai luoghi
degradati, come la contrada degli ebrei, alla quale si arrivava percorrendo una
strada assai sporca, s per esser abitata da queste genti come per esser al chino
della citt, dove corrono le immondizie, lattenzione si ferma sul porto:
Calassimo alla marina, dove non porto ma spiaggia di buon sorgitore, la quale, come
non sicura dai venti di tramontana, cos difesa dalli venti di fuori. La guardano due
castelli di poca fortezza, uno alla sinistra fabbricato da sultan Suliman, e laltro alla
dritta antico con un torrion in mezzo un cortile, simile a quello di Spalato.
97
Maria Lucia De Nicol
era potuto avere pane, ma vino cattivo, tenuto nascoso da un cristiano greco.
Il 13 giugno, partiti da Omorz allalba, il corteo arriva verso mezzogiorno a
Silivrea,
dagli antichi detta Silimbria, gi nobil citt di antichissime muraglie e moltalte con li
suoi torrioni, pu girar circa un miglio senza i borghi. Ha due ponti bassi, un de quali
circa due archibugiate per potervi passare la palude che fa il mare, il quale, gonfiando
il verno e stagnando in alcuni luoghi bassi, fa alcuni come canali. Qui era qualche
sospetto di peste.
Il giorno seguente si prosegue fino ad una localit detta Pontepicciolo, cos detto
a differenza dellaltro grande, et dun solo volto, se ben prima che l si arrivi, si
cammina per una strada larga quanto vi si possano passar due carri, che lunga
circa unarchibuggiata, fatta in modo che pare un ponte disteso senzarco. Oltre
al ponte, dalla parte verso Costantinopoli, era collocata una villa di cadillaggio
predisposta per lospitalit, fatta fabbricare dal sultano Selim, padre di Solimano
a comodo de viandanti e di cui nel diario si d una dettagliato ragguaglio.
questo luogo fabbricato con bella architettura in forma quadra, avendo quattro
appartamenti nei quattro angoli, nei quali da tre parti si congiungono con alcuni portici
e dalla quarta parte, dov la fronte, vi una scala con due rami, dalluno de quali si
scende, e dallaltro vi si sale, e nel mezzo di essa vi una loggietta. Alla parte di dietro
che guarda verso la fronte, vi lappartamento maggiore con doppii portici, che luno
difende laltro dai venti, dalle piogge e dal sole. Alla destra entrando vi la moschea
et alcune camere per studenti che vi hanno il vivere e di qui si va in un bellissimo
giardino. Il cortile nel mezzo ha una bellissima fontana ombreggiata da alcuni platani,
e da basso, prima che qui si salisca, vi il cavarser per li cavalli et un lungo cortile con
altre stanze.
Lintenzione era poi di continuare il viaggio per mare fino a Pera, ma non fu
possibile perch la forte burrasca che aveva colpito quella costiera nei giorni
precedenti, col sabbione che avevano portate le acque, aveva otturata la bocca
del canale, intanto che le barche non potevano uscire cariche. Obbligati dunque
a ripiegare sul percorso terrestre, lambasciatore e i suoi decidono di affrontare il
viaggio di notte e le mura di Costantinopoli vengono avvistate sul far del giorno
15 giugno.
Lultima parte della relazione si concentra sugli incontri con le autorit
turche del Bernardo, investito della responsabilit di riuscire a riportare a Venezia
il bilo Lippomano usando ogni accorgimento per evitare problemi diplomatici
con il governo turco. In un susseguirsi di quadri descrittivi vengono restituite
interessanti informazioni sui personaggi pi vicini al Sultano, sulla tattica politica
usata dal Bernardo per riuscire nellintento, sul linguaggio usato nei colloqui fra
i rappresentanti di governo e, naturalmente, sul finale della storia, conclusa con
98
Descrizioni ed esperienze di viaggio
larresto del Lippomano, limbarco sul vascello manomesso scortato poi dalle
galee con ordine di scortare la nave con limportante passeggero fino a Venezia
e la misera fine di questultimo, a met luglio del 1591, morto suicida lanciandosi
in mare prima dellarrivo della nave a Venezia.
***
99
Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito Il pescator dolente:
ipotesi per unegloga pescatoria adriatica/ Nicola Alfonso Viti
i neobjavljena poema Il pescator dolente: hipoteza
za ribarsko-jadransku eklogu
Monica De Rosa
Universit di Chieti-Pescara
100
Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
[] in niun secolo e in niun paese direbbesi che fosse mai tanto coltivata la storia,
quanto in Italia nel XVII secolo, s grande il numero degli storici che da ogni parte
ci si offre. Appena vha alcuna delle nostre citt che non abbia lo scrittore della sua
origine e delle sue vicende e molte ancora ne hanno molti.4
101
Monica De Rosa
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Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
pone tra i protagonisti di maggior rilievo; letterato di formazione veneta, nei suoi
scritti si addensano le tracce di un dialogo costante con lambiente napoletano
che al gusto della variazione interna al codice petrarchistico connette loriginale
inserimento del registro marittimo. Nellambito della sua produzione letteraria
desta interesse ai fini del nostro discorso soprattutto lecloga piscatoria incentrata
sulla figura di una mitica Crcale che piange il suo Dvalo: un motivo della perdita,
un transfert che adombra il doloroso percorso esistenziale di Vittoria Colonna
dopo la perdita del marito, Ferdinando Francesco DAvalos. La disseminazione
del genere pescatorio qui pi che altro testimonianza di un gioco letterario,
lirica doccasione e spia di unavanzata maturazione del genere che vede attuarsi
al suo interno anche una disarticolazione e rilettura del modello petrarchesco8.
Con ogni probabilit, proprio nel legame con la famiglia DAvalos signori
anche della citt del Vasto pu essere ravvisata una significativa influenza sul
lavoro di Viti qui analizzato.
Attraverso un rapido excursus sulla fortuna dellegloga piscatoria in ambito
rinascimentale e barocco si ravvisa una presenza disseminata di canonici topoi
che attraversano il genere intrecciandosi e rincorrendosi dallegloga di area
napoletana al lamento pescatorio di area veneta; come noto, sin dalle prove
rinascimentali il genere manifesta il consolidamento di un fortunato paradigma:
quello della simbiosi straordinaria tra mito letterario e pratica sociale. Il connubio
tra mimesi poetica e convivialit mondana si esibisce prepotentemente allaltezza
della piena maturit del codice mimetico pescatorio che, in relazione a un preciso
sistema di forme significanti, si trasla in ordine costruttore di unidentit socio-
culturale, acquistando senso in relazione ad una serie complessa e mutevole di
significati geo-antropologici.
Il lusus naturae, la fuga dalla civilt abbandona le vecchie suggestioni arcadiche
per scoprire una nuova dimensione del gioco erotico, familiarizzando con la
scena naturalissima delle marine. Senza risalire alla genesi del genere, va per
evidenziato il salto qualitativo prodotto dallinvenzione di un lessico originale e
di un registro di temi e simboli nuovi, creati con lintenzione di aderire, proprio
attraverso laccentuata inclinazione mitografica, ad un sistema mimetico pi
vicino alle forme originali di determinate civilt.
La grande metafora equorea, dunque, in simbiosi con gli stereotipi erotico-
sentimentali, si piega a evocare drammi di nostalgia e di precariet esistenziale;
i temi della frustrazione damore, il mito ninfale, la gara o il nesso amore/magia
sono tutti motivi che riemergeranno anche nella poesia marinaresca di Viti e che,
ponendosi come archetipi, definiscono un profondo momento di mediazione
tra i modelli classici e la poesia europea moderna, venendo a costituire, in
8
Cfr. R. Girardi, Il codice pescatorio fra Venezia e il Mezzogiorno, cit., pp. 340-342.
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Monica De Rosa
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Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
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Monica De Rosa
Lincendio amoroso, che si avvia con una favilla (XXIV), prosegue attraverso
la presenza sempre pi consistente di lessemi che rimandano alla gamma
semantica del fuoco: incendio/accese/fiamma/incenerito et ardo (XXXII).
Nella medesima strofe, sinsinua leco dantesca del Canto V dellInferno: Amor
cha nullo amato amar perdona/mi prese del piacer costui s forte/che come
vedi ancor non mabbandona, stemperata nellottava di Viti in questi termini:
Miserelle amatrici questa fiata/Altri amanti seguite, ed altro amore/Rivolgete i
pensier, perch altra amata/Et altro incendio, accese dArgo il core (XXXII).
Qui si dichiara pienamente il sentimento amoroso, dove lamore/amato/amar
del verso dantesco pare ravvisarsi nella ripresa di amanti/amore/amata nel
distico centrale della quartina vitiana. Al di l dellovvia diversit di tensione lirica
con il canto del poeta fiorentino, literazione della radice -am evoca le sonore
suggestioni dantesche, e la ripresa della stessa nei lemmi fiamma/avampata/
alma (XXXII), ove lomofono alma la riproduce per assonanza, sancisce il
definitivo avvolgimento di Argo nel fuoco damore.
Per di pi, com tipico del genere soprattutto nelle espressioni pi tarde
la scrittura indulge sovente alla narrazione: la centuria ondeggia tra momenti
di intensit lirica maggiormente accentuata e concentrata, e momenti pi distesi,
in cui lincedere quasi narrativo pare sostituirsi allafflato poetico; tra gli elementi
della lirica tradizionale emergono le caratterizzazioni dellegloga nellutilizzo del
lessico ittiologico, nel travestimento mitografico, nelloratoria pescatoria che
caratterizza il poemetto. Il mare, che si pone come costante termine di paragone,
in opposizione allardore del sentimento amoroso, emblematizza la figura del
protagonista. Contrassegnato sin da principio dalla totale immedesimazione
con lelemento equoreo, il pescatore definisce se stesso in relazione alla
simbologia marinaresca. Lapprendimento delluso della poppa della prora
e della canna (XXVIII) scandisce i momenti topici dellinnamoramento; la
similitudine con la barchetta in balia delle onde (XXVIII) presagisce il tragico
destino del personaggio. Lisotopia ittiologica connota figurativamente le diverse
sfaccettature delle emozioni e dei comportamenti del pescatore, determinando
anche la caratterizzazione degli altri protagonisti: la donna, pi acerba e dura
delle salpe (XIII), e il rivale, tratteggiato con luso sapiente dellartificio ironico:
un pescator s enorme che sentra talhor del mar nelonde opache/Pesca
sol gamberin, granchi e lumache (XXXV). E non pu non rendersi visibile
leco di Luigi Pulci e del suo Morgante, gigante imbattibile morto per la puntura
di un granchio. Daltronde, a voler effettuare un percorso a ritroso, proprio
nel Morgante sindividua una corposa parentesi marinaresca dedicata allepisodio
in cui Luciana regala a Rinaldo il mirabile drappo istoriato con elementi di
una micro-enciclopedia marina e pescatoria probabilmente da collocarsi tra le
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Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
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Monica De Rosa
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Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
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Monica De Rosa
Nella rappresentazione naturalistica attuata dal poeta, il cuore della donna che non
corrisponde al sentimento amoroso pertiene al campo metaforico della durezza.
Esso , ovviamente, un sasso (XXII), elemento terragno attraverso il quale si
compir la tragica unione: sar da quel sasso che il pescatore dolente si getter
nel mare, suggellando con la morte la definitiva ricongiunzione allarchetipo
dappartenenza e trasformando la lamentazione amorosa tipica dellegloga in un
canto adriatico di amore e di morte.
***
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Nicola Alfonso Viti e il poemetto inedito
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Poesie popolari sugli Uscocchi Alcune considerazioni a
margine/ Narodne pjesme o uskocima
Stevka mitran
Universit di Teramo
Nel riassumere il periodo storico tra il XVI e il XVII secolo in cui vissero
gli uscocchi in un Adriatico diviso tra gli imperi ottomano e asburgico e la
Repubblica di Venezia, il tratto che maggiormente colpisce il mistero che a
tuttoggi avvolge la loro storia e il loro mito. Il termine uscocchi (dal serbo/croato
uskok, pl. oci, fuggiasco), ha assunto negli anni altri significati: profughi,
predatori, assalitori, disertori, ribelli, guerrieri, pirati, emigranti,
esuli.
Ma se nella documentazione storica le definizioni sono state cos discordanti
tra loro, nella poesia popolare vi una sola qualifica per i pirati ed quella
di eroi. Dopo aver indagato lorigine e la collocazione storica degli uscocchi
nel contesto dellAdriatico e nella storia europea1, si vogliono approfondire i
canti popolari sugli uscocchi, ossia i canti maschili sugli eroi rivieraschi. Va
anche precisato che gli avvenimenti storici degli uscocchi diventano da subito,
e cio dopo la conquista da parte degli ottomani nel 1537 della fortezza di Klis
principale nido e il successivo stanziamento a Senj, una questione della
politica europea e, di pari passo, entrano nella tradizione epica orale2.
Nella cruenta battaglia anche il capitano Petar Krui, che impieg gli
uscocchi come guarnigione di difesa, fu ucciso e la sua testa impalata ed esposta
sulle mura della citt occupata. Entra cos nella leggenda da eroe e condottiero
delle lotte contro i turchi.
Ci che da sempre ha suscitato interesse non stata solo la bellezza stilistica
dei canti, ma anche il fatto che il ciclo degli uscocchi, degli aiduchi e dei pirati
numericamente superiore a tutti gli altri cicli epici3. Le notizie sui Cristiani
1
S. mitran, Gli uscocchi. Pirati, ribelli, guerrieri tra gli imperi ottomano e asburgico e la Repubblica di
Venezia, Venezia, Marsilio, 2008.
2
B. Suvajdi, Epske pesme o hajducima i uskocima, Beograd, Gutembergova Galaksija, 2003, pp.
12-15.
3
Di una vastissima letteratura al riguardo si riportano alcuni giudizi: Il ciclo delle poesie sugli
uscocchi numericamente superiore a tutti gli altri (R. Pei, Stariji sloj pesama o uskocima, in V.
Nedi, Narodna knjievnost, Nolit, Beograd, 1972), p. 260; Il ciclo degli uscocchi e quello degli
aiduchi senza dubbio numericamente superiore a tutti gli altri e per la forza, la bellezza e
limmaginazione non meno del ciclo su Kosovo o su quello di Marko Kraljevi (V. orovi,
Istorija srba, Lirika, Beograd, 2002), p. 414.
112
Poesie popolari sugli Uscocchi
sudditi del Turco in Occidente venivano accolte con curiosit, a volte con
ammirazione o con accettazione, mentre per il popolo essi erano principalmente
accaniti avversari dellImpero ottomano. Era questo il motivo della loro presenza
costante nel canto orale? Oppure lomaggio mai reso dal cantore popolare alleroe
che resiste al tempo riguarda una civilt che stava per nascere?
Dove si deve cercare la verit? Dalla parte degli storici ossia lo studio di
fonti storiche quali cronache, annali, memorie, diari, itinerari di agenti diplomatici
e consolari, documenti turchi, serbi e occidentali, archivi di Ragusa (Dubrovnik),
Zara (Zadar), Venezia, Citt del Vaticano, Vienna, Parigi e delle citt adriatiche
e rivierasche o da quella della poesia popolare che ha descritto ogni segno
delleroismo degli uscocchi, dal coraggio alla vendetta, dalla lealt alla fierezza?
Gli storici, come noto, hanno tratteggiato gli uscocchi in maniera negativa,
descrivendo lefferatezza delle loro azioni, mettendo in risalto gli atti di brutalit
di cui sarebbero stati vittime gli equipaggi delle imbarcazioni assalite, mentre
limpatto sulla popolazione durer anche dopo loccupazione turca e lascesa
asburgica. C da dire che i turchi esercitavano la loro autorit ed egemonia sui
popoli conquistati; iniziarono a manifestarsi le prime forme di lotta di resistenza
popolare, a seguito del risveglio culturale che aveva avuto nel canto epico la
propria origine.
Nel resto dellEuropa del XVI e XVII secolo nascevano lempirismo e il
razionalismo, che rivoluzionarono il pensiero europeo, diventando monumenti
culturali della moderna civilt occidentale alle cui dotte dispute si contrapponeva
la civilt balcanica i cui popoli testimoniavano la propria esistenza attraverso il
canto orale. In seguito quella letteratura creata dal popolo fu riconosciuta dai pi
grandi poeti romantici europei, da Goethe a Grimm, da Lamartine a Mrime, da
Byron a Scott, da Tommaseo a Mazzini. nota linvocazione di Tommaseo che
dice al popolo che ha saputo dar vita a quel canto: Io vorrei che mi si mostrasse
nellintimo, o Nazione Slava, lo sconosciuto tuo spirito; vorrei intendere ciascuna
parola dellarcana tua voce []4.
Il popolo ha assimilato la storia quale esperienza che si tramanda e
impartisce lezioni in fatto di lingua e di quellexemplum memorabile che descrive le
gesta eroiche dei popoli sopraffatti. il verso che d una nuova dimensione alla
parola. Succede, come vedremo, agli uscocchi che nellimmaginario collettivo
erano avversari dellImpero ottomano e il primo baluardo cristiano contro
lavanzata turca5. Nella documentazione storica sostanzialmente due sono
i testi in cui gli uscocchi vengono descritti come difensori, in lotta contro
4
N. Tommaseo, Scritti editi e inediti sulla Dalmazia e sui popoli slavi (a cura di R. Ciampini), Firenze,
Sansoni, 1943, p. 39.
5
Monsignor M. Minucci nella sua Historia degli Uscocchi (Venezia, 1676) mette in risalto il ruolo
di difesa del cristianesimo che gli uscocchi svolgevano, come primo baluardo cristiano, contro
lavanzata turca, contro gli infedeli.
113
Stevka mitran
114
Poesie popolari sugli Uscocchi
romantica che i senjani fossero tutti serbi, e lo storico G. Stanojevi (Senjski uskoci, Beograd,
1973) che rigetta tale teoria sostenendo, invece, la multietnicit uscocca della citt di Senj.
11
A questo termine viene accostata la parola greca armatoli (armatolos) con lo stesso significato
di sentinelle o soldati che [] divennero la componente pi temuta della macchina militare
ottomana (N. Malcolm, Storia della Bosnia, Milano, Bompiani, 2000, pp. 111-112).
115
Stevka mitran
12
Traduzione delle poesie di S. mitran.
116
Poesie popolari sugli Uscocchi
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Tur: sudditi; cristiani in Turchia.
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Poesie popolari sugli Uscocchi
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Poesie popolari sugli Uscocchi
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Stevka mitran
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Poesie popolari sugli Uscocchi
(Tratto da V.S. Karadi, Srpske narodne pjesme, III, Beograd, Prosveta, 1988)
123
Stevka mitran
Sia Ilija Smiljani che Vuk Mandui sono personaggi realmente vissuti e
contemporanei, solo che il secondo morto sei anni prima. La tomba di Ilija
Smiljani si trova sul monte Vujak. Sulle antiche carte geografiche austriache
segnalata con il nome Pozzo di Smiljanovi15.
Il paesaggio epico anche in questo caso illumina quello che esteticamente
irraggiungibile. Ci si riferisce alla grande tragedia descritta nei canti sugli
uscocchi e aiduchi e sulla loro morte eroica.
Il canto epico con il quale i popoli balcanici rivendicano la propria superiorit
in fondo nazionale e di conseguenza universalmente rappresentativo.
Ci si potrebbe anche non prendere il disturbo di elevare al rango di definizioni
scientifiche ogni tematica costituente il mito degli uscocchi. Perch nel gioco
incrociato di contraddizioni di cui furono oggetto, nellintricato groviglio degli
avvenimenti, furono a volte appoggiati, altre volte combattuti dai potenti stati
vicini. Questi uomini e i loro vojvoda sopravvissero a chi li aveva combattuti nel
canto popolare che descrisse le loro gesta, intrecciando storia e fato, fino al XIX
secolo. Le sfasature tra il tempo della loro storia e il tempo della loro poesia sono
state, forse, appianate anche da proiezioni verso le future indagini.
***
15
B. Suvajdi, op. cit., pp. 374-378.
124
Poesie popolari sugli Uscocchi
125
Settecento adriatico/ Jadran u 18. stoljeu
Giovanna Scianatico
Universit di Bari
126
Settecento adriatico
127
Giovanna Scianatico
128
Settecento adriatico
6
Cfr. A. Kaci Miosi, Razgovor ugodni naroda slovinskoga, 1756.
129
Giovanna Scianatico
Io era in collera con questo abuso di tradizione; ma me la sono lasciata passare, dopo
che ho trovato che nello stesso modo si perpetuano molti curiosi e interessanti pezzi di
Poesia Nazionale alluso de vostri Celti Scozzesi, fra contadini spezialmente. (pp.160-
161)
7
La lettera, appartenente al corpus di missive dirette da Alberto Fortis a John Strange tra il 13
giugno e il 13 Novembre 1771, conservato presso la British Library di Londra, pubblicata in
appendice a P. Pascazio, Odeporica epistolare. Una lacuna nel viaggio in Istria e Dalmazia di Alberto
Fortis, in Quaderni del Dottorato di Italianistica dellUniversit degli Studi di Bari, Edizioni B.A.
Graphis, Bari, 2010 (in corso di stampa).
130
Settecento adriatico
Voi non vi troverete gran forza di fantasia, niente di maraviglioso, non vani ornamenti;
ma bens condotta quanto in alcun altro Poema, e cognizione delluomo, e carattere di
nazione, e, ci che mi sembra pi pregevole, esattissima verit storica. (p. 161)
8
Cfr. F. Venturi, Settecento riformatore, V, LItalia dei lumi, Tomo secondo, La Repubblica di Venezia
(1761-1797), Torino, Einaudi, 1990.
131
Giovanna Scianatico
132
Settecento adriatico
di Omero come modello di poesia originaria (arcaica) nel segno della Simplizitat.
Da Muralt, Haller, Bodmer, Gessner, Fussli (questi ultimi corrispondenti di
Winckelmann) questi umori rifluiscono nel neoclassico11.
Che senso assume dunque, in questorizzonte, il saggio di Bajamonti?
Mentre conferma lappartenenza della cultura slava a pieno titolo allo
sviluppo della letteratura europea, e specificamente alla letteratura darea
adriatica (il testo dello spalatino appare significativamente sul veneto Nuovo
giornale enciclopedico dItalia, diretto allora, dopo la morte della Caminer Turra,
dal Bertola un altro fratello neoclassico e sempre pubblicato dallo Storti,
leditore del Saggio dosservazioni), lo scritto sul morlacchismo omerico consente
di approfondire tale componente neoclassica, recuperando al movimento quella
ricchezza di fermenti che la erronea etichetta del preromanticismo gli ha a lungo
sottratto, impedendo la comprensione della sua sostanza dialettica.
Di qui, dallambito dei sostenitori di questo nuovo ritorno ai classici, spesso
assai polemici verso lestenuato classicismo tradizionale, nasce linteresse per la
memoria e per lepica orale dei popoli, sul filo simbolico di un recupero dei
grandi modelli, degli archetipi della tradizione occidentale, che, investiti delle
nuove interpretazioni, riverberano la loro luce sui canti popolari, che, illuminati
da essa, in quellottica alla loro volta vengono letti e interpretati.
Cos la poesia popolare slava si inserisce, passando per la lingua italiana e
di qui per la grande letteratura tedesca, nel canone europeo e, mentre vivifica la
lettura di Omero, sovrapponendo agli antichi canti vicende e costumi di popoli
contemporanei, ne riceve a sua volta forza e carattere, in quello scambio vivo
con lantico che distingue il movimento dalle riprese retoriche degli attardati
classicisti.
dunque un contributo essenziale quello che lAdriatico (voglio dire gli
intellettuali ma insieme le tradizioni dei suoi territori) offre alla letteratura del
Settecento, e non condivido la chiave di lettura fornita da Franco Venturi per lo
scritto di Bajamonti, come ripiegamento dello slancio riformatore, che anzi quel
sostrato arcaico e di storia nazionale, di carattere nazionale, poteva costituirne la
base, la risorsa morale popolare necessaria.
Un ultimo chiarimento, avviandomi alla conclusione, che consiste pi che
altro in un rilancio della ricerca su questi temi, in unipotesi, nel suggerimento di
percorsi ermeneutici che potrebbero rivelarsi fruttuosi, e che comunque vale la
pena verificare.
Mi sono soffermata pi volte sulla appartenenza alla massoneria dei
protagonisti di questo mondo riformatore e letterario. Credo che qui
nellorizzonte settecentesco delle logge stia infatti una chiave che ci consentirebbe
pi approfondite interpretazioni di quello sforzo riformatore, e soprattutto, dal
11
Cfr. G. Scianatico, La questione neoclassica, Venezia, Marsilio, 2010.
133
Giovanna Scianatico
nostro punto di vista di studiosi della letteratura, una rinnovata ermeneutica, una
meno visibile via daccesso ai testi.
Qui il discorso si connette alla questione omerica e alla questione dellorfismo,
che traghettano al nuovo secolo questo complesso di problemi, di estetiche e di
immagini simboliche.
Ma appunto, materia di nuove ricerche.
***
U 18. stoljeu istona obala ponovno postaje predmetom zanimanja za putopisce. Kljuna
figura je Alberto Fortis, ija se djela Put po Dalmaciji i Rasprava i razmatranja o otoku
Cresu i Loinju danas mogu pronai i u digitaliziranom obliku biblioteke CISVA (www.
viaggioadriatico.it).
Temeljem najnovijih istraivanja, istiu se tri osnovne osobine koje karakteriziraju
djela napisana o Jadranu: znanstveni interes, strast za drevnim, iluministiko-masonska
inspiracija.
Pomnom analizom Fortisovih Rasprava mogue je uoiti posebnu povezanost s antikom
kulturom i to ponovnim evociranjem mita o Argonautima i odnosu prema Orfizmu. U tekstu
je bitan i prijevod Pisme od Miloa Kobilia i Vuka Brankovia. Nadalje, tu je vidljiva i
prijateljska veza Fortisa i brojnih dalmatinskih intelektualaca od kojih je najistaknutiji Julije
Bajamonti, autor Morlacchisma dOmero, djela koje se u potpunosti moe smatrati dijelom
najnaprednijih kulturlokih tendencija tog vremena.
Inspirirani ovim modelima, danas moemo zapoeti s projektom o podjeljenom jadranskom
identitetu kao integriranom dijelu europske knjievnosti.
134
Uzgoj vinove loze u Dalmaciji u 18. stoljeu i tradicija uzgoja
danas/ La coltivazione della vite in Dalmazia
nel 700 e la tradizione della coltivazione odierna
135
Nataa Baij arko
136
Uzgoj vinove loze u Dalmacij
***
I vini dalmati nel XVIII secolo erano noti per la loro qualit: venivano paragonati a
quelli greci, specialmente i pregiati. I vini dalmati, o per meglio dire quelli eccellenti, erano
ben conosciuti dai veneziani. Questi vini provenivano soprattutto dalle isole centro-adriatiche,
godevano diritti esclusivi e non si pagavano tasse per esportarli a Venezia. ben noto che,
allinizio del XVIII secolo, a Venezia si importavano centinaia di barili di vino allanno.
Molto apprezzati erano il maraschino, dal quale si producevano i vini da dessert, poi plavac,
vugava e trtar. Anche i francesi, intenditori e amanti del vino, stimavano e consumavano i
vini dalmati. Il maresciallo Marmont, per esempio, stimava particolarmente il vino trtar di
Sebenico. Nel 19 secolo, e pi tardi, alcune vecchie e conosciute qualit di vino spariscono.
Oggi, al contrario, si pone sempre maggiore attenzione su questo ramo dellagricoltura. Si
riattivano vigneti trascurati, si coltivano di nuovo alcune vecchie specie di vino.
9
D. Boi-Buani, Juna hrvatska u europskom fiziokratskom pokretu, Knjievni krug, Split 1995.,
str.163.
10
. Bai, Dalmatinsko vino, isto, str.115-119.
137
Gli adattamenti dialettali delle Baruffe chiozzotte di Goldoni/
Dijalektalne adaptacije Goldonijevih Ribarskih svaa
Marijana Alujevi-Jukovi
Sveuilite u Splitu
La vita e le opere dello scrittore Carlo Goldoni sono sempre state oggetto
di studio e di analisi da parte di numerosi critici letterari, traduttori e teatrologi
croati, che lo hanno avvicinato e reso accessibile al pubblico in tale misura che
lautore italiano presente sul palcoscenico dei teatri locali come uno dei pi
rappresentati commediografi stranieri entro i confini patri di Croazia. Le sue
opere hanno subito diverse assimilazioni e soprattutto molte traduzioni nelle
parlate locali del litorale, siccome le sue commedie, scritte per la maggior parte
in dialetto veneziano, danno loccasione a tali sfide. Lo studioso di teatro Nikola
Batui a proposito di Goldoni disse: in ogni nostro paese e nelle diverse
varianti linguistiche dal ciacavico al ciacavico istriano o ciacavico spalatino,
oppure nella parlata ragusea, Goldoni ha sempre offerto al palco teatrale croato
lopportunit di creare una particolare espressione commediografa1. Cos nella
teatrologia croata sono presenti ben quattro varianti, cio adattamenti dialettali,
della commedia Le baruffe chiozzotte. La ragione di ci risiede nel fatto che nei
personaggi del dramma in questione facile raffigurare la gente di Dalmazia,
che nella tipica storia mediterranea piena di scandali improvvisi, riso e lacrime,
riconosce la mentalit dei propri antenati. Queste somiglianze culturali possiamo
considerarle come elementi di motivazione per la nascita degli adattamenti del
dramma, come pure la concordanza sul piano lessicale e sintattico tra il veneziano
e le parlate locali di Dalmazia, dovuta a fattori geografici e condizioni storiche, il
che sicuramente rappresenta una circostanza attenuante e stimolante.
Le baruffe chiozzotte raggiunsero per la prima volta una parlata nazionale
croata grazie alluniversale uomo di teatro Ivo Tijardovi che negli anni Quaranta
del secolo scorso redasse la versione delocalizzata e tradotta in ciacavico della
Dalmazia centrale2. Vi sono alcuni punti che Goldoni e Tijardovi hanno in
comune e che resero Tijardovi candidato adeguato per affrontare il testo di
Goldoni e per offrirlo al pubblico croato nella versione tradotta e rielaborata.
Nellintroduzione alle Baruffe chiozzotte leggiamo che Goldoni compose il dramma
non pi per i borghesi facoltosi ma per i popolani, i pescatori, cio il popolo
1
N. Batui, Hrvatski Goldoni, in Incontri croati di Carlo Goldoni, Zagreb Dubrovnik, Most, 1993,
p. 190.
2
D. Foreti, Naijenac Goldoni, in Vijenac, 62, 2000, http://www.matica.hr/Vijenac/Vij162.nsf/
AllWebDocs/NasijenacGoldoni (27.6.2010.).
138
Gli adattamenti dialettali delle Baruffe chiozzotte
minuto che non si riconosceva nei personaggi delle altre commedie3. Lo stesso
vale per Tijardovi: sulla scena non troviamo aristocrazia e gente ricca, come
era usanza nelle operette del tempo, ma gente comune e personaggi della vita
quotidiana. Nella dedica del libretto di Spliski Akvarel di Tijardovi leggiamo:
dedicato al popolo minuto di Spalato vero e proprio autore dell'opera4.
Dunque, tutti e due gli autori trattano argomenti bassi e volgari e descrivono
lambiente popolare. Inoltre, nellintroduzione alle Baruffe chiozzotte di Goldoni
scopriamo che lentusiasmo che suscit il dramma tra il popolo fu grandissimo.
A proposito, lo scrittore Goethe disse a sua volta: Non ho mai assistito in vita
mia ad unesplosione di giubilo come quella cui si abbandonato il pubblico a
vedersi riprodotto con naturalezza. stato un continuo ridere di pazza gioia
dal principio alla fine5. Nello stesso modo ha reagito il pubblico al teatro di
Spalato dopo aver visto le prime delle operette Spliski Akvarel e Mala Floramye.
Nel quotidiano spalatino dellepoca, Novo Doba, le critiche dicono: linteresse
fu enorme, e un applauso lunghissimo accompagn gi le prime scene della
rappresentazione; il pubblico accolse loperetta con un applauso mai vissuto nel
teatro di Spalato6.
I conoscitori dello stile con cui sono stati creati i capolavori di Tijardovi si
rendono conto del fatto che Le baruffe chiozzotte sinseriscono straordinariamente
nel suo repertorio, come se lui fosse lautore originario del dramma. La qualit
della realizzazione di Tijardovi risale alla sua inclinazione ai generi umoristici,
allo scambio delle battute taglienti e argute e dei dialoghi brevi e umoristici, agli
intrecci banali e, alla fin fine, ai capovolgimenti improvvisi e pieni di gioia nella
trama. Tutti e due gli autori offrono sul palcoscenico la coralit della vita essendo
i protagonisti gente abituata a vivere allaperto, una folla rumorosa di pescatori,
popolani e bottegai7.
Siccome nel dramma di Goldoni non si riconoscono solo gli Spalatini, ma
anche i Dalmati in generale, la versione di Tijardovi, nota ad un vasto pubblico
e accessibile nella versione cartacea, diventa modello per la redazione nel dialetto
di Lissa, Quarnero e Ragusa da parte di troupes teatrali locali. Comunque, gli autori
che intrapresero ladattamento nei propri dialetti si sono serviti della traduzione
di Tijardovi e non delloriginale, difficilmente comprensibile.
3
C. Goldoni, Baruffe chiozzotte, Torino, Einaudi, 1998, http://www.classicitaliani.it/intro_pdf/
Goldoni/intro097.pdf (18. 05. 2010.).
4
I. Tijardovi, Spliski Akvarel, Split, Ex libris, 2005.
5
http://www.apriteilsipario.it/archivio/panoramica04-05/schede/sch003.htm (08. 04. 2010.)
6
J. Kerbler, Ivo Tijardovi: jor Ivine vedre note, Bjelovar, Prosvjeta, 1979.
7
M. Alujevi, Il carattere mediterraneo della vita quotidiana di Spalato presente nelle operette di Ivo Tijardovi,
in Adriatico/Jadran. Rivista di cultura tra le due sponde, 2/2007, Pescara, Fondazione Ernesto
Giammarco, pp. 155164.
139
Marijana Alujevi-Jukovi
140
Gli adattamenti dialettali delle Baruffe chiozzotte
kontratavat e che, come gli originari protagonisti delle Baruffe chiozzotte, i Dalmati
alternano spesso lintonazione esprimendosi gesticolando.
Ladattamento del testo dialettale postula una localizzazione ambientale
e linguistica molto esigente per riuscire adeguata13. Cos, il dialetto poetico in
cui scrive Goldoni, un misto di chiozzotto e veneziano, rappresenta un fattore
restrittivo nel senso che rende difficile la comprensione del testo. Il problema
fondamentale della traduzione non consiste tanto nel capirlo quanto nel tradurlo
adeguatamente, nel trovare un dialetto che corrisponda in qualche modo a quello
originario14. Perch il dialetto ciacavico in cui viene tradotta la commedia pu essere
considerato adatto? Prima di tutto, a causa della notevole concordanza lessicale
e sintattica tra i due idiomi, e poi a causa delle caratteristiche sociolinguistiche
originate dai fenomeni sociali presenti lungo la costa adriatica. Solo in una cultura
affine il dramma di Goldoni ha potuto trovare terreno fertile per molteplici
rielaborazioni. Sicuramente il dramma perderebbe la vivacit e il tono comico
se fosse stato tradotto nella lingua standard. Prima di tutto perch il dialetto
ciacavico riflette la vita autentica ed strumento tramite cui si esprime il livello
sociale a cui appartengono i protagonisti. Ci sarebbe, fino a un certo punto, la
risposta alla domanda perch il dramma in questione non fu tradotto nella lingua
standard, come fu il caso della vicina Slovenia, dove, significativo menzionare,
la versione nella lingua standard non consegu nemmeno approssimativamente il
successo della versione dialettale.
La traduzione di Tijardovi, dal punto di vista quantitativo e strutturale,
corrisponde pi o meno al modello originario perch non fece delle modifiche
notevoli allo svolgimento delle scene e degli atti, conservando il significato e
il contesto di ogni singolo dialogo. Quello che evidente dalla comparazione
con loriginale che la diversa organizzazione sintattica delle due lingue risult
nel distinguersi per la lunghezza delle frasi. Per questo, Tijardovi talvolta,
per mantenere il ritmo, cerca di omettere o aggiungere qualche interiezione o
parola.
Tijardovi interviene nel discorso umoristico di Goldoni dandogli la propria
nota nei casi in cui Goldoni usa qualche modo di dire, connotazione o allusione
appartenente alla cultura italiana e distante da quella croata, volendosi avvicinare
ad essa. Ad esempio, troveremo dei casi di sostituzione lessicale quando viene
13
A. Rakar, La fortuna del Goldoni nei teatri sloveni, in Talijanistike i komparatistike studije u ast
Mati Zoriu:(zbornik radova Meunarodnog skupa,Zagreb,27.-28.svibnja 1997.) = Studi di italianistica e
di comparatistica in onore di Mate Zori (Atti del Convegno internazionale, Zagabria, 27-28 maggio 1997.),
Zagreb, Filozofski fakultet, Odsjek za talijanski jezik i knjievnost, 1999, p. 455.
14
D. Vuleti, Dialetto e gergo nella traduzione, in Atti del Convegno Internazionale sulla traduzione letteraria
italiano-croata e croato-italiana = Zbornik radova s Meunarodnog skupa o hrvatsko-talijanskom i talijansko-
hrvatskom knjievnom prevoenju, Zagreb, Istituto Italiano di Cultura: Drutvo hrvatskih knjievnih
prevodilaca, 1996, p. 157.
141
Marijana Alujevi-Jukovi
142
Gli adattamenti dialettali delle Baruffe chiozzotte
Toni Konistra Toni Kanetra, Toni Bonkulovi Toni Pupator, Fortunato rajka
Fortunato Cipalj Furte karlitavica Furto Zvroka, Libera Inpinperlinana
Libera Peteh Libera uperbaca, Pjerina Soto kuca, Orsetta otokuca Orsetta
Pokolana Urula otokuca ecc.
Dopo aver paragonato le carte didentit delle quattro versioni sarebbe interessante
trarne alcuni esempi (numerosissimi sono gli esempi del genere) delle traduzioni
che si riferiscono alla stessa frase e situazione nella versione di Goldoni:
Pakva di Tijardovi, ad un certo punto dice: Astigamande, luda san za brutulanin mendulan
(p. 6), mentre quella di timac: Otrigeca, meni se pjaaju peeni tikvi (p. 5) e jera Mare di
Blaevi dice: Astigamande, luda san za teplin slanutkom (p. 2).
Al modo di dire: Sto mu biguli i makaruni (p. 8) che incontriamo nella versione
di Tijardovi a Fiume corrisponde: Jezero vrazi! (p. 7), e a Ragusa invece Sto mu
prokulica i artioka (p. 8). Gli spalatini invocano San Andrija mentre i fiumani
invocano San Mikula e cos troviamo svetoga ti Andrije (p. 11) e svetoga Mikuli (p.
9), mentre nella stessa occasione a Ragusa dicono: Orka matela (p. 13) e a Lissa
Jezero vrazi (p. 16). Alle frasi idiomatiche Sto mu dinji i artioki (p. 11) e Sto mu giric
i sardelini (p. 11), usate da Tijardovi, nella versione fiumana corrispondono in
ordine Krvi mu od angurije (p. 9) e Krvi mu od ugora (p. 10).
interessante vedere come tutti e quattro gli autori si sono serviti di diversi
mezzi per ottenere lincomprensibilit e comicit quando parla il personaggio di
Fortunato. Esaminiamo la stessa battuta in tutte e quattro le versioni18:
Oli me niste r/azumili?eti /voji, dvi b/arbuni, est l/okardi i kui i jena g/iric (T, 23)
corrisponde al Ne ladumite? Tetili tofi foji, dvi tofi balbuni, tet tkombli i jedna tofa kalamaji
(, 15), Oli me nite adumili? Etiji tvoji, dvi babunih, est okodihi ikuih i jena njnjnj
(B, 16) e Oli me ne aumijete ecc. (J, 28).
143
Marijana Alujevi-Jukovi
Kunjado, koji je ovo vjetar? Kunjado, koji bi jema bit ovo vitar?
Oli ne vidi da je uinio ilok? (J) Ol ne vidi da je bokun iroka? (T)
Si pu notare che Juvani nella versione ragusea si serve talvolta del romanismo
anche l dove Tijardovi non lo usa e trova unaltra soluzione propria della lingua
standard:
Lanalisi della presenza dei romanismi nelle quattro varianti dialettali ha dimostrato
che la versione di Tijardovi ne abbonda perch spesso viene usato il prestito
corrispondente alloriginale nel testo di Goldoni19. Numerosi sono i modi di dire
nella stessa variante del dramma, in seguito ne riportiamo solo alcuni:
pjaat, basta, juto, maniera, kalmat, pasat, por forca, ma ke, viadjat, kuntenat, kovacera,
maltratat, ofendit, preit, uurat, uur, poa, magari, katigat, fjok, regalat, jarpa,
afrontat, cekin, entrat, intenca, digracija, libero, finalmete, ke bravo, finite, basta, magari,
19
Lelenco alfabetico dei romanismi estratti dalla traduzione di Tijardovi molto lungo e
perci non lo riportiamo qua, per stato etimologicamente analizzato e presentato in extenso
nel seguente lavoro: Romanizmi u djelima Ive Tijardovia (2011) di Ljerka imunkovi e Marijana
Alujevi Juki.
20
RS = Ribarske svae di Ivo Tijardovi.
21
J. Lisac, Hrvatska dijalektologija 2 akavsko narjeje, Zagreb, Golden marketing Tehnika
knjiga, 2009, p. 155.
144
Gli adattamenti dialettali delle Baruffe chiozzotte
maltratar, i.
dipet depet, djeloast jelo, njanci nanke, aviat avizat, korteat kortejat, ruvinat
rovinat.
kapita, saketi, serio, rekam, mortifikavat, faculet, rego, usto, adat, fina, petat, intermezat, fatigat,
profundat, senjat, kivat, konat, kjaro, pacijenca, spjegat, salvat, mirakul, asasino, okeca, almeno,
proveat, spenat, inamuran, strateija, permeso, kara mia, serio, sikuro, basta, subito.
iroko ilok, finestra funjestra, paron patrun, dipet despet, mendula mjendula, bonaca
bunaca, kura kora, izuminavat ezaminavat, parit se parat se, timat stimat, kopjat
skopjat, picakandal pico o kandala.
Nella versione ragusea sono frequenti il caratteristico jes nel significato del si,
gospar invece di jor e il tipico saluto raguseo Kenova il quale trova lorigine in
italiano.
I romanismi della versione di Lissa sono i seguenti:
lavurot, mudonte, velt, kalceta, veta, intimela, redikul, pria, ena, kantun, borka, juto, propja,
de dentro i de fora, aain, obandunat, kalmot, pensir, karo mio.
pacijenca pacenca, jora jera, denjat dinjot, ijunada ijunoda, akotat kotat, kandal
kondal, fabrikat fabrikot, mianca mionca, barka borka, botilja butilja, kolap kulap,
kura kuraj, prun parun, kunjado konjado, oada ooda.
145
Marijana Alujevi-Jukovi
negli anni Quaranta, poi nei Sessanta e Novanta, con uguale fervore viene
rielaborato, adattato e messo in scena in numerosi paesi del bacino adriatico,
essendo sempre attuale perch si adattato in un modo eccellente alla mentalit
dalmata e perch il principale filo comico deriva da fenomeni sociali universali
e fuori dal tempo per la comunit dalmata. Malgrado il fatto che si tratti della
stessa opera, delle medesime caratteristiche, ambientata in luoghi simili, le varianti
linguistiche con il loro bagaglio di frasi idiomatiche, connotazioni e adattamento
di componenti lessicali dorigine romanza fanno s che in ognuno dei casi si tratti
quasi di unopera indipendente.
***
146
Talijanski izdavai dalmatinskih knjiga koncem 18.
i na poetku 19. stoljea/ Gli editori italiani dei libri dalmati
alla fine del Settecento e allinizio dellOttocento
Dubravka Dujmovi
Sveuilina knjinica u Splitu
147
Dubravka Dujmovi
jer je u taj, skupi posao ulagao i vlastiti novac. Veinu poslova oko distribuiranja
knjiga tadanji tiskari-izdavai regulirali su u prvim desetljeima postojanja ove
djelatnosti. Odmah, u 15. stoljeu formirali su prve, meunarodne sajmove
knjiga, irili letke kojima su najavljivali tiskanje novih knjiga, objavljivali popise
knjiga koje su nudili na prodaju, navodei cijenu i broj preostalih primjeraka te
prve kataloge izdanja pojedinih ili skupine izdavaa. Zbog este pojave da je vie
izdavaa istovremeno znalo objaviti isto djelo, ve koncem 15. stoljea stvarali
su prve popise svih objavljenih publikacija, neku vrstu novovjekovne nacionalne
bibliografije2.
Zbog ovako obimnih i specijaliziranih poslova u nastajanju knjige, u 16.
stoljeu zapoeo je proces razdvajanja uloge izdavaa od tiskara i knjiara ali u
praksi te tri uloge u jednoj osobi ili radionici odrale su se due vrijeme. Kako
je to izgledalo u stvarnosti moe se vidjeti iz dekreta koji je Senat u Veneciji
donio 15. veljae 1780. prema kojem su se razlikovale dvije osnovne kategorije
izdavaa.
U prvoj kategoriji bili su evidentirani:
a) zanatlije s izdavakim radionicama ili knjiarama i stojeim tiskarskim
strojevima (u tu grupu upisani su N. Coleti, D. Lovisa, N. Pezzana, G.
Remondini, A. Zatta);
b) zanatlije s izdavakim radionicama bez tiskarskih strojeva (S. i B. Occhi,
G. Pitteri i brojni drugi);
c) zanatlije s tiskarskim strojevima bez izdavakih radionica ili knjiara (A.
Casali, G. Gatti, G. A. Pinelli, F. Sansoni i drugi);
d) zanatlije s prenosivim tiskarama (Valvasense, Piotto, Indrich i drugi).
U drugoj kategoriji bili su:
a) Knjiari koji nisu vlasnici prostora ili strojeva ve su zaposleni u tuim
radionicama (kod Remondinija, Pezzana, S. Occhi);
b) Tiskari zaposleni u tuim tiskarama.
c) Tiskari i knjiari koji ne rade u tuim radionicama ve samostalno, kao
slobodnjaci.
d) Zaposleni in banchetti3.
148
Talijanski izdavai dalmatinskih knjiga
149
Dubravka Dujmovi
150
Talijanski izdavai dalmatinskih knjiga
151
Dubravka Dujmovi
18
Ibid., str. 19-20; 136-138.
152
Talijanski izdavai dalmatinskih knjiga
153
Dubravka Dujmovi
21
M. Infelise, op. cit., str. 329-338.
22
U. Dorini, Breve storia del commercio librario, Milano, Mondadori, 1938, str. 130-136.
23
Ibid.
154
Talijanski izdavai dalmatinskih knjiga
***
Questo articolo descrive linfluenza degli editori, stampatori e librai in Italia sullo sviluppo
dei libri croati nel 700 e allinizio dell800. Le prime tipografie sul territorio croato non
sopravvissero il 400 tra laltro, a causa del monopolio degli editori e stampatori veneziani. A
causa delle leggi sulla tipografia fino alla caduta della Repubblica di Venezia in Dalmazia non
esistevano condizioni necessarie per lo sviluppo della tipografia. Gli scrittori della Dalmazia
pubblicavano i loro libri presso editori europei, per lo pi quelli veneziani. Pubblicavano libri
croati di letteratura, teologia, storia e scienze naturali. Abbiamo intenzione di descrivere case
editrici rinomate, la loro attivit in tipografia e in editoria, i loro programmi editoriali e le
condizioni sociali in cui lavoravano. La relazione descriver le attivit di editori rinomati
(Remondini, Pezzana, Coleti, Zatta, Pitteri e altri) e porter la lista di alcuni libri croati che
furono pubblicati. Nellet presente questi libri si possono considerare il patrimonio culturale
comune e parte integrante delle due bibliografie nazionali, quella italiana e quella croata.
155
Due anni a Spalato. Lettere inedite di un italiano nellesercito
napoleonico/ Dvije godine u Splitu. Neobjavljena pisma jednog
Talijana u Napoleonovoj vojsci
Francesca De Caprio
Universit della Tuscia
156
Due anni a Spalato
157
Francesca De Caprio
158
Due anni a Spalato
il quale, a sua volta, non deve essere stato molto ben visto dalla popolazione
locale.
Il rapporto della popolazione con la nuova amministrazione e con lesercito
italo-francese allinizio sembrerebbe essere stato abbastanza buono, soprattutto
nelle citt, come indica un dispaccio del generale Molitor, primo comandante delle
truppe in Dalmazia. A tale dispaccio fa riferimento il Vicer del Regno dItalia
scrivendo allimperatore: Sembra che la grandissima maggioranza dei Dalmati
veda i Francesi con piacere, e preferisca allantico il governo dellImperatore
e Re. Attestazioni di tal simpatia furon date a Molitor dapertutto, e maggiori
nella capitale. Pare che pel primo momento, torni conto governare questa
provincia col metodo antico; abbisognano precauzioni a contenere il carattere
vivo e riottoso di queste popolazioni6. Ma gi questo accenno al carattere vivo e
riottoso di queste popolazioni lascia ben prevedere le difficolt incombenti. Anche
se Molitor poteva non essersi ingannato ed aver valutato correttamente nei suoi
dispacci questo iniziale atteggiamento positivo della popolazione, i rapporti con
i dalmati erano inesorabilmente destinati a peggiorare. Il cambiamento veniva
sottolineato dal generale Auguste Marmont [1774-1852], leroe di Marengo,
divenuto nuovo capo militare della Dalmazia e poi, nel 1808, nominato duca di
Ragusa7: les dalmates nous avaient accueillis avec plausi et bienveillance; mais
ils changrent bientt de sentiment. Le mcontentement, dj fort sensible
cette poque, augmenta et finit plus tard par la rvolte8. Tuttavia, come osserva
Magelli, nei confronti dei soldati italiani i dalmati erano meno mal disposti che
non nei confronti dei soldati francesi. Inoltre lautorit civile del Regno dItalia,
il provveditore generale della Dalmazia, Vincenzo Dandolo [1758-1819], nei
confronti della popolazione locale e delle sue esigenze praticava una linea politica
6
Cito la lettera a Napoleone del 4 marzo 1806 dalla traduzione italiana delle memorie del Vicer
dItalia: Il Principe Eugenio, Memorie del Regno dItalia, Milano, Corona e Caimi, 1865, vol. II,
p. 238. Cfr. anche la lettera di Eugenio a Napoleone del 31 marzo: I Francesi sono amati in
Dalmazia; vi si diportano bene, e il generale Molitor si guadagnata la stima universale (vol.
II, p, 283). Il vol. II di questa edizione delle Memorie di Eugenio Beauharnais comprende il libro
III (dal settembre 1805 alla battaglia di Austerlitz del dicembre 1805, pp. 5 sgg.) e il libro IV
(dalla fine di dicembre 1805 al luglio 1806, pp. 133 sgg.). Ogni libro seguito da unappendice di
Corrispondenza (lib. III, pp. 25 sgg.; lib. IV, pp. 175 sgg.).
7
Cfr. R. Christophe, Le marchal Marmont, Paris, 1968.
8
Mmoires du marchal Marmont, duc de Raguse, de 1792 1841, imprims sur le manuscript original
de lauteur, Paris, Perrotin, 1857, vol. III, p. 25. Le Memorie di Marmont costituiscono per gli
avvenimenti degli anni dalmati di Magelli una fonte di fondamentale importanza. Ognuno dei
libri in cui sono suddivisi i tomi dellopera ha una vasta appendice di Correspondence et documents.
(Per il periodo che qui interessa cfr. il tomo II dei Mmoires, libro IX, dedicato al periodo 1805-
1806, e tutto il III dedicato al quadriennio 1806-1810. Per i documenti, cfr. vol. II, libro IX, pp.
386 sgg.; vol. III, pp. 71 sgg., documenti relativi al biennio 1806-1807 [libro X]; pp. 156 sgg.,
Correspondence et documents relatives au livre onzime, biennio 1808-1809).
159
Francesca De Caprio
160
Due anni a Spalato
11
Lettera da Spalato del 14 novembre 1806.
161
Francesca De Caprio
Come s detto, le lettere forniscono notizie anche sui luoghi in cui Magelli
soggiorna o che attraversa, sui loro abitanti, sulle usanze, con qualche curiosit
verso la lingua parlata sul posto.
Per quel che riguarda la Dalmazia, elementi interessanti si trovano
soprattutto nelle lettere del primo soggiorno, che sono maggiormente animate
dalla curiosit verso luoghi per lui assolutamente nuovi. E alla naturale curiosit
propria si accompagna il desiderio di soddisfare la curiosit di suo fratello,
informandolo circa una realt che, prima di trovarsi in mezzo ai Schiavoni, gli
sembrava inimmaginabile, come aveva scritto alquanto preoccupato da Vicenza
il 16 luglio 1806 mentre era in viaggio per la nuova destinazione. Ma questo
atteggiamento si spiega facilmente. Era la prima volta che questo giovane soldato
della provincia modenese (per il quale gi Milano o Padova o Venezia erano realt
altre) usciva fuori dei confini geografici dellItalia e, dopo un lungo viaggio di
700 miglia, come scrive, veniva a trovarsi a contatto con un ambiente etnicamente
e linguisticamente diverso. E appena arrivato, attraversando territori inconsueti
e selvaggi, attraverso vie di comunicazione difficili da praticare e minacciate da
soldati russi e irregolari montenegrini, veniva mandato a combattere ai confini
meridionali della Dalmazia. E qui gli abbiamo visto fare la scoperta che anche la
guerra che stava combattendo, si rivelava in realt una guerra nuova e diversa da
quella che si aspettava e per la quale si era addestrato.
Dunque larrivo in Dalmazia si realizza sotto il segno della totale novit:
novit di luoghi lontani 700 miglia; novit dellambiente umano, quello degli
Schiavoni; novit del nemico; e persino novit del tipo di guerra combattuta.
Con questo fortissimo e sconvolgente impatto, si comprende come mai a
Magelli la Dalmazia, e la citt di Spalato in particolare, siano apparse solamente
come un mondo nuovo. E questo comporta una prima conseguenza sulla percezione
di Spalato da parte del nostro soldato. Nel 1806, quando Magelli arriva, dal trattato
di Campoformio (1797) erano passati appena nove anni; la presenza storica di
Venezia, che da secoli era insediata in quellarea adriatica, doveva essere ancora
molto rilevante e viva nel tessuto sociale ed urbano. Eppure il nostro soldato
modenese non avverte affatto lombra di Venezia nella realt della Dalmazia,
ma legge tutto lambiente come manifestazione di una totale alterit. Questo
punto di vista parziale, unito allinsufficiente cultura di Magelli, gli consente di
non vedere Spalato alla luce delle tracce di Venezia (che per a lui non appariva
una realt molto meno nuova e altra). Egli a Spalato vede solo ci che gli
sembra altro, a partire dalla singolarit di una citt che contenuta dentro un
antico palazzo, il palazzo Eccleziano, come egli scrive; un palazzo per lui forse un
poco mitico nelle sue origini indefinite e remote, che vanno ben al di l delle
capacit culturali del nostro soldato e della sua improbabile conoscenza della
storia antica: Le rarit che cost vi sono, due, uno il tempio di Giove e laltro
il palazzo Eccleziano dove entro il medesimo contiene la citt di Spalato, che
162
Due anni a Spalato
assai rara12. Egli insomma non cerca a Spalato la presenza delleredit veneziana,
ma non cerca nemmeno quella antichit classica che a lui totalmente ignota.
A Spalato, dopo limpatto sconvolgente della Dalmazia e della nuova guerra,
Magelli pu perci vedere solo il mondo nuovo. Egli inoltre caratterizza questa
novit accentuando i tratti della primitivit e dellalterit. In fondo la Dalmazia
gli appare come il confine estremo dellOccidente e la porta che si apre verso
il favoloso Oriente dellImpero ottomano, che doveva essere presente non solo
nei piani dei generali napoleonici ma anche nellimmaginario dei loro soldati. Ed
infatti, come s visto, a pi riprese lImpero ottomano viene evocato nelle lettere
di Magelli, che ogni tanto ritiene di dovervi essere mandato.
Facendo riferimento a questo amalgama di confuse aspettative, in cui si
mischiano insieme lesotismo, lorientalismo, la primitivit, Magelli coglie un dato
interessante e significativo: per lui la novit dellambiente di Spalato consiste
in primo luogo certamente nellessere una citt contenuta entro un palazzo
antichissimo. Ma consiste anche nellessere una citt caratterizzata da un marcato
carattere multietnico. Anzi proprio questa multietnicit il dato su cui Magelli
insiste maggiormente. Ed soprattutto intorno a tale dato che egli costruisce
limmagine dellalterit dei luoghi e delle persone.
Ricordo a questo proposito la descrizione dellabbigliamento, dei costumi
ed anche qualche osservazione sulla lingua, in una lettera da Spalato scritta nel
novembre 1806, da cui emerge soprattutto il carattere multietnico e multiculturale
della citt. I vari popoli che in essa si incontrano vengono intuitivamente colti
come differenti luno dallaltro e quindi vengono nettamente distinti: Schiavoni,
Dalmatini, Ragusei, Albanesi, Turchi, Montenegrini. Anche se molto probabilmente
Magelli non era veramente in grado di distinguere con chiarezza le diverse
popolazioni.
Ma poi, per rendere lidea della loro alterit, queste etnie vengono
tutte assimilate allunica etnia diversa di cui il modenese Magelli e il suo
corrispondente Giustiniano potevano avere una diretta conoscenza: letnia
ebraica. Scrive infatti, con una forte venatura di antisemitismo: La sua fisionomia
dei Schiavoni, Dalmatini, Ragusei, Albanesi, Turchi, Montenegrini, fate conto di
vedere tanti giudei. E, come generalmente avviene quando una realt altra
viene considerata da un punto di vista etnocentrico, scatta il rifiuto preventivo:
insomma cosa che fa orrore. Di conseguenza la descrizione degli abitanti di Spalato
adotta inconsapevolmente una raffigurazione dellaltro basata sul primitivismo
e si realizza tutta sul piano dellesasperazione di alcuni tratti negativi: linsistenza
su un abbigliamento ed un costume selvaggio come segni visibili dellinferiorit
culturale del diverso; lassimilazione dellaltro alle bestie per cui fra luna e le
altre le distanze si attenuano (Vivono come le bestie, dormono con i porchi,
12
Lettera da Spalato del 2 febbraio 1807.
163
Francesca De Caprio
pecore, capre; mangiano erbe). Al tratto della bestialit rinvia, come in tanti
racconti di viaggio in terre lontane, anche losservazione sullincomprensibilit
di una lingua strana: Non si intende niente il suo parlare. E tutto questo viene
esposto insistendo soprattutto sugli aspetti del comico e del grottesco: La loro
carne di colore darrosto, mento lungo, due baffi ossia mostacci lunghi una
spanna, neri e grossi come le crine de cavalli; una altezza straordinaria. Scrive
ancora Magelli:
Ieri sera ricevei una vostra in data 23 settembre unitamente quella del capitano, la quale
fu molto gradita. Nella medesima rilevo la mala sorte accaduta al fratello Cesare; tutto
mi consola con la speranza che sar in breve in libert, come mi dite. Anche il nostro
chirurgo fu fatto prigioniero dei russi e dopo 25 giorni fu posto in libert. Sar un
mese che scrissi a Cesare per parte di Berletta, ma non ho avuto niun riscontro; eccone
dunque il motivo. Non temete che cauto sar nel seguire il corpo a motivo dei paesi
e popolazione infame, avendone avuto molti Veliti lesempio. Sento che desiderate
sapere nuove dei Modonesi. Maselli, Tomasi, Vincenzi, Andreoli sono restati a Ragusa
nellOspedale; Giovannini a forza di protezione stato nominato sergente, e Cervi, al
contrario, non ha mai curato le protezioni, ancora caporale. Li 10 novembre sono
stato nominato caporale e anche Cavedoni, e spero io col fare il mio dovere e voi con
lettere raccomandatizie a Zacchi e Fontanelli, che ora il momento, sar in breve
sergente; come ho inteso dal mio capitano, essendo io il pi polito, e che faccio il mio
dovere pi che gli altri della compagnia. Gi sapete che sto sempre col il capitano e
in addietro mangiavo con lui, ma in adesso tutti i capitani devono andare a mangiare
con Zacchi. Desiderate sapere dei paesi, abitanti e loro costumi; in questo non posso
spiegarvi ma solo dir i paesi, citt, posto di mare, da me pernottato; ma dellaltro non
ne parlo a motivo che non basterebbe un quinterno di carta nel descrivervi lusanza di
questa popolazione. Ideativi soltanto di vedere un mondo nuovo. La sua fisionomia dei
Schiavoni, Dalmatini, Ragusei, Albanesi, Turchi, Montenegrini, fate conto di vedere
tanti giudei, la loro carne di colore darrosto, mento lungo, due baffi o sia mostacci
lunghi una spanna, neri e grossi come le crene de cavalli, una altezza straordinaria. In
testa portano una berretta rossa, chi nera e altri colori, allusanza delle calotte dei nostri
sacerdoti, le braghe allusanza duna s[ot]tanella da donna, scarpe di corda. Vivano
come le bestie; dormano con i porchi, pecore, capre; mangiano erbe e qualche volta
fanno il pane di malaga; armati come assassini; insomma cosa che fa orrore. Non si
intende niente il suo parlare: la carne dicono mesa, pane cruccha, cortello nos, pesce riba,
chi buto stoja, che volete coja, bello lipa, bellanima mia moja dasa draga, e tante altre cose
che per non darvi dispendio nel scrivere. Ma se avr la sorte di ritornare in Itaglia, a
bocca vi conter il tutto. Della mala vita e disavventure non ne parlo, ma solo ideatevi
la pi infame vita che possa ideare un uomo. Diceano i francesi che non faranno mai
unaltra compagnia simile di questa. Io sto bene come spero il simile di voi e della
famiglia. Date mie nuove al padre e madre e ditegli che non mi sono dimenticato di
loro con fare un mio dovere nel scrivere di quando in quando. Ma solo la mancanza
del troppo spendio. Addio.
Vostro fratello Paolo
P.S.
Riceverete la qui acclusa risposta del capitano. Salutate suor Angela Caterina, la sorella,
164
Due anni a Spalato
cognato, cugina e cugino. Datemi nuova di Gaetano e di Luigi, abbracciatelo per parte
mia. Appena che sapete di Cesare vi prego a darmene notizia. Non vi spedisco la nota
delle citt, paesi o porto di mare perch tengo di certo che verremo in Italia ed in allora
ve la spedir. Addio. Leggerete nei fogli come si portata la seconda compagnia nel
battersi.13
13
Lettera da Spalato del 14 novembre 1806.
14
Non si sono trovati riscontri per la data indicata da Magelli. Oltre a quella del 7 maggio in cui
tradizionalmente si celebra la festa, le altre date legate al culto di san Doimo potrebbero indicarsi
nell11 aprile (sepoltura del santo), nel 29 luglio (traslazione delle ossa sullaltare della cattedrale,
nel 1770), 19 novembre (consacrazione della chiesa al santo).
15
Debbo queste informazioni alla prof. Ljerka imunkovi che ringrazio del suo aiuto.
16
Cfr. P. Lanaro, La pratica dello scambio: sistemi di fiere, mercanti e citt in Europa: 1400-1700, Venezia
2003, p. 61.
165
Francesca De Caprio
Carissimo fratello
Giorni sono ricevei una vostra in data 3 aprile segnata col n4. Non ho potuto prima
riscontrarvi per affare di servizio militare, essendo stato di settimana. Oggi che sono
libero non tralascio di scrivervi i divertimenti che qui hanno fatto il giorno 14 corrente
gli Spalatrini ed i Morlacchi in tal giorno, essendo il suo protettore chiamato S. Doimo.
Alla mattina di buon ora hanno innalzato un palco ed hanno tagliato il collo ad un bue
con un ganzarro in un solo colpo, cosa assai sorprendente. Il carnefice era nudo, aveva
una fascia ricamata in oro che solo li copriva il membro, con una berretta di tre colori e
due pantofole alla turca; vi era da due cento uomini che lo tenevano. Il dopo pranzo poi
vi era ottocento e pi Morlacchi e Morlacche che ballavano senza suono nella piazza
del tempio, che era cosa assai ridicola. La sera hanno bruciato S. Doimo in mezzo ai
fuochi artificiali e tante altre cose. Lasciamo i divertimenti e passiamo alle novit. Ieri
sera arriv un corriere da Costantinopoli e si present al generale Marmont. Non si
sa cosa glabbia recato. Questa mattina sono partite sette compagnie di cannonieri ed
hanno avuto la rotta per il stretto dei Dardanelli e quanto prima ne partiranno altre
4 compagnie di pontonieri. Il nostro comandante Zacchi stato nominato grosso
maggiore nel nostro corpo. Noi non sappiamo chi possa venire per comandante;
informatevi e non mancate di raccomandarvi; e lo stesso farete con il nostro generale
Fontanelli, che da giorno in giorno si attendono moltissimi avanzamenti. Se sapete di
Cesare, ragguagliatemene; e lo stesso della famiglia, parenti, amici che gli abbraciarete
per me. Sono vostro fratello Paolo caporale.17
Questa festa per San Doimo interessante anche perch lunico caso in cui
nelle lettere viene descritta una festa popolare. Magelli infatti attratto dalle
feste ma si sofferma con compiacenza a scrivere al fratello soprattutto circa
festeggiamenti organizzati dalle lites militari o nobiliari che ha avuto occasione
di vedere per ragioni legate al servizio di guardia. Ricordo una festa da ballo, che
egli ritiene paragonabile solo alle pi belle feste che si danno in Italia, organizzata
a Spalato il 4 dicembre 1806 dagli ufficiali della Guardia Reale, che i Spalatini
dicono di non aver mai veduta una simile festa. Infatti poteva paragonare a quella
duna pi bella dItalia. Per mezzo del mio capitano fui incaricato magazziniere
della cera e argenteria. La corte era piena di bassi ufficiali e soldati che fecero
una cena esquisita nel mentre che ballavano. In questa occasione il Capitano mi
ha regalato due Luigi doro18.
Nel corso del 1809 i due battaglioni della Guardia Reale italiana lasciarono
la Dalmazia, dove rimasero solo i cacciatori di Brescia, che furono posti di stanza
nella pi lontana Cattaro.
Oltre che della storia delle guerre napoleoniche nellEuropa centro-
orientale e della microstoria di una famiglia borghese del Modenese in anni di
grandi trasformazioni politiche e sociali, le lettere di Magelli si sono rivelate,
quindi, anche un documento interessantissimo di quei viaggi forzosi costituiti
17
Spalato 20 maggio 1807.
18
Lettera del 18 dicembre 1806.
166
Due anni a Spalato
dagli eserciti in movimento sui diversi fronti delle campagne francesi. Questi
spostamenti di massa misero a contatto con costumi, lingue, religioni, civilt
diverse, giovani che, per censo e per cultura, sarebbero stati destinati invece a
rimanere chiusi nei loro consueti e tranquillizzanti ambiti locali.
Nel corso dei dieci anni documentati dalle lettere, Magelli si spost per
tutta lEuropa centro-orientale. E in molti casi le sue lettere mostrano come
proprio scopo principale quello di dare al fratello Giustiniano delle informazioni
sui luoghi visitati: sulla posizione geografica delle citt, sui loro monumenti,
sulle costumanze degli abitanti, le coltivazioni, i prodotti, il tenore di vita,
latteggiamento verso i soldati stranieri.
***
167
Il Regolamento di Vincenzo Dandolo sulla pesca in Dalmazia
(1808) La triade storica della pesca: legno, sale e pesce/
Dandolov propis o ribolovu u Dalmaciji (1808.) Povijesna trijada
ribarstva: drvo, sol i riba
Miroslav Roman
Sociologo della cultura
Il Legno
Il legno di qualit letteralmente nelle fondamenta della Serenissima
senza la quercia (Quercus rubor) nessuna delle fondamenta veneziane avrebbe
potuto essere costruita.
Senza il legno di qualit n la marina mercantile n quella militare sarebbero
esistite.
Gi agli inizi del XIII sec. la Repubblica vieta severamente ai propri sudditi
di vendere il legno fuori dai territori veneziani: la pena per i trasgressori la
confisca di tutti i beni accompagnata dallincendio della casa di propriet.
La costa occidentale dellIstria cade sotto il dominio veneziano nella
seconda met del XIII secolo. Insieme alle citt alla Repubblica vengono
annesse anche le propriet cittadine dellinterno della penisola.
Il possedimento pi importante il Bosco di Motovun nella valle del fiume
Mirna, una delle pi fertili localit europee in cui cresce la quercia di alta
qualit.
Nellanno 1452 il Senato introduce una magistratura speciale per i boschi
Provveditori ai boschi che vara numerose misure per lallevamento, la
custodia e lo sfruttamento di tutti i boschi sul territorio della Repubblica
e in particolare del Bosco di Motovun, il pi importante e il pi vicino a
Venezia. Tra le varie norme molto interessante quella che si riferisce alla
particolare formazione degli alberi destinati alle determinate parti della
nave.
Lesperienza veneziana rappresenta la prima legislazione organizzata
168
Il regolamento di Vincenzo Dandolo
Il Sale
Il sale, lungo la storia, ha rappresentato una delle risorse strategiche pi
importanti, comparabile al petrolio di oggi. Sarebbe possibile immaginare
la vita senza petrolio; la vita di un essere umano o di un animale senza aria,
acqua e sale non sarebbe del tutto possibile.
Laria ancora gratuita, acqua e sale sono e sono stati i prodotti che si
pagano; nelle condizioni estreme hanno pi valore dei metalli preziosi.
Secondo i nutrizionisti il fabbisogno giornaliero del sale di una persona
dai 5 ai 7 grammi. Lapporto di quantit di molto maggiori o minori
dannoso. Il fabbisogno annuale a persona di soli 2,5 kg, il che sembra
un quantitativo irrisorio. Se questa quantit, per, viene moltiplicata per
100.000 abitanti, otteniamo 250.000 kg/anno.
Il fabbisogno reale annuo nei paesi sviluppati oggi almeno il doppio
mentre nei paesi sottosviluppati almeno il triplo: quindi dai 500.000 kg ai
750.000 kg/anno/100.000 abitanti, solo come spezia.
Fino agli inizi del XX secolo il sale non serviva solo come spezia con gli
alimenti freschi ma anche come il conservante principale per gli alimenti
di provenienza animale e vegetale. Ogni viaggio pi lungo durante cui
non era possibile procurarsi gli alimenti freschi richiedeva luso di cibi a
lunga conservazione in modo da poter soddisfare il bisogno di vitamine e
proteine.
Per la conservazione di 1 kg di carne fresca o di pesce fresco necessario
kg di sale mentre per i cibi di origine vegetale necessario kg.
Il sale serviva, come anche oggi, come additivo nellalimentazione degli
animali, specie le pecore e le capre. (Nel 1808, in Dalmazia, cerano
1.853.000 pecore e capre su 280.000 abitanti!)
Il consumo totale di sale fino alla conservazione moderna degli alimenti
era di almeno 3.000 3.500 t annue per 100.000 abitanti.
Il monopolio della produzione e della distribuzione del sale da parte della
Serenissima stato dettagliatamente descritto dallo storico francese Jean-
Claude Hocquet dei suoi lavori sono disponibili traduzioni italiane e
inglesi.
La pesca e il pesce
La Serenissima alla pesca dedicava poca attenzione. Nellanno 1511 il
169
Miroslav Roman
doge Leonardo Loredan emana una ducale in cui dice: Il mare libero,
desideriamo che ogni nostro suddito peschi liberamente dove vuole
Nellanno 1553 il sindaco inquisitore Gian Battista Giustinian fa un giro
dispezione nei possedimenti della Serenissima sulla costa orientale
dellAdriatico. Nel rapporto dettagliato al Senato dedica alla pesca solo un
breve aneddoto e dice: I pescatori di Comisa sullisola di Lissa in un solo
giorno hanno pescato 3.000.000 sardine (circa 100.000 kg).
Giustinian conferma linfondata convinzione che il mare sia una
fonte inesausta, convinzione che permarr quasi fino alla caduta della
Serenissima.
I conflitti legati alla pesca comunque esistono. Lo Stato favorisce i pescatori
ricchi che pescano con grandi reti (tratte) e perseguita i pescatori pi poveri
che pescano con reti pi piccole fisse, dette vojghe o sardellare.
Nel periodo tra il 1606 e il 1796 per i pescatori delle isole di Lesina e Lissa
si registrano 35 divieti con le reti fisse. I proprietari venivano puniti e le
loro reti e le loro barche venivano bruciate, i loro beni venivano confiscati;
potevano anche rischiare lesilio decennale dai territori della Repubblica o
la quinquiennale schiavit sulle galee.
Lo Stato inizia a preoccuparsi pi seriamente della pesca nella seconda
met del XVIII secolo soprattutto perch le entrate fiscali provenienti dalla
vendita di pesce salato si erano ridotte drasticamente. Il tesoriere per i dazi
legati al pesce salato, Francesco Marinioni, nel 1764 scrive un rapporto
esaustivo sulle ragioni della riduzione dei dazi; non vi dedica molto spazio
alla pesca stessa e scrive del commercio del pesce salato al di fuori dei
territori della Repubblica. Solo alla fiera di Senigallia, dice Marinioni, i
commercianti dalmati vendono dai 6.000 ai 7.000 barilli annui di pesce
salato (circa 300 350 tonnellate) a prezzi di gran lunga pi vantaggiosi di
quelli a Venezia.
Solo nel 1773 lo Stato manda Alberto Fortis, il gi noto naturalista, in
Dalmazia per studiare la situazione della pesca e del commercio del pesce.
Fortis scrive il suo rapporto nel 1774.
Nel rapporto descrive dettagliatamente i modi di pescare, i vari tipi di
pesce lungo la costa orientale dellAdriatico, le tecniche di conservazione
del pesce come anche le difficolt dei commercianti nel vendere il pesce,
prevalentemente salato, a Venezia, lunico luogo dove era loro permesso
farlo.
Fortis critica aspramente lo Stato che non dedica attenzione sufficiente
alla pesca (reti molto costose, quantit insufficienti di sale che fanno s
170
Il regolamento di Vincenzo Dandolo
che molto pesce venga buttato a mare, tasse molto alte sul pesce); in
particolar modo critica gli effetti del monopolio sul commercio del pesce:
i commercianti veneziani che trafficano in prodotti salati salumieri
truffano e ricattano i commercianti dalmati che per questo motivo non
hanno interesse nel vendere il pesce legalmente a Venezia. Si assumono,
pertanto, il rischio di esportare illegalmente il pesce nello Stato della Chiesa
oppure nel Regno di Napoli. Alcune parti del suo rapporto Fortis le ha
pubblicate nel noto libro Viaggio in Dalmazia (1774).
Titolo I.: Della Pesca delle Sardelle colle Reti grandi, dette Tratte estive, o
Tratte da Sardelle.
Titolo II.: Della pesca de sgombri, lanzarde, e suri colle medesime Tratte
estive.
Titolo III.: Della pesca delle Sardelline colle stesse Tratte estive.
Titolo IV.: Della pesca delle Sardelle che viene praticata colle reti chiamate
Voighe, o reti sardellare.
Titolo V.: Del cos chiamato Broschetto.
Titolo VI.: Della pesca delle cos dette Tratte Invernali.
171
Miroslav Roman
***
Izlaganje je podijeljeno u dva dijela.U prvome se dijelu govori o povijesnoj trijadi ribarstva:
drvo, sol i riba, u opem te u jadranskom kontekstu.
U drugome se dijelu obrauje mletaka politika spram ribolovu sve do pada Republike,
a potom Dandolove mjere za reguliranje ribolova objavljene 1808. godine, tijekom francuske
uprave u Dalmaciji. Bio je to prvi sustavni legislativni pristup ribarstvu u Dalmaciji, a
Dandolove su odredbe ostale na snazi jo desetljeima tijekom austrijske uprave.
172
Lamicizia e il carteggio tra due dalmati: Francesco Carrara e
Francesco Borelli/ Prijatelistvp i dopisivanje dvojice Dalmatinaca:
Frane Carrara i Frane Borelli
Ljerka imunkovi
Sveuilite u Splitu
Introduzione
Negli ultimi anni siamo testimoni di un sempre maggior interesse verso le
cose patrie per cui vengono sottratti alloblio e riesaminati alcuni personaggi della
vita culturale delle nostre citt dalmate. Cos negli ultimi cinque anni lattenzione
degli studiosi stata focalizzata sul personaggio e lopera di Francesco Carrara
(1812-1854)1, uno dei pi eminenti studiosi della prima met dellOttocento in
Dalmazia.
Dopo aver compiuto con successo gli studi nel seminario di Spalato e nel
seminario di Zara, Carrara ebbe lopportunit di formarsi in seguito nel Collegio
ecclesiastico di SantAgostino a Vienna. Qui fece i suoi primi passi nella cerchia
dei gran dignitari ecclesiastici i quali erano molto vicini alla Corte di Vienna.
Oltre alla teologia studi larcheologia e la storia, ma i suoi interessi scientifici
si estendevano anche alle lingue orientali. Dopo cinque anni di studio Carrara
fu costretto nel 1841 a tornare a Spalato senza aver sostenuto il rigorosum.
Quellesame, cio la tesi di dottorato, lo discusse due anni pi tardi, nel 1843
allUniversit di Padova.
Al suo ritorno nella citt nativa Carrara fu professore di religione e di storia
universale al Seminario di Spalato, conservatore provvisorio delle antichit e
direttore onorifico del Museo archeologico di Spalato. A causa degli intrighi
e delle invidie da parte di alcuni concittadini, era stato licenziato dallimpiego
statale. Nel 1852 fu nominato professore al liceo di Santa Caterina a Venezia, ma
purtroppo, allinizio del 1854, si spense a soli 42 anni det.
Carrara scrisse e pubblic numerose opere che avevano per argomento la
storia ecclesiastica (Chiesa di Spalato, un tempo salonitana), larcheologia (Topografia e
scavi di Salona) e la storia della Dalmazia. In conformit allentusiasmo romantico
del tempo per i canti e le usanze popolari raccolse, tradusse e pubblic una
scelta di canti popolari dalmati nel libro Canti del popolo Dalmata (Zara 1849).
La descrizione e le usanze della Dalmazia le rappresent nellopera geografico-
etnografica intitolata La Dalmazia (Zara 1846). Bench scrivesse in italiano,
apprezzava e conosceva bene la lingua croata. Con un gruppo di intellettuali
1
L. imunkovi e S. Brali, Francesco Carrara, Dnevnici s putovanja 1843.-1848., Split, Dante Alighieri
- Split, 2010, pp. 8-13.
173
Ljerka imunkovi
2
Hrvatski biografski leksikon, 2, Zagreb, Leksikografski zavod Miroslav Krlea, 1989, pp. 154-
155.
3
Maria Cattani, nata Selebam (Split, 1789-Split, 1870), era lunica donna tra i pionieri della
botanica dalmata. Suo padre era un matematico e naturalista che diede alla figlia una solida
educazione. Oltre il croato, parlava italiano, francese e tedesco. Inizi molto presto ad occuparsi
di botanica. Le sue ricerche erano concentrate sullo studio delle piante crittogame. La sua
attenzione era rivolta anche sulle piante fiorifere e specialmente quelle della famiglia dei gigli
(Liliaceae). Ha scoperto una nuova specie di giglio che venne nominato in suo onore con Lilium
cattaniae. Si occupava anche di alghe e possedeva una ricca collezione di alghe e di fiori. Ebbe
un fitto carteggio con molti studiosi del suo tempo. Vedi: Hrvatski biografski leksikon, 2, Zagreb,
Leksikografski zavod Miroslav Krlea, 1989, p. 603.
4
Arheoloki muzej u Splitu, Ostavtina Frane Carrara, Le note del viaggio, collocazione 49g8 e
49g9.
174
Lamicizia e il carteggio tra due dalmati
Carrara, nel diario dellanno 1846, annota che aveva cenato e pernottato in casa
del mio Borelli7. Nel viaggio che fece nellagosto del 1847 trascorse quattro
giorni in casa Borelli, godendo in compagnia di tutta la famiglia dalla quale ebbe
infinite prove damore. Nel congedo dalla famiglia Borelli aveva scritto anche
una frase aggiuntiva nel suo diario: Passai molto bene questi giorni, ricreato dai
fiori onde la Cattani adornava la mia stanza8. Passando per Zara nel 1848 non
ebbe la fortuna di rivedere Borelli, perch nella prima decade dagosto tutta la
famiglia era ancora in villeggiatura nella loro villa in campagna.
175
Ljerka imunkovi
pervenute sono 34, ma pare che ci fosse stato un maggior numero che oggi
purtroppo risulta perso. Lo spoglio attento di quelle lettere ci aiuta a conoscere
meglio certi tratti biografici finora sconosciuti non solo sulla vita privata, ma
anche su quella letteraria e socio-culturale di questi due eminenti Dalmati.
La prima lettera porta la data del 26 novembre 1839 quando Carrara si
trovava a Vienna per studiare nel famoso Augustineum, e lultima spedita da
Spalato il 13 settembre 1853. Tutte le lettere non sono interessanti allo stesso
modo, perci saranno scelte e commentate quelle che riportano i dati pi
importanti e sinora sconosciuti. Il loro contenuto ci rivela tra laltro che Carrara
collezionava gli autografi dei personaggi famosi, i libri rari, le antiche monete, le
medaglie, le conchiglie e tutto ci che gli serviva per la descrizione del libro sulla
Dalmazia.
Nella lettera datata 21 giugno 1846 Carrara scrive che sta inviando due
sacchetti e prega Borelli di riempirglieli: luno con sabbia marina di Zara e
laltro con sabbia del lago di Vrana, il che gli serve per il libro sulla Dalmazia.
Gli domanda ancora di fare il disegno o il calco dei pesci petrefatti che sono
murati nel giardino di Borelli e di mandar quel disegno al Museo Imperiale di
Vienna. In una lettera del 1847 domanda allamico di informarsi sullIntendente
generale delle proviande militari, il quale aveva lintenzione di chieder sua
sorella in sposa. La risposta di Borelli portava certamente un giudizio negativo
sul comportamento del giovane. Nella seguente lettera Carrara ringrazia Borelli
per le informazioni ricevute, aggiungendo che il pretendente alla mano di sua
sorella si era dimostrato anche uomo senza onore.
La lettera pi lunga che descrive il viaggio da Zara fino a Trieste sulla
nave del patron Zevolin, quella dellagosto del 1847, quando Carrara era in
viaggio per Venezia con lintenzione di partecipare al settimo congresso degli
scienziati italiani. Nella lettera Carrara descrive in un modo veramente plastico
lequipaggio, gli altri passeggeri e le disavventure causate dal maltempo. Dalla
lettera si rileva inoltre che Carrara, durante i quattro giorni trascorsi nella casa di
Borelli, aveva fatto lunghi discorsi non solo con Borelli e sua moglie, ma anche
con la suocera di Borelli, la signora Cattani esperta di botanica. In quella lettera
si trova ancora un bellissimo brano dove Carrara esprime il suo amore verso la
citt nativa di Spalato:
Salve, terra dellIstria, consorella alla mia, figlia ad Italia. Minchino al tuo sole, alla tua
luna mi prostro. Ma quegli non indora le vette del Mossor, n laltra illumina la mia
marina, o batte le mura dioclezianee. Oh patria, come potente il tuo richiamo, come
sacra al mio cuore la tua memoria! Tra le tue mura io coglio tal fiato ma a dirti, da te
lontano, a te io desidero come il pi appassionato degli amanti allunica diletta sua.
Nelle seguenti cinque lettere Carrara si sta vantando del successo suscitato dalla
176
Lamicizia e il carteggio tra due dalmati
lettura della sua memoria sugli scavi di Salona, letta nel Palazzo Ducale, e delleco
che questo successo aveva provocato tra le file degli studiosi italiani.
Le lettere scritte dal 1850 al 1853 e spedite da Spalato, Vienna e Monaco di
Baviera sono di un valore speciale, perch ci rivelano dati poco conosciuti della
vita di Carrara dal periodo del suo licenziamento come professore del seminario
di Spalato fino al conseguimento del nuovo impiego di professore nel ginnasio
superiore di S. Caterina a Venezia. Dalla lettera datata 2 giugno 1850 veniamo
a sapere come Carrara abbia finalmente terminato di scrivere la sua Dalmazia
e che il manoscritto sia pronto e completo: prega e autorizza intanto Borelli di
accordare la stampa con gli editori Battara di Zara. Ci mancano per le risposte
di Borelli per sapere perch i rimanenti fascicoli di La Dalmazia non siano stati
mai pubblicati13.
Le lettere rivelano anche i particolari della vita di Francesco Borelli. Pare
che Borelli avesse il dono del disegno. In varie lettere Carrara fa menzione dei
disegni e delle illustrazioni fatte da Borelli. In quei tempi era di moda scrivere gli
itinerari, particolarmente nel momento in cui il Lloyd austriaco aveva introdotto
una linea marittima che passava lungo le coste della Dalmazia. Pare che anche
Borelli avesse scritto un itinerario cio una specie di descrizione turistica di un
percorso lungo la costa dalmata. Carrara ne fa menzione nella lettera del 1839:
Come va il tuo itinerario? Non ne so proprio niente. Non ti sgomenti il lavoro
di Casotti, dappoich chi ha scritto il Bano Horvath nulla dar di buono. Nella
lettera del 1850 Carrara esprime il suo parere positivo sulla memoria che tratta
lagricoltura, il lavoro scritto e inviatogli da Borelli.
Nella lettera del 22 marzo 1848 Carrara si congratula con Borelli per il titolo
di conte dellImpero, confermato e conferito dalla Corte di Vienna alla famiglia
Borelli. Carrara ordina per Borelli i biglietti da visita e il sigillo, forse per la Societ
agraria di Zara. Alla signora Nina, moglie di Borelli, Carrara comprava le stoffe
per i vestiti, i cappellini, le mandava le mostrine delle stoffe, dava a tingere i
vestiti della signora Nina e via dicendo, come si pu anche vedere nellElenco
della spese14.
Carrara ebbe anche un fitto carteggio con Maria Cattani, suocera di Borelli,
e celebre botanica che in quegli anni viveva con la famiglia Borelli.
13
Della prossima pubblicazione dei rimanenti fascicoli di La Dalmazia parla anche lamico
di Carrara Antonio Bajamonti. Vedi: Antonio Bajamonti, Della vita e degli scritti dellabate dottor
Francesco Carrara, Spalato, Tip. Olivetti e Giovannizio, 1854, p. 79, nota 12.
14
Si tratta di un certo numero di foglietti, scritti con una scrittura fitta e minuta, nei quali era
nominato tutto quello che fu speso da Carrara in ognuna delle giornate passate in viaggio con
lindicazione del prezzo o del costo. I foglietti erano nascosti in una tasca attaccata alla parte
interiore della copertina del secondo quaderno.
177
Ljerka imunkovi
Conclusione
Le lettere che scambiavano tra loro i grandi personaggi della vita artistica,
sociale e politica sono diventate un mezzo assai prezioso per lo studio non solo
della loro vita privata e pubblica, ma anche dellambiente sociale e politico in cui
sono vissuti. Esse sono piene di dettagli intimi che gettano una luce migliore sui
particolari biografici e sugli avvenimenti sociali e politici del loro tempo. Sebbene
esse parlino in primo luogo degli argomenti comuni ai mittenti, ci offrono anche
molti dettagli sconosciuti sugli altri personaggi appartenenti alla loro cerchia
oppure al loro ambito sociale o politico15.
***
Malo je poznato prijateljstvo koje je postojalo izmeu dvojice uglednih linosti kulturnog
i politikog ivota Dalmacije u prvoj polovici 19. stoljea. Oni su se vjerojatno upoznali
u vrijeme kada je Carrara boravio u Zadru kao student teologije. Njihovo prijateljstvo s
vremenom je ojaalo o emu svjedoi bogata prepiska koja se uva u arhivu obitelji Borelli i
koja se odnosi samo na pisma koja je uputio F. Carrara. Listanje tih pisama otkriva nam
nepoznate biografske podatke ne samo iz privatnog ve iz knjievnog i kulturnog ivota ove
dvojice uglednih Dalmatinaca.
15
I risultati esposti sono il frutto del Progetto Scientifico (Lambiente culturale dalmata nel XIX
secolo) portato avanti con il supporto del Ministero della Scienza, della Formazione e dello Sport
della Repubblica di Croazia.
178
Nastanak zemljinog katastra u Dalmaciji/ La formazione del
catasto fondiario in Dalmazia
Bruna Horovi-Vukovi
Dravni Arhiv u Splitu
179
Bruna Horovi-Vukovi
180
Nastanak zemljinog katastra
fiksna svota i to prema kvadratnim legama. Valjalo je pri izraunu uzeti u obzir
prirodu terena, pa je paual bio vei to je brdsko podruje za izmjeru bilo visoije.
Od ove svote trigonometar je trebao platiti vojne pomone radnike (koji su mu
prenosili instrumente, podizali oznake, davali znakove sa zastavom, odnosno
zvidukom ili kornetom tamo gdje nije dopirao pogled geometra) te civilne
radnike koji su uvali ator, a bili su dodijeljeni njemu i njegovom pomoniku.
Takoer je plaao kola za prijevoz, vorspann, carinu prilikom premjetaja iz jedne
u drugu opinu i pjeake za dostavu pisama. Prije poetka radova na otvorenom,
svaki je trigonometar dobivao paualnu svotu izjednaenu sa 4 kvadratne lege.
Jo se pri izraunu lege uzimalo u obzir da se u 6 radnih dana mogla obaviti
triangulacija jedne kvadratne lege, da se u mjesec dana moglo imati najvie 18
radnih dana, da za snimanje visokih planina moe imati i 4 civilna radnika, a 7
kola za transport7.
Redoviti radovi znali su kasniti iz vie razloga; zbog iznimno loih vremenskih
prilika (Pancieri se ini da je bura nastala na podruja Karlobaga), zbog
konfiguracije terena, zbog loeg vidika. Problem je predstavljalo i premjetanje
geometara s kopna na otoke.
Nakon triangulacije, geometri od povjerenja obavljali su opise opinskih
granica. Osim geometra, prilikom opisa trebali su biti prisutni i Capo comunale
(capo villa, glavar), dva lana opine (vecchiardi) i politiki komesar. Svi se potpisuju
na kraju opisa.
Nakon ovih uvodnih radova, uslijedila je detaljna izmjera terena, koja je
u Dalmaciji trajala od 1823. do 1839. g. Nakon izmjere, geodeti su bili duni
izraunati povrinu i nacrtati mapu. Izraeno je ukupno 6 735 listova katastarskih
planova s ukupno 2 381 495 katastarkih estica. Planovi su izraeni u mjerilu 1:2
880. Planovi vanijih naselja izraeni su u dvostrukom mjerilu, a samo povijesna
jezgra Splita i Dubrovnika u etverostrukom mjerilu. Mjerna jedinica za duinu
bila je jedan hvat, tj. Klafter (1,896484 m), a za povrinu jedan klafter kvadratni
(3,596652 m2). Budui da je klafter bio sastavljen od 72 palca (pollici), a jedan
palac jednak je 40 klaftera na terenu, dobila se skala 1:2880. Svaki list mape
dimenzija je 20 x 25 palaca, tj. 52.68 x 65.85 cm i obuhvaa povrinu od 288
hektara.
Svaki je geometar bio zajedno s Inspektorom odgovoran za obavljenu
izmjeru. Dobivao je pomonika i tri vojna pomona radnika. Redovno je o svom
radu izvjetavao inspektora. Vrijedne geometre se nagraivalo odreenom svotom
novca ili ih se promicalo u viu klasu. Isto tako, geometre koji su zanemarivali
svoj posao, novano se kanjavalo, odnosno prebacivalo u niu klasu. Odluku o
tome donosila je pokrajinska komisija, a na temelju izvjea inspektora.
7
Iz Knjige dekreta Decreti dellEccelso Imp. Reg. Aul. Dicastero relativi alla perte tecnica della Misurazione
Catastrale, str. 28-30.
181
Bruna Horovi-Vukovi
182
Nastanak zemljinog katastra
9
Decreto Aulico 19 Giugno 1825: ....taglio de boschi ad oggetto delle operazioni catastrali, Knjiga dekreta,
str. 21-24
183
Bruna Horovi-Vukovi
Literatura
184
Nastanak zemljinog katastra
Slukan Alti, Mirela Katastar Istre 1817-1960., Hrvatski dravni arhiv, Zagreb
2001.
Ungarov, Bruno Prilog povijesnom prouavanju katastarskih radova u Dalmaciji.
Geodetski list, 10-12, 1950., str. 286-298.
***
Presso lArchivio di Stato di Spalato conservato lArchivio delle mappe per lIstria e
la Dalmazia. Si tratta del primo catasto stabile, parte del Catasto austriaco. Il 23 dicembre
1817 limperatore Francesco I eman la Patente sullintroduzione del catasto stabile con la
quale fu introdotto lagravio fiscale generale per tutta la Monarchia. La prima misurazione
sistematica della Dalmazia dur dal 1818 fino al 1838.
Le operazioni, durante le quali vennero determinati i punti di triangolazione, erano
affidate agli agrimensori militari, ufficiali dellIstituto Geografico Militare a Vienna.
Lesecuzione della misurazione dettagliata fu affidata ai geometri civili, maggiormente
forestieri. Tutto lanno era diviso in due parti cio i lavori in campagna erano quelli di
misurazione in dettaglio, mentre durante i mesi invernali i geometri si concentravano nella
Cancelleria dellIspettorato calcolando e disegnando le mappe.
Con questo rilevamento furono stabiliti 741 comuni catastali, rappresentati in 6735
piante catastali, in scala 1:2880 e 1:2094, mentre i centri urbani furano disegnati in scala
doppia. Dopo la misurazione, venivano composti gli elaborati per ogni comune, cio il Protocollo
delle particelle dei terreni, il Protocollo delle particelle degli Edifizi e lOperato dellestimo
censuario.
Nel corso degli anni della misurazione, la Patente si completava con diversi Decreti
dellEccelso Dicastero che regolavano la parte tecnica della misurazione catastale (gli stipendi e
pauschali dei triangolatori, la misurazione dei terreni delle fortificazioni militari, il procedimento
dellindennizzo per un taglio di alberi, la custodia delle mappe...).
Ancora oggi la maggior parte delle mappe e dei dati catastali ottenuti dalla prima
misurazione della Dalmazia, sono in uso regolare presso i servizi catastali comunali; i
documenti testimoniano gli stati di possesso.
185
Il pessimismo dalmata - explicatio poeticae auctorum
romanticorum/ Pesimizam kao kljuni element poetike
otoentskne Dalmacije
Antonela Pivac
Sveuilite u Splitu
1. Introduzione
Tenendo presente il fatto che in diversi paesi europei le vie di sviluppo
del Romanticismo si diramavano in diverse direzioni, ossia che i caratteri di
questo movimento spesso differivano e si scostavano da un paese allaltro,
riteniamo legittimo, in questa sede, parlare delle tipicit del Romanticismo in
Dalmazia, ed in particolare del Romanticismo degli scrittori Dalmati in lingua
italiana sottolineando le caratteristiche e, rispettivamente, anche lautonomia del
movimento in relazione ad altri paesi europei. Tuttavia, non si vuole qui sostenere
che gli influssi europei, in particolare quelli italiani, non furono risentiti in
Dalmazia. Tuttal contrario. Nella Dalmazia ottocentesca fu fortemente risentito
linflusso della poetica (soprattutto) del Manzoni, Foscolo e Leopardi. Drammi e
romanzi storici, in particolare, ma anche altre opere di carattere storico- folclorico
scritte in lingua italiana dai pi rinomati scrittori croati, portano il forte stampo
dalmata con strutture su modello dei maestri doltre Adriatico. Si intende, nel
presente lavoro, insistere sulla storicit ed autenticit dellelemento dalmata che
indusse, a sua volta, alla presenza di un certo pessimismo dalmata vivamente
presente in opere degli scrittori di questarea.
Linterpretazione del Romanticismo, come ben noto, differiva secondo
le condizioni storiche, percezione filosofica oppure origine dello studioso,
sulle tracce che accomunavano gli scrittori pi rappresentativi del movimento.
Tuttavia, riassumendo, si potrebbe dire che il Romanticismo esalta elementi come
la spiritualit, che esso punta sullemotivit ed elementi fantastici, mettendo in
risalto limmaginazione e le caratteristiche individuali del personaggio, ma
rispettivamente anche dellartista. In Italia, il Romanticismo nacque nellottica
della prossima indipendenza e unit dItalia. Il primo a dichiararsi apertamente
un romantico fu Manzoni, che qui ci rilevante per pi motivi. Il sommo poeta,
oltre al suo vasto contributo critico e letterario, fu modello e fonte ispiratrice
per la maggioranza dei poeti dalmati dellepoca. Attaccando le unit di tempo e
spazio, si presenta nella veste del riformista del dramma ed ardente promotore
del movimento. I due pi grandi poeti del tempo, per dirla con Wellek, Foscolo1
1
Vale la pena menzionare che la famiglia Foscolo, allepoca, viveva a Spalato. Il giovane Foscolo
vi visse almeno quattro anni e frequent il liceo cattolico. Tuttavia, i dati circa la sua vita a Spalato,
186
Il pessimismo dalmata
variano. Si rinvia a: M. Zori, Romantiki pisci u Dalmaciji na talijanskom jeziku u Rad HAZU, br.
357, 1971; Jo o Foscolovu kolovanju u Splitu. Vincenzo Solitro, in Hrvatsko-talijanski knjievni odnosi VI,
(a cura di) M. Zori, Zagreb, Zavod za znanost o knjievnosti Filozofskoga fakulteta u Zagrebu,
1997; D. Kekemet, Stari Split od kantuna do kantuna. AGM, 2009., p. 82.
2
G. Solitro ne fa menziono in I Conti di Spalato: Il Foscolo [] ebbe a Spalato, ove col padre,
medico agli stipendi della repubblica, stette qualche anno, ebbe maestro il Genuizzi, valente
uomo [] un demonietto quel ragazzo del medicoCon quella capigliatura, folta folta, rossa
rossa (pp. 17-18).
3
Si veda per maggiori dettagli G. Novak, Povijest Splita IV, Split, akavski sabor, 1978; . Nii,
N. Bali Nii, Nikola Tommaseo i dalmatinski tisak, Zadar, Sveuilite u Zadru, 2009; G. Solitro,
Osservazioni sulle Domande della Nazione Croata, Trieste, Tipografia Marenich, 1848; e T. Perii,
Povijest Dalmacije od 1797 do 1860, Zadar, Matica hrvatska, 2006.
4
M. Kaoti (M. De Casotti), Le coste e isole della Istria e della Dalmazia, Zara, Tipografia Battara,
1840, p. 26.
5
M. Zori, Romantiki pisci u Dalmaciji na talijanskom jeziku u Rad HAZU, br. 357, 1971.
187
Antonela Pivac
2. Lo stampo dalmata
Parecchi elementi accomunano le poetiche degli scrittori romantici dalmati.
In primo luogo, vanno sottolineati atteggiamenti ed emozioni negativi rispetto
alla vita: langoscia, la paura, linfelicit, il dolore, la malinconia, il presentimento
della morte. Il Romanticismo dalmata fortemente caratterizzato dalla riscoperta
della religiosit, da forti superstizioni, e dal suo peculiare misticismo morlacco.
I protagonisti principali dei romanzi e drammi romantici dalmati, questi ribelli
solitari, sono prevalentemente vittime delle circostanze, che cercando di uscire
dalla propria condizione umana, si trovano in situazioni e riti dallindubbia
matrice romantica. Lo stampo dalmata, ossia lautenticit dei personaggi
dalmati, risentito nelle numerose scene e sensazioni dellemarginazione, che,
indubbiamente, hanno le loro radici storiche. La sensazione di essere diversi,
forti presentimenti del male, sofferenze e sciagure, non mancano nella letteratura
dalmata. Questi sentimenti fuoriescono dallinnata malinconia e dalla tragicit
storica causata dalla straziante povert, da condizioni mentalmente insopportabili,
come la ripetuta e terribile carestia e la peste.
Nelle opere dei romantici, oltre ai riferimenti ai fatti storici, autorit, persone
storiche di rilievo, personaggi, descrizioni dettagliate dellambiente, luoghi e posti,
viene, di regola, inserita una cornice sentimentale attorno alla quale ricamata la
vicenda. Lesito del legame amoroso non si presenta mai lieto e promettente per
diverse motivazioni, mentre predomina la percezione fatalistica del futuro.
3. Il quadro sentimentale
Nelle opere dei Romantici dalmati troviamo descritti tanti motivi di carattere
folcloristico e storico, momenti di vita del carso dalmata, riti tradizionali tipici
della zona, morlacchi e aiducchi, personaggi dellentroterra in opposizione a
quelli del mare, con mentalit diversa, descrizione dei villaggi, i loro padroni e i
loro servi, ricchi e arroganti in opposizione ai poveri e umili. Paradossalmente,
le scaramanzie e superstizioni della gente evidenziati in diversi pregiudizi e riti,
quasi occulti, sono contrapposti alle espressioni della matrice religiosa. In questa
matrice, di regola, viene inserito un quadro sentimentale che serve da piattaforma
per lespressione pi sublime di una visione pessimistica e poco promettente
dellavvenire.
Come meglio dipingere e illustrare la complessit della situazione storico-
culturale e linguistico-politica, se non attraverso la complessit del rapporto
umano? In appresso, in maniera molto sintetica, saranno proposti alcuni esempi
tratti dalle pi rappresentative opere dei Romantici.
Il tema centrale del dramma storico I conti di Spalato di Giulio Solitro il
dramma personale di Elena e Carlo, detti Romeo e Giulietta di Spalato. Lintreccio
vede coinvolti due giovani nobili, rappresentanti delle due famiglie inimicate (I
188
Il pessimismo dalmata
rancori de vostri antichi fumarono per le vie, nel sangue de miei; oggi, i vostri, in questi spasimi
del cuore). Quando, a un certo punto sembrava che il loro rapporto potesse
svilupparsi per il bene (dato che i genitori avevano benedetto il loro amore e che
il lieto fine si faceva promettente), il presentimento dellinevitabile strage corrose
latmosfera: [] parrebbe che la piega del male nel territorio di Sign, si faccia
grave grave, e voglia essere ormai presa in seria seria considerazione.[] Io la
proclamo peste, peste bella e buona, peste genuina6. Pare che i protagonisti
siano circondati da un invisibile cerchio che da un momento allaltro si stringer
attorno a loro sempre di pi, che unonda dellinspiegabile male finir per
annegarli, per crollargli addosso, senza che loro ne siano consapevoli. Se La
terra di san Marco terra maledetta che loro non offre che la sepoltura7, non
sorprende la rassegnazione ed il pessimismo. E se le cose talquamente vanno, merito
della Provvidenza.
Latmosfera, difatti, molto tesa, turbata, basta tender lorecchio a sentir
se si piange. I personaggi parlano con voci basse, sussurrano, quasi come se
progettassero un complotto. Ogni tanto, lapparente, ma falsa leggerezza e
spensieratezza vengono corrotte da qualche suono o gesto improvviso (Non
avete udita la campana?). Nellanticlimax del dramma, quando Carlo torna tra le
braccia dellamorosa, Elena non ha pace. Sospetta: Dici vero, Orsola: ma il
cuore che ha patito assai, e ora non ardisce senza paura darsi la gioia. Ma tu,
poveretta, sai i giorni chio ho passati insin qui, tu che li dividesti meco tutti,
come unaltra mia madre8. Il presentimento, purtroppo, non lha ingannata.
Unaltra volta, i momenti esterni hanno corroso il quadro emotivo, e rotto
lillusione della vita serena. Alla fine, il poeta copre tutto con un manto sonoro,
simile a quello dellincipit del dramma. Come se fosse il suono della campana
della chiesa che abbiamo menzionato allinizio, e come se annunciasse qualcosa
di straordinario. Il cerchio si chiude con i suoni. Il beccamorto, con il bastone
appuntito nella mano, visto come una figura apocalittica, ripete ritmicamente il
ritornello minacciante: Chi ha morti in casa? Chi ha morti in casa?.
Questi momenti esterni alla trama centrale che apportano testimonianze,
dettagli, descrizioni, visioni del modo, rappresentano il prezioso punto di
riferimento per lo studio dei rapporti umani e dellatmosfera generale del
Romanticismo dalmata.
Il romanzo pi famoso, ma forse anche pi pessimistico, Milienco e Dobrila
di Kaoti, il primo romanzo storico in Dalmazia, che narra della storia infelice di
due promessi sposi della riviera dei castelli, detti fertilissimo tratto di campagna
amenissima. Gi nella parte introduttiva, in cui il poeta parla dei difficili tempi
passati, di turbine di barbariche genti che inondavano da ogni parte, di turche
6
G. Solitro, op.cit. p. 16.
7
Ibid., p. 42.
8
Ibid., p. 89.
189
Antonela Pivac
incursioni e civili discordie, il lettore comincia ad avere dubbi sul destino degli
amanti. Ad un certo punto, il poeta toglie la suspence, e indica apertamente che
lintervento divino abbia gi provveduto e sigillato il destino dei giovani: Ma pur
troppo lamaro calice della vita stava loro preparato a cospergerli delle dolorose
stille della sciagura. La tempesta cominci a muggire su loro capi, borbogliava il
tuono, tardo non saria stato a scoppiare il fulmine9. Il fatto, che in un secondo
momento siamo venuti a sapere che la storia non poteva avere un felice esito,
nulla toglieva allo sviluppo e al corso della trama. Ancora una volta, le circostanze
e la mentalit dalmata si sono confermate come un insorpassabile ostacolo.
La tradizione, le rigide e primitive regole sociali hanno impedito la felicit dei
giovani. La vendetta del padre di Dobrila non colpisce solo la tanto odiata famiglia
nemica, ma anche la famiglia di Radoslavo. Paradossalmente, morendo, anche se
lingiustizia stata fatta a lei, lindulgente Dobrila subisce passivamente il castigo
del destino, si scusa con tutti perch il suo amore ha causato tante sofferenze.
Noi eravamo innocenti perdona! ah! S, perdonami[] Perdona alla
povera Dobrilla, se per farlo suo ti ha rapito per sempre un figlio10. Alla fine,
tutto morte, sangue, pianto conclude Kaoti.
Un altro esempio Il berretto rosso di Kaoti che narra di due storie parallele
predestinate allinsuccesso. Il poeta ci introduce alla tristissima storia di Celia
e Paval duna parte, e Stipan e Gelina daltra. Le loro storie si intrecciano e
culminano, ognuna con una tragica fine. Ma pur troppo vi hanno alcuni esseri sulla
terra chesser devono sempre infelici, sempre []11. Il complesso mosaico dalmata
venne, per unaltra volta, costruito attorno alla trama centrale inframmezzata
in moltissimi piccoli episodi, storie di carattere storico, sociale e politico, riti
e aneddoti, con gli inevitabili aiducchi e i loro racconti sui vampiri (Vucodlac),
streghe (Vieschizce), incubi e scaramanzie.
Levidente degradazione morale12 e fisica dei personaggi porta inevitabilmente
alla tragedia. Una tale fine, comunque, non poteva sorprendere il lettore, ormai
abituato ai colori e suoni del paesaggio, alla tradizione della terra dalmata con le
sue inquietudini, le angosce, gli ondeggiamenti delle fortune13. come se una
9
M. De Casotti, Milienco e Dobrila, Zara, Tipografia Battara, Vol. I., 1933, p. 25.
10
Ibid., p.182.
11
M. De Casotti, Il berretto rosso, ossia scene della vita morlacca. Venezia, 1843, p. 44. Le citazioni qui
apportate saranno in appresso annotate con il nome dellautore, seguito dal numero (II) e dal
numero della pagina: M. De Casotti (II), p. 55.
12
Le caratteristiche desiderabili di una persona positiva, non corrotta dal male, sono evidenziate
nelle parole del vecchio padre di Stipan: Tacete, stizzendosi soggiungeva, incendiare una casa
delitto che far potria soltanto un uomo, il quale non conoscesse alcuna religione, fosse sempre
colle mani nel sangue umano, non rispettasse le vigilie dalla chiesa comandate, non avesse infine
devozione n per Dio, n per la Madonna, n per alcun santo, M. De Casotti (II), p. 55.
13
M. De Casotti (II), p.3.
190
Il pessimismo dalmata
mala sorte provocasse laltra. Paval (orfano di padre e madre) e Celia (orfana di
madre), prima della loro tragedia comune, avevano gi ognuno di per s avuta
una tragedia personale. Latmosfera permeata della generale sensazione di
rimorso e della vergogna, ma anche di vendetta. Paval e Celia sono turbati dal
fatto di aver consumato il loro amore, Celia di non essere degna per questo
motivo di portare il berretto rosso, lemblema dellinnocenza in testa; Stipan, di
aver chiesto la mano di una pastorella indegna e di non averlo capito, ed infine, il
fiore incontaminato del prato, la rosa della siepe, la povera Gelina abbandonata
da Stipan che deve pur vendicar lonta di lei e delle vergini sue compagne, il
vergognoso affronto del suo abbandono14. La malizia e lodio di Gelina, che in
chiesa, tra il suono delle campane e il campanello dellaltare, tra il mormorio della
gente in preghiera e lo sdegno e la costernazione dei parenti, si vendica di Celia,
conducono al punto focale della trama. Il momento grottesco: la protagonista,
tra la devozione della folla, lIte missa est e il baciar del crocefisso, giura vendetta.
Celia, anche se cacciata via dalla casa paterna, non sar abbandonata da
Paval. Un nuovo rito ecclesiastico: il matrimonio e la nascita del bambino. Vivono
in miseria, il marito lavora in continuo, prepara poca paglia asuoi magrissimi
bovi. Celia soffre e non ha che poco resto di vita, ma non lo ha neanche il
bambino che viene tanto amato dalla madre. Vorria nutrirlo anche col sangue
suo, ma la miseria, lavvilimento, laffanno la percossero, e nel mentre saffatica a
dar vita al suo bimbo, gli prepara una lenta morte15.
Come se questa tragedia non bastasse, Kaoti ne introduce una parallela.
Chi non si vendica, non si santifica dice il morlacco16, e cos, tra lallegria
generale, gridi e risa delle nozze di Gelina e Paval, si sente il grottesco suono delle
campane della chiesa. Lautore traurino, spiegando questi sinistri suoni come
un malaugurio alle nozze volle, indubbiamente, accennare alla superstizione
della popolazione locale, allatmosfera della vendetta, ma anche alla volubilit
del destino e al pessimismo, ormai, innato del popolo dalmata. Dice Kaoti:
[] finch si vive non vi ha tranquillit, e lontano dal mondo, o nel tripudio dei
piaceri sociali, luomo sempre in una valle di lagrime, da cui lo redime la morte
sola[]17.
La trasformazione mentale di Paval radicale. La sensazione che la moglie
reclamava dalla tomba unaperta vendetta gli fa uccidere Stipan e rendere Gelina
vedova. Segue un nuovo momento grottesco: Stipan cade morto al suolo, nel
tonfo percotendo colla testa sulla croce funerea di Celia18.
Riteniamo importante, a questo punto, ribadire che i climax nei drammi e
14
Ibid., p.19.
15
Ibid., p. 30.
16
Ibid., p. 55.
17
Ibid., p. 133.
18
Ibid., p. 60.
191
Antonela Pivac
romanzi citati sono di regola accompagnati dagli effetti sonori. Certo, questo non
potrebbe essere definito un effetto inusuale, tuttavia, va usato e descritto spesso
nelle opere citate. La sonorit dellambiente, che sempre malinconico, lento
e nostalgico, rappresenta un effetto molto importante. Quando, ad esempio,
nel Berretto rosso Paval si fa aiducco e quando, dopo tantissime vicende muore,
lautore lo fa morire tra il suono di caratteristiche diple, gusle e il crescendo dei
tuoni dellorribile e apocalittica tempesta finale.
4. Conclusione
Le realistiche descrizioni delle vicende, persone e paesaggi dellentroterra,
immagini delle citt dalmate, autentici e genuini costumi e scene di vita dalla
Dalmazia inserite in una cornice sentimentale, servono da piattaforma per la
visione pessimistica e poco promettente dellavvenire. Le vivissime illustrazioni
della complessa situazione storico-culturale e linguistico-politica, rappresentano il
preziosissimo punto di riferimento per lo studio dei rapporti umani e latmosfera
generale del Romanticismo dalmata, nonch la testimonianza inestimabile dei
tempi passati. Con il presente saggio si voluto dimostrare che il pessimismo
dalmata costituisce la base indispensabile per la spiegazione dellimpossibilit dei
personaggi di uscire dalla propria condizione umana attuata attraverso situazioni
e riti dallindubbia matrice romantica. Il pessimismo dalmata percepito,
quindi, come elemento fondamentale della poetica di Solitro, Kaoti, Ivellio, ed
altri scrittori romantici della Dalmazia ottocentesca.
***
192
Talijanski enski asopis prve polovine 19. stoljea u usporedbi
sa suvremenim hrvatskim enskim asopisima. Primjer: Corriere
delle Dame i Gloria/ La rivista femminile della prima met
dellOttocento comparata con le riviste croate contemporanee.
Esempio: Corriere delle Dame e Gloria
Uvod
Drutveno-politike promjene na europskoj sceni uvjetovale su pojavu
graanskog klasnog drutva. Duhovna kultura i ivotni stil dobili su graanska
obiljeja1.
Plemiki sloj raspadom feudalnog ureenja i usponom graanske klase,
polagano financijski propada, jer se nije najbolje snaao u novonastalim
drutvenim promjenama. Stoga glavninu drutva ine u Dalmaciji siromani
teaci, a gradsko stanovnitvo inovnici i sveenici, trgovci i obrtnici, na tragu su
obrazovanja koje e ih tek kasnije u drugoj polovici 19. stoljea, odrediti prema
modernom graanskom staleu.
Tijekom 19. stoljea Dalmacija je biljeila kratkotrajnu prvu austrijsku,
francusku a potom drugu austrijsku upravu2. Svakodnevica, pogotovo modna,
ostala je pod utjecajem Italije. Prethodna etiri stoljea vlasti Venecije ostavila
su traga, kako na polju kulturnog ivota tako i u modnim trendovima, oblikujui
drutveni i privatni ivot poglavito gradskih sredina. Imajmo na umu kako su
reeni utjecaji doprinijeli modernom razvoju hrvatskih ljudi, koji su usprkos
svemu sauvali svoj hrvatski jezik u govoru i u pisanju3.
ivei u sredini koja nije poznavala enske modne asopise, imune
Hrvatice su se okrenule onima iz europskih centara. Ne zaboravimo kako je
u tom vremenu veliki modni centar bio Pariz, odnosno da je utjecaj Francuske
mode bio presudan4.
Pariki tjedan mode uz Milanski, te Londonski jo su uvijek primarni,
premda Europa vie nema onakav primat kakav je imala u 19. stoljeu u pogledu
mode. Danas su jaki modni centri u primjerice New Yorku, u Rio de Janeiru, a
modni kreatori su sa svih kontinenata i svih rasa.
Modni utjecaji su dolazili u Dalmaciju uglavnom pomorskim putem. Gotovi
1
Povijest 1977, 552.
2
ii 1975, 391-450; Clewing 2001, 896-897; Novak 2004, 67-160; Vrandei 2002, 51-81.
3
Bezi-Boani 1984, 680; Celio Cega 2005/96, 55-56.
4
Boi-Buani 1982, 64.
193
Fani Celio Cega
194
Talijanski enski asopis
12
Gioacchino Rossini (remek djela: Seviljski brija, Otelo, Grof Ory...), Vincenzo Bellini (uz spomenute
u tekstu, poznata djela: Mjesearka, Norma, Puritanci...), Gaetano Donizetti (remek djela: Lucia di
Lammermoor, Ljubavni napitak, Don Pasquale), obiljeili su talijansku klasinu glazbu prve polovice
19. stoljea do uspona Giuseppe Verdia (1813-1901.), velikog talijanskog nacionalnog umjetnika
koji je svojim djelima zasjenio sve svoje suvremenike. Andreis 1952, 188-204.
13
Boerio 1856, 300.
14
Boerio 1856, 84.
15
Boerio 1856, 133.
16
Usp. Usi 1859, 633-635; Contini 1865, 153; Boi-Buani 1982, 64-82; Celio Cega 2005,
117-122.
17
Usp. Peacock 2007, 157.
18
Francesco Ambrosoli (17971868.), talijanski knjievnik, napisao Prirunik talijanske
knjievnosti... Usp. http://it.wikipeda.org
195
Fani Celio Cega
19
Corriere 1830, 7, 56.
20
Opera Gusar imala je svoju praizvedbu 27. listopada 1827. godine u Milanskoj Scali te je
doivjela niz zapaenih izvedbi a na tom tragu je i ova iz 1830. godine. Postav je isti: sopranistica
Francuskinja Henriette Meric-Lalande, tenor Giovanni Rubini i bas-bartiton Antonio Tamburini.
Usp. Barbieri 2001.
21
Usp. Laver 2003, 179.-180. istie: ...il cappello avrebbe dovuto essere di enormi dimensioni....
22
Vrsta okrugle vunene kape bez oboda koja se navlai na glavu a koja se udomaila od francuske
revolucije, franc. beret. Usp. Nicolini 1982,22.; Boi-Buani 1982, 97.; Celio Cega 2005, 130.,
timac 2008, 201.
23
Portugalom vlada liberalni vladar Don Pedro IV. i njegova ki Maria II. da Gloria, iji je nain
odijevanja postao uzorom enskog modnog odijevanja onoga vremena, te se esto navodi i u
Corriere... Usp. Povijest 1977, 560.
196
Talijanski enski asopis
asopisa24. Upravo 30-ih godina 19. stoljee struk na odjevnim predmetima vie
nije naglaen ispod prsa, nego se vraa na pravo mjesto. Suknja je kraa i ira a
rukavi su ili kratki, kruni i spljoteni ili dugi i puf do laktova ili s prorezima. U
modi su rukavi od prozirne gaze koji se nose preko kratkih puf rukava, kako
primjeujemo u prethodnom tekstu. Haljine su ukraene vrpcama, rupcima,
maramama od tila. Frizura je nakovrana a razna pokrivala za glavu ukraena
dodacima kako je navedeno i u Corriere25.
Termometro politico Politiki termometar lanak je koji donosi podatke o
politikim zbivanjima u podruju Lombardije i Veneta, potom Brazila, Francuske,
Turske, Portugala... u drutvu u kojemu je stil ivota poprimio graanska
obiljeja26.
Broj 9. od 15. veljae obuhvaa od 65 do 72. stranice, nakon ega slijedi
isti raspored. Najprije poema La ragione e la moda, nepoznatog autora a potom
novine iz kazalita u kojemu se izdvaja povratak primadone Santine Ferlotti27 na
rimske kazaline daske, u operi Matilda di Shabran, Gioachina Rossinija28. Pratio
ju je poznati tenor Pietro Gentili29. Slijedi opis zabava, plesova s posebnim
naglaskom na odjeu. Potom jedna zgodna povijesna anegdota te razne prie
iz svakodnevice. Posebno se izdvaja oda u ast imendana Franje I (austrijski car,
vladao od 1792. do 1835.), koju je napisao Gio.Batt. Cremonesi. Zagonetka u
slogovima i rjeenje one iz prolog broja, prethodi uvijek dobrodoloj rubrici
za ene o modi. Primjerice, u modi su bili rukavi a bret koji nemaju prijevod
sa francuskog (manches a bret )30, na talijanski jezik (maniche a bret ), a niti na
hrvatski jer se udomaio originalni francuski naziv. ( Sl. 5.) Francuska takoer
preporua frizuru alla Donna Maria, portugalske kraljice koja se esto spominje i
24
timac 2008, 28.
25
Grau 2008, 81-82.
26
Podsjetimo se onog vremena, izmeu restauracije i revolucije: Bekim kongresom 1815. god.
politika slika Italije vraena je na prednapoleonsko doba. U novijoj razdiobi politikih imbenika
prednjaila je Austrija, gospodarica Lombardije, Veneta, Parme, Toskane i Modene. God. 1820. i
1821. izbijaju ustanci u Napulju i Pijemontu, a od 1830. u cijeloj junoj Italiji. Istodobno, od 1830-
tih jaa protuaustrijski pokret za nacionalno osloboenje i ujedinjenje Italije (karbonari, Mlada
Italija). Nakon poraza Napoleona 1815. godine, Francuska je imala niz kratkotrajnih slabih
vlada. Restaurirana burbonska monarhija svrgnuta je 1830. (srpanjska revolucija). Louis-Philippe
(Orlenas-Bourbon), kralj - graanin Francuske vlada 1830-1848. Unato tim problemima,
Francuska je napredovala. Portugalom vlada liberalni vladar Don Pedro IV. i njegova ki Maria
II. da Gloria (1819-1853, portugalska kraljica). Brazil je bio portugalska kolonija u kojoj su se
razvijale plantae eerne trske. Engleska doivljava napredak industrijske proizvodnje pogotovo
pamune i metalne, gradi se europska eljeznika mrea.... Turskom vlada sultan Mahmud II.
provodei reforme... Usp. Povijest 1977, 552-574.
27
Usp. www.italianopera.org; www.books.google.hr
28
Usp. www.operatoday.com
29
Usp. www.jstar.org/
30
Bdollire 1857,175.
197
Fani Celio Cega
31
Usp. bilj. 19,23
32
Engleski pjesnik zaljubljive prirode Lord Byron (1788-1824.). Usp. www.hr.wikipedia.org
33
William Shakespeare (1564-1616.) engleski pjesnik i veliki dramski stvaralac, centralna linost
u svjetskoj dramaturgiji. Magbeta je napisao 1605/06. ubeli 1966, 495.-6.
34
Usp. Anselmi 1995. Primjerice predstavlja sveanu puku muku odjeu u Ankoni (Albumi
dei figurini I./1.) ili ensku sveanu odjeu u Jesi koja je imala dodatak za zimu muf
(Albumi...9./25.)
35
Usp. bilj. 12.
36
Eliodoro Bianchi (1773-1848.), talijanski tenor koji je pjevao u Milanskoj Scali, u Londonu,
Parizu, Beu, poglavito Rossinijeve opere. Usp. www.books.google.hr
37
Nicol Paganini (1782-1840.), talijanski virtuoz na violini. Usp. www.paganini.com
198
Talijanski enski asopis
199
Fani Celio Cega
Gloria
Jedan od brojnih enskih revija koje se zapoinju objavljivati po
osamostaljenju Hrvatske je svakako Gloria. Izlazi kontinuirano u Zagrebu od
1994. godine. Za asopis piu hrvatski autori, tiska se u Zagrebu a pie o hrvatskoj
svakodnevici ne zaboravljajui ni novosti iz svijeta.
U usporedbi sa Corriere i u Gloriji imamo na poetku podatke o nakladniku,
novinarima, redakciji, distribuciji itd. i svakako sadraj broja.
Uzmimo za primjer broj 789. od 18. veljae 2010. godine koji ima 114 stranica.
Sa naslovnice nas gleda Zrinka Cvitei i Hrvoje Rupi sa bombastinim
naslovom Prsten iz Berlina. Naslovnica mora zaintrigirati itateljstvo i navesti
ih na kupnju. Posebno se istie internetska stranica asopisa koja je drugi vaan
medij za privui itateljstvo. Cijeli je broj pun reklama (sl.8.): vode za pie,
sredstva za njegu lica, kose, enskih potreptina... itd. oni financiraju dobrim
dijelom asopis.
Ovaj broj asopisa ima rubrike: Panorama, S kraljevskih dvora, Londonske
prie, Stil&ljepota, Kuhinja Zlate Mck, Moje putovanje: Maria Novak, Zapisano
u zvijezdama, Zvjezdana praina, Razotkrivanje: Kristijan Ugrina, te kolumne:
ivotna kola ui Jelinek (sl. 9.), Krialjka. Slijedi cijeli niz informacija
obogaenih fotografijama koji nas informiraju o novostima kod nas i u svijetu u
okviru spomenutih rubrika.
Listajui doznajemo to su nakon Valentinova radili ameriki glumci
Angelina Jolie i Brad Pitt: otputovali u Veneciju jer Angelina tamo snima novi
film. Hrvatski glumac Relja Bai proslavio 80. roendan. (Sl. 9.) Posebno mjesto
je rezervirano za veliki uspjeh glumice Zrinke Cvitei u Berlinu nagrada
Shooting Stars 60. Berlinale, filmski festival. Ekskluzivno: Vanja Mami (supruga
sportskog direktora Dinama) Moja istina o razvodu; Glumica Ura Raukar
Buntovnica s razlogom; Slavni panjolski gitarist Paco de Lucia Moja najvea
strast; Intervju: Oliver Dragojevi, poznati splitski pjeva... itd. Kozmetiki
kutak preporua rjeenja kako poboljati svoj izgled. Poseban osvrt zasluio je
Tjedan mode u New Yorku (sl. 10.). Zima je razdoblje predstavljanja kolekcija
za sljedeu sezonu. Kuhinjski recepti u ovom broju dolaze iz kuhinje voditeljice
Zlate Mck. Kratka putopisna reportaa doarala nam je Bugarsku, a prilog o
glumici Avi Gardner, stari holivudski glamur (sl. 11). U kratkim prilozima itamo
to je novo u svijetu celebritija kod nas i u svijetu, posebno sa kraljevskih dvora
itd. ui Jelinek savjetuje kako mudrou spasiti brak (sl. 12.). Tu je i krialjka,
horoskop a kao poseban dodatak ljubavni roman.
200
Talijanski enski asopis
201
Fani Celio Cega
Zakljuak
I u zakljuku. itanje Corriere u 19. stoljeu, sauvanost brojeva u dalmatinskim
knjinicama, dokaz su povezanosti Hrvata za zapadnim civilizacijama, njihove
kulture itanja i zdrave znatielje47. Bila je to privilegija samo bogatih slojeva
drutva, za razliku od dananjice kada su takvi asopisi privilegija svih drutvenih
slojeva.
***
In Italia nellOttocento venivano pubblicate alcune riviste per le donne, spesso lette anche a
Tra, che in quel periodo si trovava sotto il governo francese ed austriaco. La rivista Corriere
delle Dame (1804-1874) pubblicata a Milano, spesso veniva letta dai Garagnini nel loro
palazzo a Tra e grazie ad essa si era al corrente di tutte le novit che riguardavano la societ
in generale.
Nella biblioteca Garagnin - Fanfogna vengono conservate tutte le pubblicazioni dal 1816
al 1847. Il Corriere delle Dame, oltre ad essere un giornale di moda e che per questo seguiva
tutte le novit del mondo della moda e della cultura, si interessava anche al mondo della politica
ed attualit. Il Novecento vide nascere tantissime riviste per le donne in tutto il mondo, cos
anche dalle parti croate. Subito dopo lIndipendenza della Croazia, a Zagabria nel 1994
si comincia con la pubblicazione della rivista Gloria, grazie alla quale una donna croata
moderna pu informarsi su tutte le novit che riguardano il mondo della moda, della cultura,
della politica ed anche su alcuni pettegolezzi ed alcune particolarit che riguardano il mondo dei
personaggi famosi. Con una forma simile a quella del Corriere e con 180 anni di ritardo, si
ebbe una rivista scritta in croato, e per questo accessibile a tutti quanti. Il periodo del Novecento
venne segnato da uno sviluppo talmente veloce, mai visto nei secoli precedenti. Nel passato ci
voleva tanto affinch le informazioni passassero da una parte del mondo allaltra, da uno stato
ad un altro. Oggi grazie ai media ci sinforma facilmente su tutto ci che ci interessa in pochi
secondi. Proprio per questo, risulta molto interessante leggere come le cose stavano nella met
dellOttocento e come lo sono oggi, di cosa si scriveva in quel tempo e di cosa si sta scrivendo in
questi giorni e finalmente vedere a chi erano accessibili quelle riviste.
47
Gloria je odabrana poradi toga to je taj asopis jedan od prvih koji se izdvaja i osvaja
itateljstvo nakon demokratskih promjena 90-ih godina. Namjera ovoga lanka nije bila reklama.
Zahvaljujem urednitvu Glorije na dozvoli objave pojedinih fotografija. Corriere je odabran poradi
toga to se itao u Dalmaciji tijekom 19. stoljea.
202
Talijanski enski asopis
Literatura
203
2007.
Povijest 1977. = Povijest svijeta. Zagreb 1977.
ii 1975. = Ferdo ii, Pregled povijesti hrvatskoga naroda. Zagreb 1975.
timac 2008. = Vlatka timac, Hrvatsko modno odjevno nazivlje. Jezina analiza
modnig asopisa od 1918.-1941. Zagreb 2008.
Usi 1859. = Usi e costumi di tutti i popoli dellUniverso. Vol. 2. Milano, 1859.
Vodi 1998. = Muzej grada Trogira Vodi. Trogir 1998.
Vrandei 2002. = J. Vrandei, Dalmatinski autonomistiki pokret u XIX. stoljeu.
Zagreb 2002.
Lo spazio adriatico nella poesia di Giacomo Leopardi/
Jadranski prostor u poeziji Giacoma Leopardija
Marilena Giammarco
Universit di Chieti-Pescara
[] Ma che crede Ella mai? Che la Marca e l mezzogiorno dello Stato Romano sia
come la Romagna e l settentrione dItalia? [] Qui, amabilissimo Signore mio, tutto
morte, tutto insensataggine e stupidit. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio,
di questo sonno universale. Letteratura vocabolo inudito. I nomi del Parini dellAlfieri
del Monti, e del Tasso, e dellAriosto e di tutti gli altri han bisogno di commento.
[] Unico divertimento in Recanati lo studio: unico divertimento quello che mi
ammazza: tutto il resto noia.
205
Marilena Giammarco
Come non pensare, a questo punto, agli incantati notturni incipitari che in modo
tanto suggestivo aprono alcuni dei componimenti leopardiani pi manifestamente
riferibili alluniverso naturale del borgo natio? Si veda lo splendido avvio de La
sera del d di festa, scritto a Recanati proprio nella primavera del 1820:
206
Lo spazio adriatico nella poesia di Leopardi
voi dalle finestre/ Di questo albergo ove abitai fanciullo/ e delle gioie mie vide
la fine.). Tra nitidi quadretti descrittivi raffiguranti la vita del borgo mentre si
avvicendano i giorni e i fenomeni meteorologici (La quiete dopo la tempesta, Il sabato
del villaggio), in un continuo oscillare tra rappresentazione letteraria e riflessioni
sulla propria storia personale (Il passero solitario), insomma nellandirivieni dialettico
tra la realt del paese e luniverso naturale che caratterizza piccoli e grandi
idilli non difficile scorgere, allinterno dei Canti leopardiani, la presenza di un
insieme testuale in cui lo spazio di Recanati, con la sua peculiare topografia
adriatica, diventa parte inscindibile dellorizzonte simbolico del poeta.
Definito nei depliants turistici tipica citt balcone, il piccolo centro
marchigiano si affaccia ancor oggi su un panorama disteso tra monti e mare.
A Est lAdriatico lascia trasparire, nelle giornate pi limpide, i rilievi della costa
orientale; in direzione Nord, si pu ammirare il monte Conero emergente
dalle acque; situandosi in altre prospettive, lo sguardo si perde tra le cime degli
Appennini abruzzesi. Come s avuta occasione di evidenziare in altra sede, la
prossimit tra mare e montagna costituisce lelemento ambientale che meglio
connota il paesaggio medioadriatico, sia occidentale che orientale; elemento,
questo, che Leopardi aveva ben presente, fissandolo una prima volta sulla carta
nel 1816, tra i Ricordi dinfanzia e dadolescenza (descriz. della veduta che si vede
dalla mia casa le montagne la marina di s. Stefano), ed elaborandolo in seguito
pi volte negli idilli ispirati al borgo natio, basti ricordare il bel verso di A Silvia:
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Ma soprattutto sul paesaggio delle
Ricordanze che vogliamo tornare ora a soffermare la nostra attenzione:
207
Marilena Giammarco
208
Lo spazio adriatico nella poesia di Leopardi
Se al presente tu, ed io, e tutti i nostri compagni, non fossimo in su queste navi, in
mezzo di questo mare, in questa solitudine incognita, in istato incerto e rischioso
quanto si voglia, in quale altra condizione di vita ci troveremmo ad essere? in che
saremmo occupati? in che modo passeremmo questi giorni? Forse pi lietamente?
o non saremmo anzi in qualche maggiore travaglio o sollecitudine, ovvero pieni di
noia?
Per Leopardi, la precaria condizione dei mortali si esprime bene con la metafora
della navigazione, non solo per lidea di transitoriet che vi racchiusa, quanto
per i rischi che essa comporta. Ciascuna navigazione , per giudizio mio, quasi
un salto dalla rupe di Leucade, aggiunge Colombo: unalea, un azzardo che
gli uomini, sin dai tempi pi antichi, sono condannati a correre. Il motivo
209
Marilena Giammarco
del viaggio per mare, si sa, ben presente nella tradizione sia classica che
moderna, almeno a tener conto dellampia ricezione del paradigma ulissico,
ma da Leopardi viene reinterpretato in modo originale, al punto, perlomeno,
di anticipare quellimportante filone della letteratura europea che, attraversando
Baudelaire e Rimbaud, vi avrebbe individuato una delle piste pi battute della
poesia simbolista, e che il Mallarm di Un coup de ds (siamo ormai nel 1897)
avrebbe deviato in senso metafisico. Ci che nel Dialogo si prospetta, infatti, non
gi unodissea spinta fino ai limiti della conoscenza, bens un restare sospesi
sullabisso del nulla. un viaggiare senza meta alcuna, dove la nuova terra non
sar mai raggiunta, in quanto, come si ben osservato, nel pensiero di Colombo
lapprodo non vale se non quale miraggio e posta in palio di un azzardo che
consenta la fuga dalla noia. Non a caso, la conclusione delloperetta rester
irrisolta, a ondeggiare in mare aperto tra incertezze e dubbi gnoseologici. Quello
di Colombo e Gutierrez gi si profila dunque a voler usare unespressione
ormai invalsa in questo nostro terzo millennio grazie al libro di Magris - come
un infinito viaggiare del pensiero e forse, in ultima istanza, anche come un
viaggiare della scrittura verso linfinito: un continuo gettarsi in avanti dove non
sono previsti n larrivo n, tantomeno, il ritorno.
In questinstabile tipologia odeporica (di estrazione squisitamente nove-
centesca, e che ha a che fare con la morte, la sospensione del tempo e la dispersione
dellIo), anche il naufragio pu protrarsi allinfinito. Lo percepir con estrema
chiarezza Giuseppe Ungaretti quando parler dellorrore delleterno che non
gli fu nascosto durante la tragica esperienza della prima guerra mondiale. In una
prosa del 1931, dov citato Leopardi, Ungaretti scrive che a quei tempi si era
in tale dimestichezza con la morte che il naufragio era senza fine. Eppure, in
virt di un semplice paradosso, davanti agli occhi del naufrago tra gli orrori del
vissuto riesce a farsi strada uno spiraglio di luce: quello della poesia, capace
di rovesciare il senso del reale per mostrare il varco, la via di fuga, schiusa
dallinedito ossimoro e da nuovi, impensabili orizzonti di significato. Lallegria
del naufrago diventa cos lesultanza dun attimo strappato alla morte e reso
immortale dal poeta: quella che trasforma lorrore delleterno nel desiderio di
un viaggio che va reiterato sempre e comunque. E subito riprende/il viaggio/
come/ dopo il naufragio/ un superstite/ lupo di mare: tali sono, per lappunto,
i versi dellAllegria.
210
Lo spazio adriatico nella poesia di Leopardi
Quanto alla semantica dellInfinito, va osservato che gran parte della critica ha
ritenuto di dover insistere sulle strutture oppositive e le rigorose simmetrie che
formerebbero limpalcatura del testo, e che vengono generalmente connesse alla
dialettica finito/infinito; al contrario, di rado ci si potuti concentrare su valore
e funzioni della metafora che, a mo di fulmen in clausola, ne costituisce lexplicit
(Cos tra questa/ Immensit sannega il pensier mio:/ E il naufragar m dolce
in questo mare), riverberando la sua luce sullintero componimento. A guardar
bene, sino a risalire allintenzionalit progettuale del poeta, lesperienza lirica
ed emozionale del dolce naufragar (un ossimoro che precede giusto dun secolo
quello ungarettiano) si profilerebbe come il motivo verso cui far convergere
tutta la tensione del testo, rivelandosi anche come il principio ordinatore del
breve idillio. Nel suo procedere verso lillusoria rappresentazione dellastratta
categoria filosofica annunciata dal titolo, nel suo muovere incontro al lessema
finale (mare), lIo poetante, nominato per la prima volta allinizio del settimo
verso, incorre nella tentazione di un viaggio immaginario che inizia nellambito
familiare e ristretto del borgo natio per slanciarsi in avanti, sino a presagire spazi
illimitati e a provare il brivido dello sprofondamento. Sul piano linguistico e
fonico, non si pu fare a meno di osservare che, nella musicale concatenazione
dei versi, il tratto della frontiera che separa i due spazi (chiuso/aperto, interno/
esterno etc.) finisce per rivelarsi alquanto labile, direi evanescente, in quanto i
dimostrativi non marcano tanto fratture dialettiche, ma segnano piuttosto, come
ha ben notato Amoretti, il tracciato lungo il quale si muovono le forze che
animano la composizione, la cui continuit discorsiva peraltro rinsaldata dalla
coordinazione e dalle congiunzioni copulative.
Affidandosi alla facolt immaginativa (mi fingo) per oltrepassare il varco
che conduce di l dalla siepe (la quale, si badi, non esclude lintero ultimo
orizzonte, ma solo tanta parte di esso), il soggetto lirico si abbandona
allebbrezza di un attraversamento che lo guida in uno spazio-soglia tra finito e
infinito, ai margini del reale e dellumana esperienza: gli interminati spazi che il
pensiero arriva a concepire suscitano un senso di sgomento. Ma in questa singolare
211
Marilena Giammarco
avventura dellanima (tale Leopardi defin lidillio nei suoi Disegni letterari)
qualcosa deve ancora accadere. La cesura dellottavo verso (E come il vento), in
cui unanimemente si riconosce il punto in cui la prima parte del testo transita nella
seconda, scandisce una pausa che apre a un cambiamento di prospettiva. Ritrovata
la via dopo la breve sosta, agli occhi del poeta-viaggiatore appare una visione che
attira come un miraggio; con la sua voce il vento diviene lattante di un viaggio
che si fa ora altamente suggestivo e fantastico. La riflessione intorno alleterno
e alle morte stagioni si rischiara grazie allo scivolare del pensiero verso le forme
pi proprie dellespressione poetica. In questo senso, il sintagma verbale Vo
comparando, posto allinizio dellundicesimo verso, acquista la rilevanza di una
locuzione-chiave, rinviando a quella similitudine dimmensit che nella Storia
del genere umano era appunto attributo del mare. Un passaggio, questo, sul quale
forse converrebbe soffermarsi. Solo confidando sui procedimenti creativi della
poesia lio, rinato nuovo dopo la paurosa esperienza del pensiero, pu sperare di
condividere, sia pur parzialmente, una percezione dinfinito: ed ecco che, quasi
smaterializzata dal trascorrere della categoria dello spazio in quella del tempo,
limmagine del mare, dapprima occultata come presenza fisica, pu finalmente
apparire. Cos, tra questa/ Immensit, tra tredicesimo e quattordicesimo verso,
il mare si epifanizza una prima volta nellInfinito grazie alla forza dellevocazione
poetica. Si tratta tuttavia di una situazione precaria e rischiosa, di una navigazione
che assomiglia a quel salto dalla rupe di Leucade ricordato da Colombo; un
navigare in mare aperto senza poter sperare in alcun approdo, un restare sospesi
sullabisso, in bilico tra pensiero e immaginazione, tra tradizione e modernit; le
poste in palio dellazzardo sono il naufragio, la dispersione dellessere, il nulla e
il nichilismo.
Nellorizzonte del moderno si potrebbe affermare in conclusione il
pensiero poetante di Leopardi cerca un tempo-oltre, con cui confrontare il limite,
sullo sfondo di un nulla che per, come ritiene ancora Antonio Prete, pu essere
esorcizzato dal linguaggio della poesia, avvertita essa stessa come tensione verso
lo sconfinamento e volont di attraversare il confine col dicibile. Nel percorso
testuale dellInfinito, dove gli elementi noti e familiari dello spazio adriatico
vengono come riassorbiti nel gran mare dellessere, la metafora del navigare che
vi sottesa serve a conferire un senso del tutto inedito al capolavoro giovanile di
Leopardi. Annegato il pensiero, svanita la meditazione filosofica, rimane il canto,
resta quellattimo dimmensit carpito dal poeta che rende dolce il naufragio,
lo colora dallegria.
***
212
Lo spazio adriatico nella poesia di Leopardi
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214
Ferrovie e stazioni adriatiche in Gabriele dAnnunzio/
eljeznice i jadranske stanice u djelu Gabrijela dAnnunzija
Vittorio Roda
Universit di Bologna
215
Vittorio Roda
del Forse che s forse che no; laeroplano del medesimo romanzo; i multipli prodotti
della tecnica moderna ritratti nel primo libro delle Laudi; e via elencando. Ma
soprattutto chi percorre gli scritti dannunziani incontra fin dalle pagine giovanili
dei treni, delle stazioni, le tracce di quelluniverso ferroviario gi frequentato
con risultati memorabili dal Carducci e dal Pascoli. Non si tratta di apparizioni
particolarmente numerose; n sempre ai testi in cui figurano pu accreditarsi
un livello qualitativo fuori del comune. Ma in pi dun caso s; in pi dun caso
accade quello che si registra nei due artisti appena nominati, il fatto che il milieu
ferroviario risulti capace, per ragioni che non sempre facile decifrare, di stimolare
le migliori qualit dello scrivente. Quello a cui pensiamo sono soprattutto certe
raffigurazioni di stazioni. Le sincontra, diciamolo fin da ora, nel Trionfo della
morte, nelle Faville del maglio, nel Libro segreto, oltrech in certi taccuini funzionanti
da sinopie del prodotto definitivo. Alle loro spalle pu accadere che sintraveda il
modello carducciano: non sempre per; non obbligatoriamente.
Quando e come luniverso ferroviario fa il suo ingresso nel dAnnunzio?
il 1880, il testo una novella Cincinnato che entrer di l a poco nella prima
raccolta novellistica dello scrittore, Terra vergine (1882). Allinterno di Cincinnato
gioca un ruolo di primaria importanza il treno. un treno che ricorda Carducci,
il Carducci di Alla stazione. Si tratta, come nella barbara carducciana, di un mostro
orribile; di unentit diabolica; dun oggetto, occorre aggiungere, che contrasta
profondamente col fascino del paesaggio che attraversa, il paesaggio abruzzese
tra le colline che scendono allAdriatico e lAdriatico stesso. Unisotopia percorre
la novella, ed quella che struttura linsieme su una catena, per dirla col Pellini,
dopposte polarit2: natura vs artificio, tradizione vs modernit tecnologica,
ingenuit e mitezza vs distruttivit; e si potrebbe continuare. Perch distruttivit?
Perch il treno chiamato in scena non soltanto un mostro alla Carducci; anche
un ente omicida. Esso travolge e uccide il personaggio eponimo del racconto,
il folle e disadattato Cincinnato; e nel far questo sannoda a una lunga trafila di
treni del genere, inaugurata negli anni Quaranta del secolo da Dombey and Son di
Charles Dickens (1846-48)3 ed illustrata qualche anno prima da un capolavoro
come Anna Karenina (1875-77). Ecco il finale della novella, tutto giocato sul
registro dellatroce, del macabro, sulla vera e propria disintegrazione, ad opera
del prodotto meccanico, del corpo del protagonista:
Poi, una bella mattina di ottobre, piena di cobalto e di sole, lo trovarono sul binario
vicino al ponte, sfracellato che pareva un mucchio di carname sanguinoso. Una gamba
2
P. Pellini, La stazione e il caminetto (sul Trionfo della morte di dAnnunzio), in P. Pellini et al., Strade
ferrate, Pisa, Nistri-Lischi, 1995, p. 39.
3
Sul romanzo dickensiano e in genere sul motivo del treno omicida cfr. R. Ceserani, Treni di
carta. Limmaginario in ferrovia: lirruzione del treno nella letteratura moderna, Genova, Marietti, 1993,
pp. 77-83.
216
Ferrovie e stazioni adriatiche in dAnnunzio
tagliata di netto era stata trascinata dalle ruote della locomotiva venti passi pi in l; la
testa senza mento, con il sangue aggrumato ne capelli, aveva i due occhi verdastri che
facevano paura.
Povero Cincinnato! Avea voluto veder pi da vicino il mostro che va va va diceva
lui lontano lontano, nero, lungo come il drago, e ha il fuoco dentro che ce lha messo
il demonio.4
Per ritrovare la problematica ferroviaria occorre passare al Trionfo della morte (1894),
romanzo abruzzese ed adriatico da una parte, italiano ed europeo dallaltra: come
ha giustamente annotato un lettore del calibro di Piero Treves5. In tale romanzo,
terzo del ciclo della Rosa, lelemento ferroviario appare fittamente rappresentato.
Lo sincontra nel Libro primo, ambientato fra Roma e i Castelli romani; lo si
ritrova nei libri dal terzo al sesto, ambientati invece in quellAbruzzo che occupa
di s la maggior parte del libro, e che la terra dorigine dellanti-eroe decadente
Giorgio Aurispa.
Libro primo. Giorgio ed Ippolita, nel secondo anniversario del loro amore,
decidono deffettuare una breve vacanza; meta, Albano Laziale; obiettivo,
rivitalizzare una passione che sta conoscendo qualche cedimento. Ai due amanti,
saliti sul treno alla stazione di Roma, capita peraltro un piccolo incidente:
scendere ad una stazione che non quella giusta. Preso atto dellerrore, i due
attendono nella sala daspetto il treno che li avviciner alla meta. Abbiamo scritto
prima e ripetiamo ora che il dAnnunzio un grande descrittore di stazioni; che
questo genere di luoghi oggi si parlerebbe di non luoghi stimola fortemente
la sua vena di scrittore. Il passo di cui parliamo non fa eccezione. Che cosa,
al suo interno, merita dessere evidenziato? Due dati soprattutto. Il primo
questo: il trattamento della stazioncina laziale come luogo squallido, degradato,
contraddittorio degli scenari estetizzanti che sogliono popolare le pagine del
dAnnunzio. Nulla di raffinato in quel luogo; nulla di scelto e di gratificante; tutto
parla, a chi osserva, il linguaggio della degradazione e dellincuria:
217
Vittorio Roda
7
Ibid., p. 671.
8
Ibid.
9
Si veda in proposito V. Roda, Va lempio mostro: note su un tema carducciano, in E. Pasquini, V.
Roda (a cura di), Carducci nel suo e nel nostro tempo, Bologna, Bononia University Press, 2009, pp.
417-435.
10
G. dAnnunzio, Trionfo della morte, cit., p. 690.
11
Ibid., p. 777.
12
Ibid., pp. 777-778.
218
Ferrovie e stazioni adriatiche in dAnnunzio
219
Vittorio Roda
trascrivere un interno malaise, la percezione dun passato che non ammette ritorni,
non si riscontrano altrove. Non nellanalisi del progetto mortifero di Giorgio; e
tanto meno nellincipit dellepisodio di Casalbordino, che chiama nuovamente in
causa lelemento ferroviario. Poco o nulla di esistenziale nella raffigurazione delle
masse che, approdate alla stazione del paese, scendono tumultuosamente dai
treni che si susseguono a brevi intervalli21. una pagina di sapore naturalistico,
probabilmente non immemore dello Zola di Lourdes22. Ed una pagina che
sembra confermare, con quel concitato quadro di folle in movimento, una
tesi benjaminiana degli anni Trenta del Novecento, essere il treno un mezzo di
trasporto che forma masse; anzi, il primo e fino al transatlantico certamente
anche lultimo mezzo di trasporto che forma masse23.
Ai livelli pi alti della prosa dannunziana siamo invece sollevati con
la descrizione della stazione di Ancona che figura prima nei Taccuini24e
successivamente, con poche variazioni ed addizioni25, nelle Faville del maglio26. Che
cosa legittima laffermazione che precede? Che cosa fa, di quei pochi capoversi,
una pagina indimenticabile? Intanto la caratterizzazione del luogo accennato
come alcunch di squallido, di degradato, cosa che ricorda la stazioncina laziale del
Trionfo ma con un di pi di partecipazione e dintensit. Degradato, tetro, sudicio
il luogo, abbrutita lumanit che vi sincontra, si tratti dei viaggiatori o si tratti
degli addetti al servizio postale, impietosamente fotografati da un osservatore
autodiegetico che non che il dAnnunzio in viaggio verso Assisi. Ammirevole,
in secondo luogo, nella sua concentrata intensit il senso di morte che grava
sullinsieme, sposandosi senza sforzo al motivo appena descritto. Tutto, in quella
stazione, parla di morte; tutto rimanda allidea del morire, a partire dallininterrotto
muggito dei buoi chiusi nei carri fermi sui binari. , tale muggito, un vero e
proprio leitmotiv, che ritorna a intervalli ravvicinati proponendo e riproponendo
il suo funebre messaggio: che quello della fine imminente, dellatroce destino
che attende gli sfortunati animali ma anche quello, vien fatto daggiungere, della
morte incombente su ogni creatura. N sono da trascurare le scelte cromatiche
dello scrivente, concordi e in armonia collintonazione luttuosa dellinsieme nel
21
Ibid., p. 866.
22
Cfr. in proposito R. Bertazzoli, Lourdes-Casalbordino: a proposito dei plagi dannunziani, in Trionfo
della morte, Atti del III Convegno Internazionale di studi dannunziani, cit., p. 264.
23
W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX secolo. I passages di Parigi, a cura di R. Tiedemann, Torino,
Einaudi, 1986, p. 771.
24
G. dAnnunzio, Taccuini, a cura di E. Bianchetti, R. Forcella, Milano, Mondadori, 1965, pp.
177-178.
25
Di tali variazioni s occupata efficacemente S. Costa, Il fuoco invisibile. Saggio sui Taccuini
dannunziani, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1975, pp. 158-159.
26
G. dAnnunzio, Le faville del maglio, in Prose di ricerca, a cura di A. Andreoli, G. Zanetti, Milano,
Mondadori (I Meridiani), 2005, Tomo I, pp. 1094-1095.
220
Ferrovie e stazioni adriatiche in dAnnunzio
volgere al nero, alloscuro, allassenza o carenza di luce: fatto che, sia detto fra
parentesi, ricorda ancora una volta il Carducci di Alla stazione. Unalternativa ci
sarebbe, ed rappresentata da una costellazione doggetti esterni al circuito della
stazione ed intatti dalla tetraggine che lo connota: una collina sparsa di luci,
San Ciriaco alta contro il cielo, le stelle dellOrsa maggiore, un suono di chitarre
e di mandolini. Si direbbero, quegli oggetti, uno spiraglio su un mondo diverso;
su una realt gratificante e vitale; ma non valgono, lontani e irraggiungibili come
sono, a modificare latmosfera mortuaria che avvolge losservatore. Ecco, nella
versione definitiva, la pagina nella sua interezza:
11 settembre 1897
Stazione di Ancona. Sera di sabato. Viaggio verso Assisi.
La stazione morta. Sotto la vasta tettoia nera i lumi sono semispenti. Le fiammelle
vacillano fioche in cima ai becchi, nei fanali. I carri fermi su le rotaie sembrano feretri
fasciati di gramaglie. I bovi, prigionieri invisibili, mugghiano di continuo rispondendosi,
come nel chiuso dun macello quando attendono il maglio o il taglio. Sotto un carro
un cane biancastro rosicchia qualcosa nel sudiciume. Vedo in una sala, triste come
un parlatorio di spedale, tre monache e uneducanda che sonnecchiano, un prete che
legge il breviario, una femmina enorme che bofonchia, soffocata dalladipe, sdraiata
sullatroce divano rosso. Scorgo pel lato aperto della tettoia una collina sparsa di
lumi, San Ciriaco alto nellazzurro palpitante, le sette stelle dellOrsa. E il mugghio
lamentevole dei buoi prigionieri empie loscurit deserta, evocando lammazzatoio, il
tonfo della stramazzata, la pozza di sangue fmido.
Di tratto in tratto, passando, odo il ticchetto del telegrafo. Il telegrafista, con un viso
gonfio e stanco, fa scorrere tra le sue dita la lunga lista bianca, chino sul congegno
delicato che sembra fervere di pensieri e di sorti, di comandi e dimplorazioni. Pi in l,
dentro un carro, al chiarore duna candela che sgocciola, un impiegato postale raccoglie
le lettere cieche in un sacco nerastro, strozza il sacco con una corda, poi suggella il
nodo. La statua di marmo incravattata e infagottata nella sua nicchia mappare come il
fantasma di tutto ci che brutto, vano, mediocre, fastidioso nella vita. E il mugghio
delle bestie moriture si prolunga senza fine nella malinconia notturna.
Tendo lorecchio. Dalla parte della collina serena, ecco giungere un suono di chitarre
e di mandolini. Vi sono dunque piaceri, sogni, amori pel mondo? Il cielo palpita entro
larco buio e brutale della tettoia che sembra una fauce pronta a stritolare le stelle. E i
buoi mugghiano senza tregua, pieni di nero sangue, verso la morte inevitabile.27
221
Vittorio Roda
postale (Il telegrafista, con un viso gonfio e stanco; limpiegato postale che
raccoglie le lettere cieche in un sacco nerastro, strozza il sacco con una corda,
poi suggella il nodo); degradati e meschini i singoli oggetti, per i quali basti
rimandare, oltre che alle lettere cieche ed al sacco nerastro di cui sopra, al
qualcosa rosicchiato nel sudiciume da un cane biancastro, e soprattutto alla
statua di marmo incravattata e infagottata che lestensore della pagina chiama
a funzionare da sintesi o sineddoche di quanto di brutto, inutile e mediocre
internato nellesistente.
Quanto alla componente mortuaria, essa infiltrata in ogni parte del testo:
a partire dallesordio dello stesso, nel quale un perentorio sintagma la stazione
morta sembra dare il la a quello che tien dietro. La stazione morta; i carri
in sosta sulle rotaie sembrano feretri fasciati di gramaglie; votati a una morte
imminente sono i buoi ammassati su quei carri, dai quali si leva un ininterrotto
mugghiare. Fra tanti particolari funebri o tetri, proprio il muggito dei buoi
a interpretare al massimo grado la componente di cui parliamo. Quattro volte
ritorna, nella favilla, la menzione del doloroso coro dei prigionieri invisibili;
e lultima coincide col periodo conclusivo, suggellando la pagina allinsegna del
motivo che con pi tenacia la percorre: E i buoi mugghiano senza tregua, pieni
di nero sangue, verso la morte inevitabile. N sfuggano le scelte dannunziane in
fatto di effetti luministici e cromatici, con quel netto primato del buio, del nero,
ovvero della luce fievole e a rischio destinzione (le fiammelle vacillano fioche
in cima ai becchi, nei fanali). La sintonia col motivo mortuario evidente;
come evidente il contrapporsi ai precedenti di dati alternativi che si fanno
interpreti lo si gi accennato dun messaggio diverso, quello non della
morte ma della vita e del vitale: la collina sparsa di lumi, le stelle dellOrsa e
via elencando. Gratificanti fonti di luce esterne si contrappongono al buio della
stazione: come, proveniente anchesso dallesterno, un suono di chitarre e di
mandolini contrasta col muggito dei buoi. Ma il dentro a primeggiare sul
fuori; esso ad imprimere il proprio sigillo sul passo, respingendo nel lontano e
nellinattingibile la cifra del piacevole e del vitale. Si veda il tratto che segue, dove
il fuori il cielo, le stelle sembra addirittura prossimo ad essere annichilito dalla
tetra tettoia della stazione, paragonata ad una fauce pronta a distruggere ogni
presenza allotria:
Il cielo palpita entro larco buio e brutale della tettoia che sembra una fauce pronta a
stritolare le stelle.
222
Ferrovie e stazioni adriatiche in dAnnunzio
223
Vittorio Roda
I rifiuti della vita, i frammenti di utensili, le scorie un pezzo di ferro, un chiodo torto,
una scheggia, un trciolo, un pezzo di fune, una scatola di latte vuota. Tutto parla, tutto
segno per chi sa leggere In ogni cosa posta una volont di rivelazione. Ma nessuno
di studio, Gardone Riviera, 14-15-16 settembre 1973, a cura di E. Mariano, Milano, Il Saggiatore,
1976, pp. 56-57.
35
G. dAnnunzio, Taccuini, cit., pp. 617-618.
36
R. Barthes, La sorcire, in J. Michelet, La strega, Torino, Einaudi, 1971, p. XVII.
224
Ferrovie e stazioni adriatiche in dAnnunzio
Ritorner certo, nel Libro segreto, il quadro dei frammenti minimali dellesistente;
e lo correder la scoperta della volont di dire che li anima; ma accompagnati
luno e laltra da una precisa esigenza, che il taccuino prevedeva ma evitava
denfatizzare. Nessuno, si legge in questultimo, ha il dono di captare il linguaggio
del minore e del minimo. Ebbene quel dono, sta scritto nel Libro segreto, il
dAnnunzio lo possiede. di questo che gli preme rendere edotto chi legge:
delle proprie virt rabdomantiche, degli illimitati poteri della propria attenzione.
Se gli altri non intendono il linguaggio dellinsignificante, egli sa intenderlo; se
gli altri non sanno leggere, egli sa farlo: che poi, inutile dirlo, lennesimo modo
dincensare se stesso, di distinguersi dalla massa, di calarsi negli abiti e nel ruolo
del superuomo:
Restiamo in mezzo ai rifiuti della vita vile. scorie di male scorie? ecco un frammento di
utensile, un rottame di ghisa, un chiodo torto, una scatola di zinco vuota, un palmo di
spago, una scheggia, un trciolo.
Tutto mi parla, tutto segno per me che so leggere. in ogni cosa posta una volont di
rivelazione: una volont di dire, come significa la poesia. le linee espresse dallincontro
casuale degli oggetti inventano una scrittura ermetica.38
***
U drugoj polovici XIX. stoljea teme vezane za industrijsku revoluciju i za stroj ulaze
i u talijansku knjievnost, sporadino kod Carduccija (Inno a Satana, Alla stazione in
una mattina dautunno) i kod Pascolija a ee kod dAnnunzija.
U djelu pisca iz Pescare itav eljezniki svijet prvi put ulazi 1880. u noveli Cincinnato.
Tu e temu obraivati zatim na raznim mjestima u romanu Trionfo della morte (1894.),
gdje se opisuju abruceke stanice, u Taccuini i u Faville del maglio, gdje postoji lijepi opis
stanice u Anconi. Opis vredniji spomena je onaj stanice Lamothe (u zapadnoj Francuskoj) koji
se nalazi u Taccuini te je preraen za Libro segreto. Radi se o opisu koji ne izostavlja
nijedan detalj, ak i one najneznatnije i u kojem svaki fragment postojeeg uspijeva govoriti
vraajui znaenje beznaajnom.
37
G. dAnnunzio, Taccuini, cit., pp. 619-620.
38
Id., Libro segreto, cit., p. 1852.
225
(Ne)sklad ovjeka i prirode: otuenje likova u dva Tozzijeva
romana/ Discordanza tra luomo e la natura: lestraneazione
dei protagonisti in due romanzi di Tozzi
Nikica Mihaljevi
Sveuilite u Splitu
1. Uvod
U dosadanjim istraivanjima knjievne kritike dva Tozzijeva romana, Con
gli occhi chiusi i Il podere, dijelom su bila analizirana s autobiografskoga stajalita te
se u njima pokuavalo analizirati autorov odnos prema ocu. Ta autorova prozna
djela prouavalo se i sa stanovita kristologije na nain da je autor htio pokazati
da za neke likove ne postoji mogunost oprosta jer su oni od samoga poetka
predodreeni preuzeti ulogu rtvenoga janjeta u drutvenim odnosima, to ih
slijedi kao kazna za egoistinu usredotoenost na vlastiti unutarnji svijet1. Ovo
istraivanje, pak, polazi od studija u ekokritici prema kojima se pravila odravanja
ravnotee u prirodi prenose u drutvenu zajednicu stavljajui u sredite pozornosti
odnos izmeu ovjeka i prirode. Uslijed otuenja ovjeka od njegove drutvene
zajednice, on pokuava pronai stabilnost vlastitom postojanju u prirodi. Stoga
se Tozzijevi likovi ili vraaju prirodi koju su odbacili, ili je pokuavaju, usprkos
svemu, prihvatiti, no njihovo otuenje od prirode je uznapredovalo i ne moe
likovima osigurati spas i iskupljenje.
Pri analizi moramo uzeti u obzir i (ne)ekonominost odnosa izmeu likova
i njihove drutvene stvarnosti u spomenutim autorovim romanima. Tozzi je
svjestan odnosa meu klasama i situacije u kojoj se nalazi talijansko drutvo
poetkom 10-tih godina 20. stoljea kada nastaje ovaj roman, pa e oni likovi koji
ne usvajaju ekonomino ponaanje i ne potuju odnose vlasnitva te se ne znaju
snai u procesu industrijalizacije i urbanizacije koja preplavljuje sve pore drutva
morati biti rtvovani zbog nemogunosti preuzimanja uloge koje im je drutvo
namijenilo i nepotivanja odnosa vlasnitva i dominacije2.
Analiza u ovome radu preuzima, dakle, metodologiju teorije o knjievnoj
ekologiji koja polazi od temeljnih teza o ouvanju ravnotee u drutvu po
uzoru na harmonine odnose u prirodi te ih prenosi na interpretaciju teksta3.
1
Usp. F. Petroni, Ideologia del mistero e logica dellinconscio nei romanzi di Federigo Tozzi, Firenze, Luciano
Manzuoli, 1984.
2
Usp. isto.
3
Ovu metodologiju autorica ve primjenjuje u radu pod naslovom Bezvremenost i besprostornost
u novelama Frana Galovia, primjenivi je na analizu Galovievih novela (usp. Nikica Mihaljevi,
Bezvremenost i besprostornost u novelama Frana Galovia, u: Rije, Rijeka, Hrvatsko filoloko drutvo
Rijeka, 16/2010, 2, str. 189-206.).
226
(Ne)sklad ovjeka i prirode
ak i ono to osjeaju, likovi mjere opaajima oka7. Pietro tako od samog poetka
romana ivi u neprestanom polusnu8, odnosno okrenut tek vlastitom postojanju.
On se nalazi u stanju otuenosti od ostalih likova sve do zavretka romana kada
konano progleda9. U tom konanom suoavanju sa stvarnou Pietro e
otkriti sve ono od ega je dotad odvraao pogled i od ega je pokuavao pronai
4
O sljepoi svih likova ovoga romana pie Franco Petroni (usp. F. Petroni, Ideologia del mistero
e logica dellinconscio nei romanzi di Federigo Tozzi, nav.djelo.) koja im ne doputa da vide ita drugo
osim vlastite patnje te ih prisiljava da budu slijepi prema stvarnosti ostalih likova. Likovi ovoga
romana zatoeni su u ogranienjima vlastitih svjetova i okreu pogled od ostalih lanova
drutvene zajednice. Kazna takvom njihovom ponaanju bit e prinoenje rtve drutvu za
vlastito iskupljenje.
5
F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, u: Opere I. I romanzi, Firenze, Vallecchi, 1961, str. 29.
6
Isto, str. 106.
7
Egli provava lo stesso effetto di quando siamo sotto lacqua e non si possono tenere gli occhi
aperti; [] (Isto, str. 35.).
8
Ma Pietro era in unestasi che aumentava. Quasi parevagli di camminare sognando. (Isto, str.
151.).
9
Allora egli, voltandosi a lei con uno sguardo pieno di piet e di affetto, vide il suo ventre.
(Isto, str. 176.).
227
Nikica Mihaljevi
Ghsola lo guard come se proprio ci ridesse anche lei; e allora egli si mise a picchiare
calci a un ulivo, che era l, perch ella smettesse.11
Odnosi izmeu ta dva lika esto su popraeni opisima prirode, iz kojih je, pak,
mogue iitati isti hijerarhijski odnos12 kao i onaj koji je uspostavljen izmeu
Pietra i Ghsole, u kojemu jedan lik pokuava manipulirati drugim:
Ghsola si riavviava i capelli, tenendo in mano le forcelle per fargli vedere che eran
nuove; e, prima di rimettersele, con una alla volta gli buc le mani. Ma egli non si
mosse.
Si vedevano, fitti, piegarsi i fili derba in cima ai quali saltavano gli insetti.13
Iz odnosa meu likovima nadaju se, osim toga, temeljne suprotnosti izmeu
prirode (ivota na selu) i ivota u gradu, izmeu sna i jave, suprotnosti izmeu
konzervativnih stajalita seljaka i socijalistikoga sna o boljoj budunosti. Treba
10
Si entrava subito nellaia; con il pozzo da una parte e un pergolato a cerchio, sotto il quale
Domenico teneva, a stagione buona, una dozzina di conche con le piante di limone: il solo lusso
invece del giardino. Egli ne faceva un gran conto per, bench fosse una spesa che gli rendeva
poco. Molte volte, secondo lumore, non voleva n meno che Pietro le toccasse. (Isto, str. 7.).
11
Isto, str. 42.
12
U knjievnoj ekologiji takvi hijerarhijski odnosi nazivaju se vertikalnima jer je jedan drutveni
stale podreen drugom.
13
F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, nav. djelo, str. 42.
228
(Ne)sklad ovjeka i prirode
Sbarbava con una stratta tutte le piante che gli capitavano sotto mano, strappava i tralci
alle viti; o con un palo batteva un albero finch si fosse sbucciato. Staccava le zampe e
le ali ai grilli, e poi li infilava con uno spillo. Stava attento quando una nuvola era sopra
a lui; e, quandera trascorsa, ne aspettava unaltra quasi per farsi vedere.18
14
La sua trattoria! Qualche volta, parlandone, batteva su le pareti le mani aperte; per soddisfazione
e per vanto. Restato contadino, bench avesse presto mutato mestiere, era capace di pigliare a
pugni uno che non avesse avuto fede alla sua sincerit. (Isto, str. 3.).
15
Usp. F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, nav. djelo, str. 44.
16
Usp. F. Petroni, Ideologia del mistero e logica dellinconscio nei romanzi di Federigo Tozzi, nav. djelo, str.
39.
17
Per tutto un inverno, Pietro non rivide Poggio a Meli; udendone solo parlare tra il babbo e
gli avventori: viti nuove, vivai di frutti, sementi pi abbondanti; []. (F. Tozzi, Con gli occhi chiusi,
nav. djelo, str. 11.).
18
Isto, str. 11.
229
Nikica Mihaljevi
I u liku Ghsole vidi se dvojaki odnos prema prirodi: ona joj se istovremeno divi
i mrzi ju19:
Ghsola lo guard come se proprio ci ridesse anche lei; e allora egli si mise a picchiare
a calci a un ulivo, che era l, perch ella smettesse.22
19
Znakovito je da se u tekstu povezuju promjene u prirodi i uznemirenosti njezinih lanova
s nestalnou karaktera likova i promjenjivosti ivota: Vorrei parlare di questi indefinibili
turbamenti del marzo, a cui unita quasi sempre una sottile volutt, un desiderio di qualche
bellezza. [] E le foglie secche, che sono ancora sopra i grani germogliati, mescolando il pallore
della morte con il pallore della vita! Queste foglie di tutte le specie, che si trovano ancora sopra
lerbe per rinnovarsi; le piante potate, e i loro rami e i loro tralci, sparsi a terra, che saranno portati
via per sempre! E questi rami secchi tagliati dai frutti, che esitano ancora a fiorire su le rame
nuove! [] E questamore quasi matrimoniale e sconosciuto a noi di tutti gli esseri che saiutano;
e anche i loro odii! (Isto, str. 30.).
20
Isto, str. 16.
21
I suoi occhi neri sembravano due olive che si riconoscono subito nella rama, perch sono le
pi belle; quasi magra, aveva le labbra sottili. (Isto, str. 33.). Treba uoiti da nije sluajno da su
Ghsoline oi usporeene s maslinama, a da se kasnije, kada se osjeti uvrijeenim, Pietro osveuje
iivljavajui se upravo na drvu masline.
22
Isto, str. 42.
23
Ghsola, allora, le portava un mazzo di fiori, che, per averli, andava magari a rubare; e le faceva
gli augurii. (Isto, str. 48.).
24
Quando, in campagna, le portavano qualche fiore, non voleva tenerlo in casa; e loffriva alla
Madonna del Convento di Poggio al Vento. (Isto, str. 58.).
230
(Ne)sklad ovjeka i prirode
Pietro prediligeva i fiori di campo, i fiori sbiaditi dagli odori incerti e quasi rassomiglianti.
Non aveva mai pensato a quelli di giardino senza arrossire e sentirsi molto confuso.
Per abitudine, se ne empiva le tasche: margherite bianche e rosse, pisciacani gialli,
vecci sbiancate e rosee, rosolacci, ginestre, violette, rose di macchia, biancospini, fiori
di pisello selvatico.25
231
Nikica Mihaljevi
istovjetno ponaanje kod kojega svaki od likova eli nadmo nad drugim: Pietro
eli Ghsolu pokoriti vlastitoj volji, dok Ghsola manipulira Pietrom samo radi
njegova novca. Takvo ponaanje likova udaljava ih od uravnoteenih odnosa koji
vladaju u prirodi i postepeno ih vodi u neuspjeh. To se vidi u njihovom uvjerenju
da ne mogu biti onakvim kakvim ih onaj drugi eli, ali da isto tako ne mogu biti
onakvim kakvima ele biti:
Ella, dunque, era sua! Ma che le dava in cambio di tanta gioia? E perci le chiese:
Puoi amarmi anche tu?
Ghsola tacque, piegando la testa.32
Ora doveva guadagnare giorno per giorno; ma, pi affondava e si corrompeva nella
sua vita, e pi era in grado dapprezzare Pietro; appunto perch si sentiva addirittura
incapace di essere almeno unora come voleva lui.33
3. Il podere
Tozzijev roman Il podere pokazuje neke slinosti s romanom Con gli occhi chiusi.
Naime, i u ovom romanu jedan od likova postat e rtvom uslijed neuspjelog
pokuaja uspostavljanja odnosa s ostalim likovima i neprihvaanja njihove
stvarnosti. Ta rtva za Tozzija predstavlja jedini mogui odgovor za nasilje koje
proima sve odnose u drutvu i koje ga karakterizira jednako kao i hijerarhijski
odnosi. Tome treba dodati da e glavni lik ovoga romana jo dalje otii u otuenju
od drutva i u ustrajanju na neprihvaanju zakona vlasnitva, konkurentnosti i
soltanto perch era abbastanza ricco e poteva toglierla dalla sua condizione sempre malsicura.
(Isto, str. 163.).
32
Isto, str. 131.
33
Isto, str. 166.
34
Se non avesse temuto di far dispiacere a Ghsola, lavrebbe pregata, con tutta la dolcezza che
ne provava, ad uccidersi con lui. (Isto, str. 168.).
232
(Ne)sklad ovjeka i prirode
Da tutte e due le finestre aperte, laria odorosa della primavera entrava nella camera.
Le anatre schiamazzavano, sguazzando nel fango del fontone; e le galline, che nessuno
sera ricordato di governare, crocchiolavano forte.36
Jedna voka na posjedu simbolizira Remigiov ivot pred kojim se javlja mogunost
novoga poetka: stablo trenje. Po njegovu povratku na tom stablu ponu rasti
cvjetovi, a Remigio zna da nema izbora i da mora prihvatiti tu prirodu kao i
pravila kojima je odreena37. Ali, kada s te voke netko iznenada pokrade plodove,
35
Ipak, pojava oblaka na nebu upozorava da se u pripovijedanju nee sve odvijati kako Remigio
zamilja: Un mucchio enorme di nuvolette rosee si radun sopra i pioppi della Tressa, come
richiamato da quel suono. (Isto, str. 292.). I zaista, neprijateljski stav ostalih likova koji ive na
posjedu neprestano e oteavati Remigiu pokuaj uspostavljanja hijerarhijskih odnosa. U tome se
Remigio pokazuje odlunijim nego Pietro u Con gli occhi chiusi jer ga ne karakterizira onaj dvojaki
stav tipian za Pietra.
36
Isto.
37
Il ciliegio, dinanzi alla finestra, aveva messo le foglie; e i tralci delle viti, le gemme. I grani, dun
pallore quasi doloroso, luccicavano; perch la notte era piovuto. Tutte queste cose le aveva viste
anche i giorni innanzi; ma, quella mattina, cap che gli sarebbero piaciute per la prima volta; e che
233
Nikica Mihaljevi
Sui prati, che cominciavano a fiorire, passavano gli uccelli quasi sempre lungo la Tressa;
e una brancata, almeno di una quarantina, si pos sopra un salcio; empiendolo. Le
anatre uscirono dallacqua del fontone, dentro il quale serano capovolte e rovesciate
le fronde pi lunghe degli altri salici gi con le foglie verdi.39
I mandorli e i peschi, sparsi su per le colline, erano quasi invisibili nellombra della sera:
sebbene, sopra il sole tramontato, restasse una luce limpida a rischiarare quasi la met
del cielo. Un branco di avvinazzati pass, cantando. Dietro un barroccio, un gregge di
doveva amarle, perch non cera altro per lui. (Isto, str. 294.).
38
Nellaria cera la giovinezza; e Remigio sentiva attaccarsi ad essa. [] ma, senza volere, dava
occhiate di rammarico a quel ciliegio che il giorno avanti era tanto bello. (Isto, str. 336.).
39
Isto.
40
To je osobito vidljivo u navodima: Una mattina, fece il giro di tutto il podere, solo; camminando
sempre sul margine dei confini. Vide i prati, ma non sapeva di che seme fossero; vide la biada e
il grano, i filari delle viti e gli olivi: per non piangere, torn subito a casa; [] Non sapeva che
fare; si sentiva solo troppo e senza denari; [] (Isto, str. 320.). i E torn su laia; con la voglia
di piangere. (Isto, str. 338.).
234
(Ne)sklad ovjeka i prirode
pecore emp tutta la strada; e il cane si ferm a fiutare lo spigolo della capanna sciupato
dai mozzi delle ruote.
Solo! Era solo!41
Ma il sole era tornato, e i pioppi parevano pi belli e pi verdi. Avevano sentito quella
rinfrescata e ne godevano. Lungo qualche filare, erano nati i girasoli; grandi e gialli46.
235
Nikica Mihaljevi
Ma bench non avesse pi pensato a Dio da tanti anni, non poteva credere che Dio
volesse annientarlo a quel modo. Che cosa aveva fatto di male? Perch non poteva
esistere anche la sua volont? [] Anche egli, ora, poteva morire, e nessuno lo avrebbe
rimpianto. Mentre la Casuccia, a ogni primavera, ridiventava verde e fresca; e i pioppi
di Tressa si innalzavano sempre di pi. Ora, sentiva la sua miseria!49
4. Zakljuak
Analiza dva Tozzijeva romana pokazuje da autor kroz odnos glavnoga
lika prema prirodi izgrauje odnose meu likovima. Tozziju je vana ravnotea
odnosa u prirodi, ali je svjestan da te iste odnose ne moe ostvariti u drutvenoj
zajednici. Takav autorov stav pojaava osjeaj uzaludnosti kojoj su likovi izloeni:
togod oni uinili, nee moi ostvariti harmoniju u ivotu, nego e njihov nain
ivota u konanici biti osuen na propast, a oni sami e postati rtvom drutva.
Ova dva romana objavljena 1919. godine (Con gli occhi chiusi) i 1920. (Il podere)
pokazuju stanje otuenosti pojedinca kojoj je izloen pri odlasku sa sela u grad
47
colpa mia? Non dico questo; ma, sai, per mandare avanti un podere, bisogna intendersene!
Mi aiuti lei! Io a tu per tu con i contadini non mi ci metto.- Allora, mi dica come devo fare io.-
Io sono una donna, e invece tuo padre si faceva rispettare e li teneva a dovere. (Isto, str. 353.).
48
[] allora, sent che cominciava unaltra giornata: ne sent, chiaramente, lo stacco e la
differenza. Il gallo cant unaltra volta; e Remigio quasi ebbe paura di non essere pi in tempo a
ricominciare la vita con tutti gli altri uomini. (Isto, str. 416.).
49
Isto, str. 439.
236
(Ne)sklad ovjeka i prirode
***
In questo articolo ci si concentra su due romanzi di Federigo Tozzi, Con gli occhi
chiusi e Il podere, analizzando in essi il rapporto tra luomo e la natura e parallelamente la
possibilit di rispettare i rapporti che mantengono lequilibrio nella natura e di applicarli nella
societ. A differenza delle ricerche svolte fino ad oggi, che hanno affrontato lopera letteraria
di Tozzi dal punto di vista della psicanalisi e della cristologia, questa ricerca parte dalla
crisi didentit delluomo verificatasi dopo lurbanizzazione e lindustrializzazione. Crisi che,
dopo aver scombussolato i rapporti sociali, lha portato allalienazione non solo dallambiente
naturale, ma anche da se stesso e dallaltro. In questo intervento viene analizzato il tentativo
dellautore di superare la crisi e viene approfondito limpegno del protagonista e dei personaggi
nel risolvere il loro dissidio interiore e il senso di estraneazione allinterno della societ attraverso
il tentativo di ristabilire rapporti equilibrati con la natura. Ma considerato che il fondamento
di tutti i rapporti in questi romanzi la violenza, essa non potr essere superata nemmeno
con latteggiamento critico in senso ecologico dei protagonisti. Nel loro destino si riconferma la
convinzione di fondo dellautore secondo il quale la redenzione dei peccati e il perdono non sono
possibili per tutti i membri della societ dato che alcuni di loro sono fin dallinizio predestinati
al sacrificio e ad esserne vittime.
Literatura
237
Nikica Mihaljevi
238
Il ruolo degli stereotipi culturali nella costruzione dellimmagine
della Croazia nella letteratura e pubblicistica italiana degli anni
Novanta/ Uloga kulturnih stereotipa u konstruiranju slike
Hrvatske u talijanskoj knjievnosti i publicistici devedesetih
godina
Katarina Dalmatin
Sveuilite u Splitu
Introduzione
Nellarticolo si analizza il ruolo di alcuni eterostereotipi italiani sui Balcani
nella creazione dellimmagine della Croazia e della sua identit culturale nella
pubblicistica e nella letteratura italiana degli anni Novanta. Il procedimento
metodologico proposto limagologia, un campo di studio della comparatistica
letteraria che si occupa delle immagini letterarie stereotipate sui paesi o le
nazioni straniere (eterostereotipi) o sul proprio paese e nazione (autostereotipi)1.
Nellambito dellimagologia le immagini sul carattere o lidentit di una nazione
non sono percepite come immagini mentali che una nazione crea di unaltra ma
come costruzioni discorsive (create dalle diverse fonti) soggettive che circolano
nella societ e formano col tempo modelli nazionali stereotipati2. In tale contesto
la prospettiva principale dellimagologia diventa la teoria degli stereotipi culturali
e nazionali e non la teoria dellidentit culturale o nazionale. Il suo vero campo
sta al di fuori del campo degli enunciati sulla realt che sono empiricamente
verificabili, e va cercato nella sfera dellimmaginario3.
Modelli stereotipati dei Balcani e della costa orientale dellAdriatico nel discorso semiorientalistico
italiano
La dissoluzione della Jugoslavia e la creazione dei nuovi stati indipendenti
1
Il contributo pi significativo allelaborazione teorica dellimagologia va cercato nei testi degli
imagologi francesi, D. H. Pageaux e gli autori della cosiddetta scuola di Aachen: H. Dyserinck,
M. S. Fischer, K. U. Syndram, J. P. Leerssen. Lapproccio imagologico in Italia praticato da M.
Beller allUniversit di Bergamo e P. Proietti allUniversit di Milano.
2
J. P. Leerssen nel saggio Limagologia: la storia e il metodo sottolinea la necessit della distinzione
dellimagologia dalla sociologia visto che il vero fine della prima non capire la societ, ma il
discorso attraverso il quale essa viene rappresentata.
3
Lenunciato La Francia una repubblica non immaginario per s, ma lenunciato I francesi
sono individualisti, amanti della libert immaginario. La differenza tra il discorso immaginario
e gli enunciati informativi verificabili non sempre evidente e qualche volta si richiede una
grande perspicacia interpretativa. In genere, il discorso immaginario a) individua una nazione dal
resto dellumanit come diversa o tipica per qualcosa b) articola o suggerisce una motivazione
collettiva-psicologica o morale delle caratteristiche nazionali o sociali.
239
Katarina Dalmatin
nel suo territorio allinizio degli anni Novanta del Novecento crearono nei mass
media occidentali un bisogno urgente di offrire al pubblico interpretazioni giuste
dei conflitti in corso. Invece di affrontare in maniera seria i fenomeni politici e
ideologici che causarono i conflitti, spesse volte si ricorso a semplificazioni
pericolose, basate sul discorso balcanistico e alcuni stereotipi creati nei contesti
storici e geopolitici completamente diversi da quelli che generarono i conflitti in
Croazia.
Di questi modelli stereotipati si occupato recentemente un italianista
croato, N. Raspudi, che nel libro Semiorientalismo transadriatico4 analizza il discorso
semiorientalistico italiano sulla costa orientale dellAdriatico. Secondo lo studioso,
questo discorso si era formato gi entro il programma imperiale dellilluminismo
veneziano incentrato sui Morlacchi, ma veniva perpetuato e rafforzato entro una
tradizione ininterrotta nei diversi contesti politici e storici fino ai giorno nostri.
La sua caratteristica principale consiste nella forte tendenza a rappresentare la
realt della costa orientale dellAdriatico attraverso una semplice proiezione di
alcune immagini stereotipate entro le quali si cerca ulteriormente di racchiudere
una realt molto pi complessa5. Raspudi sottolinea che il maggior problema
di questo discorso sta nel fatto che il mondo reale non mai stilisticamente
tanto compiuto quanto piacerebbe agli scrittori semiorientalisti, che perci
sono sempre obbligati a inventare gli anelli della catena che mancano. Questi
procedimenti portano spesse volte a gravi errori storiografici, che permettono di
avviare le analisi di alcuni testi di Paolo Rumiz e Arrigo Petacco verso la ricerca
dello sfondo ideologico che orienta le loro strategie interpretative.
4
N. Raspudi, Prekojadranski poluorijentalizam, Zagreb, Naklada Juri, 2010.
5
Ibid., p. 408.
6
M. Todorova, Imaginarni Balkan, Beograd, Biblioteka XX vek, 1999.
240
Il ruolo degli stereotipi culturali
7
Todorova sottolinea che nel discorso balcanistico lo spettatore occidentale accusa i popoli
balcanici di essere razzisti e dallaltra egli stesso si abbandona a giudizi razzistici nei confronti di
quei popoli. Ibid., p. 323.
8
Ribadiamo che parlare di Balcani in generale, senza conoscere il contesto della realt geopolitica
cui ci riferiamo e con la pretesa di assimilare nella definizione realt ad essa estranee, operazione
insensata anche se abituale: utile solo a chi rifugge dalla fatica (peraltro modesta) di distinzioni
che darebbero almeno una parvenza di seriet a affermazioni di apodittica superficialit, di marca
banalmente giornalistica (nel senso deteriore della parola) o interessatamente propagandistica o
furbescamente diplomatica: G. Mascioni, Le nazioni slave del sud, p. 32 (libro inedito).
9
Ibid., p. 54.
241
Katarina Dalmatin
della Penisola balcanica10 e non allintero territorio dei Balcani geografici. Tre
anni dopo Mascioni, cercando di estrapolare una base reale della costruzione dei
Balcani, Todorova arriva a una simile conclusione, ritenendo che i Balcani
rappresentano per lo pi leredit ottomana, visto che gli elementi ottomani
causarono per lo pi la creazione di questi stereotipi11.
Paolo Rumiz, giornalista triestino, tematizza la questione dei Balcani
immaginari in Maschere per un massacro, nel capitolo Dove sono i Balcani.
Secondo lui, la provenienza occidentale di questa costruzione immaginaria e la
sua applicazione flessibile e arbitraria si scopre al meglio nel rifiuto di tutti i
popoli che abitano la Penisola balcanica di identificare se stessi con lOriente.
Il fatto che tutti rimettono il confine di questo oriente immaginario al proprio confine
orientale, porta Rumiz alla conclusione che esso non esiste realmente, perch si trova
dappertutto e da nessuna parte. Anche se Rumiz, almeno in apparenza, condivide con
Mascioni lintenzione di allontanarsi dal discorso balcanistico, le sue conclusioni
nascondono almeno due premesse discutibili. La prima riguarda lidentificazione
tra lOriente e i Balcani, la seconda la possibilit di creare una tale conclusione
in base alle identit nazionali di stati che stanno solo in parte nella Penisola
balcanica12.
242
Il ruolo degli stereotipi culturali
14
Rumiz rifiuta lo stereotipo dellodio secolare tra Serbi e Croati sottolineando che prima della
guerra tra Zagabria e Belgrado non cerano pi antagonismi che tra Napoli e Bologna (P.
Rumiz, Maske za masakr, Zagreb, Durieux, 2000, p. 85).
15
Nella metafora iniziale di crocevia, con la quale viene descritto questo paese allinizio del libro
(una realt cosmopolitica irresistibile) lui non trova soltanto aspetti positivi ma anche molti
negativi, visto che gi negli anni Ottanta si sentivano le diversit nazionali che crescevano (Ibid.,
p. 37).
16
N. Raspudi, Orijentalistika nadriantropologija P. Rumiza, in Prekojadranski poluorijentalizam, cit.,
pp. 376-397.
243
Katarina Dalmatin
era violata a favore dei Serbi minoritari17. In tale contesto la sostituzione dei
partigiani serbi di Lika con quelli croati di Erzegovina come suo unico motivo
pu avere la creazione dellillusione falsa della parit di diritti etnica che nella
Croazia del dopoguerra non esisteva.
244
Il ruolo degli stereotipi culturali
245
Katarina Dalmatin
rappresenta anche una specie di specchio nel quale si discernono meglio le vere
cause dellidentit dalmata debole e disseminata. Esse sono cercate soprattutto
nella mancanza di periodi pacifici lunghi e della continuit del potere necessaria
ad assicurare lo sviluppo economico e culturale. Nel caso di Dubrovnik, la
sfavorevole posizione al confine tra la Serenissima e lImpero Ottomano non
ostacol la creazione dellidentit forte ma al contrario, proprio grazie ad essa,
la citt prosper economicamente e culturalmente. Sottolineando la superiorit
culturale di Dubrovnik rispetto al resto della Dalmazia, Bettiza si allontana dal
discorso semiorientalistico sulla Dalmazia che attribuiva tutti i conseguimenti
culturali della Dalmazia allinflusso diretto della Serenissima.
Conclusione
Le analisi dei testi scelti di Petacco, Rumiz, Bettiza e Mascioni svelano diverse
strategie discorsive nellelaborazione di alcune immagini stereotipate dei Balcani e
della costa orientale dellAdriatico nella rappresentazione della Croazia e della sua
storia recente. A differenza di Petacco e Rumiz che riproducono molti elementi
del discorso balcanistico e semiorientalistico transadriatico, i testi di Bettiza e
Mascioni tendono alla decostruzione delle loro immagini stereotipate basandosi
sulle analisi dei fattori politici e economici che portarono alla dissoluzione della
Jugoslavija.
***
Riferimenti bibliografici
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Literary Representation of National Characters, a cura di M. Beller e J. Leerssen,
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Il ruolo degli stereotipi culturali
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Syndram K. U. , The Aesthetics of Alterity, Literature and Imagological Approach, in
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Todorova M., Imaginarni Balkan, Beograd, Biblioteka XX vek, 1999.
247
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende. Il mondo adriatico di
Giacomo Scotti/ Putovanja, narodni obiaji, povijest, bajke i
legende. Jadran u djelima Giacoma Scottija
248
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
la straordinaria capacit creativa del Nostro, che ha alle spalle una navigazione
letteraria tra le pi feconde e avventurose della sua generazione. Difatti, nel corso
di unattivit pluriennale, Scotti ha pubblicato oltre un centinaio di opere in Italia
e Croazia, stato tradotto in una ventina di lingue ed stato inserito in molte
antologie poetiche.
Nato nel 1928 a Saviano, in provincia di Napoli, in una numerosa famiglia di
umili origini contadine, Giacomo Scotti ha trascorso uninfanzia irta di difficolt.
Nel 1947 si stabilito a Fiume, dove ha esercitato per oltre un trentennio la
professione di giornalista del quotidiano La Voce del Popolo presso la Casa editrice
EDIT e di pubblicista su molte riviste, anche straniere. Uomo dal temperamento
caparbio e focoso, figlio del meridione italiano e fiumano per libera scelta
individuale, com solito dire, pellegrino di peccati e santo dogni avventura,
come si autodefinisce, Scotti protagonista da oltre un sessantennio del processo
di conservazione della memoria e della cultura italiana nellarea istro-quarnerina,
un processo iniziato nellimmediato secondo dopoguerra dopo lesodo di gran
parte della popolazione di lingua e cultura italiana. Per il contributo dato nel campo
della letteratura, della saggistica, della traduzione e del giornalismo, per limpegno
profuso nellintento di rafforzare i rapporti culturali e di collaborazione tra
Croazia e Italia, Scotti stato insignito di numerosi riconoscimenti internazionali
tra i quali: Scritture di frontiera Umberto Saba nel 2004; Calabria 2005, Sigillo
dOro e la cittadinanza onoraria di Monfalcone nel 2005; lOrdine della Stella
della Solidariet italiana con lOnorificenza di Commendatore nel 2006. A questi
si aggiungono il Premio Fulvio Tomizza nel 2007 e il Premio Opera Omnia
conferitogli nello stesso anno dalla Regione quarnerino-montana, il premio
Opera Omnia Citt di Fiume, assegnatogli nel 2008 dalla citt dadozione.
Quelli nominati sono solo i riconoscimenti pi significativi conferiti a Scotti, che
attestano come, in tempi di pericolose contrapposizioni di fedi e civilt, venga
apprezzato il suo ostinato tentativo di cercare e trovare nelle pieghe della storia i
segni di una convivenza possibile e di fatto gi realizzata tra le genti.
Scotti ha mosso i primi passi nella poesia. Ha pubblicato le prime sillogi agli
inizi degli anni Sessanta dello scorso secolo. Da allora la sua bibliografia poetica si
arricchita di una significativa produzione riunita in molte raccolte tra le quali Se
il diavolo nero (1963), Un altro mare un altro giorno (1969), Ghe voio ben al mar (1971),
in vernacolo fiumano, Bandiera di salvezza (1976), Nellumile occhio delluomo (1978),
Colore darancio (1981), Il cuore della vita (1992), Soffrendo per la Croazia (1993), In viaggio,
la vita (1994), Cercando fiumi segreti (2000), La memoria di pietre e altre poesie (2004).
Una selezione della migliore produzione poetica scottiana, che stata in gran
parte tradotta in lingua croata, racchiusa tra le copertine dellantologia Biljeke
za biografiju/ Appunti per una biografia, pubblicata in edizione bilingue italo/croata
nel 2001 dal Centro editoriale di Fiume. Nel volume le liriche sono assemblate in
249
Elis Deghenghi Oluji
250
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
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Elis Deghenghi Oluji
questo, anche quando ricerca nel passato, pensa al presente e spera nel futuro,
e in qualche modo gi lo prefigura. La sua opera si colloca pertanto sul piano
epico-fondativo come un contributo a quel processo gi iniziato di costruzione
di una Europa adriatica, come sottolinea in Un mare, due sponde. LAdriatico dai
miti alla storia contemporanea: scambi di merci, di uomini, di lingue e di culture.
Laspetto che maggiormente colpisce nelle opere sopra elencate, lincredibile
capacit di Scotti di non perdersi, bens di districarsi abilmente nel groviglio di
un enorme corpus bibliografico e documentale, che si allarga fino a comprendere
il campo dellarcheologia e dellarte, dellantropologia e della cartografia, e spazia
nelle fonti letterarie, toponomastiche e linguistiche. Oltre che come fattore
mitopoietico, ovvero come creatore di immagini poetiche, per Scotti lAdriatico
un motivo antropologico, che intride di s la cultura, il pensiero e lagire. Va
inoltre rilevato che la sua ricerca sempre sorretta da unutopia buona che, tra
le tante tracce reperite negli anfratti della storia, gli consente di distinguere ed
evidenziare quelle che attestano lincontro e linevitabile mescolanza tra le civilt
che si affacciano sul comune mare nostrum. Quando diciamo che lautore persegue
nella ricerca di testimonianze che confermino lo scambio e laccoglienza piuttosto
che esasperare le differenze che pur ci sono, ci non vuol dire che egli neghi
la presenza di divisioni e violenze, che non metta in conto gli appetiti politici,
lo sfruttamento delleconomia, lottusit intellettuale. Il suo sguardo incantato
va per sempre oltre, e la sua mente perennemente protesa a riannodare e a
rinsaldare il filo spezzato di un percorso unitario, a cercare un punto dincontro
che egli riesce a trovare sempre, anche nei momenti pi difficili della storia.
chiaro che per Scotti il primo impegno di un intellettuale di farsi memoria
del passato, e di essere al contempo testimone del presente, per migliorarlo alla
luce degli esempi positivi che il passato offre. Ed per questo che in mezzo al
frastuono del risveglio nazionale cerca conforto nelle voci che inneggiano alla
fratellanza, che riconoscono il comune diritto alla libert e alla lingua, tra le quali
spicca, per esempio, quella del dalmata Tommaseo, e di altri intellettuali italiani
tra Ottocento e Novecento. Operando con questo spirito, lAdriatico che Scotti
ama e ci fa amare, un mare concepito come una sorta di lunga autostrada di
collegamento nel cuore dellEuropa, una pianura dacqua dominata dalla variet.
Un mare che sembra ed un lago, che ha coste dogni specie, abitate per da
uomini uguali, anche se parlano lingue diverse. Uomini che amano lo stesso
mare, si riconoscono figli dello stesso amore, perch comuni sono le loro
origini lontane, sono fratelli3.
Un mare, lAdriatico, che rappresenta un corridoio naturale che unisce e al
tempo stesso divide quasi ottomila chilometri di coste, con una natura che ricalca
3
G. Scotti, Fiabe e leggende del Mar Adriatico. DallIstria alla Dalmazia, allItalia, Treviso, Edizioni
Santi Quaranta, 2005, p. 8.
252
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
253
Elis Deghenghi Oluji
rientrava nellordine del possibile. Ci fu chi, come il capitano Luigi Ferdinando Marsili (1680-
1730), fondatore dellIstituto delle scienze di Bologna, fece tesoro della cattivit riportando a
casa, con la pelle, molte informazioni geografiche preziose ed ignote allOccidente. Informazioni
entrate a far parte dei suoi studi oceanografici che utilizzarono, ancora una volta, lAdriatico
come laboratorio, come microcosmo dei grandi mari.
7
Scotti riassume le imprese del Barbarossa nel quarto capitolo dellopera I pirati dellAdriatico,
intitolato Turchi e corsari da terra et da mar (pp. 83-107). Le imprese di Barbarossa e dei suoi fratelli
sono state allorigine stessa della potenza marinara turca. A p. 92 Scotti scrive: La storiografia
turca piena delle gesta dei grandi corsari ottomani del 500, segnatamente del Barbarossa, le cui
movimentate vicende sono estesamente narrate, in prosa e in versi, da un certo Syyd Murad o
Muradi, che le ha apprese dalla bocca dello stesso Barbarossa e per propria diretta esperienza.
Di seguito, esibendo una rara capacit affabulatoria, Scotti racconta come un cantastorie le pi
celebri e sanguinose imprese del pirata, che terminarono solo con la sua morte avvenuta nel
1546.
8
Agli Uscocchi, Scotti dedica il quinto capitolo della ricerca condotta ne I pirati dellAdriatico,
intitolato Uscocchi e Venturini: dallAdriatico a Lepanto, pp. 109-138.
254
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
9
G. Scotti, I pirati dellAdriatico, Trieste, LINT, 2001, p. 139.
10
Ibid. A pagina 153, a proposito della partecipazione dei dalmati alla battaglia, Scotti precisa:
La sola citt di Zara ha dato dieci tra galee e galeazze. Complessivamente le citt dalmate sono
presenti con sette galee e sei galeazze, queste ultime appena costruite, fornite di pochi remi ma
di molte vele.
11
Ibid., p. 140.
12
Ibid.
255
Elis Deghenghi Oluji
Oltre alla battaglia di Lepanto, un altro storico scontro in Adriatico tra flotte
navali avverse stato quello che si consumato nelle acque di Lissa. In Lissa
1866. La grande battaglia per lAdriatico, sulla traccia di fonti austriache e croate, ma
senza trascurare quelle italiane, Scotti ricostruisce e descrive nei minimi particolari
la cruenta battaglia svoltasi il 20 luglio del 1866 nel corso della terza guerra
dindipendenza, quando si affrontarono le flotte italiana ed austriaca. Come in
Vele di ventura, I pirati dellAdriatico e Lupi di mare sotto le vele, anche in questopera
vengono abbattute le frontiere tra storiografia e letteratura. Difatti, davvero
mirabile la capacit di Scotti di tenere in mano ben salde le redini del racconto
che non perde il suo carattere narrativo, per quanto basato sulla consultazione
di un enorme corpus bibliografico e documentale, ampliamente citato e inserito
nella filigrana del racconto.
Se riusciamo ad immaginare [] larcipelago della Dalmazia centrale
come una flotta pietrificata, Lissa ne il bastimento di punta, puntualizza
Scotti nellopera succitata, ponendo in evidenza limportanza strategica dellisola
e motivando le ragioni della battaglia nella quale, nonostante la superiorit
numerica, la flotta italiana riport una rovinosa sconfitta, che cost al comandante,
lammiraglio Persano, un processo davanti allalta corte di giustizia e la radiazione
dalla marina. Dopo quella battaglia, entrata nella storia come la prima affrontata
dalla flotta militare del neocostituito Regno dItalia e come il primo scontro di
navi corazzate che la storia della marina militare ricordi, lisola, gi veneziana come
lintera Dalmazia fino al 1797, fu austriaca fino al 1918. Con la vittoria di Lissa,
lAustria si assicur il dominio sullAdriatico orientale. Nella bibliografia, con la
puntuale precisione dello storico, Scotti inserisce lelenco delle opere e delle fonti
archivistiche consultate. NellIntroduzione precisa invece che quella che racconta
nelle pagine del libro una storia smitizzata13, che tende a puntualizzare in
particolare come quella di Lissa [] fu anche una battaglia europea, nel senso
che contro gli italiani non si batterono soltanto gli austriaci, ma rappresentanti di
tutti i popoli dellimpero austro-ungarico e, quindi, tedeschi, boemi, ungheresi,
croati, italiani ed altri14. In particolare, il grosso degli equipaggi austriaci
era costituito da dalmati, istriani, veneti e triestini. Wilhelm von Tegetthoff, il
comandante in capo della flotta austriaca, allepoca appena trentanovenne ma
pieno di entusiasmo e animo combattivo, guidava un equipaggio eterogeneo,
costituito da uomini appartenenti a un mosaico di nazionalit. Nonostante questa
singolare situazione, Tegetthoff [] non ebbe problemi di discordie, invidie,
disistima e rivalit tra gli alti ufficiali di svariate provenienze regionali, e pot
contare anche sulla [] compattezza fra i marinai nonostante il caleidoscopio
13
G. Scotti, Lissa, 1866. La grande battaglia per lAdriatico, Trieste, LINT, 2004, p. 6.
14
Ibid.
256
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
delle etnie 15. Nel capitolo I nemici parlavano il dialetto veneto, Scotti puntualizza che
su un totale di 7.871 uomini che presero parte alla battaglia sotto la bandiera della
bicipite monarchia, ben 5.000 marinai e sottufficiali erano triestini, istriani, veneti
e dalmati. Potrebbe sembrare un paradosso parlare di elevato spirito nazionale
della flotta austriaca, trattandosi di equipaggi di un Paese plurinazionale. Eppure,
sottolinea Scotti, [] quegli equipaggi erano molto pi saldi e omogenei degli
italiani poich erano reclutati quasi esclusivamente tra le popolazioni dalmato-
istriane della costa, le quali parlavano tutte lo stesso dialetto veneto, del quale si
servivano anche i croati, e avevano lorgoglio della loro discendenza dalla gloriosa
Marina veneta. [] Erano uomini di mare fin dalla nascita, preparati allaspra vita
e coraggiosi. Furono essi la vera forza della flotta imperial-regia []16. A pagina
175, Scotti accenna al giudizio espresso da Gabriele DAnnunzio, che minimizz
lesito della battaglia definendola una gloriuzza. Su questa gloriuzza degli
uni o sconfitta per gli altri, allepoca fior tutta una letteratura giornalistica alla
quale, ricorda Scotti, ancora oggi attingono i ricercatori (I veleni di Lissa, pp.
175-179)17.
Con limmaginazione si possono visitare luoghi lontani o vicini, spesso
ricostruiti dalle atmosfere del racconto orale di estrazione popolare. Si pu
viaggiare solcando le onde della fantasia e non solo quelle della distesa equorea.
Assecondando questa propensione, nellopera Fiabe e leggende dellIstria, raffigurando
unIstria fiabesca popolata da streghe e fate, Scotti incanta il lettore con il
ritmo accattivante e colloquiale del cantastorie, e lo accompagna in un viaggio
attraverso lIstria adriatica e le sue contrade interne, sostando nel Carso e nella
Ciciaria. Lautore prosegue lo stesso discorso in Fiabe e leggende del Mar Adriatico.
DallIstria alla Dalmazia, allItalia. Lelegante volume, che fa parte della collana
i ciclamini18, riporta in copertina la tempera Imago adriatica (2005) del pittore
fiumano Bruno Paladin, uno dei pi rappresentativi ed apprezzati artisti italiani di
Croazia e Slovenia. Attraverso una sequenza di fioretti popolari raccontati con
brio e delicatezza, musicalit e umorismo, in unopera che rappresenta un inno
alla fraternit tra gli uomini, Scotti rende omaggio alle genti adriatiche delle due
15
Ibid., p. 182.
16
Ibid., pp. 184-185.
17
risaputo che Emilio Salgari ha fatto del mare lo scenario di molti suoi romanzi. Il suo progetto
di letteratura avventurosa ebbe una giustificazione pedagogica nel fatto che, allindomani della
cosiddetta terza guerra di indipendenza, lo scrittore veronese ritenne vergognoso per un paese
circondato da tre lati dal mare essere sconfitto in una battaglia navale, la battaglia di Lissa, per
lappunto. Egli voleva educare i giovani italiani ad amare e padroneggiare il mare e a rafforzare il
sentimento di eroismo e lardimento, visto che la generazione precedente a suo avviso aveva dato
preoccupanti segni di rammollimento.
18
Oltre ai due lavori di Scotti sopra citati, nella stessa collana sono state pubblicate finora le
seguenti opere: Laura Simeoni, Fiabe e leggende del Piave e Fiabe e leggende del Montello; Francesca
Orlano, Fiabe e leggende del Monte Cavallo.
257
Elis Deghenghi Oluji
sponde, e costruisce un ponte ideale tra le rive del comune mare nostrum. Perch
storie, miti e leggende, che Scotti chiama indicativamente storie migranti,
transitano dalluna allaltra sponda dello stesso mare e contribuiscono anchesse
ad abolire le distanze. Nella prefazione, intitolata suggestivamente Un mare che
unisce, Scotti scrive:
Marinai, portuali, pescatori, mercanti marittimi delle due sponde adriatiche si portano
addosso gli stessi odori dei porti, la salsedine dello stesso mare; conoscono le medesime
tempeste, gli stessi venti e marosi, le stesse correnti. In osteria ed a casa raccontano
storie e favole che si somigliano: sono storie migranti, transitano dalluna allaltra
sponda dello stesso mare19.
facile lasciarsi trasportare dal fruscio delle onde, abbandonarsi alle correnti del
mare, ascoltare con stupore leco di tempi lontani, uneco rievocata dallautore-
narratore nelle pagine di questo libro affascinante. Nella prefazione Scotti spiega
e argomenta le finalit di questa operazione di recupero del passato:
Vi parler di questo mare attraverso favole, miti e leggende che allacciano i millenni.
Ve ne parler stando seduto su uno dei suoi litorali. E chi sta su una sponda non pu
chiudere gli occhi di fronte alla sponda che gli sta davanti. Dallaltra gli giungono gli
echi, i colori, i venti. Leggendo le fiabe, i miti e le leggende raccolte sulla mia riva
troverete echi, colori della vostra riva del mare. E forse un poco modificati miti,
leggende e fiabe delle vostre coste20.
Come in ogni storia che si rispetti, bisogna partire dagli inizi. Cera una volta,
in una terra chiamata Illiria, abitata da popoli felici, una famiglia composta dalla
madre Bora, dal padre Scirocco e dai figli Velebit e Adria. La loro idilliaca esistenza,
come di tutta lIlliria, fu sconvolta dalla malvagit di un mago che imprigion i
due giovani. Per liberarsi, essi pagarono un caro prezzo: il ragazzo divenne un
sasso, ossia la catena montuosa del Velebit, mentre la fanciulla si tramut in
mare. Di conseguenza, Bora e Scirocco, i loro genitori, si trasformarono in venti
impetuosi, per scacciare gli spiriti malvagi e per proteggere Adria dalle grinfie
del mago. Cos, tutta la regione torn a sorridere, racconta Scotti in Le origini
dellAdriatico, che nella sezione intitolata Dentro il mito, chiarisce ulteriormente
il motivo che lha spinto a realizzare il lavoro. A pagina 15 scrive: LAdriatico,
quasi un golfo nel Mediterraneo, era certamente una delle vie pi importanti
del commercio, della navigazione e della cultura. Non c da stupirsi, perci, se
insieme alle rotte, vi fiorirono leggende di viaggi avventurosi e racconti popolari
19
G. Scotti, in Un mare che unisce, prefazione a Fiabe e leggende del Mar Adriatico. DallIstria alla
Dalmazia, allItalia, Treviso, Edizioni Santi Quaranta, 2005, p. 8.
20
Ibid.
258
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
259
Elis Deghenghi Oluji
260
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
dichiarava che lisola era il simbolo dellanima dei cristiani. Ma anche dal punto
di vista storico le isole dalmatiche funzionarono da antesignane delle grotte
eremitiche siriache ed egiziane. Infatti, stato un dalmata, San Gerolamo, il primo
teorico di questo modello di vita spirituale, e provenivano da queste isole i primi
monaci fondatori degli eremi marchigiani come San Marino di Erbe, scalpellino,
divenuto eremita sul monte Titano e fondatore di San Marino, e San Leo. Le
isole funzionavano in mare, infatti, come le grotte delle montagne carsiche degli
Appennini. Ma anche la storia della rappresentazione urbana dalmata e albanese
ricca di mitologie analoghe, a partire dal mitico scoglio di Skanderberg a Kruja,
in Albania, imprendibile avamposto contro i turchi. Anche se collocato sulla
terraferma, il castello funzionava secondo il modello adriatico: un sistema di
punti con poco territorio, una rete di valori legati dalle linee lossodromiche,
quelle tirate lungo gli assi delle rose dei venti sulle carte portolaniche.
Queste ed altre riflessioni sono nate dalla lettura de Larcipelago di luce,
lisolario di Scotti, in cui lautore naviga tra le isole che costituiscono la polinesia
di Spalato, quelle della Dalmazia centrale, la Dalmazia delle meraviglie, e le
racconta splendidamente in un testo che scorre via liscio, di agevole lettura. Il
libro amplia ulteriormente lelenco di quei lavori che Scotti ha dedicato agli eventi
storici, alle culture e alle genti dellAdriatico. un diario di viaggio, che ci viene
raccomandato da Predrag Matvejevi, autore della prefazione. Come sottolinea
il prefatore, si tratta di un testo di natura poliedrica, che sfugge a qualsiasi
classificazione. un gradevolissimo petit tour in una frazione dAdriatico, un
testo coinvolgente, che cattura il lettore in una rete di passioni e suggestioni.
al contempo un resoconto di viaggio, un itinerario sentimentale, un percorso a
tappe attraverso la storia e larte, ma anche un racconto, unopera di narrativa che
attraversa usi e costumi, fiabe e leggende. Ci imbarchiamo e salpiamo, dunque,
e insieme a Scotti, che percorre questa parte di Adriatico da esperto marinaio,
navighiamo sicuri tra le Zirone (la Piccola e la Grande Zirona), Solta, Bua,
sostiamo nellisola-citt, la fiabesca Tra, a Brazza, e poi ancora a Lesina e le
Spalmadori, per approdare infine a Lissa e alle lontane isolette di Busi, Pomo e
SantAndrea, che ammiccano alla costa italiana. Il mare avvolge in un abbraccio
salino tutto il grande retaggio del passato, che questi luoghi conservano ancora
quasi intatto. I luoghi e i loro nomi (Solta, per esempio, era Olinthia per i greci
e Solenthia per i romani), sono testimoni delle vicende passate, del passaggio
di popoli diversi, delle guerre e delle sopraffazioni, ma anche di una variet e
ricchezza di costumi e di tradizioni, e soprattutto di leggende e di storie di ospiti
prestigiosi, di amori, di curiosit ed anche di tragedie. Ogni luogo ha una sua
identit, caratteristiche ambientali proprie, e una propria storia. Quello che resta
immutato nel tempo il linguaggio comune ed eterno, che solo gli uomini di
mare riescono a intendere, a prescindere dalle bandiere che sventolano oggi e
261
Elis Deghenghi Oluji
che attraverso i secoli hanno colorato le scogliere di questo mare che unisce e
non divide.
Scotti ha fatto del mare una delle ragioni principali della propria scrittura e
della propria avventura umana. Oltre ad essere lo scenario di sanguinarie imprese
piratesche, il luogo di grandi battaglie e la fonte di tante leggende, lAdriatico per
il Nostro anche il crocevia di influenti imprese navali e commerciali, dove gli
echi degli antichi eroi si confondono con la saga moderna dei commerci, delle
societ di navigazione, con la storia delle grandi dinastie marinare, dei Valentinis
e dei Cosulich, per esempio, fondatori questi ultimi degli stabilimenti navali
monfalconesi da cui, nel secondo dopoguerra, spinti dalla fede politica, partirono
i cantierini per lex Jugoslavia, e si stabilirono principalmente a Pola e a Fiume.
Un mare, due sponde. LAdriatico dai miti alla storia contemporanea: scambi di merci, di
uomini, di lingue e di culture sinserisce nello spirito del progetto di cooperazione
tra le due sponde adriatiche, affinch lAdriatico, che stato certamente luogo
di scontri e di fughe, ma anche di approdi e rinnovati sincretismi, diventi, a detta
di Scotti, [] un vero e proprio laboratorio per la crescita della cultura e della
cittadinanza europea22, unarea cruciale per il destino del Vecchio Continente.
Attraverso un percorso che evoca esperienze emotive e intellettuali, il nuovo
viaggio intrapreso da Scotti in questa ennesima ricerca sullAdriatico e le sue
genti, segnato dalle tappe di una progressiva ricostruzione dellantico sistema
di relazioni, coniugate al presente, ed incluso in un contesto euromediterraneo.
Un viaggio che si realizza ancora una volta attraverso linteriorizzazione di
scenari culturali simili, per quanto ibridi e contaminati, e nellincontro con
differenti culture. Con queste premesse, lo studio evidenzia le interrelazioni
da sempre esistenti tra le terre che circondano il mare Adriatico, che partono
dallantichit e arrivano sino allet moderna, e le ricadute concrete che esse
hanno avuto sul sistema sociale, politico ed economico. Evidenziando in
apertura i dettagli geografici e spiegando le origini del nome, nel prosieguo
Scotti delinea un puntuale identikit del mare Adriatico, presentando e definendo
le sue caratteristiche primarie. Lautore rileva la fitta trama di relazioni culturali,
religiose, militari e commerciali che lega la penisola italiana con quella balcanica.
22
G. Scotti, Un mare, due sponde. LAdriatico dai miti alla storia contemporanea: scambi di merci, di uomini, di
lingue e di culture, Edizione Comune di Monfalcone, 2009. Il lavoro di Scotti sinserisce nellambito
del progetto Le rotte dellEuropa Adriatica, che ha per obiettivo quello di contribuire a
dare risposte intelligenti e adeguate alle nuove esigenze di sviluppo del mare dellintimit.
Attraverso la riscoperta dei valori delle tradizioni culturali marinare legati alla comune via del
mare, rivitalizzando le antiche vie di collegamento che hanno sempre unito le due sponde e
la creazione di nuove professionalit nel settore turistico, sintende contribuire a delineare e
governare strategie e progetti condivisi di turismo sostenibile. Il progetto, di cui responsabile
Massimiliano Budella, ha come protagonista Monfalcone, la citt dei cantieri e quindi dei viaggi
di ieri e di oggi.
262
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
263
Elis Deghenghi Oluji
costa orientale da Pirano a Corf il sole affonda nel mare, mentre sulla costa
occidentale tramonta dietro le montagne. La ricerca che Scotti intraprende in
Un mare, due sponde. LAdriatico dai miti alla storia contemporanea: scambi di merci, di
uomini, di lingue e di culture, inserita nellambito del progetto Le rotte dellEuropa
Adriatica, un nuovo apporto a questa missione. Essa mostra con originalit
interpretativa e ricchezza informativa limportanza che i rapporti tra gli italiani e
le genti dellEuropa sud orientale hanno avuto e continuano ad avere nella vita
dei paesi e dei popoli che si affacciano sulle due sponde dellAdriatico. Rapporti
intensi, millenari e complessi, giammai complicati. Pieni di lotte e conflitti, ma
specialmente di scambi e contaminazioni. Il volume costituisce pertanto una
lettura importante e obbligatoria per coloro che, desiderando costruire buone
relazioni con i propri vicini, vogliono capire meglio il passato e il presente di
unarea geopolitica, lEuropa adriatica, che sta tornando ad essere cruciale per i
nostri destini e quelli dellUnione Europea.
Lultima opera in ordine cronologico, Gente dellAdriatico. Dante, Casanova,
Marco Polo, DAnnunzio ed altri personaggi: storie ed avventure lungo le terre della
Serenissima, rappresenta una conferma di quelli che sono gli interessi di Scotti, che
anche in questa nuova avventura continua a sfidare i mari solcando le acque
letterarie. Con questo lavoro, lautore sintetizza e al contempo approfondisce la
sua esperienza di scrittore e ricercatore: riprende, rielabora e rivede alcuni suoi
testi gi usciti in diverse testate. Come Un mare, due sponde. LAdriatico dai miti alla
storia contemporanea: scambi di merci, di uomini, di lingue e di culture, anche questo nuovo
libro fa parte del progetto Le rotte dellEuropa Adriatica. Scotti intende offrire
al lettore un ulteriore viaggio nel tempo per (ri)scoprire la presenza degli italiani
e della cultura italiana sulla sponda orientale dellAdriatico, e porre al contempo
in rilievo lopera svolta da tanti dalmati per promuovere le infinite relazioni tra
le due sponde. Lopera si avvale di una densa Prefazione di Lucio Gregoretti,
intitolata liricamente Il soffio mite del maestrale, nella quale si evidenzia che le lingue
e le culture rappresentano [] la salvezza delle singole identit nazionali che
a loro volta sono il risultato di sintesi e mescolanze di diversi e svariati apporti
linguistici, culturali e religiosi23. In copertina, di un intenso color blu mare con
sullo sfondo, appena percettibile, una vecchia carta geografica, spicca limmagine
del Sommo Poeta, adagiato sulla sponda in posa contemplativa, con alle spalle
uno specchio dacqua e degli scogli. Ed proprio da Dante che inizia il percorso
scottiano, con il capitolo intitolato Dante Alighieri: profugo istriano, inserito dopo
il racconto di una storia damore tra Gaio e Lidia, una replica della storia di
Giulietta e Romeo ambientata in epoca romana, al tempo di Vespasiano. Dante
23
L. Gregoretti, Il soffio mite del maestrale, in Gente dellAdriatico. Dante, Casanova, Marco Polo,
DAnnunxio ed altri personaggi: storie ed avventure lungo le coste della Serenissima, Mariano del Friuli,
Edizioni della Laguna, 2009, p. 10.
264
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
stato profugo istriano? Le prove concrete non ci sono, ma una serie di elementi a
favore di questa ipotesi sono riscontrabili negli stessi lavori del poeta fiorentino,
conclude Scotti, che passa agilmente al personaggio successivo, Marco Polo, per
molti il viaggiatore per antonomasia. Era veneziano, sebenzano o curzolano?
La voce di Scotti si leva polemica specialmente contro la valanga falsificatrice
e contro i sostenitori della croaticit del Polo. E a proposito, passa a quel
Juraj Dalmatinac che altri non che Georgius Dalmaticus, oppure Giorgio
Orsini Dalmata, uno dei maggiori artisti del Quattrocento, il maggiore scultore
e architetto della Dalmazia dellepoca, la cui vita ancora tutta da scoprire. Con
un balzo di qualche secolo, nelle pagine che seguono, Scotti si mette sulle orme
di Casanova, visto in questo caso non nella sua veste di amatore e conquistatore
di cuori femminili, ma come una sorta di agente speciale al servizio del Leone
di San Marco, che sinteressa in particolare di Fiume, del Litorale austriaco e del
neocostituito Litorale ungarico. E trasmette a Venezia un esaustivo rapporto sulla
situazione economica, politica e militare della citt e dellarea, soffermandosi sui
provvedimenti adottati per sancire il passaggio di Fiume alla Corona di Santo
Stefano.
Se lamante per eccellenza di tutti i tempi si era concentrato sul capoluogo
quarnerino, grandi nomi della letteratura mondiale avevano soggiornato, per
propria scelta o perch costretti dalle circostanze, nella citt di Pola: James Joyce,
per esempio, che allombra dellArena insegn la lingua inglese, e Nazario Sauro,
tenente di vascello della Regia Marina, che verr giustiziato per alto tradimento
dallAustria-Ungheria. Ma Pola, per poco, fu fatale per Benito Mussolini, che nel
settembre del 1920 scamp a un attentato ordito dal Circolo giovanile socialista.
Ideatore tecnico del colpo fu un ventunenne operaio meccanico dellArsenale
marittimo, Eugenio Gherbavaz. Ancora a Pola Scotti torna a sostare nel suo
viaggio. La citt fu il porto dal quale, attraverso gli imbarchi sul Toscana, migliaia
di profughi istriani lasciarono lIstria alla fine del secondo conflitto mondiale.
La sublime Irma Gramatica, il grande giornalista Leo Valiani (gi Weiczen,
combattente di Spagna, nominato senatore a vita da Sandro Pertini nel 1990,
morto a Milano nel 1999), Pier Paolo Pasolini, DAnnunzio, vicende di soldati
schiavoni e di marinai fedeli e ribelli, leoni marciani ruggenti e rimossi,
scienziati e studiosi, antichi maestri e artigiani, intrecci filosofici, tasselli ragusei,
fiumani, zaratini, tradizioni, usi, costumi. Questampia tematica e questeterogenea
umanit si collocano nelle pagine del libro. Si potrebbe proseguire allinfinito in
questo dolce naufragare in un mare che metafora della vita e della storia,
considerando la lettura di questo libro come un modo per ampliare i propri
orizzonti. Come annuncia il titolo, nel libro dato ampio spazio alla Serenissima.
un particolare che non stupisce, se si considera che ancora oggi, nellAdriatico
orientale e in Dalmazia, della Dominante dei secoli passati rimangono i
265
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monumenti, gli edifici costruiti in uno stile inconfondibile, le usanze, che si sono
diffuse trasversalmente in tutte le sfere del vivere, e che testimoniano una storia
dai trascorsi comuni, ma anche una grande civilt, ancor sempre presente nella
popolazione di questi lidi. Venezia ha plasmato lidentit dellIstria, in particolare,
e ha lasciato un retaggio cos forte da resistere nel tempo. Tra lIstria e Venezia
resta dunque un legame indissolubile, che si sostanzia del rispetto nei confronti
di un grande e nobile passato, a prescindere dai chiaroscuri dellamministrazione
veneziana e dei podest da questa inviati nella penisola.
Nella Nota dellautore, posta a conclusione del lavoro, Scotti spiega le finalit
di questa sua ennesima crociera adriatica. A pagina 167 scrive:
[] ho pensato infatti a quanto sarebbe bello sulla scia di alcuni progetti avviati nei
trascorsi decenni da storici, ricercatori e studiosi di letteratura, arte e cultura in genere,
di economia delle due sponde iniziare a scrivere quellideale enciclopedia adriatica.
Essa farebbe vivere alle generazioni dei nostri giorni e degli anni futuri un mare che
conserva pressoch intatte le tracce dei destini che i popoli ci hanno lasciato e ci hanno
trasmesso attraverso i valori e le tradizioni. Parafrasando una frase dello studioso
Pierfranco Bruni potremmo dire che nelladriaticit le eredit sono un vissuto che
continua a vivere tra il mare e la terraferma, tra gli Appennini ed i Balcani, tra i destini
dei popoli italici e slavo-meridionali24.
***
24
G. Scotti, Nota dellautore in Gente dellAdriatico. Dante, Casanova, Marco Polo, DAnnunzio ed altri
personaggi: storie ed avventure lungo le coste della Serenissima, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna,
2009, p. 167.
25
Ibid.
26
Ibid.
266
Viaggi, costumi, storia, fiabe e leggende
267
Parole fra le sponde: la scrittura adriatica di Raffaele Nigro/
Rijei meu obalama: jadransko pisanje Raffaela Nigra
Antonio Iurilli
Universit di Palermo
268
Parole fra le sponde
che, appunto nellateneo barese, era cresciuta nei primi anni settanta allombra
del magistero di Mario Sansone costituendo per molti giovani intellettuali
un significativo snodo culturale, talvolta controverso e lacerante, o forse
manicheisticamente (per non dire rozzamente) semplificato, fra lerudizione
arcadico-accademica e limpegno civile.
Non posso non ricordarlo come caparbio, talvolta naf, indagatore dei
polverosi scartafacci di un umanesimo meridionale in quegli anni rilanciato dalla
innovativa filologia di un maestro, Francesco Tateo, con lintento di documentarne
la peculiare connotazione interculturale. Non posso non ricordarlo raccoglitore
tenace delle esili tracce di petrarchismo nelle avare corti della sua Lucania, e
frattanto attivo promotore di spregiudicate (ma potrei dire velleitariamente
utopiche) intraprese editoriali di rottura, come la rivista davanguardia Fragile o
come il Manifesto delloccidentalismo imperfetto2.
In quegli anni fondativi di una cultura regionale pugliese, rinnovata sullo
slancio delle prime elezioni regionali e legittimata, in mbito letterario, dalla
teoresi policentrica dionisottiana, lAlbania era ancora solo quel nitido profilo
di creste che si staglia, nei giorni spazzati dal maestrale, dallazzurro spumoso
dellAdriatico, mare inquieto di vicinanze (come lo definisce Magris), dietro
quellampolla larga settanta miglia marine, esile indigitazione di un mare gi
piccolo, il Mediterraneo, che la natura e la storia hanno voluto tanto esile e
fragile, quanto spumosa e aspra frontiera a segnare imponenti cesure fra due
civilt. LAlbania era terra avvolta dalle brume fitte di una storia a lungo diversa,
le cui ultime vicende giungevano, enfaticamente inquietanti, sulle onde di regime
di Radio Tirana. La Puglia le era di fronte, come un molo ripiegato a favorire, pi
che a controllare, attracchi dogni genere3.
2
L. Angiuli - R. Nigro, Preliminari per un manifesto dellarte postrurale e delloccidentalismo imperfetto,
in In-Oltre, I, marzo 1988, p. 9. Documenti del suo impegno di storico della cultura lucana
umanistico-rinascimentale sono, in particolare, R. Nigro, Centri intellettuali e poeti nella Basilicata del
secondo Cinquecento, Bari, Edizioni Interventi Culturali, 1979; Id., Basilicata tra umanesimo e barocco
(testi e documenti), Bari, Edizioni Levante, 1981. La vocazione filologica di ambito umanistico-
rinascimentale di Nigro ha conosciuto un recente riconoscimento nellaffidamento a lui della
monografia su Francesco Berni nella prestigiosa collana Cento libri per mille anni, vol. XIV, Roma,
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1999. Raffaele Nigro, Tradizioni e canti popolari lucani: il
melfese, Bari, Edizioni Interventi Culturali, 1976. Di Raffaele Nigro, al di l della ormai corposa
bibliografia sincrona, costituita dagli interventi di critica militante consegnati a numerosi
periodici, una prima sistemazione critico-biografica stata prodotta da E. Catalano, Il dialogo
comunicante nellopera di Raffaele Nigro, Bari, Edizioni Giuseppe Laterza, 2002, cui si rinvia per un
complessivo approccio bio-bibliografico dello scrittore. Alla curatela dello stesso Catalano si
devono le sillogi Le rose e i terremoti. La poesia in Basilicata da Scotellaro a Nigro. Testi e materiali critici,
Venosa, Osanna, 1986; Raccontare con dolcezza e tempestosit. Studi sullopera di Raffaele Nigro, Bari,
Giuseppe Laterza, 2004.
3
Scrive lo stesso Nigro: La frontiera limmagine che coltivo dellAdriatico, una frontiera con
un mondo turco che per secoli ha minacciato lOccidente. Due dei tanti momenti di paura li
269
Antonio Iurilli
270
Parole fra le sponde
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Antonio Iurilli
7
R. Nigro, Ombre sullOfanto, Milano, Camunia, 1992; Id., Dio di Levante, Milano, Mondadori,
1994.
272
Parole fra le sponde
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Antonio Iurilli
Voi, signor Cantatore, penso che abbiate fatto bene a stabilirvi qui mi disse la citt
sta crescendo. Eravamo ventimila e oggi siamo centomila, tra venditori, artigiani,
costruttori e impiegati. Questa citt diventer la Mecca, signor Cantatore, la Samarcanda
del vecchio regno. Napoli sar tra qualche anno consegnata soltanto al ricordo, quando
questa citt la soppianter e l troveremo fame, decadenza, memoria dei tempi fastosi,
memoria dei secoli in cui fu capitale europea della cultura e qui si continuer a costruire,
a produrre e a vendere, perch se la gente del Tirreno sa delinquere e cantare, come le
cicale, quella dellAdriatico sa commerciare, come le formiche.10
Qualche anno dopo (nel 1998), saggiando il difficile percorso narrativo del
romanzo di formazione, Nigro scrive Adriatico, connettendo il recupero
memoriale di unintera comunit familiare lungo larco di un cinquantennio
con lo scivolare monotono di un incrociatore sulle acque infide di quel mare,
sconvolte dalle grandi migrazioni del nostro tempo e dando voce al comandante
di quella imbarcazione che incrocia ogni giorno le rotte dolenti e insanguinate di
un mare di poveri, testimone conradiano dei lutti della storia. Passato e presente
si alternano nello sviluppo diegetico della scrittura in un intreccio realistico-
visionario, fra miti ancestrali e utopie politiche. Al dramma degli esodi verso
Occidente corrispondono, nella memoria del viaggiatore, le vicende che hanno
travolto la civilt contadina, in un Novecento da cui fuggire, e da cui difendere
i valori di unetica ancestrale e quelli di un misticismo collettivo tanto ingenuo
quanto profondo regolatore dei rapporti sociali, in forza del quale resistere alla
modernizzazione senza riforme del Mezzogiorno, allillusoria industrializzazione,
alla mercificazione.
Proprio nel raggiungimento di quellobiettivo le scritture letterarie di
frontiera, cos come i loro autori, impegnati in una diaspora operosa, possono
svolgere un ruolo utopico e determinante insieme. Nasce da questa ossimorica
concezione della scrittura di confine lAssociazione degli scrittori dellAdriatico,
creatura culturale voluta dallo stesso Nigro, e nutrita da una indomita ricerca
di unit adriatica nel segno di quei valori meridiani: la lentezza, la riflessione, la
povert, la semplicit, la cultura del mare, il compromesso fra economia opulenta
e profondit del silenzio, capaci di opporsi allillusorio sfolgorio del consumismo
occidentale e ai disvalori di un occidente compiaciuto nella tronfia apoteosi della
civilt delle cose11.
10
Ibid., p. 298.
11
Cfr. R. Nigro, Diario mediterraneo, cit., p. 30: LAssociazione si prefigge di aprire un dialogo con
la CUM, la Comunit delle universit del Mediterraneo, di garantire la possibilit di traduzione
dallalbanese e dal serbo-croato, lingue che non approdano sui tavoli dei traduttori europei se non
attraverso la mediazione del francese, di favorire la conoscenza tra frontalieri. [] Gli scrittori
non hanno potere politico, ma servono a parlare per coloro che non hanno voce. E questa una
funzione politica. Pi gli scrittori sono vessati, pi cresce la loro funzione politica, in quanto la
scrittura viene affiancata e rafforzata da unesemplarit esistenziale. La morte di questa funzione,
274
Parole fra le sponde
secondo i politici, si decreta solo con lindifferenza. Perch la trasmissione dei sentimenti una
forma di comunicazione segreta e profonda.
12
Ibid., pp. 318-319. Illuminante , in proposito, il capitolo intitolato La guerra privata di tre scrittori
(in Diario mediterraneo, cit., pp. 158-160), in cui Nigro racconta i vani tentativi fatti nel 1997 di
accreditare presso i dirigenti della RAI la necessit di aprire uffici di corrispondenza almeno a
Belgrado e a Tirana, corroborandoli con la certezza che alcuni eventi andavano precipitando
(come la fuga dei risparmi albanesi nelle mani di truffaldini che avevano promesso interessi da
capogiro) e le cui conseguenze si sarebbero inesorabilmente abbattute sullItalia.
275
Antonio Iurilli
spesso emarginati dal persistere di una sorda ostilit al loro statuto nelle societ
di appartenenza, silenti oppositori o fragili costruttori di nuove dimensioni del
vivere. Emerge, inesorabile, linascoltato balbetto di una letteratura di confine,
ancora inconsapevole del suo ruolo potenziale, ancora troppo compromessa
con i paludamenti di una cultura letteraria a lungo identificata con lArcadia,
eppure assai pi capace di quelle nazionali di rendersi disponibile a registrare
tutti i possibili segni di convergenza di quello che Nigro insegue sempre pi
come recupero di una identit mediterranea da offrire compatta e consapevole
al dialogo irenico con loccidente malato.
Quella identit pu affermarsi solo in forza di un comune, antico retroterra
culturale, nel quale decisiva la condivisione di un modello di sviluppo diverso da
quello capitalistico dellOccidente, sia esso di ascendenza pauperistico-cristiana,
sia esso di matrice luterana (con il greve pragmatismo efficientistico dimpronta
calvinista); sia esso, infine, di matrice marxista, fondato sulla negazione della
propriet.
La ricerca di una identit mediterranea, che un accumulo di culture, come
un muro tappezzato di manifesti, sovrapposti e scrostati, dunque essenziale alla
ricerca di unalternativa alle insanabili contraddizioni del capitalismo occidentale.
Novella ginestra abbarbicata agli avari terreni della Murgia, la malvarosa, che
intitola uno dei pi recenti romanzi di Nigro13, una pianta umile, scalciata
dalle greggi opulente che si muovono scomposte alla ricerca del cibo, sempre a
testa in gi. Ma anche una pianta medicinale, che sa risorgere, e che qualcuno
coglie attratto dalle sue propriet e dai suoi colori tenui: come le antiche civilt
mediterranee, travolte dai novelli ottentotti delle magnifiche sorti e progressive
delloccidente, le quali possono risorgere ad una condizione: che si riconoscano
e si abbraccino nel segno della condivisione di una ideologia equidistante
dalle perverse perfezioni del capitalismo e del marxismo, del cristianesimo e
dellislamismo, in nome di un dio capace di concludere una creazione sbagliata
e di fondare un tempo di laica razionalit o di passione nel quale ci sia spazio per
tutto ci che umano: il benessere, il malessere, linfelicit, la felicit, lamore,
lamicizia, la morte, lutopia14.
***
13
R. Nigro, Malvarosa, Milano, Rizzoli, 2005.
14
Id., Diario Mediterraneo, cit., p. 322.
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Parole fra le sponde
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La larghezza dellAdriatico e il discorso mitico-poetico/
Rasponi Jadrana i mito-poetski diskurs
Ivo Babi
Sveuilite u Splitu
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La larghezza dellAdriatico e il discorso mitico-poetico
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La larghezza dellAdriatico e il discorso mitico-poetico
281
Ivo Babi
***
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Trogirska heraldika batina s osobitim obzirom na pomorstvo
i prekomorske veze/ Il patrimonio araldico di Tra con un
particolare sguardo sulla navigazione e sui rapporti tra le due
sponde dellAdriatico
Danka Radi
Muzej grada Trogira
Uvod
Intenzivni su odnosi Trogira s prekomorskim komunama: Trogirani
plove du itave obale Jadrana i Sredozemnim morem; sa Zadranima stvaraju
Pomorsko-trgovako drutvo;1 prodaju vunu i kou u Anconi s kojom 1236.
godine obnavljaju savez;2 u prijateljskim su odnosima s gradom Fermom odakle
im stiu pojedini naelnici i pisari;3 ureuju svoje raune s gradom Veste s kojim
1
Nikola iz Zadra osniva pomorsko-trgovako drutvo s poslovnim partnerima 1271. i 1272.
godine. Drutvo je posjedovalo brod zvan Sv. Ivan koji je plovio Jadranom i izvan njega. M.
Barada, Trogirski spomenici, Dio I., sv. I., Zagreb, 1948., 212., 292. Usp. Mirckovic Mijo, Ekonomski
odnosi u Trogiru u XIII stoljeu, Historijski zbornik, sv. 4, god. IV/1951., br. 1-4, Split 1951., 41.-44.;
I. Babi: Trogirski knez Ilija i njegova ena Stana, Zbornik Tomislava Marasovia, Split, 2002., 387.
2
P. Andreis, Povijest grada Trogira I., Split, 1977., 34., 147. Stjepan Ugerijev, graanin Ankone
potestat je u Trogiru 1290. godine; Oliverio de Rubeis 1309.; Sirokt Petrov 1294.; Filip Zana de
Nappis, graanin Ankone potkraj XIII. stoljea; Andrioli Marin iz Ankone trogirski je kanonik
za vrijeme biskupovanja biskupa Liberija 1315. godine; Andrija Petrov iz Ankone trogirski je
biljenik 1321. godine. Trogirski poslanici ili su u Ankonu i Fermo radi podizanja odmazde
1315. godine. Luci, Ivan, Povijesna svjedoanstva o Trogiru II., Split, 1979., 322., . 334., 337., 339.,
374., 377., 399., 1007., 1026.
3
Palmerije sin Falka je potestat grada Trogira 1285.; Rajnald 1288.; Korado della Taore, vitez
iz Ferma 1318.; Guerrerio de Petrochi 1389. godine; Jakov iz Ferma, zakleti je biljenik opine
trogirske 1285. godine; Jakov, sveenik iz Ferma sudjeluje u rjeavanju sporova oko granica
izmeu Trogirana, Spliana i ibenana 1329. godine. Luci, Ivan, 1979., 299., 312., 343., 344.,
390., 511., 1132.-1135.; Andreis, Pavao, 1977., 70.-71. Usp. Grbavac, Branka, Notari kao posrednici
izmeu Italije i Dalmacije studije, slube, seobe izmeu dvije obale Jadrana, Acta Histriae 16, 2008., 503.-
526.
283
Danka Radi
je bilo sporova zbog pljake trgovake galije4 Godine 1241. dobili su od cara
Fridrika II pravo na trgovinu u njegovu kraljevstvu obiju Sicilija, iako trgovake
veze s junom Italijom seu od vremena Velike Grke. Trogirski poklisari upuuju
se samom papi u Avignon gdje iznose teke optube protiv biskupa Lampridia
Vitturia. Trogirani su domai u Veneciji gdje trae posebno mjesto za prodaju
svog vina. Trguje se u Veneciji i Apuliji5. Tako je i primjerice izumrla trogirska
obitelj Centani podrijetlom iz Kalabrije, neke su pak trogirske obitelji romanskog
podrijetla kao obitelji Matheis, Vitturi ...
Grb je znak koji istiu ugledne, po pravilu plemike obitelji i to bilo feudalnog
podrijetla kojima naslove dodjeljuje vladar, bilo gradskog plemstva ili patricijata.
Poznato je meutim, da su mnogo puta i obitelji koje nisu imale plemiki stale,
prisvajale pravo grba da budu jednaki po ugledu plemikim rodovima.
Prvi grbovi u Dalmaciji, a isto tako i u ostalim dijelovima Jadrana, javljaju
se u gradovima gdje ih je vlastela poela upotrebljavati pod utjecajem raznih
mediteranskih gradova. Iako se najstariji grbovi javljaju tijekom XI. stoljea
u zemljama zapadne Europe, u Trogiru ih susreemo iznimno od kraja XIII.
stoljea.
Isprva grbove istie samo visoko plemstvo, a kasnije i nie plemstvo, crkveni
prelati, graani i obrtnici, te slobodni seljaci u okolnim selima. U dalmatinskim
gradovima plemii sami odabiru svoja grbovna znamenja, dok je po ugarsko-
hrvatskom pravu podjela grba iskljuivo pravo vladara.
Na razvitak heraldike u Dalmaciji bio je vrlo jak utjecaj Mletake Republike.
Ve u XIII. stoljeu dalmatinski gradski patricijat istie svoje grbove ugledajui
se na talijanske uzore. Nai gradovi, koji su vladali samostalno po svom statutu
i s Velikim vijeem plemia, nisu imali plemstva s naslovom conte, nije ga imala
ni Venecija sve do XVI. stoljea, kada se postepeno za stvarne zasluge taj naslov
dodjeljuje. Ona je plemiima priznavala posjede i politika prava dozvolivi im
da se slue naslovom nobile di6.
4
I. Luci, 1979., 645.
5
I. Babi, (suautori: K. Prijatelj - R. Ivanevi, - S. Vuenovi, G. Stanko): Trogir kulturno blago
Trogira, Zagreb, 1990., 13.-14..; Id., Trogir povijest grada do u osvit baroknog doba u: Blago trogirskih
riznica. Umjetniko i kulturno naslijee od 1000. do 1600., Galerija Klovievi dvori, 27. prosinca 2001.
3. oujka 2002., 18.-20.
6
Usp. Lovro Fonda (1644.-1709.) zajedno s neacima Ivanom Krstiteljem (1686.-1708.) i Antunom
(1689.-1727.) agregiran je u trogirsko plemstvo 1695. godine, a 1700. godine dobio je naslov conte
veneto. M. Andreis, Trogirsko plemstvo od kraja prve austrijske uprave u Dalmaciji (1805.), Trogir, 2006.,
201. Dud Alvise Mocenigo IV. priznao je rodu Jura naslov conte veneto 1777. godine. M. Andreis,
2006., 217.; Ivan Rado koji se proslavio u Kandijskom ratu kao kolonel prekomorskih vojnika,
imenovan je kavaljerom Svetoga Marka 1670. godine, a u trogirsko plemiko Vijee agregiran
je 1671. godine. Visoki asnik u mletakoj vojnoj slubi i istaknuti sudionik mletako-turskih
ratova u XVII. stoljeu, odredbom mletakog senata 1680. godine dobio je u feud (investituru)
posjede u okolici Primotena i Rogoznice. M. Andreis, 2006., 262.; L. orali, M. Katui,
284
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u blizini crkve sv. Dominika koji je poruen u XIX. stoljeu46, te na stupu Loe
na gradskom trgu. U Trogiru su iz ovog roda, koji je dao dva duda, dvanaest
prokuratora, mnogo generalnih pomorskih kapetana zaslunih za pobjede
Mleana, dunost trogirskog kneza obnaali: Marco (1675.-1676.) i Francesco
Loredan (1786.-1789.)47.
Malipiero - Za vrijeme obnaanja dunosti trogirskog kneza Troila Malipiera
(1477.-1480.) gradi se kapela bl. Ivana Trogirskog i crkva sv. Sebastijana. Stoga
je njegov grb uklesan na podnoju pilastra trijumfalnog luka u kapeli bl. Ivana48 i
na proelju crkve sv. Sebastijana49. Grbovi uzidani u atriju (jedan), i u dvorinom
proelju Komunalne palae (tri), sudei po inicijalima TM, takoer pripadaju
Troilu a pojedini vjerojatno potjeu sa sruene Malipierove kule50. Iz ovog roda
potjeu dva duda, tri prokuratora crkve sv. Marka, vie senatora i drugih uglednih
linosti. U Trogiru su na poloaju kneza pored Troila bili Pavao (1501.-1503.),
Marko potknez 1503., Jerolim (1540.-1543.), Bernardin (1635.-1638.) i Marko
Malipiero (1659.-1662.).
Marin - Grb trogirskog kneza Tommasa Marina (1581.) istaknut je na
junom proelju Mlinica na Pantanu. Natpis pod grbom to i potvruje: THOMAS
MARINVS PRAETOR/POST AGRI TIVSQVE CINFINIA AB ASTV/
THVRCORVM/VIRTVTE SVA SERVATA MAENIAQ CIVITATIS A
PARTE/CONTINENTIS FVNDITVS RESTAVRATA NE/VLLA IN
RE VEL COMMODO VEL VTILITATI SVORVM/TRAGVRIENSIVM
DEESSET OPVS HOC PVBLICAM ETIAM/TOTIVS PROVINCIAE
COMMODITATEM SVMMO STVDIO/INCREDIBIL.Q CELERITATE
CONSTRVENDVM CVRAVIT/ANNO DNI MDLXXXII/NICOLAO
DE PONTE SERENISS VENETIARVM/PRINCIPE EQVELICITER
IMPERANTE51.
Michieli - Crkvicu Svih Svetih preinaila je njena bratovtina 1588. godine
u doba kneza Alvisa Michielija (1588.-1590.)pa je nad natpisom koji ga spominje
FANVM HOC SANCTORVM OMNIVM SOCIETAS / EIVSDEM PIA
46
Danas se ovaj grb uva u lapidariju Muzeja grada Trogira (Inv. br. 732 Mgt). I. Delalle, 1936.,
17.; V. Kovai, 1997.-1998., 120.,123.; D. Radi, Zatita spomenika u Trogiru tijekom XIX. stoljea,
Muzeologija, 37., Zagreb, 2000., 80. I. Benyovsky, Urbane promjene u Trogiru u prvim desetljeima
mletake vlasti (1420.-1450.), Povijesni prilozi 23, Zagreb, 2002., 84.
47
P. Andreis, 1978., 403.-404.
48
R. Ivanevi, Ikonoloka analiza ranorenesansne kapele Sv. Ivana Ursinija u Trogiru, Prilozi povijesti
umjetnosti u Dalmaciji 26, Split, 1986.-1987., 335.-336.
49
I. Delalle, 1936., 57.; Fisckovi, 1940., 60.; C. Fiskovi, Firentinev reljef na crkvi Sv. Nikole u
Trogiru, Zbornik za likovne umetnosti 13, Novi Sad, 1997., 369.
50
V. Kovai, 1997.-1998., 131.
51
R. Findrik, - N. Pei, Mlinice kod Trogira, Zbornik zatite spomenika kulture, Knj. XI. Beograd,
1960., 27., 30.; C. Fiskovi, O trogirskim mlinicama u povodu njihove nove namjene, Godinjak zatite
spomenika kulture Hrvatske, 6/1980.-1981., 62.; A. Rizzi, 1996., 173.;
291
Danka Radi
52
C. Fiskovi, Dva pravilnika trogirskih bratovtina na hrvatskom jeziku, akavska ri, god. I., br. 1,
Split, 1971., 103.
53
R. Buani, Trogirski i hvarski opus Trifuna Bokania, Klesarstvo i graditeljstvo, Broj 1-2, God.
XXI, kolovoz 2010., str. 9.
54
C. Fiskovi, Nekadanja zgrada samostana konventualaca u kojoj se odravahu lijeniki teajevi u
Trogiru poetkom 19. stoljea, 12.-13. X. 1987., Acta hist. med. stom. pharm. med. vet. /1987. /27
/ 1-2 /,.39.-40.; I. Babi, Oporuke Pelegrine, Petra i Koriolana Cipika, Radovi Instituta za povijest
umjetnosti 30/2006., 36.
55
I. Babi, i drugi , 1990., 46.; A. Rizzi, 1996., 168.
56
R. Slade-ilovi, Nekoje crtice iz narodnog gospodarstva u Trogiru, Dubrovnik 1909., 19.
57
Id., 1909., 18.-19.; R. Findrik, - N. Pei, 1960., 27.; P. Andreis, 1978., 403.; Fiskovi, Cvito,
1980.-1981., 62.
292
Trogirska heraldika batina
58
Natpis je zabiljeio Roko Slade-ilovi u svom rukopisu Pabirci o Trogiru, 333.
59
Usp. J. us-Ruskoni, Heraldiki Cres, Cres, 1989., 18.-19.; I. Babi, i drugi, 1990., 46; A. Rizzi,
1996., 168.
60
P. Andreis, 1978., 402. A. Rizzi, Scultura esterna a Venezia, Venezia, 1987., 42 ss
61
A. Rizzi, 1996., 165.
62
P. Andreis, 1978., 402.-403.
63
C. Fiskovi, 1980.-1981., 62.
64
Id., Najstariji kameni grbovi grada Splita, Vjesnik Hrvatskoga arheolokoga drutva, N.S. sv. XVII.,
Zagreb, 1936., 192.
65
V. Kovai, 1997.-1998., 125.
66
C. Fiskovi, Neuoeni reljef Jurja Dalmatinca u Splitu, Mogunosti, 2, Split, veljaa 1975., 130.; V.
Kovai, 1997.-1998., 123.
293
Danka Radi
67
I. Delalle, 1936., 17.;. C. Fiskovi,1980.-1981., 62.; V. Kovai, 1997.-1998., 120.; A. Rizzi,
1996., 173., 402.; I..Benyovsky, 2002., 84.
68
Usp. M. Di Custoza, 1979., Tav. CCCLXXXVI-VII. 3467-3476.
69
I. Babi, Tri srednjovjekovne crkvice izmeu ibenika i Trogira, Prilozi povijersti umjetnosti u Dalmaciji
19, Split, 1972., str. 74.-77.; Id., Dometak razgovoru o kapeli Svetog Ivana Trogirskog, Mogunosti,
11/12 (1993.), 154.
70
D. Radi, 2010., 159.
71
D. Farlati, Illyricum sacrum, T. IV, Venetia, 1769., 401.-405.; S. Krasi, Dominikanski samostan
sv. Kria na iovu (1432.-1852.), Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji 31, Split, 1991., 81.-83.;
Demori-Stanii,, Zoraida, Prilozi srednjovjekovnom tekstilu u Trogiru Prijedlog za lokalnu vezilaku
radionicu, Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji 40, Split, 2003.-2004., 114.-115.
72
D. Radi, 2010., 153., 162.
294
Trogirska heraldika batina
295
Danka Radi
istaknuti su: iznad vrata biskupskog katela u Marini do crkvice sv. Ivana; na
kuli ispod reljefa lava sv. Marka u Marini79; na kruni bunara u dvoritu upske
kue u Marini; iznad dvorinih vrata zgrade Suda80; i na juno dvorino proelje
Komunalne palae.
Antonio Guidi (1574.-1603.) rodom iz Medole kraj Mantove bio je vrlo
borben te se, im je stigao u Trogir, sukobio sa lanovima plemikog vijea
branei prava svoje biskupije na katel u Marini i prihode na podruju Drida. Za
vrijeme njegova stolovanja u Trogiru, preinaena je crkva Gospe od Karmela81,
a bratovtina Svih svetih preinaila je istoimenu crkvicu 1588. pa je na proelju
crkvice istaknut njegov grb.82 U lapidariju Muzeja grada Trogira uva se barokni
grb biskupa Antonia Guida83.
Pace Giordano (1623.-1653.) podrijetlom iz plemike obitelji iz Vicenze,
bio je veliki pravnik, a kao biskup napisao je crkvenopravno djelo u tri sveska folio
formata. Nije uspio u pokuaju da utvrdi i proiri prava trogirskih biskupa nad
katelom u Marini. Crkvu sv. Mihovila u Trogiru posvetio je 1644. godine. U njoj
je pokopan i na nadgrobnoj ploi istaknut je njegov grb i natpis: SEPOLTVRA
DI/FRANCESCO GI/ORDAN DI PAD/OVA DITTO DA/STRA ET DI
SVOI/HEREDI MDCV/LI 8. N.O.B.O. Grobna ploa s grbom nakon ruenja
crkve 1944. prebaena je na novo gradsko groblje odakle je poetkom ovog
milenija premjetena uz juni zid dominikanskog samostana u Trogiru84.
Ostali trogirski biskupi koji su doli s druge strane Jadrana, kojima nisu
sauvani kameni grbovi su: jedan od najznaajnijih Treguan (1206.- 1254.) iz
Firenze, koji se posvetio gradnji katedrale, bio poslan u Ankonu radi obnavljanja
prijateljstva Trogirana s Ankonitancima; poveao je crkveni teritorij i crkvene
prihode, a za vrijeme njegova stolovanja grad, okruen zidinama i kulama, se
proirio prema zapadu85; Liberij (1320.-1329.) iz Ankone86; Lodovico Scarampo
Mediarotta (1435.-1436.) kardinal rodom iz Padove, koji se pogreno pie
79
C. Fiskovi, 1940., 60.; Usp. Libro doro della nobilita italiana, Roma collegio araldico edizione
XXII, Volume XXVI, 200.-2004. 50.
80
D. Radi, 2010., 163.
81
D. Farlati, 1769., 425.; V. Celio-Cega, 1855., 43.; F. Coce, 1939., 95.
82
C. Fiskovi, 1971., 103.
83
Inv. br. 783 MGT
84
D. Farlati, 1769., 427-429.; . Ljubi, Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna-
Zara, 1856., 151.-152.;. G. Coleti,: Accessiones et correctiones allIllyricum sacrum del P. D. Farlati,
Spalato, 1909. 284.; P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, 4. Monasterii 1935., 341.;
I. Delalle, 1936., 78.; V. Blaevi, Concilia et synodi in territorio hodiernae Jugoslaviae celebrata, Vicetiae,
1967., 98-109.; P. Andreis, 1977., 251., 285., 303., 378.; P. Andreis, 1978, 401; Hbl Zagreb, 1998.,
684. V. Celio-Cega, 1855., 44.-44.; F. Coce, 1939., 95.
85
V. Celio-Cega, 1855., 38.-59.; F. Coce, 1939., 93.
86
V. Celio-Cega, 1855., 39.; M. Perojevi, Benediktinci u Trogiru, Sarajevo, 1934., 14. F. Coce,
1939., 93.
296
Trogirska heraldika batina
297
Danka Radi
odmletakog senata dobio feud Suhidol, roen je na grkome otoku Kreti 100.
298
Trogirska heraldika batina
299
Danka Radi
300
Trogirska heraldika batina
301
Danka Radi
302
Trogirska heraldika batina
Zakljuak
Heraldiku Trogira nuno je tumaiti u kontekstu Jadrana iz vie razloga,
pogotovo zbog stoljetne veze s Venecijom. Neki grbovi trogirskih obitelji gotovo
su identini onima koje istiu mletake obitelji, primjerice grb obitelji Cipiko i
grb mletake obitelji Pesaro, grb obitelji Lucius i mletake obitelji Lando. Osim
toga veliki niz grbova pripada predstavnicima mletake vlasti Trogira i crkvenim
dostojanstvenicima koji su doli s druge strane Jadrana. Valja napomenuti da se
na grbovima ali i na srodnim prikazima na grobnim ploama prikazuju amblemi
vezani uz more: brodovi, kormila, ribe, primjerice plemiki venecijanski rod
Dolfin, koji u svom grbu ima delfina.
135
upa sv. Jakova. iovo - Trogir, ur. Danka Radi, Trogir, 2005., 196.
136
Inv. br. 736. MGT.
137
Usp. M. Andreis, 2006., 249.
303
Danka Radi
***
Laraldica di Tra andrebbe studiata nel contesto dellAdriatico per diversi motivi;
bisogna tener conto particolarmente dei rapporti secolari con Venezia.
Alcuni stemmi appartenenti alle famiglie di Tra sono identici agli stemmi rappresentanti
le famiglie veneziane, ad esempio lo stemma della famiglia Cipiko e lo stemma della famiglia
veneziana Pesaro, inoltre, lo stemma della famiglia Lucius e lo stemma della famiglia veneziana
Lando. Numerosi sono gli stemmi appartenenti ai rappresentanti del potere veneziano a Tra e
quelli appartenenti ai dignitari ecclesiastici provenienti dallaltra parte dellAdriatico. Bisogna
ricordare che sugli stemmi nonch sulle tombe sono rappresentati emblemi legati semanticamente
con il mare: barche, pesce. Lo stemma della famiglia nobile veneziana Dolfin, ad esempio,
contiene la figura del delfino
304
Grb roda Lucio
305
Morski ovjek Memento batinicima jadranskog arhipelaga/
LUomo Marino Memento per gli eredi dellarcipelago adriatico
Joko Boani
Sveuilite u Splitu
Jo je peao, jo je bieda
to se trpi to se pati
od morskoga od medvjeda
ki se sa mnom esto rati.
Na odmetac i trticu
er kad ponem ja ribati
radene mi svu ribicu
kad se peao taj naklati.
Na otoku Bievu izmeu 30. srpnja i 2. kolovoza 2003. izgorjelo je gotovo sve
to je izgorjeti moglo. U pepeo i dim pretvorena je u nekoliko vrelih ljetnih dana
gotovo sva borova uma i posljednji bievski vinogradi. Kataklizmiki prizor
crnog i pustog otoka u bljetavoj modrini mora posto je memento strana
opomena batinicima hrvatskog arhipelaga. Pust i spaljen otok Bievo postao je
tako simbolom pustinje najrazvednijeg mediteranskog otoja koje od prvih dana
rujna pa do vrelih ljetnih mjeseci postaje golem, rijetko nastanjen, i brodskim
306
Morski ovjek
linijama nepovezan otoni prostor na ijoj, etiri tisue kilometara dugoj, obali
ivi tek stotinjak tisua ljudi.
Iz godine u godinu smanjuje se broj naseljenih otoka na Jadranu. Na vie
od tisuu jadranskih otoka nema ljudskog ivota. Nastanjeno je ljudima samo
ezdesetak hrvatskih otoka. Pred nekoliko godina ugasnuo je ivot na otoku
Svecu u blizini Visa. Umrla je Antonija Zanki koja je prijestolje nad pustim
otokom Svecem naslijedila od svoje maehe Jurke. Ta smrt oznaila je kraj
milenijskog kontinuiteta ivota na ovim rubnim hrvatskim otocima. Ta sudbina
stigla je i otok Bievo, unato njegovoj blizini susjednom otoku Visu i ljepoti
udesne Modre pilje koju je austrijski slikar Eugen barun Ransonnet otkrio
svijetu pred sto i dvadeset godina.
Otok, o kojemu su mnogi svjetski putnici napisali hvalospjeve divei
se njegovoj jedinstvenoj i neusporedivoj ljepoti, otok to ga je Eugen barun
Ranssonet, koji je svijetu otkrio Modru pilju, nazvao vrtom zbog njegova
vinogorja koje je obuhvaalo tada svu obradivu njegovu zemlju, taj otok doekao
je kraj drugog milenija s jednim jedinim stalnim stanovnikom Dinom imi.
Kao da je idilini otok usred Jadrana stiglo prokletstvo Morskega Covika, kako
su ribari vikog arhipelaga metaforino nazivali sredozemnu medvjedicu koja je
posljednji put viena na ovom otoku 1963. godine.
Te godine posljednji put zvonilo je kolsko zvono u maloj otokoj koli
u selu Poje na sredinjem platou otoka Bieva. Otok koji je ne tako davno bio
sav obraen, otok na kojemu je pedesetih godina 20. stoljea bilo tri stotine
stanovnika, danas je otok bez ivota, a kolor fotografije njegova opustoena
pejzaa ne razlikuju se od crno-bijelih. Da bi strahota sprenog otoka bila
bolnija, bievski inferno desio se upravo u trenutku kad je svjetska fondacija za
zatitu prirode World Wide Fund iz Rima proglasila otok Vis, s pripadajuim
mu arhipelagom, jednim od deset preostalih rajskih lokaliteta Mediterana. Raj i
pakao na istom mjestu u istom trenutku!
to se Dogodilo ovjeku?
to se to dogodilo ovjeku na ovom insularnom prostoru Hrvatske, na
ovom njenom najmaritimnijem podruju iji jezik uva sedimente nataloenih
vjekova intenzivnog ivota na raskriju morskih putova? to se to dogodilo
ovjeku koji je ivio na tim otokim punktovima najintenzivnijeg saobraaja gdje
su se susretali narodi i kulture, jezici i iskustva sa svih mediteranskih obala? to se
dogodilo tom radinom, otpornom, izdrljivom ovjeku koji je kroz cijelu svoju
povijest ivio s morem i od mora, koji je poznavao njegove tajne i potovao
njegove zakone, koji je iznad svega cijenio ravnoteu i imao istanan osjeaj
mjere u svom odnosu s prirodom kojoj je pripadao?
Njegove kamene kue zidane su u skladu s prirodnim ambijentom. Dinamika
307
Joko Boani
njihovih oblika slijedi ritam krajolika, a i sasvim malena naselja na tom insularnom
prostoru imaju mnoge elemente urbaniteta. Njegove barke savrenstvom svojih
oblika odslikavaju sklad i osjeaj mjere njihovih graditelja. Njegove mree
grabile su iz dubina mora riblje blago koje je more svojim ritmom ivota moglo
obnavljati. Stoljeima taj sklad nije bio ugroen, stoljeima je ritam ovjekova
ivota na ovom prostoru bio usklaen s ritmom prirodnih mijena.
Taj insularni svijet, koji je tijekom stolje razvio nevjerojatnu sposobnost
autonomnog ivljenja i politehniko iskustvo pojedinca kako bi mogao preivjeti
izoliran od kopna, u vremenu velikih civilizacijskih promjena koje su zapoele
sredinom dvadesetoga stoljea vie nije mogao opstati. Dogodile su se promjene
koje taj ovjek vie nije mogao kontrolirati, promjene koje su definitivno
poremetile ravnoteu ivota odravanu stoljeima.
Taj homo insularis u novom vremenu nije naao odgovor na izazov egzistencije.
Njegova djeca razila su se svijetom. Nije li ga zadesila ista sudbina kao i morskega
covika kako je on nazivao svoga susjeda morskoga, velikog ribara medvida
(Monachus monachus hermann) s kojim je u susjedstvu ivio stoljeima.
Za nestanak sredozemne medvjedice iz Jadrana optuen je upravo on
homo insularis, otoanin, ribar koji je ivio u suparnitvu s medvjedicom i koji ju je
progonio po valama i spiljama dalekih puinskih otoka zbog gubitka lovine od
koje je ivio. Taj strani krimen za nestanak sredozemne medvjedice neki ekolozi
pripisuju ovjeku koji je na ovim rubnim otocima Jadrana doivio danas sudbinu
svoje rtve.
Na otoku Bievu, u spilji Medvidina, voena je posljednja bitka izmeu
ovjeka i morskog ovjeka. ovjek je tada ubio morskog ovjeka, a potom je
nestao i on. Pust je otok Bievo, pust je jadranski puinski arhipelag, opustoeno
je njegovo podmorje i nadmorje. Ali otvoreno je pitanje kome pripisati krimen
za tu stranu injenicu koja zorno predoava spoznaju kanadskog ekologa K.
Ronalda koji je, u duhu uvene sentence velikog indijanskog poglavice Seatlea,
u svom izvjetaju o Mediteranu izjavio: Ako medvjedica ne bude mogla preivjeti u
Sredozemlju, tada to nee moi ni ovjek.
Morski ovjek
Sredozemna medvjedica je amfibija koja se dobro snalazi i u moru i na
kopnu gdje se zadrava radi odmora i uvanja mladih. Biolozi su utvrdili da
joj je kemijski sastav krvi vrlo slian ovjekovu. Naraste do tri metra duine i
etiri stotine kilograma teine. Engleski zoolog Fleming dao je rodu morskih
medvjedica ime monah Monachus, monachus, zbog njihova usamljenikog naina
ivota. Atribut hermann u svom latinskom imenu (Monachus monachus hermann)
dobila je sredozemna medvjedica prema imenu zoologa Hermanna koji ju je
identificirao kao vrstu u Strassburgu, gdje je imao prilike analizirati primjerak
308
Morski ovjek
Komiki ribar Jure Samac s ubijenom medvjedicom tekom preko 300 kg. na komikoj rivi 1963. godine
(Zbirka Martinis)
Kao dijete, uo sam prie o tome kako medvjedica moe svojom prednjom
perajom uhvatiti kamen i gaati njime ovjeka. U mojoj djejoj fantaziji te su
prie stvorile bile predodbu o monom gospodaru i neukrotivu vladaru mora
koji brani svoj prostor od ovjeka. Ali, vjerovao je otoki puk, taj strani morski
covik ne da ovjeku mira ni na kopnu. Mnogi stanovnici Bieva bili su u to
vrijeme uvjereni kako im medvjedica nou ulazi u vinograde i krade groe.
O tom pukom vjerovanju pie i opat Alberto Fortis 1774. u svom uvenom
putopisu Viaggio in Dalmazia. On kae da stanovnici kvarnerskih otoka vjeruju
da morska medvjedica ima veliku sklonost prema grou i da im sie grozdove
u vinogradima.
O antropomorfnom doivljaju morske medvjedice svjedoi i jedan drevni
zapis opata Mavra Orbinija koji je ivio u Smostanu sv. Marije na otoiu u
Velikom jezeru otoka Mljeta. ime upanovi u svom djelu Hrvati i more navodi
njegov tekst iz djela O kraljevstvu Slavena (Pesaro1601.):
309
Joko Boani
U reeno jezero ulaze pokatkad morske medvjedice i nanose veliku tetu ribi. Zbog
toga smo htjeli izii na otvoreno more, kroz tjesnace kuda su i one morale proi,
i postavismo im jake mree. Kad vide da su upale u zamku i da ih ribari napadaju,
upravo se divno brane. No dok su u zatvorenome, unutar jezera, esto dolaze pred
obalu i, bez imalo straha, puste da ih se gleda pokazujui u odreenim kretnjama da
razumiju sve to im se kae. Kako ja sm nikad nisam bio u prilici da takvo neto
vidim, jedva da sam dopustio da me uvjeravaju da riba moe razumjeti sve to joj se
kae. Meutim kad sam bio u Italiji u gradu Pesaru, vidio sam i spoznao po vlastitu
iskustvu da je sve to zaista tako. Godine 1599. bila je blizu Gaete uhvaena jedna od tih
morskih medvjedica, koje su neki nazivali morskim teletom. Sauvali su je ivu u slami
nekoliko mjeseci i u jednom su je sanduku nosili kroz mnoge talijanske gradove. Tamo
bi oni to su se o njoj brinuli, elei je pokazati drugima, vadili medvjedicu iz sanduka
u kojemu je kroz no bila zatvorena i postavljali je u veliku kacu punu vode. Nazivali
bi medvjeda Martin, a on bi tada plazio po zemlji i iao gdje bi mu naredili; tako se
okretao as na trbuh as na lea ili na jedan pa na drugi bok. Kad bi mu zatraili
ruku, on bi pruio prednju nogu, kad bi ga upitali je li gladan, odmah bi otvorio usta,
i cvokoui zubima inilo se da hoe rei da jest, a kroz sve to vrijeme nepomino je
gledao u gospodara. Kad bi se ovaj gradio da ga hoe udariti ibom to ju je drao u
ruci, on bi odmah isputao neki glas, koji je zaista naliio na glas razljuena eljadeta,
pravei se da e ga ugristi. I kad bi mu naredili da se vrati tamo odakle je bio doao, on
bi se uputio prema onoj kaci i, uspravivi se poput zmije sam bi se zaronio u vodu.
Jednom rijeju, bilo je zaista udesno gledati kako riba takve vrste razumije sve to joj
se kae i pokazuje se toliko pouljivom. Taj medvjed to sam ga vidio u Pesaru bio je
znatno manji od onih to se ponekad vide u mljetskom jezeru.
Slinu priu zapisao sam u Komii. Ribari sa Sveca iz porodice Zanki uhvatili
su bili ivu medvjedicu. Netko od njih predloi da je stave u bavu i brodom
odvedu u Split gdje bi je pokazivali znatieljnicima. Svidjela se svima ta ideja
i oni ukrcali bavu sa medvjedicom u barku i otili u Split. Iskrcali bavu na
Matejuku i odredili cijenu za promatranje medvjedice. Ta atrakcija na splitskoj
rivi potrajala je nekoliko dana. Oko bave stalno je bilo mnotvo radoznalih
koji su bili spremni platiti da bi vidjeli medvjedicu. A onda, u trenutku nepanje
njenih uvara, medvjedica je uspjela skoiti iz bave na plonik i baciti se u more.
Nitko je vie nije vidio, osim jednog ribara koji ju je po oiljku prepoznao u
blizini otoka Sveca. Medvid se sa Matejuke vratio doma.
Drugi zanimljiv dogaaj zbio se negdje pred Drugi svjetski rat. Jedan ribar s
otoka Sveca svakog je jutra nalazio zgnjeene i prazne vre, a onda bi se pojavila
medvjedica i izazivala bi ribara bacajui ribu uvis i potom ju poput onglera
vjeto hvatala zubima. inilo mu se da se medvjedica podrugljivo smije njemu
ispod svojih majih brkova. Odlui on u svom oaju da joj se osveti. Uzme puku
i ode u pilju. U pilji medvjedice nije bilo. Na dnu pilje nalazi se malo alo na
koje su medvjedice izlazile i odmarale se. Osvetnik sjedne na alo s pukom u
ruci i odlui ekati. ekao je dugo, a kako je bio umoran od ribolova i nespavanja
prole noi, zaspi on na alu u medvjeoj pilji. Kad se probudio ugledao je u
310
Morski ovjek
Kua Medvidova
Mnogi dananji turisti koji posjeuju otok Bievo radi Modre pilje, ele
zaviriti i u Medvidinu. Poslije bljetave modrine i fascinantne igre svjetla u Modroj
pilji koja oarava posjetitelja, Medvidina se doima poput Danteova Inferna. Za
mnoge to je samo geomorfoloka prirodna atrakcija najdublja morska pilja na
Jadranu (160 metara), ali za mene je mnogo vie. Stojim pred vratima Medvidine
i ujem iz dubine sjeanja Danteove stihove:
311
Joko Boani
u ribarskim barkama.
Fotografija: Izlaz iz pilje Medvidine na Bievu, ljeto 2003. (Dinko Boani Pepe)
312
Morski ovjek
Bila je to najgora zvir u moru za ribara. To vi, koji niste dozivili, ne morete virovat.
Medvid nan je razbival vrse, kidal mrize, kral ribu iz parangala. Najvee je bil guloz na
kantere. Kad smo zimi ribali na kanter, razbival nan je vrse, kral ribu, rugal se s nama.
Ali, nojgore ol svega, tiral nan je sardele ispol ferala. Dvadeset svi sviti na Bisevo na
sardele. I sardele igraju, judi se vesele da e ujat. Ali, ako je pasal medvid, riba sine u
lno (pobjegne prema dnu) i zaludu ti je svitit. Ako pasa jedan medvid, sve svie na
Bisovo izgubit e ribu. Nee niko ujat ni za brujet. Mores ujat somo ako je medvid sit,
ako spi u spilu. Ti si ribar, ti lovis, ali on je gospodor mora, on odlucije hoes ti ujat
oli nees. Jadan medvid more potirat na vagune sardel. Vi to ne znate koko su judi bili
napeti za ujat sardelu. Po svu no su sijavci vozili na tikvu u loji provon na vitar. Ni se
smilo zaklapat da se riba ne uplasi. Sardela je puno delikana. Ako se bokun pristrasi,
gotovo je. Ako puhne dupin oli medvid, ni ve ribe, gledas ispod ferala u prazno more.
Ol tega smo zivili. To nan je bil kruh. Svi su ol mene ocekivali da ja ubijen medvida.
I ubival san ih.
Hodil san u lov na medvida po noi. Bil bi dosal levuton u spilu na vesla da me ne cuje.
Levut bi vezal za kraj i onda bi isal u sandulu. Sandula je mala i ima ravno dno pa se
more i njome do kraja spile, do zala di spi medvid. Na provu sandule bil je feral, ali
nisi ga smil uze, vajalo je uskuro do do zala. Imal san dupinoru kopje za dupine i
medvide. I onda bi ja slusal je medvid hrope. Kad medvid spi, hrope kako i covik. To
se cuje u spili ako je on unutra, cuje se kako hrope.
I onda bi ja uzegal feral. Pusku nisan nosil jer je opasno mores ubit sebe. Kako iz
plafona spile stalno cidi voda, unutra su stine lise (glatke) kako da su ol porculana. Ma
to je sve fino, liso kako caklo. I kal bis ti potegal iz puske, ako falis medvida, mogal bi
metak rebatit, mogal bi se metak vratit i ubil bis sam sebe. Zato nisan nosil pusku.
I, kal si ti uzegal feral, onda bi se medvid probudil. Zaslipi ga ono svitlo ol ferala i ne
zna di e. Nima di ute. Ako ide ute, mora pasat ispol sandule, a duboko je digod
metar, digod pol metra. I ja ga cekan. Ali ni njega lako probit dupinoron. Moras ga
pogodit u bok ili ispod vrata, jer ako si ga pogodil u skina (lea) ili u glavu, vrh kopja
se iskrivi i on e ute. A to su bile bestije i do cetiri kvintala, duge tri metra. Ca uhvati
zubima, to lomi. Ne smis falit.
313
Joko Boani
Fotografija: Bepo Martinis pokazuje harpun s kojim je ubijao morske medvjedice, 1963. (Zbirka Martinis)
314
Morski ovjek
bilo.
Tako govori posljednji svjedok bitke izmeu ovjeka i morskog ovjeka,
komiki matador Bepo Martinis ijom priom zavrava povijest morskega covika
na Jadranu.
Bepo Martinis pripovjeda na komikoj rivi o svojim dvobojima s morskim medvjedom, 1963. (Zbirka
Martinis).
316
Morski ovjek
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Joko Boani
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Morski ovjek
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Joko Boani
***
In questo saggio lautore discute il destino delle isole pelagiche croate che hanno perso la
loro vitalit, che hanno vissuto la propria rovina demografica ed economica. Lautore a livello
simbolico collega il destino di queste isole, che erano un tempo ricche grazie alla viticoltura e
alla pesca, al destino della foca monaca (sredozemna medvjedica), chiamata dagli isolani con il
nome metaforico di Uomo Marino (Morski ovjek). Lultima foca monaca stata uccisa nel
1963. Quellanno suon per lultima volta la campanella della scuola sullisola di Bievo. La
scuola stata chiusa e sono poi scomparsi anche gli abitanti di questisola che si sono dispersi
320
Morski ovjek
per il mondo.
Lautore pone la questione del crimine della scomparsa della foca monaca e constata
che i pescatori vissero per secoli accanto ai loro maggiori nemici le foche , uccidendole e
perseguitandole, ma nonostante tutto senza minacciarne lesistenza. Con linizio del turismo
negli anni settanta e con lenorme aumento delle barche a motore la foca monaca scompare ed
oggi la si annovera tra le specie pi in pericolo sul pianeta terra.
Lautore attribuisce alla foca un significato simbolico: la sua scomparsa segno
dellequilibrio sconvolto nella natura, segno dellimpoverimento della diversit biologica che
minaccia direttamente anche la sopravvivenza delluomo. Labbandono di molte isole daltomare
dellAdriatico ne una dimostrazione esemplare.
Lautore riporta numerosi documenti e trascrizioni di testimonianze autentiche
sullesperienza dei pescatori con le foche, e cita documenti scritti e opere letterarie nei quali si
parla della foca monaca. Di particolare interesse la testimonianza del pescatore di Comisa
Bepo Martinis, luomo che per anni uccise le foche monache su Bievo difendendo in tal modo
gli interessi dei pescatori di sardine.
Oggi lisola di Bievo unisola disabitata, come lisola vicina di Sveti Andrija
(SantAndrea). Le sardine non le pesca pi nessuno, e la foca monaca scomparsa. Lequilibrio
biologico distrutto definitivamente. La pesca come fondamento dellesistenza di queste isole
scomparsa.
321
Elementi di origine italiana nei crematonimi della citt di Spalato/
Talijanski elementi u splitskoj krematonimiji
1. Introduzione
I nomi degli esercizi di ristorazione, negozi, istituzioni educative solo a
prima vista sembrano dei semplici nomi. I motivi della scelta di questi nomi
sono molto pi complessi di quanto pare. Infatti, oltre allelemento direttamente
relativo allesercizio (proprietario, luogo, attivit svolta), hanno un peso anche
delle componenti extralinguistiche riguardanti la situazione sociale, economica e
politica. Nel presente lavoro vengono esaminati nomi di luogo di diverse attivit
commerciali, definiti come crematonimi che, come tutti gli altri nomi propri,
nascondono in s differenti possibilit interpretative. Il corpus raccolto riguarda
solo i crematonimi spalatini contenenti la componente linguistica italiana e
perci il punto centrale dellanalisi sar proprio il ragionamento sulla scelta dei
nomi italiani o quelli dialettali di provenienza italiana.
322
Elementi di origine italiana nei crematonimi
2
A. Galkowski, Chrematonimy w funkcji kulturowo-uz.ytkowej. Onomatyczne studium porwnawcze na
materiale polskim, wloskim, francuskim, Ldz, Wydawnictwo Uniwersytetu Ldzkiego, 2008.
3
C. Marcato op. cit., p. 208.
4
V. osi & A. osi-Mahni, Zadarski jezini krajolici. Imena tvrtki u Zadarskoj upaniji, Zadar,
Matica hrvatska, 2001, p.18.
5
P. imunovi, Uvod u hrvatsko imenoslovlje, Golden marketing-Tehnika knjiga, Zagreb, p. 374.
6
Ibid., 2009, p. 371.
7
V. osi. & A. osi-Mahni op. cit., p. 18.
323
Antonia Luketin Alfirevi e Andrea Rogoi
324
Elementi di origine italiana nei crematonimi
11
C. Marcato, op. cit., p. 211.
12
Il corpus raccolto dal registro delle aziende di Spalato Total Split, http://www.totalsplit.com/.
325
Antonia Luketin Alfirevi e Andrea Rogoi
326
Elementi di origine italiana nei crematonimi
328
Elementi di origine italiana nei crematonimi
che il nome sia breve e memorizzabile la struttura di questo tipo era prevedibile.
Di solito si tratta di nomi comuni: Mirakul, Dipetoa, katula, Reina, Contessa,
Principessa, Sconto, Lanterna, Ventula, Kalumela e nomi propri: Chiara, Paparella,
Marcello, Roma, Capri, Adriana, perun, Calimero, Valentino oppure di qualche
aggettivo o avverbio come per esempio: Azzurro, Piccolo, Bellissima, Aromatica,
Piano, Moderato ecc.
Segue una trentina di crematonimi composti di due lessemi (per es.
Dalmatinski libar, Splitski ir, Studio Bellezza, Pazi, skalina!). La maggioranza di essi
(11 crematonimi) ha la struttura interna composta di due nomi; Atelier Kvadar,
Enoteka Terra, Mirakul home, Teraca Bamba, Studio Arte, Studio Bellezza. Cinque
crematonimi di questa categoria sono composti di un aggettivo e un nome:
arobni pianino, Dalmatinski libar, Nostra Lara, Splitska perla, Splitski ir.
Crematonimi composti di tre o quattro lessemi sono i meno rappresentati;
Koltrina salon zavjesa, Otarija u Viakovi, Re di mare, Butiga o robe Maka, Butiga
o betij. Come si vede dagli esempi, questa categoria di crematonimi contiene
i sintagmi preposizionali di tipo Otarija u Viakovi, Butiga o robe Maka e il
loro significato spesso pi esplicito, cio essi trasferiscono pi informazioni
riguardanti negozio o ristorante in questione. Per esempio Otarija u Viakovi
(Osteria dai Viak), oltre al tipo dellesercizio di ristorazione (osteria) ci informa
anche che i proprietari sono la famiglia Viak. Dallaltra parte, si tratta di un
crematonimo contenente gli elementi dialettali, il che potrebbe significare che in
questa osteria si offrono i cibi tradizionali della cucina dalmata.
Nei crematonimi composti di due o pi lessemi si possono trovare anche
delle combinazioni con lessemi francesi o inglesi:
per es. Atelier Kvadar - franc. atelier + dialett. kvadar < it. quadro
Elite sposa - franc. elite + it. sposa
ajoteka Natura - cro. ajoteka + it. natura
Mirakul home - dialett. mirakul < it. miracolo + ingl. home
oppure combinazioni di dialetto spalatino e croato standard
Koltrina salon zavjesa - dialett. koltrina < ven. coltrina + cro. salon, zavjesa
Questi esempi in un certo modo rispecchiano gli effetti di alta
globalizzazione.
Nellesaminare il corpus raccolto si venuti alla conclusione che un certo
numero di crematonimi stato formato per mezzo di transonimizzazione.
Per esempio i crematonimi tipo perun, Roma, Genova, Londra provengono
dai toponimi, mentre alcuni come Marcello, Rino, Del Piero, Valentino sono di
provenienza antroponimica. La maggior parte dei crematonimi (il 68%)
stata creata semplicemente tramite il processo di onimizzazione, vale a dire
trasformando nomi comuni in nomi propri (Preenca, Ventula, ufit, Fragola, Borin,
katula, Terina, Poma, Gajeta, Po bota, Studio Principessa, Contessa, Capelli).
329
Antonia Luketin Alfirevi e Andrea Rogoi
5. Conclusione
Come si accennato gi nellintroduzione, la realt dei crematonimi molto
complessa. Nel processo della denominazione di un esercizio commerciale hanno
rilevanza diverse ragioni. Tra laltro chi crea un crematonimo deve considerare i
vari aspetti pubblicitari. Riconoscendo il valore sociolinguistico e psicolinguistco
di questi nomi nel presente lavoro si cercato di spiegare perch i proprietari
ricorrono ai nomi italiani oppure dialettali nella denominazione. Ci sembra che la
motivazione per la scelta degli elementi dialettali si possa spiegare con i tentativi
di evocare la tradizione locale e latmosfera domestica piacevole e di sottolineare
lo spirito di appartenenza. Dallaltra parte i crematonimi che contengono gli
elementi italiani hanno la funzione di richiamare al prestigio che tutti associamo
ai prodotti made in Italy.
***
Riferimenti bibliografici
330
Elementi di origine italiana nei crematonimi
Monnier, 2008.
Galkowski, Artur, Chrematonimy w funkcji kulturowo-uytkowej. Onomastyczne studium
porwnawcze na materiale polskim, woskim, francuskim, dz, Wydawnictwo
Uniwersytetu dzkiego, 2008.
Jelaska Marijan, Zdravka, Grad i ljudi: Split 1918.-1941., Zagreb, Hrvatski institut
za povijest, 2009.
Klai, Bratoljub, Rjenik stranih rijei. Tuice i posuenice, Zagreb, Nakladni zavod
Matice hrvatske, 2004.
Marcato, Carla, Nomi di persona, nomi di luogo. Introduzione allonomastica italiana, Il
Mulino, Bologna, 2009.
Sironi-Bonefai, Nives, Uporaba talijanskog jezika u nazivlju zagrebakih trgovina i
ostalih uslunih djelatnosti, in Jezik i komunikacija, a cura di M. Andrijaevi e L.
Zergollern-Mileti, Zagreb, Filozofski fakultet, 1996, pp. 102-106.
akaja, Laura, Arbor mundi u nazivima ugostiteljskih objekata, in Revija za sociologiju,
35, 1-2, Zagreb, Hrvatsko socioloko drutvo, 2004, pp. 13-29.
imunovi, Petar, Uvod u hrvatsko imenoslovlje, Zagreb, Golden marketing-Tehnika
knjiga, 2009.
Vinja, Vojmir, Jadranske etimologije: jadranske dopune Skokovu etimologijskom rjeniku,
vol. I (1998); vol. II (2002); vol. III (2004), Zagreb, HAZU kolska
knjiga.
331
kur, kure, kuribanda: etimologija i znaenje u hrvatskim
govorima/ Etimologia e significato dei lessemi kur, kure,
kuribanda nelle parlate croate
Maslina Ljubii
Sveuilite u Zagrebu
1. Uvod
Prilagoenice talijanskoga/mletakoga pridjeva scuro taman, mraan
susreemo u svim hrvatskim primorskim govorima i meu akavskim leksikim
elementima u govorima unutranjosti. S njim se u talijanskom i hrvatskom
povezuje homonimni naziv za prozorski kapak koji slui za zamraivanje (tal.
scuro). Talijanska rije scorribanda (pljakaki upad, izlet, digresija) u mletakom
ima drugaije znaenje. Na mletacizam kuribanda oslanja se na pridjev kur i
doivljava semantiku promjenu koja je posebno izraena u govorima srednje
Dalmacije. U ovome radu elimo istraiti jesu li (ili u kojoj su mjeri) navedeni
leksemi etimoloki povezani. Navest emo likove hrvatskih prilagoenica,
semantike razlike izmeu naih govora i u odnosu na jezik davatelj.
321). Matokovi (str. 917) biljei za Split kr m. prvi mrak, suton. Navedeni
likovi prilagoenice su talijanskoga/mletakoga poimenienoga pridjeva scuro m.
tama, mrak, a nije zanemarivo da se kuro n. podudara s ishodom preobrazbe
kao rubnog tvorbenog naina u hrvatskom (kuro n. od pridjeva kur, kao dobro
n. od pridjeva dobar).
2.3. Pridjev kur u potpunosti je prilagoen jeziku primatelju te se i stupnjuje
kao domai pridjevi (kuriji, najkuriji), a slui i kao derivacijska osnova za tvorbu
odpridjevskih imenica. Apstraktnu imenicu na -ina nalazimo u mnogim govorima:
npr. u labinskom kurna (Milevoj 270), u vikom kurin (Roki 496), u delnikom
kurna (Pavei et al. 389)3. Izvedenica kurina postoji i u gradianskohrvatskom
(Vig 55). Paki likovi su kurnja (Kusti 351) i kurnja (Otari 505), u govoru
Bejske Tramuntane na Cresu kurinj (Veli 463). U govoru Kukljice imenica
je mukoga roda: kurn m. (Marii 294). U Omilju kuravna f. mrak, tama
istoznanica je imenice kurna i ve spomenute kro n. (Mahulja 320-321); u
govoru Rukavca takoer kuravna i kurna tama (Mohorovii-Mariin 276).
2.3.1. Za razliku od apstraktnih izvedenica s hrvatskim sufiksom -ina, likovi
poput trogirskih krca/krca (Gei/Slade ilovi 258), katelanskih kreca/
krica (Baldi-ugum 368) i u jugoistonoj Boki kurca mrak, tama, pomrina
(Lipovac-Radulovi 331) prilagodbe su talijanskoga scurezza. Talijanska i hrvatska
izvedenica su sinonimi: npr. u sjeverozapadnoj Boki kreca i kurna (Musi
249). U govoru Korule imenica glasi kurtad f. (Kalogjera et al. 349); u bejskom
kuritt f. (Veli 463); u brakim akavskim govorima kuritd/kuritd sinonim
je domae izvedenice kurin (imunovi 932); u splitskom su istoznani kurca/
kurca, kuritd i kurna (Matokovi 917). U saljskom postoje kurn m. i kuritd
m. (Piasevoli 350); u vikom govoru uz kurin postoji istoznanica kurinda
(Roki 496), lik dobiven proirivanjem produktivnim sufiksom preuzetim iz
mletakoga (-ada).
U gackoj akavini kurna tama jest apstraktna imenica, a kurca oznauje
prostoriju koja nema prozora, odnosno u kojoj nema svjetlosti (Kranjevi 969).
U likom kurna znai oblano vrijeme, ali i areno rublje (uljat 248).
2.3.2. Postoji i glagol, npr. u labinskom cakavskom govoru kurt tamniti,
padati mrak (Milevoj 270), u govorima Braa krt (se) (imunovi 932), u gackoj
akavini krit se mraiti se (Kranjevi 969), u bejskom kurt se (Veli 463),
u govoru mjesta Povljane na Pagu kurti se (Tii 350). S prefiksom, npr. u govoru
Omilja zakrt potamnjeti, zamraiti, zasjeniti (Mahulja 375); u jugoistonoj
Boki zakurt zamraiti (Lipovac-Radulovi 380); pokurt potamniti, uiniti
tamnim, zagasitim, okurt postati tamnim (Mahulja 247), pokrt potamniti
3
Imenica na -ina mogla bi se tumaiti i kao transmorfemizacija talijanske scurezza, pri emu je tal.
sufiks -ezza zamijenjen hrvatskim -ina, sufiksom apstraktnoga znaenja koji oznauje osobinu,
stanje onoga to je oznaeno pridjevom (Babi 797), ali upravo navedeni opis znaenja naega
sufiksa potvruje nae miljenje da je rije o hrvatskoj odpridjevskoj izvedenici.
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Maslina Ljubii
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kur, kure, kuribanda
335
Maslina Ljubii
moe znaiti i tanka daska (Matokovi 917; Petri 332), u brakim govorima
kurta je istoznanica deminutiva krica, a drugo joj je znaenje daica s utorom
kao dio prozorskog kapka (imunovi 932)10. U korulanskom kreta oznauje i
tanku dasku (Kalogjera et al. 349) ili, podrobnije, jelovu dasku do 15 mm debljine
(Vinja III, 226). U govoru Novog Vinodolskog kurta znai samo tanka daska
za oblogu (Sokoli-Kozarac308), na podruju Bakarca i krljeva daska (ir. 10-
18 cm) bez kvrga (Turina/epi 193), u bejskom govoru kurta indra, tanka
daica (Veli 463), u Kukljici na otoku Ugljanu korta tanka savitljiva daska
(Marii 292). U jugoistonoj Boki je maskulinum kurt najtanja jelova daska
koja slui u graevinarstvu (Lipovac-Radulovi 331), a u sjeverozapadnoj Boki
zabiljeen je i glagol pokurtat, izveden od imenice kreta f. tanka daska, slui u
graevinarstvu (za tavanice, prozore itd.) (Musi 210, 249).
3.6. Predloak ove rijei jest mletaki scureta asse sottile assai, con cui si
cuoprono le impalcature e si fanno altri lavori sottili (Boerio 637, Rosamani
990)11, odnosno dalmatinski mletaki scurta tavola di legno molto sottile
(Miotto 186). U mletakom se rodom razlikuje od scureto m. piccola imposta di
finestra (Boerio 637)12. U jugoistonoj Boki obratno, kurt m. je, kao to smo
rekli, daica, a kurta f. je unutranji kapak na prozorima (Lipovac-Radulovi
331), no u veini naih govora ista rije enskoga roda pokriva oba znaenja.
Vinja (III, 226-227) istie da se svi likovi naziva za kure i za tanku dasku danas
povezuju s pridjevom kur taman, zamraen13, te navodi da je scuro imposta,
persiana germanizam (< stvnjem. *skura sklonite, zaklon). Devoto/Oli (str.
1893) objanjava da je talijanski scuro nastao od langobardskoga skur copertura,
protezione krianjem s pridjevom scuro.
3.7. Prihvaajui miljenje o germanskom podrijetlu rijei scuro, smatramo
da je za irenje rijei koja oznauje prozorski kapak bilo znaajno povezivanje
s homofonim pridjevom. Osim toga, valja kazati da germanski i latinski leksem
imaju zajedniko indoeuropsko podrijetlo. Naime, indoeuropski etimon koji
je dao germanski leksem (langob. *skur, stvnjem. *skura) krije se i u latinskom
10
Znaenje na njemakom: Holzlamelle im Fensterladen (Hraste/imunovi 1200).
11
Za transki Kosovitz (str. 396) biljei scureta asserella, assicella, assicina, panconcello.
Zanimljivo je da Doria (str. 606) osim ovoga znaenja (assicella, asticina, tavoletta di circa un cm
di spessore) navodi i preneseno znaenje persona magra. Takoer u dijalektu Kopra scureta ima
i ovo drugo znaenje (persona esile) te slui i kao nadimak (Manzini/Rocchi 208).
12
Rosamani (str. 990) podrobno tumai da se scureto sastoji od tankih dasaka (tj. kureta): scureto
piccola imposta interna delle finestre, di tavolette sottili fermate alla invetriate. Pod natuknicom
kreta jelova daska do 15 mm debljine (Korula), Vinja (III, 226) objanjava da se kre, za
razliku od grlj, prave uglavnom od kret.
13
Osim mogue etimoloke povezanosti rijei scureta tanka daska s lat. obscurus, Pinguentini (str.
291) spominje i glagol lat. secare: Forse perch adoperata per fare gli scuri, allora da obscurus?
O deriva da secare il che pi probabile tagliare, per dileguo della e (cfr. securis,
scure), nel senso di asse tagliata molto sottilmente?.
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5. Zakljuak
Talijanski/mletaki pridjev scuro u hrvatskim je govorima potpuno prilagoen
te se i stupnjuje kao domai pridjevi, a slui i kao derivacijska osnova za tvorbu
odpridjevskih imenica i glagola. S pridjevom taman, mraan u talijanskom
i hrvatskom povezuje se formalno podudaran naziv za prozorski kapak.
Prilagoenica talijanskoga/mletakoga scuro najraireniji je naziv za prozorski
kapak u naim primorskim govorima. Zapazili smo da znaenje dubrovakoga
skra nije potpuno isto kao u drugim govorima. Semantiki se slae sa standardnim
talijanskim scuro, a znaenje mletake rijei poneto je razliito (v. 3.2.).
Dok je izvjesno da pridjev kur (tal./mlet. scuro) potjee od latinskoga
obscurus, mnogi etimolozi smatraju da je naziv za prozorski kapak (hrv. najei
lik kura) langobardskoga podrijetla (*skur sklonite, zatita), kao i kureta, naziv
za tanku dasku. Po tome tumaenju, povezivanje spomenutog pridjevskog i
imenikog leksema djelo je puke etimologije. No, nije posve iskljuena teza
da je rije o poimenienju pridjeva. Smatramo da je podudarnost germanskog
leksema s rezultatom preobrazbe pridjeva koji nastavlja latinski obscurus (tal./
mlet. scuro) mogla doprinijeti prihvaanju i irenju ovoga naziva za prozorski
kapak. Osim semantike povezanosti mraka i zamrake, istakli smo da navedeni
latinski i germanski (langobardski) leksem potjeu od zajednikog indoeuropskog
etimona.
Treem leksemu, kojemu je u hrvatskim primorskim govorima najei
lik kuribanda, predloak je transki odnosno mletaki scoribanda ili scuribanda
(osnovno znaenje nevrijeme), koji se znaenjem udaljio od talijanskoga
scorribanda (pljakaki upad, izlet, digresija). Talijanska rije nije ni u kakvoj
etimolokoj vezi s pridjevom mraan. Prvi dio rijei nastavlja latinski leksem
excurrere (tal. scorrere), kao i talijanska imenica scorreria. Scorribanda je tvorenica u kojoj
je drugi dio gotskoga podrijetla (bandwa znak, stijeg), vrlo vjerojatno preuzeta iz
panjolskoga, a zakljuili smo da u talijanskom predstavlja ekspresivnu preobliku
talijanske rijei scorreria, uz malu modifikaciju osnovnoga znaenja (breve/rapida
scorreria), kojemu su dodana i prenesena ekspresivna znaenja (visita breve,
veloce giro, digressione, v. 4.2. i bilj. 21). Talijanizam kuribanda nema isto
znaenje u svim naim primorskim govorima, a nedvojbeno se paretimoloki
oslanja na pridjev mraan. Na znaenje mrak, tamno mjesto u dalmatinskim
se govorima nadovezuje znaenje mjesto u mraku za ljubavni sastanak, koje se
sve vie iri i potiskuje druga znaenja ( 4.3.).
341
Maslina Ljubii
***
Nellarticolo vengono esposti letimologia e i significati degli italianismi che sono (par)
etimologicamente collegati con laggettivo scuro. Per il nome scuro (cr. kura) verosimile
letimologia longobarda, per il latino obscurus (> it. scuro) e il longobardo *skur
condividono lo stesso etimo indoeuropeo. Il prestito kuribanda presenta notevole divergenza
semantica rispetto al modello triestino e veneto. Nelle parlate croate dalmate per effetto di
etimologia popolare questo vocabolo di uso comune ottiene il significato di luogo scuro per
lappuntamento amoroso.
Navedena djela
Ani/Goldstein = Ani, Vladimir / Goldstein, Ivo, Rjenik stranih rijei, Zagreb:
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Babi = Babi, Stjepan, Tvorba rijei u hrvatskom knjievnom jeziku. Nacrt za gramatiku,
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Balbi/Moscarda Budi = Balbi, Maria / Moscarda Budi, Maria, Vocabolario del
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Baldi-ugum = Baldi-ugum, Radojka, Beside katelanske, Katela: Bijai
Drutvo za ouvanje kulturne batine Katela, 2006.
Banievi = Banievi, Boo, Rjenik starinskih rijei u Smokvici na Koruli, rnovo:
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Bjai/Dean = Bjai, Slavko / Dean, Ante, Zlarin. Kratka povijest i rjenik. Short
history and dictionary, Zagreb: Prometej, 2002.
Boerio = Boerio, Giuseppe, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia: Giovanni
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govora, Srpski dijalektoloki zbornik, XLIX, Beograd: Srpska akademija
nauka i umetnosti / Institut za srpski jezik SANU, 2002.
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Acquaviva Collecroce. Dizionario plurilingue della lingua slava della minoranza di
provenienza dalmata di Acquaviva Collecroce in Provincia di Campobasso [con la
collaborazione di Snjeana Marec], Campobasso: [s. n.], 2000.
Carbonell = Carbonell, Sebastiano, Dizionario fraseologico completo italiano-spagnolo e
342
kur, kure, kuribanda
343
Maslina Ljubii
344
kur, kure, kuribanda
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Maslina Ljubii
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Imenika sintagma i kategorija odreenosti/
Sintagma nominale e categoria della definitezza
1. Uvod
U ovom emo radu razmotriti strukturu imenikih sintagmi s obzirom na
kategoriju odreenosti u talijanskom i hrvatskom jeziku, te emo ih oprimjeriti
odabranim poslovicama1.
Premda kategoriju odreenosti poznaju mnogi jezici te je moemo smatrati
jezinom univerzalijom, ona nije bila predmetom sustavnoga znanstvenog
istraivanja sve do konca prolog stoljea (Lyons 1999, Sili 2000). To ne znai da se
o izraavanju kategorije odreenosti nije raspravljalo, poglavito u okviru poredbene
lingvistike indoeuropskih jezika (Benveniste 1971) ili u sinkronijskim sintaksama
pojedinih jezika koji su razvili lan (Renzi 1985).
S druge pak strane, postojala je zabluda da kategorija imenike odreenosti
zavrjeuje panju samo u tim jezicima, i da je ona tek marginalna pojava u
jezicima poput hrvatskog koji odreenost primarno izraavaju morfoloki, preko
pridjeva. Tek se u posljednje vrijeme hrvatski jezikoslovci u veoj mjeri bave
prouavanjem kategorije odreenosti u hrvatskome jeziku (Znika 2004, 2005,
2006; Pranjkovi 2000, Sili 2000).
2. O odreenosti
Odreenost je semantiki motivirana sposobnost kojom jezici, u veem ili
manjem stupnju, mogu identificirati referent. Prilikom referencije (oznaavanja),
koja je uz predikaciju jedna od temeljnih jezinih univerzalija, jezici nam nude
mogunost odabira na ljestvici u rasponu od maksimalnog stupnja odreenosti
do minimalnog stupnja odreenosti, tj. neodreenosti. Razmotrit emo sljedee
primjere u hrvatskom jeziku:
(a) Marija je bila zaljubljena.
(b) Djevojka je bila zaljubljena.
(c) Netko je bio zaljubljen.
1
Paremioloku grau crpili smo iz razliitih izvora: kara (1997), Kekez (1996), Guerini (2003),
kao i popisi poslovica dostupnih na brojnim internetskim stranicama koje se na razliite naine
bave poslovicama. Pri odabiru grae za ovu studiju rukovodili smo se injenicom da su poslovice
oblici u kojima sintaksa ima kljunu ulogu, jer se upravo na sintaktikoj razini ostvaruje sadraj
paremiolokih struktura. Nadalje, zbog svoje jednostavnosti, kratkoe i rasporeda leksikih
jedinica mogu se smatrati prototipom jezgrenih reenica i vrlo se esto koriste u literaturi koja se
bavi imenikim sintagmama.
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Magdalena Nigoevi e Danijel Tonki
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Imenika sintagma
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Magdalena Nigoevi e Danijel Tonki
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Imenika sintagma
351
Magdalena Nigoevi e Danijel Tonki
6. Pragmatika razina
Pragmatiki iskazana odreenost temelji se na obiljeju [ poznato]. Naime,
koliina obavijesti imenike sintagme zavisi od onoga to je prije poznato, a ne
od onoga to njen sadraj iskazuje (Katii 2002). Odreenost je pragmatiki
oznaena topikalizacijom koja moe biti:
a) sintaktika (pomicanje konstituenta):
Rujan mjesec rujno vino daje.
Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io.
b) intonacijska (fonologija reenice): u ovim primjerima uzlazno-silaznom
melodijom i reeninom stankom:
7. Zakljuak
Referent je u hrvatskom i u talijanskom jeziku maksimalno semantiki
odreen vlastitim imenom koje ga individualizira i identificira. U hrvatskom
jeziku imenike sintagme bez atribucije nemaju posebnu oznaku odreenosti.
Kategorija odreenosti je dominatno morfoloki oznaena na pridjevima.U
talijanskom jeziku imenikom sintagmom upravlja lan koji odreuje referent
352
Imenika sintagma
***
In questo saggio si analizza la struttura del sintagma nominale nel croato e nellitaliano
partendo dalla categoria grammaticale della definitezza. La definitezza una categoria
sintattica, semanticamente motivata, correlata con le altre categorie nominali (in particolar
modo con la categoria del numero e dellappartenenza). Nel presente contributo si distinguono il
modo primario e quello secondario di marcare la definitezza. Inoltre, vengono esplicati i modi in
cui la definitezza pu essere espressa: fonologico, morfologico, sintattico, semantico e pragmatico
che risultano spesso sovrapposti.
Literatura
Bari, Eugenija; Lonari, Mijo; Mali, Dragica; Pavei, Slavko; Peti, Mirko;
Zeevi, Vesna; Znika, Marija. Priruna gramatika hrvatskog knjievnog jezika.
Zagreb, kolska knjiga 1979.
Benveniste, mile, Problemi di linguistica generale. Milano, Saggiatore, 1971.
Chierchia, Gennaro, Semantica. Bologna, il Mulino, 1997.
Guerini, Nicola, Dizionario dei proverbi. Roma, Rusconi, 2003.
353
Magdalena Nigoevi e Danijel Tonki
354
Traduzione dei documenti storici e teleportazione/
Prevoenje povijesnih dokumenata i teleportacija
Ivania Petrin
Sveuilite u Splitu
Per introdurre questo lavoro si deve mettere in rilievo il fatto che i problemi
nella traduzione dei documenti storici, nonch la capacit di teleportazione
non possono essere considerati come problemi insolubili, ma come ostacoli
che possono essere assolutamente superati.
Prima che si definiscano gli ostacoli e si diano alcune possibilit di risolverli,
devono essere presentate le domande che, in primo luogo, riguardano la
traduzione in generale e poi la traduzione dei documenti storici.
Il numero di definizioni riguardo alla traduzione grande, nonch il numero
delle determinazioni apparse nella teoria della traduzione. Ma quelle saranno
lasciate da parte per il fatto che questo intervento ha come oggetto, in primo
luogo, il ruolo di traduttore. Il traduttore viene di solito paragonato ad un
mediatore/ponte, o solo uomo (nell)ombra, oppure come coautore? Secondo
la mia opinione, si potrebbero unire i ruoli di mediatore e coautore ed ecco il
perch.
Durante il processo della traduzione ogni traduttore deve tener conto del
fatto che tutte le lingue hanno almeno uno stesso tertium comparationis una cosa
comune nella loro profondit strutturale. Daltra parte, importante che ogni
traduttore sia conscio delle numerose differenze esistenti tra le lingue. Queste
sono la causa delle difficolt che vanno superate efficacemente se si vuole che
trasferimento del testo dalla lingua LP (lingua di partenza) alla lingua LA (lingua
darrivo) sia comprensibile e in sintonia con il testo originario. In tale modo il
traduttore diventa un ponte tra autore e lettore. La responsabilit enorme e se
non si rispetta il modo di scrivere dellautore, il ponte crolla e il traduttore diventa
traditore. Ma la storia non finisce qui. Il traduttore deve esser conscio, in ogni
momento, del suo codice secondo il quale deve in maniera perfetta e dettagliata
osservare e valutare lautore come una persona, il suo riflesso psicologico
nonch il riflesso del suo contesto situazionale, temporale, laspetto sociologico e
culturale; deve osservare il suo stile e identificarsi con lo stesso. Per un traduttore
di grande importanza trascendere e decodificare la lingua o lordine nella
propria lingua, nel tempo che vive. Allora, si pongono le seguenti domande: 1.
Dov la sua originalit e genialit?; 2. Il traduttore viene considerato come un
programma di software che decodifica il testo? Dallesperienza personale e con
grande responsabilit potrei ribadire che non solo un software. La sua genialit
355
Ivania Petrin
si vede dalla capacit di trasmettere il mondo intero dellautore nel mondo del
traduttore, cio, del lettore. E questo non vuol dire decodificare. Si tratta della
potenza del traduttore di teleportarsi nella coscienza dellautore, ma anche di
ritornare e di trovare un giusto equivalente nella propria, come nella coscienza
del lettore, e di collegare giustamente due punti della stessa linea retta con la
maggiore o minore distanza. E questo il momento quando il traduttore affronta
il termine della distanza temporale che richiede un approccio interdisciplinare
(teoria della traduzione, stilistica, scienza della letteratura, linguistica, filosofia,
antroplogia, psicologia, ecc.). La traduttologa Milana Pilet, considerando il ruolo
del traduttore, divide queste distanze in due specie principali1: 1. quella primaria,
quando lautore delloriginale che si serve volutamente degli arcaismi e questo
tipo di arcaizzazione deve essere spiegato nella traduzione; e 2. quella secondaria,
insorta successivamente, con il passare del tempo, che separa loriginale dalla
traduzione e che importante per la traduzione dei documenti storici. Durante
il processo della traduzione, usando la terminologia matematica, valgono le leggi
di proporzionalit: maggiore distanza temporale corrisponde a maggior numero
degli ostacoli.
Nel testo successivo verranno introdotti gli ostacoli generali che sono
presenti nella traduzione dei documenti storici e che il traduttore deve affrontare
e superare:
1. I documenti storici sono per lo pi i manoscritti e prima di iniziare la
traduzione devono essere trascritti. Durante il processo della trascrizione
sincontrano numerose trappole pelografiche, laicamente parlando, gli
indovinamenti della scrittura.
2. Anche secoli ed anni, cattiva qualit del foglio o le macchie di tinta hanno
lasciato una loro impronta.
3. Infine, la precisione, una delle caratteristiche pi importanti del nostro
tempo, non orna lo stile dei compilatori o scrittori di questo periodo.
Il compito del traduttore di controllare le date nei vari tipi di unit
bibliografiche o contattare vari esperti.
Inoltre, per capir meglio la complessit del processo di traduzione dei
documenti storici, viene preso come testo danalisi linguistica e traduttologica
unopera del Primo Ottocento, Le coste e isole dellIstria e della Dalmazia (parte della
Dalmazia) di Marco de Casotti, uno degli intellettuali dalmati che, oltre alla madre
lingua croata, adoperava anche la lingua italiana, anzi fu educato e istruito in
lingua latina ed italiana, le quali, in questo periodo, erano lespressione di una
civilt progredita. Analizzando la lingua usata dal Casotti nella sua opera Le coste e
1
M. Pileti, Vremenska distanca u prevoenju knjievnog teksta (na primerima iz italijanskih renesansnih
tekstova i njihovih savremenih prevoda), Filoloki fakultet beogradskog univerziteta, Beograd, 1997.,
p. 13.
356
Traduzione dei documenti storici
isole dellIstria e della Dalmazia (Zara, 1840) (parte della Dalmazia) si possono notare,
a prima vista, le seguenti caratteristiche:
1. A prima vista il testo chiaro, la lingua semplice, il contesto
comprensibile. Dal punto di vista del traduttore, la lingua del Casotti
molto complessa e non ci si deve soffermare solo sul primo significato
delle parole. In primo luogo si deve tener conto del contesto situazionale e
storico. Cos, per esempio, importante riconoscere che Casotti, in quanto
vero scrittore romantico, accumula un pensiero allaltro. Il risultato di ci
sono periodi lunghissimi che richiedono tanta attenzione perch il rischio
di fallire quel trasferimento dalla L1 alla L2 grande.
2. La seconda difficolt riguarda i toponimi. I nomi di citt, luoghi, mari,
fiumi sono quelli dellOttocento, scritti in italiano e difficili da riconoscere.
Citiamo alcuni esempi: porto Pedocchio oggi luka U; Portosecco oggi
Priba. C unaltro fenomeno che riguarda i toponimi. Casotti usava anche
nomi antichi per mettere in rilievo lantica tradizione della sua patria: mar
liburnico (da Krka a Raa) oggi mar Adriatico; il canale della Morlacca
oggi Velebitski kanal; Titius oggi Krka; Tillurium oggi Cetina; monte
Tacie oggi Dinara. Per fare una traduzione adatta alla nostra tradizione,
si devono verificare tutti i toponimi sulle varie carte perch lautore ha
commesso alcuni errori: Krini Rat non lo scoglio, ma il promontorio
presso la citt di Hvar. Il nome dello scoglio Galinik.
3. Pertanto necessario conoscere il contesto storico per tradurre, e lo si pu
vedere dai termini giudiziari che usava Casotti: tribunali collegiali, pretura,
corte dAppello, circolo, distretto, comune
4. Per una traduzione corretta del testo bisogna anche sapere decifrare le
abbreviature spesso usate nei documenti storici: S.E. Sua Eccellenza
(Njegovo Velianstvo); i.r. imperiale reale (carski); M.M.O.O. minori
osservanti (franjevci)
5. Infine, c unaltra caratteristica, la mancanza di precisione che si rispecchia
nel lessico. Citiamo alcuni esempi:
- terra pu significare terra, comune, territorio, paese, regione, citt
- punto pu indicare posizione, luogo determinato e preciso, cima, promontorio.
Inoltre, se vogliamo analizzare il testo in maniera pi dettagliata,
dobbiamo seguire la gerarchia linguistica e fare unosservazione dal punto di
vista morfologico, sintattico, ecc. Ed in tal modo vengono presentate altre
caratteristiche dei documenti storici che il traduttore deve riconoscere:
357
Ivania Petrin
Morfologia
Pronome:
- luso della forma ei invece di egli:
le richezze che ei porta2; ei porta dai paesi3
Preposizione:
- luso delle forme apostrofate di preposizioni (non)articolate che indicano
il plurale del sostantivo:
neglinterni4; de romani5; aglimperatori6; glimperatori7; de cereali8; a tempi9; de
laghi10; co nuovi sistemi11, ecc.
- luso delle forme articolate delle preposizioni per, con e fra:
col12; colle13; fralle14; pel15; sulli16; colla17; tralle18; pei19, ecc.
Sostantivo:
- luso delle forme non-dittongate nellesempio di mele per miele20
- luso di j in posizione intervocalica e finale:
giogaje21; territorj22; serbatojo23; feudatarj24; iscorciatoje25; ghiacciaja26; Trajano27, ecc.
2
M. de Casotti, Le coste e isole dellIstria e della Dalmazia, Zara, 1840., p. 123.
3
Ibid., p. 123.
4
Ibid., p. 100.
5
Ibid., p. 103.
6
Ibid., p. 104.
7
Ibid., p. 105.
8
Ibid., p. 118.
9
Ibid., p. 121.
10
Ibid., p. 123.
11
Ibid., p. 137.
12
Ibid., p. 103.
13
Ibid., p. 106.
14
Ibid., p. 112.
15
Ibid., p. 116.
16
Ibid., p. 150.
17
Ibid., p. 168.
18
Ibid., p. 228.
19
Ibid., p. 229.
20
Ibid., p. 121, 184, 198.
21
Ibid., p. 100.
22
Ibid., p. 109.
23
Ibid., p. 138.
24
Ibid., p. 126.
25
Ibid., p. 141.
26
Ibid.
27
Ibid., p. 144.
358
Traduzione dei documenti storici
Verbo:
- luso del si riflessivo unito al verbo:
devonsi39; trovasi40; mostransi41; siasi42; governavansi43; vuolsi44; erasi45; aveasi46 etc.
- luso del dittongo nella terza persona plurale dell imperfetto:
rendeano47; faceano48; sosteneano49; viveano50, etc.
- luso del condizionale in forma di:
potria51; potriano52, etc.
28
Ibid., p. 100.
29
Ibid., p. 107.
30
Ibid., p. 119.
31
Ibid., p. 147.
32
Ibid., p. 148.
33
Ibid., p. 149.
34
Ibid., p. 108.
35
Ibid., p. 141.
36
Ibid., p. 204.
37
Ibid., p. 221.
38
Ibid., p. 223.
39
Ibid., p. 115.
40
Ibid., p. 138.
41
Ibid., p. 139.
42
Ibid., p. 140.
43
Ibid.
44
Ibid., p. 134.
45
Ibid., p. 186.
46
Ibid., p. 187.
47
Ibid., p. 106.
48
Ibid., p. 144.
49
Ibid., p. 189.
50
Ibid., p. 225.
51
Ibid., p. 118.
52
Ibid., p. 140.
359
Ivania Petrin
Congiunzione:
- luso delle congiuzioni antiquate:
oggid53; ognora54; dappoich55; locch56; indi57; comech58.
Sintassi
Durante il processo della traduzione stato notato che la sintassi del testo
pi latina che italiana, cio, pi sintetica che analitica: non si rispetta lordine delle
parole italiano; talvolta la frase comincia con il verbo (Vogliono alcuni59), talvolta
con il complemento di luogo (Ma sotto a quelle quercie secolari che ricoprono le loro
vette60), con il participio passato in funzione daggettivo (Piantata sotto un cielo
dolcissimo61). Linversione anche evidente negli esempi come esser potrebbe62;
formar devono63; esser deve64; esser non doveva65. Questo si pu spiegare con il fatto che
il Casotti fu uno scrittore del Primo Ottocento, periodo in cui le opere dalto
livello scientifico venivano scritte in latino. In quanto persona ben istruita, sub
inevitabilmente linflusso della lingua latina la cui sintassi sintetica come quella
della lingua croata e pertanto pi vicina allautore.
Lessicologia
Grafia
360
Traduzione dei documenti storici
361
Ivania Petrin
erano presenti ben quattro lingue: latina, dalmatica, croata e italiana con diverse
variet. Allora, il traduttore dei documenti storici, specialmente quelli scritti in
italiano che descrivono il territorio slavo/croato, ha una grande responsabilit.
Oltre allabilit di tradurre, ha il compito di collegare passato e presente,
plurilinguismo e prevalenza di una lingua, diversit e somiglianze di due coste
unite dallo stesso Mare.
***
Riferimenti bibliografici
362
Traduzione dei documenti storici
363
Maja Bezi e Snjeana Brali
1
C. Giovanardi, R. Gualdo, Inglese - Italiano 1 a 1, Lecce, Manni, 2003, p. 65.
364
Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio
365
Maja Bezi e Snjeana Brali
366
Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio
368
Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio
369
Maja Bezi e Snjeana Brali
come una risposta che d il tono e il senso a termini prelevati dalle professioni
pi diverse.
Freenet director il responsabile di una rete civica
Web designer il responsabile dellimpostazione grafica di un sito
Web engineer il ricercatore di nuove tecnologie informatiche
Webmaster lautore di una pagina o di un sito web
Web writer il responsabile della stesura dei testi
Nelle professioni della rete linglese effettivamente la lingua dominante
e per quanto riguarda la traduzione in italiano va detto che i tentativi di calco
non hanno avuto fortuna in questambito. Nominiamo in questo caso il termine
italiano che per breve tempo si era imposto in un modo infelice: contenutista
formato su content manager. In seguito, sul modello di content manager si invece
formato database manager. Un altro caso particolare che abbiamo notato deriva
dalla sigla HTML, cio accatiemmellista, per indicare il programmatore di pagine web
esperto nel linguaggio degli ipertesti. Con una particolare formazione morfologica
in tal caso una sigla diventata una figura professionale.
Oltre ai nomi delle nuove professioni moltissimi termini inglesi importati
nellitaliano sono stati utilizzati come forme base da cui coniare nuovi derivati
verbali o sostantivali. Direttamente come nel caso di link, da cui nato linkare e
dal clic del mouse, che ha prodotto il verbo cliccare, si nota che litaliano, anche in
questo settore della vita, ha accolto le parole straniere adattandole alle proprie
regole morfologiche e grammaticali.
Ad essere coinvolti sono stati soprattutto i verbi e cos da to download si
creato il verbo downloadare per risultare infine con il verbo scaricare. Lo stesso
avvenuto per to upload da cui troviamo uploadare e in seguito caricare; to forward
evolutosi in forwardare; to zip passato per zippare eppoi ricondotto alla famiglia di
comprimere. Daltro canto to scroll e to quote non si sono sviluppati successivamente,
ma si sono fermati alla fase iniziale risultando con i verbi italiani scrollare e quotare
che non significano scuotere energicamente e determinare il prezzo, ma
scorrere un testo sullo schermo del computer e citare integralmente il messaggio
precedente di una catena di e-mail. La terminologia legata alla rete si sviluppa
ogni giorno di pi, il che si vede, ad esempio, dalle parole come chat o chat line,
cio le reti dove si pu chiacchierare in diretta con uno o pi interlocutori.
In questo caso, litaliano ha fatto proprio il verbo inglese trasformandolo in
chattare. Nel mondo parallelo del web, le chat sono come un sottomondo con i
propri abitanti, i chatter, i propri angolini in cui appartarsi, le chat room, i propri
rituali, ad esempio quello che impone ad ogni nuovo utente luso di un nick
name, un nome inventato dietro al quale nascondersi o inventarsi una nuova
identit. Limmediatezza della comunicazione telematica ha prodotto, nelle chat
come nelle e-mail, una nuova mescolanza di linguaggio scritto e parlato, con la
370
Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio
371
Maja Bezi e Snjeana Brali
almeno due elementi uno croato e laltro inglese. Essi nascono per derivazione
o composizione e presentano vari tipi. Come abbiamo gi visto dagli esempi
italiani citati in questo lavoro, li incontriamo abbastanza spesso nella terminologia
informatica. Cos abbiamo i derivati digitalac, informatiar, kompi, potprogram e i
composti osambajtni, fotoita, disk-jedinica, personalno raunalo17. Quanto alle sigle, il
loro uso in croato presenta gli stessi problemi dellitaliano, tra cui i pi rilevanti
sono poca trasparenza semantica e oscillazioni nellortografia e nella pronuncia.
curioso il caso di alcune sigle inglesi semanticamente poco trasparenti a cui
per spiegarle meglio viene aggiunta la parola croata gi contenuta nella sigla
formando cos una costruzione pleonastica: ASCII-kod (ing. American Standard
Code for Infomation Interchange), CPU-jedinica (ing. Central Processing Unit), RAM-
memorija (ing. Random Access Memory)18.
7. Note conclusive
Come in italiano, cos anche in croato si pu concludere che la principale
caratteristica del linguaggio di Internet la sua infinita capacit di autoproduzione
grazie alla formazione di neologismi ottenuti, ad esempio, mediante lac-
costamento dei prefissi o delle parole usate come prefissi (cyber, net, web, e-) a
termini di uso quotidiano. In questo modo la lingua entrata nellepoca della
sua riproduzione tecnica con tutte le conseguenze che possono nascere, perch
oltre alle numerose parole nuove, la rete sta producendo anche le cosiddette
parole clone.
Aveva perfettamente ragione Giovanni Nencioni quando affermava che in
un clima culturale cos sbilanciato in favore dellanglofonia, come quello italiano,
anche la costituzione di organi ufficiali per la tutela della lingua avrebbe
rappresentato un solenne buco nellacqua19. Siamo dellopinione che il processo
di sensibilizzazione si debba indirizzare verso e a partire dalle istituzioni politico-
culturali, in modo da poter entrare nelle redazioni dei giornali e dei telegiornali,
nelle aule parlamentari e in quelle scolastiche.
***
372
Mode e manie nellitaliano del nuovo millennio
informatiche o digitali), sve do Interneta kao doslovne metafore u jeziku world wide weba,
pojma koji s razlogom oznaava mreu veliku kao svijet.
Riferimenti bibliografici
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UTET, 1987.
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Filipovi Rudolf, Anglicizimi u hrvatskom ili srpskom jeziku: porijeklo razvoj
znaenje, Zagreb, JAZU - kolska knjiga, 1990.
Giovanardi Claudio, Gualdo Riccardo, Inglese-Italiano 1 a 1, Lecce, Manni, 2003.
Marri Fabio, La lingua dellinformatica, in Storia della lingua italiana. Volume II: Scritto
e parlato (a cura di L. Serianni e P. Trifone), Torino, Einaudi, 1994.
Mihaljevi Milica, Hrvatsko raunalno nazivlje, Zagreb, Hrvatska sveuilina
naklada, 1993.
Nencioni Giovanni, Lessico tecnico e difesa della lingua, in Saggi di lingua antica e
moderna, Torino, Rosenberg &Sellier.
Righini Enrico, Dizionario di sigle, abbreviazioni e simboli, Bologna, Zanichelli,
2001.
373
Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria/
to prestaje od talijanske jezine batine u Istri
1. Litalianit in Istria
LIstria da sempre parte di un importante sistema di comunicazione tra
genti, allo stesso tempo un confine naturale tra stati, lingue, religioni e culture.
Qui, dai tempi di Venezia, si chiude lItalia ed inizia il mondo slavo, un
insieme di peculiarit che hanno come costanti il Mediterraneo, lEuropa centrale
e sud orientale. Un essere tra, uno stare al confine oppure sul confine di qualcosa, in
maniera perenne. In questa terra infatti, la storia ha provveduto a spostare confini,
popoli, torti e ragioni, quasi a sottolinearne il ruolo centrale, un nucleo definito
a pi riprese laboratorio politico dai mass-mediologi e politologi moderni,
a ribadire che qui si gi vissuto ci che sarebbe accaduto successivamente e
probabilmente dovr ancora accadere altrove. Anche per quanto riguarda la
questione della lingua e della cultura lIstria ha sempre curato uno spirito di
convivenza che argina i momenti di contrapposizioni etniche, assumendo cos
un ruolo di stretta cooperazione fra territori frontalieri appartenenti a lingue e
culture diverse.
Che cosa resta oggi delleredit linguistica italiana in questi territori
riassumibile, a nostro avviso, in due punti centrali: la questione del bilinguismo e
biculturalismo e la questione della motivazione allapprendimento/insegnamento
della lingua italiana.
374
Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
375
Rita Scotti Juri
376
Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
vive ancora sugli allori del passato. La lingua italiana, lingua colta di alto lignaggio
storico-culturale, patrimonio dellumanit, interessa sempre meno sia genitori
che alunni e lo Stato Italiano non investe in una sua costante e intenzionale
promozione per contrastare le offerte determinate da considerazioni di utilit
pratica e mettere piuttosto in risalto il valore culturale, storico ed educativo che
questa lingua veicola.
Un ambiente linguistico con cos scarse occasioni di vivere la vita quotidiana
in lingua italiana di conseguenza si avvale di competenze pragmatiche e culturali
piuttosto discutibili. Colui che apprende la lingua sentita e vista attorno a s
creer un prodotto linguistico certamente non paragonabile a quello esistente
in Italia, dove i parlanti sono esposti ad un ambiente linguistico naturale in cui
lattenzione rivolta alla comunicazione e al contenuto piuttosto che alla forma
linguistica (Dulay, Burt, Krashen, 1985). Lavversa situazione sociolinguistica in
Istria fa s che la competenza comunicativa, essendo senza dimensione socio-
pragmatica, piuttosto scarsa tra gli utenti della lingua. In altre parole, se
vero che insegniamo una lingua per usarla nella societ e non solo per virtuali
comunicazioni scolastiche, allora linserimento di problematiche pragmatiche
in settori sociolinguistici, quali lo studio del comportamento linguistico, di
estrema importanza. Difatti, una forma linguistica non peggiore o migliore per
la sua sintassi, ossia per la presenza o assenza di subordinatori o anaforici, ecc.
Indubbiamente il comportamento degli individui con scarsa abitudine linguistica
sembra essere caratterizzato da insufficienze a livello pragmatico, nellimpiego di
determinati atti linguistici o nella capacit di produrre certi tipi di testo, o anche
da differenze nella concezione della funzione comunicativa dei testi prodotti
(Giacalone Ramat, 1986).
La pragmatica interazionale, che mette in evidenza limportanza di una
competenza dazione ossia la capacit di interagire in modo partecipativo,
negoziando un ruolo che coinvolge lidentit stessa degli interattanti, trova
difficolt di impiego in una situazione sociolinguistica complessa come quella
istriana. Qui un insegnante non pu essere soltanto un fornitore di grammatiche,
dal momento che quello grammaticale solo un aspetto della lingua, che seppur
importante, non certo il pi significativo. Egli deve tener conto di tutte le
altre componenti e caratteristiche della lingua che riflettono lumanit di chi
lha prodotta: Di Pietro (1987) dir che parlare una lingua significa esprimere
la propria umanit, per cui imparare una nuova lingua equivale ad apprendere
nuovi modi per esprimere la stessa umanit.
La posizione svantaggiata dellitaliano standard scaturisce pure dalla lotta
quotidiana con numerose interferenze fonomorfologiche, frequenti prestiti
semantici e calchi provenienti dal repertorio sociopolitico e amministrativo della
maggioranza. In ambito locale il contatto interlinguistico di carattere privato e
377
Rita Scotti Juri
378
Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
379
Rita Scotti Juri
380 380
Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
stesso biculturale.
Oltre alla motivazione integrativa, in Istria esiste una forte motivazione
strumentale che si caratterizza generalmente per il desiderio di ottenere qualcosa
di pratico o concreto dallo studio dellitaliano (Hudson, 2000). Cos, lo scopo
dello studio di una lingua diventa pi utilitario, come soddisfare le condizioni
per accedere ad una scuola o universit, applicazione per il lavoro, la richiesta di
ricompense pi alte in seguito alle abilit linguistiche, lettura di materiale tecnico,
lavoro di traduzione o raggiungimento di uno status sociale pi elevato.
Anche se le ricerche dimostrano che la motivazione integrativa a sostenere
il successo a lungo termine (Ellis, 1997; Crookes et al. 1991), in Istria si nota che
gli studenti scelgono pi spesso le ragioni strumentali che quelle di integrazione a
una comunit nazionale italiana (Scotti Juri, Ambrosi Randi, 2010). vero per
che quelli che danno supporto a un approccio integrativo abitualmente hanno
una motivazione pi alta e ottengono maggior successo nellapprendimento
della lingua. Brown (2000) sottolinea che la motivazione integrativa e quella
strumentale non si escludono a vicenda.
Litaliano nel territorio istroquarnerino stato studiato da parecchi ricercatori
(Milani, 1988; Filipi, 1989a, b; Scotti Juri, 2003, 2008), ma i risultati non sono
universali in quanto la situazione linguistica cambia rapidamente negli anni.
Recentemente le leggi sulleducazione e listruzione, che hanno delineato lo status
delle lingue minoritarie, hanno inciso anche sulla lingua italiana che ha perso la sua
posizione di prestigio e da materia obbligatoria ha assunto una posizione di secondo
ordine, diventando per lo pi materia facoltativa. Cos cambiata anche la posizione
dellinsegnante che si trova a dover modificare gli obiettivi del suo insegnamento se
vuole trattenere i suoi alunni e non vederseli sfuggire verso altre materie opzionali
meno impegnative. Nellaffannosa ricerca di cose nuove e appetibili si rende
conto che in fondo il problema quello metodologico: ricreare nella classe le
condizioni idonee a innescare il naturale processo di apprendimento. Facendo leva
sugli elementi che Bruner (1967) individua come energie naturali, quali la curiosit,
la voglia di imparare, laspirazione a imitare un modello, il desiderio di inserirsi
nella realt sociale dellaltro, il desiderio di scoperta e il senso di avventura. Il
compito principale degli insegnanti quello di mettere in grado gli alunni di
ottenere unaccettabile capacit comunicativa sia nellespressione scritta che in
quella parlata. Luso linguistico che prevede esercitazioni di forme grammaticali,
cio morfologico-sintattiche, non permetter allalunno di giungere ad una
fluidit comunicativa che invece parte dalla funzionalit della lingua e dei suoi
scopi essenziali. Questa nuova visione delluso del linguaggio d la precedenza al
contesto e alla motivazione dellespressione, rinunciando allimmediata adozione
di una forma linguistica per poi chiedersi che cosa questa possa comunicare. La
lezione tradizionale di lingua (grammaticale-traduttiva) trasmette allo studente
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Rita Scotti Juri
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Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
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Rita Scotti Juri
Per costruire una situazione nella quale le lingue sono distinte e circoscritte,
senza presenze di code mixing e code switching, bisogna coltivare labitudine ad
attingere da corpus linguistici reali, da parlanti nativi, da materiale linguistico
autentico, da scambi comunicativi videoregistrati e fedeli. Altrimenti litaliano
rischia di diventare una lingua fossilizzata, incapace di veicolare il pensiero e la
cultura moderna.
Ci sono coloro i quali in Istria e in Croazia nutrono pessimismo riguardo
ai livelli e allequilibrio che si possono raggiungere nelle due lingue/culture
mettendo laccento sulla qualit della lingua fruita. Altri considerano il
bilinguismo e il biculturismo una ricchezza e unapertura al mondo. In questo
contesto non deve preoccupare la constatazione che sono rari i bilingui esenti
dalla sensazione di non saper padroneggiare in maniera equilibrata ed armoniosa
le due lingue in ogni occasione pubblica e privata, non essendo giunti ancora a
quellimmedesimazione nei modelli linguistici e culturali di ambedue i sistemi
linguistici. In questo modellamento per, si deve evitare che la cultura italiana
venga appiattita e si deve cercare di portare continuamente aria nuova ai suoi
polmoni. Tutto questo discorso ci porta a rivalutare litaliano standard per non
rischiare di estromettere da queste terre un bilinguismo vero e proprio e di
scivolare nel semilinguismo. Il problema chiaro: quando un codice linguistico
avvantaggiato (il croato) in quanto permette lattuazione di qualsiasi messaggio,
mentre un altro svantaggiato (listroveneto o litaliano standard) non avendo
questa possibilit, nelluso dei due codici si creano situazioni di priorit per
una lingua o di inferiorit per laltra (Fishman, 1975). La lingua di maggior
prestigio, almeno cos pensano Weinreich (1974), Fishman (1975) e altri, dovrebbe
sostituire la lingua di minor prestigio. Ma prestigio un concetto relativo e
mutevole secondo i contesti sociali e lapprezzamento individuale. Forse, pi
che il prestigio linguistico conta il prestigio socio-politico-culturale dei
parlanti. Eppoi, nel caso del territorio istroquarnerino, il prestigio rimane una
prerogativa di secondordine perch non esistono sufficienti strutture linguistiche
e sociali che lo adottino. Forse oggi, lemigrazione verso lItalia per motivi di
lavoro, che ha sottratto ingenti masse di dialettofoni, la tendenza allinurbamento
della penisola istriana da parte di imprenditori italiani, e altre occasioni ancora,
possono far intravvedere vaghe possibilit di uso della lingua standard e un lento,
ma pur possibile ritiro del dialetto nellambito personale e familiare.
Il bilinguismo vero, nella specifica situazione dellIstroquarnerino, possibile
solamente sulla base dellapprendimento e delluso perfettamente equiparato
delle due lingue standard. Il bilinguismo non realizzabile mettendo in contatto il
dialetto minoritario e la lingua maggioritaria: connubio impossibile, e prospettiva
equivoca, che finge di ignorare le inevitabili pressioni discriminatorie che
sarebbero esercitate dalla parlata di maggior prestigio con ripercussioni negative,
in definitiva, sul patrimonio linguistico-culturale italiano.
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Cosa resta delleredit linguistica italiana in Istria
***
itelji Istre oduvijek su njegovali duh suivota i etnike razliitosti, blisko suraujui
s graninim podrujima koji pripadaju drugim jezicima i kulturama. Posebno je ostala
privrena svojoj talijanskoj zajednici. Rad razmatra ono to danas ostaje od talijanskog
jezinog nasljedstva: nakon kratkog pregleda stoljetne prisutnosti talijanskog jezika u ovim
krajevima, razlau se osnovna obiljeja suvremene jezine situacije, motivacija za uenje/
pouavanje jezika, te sloenost jezinog identiteta koja iz toga proizlazi.
Riferimenti bibliografici
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Rita Scotti Juri
Alessandro Masi
Segretario Generale della Societ Dante Alighieri
Imparare una lingua significa avere accesso alla storia, ai ricordi e alla
vocazione del popolo che la parla. Nel bagaglio delle parole e dei documenti che
ne costituiscono lossatura, infatti, restano inevitabilmente incagliati gli eventi
storici che persone di tutte le epoche si sono trovate a vivere e a raccontare. Chi
conosce litaliano, poi, ha limmensa fortuna di poter accedere, proprio grazie
alla lingua, a testimonianze inestimabili del nostro passato, da Dante a Tasso, da
Vasari a Verdi.
Il lascito eccellente dei nostri antenati nel campo delle arti e della letteratura,
per, solo una parte dellaffresco su cui stata dipinta la storia della nostra
lingua; una parte senzaltro prestigiosa e di cui andar fieri, ma non sufficiente da
sola a raccontare la storia dei suoi parlanti in Europa.
Fra le peculiarit dellitaliano ce ne sono alcune che non vanno dimenticate,
se si vuole comprendere a fondo la portata del suo successo e della sua diffusione.
Innanzitutto, la nostra lingua stata la prima dEuropa a essere codificata in una
forma scritta, nel corso del Trecento; ed stata poi una delle ultime a diventare
lingua nazionale di uno Stato unitario, nella seconda met dellOttocento. Il
primo fattore ha permesso allitaliano di affermarsi come lingua di cultura e
di comunicazione in tempi relativamente rapidi, mentre altre lingue dEuropa
avrebbero dovuto attendere almeno fino al XVI secolo per assumere laspetto con
cui sono conosciute oggi. Il secondo fattore, invece, ha avuto due conseguenze
fondamentali: da un lato si avuta una diffusione della lingua della penisola
oltre i suoi confini naturali fondata unicamente sul suo valore intrinseco, senza
che intenti politici o vicende militari ne influenzassero il cammino; dallaltro,
invece, si sono create una notevole frammentazione linguistica nelle parlate
dei territori che oggi rientrano nei nostri confini e una distanza significativa
fra litaliano scritto (fissato precocemente e standardizzato a partire dagli inizi
del Cinquecento) e la lingua parlata dagli italiani (fortemente legata ai rispettivi
territori dappartenenza). E il fatto che lidentificazione fra lingua, popolo e
nazione si sia affermato soltanto alla fine del Settecento, non ha impedito ad altri
idiomi europei di fondare il proprio prestigio sullesistenza di un potere centrale,
che imponeva lunit linguistica in patria e negli imperi coloniali. Litaliano, come
abbiamo detto, non ha mai avuto questa prerogativa; ciononostante stato
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Alessandro Masi
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Concerto delle lingue dEuropa
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Alessandro Masi
il Barocco, che avrebbe cambiato per sempre il gusto europeo e laspetto di citt
come Vienna e Praga, e che si sarebbe spinto fino alla lontana San Pietroburgo,
il cui celebre Palazzo dInverno porta la firma dellitaliano Bartolomeo Rastrelli.
Il consenso nei confronti dellitaliano inoltre testimoniato da molti personaggi
illustri: nel suo soggiorno transalpino, Benvenuto Cellini conversa in italiano con
il Re di Francia Francesco I; Giordano Bruno non ha problemi a farsi capire
nella lingua natia durante la sua permanenza in Inghilterra; il pittore fiammingo
Rubens usa litaliano per la sua corrispondenza con lInfanta di Spagna. Ai fasti
del passato si aggiunge il successo allestero di alcuni nostri connazionali: approda
in Francia Carlo Goldoni con il suo teatro, viene istituito in Austria il ruolo
di poeta cesareo, affidato a poeti italiani come Apostolo Zeno e Metastasio. E
lelenco potrebbe durare a lungo, coinvolgendo personaggi del calibro di Mozart,
di Voltaire, di Dumas padre.
Se vero allora che si possono conoscere le radici di una cultura partendo
dalla lingua in cui essa si esprime, la storia della diffusione dellitaliano affresca
nel corso dei secoli limmagine di una cultura di scambio e di interazione, fondata
sulla capacit di comunicare e sulleccellenza, priva di velleit egemoniche ma
capace di farsi amare per le sue stesse qualit. Per usare parole pi semplici, si
potrebbe dire che litaliano ha regalato allEuropa da un lato la bellezza propria
e dei propri parlanti, dallaltro la capacit, e quindi la voglia, di comunicare, di
aprire canali di dialogo anche dove sembrava che non ce ne fossero. Uneredit
importante, da rivendicare con orgoglio e da mantenere viva a lungo, nella
convinzione che eccellenza e propensione al dialogo possano e debbano essere i
cardini dellidentit italiana in Europa e nel mondo.
***
Tijekom svoje povijesti talijanski je jezik mogao raunati na dvije bitne karakteristike
svojih govornika: na sposobnost komuniciranja sa svim kulturama, ak i onim udaljenim,
i na sposobnost postizanja izvrsnosti u mnogim sektorima. U Srednjem vijeku isticali su se
trgovci i bankari, u Renesansi umjetnici, arhitekti i veliki teoretiari, u sljedeim stoljeima
glazbenici, glumci, diplomati. Ove karakteristike, pridruene ugledu knjievnosti na kojoj su
se oblikovali intelektualci itave Europe, uinili su da je talijanski, zajedno s velikim jezicima
kontinenta, izgradio europski identitet. U tom dugom prevaljenom putu, talijanski jezik nije
bio nikome nametnut, nije nikada predstavljao tlaiteljsku vlast, nego se predstavljao te je bio
prihvaen i voljen zbog njegovih unutarnjih kvaliteta bez potrebe da vojskom kri svoj put.
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I gemellaggi fra le citt strumento per far crescere la cultura della
cittadinanza europea/ Bratimljenje gradova sredstvo za razvoj
kulture europskoga graanstva
Bruno Bravetti
Forum delle Citt dellAdriatico e dello Ionio
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Bruno Bravetti
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I gemellaggi fra le citt
La mitica musa delle lettere ragusee, famosa per linarrivabile bellezza e la luminosa
intelligenza, nata a Ragusa e sepolta ad Ancona, potrebbe fungere da elegante nume
tutelare di un nuovo rinascimento dello spirito interadriatico. Torquato Tasso ha scritto
per Flora sonetti e madrigali, il filosofo raguseo Nicol Gozze-Guceti ha composto
su sua ispirazione il Dialogo della Bellezza ed il Dialogo dellamore detto Antos. Con tutti
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loro Flora ha condiviso i principi umanistici di una letteratura e di un ecumenismo
mediterraneo.
***
Nakon to je evidentirao mnoge tragove koji nam jo danas priaju povijest i ivot
bezbrojnih jadranskih generacija (meu kojima dva jednaka svetita: Loreta u Markama i
Trsata), autor podsjea na prve ugovore o suradnji koji su sklopljeni 1199. izmeu Ankone
i Dubrovnika, 1236. izmeu Ankone i Trogira, 1248. izmeu Ankone i Zadra, a koje su
u sljedeim stoljeima slijedili mnogi drugi obiljeivi odnose izmeu lokalnih komuna dviju
jadranskih obala.
Premda su esto povijesna zbivanja podizala barijere, ipak meu narodima nisu uspjela
ugasiti osjeaj zajednike pripadnosti, kao to pokazuje cvjetanje posljednjih desetljea brojnih
bratimljenja izmeu gradova, poevi od onih sklopljenih 1970. izmeu Ankone i Splita te
izmeu Pesara i Ljubljane.
Godine 1999, opet u Ankoni, stvoren je trajni Forum jadranskih i jonskih gradova,
jer je svojstveni zadatak gradova obnoviti onaj duh inicijative koji dozvoljava proirenje i
uvrenje Europske Unije u kojoj, u ovo vrijeme globalizacije, jadransko-jonski prostor moe
i mora igrati vanu ulogu.
Autor zakljuuje navodei odlomak dijaloga iz Platonove Republike gdje se hvali
umijee tkanja kao metafora drutvenog i politikog ina te se, nakon to je iskazao
potovanje pjesnikinji Cvijeti Zuzori, zatitnom imenu nove Jadranske renesanse,
zahvaljuje institucijama i enskim likovima koji nastavljaju povezivati dvije obale kako bi
satkali meujadransko platno.
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Notiziario adriatico/Jadranski vijesnik
equoreo-terranee.
Si tratta dunque di un consapevole e coraggioso progetto, teso a dare per
la prima volta una prospettiva unitaria e transnazionale alla letteratura dellarea
(nel rispetto delle sue differenze) e sullarea adriatica, ricostruendone la rete
interletteraria a maglie larghe, di un progetto che apre pionieristicamente una
direzione di ricerca, assai fertile, a mio avviso, di sviluppi.
Esiste una tradizione tipicamente adriatica si chiede Giammarco
nel ricchissimo contesto dei miti mediterranei? Si pu propriamente parlare
di unespansione anche letteraria, dal munifico mare greco allumile sinus
adriaticus, di reperti mitici cos tenacemente radicati in loco da costituire un retaggio
autoctono?.
sulla possibilit di dare una risposta positiva a tali domande che si gioca
evidentemente la tenuta del libro, e la riuscita della impegnativa scommessa. E
in effetti i dati oggettivi rilevati sono molteplici e assai convincenti, attraverso
uninterpretazione originale, capace di rintracciare e seguire lo svolgimento di
motivi archetipici, intrecciando geomorfologia, toponomastica, rotte arcaiche,
mutazioni e lunghe durate allinterno di quel bacino di relazioni che costituisce
il sostrato antropologico-culturale della koin adriatica, a partire dalla preistoria
e dal racconto mitico, dai culti degli eroi dellepica orale e scritta, alla ricerca di
una tradizione adriatica, di una mappa di mitologemi comuni, allinterno del pi
ampio mondo mediterraneo.
In questa prospettiva le antiche testimonianze letterarie, oltre a configurarsi
come rilevanti risorse storiche, costituiscono i tasselli di un immaginario
adriatico che si rinnova nel tempo, rivestendo gli archetipi di nuove forme, in
una ininterrotta fermentazione fino a precipitare nel moderno, a divenire tramite
di confronto-riconoscimento identitario tra le popolazioni di quei territori.
E qui la perizia e la profonda conoscenza delle letterature europee consentono
a Giammarco di seguire con sicurezza, di tenere il filo del suo labirinto mitico
attraverso la modernit, da Omero e Virgilio fino a Coledrige, a Baudelaire, a
DAnnunzio, fino a Comisso, a Marinkovi.
Un aspetto di grande originalit e interesse che presenta la metodologia
adottata costituito dallintreccio dei temi della narrazione con quelli della
natura, attraverso la fissazione dei valori simbolici figurali che si esprimono nella
morfologia adriatica, attraverso la fissazione di una topica di punti-immagini, in
cui riconoscere aspetti e valori condivisi.
Il rapporto tra il mare e le rive, o tra il mare e la montagna, la specificit del
territorio lagunare, il valore e la presenza dellelemento acquatico, di laghi e fiumi
che prolungano col loro snodarsi linfiltrazione del mare nella terra, la forma
di particolare presenza delle isole, divengono altrettanti segnali per una lettura
fondata sullinterrelazione.
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Notiziario adriatico/Jadranski vijesnik
Ancora, di unaltra topica marittima, quella della pericolosit del mare, aperto
agli assalti dei corsari, alle tempeste, ai naufragi, si scopre un inconfondibile
volto adriatico, grazie al sondaggio sullodeporica, in collegamento alla grande
letteratura europea. E attraverso la ricerca si afferma, nella sua singolarit e insieme
nella correlazione rispetto a questa trama pi ampia, la specificit dellapporto
della letteratura italiana, particolarmente dal Sette al Novecento.
In attesa del secondo volume e di quanti altri studi potranno inserirsi nel
nuovo spazio aperto dal Verbo del mare, vorrei, non da ultimo (giacch ha
costituito un vettore di guida della stesura del testo, come della mia lettura)
prendere atto dellimportanza di questo libro nella costruzione, oggi, di una
autentica comunit adriatica.
(Giovanna Scianatico)
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Notiziario adriatico/Jadranski vijesnik
(Raffaele Cavalluzzi)
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Heri dicebamus /Ieri dicevamo
Ricordo di Achille DAlessandri *
* Achille DAlessandri (1944 - 2009) stato Direttore responsabile di Adriatico/Jadran dalla sua
fondazione, nel 2005, sino al 2008.
1 Errori e virt di sette sindaci. Intervista ad Achille DAlessandri , il Centro, 12 novembre 2006, p.
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Heri dicebamus
ribalta, pur trovandosi a gestire quotidianamente per i doveri del suo ufficio
questioni rilevantissime per la citt. Nella stessa occasione disse che apprezzava
del Sindaco allora in carica, Luciano DAlfonso, soprattutto la proiezione []
verso lEst, verso i Balcani [] Per una regione povera come lAbruzzo, che
conta appena un milione di abitanti, il solo modo per realizzare grandi
infrastrutture e attirare gli investimenti quello di dimostrare di avere un
orizzonte pi ampio, capace di creare un grande movimento di uomini e
mezzi. Come si vede, un tema in linea con limpegno culturale portato avanti
da questa rivista, che da giornalista pubblicista fu sempre orgoglioso di firmare.
Profondo conoscitore del diritto, soprattutto di quello amministrativo,
DAlessandri volle sempre coltivare la ricerca in questo campo con una nutrita
produzione pubblicistica cui affianc la collaborazione con la cattedra di
Istituzioni di Diritto presso lUniversit G. dAnnunzio di Chieti-Pescara.
Ma gli studi giuridici non furono il solo alimento della sua conoscenza
vivace e poliedrica. Frequent con passione la letteratura, soprattutto la
narrativa del Novecento e la poesia, prediligendo negli ultimi anni i versi di
Alda Merini. Ma il vero amore intellettuale della sua vita stato larte, coltivata
con inesauribile curiosit, senza preclusioni e con una libert di spirito e una
freschezza di intuizione che colpivano linterlocutore non avvezzo a simili
disposizioni in un dirigente della pubblica amministrazione.
Non a caso DAlessandri amava citare il celebre passo dei Pensieri di Pascal
sulla differenza tra lesprit gomtrique e lesprit de finesse2, a significare che non
basta una conoscenza analitica e razionale, occorre molto di pi, ovvero il
gusto per lumanit, per le tensioni del cuore e dellanimo, una sottigliezza in
grado di intuire verit sfuggenti allangustia delle definizioni.
Anche per questa convinzione profonda, malgrado loperosit della sua
avventura professionale, DAlessandri coltiv sempre la felicit del vivere,
aprendo varchi alla bellezza nelle relazioni umane, nei viaggi, e persino nelle
traversie che non mancarono ai suoi giorni, incluso il male fisico contro cui
combatt coraggiosamente sino alla fine, senza farsene mai domare; anche nei
frequenti viaggi alla ricerca di una terapia, non manc mai di ritagliarsi il tempo
per visitare musei e mostre, se le sue forze glielo consentivano.
Tutti quelli che lo hanno frequentato lo ricordano per lamabilit del
carattere, per larguzia della conversazione, per la generosit dei gesti che
mostravano in lui labito del signore dei tempi antichi. Riflettendo su lui, ho
pensato pi di una volta al celebre giudizio di Talleyrand, secondo il quale chi
non avesse conosciuto gli anni precedenti la fine dellAncien Rgime, non
poteva sapere cosa fosse la dolcezza del vivere.
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Ricordo di Achille DAlessandri
(Marco Presutti)
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