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Lee Teng-hui

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Lee Teng-hui

Presidente della Repubblica di Cina
Durata mandato13 gennaio 1988 –
20 maggio 2000
PredecessoreChiang Ching-kuo
SuccessoreChen Shui-bian

Vicepresidente della Repubblica di Cina
Durata mandato20 maggio 1984 –
13 gennaio 1988
PredecessoreHsieh Tung-ming
SuccessoreLi Yuan-tsu

Presidente del Kuomintang
"ad interim" dal 13 gennaio 1988 al 27 luglio 1988
Durata mandato27 luglio 1988 –
24 marzo 2000
PredecessoreChiang Ching-kuo
SuccessoreLien Chan

Presidente del Governo provinciale di Taiwan
Durata mandato5 dicembre 1981 –
20 maggio 1984
PredecessoreLin Tang-kang
SuccessoreChiu Chuang-huan

Sindaco di Taipei
Durata mandato9 giugno 1978 –
5 dicembre 1981
PredecessoreLin Yang-kang
SuccessoreShao En-hsin

Dati generali
Partito politicoPartito Comunista Cinese
(1946-1948)
Kuomintang
(1971-2001)
Kuomintang
(2001-2020)

Lee Teng-hui (李登輝T, 李登辉S, Lǐ DēnghuīP) (Sanzhi, 15 gennaio 1923Taipei, 30 luglio 2020[1]) è stato un politico taiwanese, presidente dal 1988 al 2000.

Nato a Taipei durante il periodo coloniale giapponese, egli è rimasto nella storia grazie alle sue riforme democratiche e all'inizio del processo di transizione politica nel paese.[2] Con l'introduzione delle prime libere elezioni a Taiwan, è stato eletto presidente della Repubblica di Cina nel 1996, diventando così il primo taiwanese nativo dell'isola (bensheng ren) a ricoprire la carica di capo di Stato e a guidare il Kuomintang.[3]

Nel corso della sua presidenza, ha promosso il concetto di "taiwanizzazione" e ha sostenuto una politica estera più assertiva. I critici lo hanno più volte accusato di tradire gli interessi del suo partito, sostenendo l'indipendenza di Taiwan, e, successivamente, rimanendo coinvolto in processi per corruzione.[2]

Dopo aver lasciato la carica nel 2001, Lee ha abbandonato il Kuomintang e ha fondato l'Unione per la Solidarietà di Taiwan, partito che fa attualmente parte della Coalizione pan-verde, insieme al Partito Progressista Democratico.[4]

In seguito a un lungo ricovero in ospedale, Lee Teng-hui è morto il 30 luglio 2020, all'età di 97 anni.[5]

La formazione

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Lee Teng-hui nacque da una famiglia hakka in una comunità rurale di Sanzhi, presso Taipei, a Taiwan (allora controllata del Giappone).[6][7] Fin da giovane coltivò una passione per il viaggio, divenendo un avido collezionista di francobolli. Sviluppò anche un certo interesse per la cultura giapponese.[6]

Dal momento che suo padre era un funzionario filo-giapponese e suo fratello serviva nella Flotta Imperiale Giapponese, Lee fu inviato a studiare in Giappone, dove si laureò all'Università di Kyoto nel 1946.[6] In questo periodo si appassionò a filosofi giapponesi come Nitobe Inazo e Kitaro Nishida.[8] Lee era presente in Giappone durante le ultime fasi della Seconda guerra mondiale, e aiutò anche a ripulire e riparare Tokyo dopo il bombardamento subito nel marzo 1945.[9]

Dopo la Seconda guerra mondiale e la conquista di Taiwan da parte della Repubblica di Cina, Lee vi fece ritorno ed entrò all'Università Nazionale di Taiwan, dove ottenne un bachelor in agronomia nel 1948.[10]

Benché non fosse un ferrato marxista, Lee entrò nel Partito Comunista Cinese nel 1946 e partecipò alla rivolta di Taiwan, ma uscì ben presto dal Partito; secondo il suo amico Wu Ketai, il Kuomintang era a conoscenza del passato comunista di Lee, ma distrusse opportunamente tutta la documentazione al riguardo.[11]

Nel 1953 Lee completò gli studi negli Stati Uniti con una laurea in economia agricola.[12] Tornò a Taiwan solo nel 1957, al seguito della Joint Commission on Rural Reconstruction (Commissione Congiunta per la Ricostruzione Rurale), sponsorizzata dagli Stati Uniti per modernizzare il sistema agricolo di Taiwan.[12] Nel frattempo lavorò anche come professore aggiunto all'Università Nazionale di Taiwan[13] e ottenne una cattedra nell'Università Nazionale di Chengchi sugli studi est-asiatici.[14]

Benché la sua famiglia fosse di parere contrario, Lee si avvicinò al Cristianesimo e nel 1961 fu battezzato.[9] Era sua usanza tenere sermoni di carattere apolitico, incentrati sul servizio e l'umiltà, anche durante la sua presidenza.[8]

Nella metà degli anni Sessanta, Lee tornò negli Stati Uniti dove, nel 1968, ottenne un PhD sull'economia agricola all'Università Cornell.[6] La sua tesi, Il flusso del capitale intersettoriale nello sviluppo economico di Taiwan, 1895-1960 (lodata come la migliore tesi dell'anno dall'American Association of Agricultural Economics) fu successivamente trasformata in un libro ed è tuttora considerata un importante contributo alla storia dell'economia taiwanese.[15]

Nel corso dei suoi studi, Lee imparò a parlare correttamente taiwanese, giapponese, cinese e inglese.[9][16]

Ascesa al potere

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L'ascesa di Lee agli alti vertici dello Stato fu rapida. Già nel 1971, dopo essersi iscritto al Kuomintang, divenne ministro senza portafoglio per l'agricoltura.[17]

Nel 1978, Lee venne eletto sindaco di Taipei, dove risolse alcuni problemi legati all'irrigazione cittadina;[8] nel 1981 divenne governatore della provincia di Taiwan, carica dalla quale risolse problemi medesimi. Tutto ciò contribuì a rendergli una fama di dirigente capace e competente.[8]

Lee venne notato dal presidente Chiang Ching-kuo, che lo vide come potenziale candidato alla vicepresidenza. Da tempo, egli stava cercando di passare maggior potere ai bensheng ren, ovvero i nativi taiwanesi, a svantaggio dei waisheng ren (i cinesi immigrati a Taiwan dopo la fine della guerra civile cinese). Così, essendo Lee un bensheng ren, venne nominato vicepresidente nel 1984 dall'Assemblea Nazionale.[8]

La presidenza

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Chiang Ching-kuo morì nel gennaio 1988 e Lee gli succedette immediatamente come presidente.[3] Tuttavia, dovette subito fronteggiare l'ostilità della "Fazione del Palazzo" del Kuomintang, guidata dal generale Hau Pei-tsun, che voleva approfittare della morte di Chiang per restituire autorità ai waisheng ren. Tale fazione, che vantava un'influenza non irrilevante ai vertici del Kuomintang, inizialmente riuscì ad impedire a Lee di assumerne la presidenza.[3]

Nonostante la difficile situazione, Lee trovò l'appoggio di James Soong, egli stesso un conservatore, ma che riuscì a moderare le posizioni della linea dura utilizzando il famoso motto "Ogni giorno di ritardo è un giorno di non rispetto per Ching-kuo". Così, non molto tempo dopo, Lee fu in grado di divenire anche presidente del Kuomintang.[18] Al Congresso del Partito che si tenne nel luglio dello stesso anno, Lee costituì un Comitato Centrale di 31 membri, 16 dei quali erano nativi taiwanesi, concedendogli così la maggioranza per la prima volta nella storia della Repubblica di Cina.[3]

Nel tempo, man mano che la sua autorità si fu consolidata, Lee ammorbidì i rapporti con la "Fazione del Palazzo":[19] nel 1989, dopo che il primo ministro Yu Guo-hwa (egli stesso membro della Fazione) si fu dimesso, venne sostituito prima da Lee Huan,[3] quindi dallo stesso generale Hau Pei-tsun.[3] Nel 1990, Lee compì un rimescolamento dello Yuan Esecutivo come aveva fatto con il CC del Kuomintang, sostituendo molti degli anziani waisheng ren con taiwanesi di nascita, molti dei quali avevano ottenuto un PhD negli Stati Uniti d'America; fra questi, Lee riuscì ad imporre il suo alleato Lien Chan come ministro degli Esteri.[3]

Oltre questo, nel 1990 ebbe inizio il Movimento del Giglio Selvatico, una contestazione studentesca che chiedeva la completa restaurazione della democrazia, l'elezione diretta del presidente e del vicepresidente e nuove elezioni per le istituzioni legislative. Circa 300.000 studenti occuparono la Sala Memoriale Nazionale Chiang Kai-shek. Il 21 marzo, Lee accolse gli studenti nel Palazzo Presidenziale e promise di mettere a punto riforme democratiche. Questo è considerato dagli attivisti democratici taiwanesi come il punto più grande del suo mandato.[20]

Nel maggio 1991, Lee abolì i Provvedimenti temporanei effettivi durante il periodo della ribellione comunista, emanati dal Kuomintang nel 1949 e che sospendevano le libertà democratiche.[2] In dicembre, egli obbligò i membri dello Yuan Legislativo a dimettersi e annunciò nuove elezioni, che videro la preminenza dei nativi taiwanesi e obbligarono Hau Pei-tsun a lasciare la carica di primo ministro, che andò poi a Lien Chan.[3]

La presidenza di Lee vide il cosiddetto "movimento di localizzazione": se infatti durante il regime di Chiang Kai-shek e Chiang Ching-kuo i costumi taiwanesi erano stati rigettati in favore di quelli continentali, e la stessa Taiwan era vista come una remota provincia cinese nei libri di storia, ora venivano promossi i costumi, la letteratura e l'arte tipici di Taiwan, il che vide un grande sostegno da parte del movimento letterario, ma una ferrea opposizione dei settori più conservatori del Kuomintang.[21]

Durante una visita all'Università Cornell, nel giugno 1995, Lee annunciò pubblicamente che presto si sarebbero tenute le prime elezioni dirette del presidente della Repubblica.[19] La Repubblica Popolare Cinese (RPC) accusò Lee di avere orchestrato questa mossa per "spaccare la patria" e diedero inizio ad una serie di test missilistici provocatori intorno a Taiwan. Questo provocò una temporanea depressione del mercato asiatico per l'interruzione delle rotte commerciali.[3] Nonostante la volontà della RPC, queste attività sortirono l'effetto contrario.[22]

Il 23 marzo 1996, Lee Teng-hui venne eletto presidente con il 54% dei voti.[3]

La cacciata dal Kuomintang

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Osservando i limiti del mandato imposti dalla Costituzione, Lee rassegnò le dimissioni nel 2000 e venne sostituito dal candidato del Partito Progressista Democratico, Chen Shui-bian. Questo segnò la fine del dominio incontrastato del Kuomintang sulla politica taiwanese.[23]

I sostenitori di Lien Chan e James Soong accusarono Lee di essere il responsabile della sconfitta, in quanto egli aveva scelto Lien al posto del più popolare Soong come candidato presidenziale del Kuomintang.[24] Questo portò James Soong ad abbandonare il Kuomintang e a correre da solo. Diversi membri del GMD lo accusarono di stare segretamente sostenendo il governo di Chen Shui-bian, di essere responsabile della scissione e, nei casi più estremi, di sabotare il Kuomintang stesso e sostenere l'indipendenza taiwanese (cui il Kuomintang si oppone in vista della riunificazione della Cina sotto la Repubblica di Cina).[2] La situazione insostenibile portò Lee a rassegnare le dimissioni da presidente del partito il 24 marzo 2000 e fu espulso in dicembre. Le accuse che gli furono mosse riguardarono anche la questione del passaggio di potere ai taiwanesi nativi.[2]

Attività recenti

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A seguito della sua espulsione, Lee si pose in contraddizione con i candidati presidenziali del suo precedente partito e contribuì invece al consolidamento dell'alleanza fra il Partito Progressista Democratico, l'Unione per la Solidarietà di Taiwan e il Partito per l'Indipendenza di Taiwan (la "coalizione pan-verde").[4] Egli espresse anche il proprio favore alla trasformazione della Repubblica di Cina nella Repubblica di Taiwan, completando così l'indipendenza dell'isola; a sostegno di questa asserzione, Lee affermò che l'identità cinese e quella taiwanese sono separate e inconciliabili.[25]

Riguardo alla crescita economica della Repubblica Popolare Cinese, Lee sostenne che è stata sopravvalutata e che l'economia della RPC è destinata a collassare inesorabilmente. Ironicamente, usando una metafora tipica di Mao Zedong, Lee una volta affermò che la forza militare ed economica della RPC è una "tigre di carta".

Durante le elezioni del 2004, Lee sostenne la candidatura di Chen Shui-bian, il quale propose una piattaforma che integrava molte delle idee politiche di Lee. Questo portò a preoccupazioni tanto nella Repubblica Popolare Cinese, quanto negli Stati Uniti d'America, in quanto la RPC temeva la proclamazione dell'indipendenza, gli USA il cambiamento radicale dello status quo. Nel dicembre 2003, il presidente George W. Bush criticò pubblicamente Chen Shui-bian; si ritenne che tale critica fosse orientata proprio ad evitare questo pericolo. Infatti, dopo la sua rielezione, Chen annunciò pubblicamente che la Repubblica di Cina sarebbe rimasta e che avrebbe anzi intavolato relazioni economiche più strette con la Repubblica Popolare Cinese. Questo portò alla rottura dei suoi rapporti con Lee.

Nel febbraio 2007, Lee sorprese i media annunciando che non è mai stato un sostenitore dell'indipendenza di Taiwan, mentre anzi sostenne l'apertura del commercio e del turismo con la Repubblica Popolare Cinese.[26] Egli chiarì successivamente che, dal momento che Taiwan è già indipendente di fatto, non dovrebbe proclamare ufficialmente la propria indipendenza rischiando così ripercussioni. Lee restò comunque un sostenitore della Repubblica di Taiwan.

Lee Teng-hui è morto il 30 luglio 2020, all'età di 97 anni, presso il Taipei Veterans General Hospital, a causa di uno shock settico e di una multipla insufficienza organica, dopo un ricovero di oltre cinque mesi.[5]

La presidente Tsai Ing-wen ha indetto i funerali di Stato, che si sono svolti il 14 agosto. Dal 1 al 16 agosto 2020, è stato aperto al pubblico un luogo commemorativo presso la Taipei Guest House, dove le persone hanno potuto rendere omaggio a Lee. Successivamente, il corpo di Lee è stato cremato e le sue ceneri sono state sepolte nel Cimitero Militare del Monte Wuzhi. Tutte le bandiere nazionali presso le istituzioni governative sono state poste a mezz'asta per tre giorni.[27]

Il 30 giugno 2011, Lee, insieme all'ex finanziere del Kuomintang, Liu Tai-ying, è stato incriminato per reati di corruzione e riciclaggio di denaro, con l'accusa di aver sottratto indebitamente 7,79 milioni di dollari di fondi pubblici.[28] Il 15 novembre 2013, è stato assolto dalla Corte distrettuale di Taipei.[29] Gli accusatori hanno presentato un appello contro la decisione, ma, il 20 agosto 2014, Lee è stato nuovamente scagionato dalle accuse.[30]

  1. ^ (EN) Taiwan’s former leader Lee Teng-hui dies in hospital at 97, su scmp.com. URL consultato il 30 luglio 2020.
  2. ^ a b c d e (EN) Tieh-chih Chang, Review of Sayonara to the Lee Teng-hui Era: Politics in Taiwan, 1988-2000, in American Journal of Chinese Studies, vol. 12, n. 1, 2005, pp. 85–87. URL consultato il 18 settembre 2023.
  3. ^ a b c d e f g h i j (EN) Denny Roy, Taiwan: A Political History, Cornell University Press, 2003, ISBN 978-0-8014-4070-0. URL consultato il 18 settembre 2023.
  4. ^ a b (EN) Taiwan's KMT expels former president, 21 settembre 2001. URL consultato il 18 settembre 2023.
  5. ^ a b (EN) Former president who brought direct elections to Taiwan dies, su AP News, 31 luglio 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  6. ^ a b c d (EN) Ralph Jennings, Lee Teng-hui, former president of Taiwan, dies at 97, su Los Angeles Times, 30 luglio 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  7. ^ (EN) John F. Copper, Remembering President Lee Teng-hui, su Taiwan Insight, 11 agosto 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  8. ^ a b c d e (EN) Richard C. Kagan, Taiwan's Statesman: Lee Teng Hui and Democracy in Asia, Naval Institute Press, 15 ottobre 2014, ISBN 978-1-61251-755-1. URL consultato il 18 settembre 2023.
  9. ^ a b c (EN) S. Tsai, Lee Teng-hui and Taiwan's Quest for Identity, Springer, 2 settembre 2005, ISBN 978-1-4039-7717-5. URL consultato il 18 settembre 2023.
  10. ^ (EN) Lee Teng-hui, Ph.D. ’68, former Taiwan president, dies at 97 | CALS, su cals.cornell.edu, 3 agosto 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  11. ^ (EN) Dennis V. Hickey, Foreign Policy Making in Taiwan: From Principle to Pragmatism, Routledge, 5 dicembre 2006, ISBN 978-1-134-00305-1. URL consultato il 18 settembre 2023.
  12. ^ a b (EN) Clyde Haberman e Special To the New York Times, MAN IN THE NEWS: Lee Teng-hui; Taiwan's Leader and Son of the Soil, in The New York Times, 15 gennaio 1988. URL consultato il 18 settembre 2023.
  13. ^ (EN) S. Tsai, Lee Teng-hui and Taiwan's Quest for Identity, Springer, 2 settembre 2005, ISBN 978-1-4039-7717-5. URL consultato il 18 settembre 2023.
  14. ^ (EN) Taiwan Today - Lee Teng-hui: From scholar to statesman, su Wayback Machine, 4 novembre 2014. URL consultato il 18 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 4 novembre 2014).
  15. ^ (EN) TRANSFORMING AGRICULTURE AND THE NATIONAL ECONOMY IN TAIWAN: LEE TENG-HUI AND THE JOINT COMMISSION ON RURAL RECONSTRUCTION (JCRR) (PDF), su Wayback Machine. URL consultato il 18 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 4 novembre 2014).
  16. ^ (EN) Qingxin Ken Wang, Japan's Balancing Act in the Taiwan Strait, in Security Dialogue, vol. 31, n. 3, 2000-09, pp. 337–342, DOI:10.1177/0967010600031003007. URL consultato il 18 settembre 2023.
  17. ^ (EN) Ministry of Foreign Affairs, Republic of China (Taiwan), The Soul of a Statesman, su Taiwan Today, 1º aprile 2008. URL consultato il 18 settembre 2023.
  18. ^ (EN) The many faces of James Soong - Taipei Times, su Taipei Times, 15 marzo 2000. URL consultato il 18 settembre 2023.
  19. ^ a b (EN) Former President Who Brought Direct Elections to Taiwan Dies | Time, su Wayback Machine, 31 luglio 2020. URL consultato il 18 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 31 luglio 2020).
  20. ^ (EN) TSU proposes changing date of Youth Day to March 21 - Taipei Times, su Taipei Times, 22 marzo 2005. URL consultato il 18 settembre 2023.
  21. ^ (EN) Farewell Lee Teng-hui, in Wall Street Journal, 24 marzo 2000. URL consultato il 18 settembre 2023.
  22. ^ (EN) Patrick E. Tyler, TENSION IN TAIWAN: THE POLITICS;War Games Play Well for Taiwan's Leader, in The New York Times, 22 marzo 1996. URL consultato il 18 settembre 2023.
  23. ^ The Overview: After 50 Years, Nationalists Are Ousted in Taiwan Vote, su archive.nytimes.com. URL consultato il 18 settembre 2023.
  24. ^ (EN) Taiwan's 'Mr Democracy' Lee Teng-hui championed island, defied China, in Reuters, 30 luglio 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  25. ^ (EN) Lee urges 'Taiwan' name change - The China Post, su Wayback Machine, 3 marzo 2016. URL consultato il 18 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  26. ^ (EN) Lu ‘astonished’ by Lee’s about turn on Taiwan independence | The China Post, Taiwan, su Wayback Machine, 28 settembre 2020. URL consultato il 18 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2020).
  27. ^ (EN) Lee Teng-hui memorial to be open to public from Aug. 1-16 - Focus Taiwan, su Focus Taiwan - CNA English News, 31 luglio 2020. URL consultato il 18 settembre 2023.
  28. ^ (EN) Taiwan ex-President Lee Teng-hui 'embezzled $7.8m', in BBC News, 30 giugno 2011. URL consultato il 18 settembre 2023.
  29. ^ (EN) Court rules in favor of Lee Teng-hui in embezzlement case - Taipei Times, su Taipei Times, 16 novembre 2013. URL consultato il 18 settembre 2023.
  30. ^ (EN) Ex-president Lee found not guilty of corruption in retrial - Focus Taiwan, su Focus Taiwan - CNA English News, 20 agosto 2014. URL consultato il 18 settembre 2023.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Sindaco di Taipei Successore
Lin Yang-kang 1978–1981 Shao En-hsin

Predecessore Governatore della Provincia di Taiwan Successore
Lin Yang-kang 1981–1984 Chiu Chuang-huan

Predecessore Vicepresidente della Repubblica di Cina Successore
Hsieh Tung-ming 1984–1988 Lee Yuan-tsu

Predecessore Presidente della Repubblica di Cina Successore
Chiang Ching-kuo 1988–2000 Chien Shui-bian

Predecessore Presidente del Kuomintang Successore
Chiang Ching-kuo 1988–2000 Lien Chan
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