Books by Alessandro Bertinetto
AbiTO. Abitudini estetiche e arte contemporanea. Il caso Torino, 2024
In questo volume, dal forte tratto interdisciplinare, sono raccolti contributi
che affrontano il ... more In questo volume, dal forte tratto interdisciplinare, sono raccolti contributi
che affrontano il tema delle abitudini estetiche sia dal punto di vista teorico che da quello pratico e applicativo. Infatti, le abitudini sono un aspetto fondamentale dell’esistenza delle persone. Spesso le diamo per scontate, ma in realtà sono dotate di una profonda dimensione sociale, culturale ed estetica. Le abitudini, che organizzano le specifiche forme di vita di un’epoca e di una cultura, assumono la dimensione di stili collettivi
che ne manifestano lo specifico ethos e forgiano esteticamente anche i luoghi dove le diverse pratiche umane vengono esercitate. Così, l’ambiente urbano è espressione delle abitudini che organizzano e regolano la vita di una cultura, dando forma a risorse, capacità e attitudini percettive, affettive, espressive, simboliche, cognitive ed immaginative.
Il volume è il frutto di un dialogo tra la filosofia (in particolare, l’estetica), la
storia dell’arte, la sociologia urbana, l’antropologia culturale e l’autoriflessione di artiste e artisti, avviato in occasione di seminari organizzati nell’ambito del progetto Abi.To - Abitudini estetiche Torino, curato dai dipartimenti di Filosofia e Scienze dell’Educazione e di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio di Università e Politecnico di Torino. Come sono cambiate le abitudini estetiche dei Torinesi nel corso del tempo? Che ruolo ha avuto nel trasformare l’immaginario su Torino il notevole incremento di opere d’arte negli spazi urbani? Quale bilancio si può fare delle diverse esperienze di arte pubblica e quali spunti si possono trarre dall’analisi delle dinamiche e delle pratiche in gioco? Questo volume si confronta con queste e altre questioni, cercando di offrire un contributo per comprendere i nessi tra abitudini estetiche, pratiche artistiche e contesti sociali e spaziali.
Aesthetics of Improvisation, 2022
This essay develops a theory of improvisation as practice of aesthetic sense-making. While consid... more This essay develops a theory of improvisation as practice of aesthetic sense-making. While considering all arts, references are made to many concrete cases. A topic in vogue since the XX. century, as evidenced by the great philosophers who were interested in it (Ryle, Derrida, Eco among others), improvisation, a felicitous mixture of habit and creativity, norm and freedom, is constitutive of human action. Human practices-including very well-regulated activities such as playing chess, piloting airplanes, or medicine-permit and often require it to varying degrees. Improvisation is also the true source of artistic experience. Consequently, the aesthetics of improvisation result in a philosophy of art: Art was born as improvisation. Yet improvisation has its own aesthetic dimension: that of a "grammar of contingency" in which notions such as emergence, presence, curiosity and authenticity explain the pleasures of joyful adventure and empathic involvement elicited by improvisation.
ATHANASIUS KIRCHER L'IDEA DI SCIENZA UNIVERSALE A CURA DI FEDERICO VERCELLONE E ALESSANDRO B... more ATHANASIUS KIRCHER L'IDEA DI SCIENZA UNIVERSALE A CURA DI FEDERICO VERCELLONE E ALESSANDRO BERTINETTO MIMESIS MORPHÉ ... MORPHÉ Collana diretta dit Olaf Breidhach e Federico Verrettone ... ATHANASIUS KIRCHER E L'IDEA DI SCIENZA UNIVERSALE a ...
THE ROUTLEDGE HANDBOOK OF PHILOSOPHY AND IMPROVISATION IN THE ARTS, 2021
"THE ROUTLEDGE HANDBOOK OF PHILOSOPHY AND IMPROVISATION
IN THE ARTS": out in 2021.
My contributio... more "THE ROUTLEDGE HANDBOOK OF PHILOSOPHY AND IMPROVISATION
IN THE ARTS": out in 2021.
My contribution is about "Improvisation in Cooking and Tasting"
Seit den Anfängen der Philosophie in der Antike bis heute währt das Fragen um das Nichts. Dabei s... more Seit den Anfängen der Philosophie in der Antike bis heute währt das Fragen um das Nichts. Dabei steht es in unterschiedlichen Kontexten: Theologie, Ontologie, Ethik, Erkenntnistheorie, Logik und Ästhetik. Trotz einer unleugbaren Kontinuität zur antiken und mittelalterlichen Beschäftigung mit dem Nichts bildet die europäische Moderne eine origenäre und innovative Erkenntnis und Erfahrung des Nichts aus, die nicht zuletzt das Aufkommen des Nihilismus bescheinigt. Dieser Band versucht einen umfassenden Blick auf das Themenfeld «Nichts – Negation – Nihilismus» zu werfen und insbesondere zu erörtern, worin die Kontinuität und Diskontinuität der europäischen Moderne zu Antike und Mittelalter bestehen.
Estetica dell'improvvisazione, 2021
L'improvvisazione è un tema in auge fin dal secolo scorso, come testimoniano i grandi nomi dei fi... more L'improvvisazione è un tema in auge fin dal secolo scorso, come testimoniano i grandi nomi dei filosofi che se ne sono interessati, fra gli altri Derrida ed Eco. Felice miscela di abitudine e creatività, di norma e libertà, l’improvvisazione è costitutiva dell’agire. La consentono e spesso la richiedono in gradi variabili molte pratiche umane anche ben regolamentate, come il gioco degli scacchi, il pilotaggio di aeroplani o la medicina. Ed è anche la sorgente stessa dell’esperienza artistica. L’arte nasce come improvvisazione, eppure quest’ultima ha una sua dimensione estetica specifica: quella di una «grammatica della contingenza» in cui nozioni quali emergenza, presenza, curiosità e autenticità spiegano il piacere dell’avventura improvvisativa e il coinvolgimento empatico che essa può generare. Questo libro propone una teoria estetica generale dell’improvvisazione nell’arte, in tutte le arti, performative e non, in riferimento a molti casi concreti.
Alessandro Bertinetto è professore di Filosofia nell’Università di Torino, dove insegna Philosophy of Music, Estetica moderna e contemporanea ed Estetica delle arti performative. Tra le sue pubblicazioni: «Il pensiero dei suoni» (Bruno Mondadori, 2012), «Eseguire l’inatteso» (Il Glifo, 2016) e «The Routledge Handbook of Philosophy and Improvisation in the Arts» (curato con M. Ruta, 2021).
THE ROUTLEDGE HANDBOOK OF PHILOSOPHY AND IMPROVISATION IN THE ARTS, 2021
Pensée des sons. Thèmes de philosophie de la musique. Delatour, Paris, 2017
Capable de séduire notre sensibilité comme de stimuler notre activité intellectuelle, la musique ... more Capable de séduire notre sensibilité comme de stimuler notre activité intellectuelle, la musique offre à la philosophie un terrain particulièrement riche, tant elle encourage l'exercice de la réflexion. Le philosophe Alessandro Bertinetto réfléchit dans ce livre sur certains des principaux thèmes de l'esthétique de la musique.
Il bello dell'esperienza. La nuova estetica tedesca, 2016
poteva aver dato l'impressione di essersi ritirata dal dibattito contemporaneo sulla filosofia de... more poteva aver dato l'impressione di essersi ritirata dal dibattito contemporaneo sulla filosofia dell'arte e sull'esperienza estetica, restringendo il campo di ricerca alle novità di discipline tanto ampiamente trasversali quanto decisamente settoriali, tra le quali la bildwissenschaft (la scienza dell'immagine) non è che un (significativo) esempio. I pensatori tedeschi sembravano aver lasciato ai filosofi analitici angloamericani sia l'esclusiva del dibattito sulla questione dell'arte sia la sottigliezza delle risposte alla domanda 'che cos'è l'opera d'arte?' e ai philosophes d'Oltralpe (i vari Jacques Rancière, Alain Badiou, Jean-Luc Nancy) il diritto di occuparsi della specificità del regime estetico e del rapporto tra la dimensione estetica, la politica e la società.
Las Artes y la Filosofía, Nov 30, 2016
L'improvvisazione musicale è un processo in cui invenzione ed esecuzione coincidono. Questo libro... more L'improvvisazione musicale è un processo in cui invenzione ed esecuzione coincidono. Questo libro ne spiega l'ontologia, esaminandone le proprietà e gli aspetti teorici. La tesi proposta, entrando nel vivo del dibattito filosofico e musicologico, è che attraverso l'improvvisazione si possa riconfigurare l'ontologia della musica, rendendola coerente con le pratiche artistiche e la loro esperienza estetica. Eseguendo l'inatteso, l'improvvisazione ci fa ascoltare l'inaudita bellezza della musica.
Il pensiero dei suoni. Temi di filosofia della filosofia della musica.
(Bruno Mondadori, Milano, ... more Il pensiero dei suoni. Temi di filosofia della filosofia della musica.
(Bruno Mondadori, Milano, 2012)
Spaziando tra filosofia analitica ed ermeneutica, tra pensiero critico e fenomenologia, tra
pragmatismo e “new musicology”. il volume offre un’agile presentazione critica del
dibattito contemporaneo sui principali problemi della filosofia della musica.
L'approccio è problematico, piuttosto che storico. Questo consente di individuare e
articolare snodi tematici in grado di rispondere a problemi che interessano non solo chi si
occupa di filosofia e di estetica musicale, ma anche e soprattutto chi pratica o
semplicemente ascolta la musica nelle sue diverse manifestazioni: che cos’è la musica? La
musica è l'unica arte dei suoni? Qual è il rapporto tra la musica e le altre arti? La musica è
un puro gioco di sensazioni sonore o può comunicare contenuti e significati? Si può parlare
di rappresentazione e di narrazione musicale? In che senso un brano musicale è, triste,
malinconico, irriverente? La musica ha una dimensione etica? Il libro discute, confronta e
critica le risposte che le teorie oggi più accreditate danno a queste e a altre domande.
L’introduzione (Preludio; pp. 1-4) s’interroga su come sia possibile parlare di musica. Se
“parlare di musica” fosse come “ballare circa l’architettura” come disse Frank Zappa, ogni
tentativo di riflettere sull’esperienza musicale sarebbe destinato al fallimento. Ma il volume
dimostra che non è così.
L’espressione ”Il pensiero dei suoni” può essere intesa in due modi. Secondo il primo la
musica può costruire edifici filosofici e presentare profonde concezioni del mondo; in
questo senso musicisti e compositori hanno influenzato i filosofi (Schönberg ha influenzato
Adorno) e i filosofi per parte loro i musicisti (il pensiero di Nietzsche non è estraneo alla
musica di Strauss). Per il secondo la musica è invece da intendersi come oggetto di
riflessione filosofica, dato che la stessa capacità della musica di esprimere o
rappresentare idee ed aspetti del mondo è tema di discussione. La strada scelta nel libro è
piuttosto la seconda.
Tre sono i temi principali in cui si articola il volume. Ad essi sono dedicati i tre capitoli di
cui si compone.
I. Il primo capitolo (Che cos’è la musica?; pp. 5-54) discute l’idea della musica come arte
dei suoni. Sembra una definizione scontata, ma non lo è, se consideriamo che 1. la
musica, in Occidente, non è stata sempre considerata un’arte, ma, tra l’altro, una scienza,
2. non sempre la dimensione sonora della percezione acustica è stata ed è ritenuta
necessaria alla musica, 3. la distinzione tra il concetto descrittivo di musica e le concezioni
valutative non è netta, 4. non tutte le culture possiedono il concetto di musica e infine 5.
la musica potrebbe non essere l’unica arte acustica.
Il percorso storico parte da Pitagora e Platone (che consideravano la musica una scienza
legata alla matematica, in cui l’elemento acustico era secondario), ha una importante
tappa tra ’700 e ‘800 (quando la musica è entrata a far parte del novero delle belle arti) e
attraversa il ‘900, quando con l’atonalità, il serialismo, la musica acusmatica e aleatoria,
con il jazz, il rock e il pop, ma soprattutto con John Cage, esplode il problema della
comprensione di che cos’è musica. Su questa base – questa la tesi – offrire una plausibile
spiegazione (estetica ed artistica) dei fenomeni musicali significa accettare tra l’altro l’idea
che la musica non sia l’unica arte dei suoni.
II. Il secondo capitolo (Forma insignificante? Il problema del contenuto e del significato
musicale; pp. 49-98) affronta la questione del significato musicale. Il formalismo sostiene
che la musica è radicalmente diversa dalle altre arti: mentre letteratura, cinema, pittura,
scultura ecc. presentano contenuti mediante l’imitazione, la raffigurazione, l’espressione, la
narrazione e la rappresentazione, la musica, qualora non sia accompagnata da parole,
immagini o passi di danza, non ha significati. La musica strumentale è priva di contatti con
il mondo e gran parte del suo fascino, e della sua eccellenza rispetto ad altre arti,
consisterebbe nel farci evadere dalla realtà. Questo è il senso della celebre frase di Walter
Pater per cui ”tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della musica“. La musica
strumentale sarebbe un’arte decorativa, piacevole per i suoi elementi strutturali che la
farebbero assomigliare a una sorta di caleidoscopio sonoro.
Bertinetto difende invece la capacità della musica di presentare (evocare, manifestare, ma
anche rappresentare, narrare) contenuti e nega che il formalismo riesca a spiegare le
nostre esperienze musicali.
Particolare rilievo viene dato all’analogia tra musica e linguaggio da molti ritenuta
indubitabile. Anche se mancasse completamente la dimensione referenziale, non è detto
che altri aspetti (paralinguistici, gestuali) non possano confermare la bontà di questa
ipotesi, peraltro corroborata da studi neurologici e cognitivi. Ma pur decidendo di ignorare
il potere rappresentazionale e narrativo della musica, sembra ingiustificato negare la
connessione tra esperienza musicale ed esperienza mondana (variamente spiegata da
Dewey o Goodman per es.) la dimensione ermeneutica e il carattere performativo
dell’esperienza musicale. Si può forse ipotizzare, allora, che le arti aspirino alla condizione
della musica non per il suo carattere formale, ma per il suo potere evocativo e per la sua
rara capacità di mettere in relazione persone.
III. D’altronde, anche a chi nega alla musica la possibilità di riferirsi al mondo pare
incontestabile che la musica esprima emozioni Riusciamo a dire facilmente se un
passaggio musicale è triste, allegro, ansioso, tranquillo, così come non abbiamo difficoltà a
capire se una persona è triste, allegra, ansiosa, tranquilla. Inoltre la musica ha effetti su di
noi: ci commuove, ci rilassa, ci eccita. Tuttavia, per quanto la relazione tra musica ed
emozioni appaia scontata, non lo sono le sue cause: la loro comprensione costituisce un
interessante problema filosofico, che è discusso nel terzo capitolo del libro (Una scienza
emozionale?; pp. 99-154).
Sin dall’antichità si è sostenuto che per la sua espressività la musica influisce, nel bene e
nel male, sull’animo umano. Oggi il dibattito è vivo e aperto. Pochi negano il rapporto tra
la musica e le emozioni. Ma dato che la musica non è un essere vivente e non prova
emozioni, come può esprimerle? Le risposte a questo problema sono polarizzate intorno a
due grandi modelli. Secondo il primo descriviamo la musica come triste o gioiosa, perché
in se stessa triste o gioiosa. In base al secondo definiamo una musica come triste o
allegra, perché suscita queste emozioni nell’ascoltatore o almeno comporta l’esplorazione
attiva di quelle emozioni da parte dell’ascoltatore. Questa ipotesi sembra meglio riuscire a
spiegare la capacità della musica di contagiare emotivamente chi ne fa esperienza, così
come quella di generare atmosfere affettive. Ed è inoltre meglio attrezzata per chiarire la
dimensione etica dell’esperienza musicale e in particolare le sue capacità di fornire
Morphé ALESSANDRO BERTINETTO LA FORZA DELL'IMMAGINE Argomentazione trascendentale e ricorsività n... more Morphé ALESSANDRO BERTINETTO LA FORZA DELL'IMMAGINE Argomentazione trascendentale e ricorsività nella fi losofi a di J.G. Fichte
Autocoscienza e soggettività nel pensiero di Manfred Frank, 1998
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Books by Alessandro Bertinetto
che affrontano il tema delle abitudini estetiche sia dal punto di vista teorico che da quello pratico e applicativo. Infatti, le abitudini sono un aspetto fondamentale dell’esistenza delle persone. Spesso le diamo per scontate, ma in realtà sono dotate di una profonda dimensione sociale, culturale ed estetica. Le abitudini, che organizzano le specifiche forme di vita di un’epoca e di una cultura, assumono la dimensione di stili collettivi
che ne manifestano lo specifico ethos e forgiano esteticamente anche i luoghi dove le diverse pratiche umane vengono esercitate. Così, l’ambiente urbano è espressione delle abitudini che organizzano e regolano la vita di una cultura, dando forma a risorse, capacità e attitudini percettive, affettive, espressive, simboliche, cognitive ed immaginative.
Il volume è il frutto di un dialogo tra la filosofia (in particolare, l’estetica), la
storia dell’arte, la sociologia urbana, l’antropologia culturale e l’autoriflessione di artiste e artisti, avviato in occasione di seminari organizzati nell’ambito del progetto Abi.To - Abitudini estetiche Torino, curato dai dipartimenti di Filosofia e Scienze dell’Educazione e di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio di Università e Politecnico di Torino. Come sono cambiate le abitudini estetiche dei Torinesi nel corso del tempo? Che ruolo ha avuto nel trasformare l’immaginario su Torino il notevole incremento di opere d’arte negli spazi urbani? Quale bilancio si può fare delle diverse esperienze di arte pubblica e quali spunti si possono trarre dall’analisi delle dinamiche e delle pratiche in gioco? Questo volume si confronta con queste e altre questioni, cercando di offrire un contributo per comprendere i nessi tra abitudini estetiche, pratiche artistiche e contesti sociali e spaziali.
IN THE ARTS": out in 2021.
My contribution is about "Improvisation in Cooking and Tasting"
Alessandro Bertinetto è professore di Filosofia nell’Università di Torino, dove insegna Philosophy of Music, Estetica moderna e contemporanea ed Estetica delle arti performative. Tra le sue pubblicazioni: «Il pensiero dei suoni» (Bruno Mondadori, 2012), «Eseguire l’inatteso» (Il Glifo, 2016) e «The Routledge Handbook of Philosophy and Improvisation in the Arts» (curato con M. Ruta, 2021).
(Bruno Mondadori, Milano, 2012)
Spaziando tra filosofia analitica ed ermeneutica, tra pensiero critico e fenomenologia, tra
pragmatismo e “new musicology”. il volume offre un’agile presentazione critica del
dibattito contemporaneo sui principali problemi della filosofia della musica.
L'approccio è problematico, piuttosto che storico. Questo consente di individuare e
articolare snodi tematici in grado di rispondere a problemi che interessano non solo chi si
occupa di filosofia e di estetica musicale, ma anche e soprattutto chi pratica o
semplicemente ascolta la musica nelle sue diverse manifestazioni: che cos’è la musica? La
musica è l'unica arte dei suoni? Qual è il rapporto tra la musica e le altre arti? La musica è
un puro gioco di sensazioni sonore o può comunicare contenuti e significati? Si può parlare
di rappresentazione e di narrazione musicale? In che senso un brano musicale è, triste,
malinconico, irriverente? La musica ha una dimensione etica? Il libro discute, confronta e
critica le risposte che le teorie oggi più accreditate danno a queste e a altre domande.
L’introduzione (Preludio; pp. 1-4) s’interroga su come sia possibile parlare di musica. Se
“parlare di musica” fosse come “ballare circa l’architettura” come disse Frank Zappa, ogni
tentativo di riflettere sull’esperienza musicale sarebbe destinato al fallimento. Ma il volume
dimostra che non è così.
L’espressione ”Il pensiero dei suoni” può essere intesa in due modi. Secondo il primo la
musica può costruire edifici filosofici e presentare profonde concezioni del mondo; in
questo senso musicisti e compositori hanno influenzato i filosofi (Schönberg ha influenzato
Adorno) e i filosofi per parte loro i musicisti (il pensiero di Nietzsche non è estraneo alla
musica di Strauss). Per il secondo la musica è invece da intendersi come oggetto di
riflessione filosofica, dato che la stessa capacità della musica di esprimere o
rappresentare idee ed aspetti del mondo è tema di discussione. La strada scelta nel libro è
piuttosto la seconda.
Tre sono i temi principali in cui si articola il volume. Ad essi sono dedicati i tre capitoli di
cui si compone.
I. Il primo capitolo (Che cos’è la musica?; pp. 5-54) discute l’idea della musica come arte
dei suoni. Sembra una definizione scontata, ma non lo è, se consideriamo che 1. la
musica, in Occidente, non è stata sempre considerata un’arte, ma, tra l’altro, una scienza,
2. non sempre la dimensione sonora della percezione acustica è stata ed è ritenuta
necessaria alla musica, 3. la distinzione tra il concetto descrittivo di musica e le concezioni
valutative non è netta, 4. non tutte le culture possiedono il concetto di musica e infine 5.
la musica potrebbe non essere l’unica arte acustica.
Il percorso storico parte da Pitagora e Platone (che consideravano la musica una scienza
legata alla matematica, in cui l’elemento acustico era secondario), ha una importante
tappa tra ’700 e ‘800 (quando la musica è entrata a far parte del novero delle belle arti) e
attraversa il ‘900, quando con l’atonalità, il serialismo, la musica acusmatica e aleatoria,
con il jazz, il rock e il pop, ma soprattutto con John Cage, esplode il problema della
comprensione di che cos’è musica. Su questa base – questa la tesi – offrire una plausibile
spiegazione (estetica ed artistica) dei fenomeni musicali significa accettare tra l’altro l’idea
che la musica non sia l’unica arte dei suoni.
II. Il secondo capitolo (Forma insignificante? Il problema del contenuto e del significato
musicale; pp. 49-98) affronta la questione del significato musicale. Il formalismo sostiene
che la musica è radicalmente diversa dalle altre arti: mentre letteratura, cinema, pittura,
scultura ecc. presentano contenuti mediante l’imitazione, la raffigurazione, l’espressione, la
narrazione e la rappresentazione, la musica, qualora non sia accompagnata da parole,
immagini o passi di danza, non ha significati. La musica strumentale è priva di contatti con
il mondo e gran parte del suo fascino, e della sua eccellenza rispetto ad altre arti,
consisterebbe nel farci evadere dalla realtà. Questo è il senso della celebre frase di Walter
Pater per cui ”tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della musica“. La musica
strumentale sarebbe un’arte decorativa, piacevole per i suoi elementi strutturali che la
farebbero assomigliare a una sorta di caleidoscopio sonoro.
Bertinetto difende invece la capacità della musica di presentare (evocare, manifestare, ma
anche rappresentare, narrare) contenuti e nega che il formalismo riesca a spiegare le
nostre esperienze musicali.
Particolare rilievo viene dato all’analogia tra musica e linguaggio da molti ritenuta
indubitabile. Anche se mancasse completamente la dimensione referenziale, non è detto
che altri aspetti (paralinguistici, gestuali) non possano confermare la bontà di questa
ipotesi, peraltro corroborata da studi neurologici e cognitivi. Ma pur decidendo di ignorare
il potere rappresentazionale e narrativo della musica, sembra ingiustificato negare la
connessione tra esperienza musicale ed esperienza mondana (variamente spiegata da
Dewey o Goodman per es.) la dimensione ermeneutica e il carattere performativo
dell’esperienza musicale. Si può forse ipotizzare, allora, che le arti aspirino alla condizione
della musica non per il suo carattere formale, ma per il suo potere evocativo e per la sua
rara capacità di mettere in relazione persone.
III. D’altronde, anche a chi nega alla musica la possibilità di riferirsi al mondo pare
incontestabile che la musica esprima emozioni Riusciamo a dire facilmente se un
passaggio musicale è triste, allegro, ansioso, tranquillo, così come non abbiamo difficoltà a
capire se una persona è triste, allegra, ansiosa, tranquilla. Inoltre la musica ha effetti su di
noi: ci commuove, ci rilassa, ci eccita. Tuttavia, per quanto la relazione tra musica ed
emozioni appaia scontata, non lo sono le sue cause: la loro comprensione costituisce un
interessante problema filosofico, che è discusso nel terzo capitolo del libro (Una scienza
emozionale?; pp. 99-154).
Sin dall’antichità si è sostenuto che per la sua espressività la musica influisce, nel bene e
nel male, sull’animo umano. Oggi il dibattito è vivo e aperto. Pochi negano il rapporto tra
la musica e le emozioni. Ma dato che la musica non è un essere vivente e non prova
emozioni, come può esprimerle? Le risposte a questo problema sono polarizzate intorno a
due grandi modelli. Secondo il primo descriviamo la musica come triste o gioiosa, perché
in se stessa triste o gioiosa. In base al secondo definiamo una musica come triste o
allegra, perché suscita queste emozioni nell’ascoltatore o almeno comporta l’esplorazione
attiva di quelle emozioni da parte dell’ascoltatore. Questa ipotesi sembra meglio riuscire a
spiegare la capacità della musica di contagiare emotivamente chi ne fa esperienza, così
come quella di generare atmosfere affettive. Ed è inoltre meglio attrezzata per chiarire la
dimensione etica dell’esperienza musicale e in particolare le sue capacità di fornire
che affrontano il tema delle abitudini estetiche sia dal punto di vista teorico che da quello pratico e applicativo. Infatti, le abitudini sono un aspetto fondamentale dell’esistenza delle persone. Spesso le diamo per scontate, ma in realtà sono dotate di una profonda dimensione sociale, culturale ed estetica. Le abitudini, che organizzano le specifiche forme di vita di un’epoca e di una cultura, assumono la dimensione di stili collettivi
che ne manifestano lo specifico ethos e forgiano esteticamente anche i luoghi dove le diverse pratiche umane vengono esercitate. Così, l’ambiente urbano è espressione delle abitudini che organizzano e regolano la vita di una cultura, dando forma a risorse, capacità e attitudini percettive, affettive, espressive, simboliche, cognitive ed immaginative.
Il volume è il frutto di un dialogo tra la filosofia (in particolare, l’estetica), la
storia dell’arte, la sociologia urbana, l’antropologia culturale e l’autoriflessione di artiste e artisti, avviato in occasione di seminari organizzati nell’ambito del progetto Abi.To - Abitudini estetiche Torino, curato dai dipartimenti di Filosofia e Scienze dell’Educazione e di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio di Università e Politecnico di Torino. Come sono cambiate le abitudini estetiche dei Torinesi nel corso del tempo? Che ruolo ha avuto nel trasformare l’immaginario su Torino il notevole incremento di opere d’arte negli spazi urbani? Quale bilancio si può fare delle diverse esperienze di arte pubblica e quali spunti si possono trarre dall’analisi delle dinamiche e delle pratiche in gioco? Questo volume si confronta con queste e altre questioni, cercando di offrire un contributo per comprendere i nessi tra abitudini estetiche, pratiche artistiche e contesti sociali e spaziali.
IN THE ARTS": out in 2021.
My contribution is about "Improvisation in Cooking and Tasting"
Alessandro Bertinetto è professore di Filosofia nell’Università di Torino, dove insegna Philosophy of Music, Estetica moderna e contemporanea ed Estetica delle arti performative. Tra le sue pubblicazioni: «Il pensiero dei suoni» (Bruno Mondadori, 2012), «Eseguire l’inatteso» (Il Glifo, 2016) e «The Routledge Handbook of Philosophy and Improvisation in the Arts» (curato con M. Ruta, 2021).
(Bruno Mondadori, Milano, 2012)
Spaziando tra filosofia analitica ed ermeneutica, tra pensiero critico e fenomenologia, tra
pragmatismo e “new musicology”. il volume offre un’agile presentazione critica del
dibattito contemporaneo sui principali problemi della filosofia della musica.
L'approccio è problematico, piuttosto che storico. Questo consente di individuare e
articolare snodi tematici in grado di rispondere a problemi che interessano non solo chi si
occupa di filosofia e di estetica musicale, ma anche e soprattutto chi pratica o
semplicemente ascolta la musica nelle sue diverse manifestazioni: che cos’è la musica? La
musica è l'unica arte dei suoni? Qual è il rapporto tra la musica e le altre arti? La musica è
un puro gioco di sensazioni sonore o può comunicare contenuti e significati? Si può parlare
di rappresentazione e di narrazione musicale? In che senso un brano musicale è, triste,
malinconico, irriverente? La musica ha una dimensione etica? Il libro discute, confronta e
critica le risposte che le teorie oggi più accreditate danno a queste e a altre domande.
L’introduzione (Preludio; pp. 1-4) s’interroga su come sia possibile parlare di musica. Se
“parlare di musica” fosse come “ballare circa l’architettura” come disse Frank Zappa, ogni
tentativo di riflettere sull’esperienza musicale sarebbe destinato al fallimento. Ma il volume
dimostra che non è così.
L’espressione ”Il pensiero dei suoni” può essere intesa in due modi. Secondo il primo la
musica può costruire edifici filosofici e presentare profonde concezioni del mondo; in
questo senso musicisti e compositori hanno influenzato i filosofi (Schönberg ha influenzato
Adorno) e i filosofi per parte loro i musicisti (il pensiero di Nietzsche non è estraneo alla
musica di Strauss). Per il secondo la musica è invece da intendersi come oggetto di
riflessione filosofica, dato che la stessa capacità della musica di esprimere o
rappresentare idee ed aspetti del mondo è tema di discussione. La strada scelta nel libro è
piuttosto la seconda.
Tre sono i temi principali in cui si articola il volume. Ad essi sono dedicati i tre capitoli di
cui si compone.
I. Il primo capitolo (Che cos’è la musica?; pp. 5-54) discute l’idea della musica come arte
dei suoni. Sembra una definizione scontata, ma non lo è, se consideriamo che 1. la
musica, in Occidente, non è stata sempre considerata un’arte, ma, tra l’altro, una scienza,
2. non sempre la dimensione sonora della percezione acustica è stata ed è ritenuta
necessaria alla musica, 3. la distinzione tra il concetto descrittivo di musica e le concezioni
valutative non è netta, 4. non tutte le culture possiedono il concetto di musica e infine 5.
la musica potrebbe non essere l’unica arte acustica.
Il percorso storico parte da Pitagora e Platone (che consideravano la musica una scienza
legata alla matematica, in cui l’elemento acustico era secondario), ha una importante
tappa tra ’700 e ‘800 (quando la musica è entrata a far parte del novero delle belle arti) e
attraversa il ‘900, quando con l’atonalità, il serialismo, la musica acusmatica e aleatoria,
con il jazz, il rock e il pop, ma soprattutto con John Cage, esplode il problema della
comprensione di che cos’è musica. Su questa base – questa la tesi – offrire una plausibile
spiegazione (estetica ed artistica) dei fenomeni musicali significa accettare tra l’altro l’idea
che la musica non sia l’unica arte dei suoni.
II. Il secondo capitolo (Forma insignificante? Il problema del contenuto e del significato
musicale; pp. 49-98) affronta la questione del significato musicale. Il formalismo sostiene
che la musica è radicalmente diversa dalle altre arti: mentre letteratura, cinema, pittura,
scultura ecc. presentano contenuti mediante l’imitazione, la raffigurazione, l’espressione, la
narrazione e la rappresentazione, la musica, qualora non sia accompagnata da parole,
immagini o passi di danza, non ha significati. La musica strumentale è priva di contatti con
il mondo e gran parte del suo fascino, e della sua eccellenza rispetto ad altre arti,
consisterebbe nel farci evadere dalla realtà. Questo è il senso della celebre frase di Walter
Pater per cui ”tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della musica“. La musica
strumentale sarebbe un’arte decorativa, piacevole per i suoi elementi strutturali che la
farebbero assomigliare a una sorta di caleidoscopio sonoro.
Bertinetto difende invece la capacità della musica di presentare (evocare, manifestare, ma
anche rappresentare, narrare) contenuti e nega che il formalismo riesca a spiegare le
nostre esperienze musicali.
Particolare rilievo viene dato all’analogia tra musica e linguaggio da molti ritenuta
indubitabile. Anche se mancasse completamente la dimensione referenziale, non è detto
che altri aspetti (paralinguistici, gestuali) non possano confermare la bontà di questa
ipotesi, peraltro corroborata da studi neurologici e cognitivi. Ma pur decidendo di ignorare
il potere rappresentazionale e narrativo della musica, sembra ingiustificato negare la
connessione tra esperienza musicale ed esperienza mondana (variamente spiegata da
Dewey o Goodman per es.) la dimensione ermeneutica e il carattere performativo
dell’esperienza musicale. Si può forse ipotizzare, allora, che le arti aspirino alla condizione
della musica non per il suo carattere formale, ma per il suo potere evocativo e per la sua
rara capacità di mettere in relazione persone.
III. D’altronde, anche a chi nega alla musica la possibilità di riferirsi al mondo pare
incontestabile che la musica esprima emozioni Riusciamo a dire facilmente se un
passaggio musicale è triste, allegro, ansioso, tranquillo, così come non abbiamo difficoltà a
capire se una persona è triste, allegra, ansiosa, tranquilla. Inoltre la musica ha effetti su di
noi: ci commuove, ci rilassa, ci eccita. Tuttavia, per quanto la relazione tra musica ed
emozioni appaia scontata, non lo sono le sue cause: la loro comprensione costituisce un
interessante problema filosofico, che è discusso nel terzo capitolo del libro (Una scienza
emozionale?; pp. 99-154).
Sin dall’antichità si è sostenuto che per la sua espressività la musica influisce, nel bene e
nel male, sull’animo umano. Oggi il dibattito è vivo e aperto. Pochi negano il rapporto tra
la musica e le emozioni. Ma dato che la musica non è un essere vivente e non prova
emozioni, come può esprimerle? Le risposte a questo problema sono polarizzate intorno a
due grandi modelli. Secondo il primo descriviamo la musica come triste o gioiosa, perché
in se stessa triste o gioiosa. In base al secondo definiamo una musica come triste o
allegra, perché suscita queste emozioni nell’ascoltatore o almeno comporta l’esplorazione
attiva di quelle emozioni da parte dell’ascoltatore. Questa ipotesi sembra meglio riuscire a
spiegare la capacità della musica di contagiare emotivamente chi ne fa esperienza, così
come quella di generare atmosfere affettive. Ed è inoltre meglio attrezzata per chiarire la
dimensione etica dell’esperienza musicale e in particolare le sue capacità di fornire
Engaging critically with Noë’s interpretation of the entanglement between art and life, this article highlights the dual nature of habits: as routine practices that scaffold artistic expression and as dynamic, transformative elements responsive to specific cultural and performative contexts. By focusing on key notions such as gesture, style, and rituality in the performing arts, this article discusses the role of habits in aesthetic experiences, highlighting how habits shape both artistic performances and audience engagement. This perspective challenges traditional views that oppose habits to creativity, defending instead the idea that habits are creatively operative in both the performing arts and their reception.
Folgenden werde ich versuchen, auf explorative und tentative Art zu zeigen,
ob und wie der, vor allem aus dem Bereich der aufführenden Künste
entnommene Begriff der „Improvisation“ auf das Denken von Architektur
angewendet werden kann. Ich werde mich also besonders auf die Seite der
Produktion stellen und auf diese Weise versuchen, einen (bewußt
bescheidenen und einführenden) Beitrag für die Forschung über die
performative Dimension der Architektur, hinsichtlich ihrer Bedeutung als
soziale Praxis, aber auch hinsichtlich ihres konstitutiven Moments der
ästhetischen Erfahrung, zu liefern. Die ästhetische Erfahrung ist im Fall von Architektur nämlich nicht kontemplativ, sondern partizipatorisch, denn sie kann auf die Bauwerke in performativer und transformatorischer Weise
wirken.
In our evolving contemporary world, where art continually adapts to epochal transformations, it is crucial to reinvigorate the philosophical and aesthetic discourses surrounding performance, performativity, and the performing arts. These art forms possess specific ontological properties, different from visual arts, warranting further investigations into their aesthetic consequences.
In this Special Issue of Philosophies, we invite contributions exploring the philosophy and aesthetics of the performing arts from diverse traditions and methodologies.
through economics and social sciences - the concept of risk, a crucial element in postindustrial
societies that have emerged from the modernisation process (Beck, 1986), has so
far received little attention in the humanities. One speaks about risk when a project is
commensurate with possible adverse events that could threaten the integrity or safety of
individuals, companies, systems or organisations. Thus risk implies the possibility of the
unexpected, the existence of some uncertainty about the future and the question of how to
manage it (by calculating probabilities, inventing anticipatory narratives, etc.).
The conference, to be held from 28 to 30 March 2022 in Turin, aims to show the
presence and relevance of the concept of risk in literature and art throughout the European
20th century up to contemporary times. We would like to understand how risk is involved in
artistic and literary practices, allowing us to shape not only new social practices and lifestyles,
but also new forms of planning, rationality, and care for the world. Indeed, risk may appear
as the way a project (rational or, more generally, of configuring the world) is challenged by
the hypothesis of its possible failure. We will thus ask ourselves what remains, in the
valuations and devaluations of the risk in the art and the literature of the twentieth century,
of a humanist definition of arts still coherent with a rational project..
Ricerche compiute in campi diversi del sapere (dalla teoria della complessità e dei sistemi alle teorie dell’organizzazione e del management, dall’ermeneutica al decostruzionismo, dalla filosofia trascendentale alla teoria del ragionamento induttivo) sembrano mostrare che la razionalità accoglie forme di articolazione adattative e improvvisative. Gli studi sulle pratiche improvvisative concordano nel sostenere che la spontaneità dell’improvvisazione non solo non si scontra con la presupposizione di
schemi e modelli, ma li richiede anche per poterli trasformare nel suo concreto esercizio. D’altronde, la stessa definizione dell’improvvisazione come fare che mentre fa inventa la propria regola sembra descrivere bene il carattere auto-fondativo della ragione. Su queste basi, il convegno "Sistema e libertà.
Razionalità e improvvisazione tra filosofia, arti e pratiche umane" si propone di esplorare gli intrecci tra razionalità e improvvisazione, facendo dialogare tra loro filosofi, studiosi delle diverse pratiche artistiche, artisti, pedagogisti e scienziati a partire dall’ipotesi (da verificare e discutere) che “Sistema” e “Libertà” non solo non si escludano, ma si presuppongano vicendevolmente sia a livello delle articolazioni logico-discorsive della razionalità teorica e pratica, sia a livello della prassi plurale e interattiva dell’improvvisazione quotidiana e artistica. L’obiettivo è dar vita a un confronto proficuo tra teorie della razionalità e pratiche dell’improvvisazione in grado di arricchire e approfondire la comprensione di entrambe.
Informazioni pratiche
Il convegno, promosso dal Centro Studi Filosofico-religiosi “Luigi Pareyson”, si terrà presso l’Università di Torino nei giorni 29-30 gennaio 2015 e sarà in lingua italiana.
La prima giornata del convegno verterà su questioni filosofico-teoretiche legate all’improvvisazione.
La seconda giornata sarà dedicata alle pratiche dell’improvvisazione.
I partecipanti saranno selezionati sulla base della valutazione di abstracts in italiano che devono essere inviati all’indirizzo email sistemaeliberta@gmail.com entro il 15 ottobre 2014. La lunghezza degli abstracts dev’essere compresa tra le 800 e le 1200 parole. L’eventuale accettazione sarà comunicata entro il 15 novembre 2015. I relatori selezionati avranno a disposizione 30 minuti per il loro intervento, cui seguirà una discussione di 15 minuti.
All’email sistemaeliberta@gmail.com si prega di scrivere per qualunque informazione relativa al convegno.
Alessandro Bertinetto
Marco Ivaldo
Alessandro Sbordoni
our lives as beauty and other aesthetic values. They animate
the arts, as well as design, fashion, food, and entertainment.
They orient us upon the natural world. And we even find them
in the deepest insights of science and mathematics. For
centuries, however, philosophers and other thinkers have
identified beauty with what brings pleasure. Concerned that
aesthetic hedonism has led us to question beauty's
significance, Dominic McIver Lopes offers an entirely new
theory of beauty. Beauty engages us in action, in concert with
others, in the context of social networks. This talk sketches
the main argument in favour of the network theory of
aesthetic value.
The opening lecture of ART (Aesthetics Research Torino) Philosophical Seminar will be delivered by Prof. Richard Shusterman on
March 9th at 3 p.m.
Location: Università di Torino - Aula Guzzo - Via Po 18 - Torino
Three centuries after his birth, Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) is
still celebrated as the founder of archaeology and art history. His continued
fame rests chiefly on his pioneer role in these fields and on his influence on
such past masters as Goethe, Herder, Schiller, and Hegel. This lecture uses
the approach of somaesthetics to argue for his more-than-historical relevance
for contemporary aesthetic theory, despite the fact that his archaeological and
art historical judgments have been largely discredited. Winckelmann's
theoretical value today lies in his distinctively embodied approach to the
cultivation of taste and the understanding of art, exemplifying central themes
of contemporary somaesthetic theory.
Richard Shusterman is the Dorothy F. Schmidt Eminent Scholar in the
Humanities at the Florida Atlantic University. Educated at Jerusalem and
Oxford, he was chair of the Temple University Philosophy Department before
coming to FAU in 2005. He has held academic appointments in Paris, Berlin,
and Hiroshima and was awarded senior research Fulbright and NEH
fellowships. His widely translated research covers many topics in the human
and social sciences with particular emphasis on questions of philosophy,
aesthetics, culture, language, identity, and embodiment. Authored books
include T.S. Eliot and the Philosophy of Criticism (Columbia), Practicing
Philosophy (Routledge), Performing Live (Cornell), Surface and Depth
(Cornell), Pragmatist Aesthetics (Blackwell, 2nd ed. Rowman & Littlefield, and
translated into 12 languages), and most recently Body Consciousness
(Cambridge). His non-technical essays have been published in the Nation
and the Chronicle of Higher Education and in various art reviews and
catalogues, such as artpress and Dokumenta. He directs the FAU Center for
Body, Mind, and Culture.
qualities of aesthetics, its areas of application, its relationship with the practices of
artistic production, aesthetic enjoyment, and critical interpretation. They also discuss
the complex relationship between the reflection on aesthetic experience and its quality
and, on the one hand, the problems raised by contemporary art (which often seems to
require a kind of non-aesthetic experience of understanding and appreciation) and, secondly, the emergence of new potential areas of aesthetic enjoyment (like cooking
and food appreciation).
//unito.academia.edu///
At the turn of the twenty-first century, recorded music, largely already converted into digital formats, began to migrate-like all entities in the social world-into the Web. What appeared to be a simple change in the broadcasting system of an artistic product was destined to profoundly overturn the structures and the dynamics of the music industry-whose central pivot had long since been vinyl recording. For about 15-20 years, we have been facing a revolution in the practice and in the experience of music. Its effects are strong and far-reaching: anthropological, economic, legal, ethical, social and other issues intersect in an almost complete reorganization of the global musical world. This symposium aims to study these transformations from three points of view. Although they can often be, and often are, intertwined in reality, we propose to consider them separately: the dimension of production (how digital technology and the web have transformed production, and the dissemination of works and performances?), the dimension of reception (how digital technology and the web transformed our way of experiencing music or, more precisely, of perceiving, appreciating, and judging it?) and the dimension of ontology (how digital technology and the web transformed the being of traditional musical entities and which new entities have they made possible?).