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2006, Letture critiche e recensioni in "Nomos. Le attualità del diritto"
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"Concretizzare il formale significa farne l'assoluto principio della costituzione" (Antonio Negri) Dittatura, potere costituente e forma giuridica in una recensione dell'opera di C. Schmitt ripubblicata a cura di A. Caracciolo (Roma 2006).
Ricerche/Articles Flavio Silvestrini Dalla Translatio imperii al certamen pro imperio: Dante e l'agonismo della storia 1
in A. Argenio (a cura di) Totalitarismo e democrazia, Editoriale Scientifica, 2012
il concetto schmittiano di democrazia e la fragilità della repubblica weimariana . Il popolo e il plebiscito. La dittatura
Filosofia politica, 2024
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Filodiritto, 2021
Il saggio analizza l'opera di Carl Schmitt 'Teoria del partigiano', ripercorrendone l'impianto fondamentale e saggiandone l'attualità. In particolare, viene discussa l'applicabilità delle categorie schmittiane al concetto di terrorista, che ha conquistato centralità teorica nella dimensione politica odierna.
Recensione e commento di Carl Schmitt, Land und Meer. Eine weltgeschichtliche Betrachtung, trad. it., Terra e mare. Una riflessione sulla storia del mondo, di Giovanni Gurisatti, con un saggio di Franco Volpi, Adelphi, Milano 2006 3 . di Claudio Tugnoli L'uomo è un essere terrestre, che chiama terra l'astro su cui vive, anche se per quasi tre quarti questo è ricoperto di acqua. La terra appare in molti miti e leggende come la grande madre dell'umanità. Da sempre, scrive Schmitt, l'esistenza umana è stata concepita come terrestre. Eppure la terra non è il solo elemento di riferimento, dacché un filosofo come Talete ha concepito l'elemento acqua come principio del mondo. Dal punto di vista storico-antropologico la domanda cruciale è: siamo figli della terra o del mare? (p. 14). Premesso che l'uomo non è, come gli animali, riducibile al suo ambiente, perché è in grado di modificare le sue stesse condizioni di esistenza e gode di una libertà di azione e di una potenza che sono sconosciuti alle altre specie di viventi sulla terra, Schmitt illustra sinteticamente la storia del mondo come «la storia della lotta delle potenze marittime contro le potenze terrestri e delle potenze terrestri contro le potenze marittime» (p. 18). Schmitt aggiunge poi che questa opposizione elementare tra terra e mare è stata sottolineata fin dall'antichità. Alla fine dell'ottocento il conflitto tra Russia e Inghilterra era rappresentato come la lotta tra un orso e una balena, il mitico Leviatano.
Il saggio analizza l'opera di Carl Schmitt attraverso la coppia concettuale crisi-decisione.
Fata Morgana Web, 2020
Se Gli impiegati fosse un film, inizierebbe con una veduta aerea di Berlino, sul finire degli anni venti del XX secolo. È mattina presto, l'autunno già iniziato lascia tracce nella luce debole e nel foliage urbano. La città già sveglia scaglia le sue masse impiegatizie verso gli edifici del centro: eleganti banche, così come anonimi palazzi pubblici e privati, davanti ai quali gli impiegati si affollano in ordinate file per iniziare la giornata lavorativa. Formiche in abiti alla moda. Fuoricampo, la voce del narratore: «Ogni giorno centinaia di migliaia di impiegati popolano le strade di Berlino, eppure la loro vita è più sconosciuta di quella delle tribù primitive di cui gli impiegati ammirano i costumi al cinematografo» (Kracauer 2020, p. 19). A seguire, una serie di primi piani, ma senza volto: la cinepresa indugia su piedi, gambe, busti, dimenticando volontariamente il viso delle donne e degli uomini che entrano in ufficio. In rapida sequenza vediamo scarpe, pantaloni, gonne, camicie, quasi uniformi nei loro colori spenti-in contrasto con le vivaci foglie autunnali. Porzioni di tessuto in movimento, con il ritmo regolare di un dispositivo meccanico, inquadrati come indizi dell'uniformità degli impiegati, della sostituibilità funzionale che ne fa equivalenti inconsapevoli del proletariato di fabbrica, non fosse per le giacche impeccabili al posto della tuta da lavoro. Solo dopo questa carrellata di presenze assenti, il regista ci regala un primo piano, e un primo volto: quello di un'impiegata che, licenziata per ragioni ignote allo spettatore, presenta ricorso per riavere il lavoro o, al limite, un'indennità. Lasciamo per un istante l'interno del tribunale del lavoro, e la fantasia di questo film mai girato, per tornare sulle pagine di "Fata Morgana Web" e dichiarare il nostro scopo: non quello di recensire Gli impiegati di Siegfried Kracauer-compito già assolto brillantemente prima di noi da Walter Benjamin e Ernst Bloch, suoi colleghi alla "Frankfurter Zeitung"-ma, piuttosto, chiederci se e perché valga la pena leggere questo testo fuori dal comune che, a 90 anni esatti dalla sua prima edizione tedesca, la sociologia ha spesso snobbato. L'occasione ci viene offerta da Meltemi, che ha recentemente ripubblicato il testo con l'introduzione di Luciano Gallino alla prima (e fino a poco tempo fa) unica edizione italiana (Einaudi 1980) e un saggio di Maurizio Guerri. Innanzitutto, chi è Siegfried Kracauer? Un architetto con ambizioni da critico cinematografico e sociologo, frequentazioni importanti quali Theodor Adorno, Max Scheler e Georg Simmel, e uno straordinario teatro di osservazione della vita metropolitana moderna quale la Berlino degli anni venti. Uno dei suoi lavori più noti, Teoria del film, ne fa autore di rilievo per la sociologia del film e giustifica la libertà che ci siamo presi nell'immaginare uno sviluppo cinematografico de Gli impiegati; ma è soprattutto quest'ultimo lavoro a collocare Kracauer tra i pionieri della sociologia empirica di stampo qualitativo.
Nel 1960 Carl Schmitt pubblicò il testo di una conferenza, nella quale rifiutava il tentativo di ricorrere alla filosofia dei valori, in particolare a quella di Scheler, per fondare le norme giuridiche. Tale tentativo secondo Schmitt avrebbe condotto al fanatismo e alla violenza. Il saggio si propone di mettere in luce i presupposti antropologici, assiologici ed epistemologici della critica schmittiana a Scheler, così da avanzare alcune osservazioni critiche.
Il Politico, 2023
Oggi il ritorno dell'inflazione, "fenomeno dimenticato", impone un ripensamento. Che è però contrastato tanto dai governi quanto dall'opinione pubblica e dall'establishment degli stessi banchieri centrali, che sembrano invece impegnati a cercare sempre nuovi palcoscenici sui quali calare dall'alto (da ultimo, la discussione sul cambio climatico). Il libro di Bruni costringe a tornare a riflettere sul ruolo più proprio di queste istituzioni, la gestione della moneta, di per sé non poca cosa.
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Revista de Direito Econômico e Socioambiental, 2023
Archeologia del Piemonte, Il Medioevo , 1998
International Journal of Physics, 2014, Vol. 2, No. 6, 267-276, 2014
XI Congresso AISU - Ferrara, 2023
Energies, 2016
Genocide as a Concept in Law and Scholarship. A Widening Rift? in Festskrift till Anders Fogelklou / [ed] Åke Frändberg, Stefan Hedlund, Torben Spaak, Uppsala: Iustus förlag, 2008, pp. 157-179, 2008
DergiPark (Istanbul University), 2022
Research Square (Research Square), 2024
Polskie Państwo na Uchodźstwie 1939-1991. Stan badań i perspektywy badawcze, red. J. Rabiński, M. Dworski, Lublin, 2024
Ecology and Society, 2019
Educational Research and Reviews, 2017
Choice Reviews Online, 2016
Legal Knowledge Matters, Vol. 17, Colin Biggers & Paisley Lawyers, 2019
Biochemical and Biophysical Research Communications, 2008
Revista de dança do Ceará OlharCE, 2011
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