Arturo (astronomia)

stella della costellazione di Boote

Arturo (α Boo / α Bootis / Alfa Bootis; in latino Arctūrus) è la stella più luminosa della costellazione del Boote, la quarta stella più brillante del cielo notturno osservabile dopo Sirio, Canopo e α Centauri, in virtù della sua magnitudine di −0,05, la terza se si considerano singolarmente le due componenti principali del sistema di α Centauri. È, dopo Sirio, la stella più brillante fra quelle visibili dalle latitudini settentrionali, nonché la stella più luminosa dell'emisfero celeste boreale.

Arturo
Arturo
Classificazionegigante arancione
Classe spettraleK1,5 IIIpe
Tipo di variabilesospetta variabile
Periodo di variabilità~14 anni
Distanza dal Sole36,7 ± 0,3 anni luce (11,252 ± 0,092 pc)
CostellazioneBoote
Coordinate
(all'epoca J2000.0)
Ascensione retta14h 15m 39,67207s[1]
Declinazione+19° 10′ 56,6730″[1]
Lat. galattica+69,1113°[1]
Long. galattica15,0501°[1]
Dati fisici
Diametro medio35,56 ± 2,08 milioni di km
Raggio medio25,5 ± 1,5 R
Massa
1,08[2] M
Acceleraz. di gravità in superficielog g = 1,6 ± 0,15
Periodo di rotazione2,0 ± 0,2 anni
Velocità di rotazione1,76±0,25 km/s
Temperatura
superficiale
  • 4300±30 K (media)
Luminosità
196 ± 21 L
Indice di colore (B-V)1,24
Metallicità[Fe/H] = 25% – 39% del Sole
Età stimata>7,5×109 anni
Dati osservativi
Magnitudine app.−0,05[1]
Magnitudine ass.−0,38
Parallasse88,23 ± 0,54[1] mas
Moto proprioAR: −1093,39[1] mas/anno
Dec: −2000,06[1] mas/anno
Velocità radiale−5,19 km/s[1]
Nomenclature alternative
Alramech, Abramech, α Boötis, 16 Boötis, HD 124897, HIP 69673, SAO 100944, HR 5340, BD +19°2777, CNS 541

È una gigante arancione, di tipo spettrale K1 III e ha una luminosità 113 volte superiore a quella del Sole, ma, se si considera anche la quantità di radiazione emessa nell'infrarosso, Arturo risulta essere circa 200 volte più luminoso del Sole, questo ne fa l'astro più luminoso entro la distanza di 50 anni luce dal Sole.

Osservazione

modifica
 
Carta della costellazione di Boote

Arturo è facilmente individuabile a causa della sua grande luminosità e del suo caratteristico colore arancione, molto vivo; si rintraccia prolungando la curvatura indicata dal timone del Grande Carro verso sud. Prolungando ulteriormente la stessa linea, oltre Arturo, si può individuare Spica. Arturo corrisponde inoltre al punto più meridionale di un grande asterismo a forma di lettera "Y", le cui componenti sono, oltre a questa stella, ε Bootis, α Coronae Borealis e γ Bootis.

Arturo è una stella dell'emisfero boreale; tuttavia la sua posizione 19° a nord dell'equatore celeste fa sì che questo astro sia osservabile da tutte le regioni abitate della Terra: nell'emisfero australe, essa è infatti invisibile solo nelle regioni più a sud del 71º parallelo, cioè solo nelle regioni antartiche. D'altra parte, questa posizione la rende circumpolare solo nelle regioni più a nord di 71° N, cioè ben oltre il circolo polare artico.

Questa stella può essere osservata con facilità nei mesi da febbraio a settembre dall'emisfero nord e, per un periodo poco più breve, da quello meridionale.

Ambiente galattico e distanza

modifica

Secondo le osservazioni del satellite Hipparcos, Arturo si trova a una distanza di 36,7 anni luce (corrispondenti a 11,3 parsec), cioè è una stella piuttosto vicina; che Arturo fosse molto vicina era in realtà già noto, grazie alle misure di parallasse effettuate dalla Terra e grazie al fatto che possiede anche un notevole moto proprio, in direzione della Vergine: Arturo si muove sulla sfera celeste ogni anno di 2,28 secondi, cioè sembra percorrere circa 1° ogni 2 000 anni; fra le stelle di prima magnitudine solo Alfa Centauri presenta un moto proprio più elevato. Questo elevato moto proprio fu per la prima volta notato da Sir Edmond Halley nel 1718[3].

Trovandosi relativamente vicino al Sole, Arturo ne condivide lo stesso ambiente galattico. Le sue coordinate galattiche sono 69,11° e 15,14°. Una longitudine galattica di circa 15° significa che la linea ideale che congiunge il Sole e Arturo, se proiettata sul piano galattico, forma con la linea ideale che congiunge il Sole con il centro galattico un angolo di 15°. Ciò significa che Arturo è leggermente più vicino al centro galattico di quanto non sia il Sole. Una latitudine galattica di quasi 70° significa tuttavia che la distanza che separa il Sole da Arturo è per la maggior parte dovuta al fatto che le due stelle non sono allineate sullo stesso piano e che Arturo si trova parecchio a nord rispetto al piano galattico.

 
Mappa delle principali stelle entro un raggio di 50 anni luce dal Sole. Si apprezza la posizione di Arturo rispetto al Sole, al piano galattico e al centro galattico

La stella più vicina ad Arturo, a 3,3 anni luce, è Mufrid[3], una stella di classe G0 IV[4], che appare anche visualmente nel cielo vicino (circa 5°) ad Arturo. La seconda stella in ordine di vicinanza ad Arturo è HD 131511, una stella di sequenza principale arancione[5] di magnitudine 6,01, che dista 5,8 anni luce da Arturo[3]. Mufrid sarebbe anche di gran lunga la stella più luminosa vista da eventuali pianeti in orbita attorno ad Arturo: a quella distanza brillerebbe di magnitudine −2,60[6]. Il Sole sarebbe appena percepibile a occhio nudo visto che sarebbe di quinta magnitudine, e si troverebbe non lontano in cielo da Sirio. Quest'ultima, a 40 anni luce da Arturo sarebbe una normale stella di seconda magnitudine, con la stessa luminosità di HD 131511, la seconda stella più vicina ad Arturo, e poco più luminosa di una stella analoga al Sole come Beta Comae Berenices[6], che si trova ad appena 12 anni luce da Arturo.[3]

Il gruppo di Arturo

modifica

Agli inizi degli anni settanta, l'astronomo Olin J. Eggen scoprì che Arturo condivideva il suo moto proprio con altre 53 stelle[7]. Tali stelle inoltre presentano metallicità simili: il valore medio di [Fe/H] di questi astri si aggira infatti intorno a −0,6 (cioè circa il 25% dell'abbondanza di ferro nell'atmosfera del Sole)[8]. Ciò fa presumere che queste stelle facciano parte di una associazione stellare, la cui età è stimata essere all'incirca 10 miliardi di anni[8] e che è stata battezzata Corrente stellare di Arturo.

I vettori del movimento di Arturo rispetto al sistema di riposo locale sono (U, V, W) = (−25, −116, −3) km/s[7]: ciò significa che, rispetto al movimento medio del materiale della Via Lattea nei dintorni del Sole, Arturo presenta un movimento di allontanamento dal centro galattico di 25 km/s, un movimento inverso rispetto alla rotazione galattica di 116 km/s e un movimento verso il polo sud galattico di 3 km/s. Il gruppo di Arturo presenta un movimento medio sul piano UV di −102 km/s[8]. Uno studio delle stelle che presentano un movimento simile ha permesso di individuare altre componenti che sono probabilmente appartenenti alla corrente di Arturo: in un articolo del 2008 sono elencate 134 stelle come possibili appartenenti alla corrente[8].

Si pensa che il gruppo di Arturo faccia parte del disco galattico spesso, una regione intermedia fra il disco galattico e l'alone galattico, caratterizzata da stelle vecchie che possono giacere migliaia di anni luce sopra o sotto il piano galattico, al contrario di quanto avviene per le stelle del disco galattico, come il Sole, che giacciono al massimo a un migliaio di anni luce dal disco[3]. Le stelle del disco galattico spesso tendono ad avere elevati moti propri (fino a 120 km/s[9]), con passaggi rapidi su orbite molto inclinate e eccentriche intorno al centro galattico. Essendo nate molti miliardi di anni fa, quando la galassia era meno ricca di metalli, tendono a esserne povere (fino al 12% dell'abbondanza solare[9]). Si pensa che costituiscano circa il 4% delle stelle che si trovano nelle vicinanze del Sole[3].

Le stelle dell'alone galattico sono ancora più vecchie di quelle del disco spesso (si sono formate 10-13 miliardi di anni fa), tendono ad avere orbite ancora più inclinate ed eccentriche con moti propri fino a 600 km/s. Inoltre presentano metallicità inferiori al 10%-15% di quella solare[9].

L'origine della corrente di Arturo non è ancora ben chiara. Le ipotesi possibili sono tre:

  • Il gruppo si è formato circa 10 miliardi di anni fa da un'unica nube di gas. Questa ipotesi ha due difetti: in primo luogo in un tempo così lungo l'associazione dovrebbe essersi dispersa; in secondo luogo, sebbene la metallicità delle stelle del gruppo sia più o meno la stessa, la loro composizione chimica non è uniforme[8].
  • Il gruppo era parte di una galassia satellite che si è poi fusa con la Via Lattea[10]. Tuttavia contro questa ipotesi gioca il fatto che nelle piccole galassie satellite della Via Lattea le stelle non solo sono più povere di ferro delle stelle del disco galattico, ma sono più povere anche di elementi con Z ≤ 22[11]. Ma Arturo è comparativamente ricca di elementi di questo tipo. Comunque rimane sul campo l'ipotesi che la corrente di Arturo fosse originariamente parte di una galassia di dimensioni maggiori, paragonabile alla Grande Nube di Magellano, che si è poi fusa con la nostra galassia[8].
  • Il gruppo si è formato per la risonanza creata dalla rotazione della barra della Via Lattea, che confinerebbe gruppi di stelle in certe aree[12]. Questa ipotesi appare promettente, ma è al momento difficilmente verificabile vista l'incertezza esistente sulle dimensioni e sulla velocità di rotazione della barra e sulle modalità in cui essa può avere degli effetti sulle stelle che orbitano in regioni diverse della galassia[8].

Caratteristiche principali

modifica

Classificazione e temperatura superficiale

modifica
 
Confronto fra le dimensioni di Arturo e quelle di altre stelle e pianeti

Arturo è classificata come K1,5 IIIpe. La classe spettrale K raduna le stelle di colore arancione, di temperatura superficiale più bassa di quella del Sole. In effetti, sulla base di misurazioni accurate riportate in uno studio del 1993, la temperatura superficiale di Arturo è stimata essere pari a 4 300 ± 30 K[13]; si può raffrontare questo dato con la temperatura della superficie del Sole, che è circa 5 800 K. Arturo ha quindi una temperatura superficiale inferiore a quella solare di circa 1 500 K. È tale temperatura a donare ad Arturo il suo caratteristico colore arancione. Altre misurazioni della temperatura di Arturo danno risultati leggermente differenti che variano nell'intervallo compreso fra 4 060 K[14] e 4.460 K[15]. Tuttavia i valori più accreditati variano di poche decine di gradi e si attestano intorno ai 4.300 K. Ad esempio, uno studio molto citato risalente al 1999 riporta il valore 4.290 ± 30 K[16], mentre un altro di tre anni prima riporta 4 303 ± 47 K[17].

La classe MMK III raccoglie invece le stelle giganti, cioè stelle di massa media o piccola aventi un avanzato stato evolutivo.

Infine le lettere p ed e stanno rispettivamente per peculiare ed emissione, indicanti cioè che lo spettro elettromagnetico della luce emessa dalla stella è inusuale e pieno di linee di emissione. In realtà queste caratteristiche sono comuni a tutte le giganti rosse, ma in Arturo esse sono particolarmente marcate.

Raggio e periodo di rotazione

modifica
 
Confronto tra le dimensioni del Sole e di Arturo

Come tutte le stelle giganti, Arturo ha dimensioni notevoli. Tali dimensioni e il fatto che questa stella sia a noi relativamente vicina permettono misure interferometriche dirette del suo diametro. In questo campo Arturo è stata fatta oggetto di studi particolarmente accurati che hanno raggiunto risultati in buon accordo fra loro e con margini di errore bassi. Uno studio del 1986 riporta come diametro angolare di questo astro 20,36 ± 0,20 mas[18], mentre studi successivi riportano valori leggermente maggiori: uno studio del 1999 ha dato come risultato 21,0 ± 0,2 mas[17]; un altro studio successivo del 2003 riporta invece il valore di 21,373 ± 0,247 mas[19]; tuttavia lo studio condotto con tecniche più raffinate risale al 2008[20]; esso unisce all'uso di strumenti particolarmente precisi elaborate tecniche matematiche per il trattamento dei dati: il risultato ottenuto, dopo la correzione dovuta all'oscuramento al bordo, è un diametro angolare di 21,05 ± 0,21 mas; alla distanza calcolata da Hipparcos, ciò significa che Arturo ha un raggio corrispondente a 25,5±1,5 R (circa 17,78 ± 1,04 milioni di km). Se fosse posta al centro del sistema solare Arturo occuperebbe circa un quarto dell'orbita di Mercurio.

La velocità di rotazione delle stelle giganti e supergiganti è notoriamente molto difficile da calcolare. Infatti le stelle di questo tipo uniscono a una velocità di rotazione ridotta macroturbolenze della loro superficie accentuate; pertanto è molto difficile distinguere i movimenti del gas dovuti effettivamente alla rotazione stellare da quelli imputabili alle macroturbolenze superficiali. In ogni caso, l'accuratezza degli studi di cui Arturo è stata fatta oggetto ha permesso di determinare, sebbene con un alto margine di errore, la sua velocità di rotazione all'equatore, che è risultata essere 1,5 ± 0,3 km/s ÷ sen i[21], ove i è l'inclinazione dell'asse di rotazione rispetto al piano di osservazione. Se tuttavia il valore di i non viene determinato, questo dato non è sufficiente a stimare con precisione la velocità e il periodo di rotazione di Arturo. Si è tuttavia riusciti ad arrivare a questo risultato per un'altra strada: Arturo, come il Sole, presenta sulla sua superficie regioni magneticamente attive; è stato possibile individuare una di queste regioni, comparsa nel 1991, e seguirla; ciò ha portato a stimare il periodo di rotazione di Arturo in 2,0 ± 0,2 anni[21]. Sulla base di questo dato e del raggio di questo astro è possibile stimare anche la velocità di rotazione all'equatore, che risulta essere 1,76 ± 0,25 km/s. Periodi di rotazione così lunghi non sono affatto inusuali in una stella gigante in quanto, per la legge di conservazione del momento angolare, aumentando il raggio della stella, la velocità di rotazione diminuisce e quindi essa perde velocità angolare nell'abbandonare la sequenza principale. Conoscendo la velocità di rotazione all'equatore è possibile anche calcolare l'inclinazione (i) di Arturo rispetto al piano della nostra visuale: essa risulta essere 58° ± 25°[21]. Questo dato tuttavia, avendo un alto margine di errore, non fornisce molte informazioni, anche se è possibile concludere che i non è né uguale a 0° (cioè Arturo non rivolge verso di noi un polo), né uguale a 90° (cioè l'asse di rotazione di Arturo non è perpendicolare alla nostra visuale).

Luminosità

modifica

La luminosità intrinseca di Arturo nelle lunghezze d'onda del visibile è ricavabile dalla sua magnitudine apparente e dalla distanza: questa stella risulta essere 113 volte più luminosa del Sole[22]. Tuttavia la temperatura superficiale relativamente bassa di Arturo fa sì che, per la legge di Wien, essa emetta molta radiazione nell'infrarosso, ove si trova il picco di massima radiazione emessa dalla stella. Se si prende in considerazione questo fattore, allora la luminosità di Arturo sale a 196±21 L[23]. Si tratta della stella più luminosa entro una distanza di 50 anni luce dal Sole[24].

Massa, stato evolutivo, età e destino finale

modifica

Mentre per le stelle di sequenza principale esiste una ben stabilita relazione fra la luminosità e la massa[25], sicché conosciuta la luminosità assoluta della stella la massa può essere ottenuta con un buon margine di precisione, le cose stanno alquanto diversamente per le giganti e supergiganti. La luminosità di stelle di questo tipo cambia di molto nel tempo a seconda del loro stadio evolutivo, sicché, a meno che questo non sia conosciuto con precisione, non sarà possibile dedurre la massa dalla luminosità.

 
Posizione di Arturo e di altre stelle nel diagramma HR

Esiste tuttavia un altro metodo per cercare di calcolare la massa di queste classi di stelle: essa è infatti ricavabile conoscendo il raggio e l'accelerazione di gravità sulla superficie. Il rapporto fra atomi ionizzati e atomi neutri dello stesso elemento nell'atmosfera di una stella è sensibile all'accelerazione di gravità; pertanto il rapporto fra ioni e atomi neutri può essere sfruttato per calcolare l'accelerazione di gravità e, di conseguenza, la massa di una stella. Tuttavia in ambienti a bassa accelerazione di gravità, quale è quello di una stella gigante, il valore dell'accelerazione diventa molto sensibile a quello della temperatura superficiale adottata. Quindi piccoli errori nella stima della temperatura superficiale possono portare a valori di accelerazione non corretti[26].

Tuttavia, anche in questo caso, l'accuratezza con la quale Arturo è stata studiata ha permesso di raggiungere risultati con margini di errore relativamente bassi e in discreto accordo fra loro. A una temperatura superficiale stimata di 4 330 K, il log g, o logaritmo della gravità superficiale della stella, è risultato essere 1,6 ± 0,15[26] in uno studio condotto nel 1993. Si può confrontare questo valore con quello del Sole che è 4,44: l'accelerazione sulla superficie di Arturo è molto inferiore a quella del Sole a causa delle sue dimensioni molto maggiori.

Sulla base di questo valore e del raggio stimato, si ricava che la massa di Arturo è pari a 0,55-1,1 M[26]. Questo astro ha dunque una massa paragonabile a quella del Sole e quindi ci permette di immaginare l'aspetto che avrà il Sole nelle ultime fasi della sua esistenza. Un'altra misura di log g, condotta sempre nel 1993, ha dato risultati comparabili: 1,5 ± 0,15[13]; se questo valore fosse quello corretto, allora la massa di Arturo ammonterebbe a 0,75 ± 0,2 M[27], tuttavia, stime più recenti della massa di Arturo basate sulla composizione chimica della stella danno come risultato una massa leggermente superiore a quella del Sole: Ramirez e Prieto nel 2011 la stimano in 1,08 masse solari[2], Reffert e colleghi nel 2015 in 1,12[28], e Martig et al. nel 2016 di 0,97 M[29], quindi si potrebbe assumere quella media di Ramirez e Prieto del 2011, di 1,08 M.

Una stella di 1,1 masse solari rimane all'interno della sequenza principale per circa 7,5 miliardi di anni[30]. Poiché Arturo ha già abbandonato la sequenza principale, questa è l'età minima di Arturo, se le misure della sua massa sono corrette. Anche recenti stime sull'età di Arturo sembrano in linea con questa ipotesi: Ramirez e Prieto la indicano di 7,1 miliardi di anni, tuttavia Martig et al. la stimano in 8,6 miliardi di anni[29], come peraltro fece nel 2008 Soubiran, mentre Reffert e colleghi arrivano fino a oltre 10 miliardi di anni[28].

 
Struttura di una stella gigante come Arturo

Arturo, uscendo dalla sequenza principale, ha cessato di fondere l'idrogeno all'interno del suo nucleo. Probabilmente sta già fondendo l'elio presente nel suo nucleo in carbonio tramite il processo tre alfa[31] e in ossigeno tramite il processo alfa; sta inoltre fondendo idrogeno in elio negli strati immediatamente a ridosso del suo nucleo. Entro alcune centinaia di milioni di anni Arturo perderà molta della sua massa tramite un intenso vento stellare che alla fine allontanerà dal suo nucleo gli strati superficiali di idrogeno e elio, mischiati a minori quantità di carbonio e ossigeno[3]. Allontanandosi dal nucleo questo inviluppo di gas formerà una nebulosa planetaria, mentre il nucleo stesso, non più sufficientemente sostenuto dalle reazioni nucleari collasserà su sé stesso per effetto della forza di gravità formando una nana bianca delle dimensioni della Terra, avente inizialmente una temperatura molto elevata, ma che mano a mano diminuirà a causa degli scambi termici con lo spazio circostante. Il raffreddamento delle nane bianche è tuttavia un processo estremamente lento a causa della piccola superficie di questi astri, sicché Arturo diventerà una nana nera solo fra parecchie decine di miliardi di anni.

Altre caratteristiche

modifica

Metallicità

modifica

Probabilmente il miglior studio circa la metallicità e la composizione chimica dell'atmosfera di Arturo rimane ancora Peterson 1993[13]. Questo articolo ipotizza che l'abbondanza di ferro nell'atmosfera di questa stella rispetto a quella del Sole sia  . Tale notazione è definita come il logaritmo della quantità di ferro (Fe) rispetto all'idrogeno (H), diminuita del logaritmo della metallicità del Sole: così, se la metallicità della stella presa in esame è pari a quella solare, il risultato sarà pari a zero. Un valore logaritmico pari a −0,5 ± 0,1 equivale a un'abbondanza di ferro pari a 25 - 39% di quella solare. Le abbondanze di carbonio, cromo e nichel hanno un valore comparabile, cioè sono circa un terzo di quella solare. Tuttavia altri elementi sono relativamente più abbondanti: ad esempio, le abbondanze dell'ossigeno, del magnesio, dell'alluminio e del silicio si aggirano intorno all'80% di quella solare; quelle dell'azoto, del sodio, del calcio e del titanio intorno al 63%; quella dello scandio intorno a metà di quella del Sole.

Una composizione chimica come questa è tipica nelle stelle appartenenti all'alone galattico[32]. In particolare sembra che tutte le stelle molto povere di ferro presentino una maggiore abbondanza relativa di ossigeno, magnesio, silicio e calcio[32]. Si è cercato di spiegare questa configurazione chimica mediante l'ipotesi che i metalli presenti nelle stelle di popolazione II dell'alone siano derivati dalla nucleosintesi che avviene nelle supernovae di tipo II o Ib. La configurazione chimica di una stella come il Sole deriverebbe invece dall'esplosione di supernovae di tipo Ia. Queste ultime, derivando da sistemi binari, richiedono tempi molto più lunghi per formarsi. Essendo Arturo alcuni miliardi di anni più vecchia del Sole, si è formata da nebulose scarsamente arricchite da questo tipo di supernovae[13].

Una stella gigante non coronale

modifica
 
Confronto fra la supergigante rossa Antares, il Sole e Arturo. Il cerchio nero rappresenta la grandezza dell'orbita di Marte

Arturo è presa come archetipo delle stelle giganti non coronali. Misurazioni precise compiute tramite il satellite ROSAT hanno permesso di escludere che da Arturo si diparta un flusso di raggi X superiore a un decimillesimo di quello emesso dal Sole[33]. Ciò induce a escludere la presenza di una corona con temperature superiori a 100 000 K[33] (si confronti questo dato con quello della corona solare che raggiunge una temperatura di 1-3 milioni K).

Poiché sembra che tutte le stelle di massa medio-piccola di sequenza principale (classi spettrali da F a M) siano dotate di corona[34], i problemi che si aprono sono due:

  1. Cosa determina la perdita della corona in stelle come Arturo nel passaggio dalla sequenza principale allo stadio di gigante rossa?
  2. Perché certe giganti possiedono una corona e altre non la possiedono?

Probabilmente per rispondere alla prima domanda è necessario conoscere la risposta alla seconda. È noto dalla fine degli anni settanta che, per quanto riguarda le stelle di Popolazione I, esiste una ben precisa linea di divisione fra le giganti coronali e quelle non coronali, posta intorno alla classe spettrale K3. Le subgiganti, giganti e giganti brillanti di classe precedenti alla K3 hanno una corona, mentre quelle delle classi successive non la possiedono[34][35]. La linea di divisione per le stelle Popolazione II sembra essere spostata nelle ultime sottoclassi della classe G o nelle prime sottoclassi della classe K, tanto che Arturo, pur essendo di classe K1,5 non possiede una corona.

Si possono dare due interpretazioni della linea di divisione fra le giganti coronali e non coronali: la prima è che le giganti gialle di classe F e G abbiano una massa superiore (2-3 M) a quella delle classi K e M (che sarebbe uguale o inferiore a 1 M). Avendo le prime, durante la loro permanenza nella sequenza principale, un'alta velocità di rotazione, conservano un sufficiente momento angolare per innestare i processi che portano alla formazione della corona; questo non avverrebbe per il secondo tipo di giganti che ruotano troppo lentamente durante la fase di sequenza principale per conservare un simile momento angolare[34].

Secondo un'altra ipotesi, l'assenza di corone nelle giganti arancioni e rosse è determinata dal loro maggiore raggio e quindi dalla minore gravità superficiale. Questa inibirebbe la formazione dei loop magnetici che intrappolano e eccitano il gas, facendo emettere loro raggi X. In stelle di questo tipo l'energia meccanica che negli altri casi favorisce la comparsa di una corona sarebbe dissipata in venti stellari di maggiore intensità rispetto a quelli che caratterizzano le giganti gialle di tipo F e G[36].

In ogni caso, la perdita della corona in una gigante come Arturo è stata probabilmente determinata dall'aumento del suo volume, che ha determinato un'importante diminuzione della velocità angolare e una molto minore gravità superficiale.

Variabilità

modifica

Fino alla fine degli anni ottanta si credeva che le giganti di classe K fossero stabili. Tuttavia osservazioni più accurate hanno dimostrato che in effetti esse presentano variabilità sul corto (ore o giorni) e/o lungo (mesi o anni) periodo[37]. Arturo non ha fatto eccezione: a lungo ritenuta stabile, la sua variabilità è stata scoperta sulla base di alcune osservazioni condotte alla metà degli anni ottanta[38][39][40]. Questo astro in effetti oscilla fra le magnitudini −0,13 e −0,03[41].

Arturo presenta variazioni sia sul breve sia sul lungo periodo. Quelle sul breve periodo sono probabilmente dovute a onde di pressione simili a quelle che caratterizzano la sismologia del Sole[42]. Più onde si sovrappongono le une con le altre, il che rende più difficile la loro misurazione. In ogni caso i periodi di queste oscillazioni sono stati individuati con un margine di errore relativamente basso: essi sembrano compresi fra 11 giorni e poco più di tre ore[43]. Il periodo dominante sembra aggirarsi intorno ai 3 giorni: esso è stato calcolato essere 2,7 giorni in uno studio del 1990[43], 2,8 giorni in uno studio del 2003[44], 3,3 giorni in uno studio del 2007[42].

 
Rappresentazione artistica di Arturo dalla distanza di 1,5 UA

Invece trovare quale sia il periodo e la causa delle variazioni più lunghe si è rivelato molto difficile, sicché le ipotesi avanzate a loro riguardo sono molteplici. Due studi della fine degli anni ottanta riportano rispettivamente un periodo di 640 giorni o più[40] e un periodo di 1.842 giorni[38]. Le spiegazioni fornite da questi due studi per queste variazioni vanno dalla presenza di supergranuli sulla superficie di Arturo, all'ipotesi che esistano zone meno calde alternate a zone a temperatura più elevata, all'esistenza di una compagna in orbita intorno alla principale. Invece uno studio del 2008 riporta un periodo di 14 anni e cerca di spiegarlo mediante l'ipotesi di un ciclo magnetico simile a quello solare[45]. Nello stesso studio, oltre a questo periodo, ne sono stati trovati altri più brevi di 257, 207 e 115 giorni. Poiché questi periodi risultano essere approssimativamente un quarto del periodo di rotazione della stella su sé stessa, si è ipotizzato che essi siano causati da quattro regioni magneticamente attive della superficie della stella, simili alle macchie solari[45]. La variazione della lunghezza del periodo viene spiegata con la migrazione delle macchie a latitudini diverse durante il ciclo magnetico e con la rotazione differenziale della stella: migrando a latitudini differenti, le macchie ruotano a velocità angolari differenti e quindi mutano il periodo di rotazione[45].

Presenza di molecole nell'atmosfera

modifica

Osservazioni compiute nella banda dell'infrarosso hanno permesso di rilevare la presenza di nubi di monossido di carbonio nell'atmosfera di Arturo[27]. Poiché le molecole possono formarsi solo a temperature relativamente basse, è necessario pensare che le nubi di CO siano presenti nell'alta atmosfera della stella. La presenza di tali nubi sembra essere comune nelle giganti delle ultime classi (K e M), nonché nelle supergiganti delle medesime classi[27]. Le temperature relativamente basse delle atmosfere di queste stelle e la bassa gravità superficiale ne favorirebbero la formazione. L'origine delle nubi è forse dovuta dall'attività cromosferica di queste stelle: i movimenti di gas presenti in questo strato fornirebbero materiale agli strati sovrastanti, dove esso, raffreddandosi, favorirebbe la formazione delle nubi.

 
I dintorni di Arturo: le due stelle luminose di colore azzurro che si osservano a destra di Arturo nella fotografia sono Mufrid e Tau Boötis, mentre la stella luminosa di colore arancione, sempre a destra di Arturo, è Upsilon Boötis

La presenza di molecole nell'atmosfera di Arturo è confermata dalla rilevazione di vapori di acqua[46]. Anche questa caratteristica sembra essere condivisa con le stelle giganti e supergiganti delle ultime classi: molecole di H2O sono state per esempio rilevate nelle atmosfere delle giganti di tipo M[47] e in supergiganti rosse come Antares e Betelgeuse[48]. Tuttavia, secondo un'altra ipotesi, il rilevamento di acqua non sarebbe dovuto alla presenza di nubi nell'alta atmosfera, ma di singole molecole nell'alta fotosfera della stella[46].

Arturo B?

modifica

Hipparcos ha suggerito che Arturo sia una stella binaria, con una compagna 3,33 ± 0,31 magnitudini più debole della primaria (cioè circa venti volte più debole), posta a una distanza di 255 ± 39 mas dalla principale, che corrispondono a circa au. Si è ipotizzato che Arturo B potesse essere una stella subgigante o una stella di sequenza principale arancione, di classe spettrale K, molto simile a quella di Arturo A, e che questo ne avesse impedito il rilevamento in precedenza[49]. Tuttavia, in uno studio del 1999, sulla base di una serie di osservazioni compiute mediante il telescopio del Monte Wilson, veniva escluso che Arturo avesse una compagna che fosse più luminosa di 1/60 della principale[50].

Uno studio del 2005 ha però rilanciato l'ipotesi che Arturo sia una stella binaria[51]. Sulla base di osservazioni interferometriche nella banda del vicino infrarosso, gli autori hanno ipotizzato l'esistenza di una compagna 25-50 volte più debole della principale separata da essa di 212 mas. Poiché Arturo ha una luminosità complessiva di circa 200 L, Arturo B avrebbe una luminosità di 4-8 L. Questa luminosità è compatibile solo con l'ipotesi che Arturo B sia una stella subgigante con una massa di poco inferiore a quella di Arturo A e quindi a uno stadio evolutivo di poco precedente la principale. Ipotizzare una stella più massiccia non spiegherebbe la differenza di luminosità fra le due in quanto entrambe dovrebbero avere raggiunto lo stadio di giganti. Ipotizzare una stella meno massiccia, per esempio una stella di classe K appartenente alla sequenza principale, non spiegherebbe una luminosità di 4-8 L. In particolare gli autori di questo studio ipotizzano che Arturo B possa essere una stella di classe spettrale G4IV.

Tuttavia uno studio condotto nel 2008 ha nuovamente smentito l'ipotesi dell'esistenza di una compagna di Arturo[20]. Si tratta di uno studio autorevole, che merita di essere preso seriamente in considerazione. Esso esclude la presenza di un oggetto nelle vicinanze di Arturo che abbia una luminosità superiore a 1/1200 della principale. Poiché Arturo ha una luminosità di circa 200 L, se una compagna esiste, la sua luminosità è minore di 0,16 L. Gli autori dello studio non escludono comunque che intorno ad Arturo orbiti un pianeta avente una massa alcune volte quella di Giove.

L'ipotesi che intorno ad Arturo orbiti un pianeta di tipo gioviano era del resto stata avanzata precedentemente quale possibile spiegazione di alcune oscillazioni della velocità radiale rilevabili nello spettro di Arturo: in uno studio del 1989, per esempio, accanto ad altre ipotesi come l'esistenza di supergranuli sulla superficie della stella, veniva avanzata l'ipotesi dell'esistenza di un pianeta avente 1,5-7 masse gioviane che producesse le oscillazioni[40]. La possibilità dell'esistenza di un compagno simile, con una massa calcolata maggiore di 4,4 MJ, è stata rilanciata in uno studio del 2007[52].

Luminosità apparente comparata nel tempo

modifica

Arturo si troverà nel punto di maggior vicinanza alla Terra fra circa 4000 anni. La sua luminosità apparente è quindi destinata ad aumentare, anche se di poco, per ancora quattro millenni, quando questa stella si troverà circa 0,1 anni luce più vicino a noi di quanto non si trovi adesso[53]. Successivamente, la luminosità apparente di Arturo comincerà a declinare in quanto la stella comincerà ad allontanarsi da noi. Entro poche migliaia di anni sarà superata in luminosità da Vega, che sta invece avvicinandosi alla Terra e sta quindi incrementando la propria luminosità. Fra poco più di 50 000 anni sarà superata anche da Altair, un'altra stella luminosa che si sta avvicinando a noi, e fra circa 70 000 anni anche da Procione che a quel tempo starà allontanandosi dalla Terra, ma non al ritmo in cui lo farà Arturo. Fra mezzo milione di anni Arturo non sarà più visibile a occhio nudo[3]. Tuttavia, secondo altre fonti, il decremento di luminosità di questo astro sarà meno rapido, tanto che a quel tempo Arturo sarà una stella di magnitudine 4[53].

 
La luminosità di alcune delle stelle più luminose nell'arco di 200 000 anni
Anni Sirio Canopo α Centauri Arturo Vega Procione Altair
−100 000 −0,66 −0,82 2,27 0,88 0,33 0,88 1,69
−75 000 −0,86 −0,80 1,84 0,58 0,24 0,73 1,49
−50 000 −1,06 −0,77 1,30 0,30 0,17 0,58 1,27
−25 000 −1,22 −0,75 0,63 0,08 0,08 0,46 1,03
0 −1,43 −0,72 −0,21 −0,02 0,00 0,37 0,78
25 000 −1,58 −0,69 −0,90 0,02 −0,08 0,33 0,49
50 000 −1,66 −0,67 −0,56 0,19 −0,16 0,32 0,22
75 000 −1,66 −0,65 0,30 0,45 −0,25 0,37 −0,06
100 000 −1,61 −0,62 1,05 0,74 −0,32 0,46 −0,31

Etimologia e significato culturale

modifica

I nomi di Arturo e il loro significato

modifica

Il nome della stella deriva dal greco antico Ἀρκτοῦρος?, Ἀρκτοῦρος il cui significato è "il guardiano dell'Orsa",[54] derivando da ἄρκτος (árktos), "orso"[55] + οὖρος (oûros), "guardiano"[56]. È un riferimento al suo essere la stella più luminosa del Boötes (il bovaro), e vicina alle due orse (Ursa Major e Ursa Minor).

In arabo è una delle due stelle chiamata al-simāk, che significa l'"elevata", l'altra essendo Spica. Arturo è in arabo السماك الرامح as-simāk ar-rāmiħ "l'elevata del lanciere". Questo nome è stato variamente latinizzato in passato, dando vita alle varianti ormai obsolete Aramec e Azimech. Il nome Alramih è usato nel Trattato sull'astrolabio di Geoffrey Chaucer del 1391. Un altro nome arabo è Haras al-samà (حارس السماء), "Guardiano dei Cieli".[57][58][59]

Nell'astronomia cinese, Arturo è chiamata Dah Jyaoo (大角, Grande Corno, Pinyin: Dàjiǎo), essendo la stella più luminosa della costellazione cinese del Corno (Jyaoo Shiuh) (角宿, Pinyin: Jiǎo Xiǔ). Con le successive mutazioni storiche venne a far parte della costellazione cinese Kangh Shiuh (亢宿, Pinyin: Kàng Xiǔ).

L'antica astronomia giapponese ha adottato il nome cinese Dah Jyaoo (大角, Tai Roku), ma attualmente è più comune il nome occidentale di Arturo (アルクトゥルス?, Arukuturusu).

Nell'astronomia Hindu corrisponde alla tredicesima nakṣatra (suddivisione del cielo), chiamata Svātī, che significa o "il grande camminatore", in riferimento forse alla sua lontananza dallo zodiaco, o "la perla", "la gemma", "il grano di corallo", in riferimento probabilmente alla sua luminosità.[58]

Nella cultura

modifica

Essendo una delle stelle più luminose del cielo notturno, Arturo ha attirato l'attenzione su di sé fin dai tempi più remoti. Questa stella è già citata dal poeta greco Esiodo[58] e per lungo tempo si è creduto che il libro di Giobbe facesse riferimento a essa al versetto 38,32 ("Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?"), sebbene ora si creda invece che il versetto faccia riferimento alla costellazione dell'Orsa Maggiore[58]. Presso i greci e i romani si credeva che il sorgere e il tramontare di Arturo fosse associato a eventi infausti: in questo senso ne parla l'astronomo e poeta greco Arato di Soli, mentre Plinio il Vecchio la chiama terribile e Virgilio nelle Georgiche fa allusione ai suoi influssi negativi sull'agricoltura[58].

 
Jacopo Amigoni (1675 - 1752), Zeus, sotto le sembianze di Artemide, seduce Callisto (ca. 1740-1750)

Nella mitologia greca, la stella Arturo (o, secondo altre versioni, tutta la costellazione Boote di cui fa parte) fu messa in cielo da Zeus per proteggere la vicina costellazione Callisto (Orsa Maggiore) dalla gelosia di Era. Callisto era la figlia di Licaone, re dell'Arcadia. Essa, ancora giovinetta, si votò alla dea Artemide: doveva rimanere vergine per servire e accompagnare la dea a caccia di animali nella foresta. Zeus tuttavia si innamorò di Callisto e la sedusse; dalla loro unione nacque Arcade. Zeus sapeva che se sua moglie Era fosse venuta a conoscenza del tradimento si sarebbe vendicata su Callisto; quindi per proteggerla la trasformò in un'orsa (in un'altra versione del mito è Era stessa a trasformare Callisto in orsa; in un'altra ancora è Artemide, una volta scoperto che Callisto era venuta meno al suo voto). Callisto, trasformata in orsa, vagò nella foresta alla ricerca del figlio, che trovò alcuni anni dopo, quando Arcade era ormai un uomo adulto. Ella cercò di abbracciare il figlio sollevandosi sulle gambe posteriori, ma Arcade non la riconobbe e pensò che l'orsa stesse per aggredirlo. Proprio quando Arcade stava per uccidere la propria madre-orsa, Zeus, commosso per ciò che stava per accadere, trasformò Callisto e Arcade in due costellazioni (Orsa Maggiore e Orsa Minore, oppure, secondo altre versioni, Orsa maggiore e Boote/Arcade). Venuta a conoscenza dell'accaduto, Era, furiosa, chiese a Oceano di non permettere che potessero mai bagnarsi nelle sue acque. In questo modo viene spiegata la declinazione molto settentrionale delle due costellazioni che le rende circumpolari in molte regioni dell'emisfero boreale.

I navigatori polinesiani preistorici chiamavano Arturo Hōkūleʻa, "Stella della Gioia". Nelle isole Hawaii, Arturo è allo zenit; utilizzando Hōkūleʻa e altre stelle, i polinesiani partivano da Tahiti e dalle isole Marchesi con le loro canoe a doppio scafo. Essi viaggiavano a est e a nord attraversando l'equatore e raggiungevano la latitudine in cui Arturo appariva allo zenit nel cielo notturno estivo. In tal modo stabilivano di essere arrivati alla latitudine corretta. Quindi viravano verso ovest, sfruttando gli alisei. Se Hōkūleʻa era mantenuta direttamente sopra loro teste, essi approdavano sulle spiagge sudorientali dell'Isola di Hawaii. Per ritornare a Tahiti, i navigatori polinesiani usavano Sirio, perché in questa isola appare allo zenit[60]. Dal 1976 navigatori della Polynesian Voyaging Society Hōkūle‘a hanno attraversato l'oceano Pacifico parecchie volte utilizzando le antiche tecniche di navigazione di questi popoli.

La tribù dei Koori del sud-est dell'Australia chiamava Arturo Marpean-kurrk. Quando raggiungeva il nord in primavera Arturo annunciava la comparsa delle larve di una specie di formiche di cui essi si cibavano, mentre la sua scomparsa all'inizio dell'estate determinata dalla posizione vicina al Sole annunciava la scomparsa delle larve. Arturo era anche nota come la madre di Djuit (Antares) e di un'altra stella in Boote, chiamata Weet-kurrk[61].

 
Il poster dell'esposizione di Chicago del 1933

Presso i nativi americani nel nord America si riteneva che l'arco formato dalle stelle del Grande Carro fosse un orso inseguito da primavera fino all'autunno da una fila di cacciatori. Tali cacciatori sono identificabili con le stelle che formano la stanga del carro e con quelle che costituiscono la parte ovest della costellazione del Boote. Esse in particolare sono: Pettirosso (Alioth), Passero (Mizar), Corvo (Alkaid), Piccione (Seginus nel Boote), Ghiandaia (Izar), Civetta (Arturo) e Civetta acadica (Mufrid). Sfinito dal lungo inseguimento, in autunno l'orso viene ferito dalle frecce dei cacciatori, barcolla nei pressi dell'orizzonte nord, dove il suo sangue schizza macchiando di rosso il petto di Pettirosso (Alioth) e cola imporporando la foresta (il fogliame rosso autunnale). Ma ogni anno l'orso scappa (i cacciatori identificati con le stelle del Boote tramontano), va in letargo, le sue ferite si rimarginano durante l'inverno e si risveglia di nuovo in primavera per essere nuovamente inseguito[62].

La luce di Arturo fu utilizzata nella primavera 1933 per aprire la "Century of Progress Exposition", un'esposizione universale tenuta a Chicago per celebrare il centenario della città. La luce della stella fu concentrata da un telescopio su una cella fotoelettrica, la cui corrente elettrica servì per attivare un interruttore che accese i riflettori della esposizione. Fu scelta Arturo perché un'importante esposizione precedente si era tenuta a Chicago nel 1893, 40 anni prima, e gli astronomi nel 1933 ritenevano che la luce impiegasse 40 anni per giungere da Arturo fino a noi (in realtà oggi sappiamo che Arturo si trova più vicino a noi, a poco meno di 37 anni luce)[63].

Deve il nome a questa stella, e al suo significato di "guardiano", Regulus Arcturus Black, personaggio della saga di Harry Potter, di J. K. Rowling.

  1. ^ a b c d e f g h i ARCTURUS -- Variable Star, su simbad.u-strasbg.fr. URL consultato il 13 gennaio 2014.
  2. ^ a b I. Ramírez, C. Allende Prieto, Fundamental parameters and chemical composition of Arcturus, in The Astrophysical Journal, vol. 743, n. 2, novembre 2011.
  3. ^ a b c d e f g h (EN) Arcturus, su solstation.com, Solstation.
  4. ^ Entry Eta Boo di SIMBAD, su simbad.u-strasbg.fr. URL consultato il 21 settembre 2010.
  5. ^ Entry HD 131511 di SIMBAD, su simbad.u-strasbg.fr. URL consultato il 21 settembre 2010.
  6. ^ a b Come verificato dal software di simulazione spaziale Celestia.
  7. ^ a b O. J. Eggen, The Arcturus Group, in Publications of the Astronomical Society of the Pacific, vol. 83, 1971, pp. 271-285, DOI:10.1086/129120. URL consultato il 29 settembre 2010.
  8. ^ a b c d e f g M. E. Williams, K. C. Freeman, A. Helmi, The Arcturus Moving Group: Its Place in the Galaxy, in Proceedings of the International Astronomical Union, IAU Symposium, vol. 254, 2009, pp. 139-144, DOI:10.1017/S1743921308027518. URL consultato il 29 settembre 2010.
  9. ^ a b c O. J. Eggen, Kinematics and Metallicity of Stars in the Solar Region, in The Astronomical Journal, vol. 115, 2009, pp. 2397-2434, DOI:10.1086/300350. URL consultato il 29 settembre 2010.
  10. ^ J. F. Navarro, A. Helmi, K. C. Freeman, The Extragalactic Origin of the Arcturus Group, in The Astrophysical Journal, vol. 601, 2004, pp. L43-L46, DOI:10.1086/381751. URL consultato il 29 settembre 2010.
  11. ^ Ciò è dovuto probabilmente al fatto che nelle galassie di piccole dimensioni il processo di formazione stellare è più lento: cfr. K. A. Venn, M. Irwin, M. D. Shetrone, C. A. Tout, V. Hill, E. Tolstoy, Stellar Chemical Signatures and Hierarchical Galaxy Formation, in The Astronomical Journal, vol. 128, 2004, pp. 1177-1195, DOI:10.1086/422734. URL consultato il 29 settembre 2010.
  12. ^ W. Dehnen, The Effect of the Outer Lindblad Resonance of the Galactic Bar on the Local Stellar Velocity Distribution, in The Astronomical Journal, vol. 119, 2000, pp. 800-812, DOI:10.1086/301226. URL consultato il 29 settembre 2010.
  13. ^ a b c d R. C. Peterson, C. Dalle Ore, R. L. Kurucz, The nonsolar abundance ratios of Arcturus deduced from spectrum synthesis, in Astrophysical Journal, Part 1, vol. 404, 1993, pp. 333-347, DOI:10.1086/172283. URL consultato il 3 settembre 2010.
  14. ^ J. D. Scargle, D. W. Strecker, Cool stars - Effective temperatures, angular diameters, and reddening determined from 1-5 micron flux curves and model atmospheres, in Astrophysics, vol. 228, 1979, pp. 838-853, DOI:10.1086/156910. URL consultato il 4 settembre 2010.
  15. ^ G. C. Augason, B. J. Taylor, D. W. Strecker, E. F. Erickson, F. C. Witteborn, Comparison of predicted and observed spectral energy distribution of K and M stars. I - Alpha Bootis, in Astrophysics, vol. 235, 1980, pp. 138-145, DOI:10.1086/157618. URL consultato il 4 settembre 2010.
  16. ^ R. E. M. Griffin, A. E. Lynas-Gray, The Effective Temperature of Arcturus, in The Astronomical Journal, vol. 117, 1999, pp. 2998-3006, DOI:10.1086/300878. URL consultato il 1º ottobre 2010.
  17. ^ a b A. Quirrenbach, D. Mozurkewich, D. F. Buscher, C. A. Hummel, J. T. Armstrong, Angular diameter and limb darkening of Arcturus, in Astronomy and Astrophysics, vol. 312, 1996, pp. 160-166. URL consultato il 1º ottobre 2010.
  18. ^ G. P. di Benedetto, R. Foy, The angular diameter and the effective temperature of Arcturus from Michelson interferometry, in Astronomy and Astrophysics, vol. 166, 1986, pp. 204-210. URL consultato il 6 settembre 2010.
  19. ^ D. Mozurkewich, J. Armstrong, R. Hindsley, A. Quirrenbach, C. Hummel, D. Hutter, K. Johnston, A. Hajian, N. Elias, D. Buscher, R. Simon, Angular Diameters of Stars from the Mark III Optical Interferometer, in The Astronomical Journal, vol. 126, 2003, pp. 2502-2520, DOI:10.1086/378596. URL consultato il 6 settembre 2010.
  20. ^ a b S. Lacour, S. Meimon, E. Thiebaut, G. Perrin, T. Verhoelst, E. Pedretti, P. A. Schuller, L. Mugnier, J. Monnier, J.P. Berger, X. Haubois, A. Poncelet, G. Le Besnerais, K. Eriksson, R. Millan-Gabet, M. Lacasse, W. Traub, The limb-darkened Arcturus: imaging with the IOTA/IONIC interferometer, in Astronomy and Astrophysics, vol. 485, 2008, pp. 561-570, DOI:10.1051/0004-6361:200809611. URL consultato il 6 settembre 2010.
  21. ^ a b c D. F. Gray, K. I. T. Brown, The Rotation of Arcturus and Active Longitudes on Giant Stars, in The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, vol. 118, 2006, pp. 1112-1118, DOI:10.1086/507077. URL consultato il 7 settembre 2010.
  22. ^ Arcturus by Jim Kaler
  23. ^ Leen Decin, Synthetic spectra of cool stars observed with the Short-Wavelength Spectrometer: improving the models and the calibration of the instrument, Leuven, Katholieke Universiteit Leuven, 2000. URL consultato il 9 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2006).
  24. ^ Atlas of universe
  25. ^ Mass-Luminosity Relationship
  26. ^ a b c J. T. Bonnell, R. A. Bell, Further Determinations of the Gravities of Cool Giant Stars Using MGI and MGH Features, in Montly Notices of the Royal Astronomic Society, vol. 264, 1993, pp. 334-344, DOI:10.1093/mnras/264.2.334. URL consultato l'8 settembre 2010.
  27. ^ a b c T. Tsuji, The K giant star Arcturus: the hybrid nature of its infrared spectrum, in Astronomy and Astrophysics, vol. 504, 2009, pp. 543-559, DOI:10.1051/0004-6361/200912323. URL consultato il 12 settembre 2010.
  28. ^ a b Sabine Reffert et al., Precise Radial Velocities of Giant Stars VII. Occurrence Rate of Giant Extrasolar Planets as a Function of Mass and Metallicity, in Astronomy and Astrophysics, vol. 574, A116, marzo 2018, p. 26, DOI:10.1051/0004-6361/201322360.
  29. ^ a b Marie Martig et al., Red giant masses and ages derived from carbon and nitrogen abundances, in Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 456, n. 4, p. 3655-3670.
  30. ^ Si può giungere a questo risultato nel modo seguente: la permanenza di una stella all'interno della sequenza principale è proporzionale al combustibile nucleare che ha a disposizione (cioè alla sua massa) e inversamente proporzionale al ritmo con cui questo combustibile viene consumato (cioè alla sua luminosità). Poiché una stella della massa del Sole permane all'interno della sequenza principale circa 1010 anni, il numero di anni di permanenza di una stella all'interno della sequenza sarà uguale a   ove   e   sono il rispettivamente il rapporto fra la massa e la luminosità della stella con quella del Sole. Ora la luminosità di una stella è determinata dal seguente rapporto:  , ove   per stelle di massa  . Ne segue che una stella di   masse solari, ove  , permarrà nella sequenza principale   anni, cioè   anni. Poiché Arturo ha al massimo una massa pari a 1,1 volte quella del Sole, la sua permanenza minima nella sequenza principale è pari a   anni, cioè all'incirca   anni. Cfr. Stellar Evolution, su astronomynotes.com. URL consultato il 13-09-2010.
  31. ^ Arcturus by Jim Kaler, su stars.astro.illinois.edu. URL consultato il 13-09-2010.
  32. ^ a b J. C. Wheeler, C. Sneden, J. W. Truran, Abundance ratios as a function of metallicity, in Annual review of astronomy and astrophysics, vol. 27, 1989, pp. 279-349, DOI:10.1146/annurev.aa.27.090189.001431. URL consultato il 23 settembre 2010.
  33. ^ a b T. R. Ayres, T. A. Fleming, J. H. M. Schmitt, Digging in the coronal graveyard - A ROSAT observation of the red giant Arcturus, in Astrophysical Journal, vol. 376, 1991, pp. L45-L48, DOI:10.1086/186099. URL consultato il 1º ottobre 2010.
  34. ^ a b c T. R. Ayres, J. L. Linsky, G. S. Vaiana, L. Golub, R. Rosner, The cool half of the H-R diagram in soft X-rays, in Astrophysical Journal, vol. 250, 1981, pp. 293-299, DOI:10.1086/159374. URL consultato il 1º ottobre 2010.
  35. ^ B. Haisch, J. H. M. Schmitt, C. Rosso, The coronal dividing line in the ROSAT X-ray All-Sky Survey, in Astrophysical Journal, vol. 383, 1991, pp. L15-L18, DOI:10.1086/186230. URL consultato il 2 ottobre 2010.
  36. ^ S. K. Antiochos, B. M. Haisch, R. A. Stern, On the dividing line for stellar coronae, in Astrophysical Journal, vol. 307, 1986, pp. L55-L59, DOI:10.1086/184727. URL consultato il 3 ottobre 2010.
  37. ^ G. A. H. Walker, S. Yang, B. Campbell, A. W. Irwin, Yellow giants - A new class of radial velocity variable?, in Astrophysical Journal, vol. 343, 1989, pp. L21-L24, DOI:10.1086/185501. URL consultato l'8 ottobre 2010.
  38. ^ a b P. H. Smith, R. S. McMillan, W. J. Merline, Evidence for periodic radial velocity variations in Arcturus, in Astrophysical Journal, vol. 317, 1987, pp. L79-L84, DOI:10.1086/184916. URL consultato l'8 ottobre 2010.
  39. ^ W. D. Cochran, Confirmation of radial velocity variability in Arcturus, in Astrophysical Journal, vol. 334, 1988, pp. 349-356, DOI:10.1086/166841. URL consultato il 5 novembre 2010.
  40. ^ a b c A. W. Irwin, B. Campbell, C. L. Morbey, G. A. H. Walker, S. Yang, Long-period radial-velocity variations of Arcturus, in Astronomical Society of the Pacific, Publications, vol. 101, 1989, pp. 147-159, DOI:10.1086/132415. URL consultato l'8 ottobre 2010.
  41. ^ The International Variable Stars Index - AAVSO, su result for Alpha Bootis. URL consultato il 16 settembre 2010.
  42. ^ a b N. J. Tarrant, W. J. Chaplin, Y. Elsworth, S. A. Spreckley, I. R. Stevens, Asteroseismology of red giants: photometric observations of Arcturus by SMEI, in Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 382, 2007, pp. L48-L52, DOI:10.1111/j.1745-3933.2007.00387.x. URL consultato il 10 ottobre 2010.
  43. ^ a b J. A. Belmonte, A. R. Jones, P. L. Palle, T. Roca Cortes, Global acoustic oscillations on Alpha Bootis, in Astrophysical Journal, vol. 358, 1990, pp. 595-609, DOI:10.1086/169012. URL consultato l'11 ottobre 2010.
  44. ^ A. Retter, T. R. Bedding, D. L. Buzasi, H. Kjeldsen, L. L. Kiss, Oscillations in Arcturus from WIRE Photometry, in Astrophysical Journal, vol. 591, 2003, pp. L151-L154, DOI:10.1086/377211. URL consultato l'11 ottobre 2010.
  45. ^ a b c K. I. T. Brown, D. F. Gray, S. L. Baliunas, Long-Term Spectroscopic Monitoring of Arcturus, in The Astrophysical Journal, vol. 679, 2008, pp. 1531-1540, DOI:10.1086/587783. URL consultato il 10 ottobre 2010.
  46. ^ a b N. Ryde, D. L. Lambert, M. J. Richter, J. H. Lacy, Detection of Water Vapor in the Photosphere of Arcturus, in The Astrophysical Journal, vol. 580, 200, pp. 447-458, DOI:10.1086/343040. URL consultato il 20 ottobre 2010.
  47. ^ T. Tsuji, K. Ohnaka, W. Aoki, I.Yamamura, Warm molecular envelope of M giants and Miras: a new molecule forming region unmasked by the ISO SWS., in Astronomy and Astrophysics, vol. 320, 1997, pp. L1-L4. URL consultato il 20 ottobre 2010.
  48. ^ D. E. Jennings, P. V. Sada, Water in Betelgeuse and Antares, in Science, vol. 279, 1998, pp. 844-847, DOI:10.1126/science.279.5352.844. URL consultato il 20 ottobre 2010.
  49. ^ R. F. Griffin, Arcturus as a double star, in The Observatory, vol. 118, 1998, pp. 299-301. URL consultato il 25 ottobre 2010.
  50. ^ N. H. Turner, T. H. ten Brummelaar, B, D, Mason, Adaptive Optics Observations of Arcturus using the Mount Wilson 100 Inch Telescope, in The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, vol. 111, 1999, pp. 556-558, DOI:10.1086/316353. URL consultato il 25 ottobre 2010.
  51. ^ T. Verhoelst, P. J. Bordé, G. Perrin, L. Decin, K. Eriksson, S. T. Ridgway, P. A. Schuller, W. A. Traub, R. Millan-Gabet, M. G. Lacasse, C. Waelkens, Is Arcturus a well-understood K giant? Test of model atmospheres and potential companion detection by near-infrared interferometry, in Astronomy and Astrophysics, vol. 435, 2005, pp. 289-301, DOI:10.1051/0004-6361:20042356. URL consultato il 26 ottobre 2010.
  52. ^ K. I. T. Brown, Long-Term Spectroscopic and Precise Radial Velocity Monitoring of Arcturus, in The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, vol. 119, 2007, p. 237, DOI:10.1086/512731. URL consultato il 27 ottobre 2010.
  53. ^ a b Fred Schaaf, The Brightest Stars: Discovering the Universe through the Sky's Most Brilliant Stars, Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, Incorporated, 2008, p. 134.
  54. ^ (EN) Henry Liddell e Robert Scott, Ἀρκτοῦρος, in A Greek-English Lexicon, 1940.
  55. ^ (EN) Henry Liddell e Robert Scott, ἄρκτος, in A Greek-English Lexicon, 1940.
  56. ^ (EN) Henry Liddell e Robert Scott, οὖρος, in A Greek-English Lexicon, 1940.
  57. ^ Lista delle 25 stelle più luminose. La traduzione proposta è qui però, del tutto impropriamente "Guardiano del Paradiso", su jas.org.jo, Web site della Società Astronomica della Giordania (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2011).
  58. ^ a b c d e Allen Richard Hinckley Allen, I nomi delle stelle e i loro significati (1936), pp. 98-103.
  59. ^ Hans Wehr (J.M. Cowan ed.), A Dictionary of Modern Written Arabica (Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 1994).
  60. ^ Fred Schaaf, The Brightest Stars: Discovering the Universe through the Sky's Most Brilliant Stars, Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, Incorporated, 2008, pp. 128-129.
  61. ^ Mudrooroo, Aboriginal mythology: an A-Z spanning the history of aboriginal mythology from the earliest legends to the present day, Londra, HarperCollins, 1994, p. 5, ISBN 1-85538-306-3.
  62. ^ Fred Schaaf, The Brightest Stars: Discovering the Universe through the Sky's Most Brilliant Stars, Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, Incorporated, 2008, p. 128.
  63. ^ Fred Schaaf, The Brightest Stars: Discovering the Universe through the Sky's Most Brilliant Stars, Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, Incorporated, 2008, p. 129.

Bibliografia

modifica

Testi generici

modifica
  • (EN) E. O. Kendall, Uranography: Or, A Description of the Heavens; Designed for Academics and Schools; Accompanied by an Atlas of the Heavens, Philadelphia, Oxford University Press, 1845.
  • (EN) John Gribbin, Mary Gribbin, Stardust: Supernovae and Life—The Cosmic Connection, Yale University Press, 2001, ISBN 0-300-09097-8.
  • AA.VV, L'Universo - Grande enciclopedia dell'astronomia, Novara, De Agostini, 2002.
  • J. Gribbin, Enciclopedia di astronomia e cosmologia, Milano, Garzanti, 2005, ISBN 88-11-50517-8.
  • W. Owen, et al, Atlante illustrato dell'Universo, Milano, Il Viaggiatore, 2006, ISBN 88-365-3679-4.
  • J. Lindstrom, Stelle, galassie e misteri cosmici, Trieste, Editoriale Scienza, 2006, ISBN 88-7307-326-3.

Sulle stelle

modifica

Carte celesti

modifica

Voci correlate

modifica
Voci generiche
Posizione
Liste

Altri progetti

modifica

Collegamenti esterni

modifica
Controllo di autoritàGND (DE4142978-3 · J9U (ENHE987007295559505171
  Portale Stelle: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di stelle e costellazioni
pFad - Phonifier reborn

Pfad - The Proxy pFad of © 2024 Garber Painting. All rights reserved.

Note: This service is not intended for secure transactions such as banking, social media, email, or purchasing. Use at your own risk. We assume no liability whatsoever for broken pages.


Alternative Proxies:

Alternative Proxy

pFad Proxy

pFad v3 Proxy

pFad v4 Proxy