'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Girone VII, Lussuria



DANTE ALIGHIERI

          COMMEDIA. PURGATORIO XXVII


ì come quando i primi raggi vibra  
là dove il suo fattor lo sangue sparse,
   cadendo Ibero sotto l'alta Libra,

4   e l'onde in Gange da nona rïarse,  
  sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva,
  come l'angel di Dio lieto ci apparse.
                                                                                           

7   Fuor de la fiamma stava in su la riva, 
  e cantava `Beati mundo corde!'
  in voce assai più che la nostra viva.

10   Poscia «Più non si va, se pria non morde,
  anime sante, il foco: intrate in esso,
  e al cantar di là non siate sorde»,

13   ci disse come noi li fummo presso; 
  per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi,
  qual è colui che ne la fossa è messo.

16   In su le man commesse mi protesi,
  guardando il foco e imaginando forte
  umani corpi già veduti accesi.

19   Volsersi verso me le buone scorte;
  e Virgilio mi disse: «Figliuol mio,
  qui può esser tormento, ma non morte.
                                                                                                               

22   Ricorditi, ricorditi! E se io  
  sovresso Gerïon ti guidai salvo,
  che farò ora presso più a Dio?

25   Credi per certo che se dentro a l'alvo
  di questa fiamma stessi ben mille anni,
  non ti potrebbe far d'un capel calvo.

28   E se tu forse credi ch'io t'inganni,
  fatti ver' lei, e fatti far credenza
  con le tue mani al lembo d'i tuoi panni.

31   Pon giù omai, pon giù ogne temenza;
  volgiti in qua e vieni: entra sicuro!».
  E io pur fermo e contra coscïenza.

34   Quando mi vide star pur fermo e duro,
  turbato un poco disse: «Or vedi, figlio:
  tra Bëatrice e te è questo muro».

37   Come al nome di Tisbe aperse il ciglio
  Piramo in su la morte, e riguardolla,
  allor che 'l gelso diventò vermiglio;

40   così, la mia durezza fatta solla, 
  mi volsi al savio duca, udendo il nome
  che ne la mente sempre mi rampolla.

43   Ond' ei crollò la fronte e disse: «Come!
  volenci star di qua?»; indi sorrise
  come al fanciul si fa ch'è vinto al pome.

46   Poi dentro al foco innanzi mi si mise, 
  pregando Stazio che venisse retro,
  che pria per lunga strada ci divise.
                                                                                                              

49   Sì com' fui dentro, in un bogliente vetro
  gittato mi sarei per rinfrescarmi,
  tant' era ivi lo 'ncendio sanza metro.

52   Lo dolce padre mio, per confortarmi,
  pur di Beatrice ragionando andava,
  dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».

55   Guidavaci una voce che cantava 
  di là; e noi, attenti pur a lei,
  venimmo fuor là ove si montava.
                                                                                           

58   `Venite, benedicti Patris mei',  
  sonò dentro a un lume che lì era,
  tal che mi vinse e guardar nol potei.

61   «Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera;
  non v'arrestate, ma studiate il passo,
  mentre che l'occidente non si annera».

64   Dritta salia la via per entro 'l sasso 
  verso tal parte ch'io toglieva i raggi
  dinanzi a me del sol ch'era già basso.

67   E di pochi scaglion levammo i saggi,
  che 'l sol corcar, per l'ombra che si spense,
  sentimmo dietro e io e li miei saggi.

70   E pria che 'n tutte le sue parti immense 
  fosse orizzonte fatto d'uno aspetto,
  e notte avesse tutte sue dispense,

73   ciascun di noi d'un grado fece letto;
  ché la natura del monte ci affranse
  la possa del salir più e 'l diletto.

76   Quali si stanno ruminando manse 
  le capre, state rapide e proterve
  sovra le cime avante che sien pranse,

79   tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve,
  guardate dal pastor, che 'n su la verga
  poggiato s'è e lor di posa serve;

82   e quale il mandrïan che fori alberga,
  lungo il pecuglio suo queto pernotta,
  guardando perché fiera non lo sperga;

85   tali eravamo tutti e tre allotta, 
  io come capra, ed ei come pastori,
  fasciati quinci e quindi d'alta grotta.

88   Poco parer potea lì del di fori;
  ma, per quel poco, vedea io le stelle
  di lor solere e più chiare e maggiori.

91   Sì ruminando e sì mirando in quelle,
  mi prese il sonno; il sonno che sovente,
  anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.

94   Ne l'ora, credo, che de l'orïente
  prima raggiò nel monte Citerea,
  che di foco d'amor par sempre ardente,

97   giovane e bella in sogno mi parea
  donna vedere andar per una landa
  cogliendo fiori; e cantando dicea:
                                                                                       
                           
                                                                                       

100   «Sappia qualunque il mio nome dimanda
  ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno
  le belle mani a farmi una ghirlanda.

103   Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;
  ma mia suora Rachel mai non si smaga
  dal suo miraglio, e siede tutto giorno.

106   Ell' è d'i suoi belli occhi veder vaga
  com' io de l'addornarmi con le mani;
  lei lo vedere, e me l'ovrare appaga».

109   E già per li splendori antelucani,
  che tanto a' pellegrin surgon più grati,
  quanto, tornando, albergan men lontani,

112   le tenebre fuggian da tutti lati,                             Paradiso Terrestre
  e 'l sonno mio con esse; ond' io leva'mi,
  veggendo i gran maestri già levati.

115   «Quel dolce pome che per tanti rami
  cercando va la cura de' mortali,
  oggi porrà in pace le tue fami».

118   Virgilio inverso me queste cotali
  parole usò; e mai non furo strenne
  che fosser di piacere a queste iguali.
                                                                                                           

121  Tanto voler sopra voler mi venne
  de l'esser sù, ch'ad ogne passo poi
  al volo mi sentia crescer le penne.

124   Come la scala tutta sotto noi 
  fu corsa e fummo in su 'l grado superno,
  in me ficcò Virgilio li occhi suoi,

127   e disse: «Il temporal foco e l'etterno
  veduto hai, figlio; e se' venuto in parte
  dov' io per me più oltre non discerno.

130   Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;
  lo tuo piacere omai prendi per duce;
  fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.

133   Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce;   
  vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli
  che qui la terra sol da sé produce.

136   Mentre che vegnan lieti li occhi belli
  che, lagrimando, a te venir mi fenno,
  seder ti puoi e puoi andar tra elli.

139   Non aspettar mio dir più né mio cenno;
  libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
  e fallo fora non fare a suo senno:

142   per ch'io te sovra te corono e mitrio». 


1 Dante's fifth motet has three voices present, increasing his Timothean polyphony, but this time more virtuously: 5 Purgatorio XXVII.8, 58,100-108, 'Beati mundo corde', Venite, benedicti patris mei|| ‘Sappia qualunque mio nome dimanda’, contrafactum, Alfonso el Sabio, ‘Maravillosos miragres’, Cantiga de Santa Maria 272, BNCF BR 14.


Dante Gabriel Rossetti, Rachel and Leah

In Purgatorio XXVII.58 angelic voices are heard singing, announcing eventide. Then Dante falls asleep and dreams of a singer who is Lia with Rachel, as a precursor to Matelda with Beatrice, the active versus the contemplative life (Purgatorio XXVII.100-108). Apart from the Siren, also heard in a dream, this is the first woman’s song we hear, Lia/Matelda functioning as the precursor, like John the Baptist, to Rachel/Beatrice as Christ. We recall Dante had already played such a transvestite game in the Vita nova, where Cavalcanti’s Giovanna is the ‘prima vera’, the herald to Beatrice.  We are entering the realm of the Blessed, the expiation from sin being almost fulfilled.


'DANTE VIVO'- LA COMMEDIA DI DANTE ALIGHIERI (Testo, lectura, musica, immagini dei manoscritti):

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Paradiso
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'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice




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